L`intervento in rete per i Bisogni Educativi Speciali

 I n d i c e
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Introduzione
CAP. 1 La diagnosi e i metodi diagnostici
31 CAP. 2 L’intervento nei soggetti con Bisogni Educativi Speciali
(BES)
41
CAP. 3 I disturbi dello spettro autistico
87
CAP. 4 Il ritardo mentale
115
CAP. 5 Il disturbo da deficit di attenzione e iperattività
133
CAP. 6 I disturbi specifici dell’apprendimento
163
CAP. 7 I disturbi emotivo-relazionali
181
CAP. 8 Tecnologie innovative: approcci rivolti ai bambini con BES
191
Bibliografia
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APPENDICE Profilo osservativo e funzionale
Introduzione
7
Introduzione
Rocco Quaglia
Questo libro raccoglie storie scolastiche e di vita di molti bambini e ragazzi
che hanno la sfortuna di essere definiti «diversamente abili». Protagonisti del
volume sono tutti quei ragazzi che da anni seguiamo insieme alle loro famiglie
e che presentano difficoltà e problemi in differenti aree dello sviluppo. Lavorando con loro abbiamo certamente scoperto di che cosa sono capaci, la loro
diversità, il lato bello e interessante del loro carattere, non prima però di aver
trascorso lunghi e bui anni di incomprensione, emarginazione, crisi non capite,
feste e gite con amici saltate, isolamento e sconforto.
Le storie di questi ragazzi, che noi preferiamo definire con Bisogni
Educativi Speciali (BES), hanno costituito per noi un prezioso bagaglio
di riflessione e, dal momento che alcune di queste storie hanno iniziato ad
avere un finale più lieto di quanto si potesse immaginare, abbiamo deciso
di ripercorrerle così da poter dare indicazioni a operatori, riabilitatori e
insegnanti che lavorano insieme a soggetti con problemi dello sviluppo. Le
nostre indicazioni saranno relative al modo di lavorare e di stabilire una relazione con questi ragazzi per capire qualcosa in più su di loro. Questo libro
infatti, più che offrire indicazioni sulla comprensione degli aspetti cognitivi,
si interessa al modo di costruire una relazione con soggetti problematici. È
nostra convinzione che la relazione sia il punto d’inizio fondamentale per
costruire qualcosa con chiunque. Mentre nel caso di un soggetto con sviluppo
tipico l’instaurarsi di una relazione è quasi sempre immediato e spontaneo,
basandosi su predisposizioni innate alla socialità sia da parte dell’adulto che
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L’intervento in rete per i Bisogni Educativi Speciali
del bambino, con i soggetti con problemi di sviluppo (sia della sfera cognitiva
che di quella emotivo-affettiva) la relazione non è sempre senza difficoltà. Le
predisposizioni non funzionano bene e, anzi, in alcuni casi il comportamento spontaneo rende più difficile l’avvicinarsi e l’entrare in contatto. Questo
volume indaga i modi di aggirare gli ostacoli relazionali e le vie per facilitare
gli scambi interattivi con l’adulto, figura educativa di riferimento, oltre che
con i coetanei e i compagni di classe.
Il volume si articola in due parti: una prima che introdurrà alla psicologia
clinica, ai suoi strumenti diagnostici e ai suoi metodi di intervento; si forniranno,
inoltre, indicazioni per leggere e capire il significato di una diagnosi (si veda il
capitolo 1). Sempre in questa sezione sarà chiarito il modo per portare avanti
un progetto terapeutico, che, per avere una reale efficacia, deve vedere una
stretta collaborazione tra famiglia, scuola e servizi sanitari (si veda il capitolo
2). Nella seconda parte si presenteranno invece alcune delle principali patologie
dell’età evolutiva, a partire dai disturbi cosiddetti pervasivi, ossia quei disturbi
che alterano l’evoluzione di un bambino nel suo sviluppo, per concludere con
i disturbi specifici, ossia quelli che coinvolgono una sola specifica area e che
quindi hanno ripercussioni molto minori sullo sviluppo complessivo (si vedano
i capitoli 3, 4, 5 e 6). Infine discuteremo dei disturbi «emotivo-relazionali»,
ossia quelle difficoltà nelle relazioni che nascono più da un problema affettivo
che dalla compromissione di funzioni (si veda il capitolo 7). Nell’ultimo capitolo verranno presentate alcune tecnologie informatiche che di recente sono
utilizzate con i bambini con BES.
Questo volume è il risultato di un lavoro d’équipe del Laboratorio di Osservazione e Diagnostica Funzionale (ODFlab) del Dipartimento di Scienze
della Cognizione e della Formazione dell’Università di Trento. Il laboratorio
è il punto di unione di tre competenze: ricerca, pratica clinica e pratica educativa e formativa. È luogo di incontro di tutte e tre le attività: in primo luogo,
ricerca sui disturbi pervasivi e specifici dello sviluppo, insieme allo sviluppo
di strumenti osservativi per la diagnosi precoce e per quella funzionale. Altra importante attività del laboratorio è la pratica clinica di tipo diagnostico
riabilitativo e terapeutico, con bambini affetti da problematiche di sviluppo
diverse (dai disturbi specifici dell’apprendimento ai disturbi pervasivi dello
sviluppo). Infine, c’è la dimensione della pratica educativa e formativa che
viene svolta sia nella formazione agli insegnanti, che dura ormai da molto
tempo (SSIS, sostegno, Master di 1° livello sulle Metodologie di intervento
educativo con soggetti autistici, corsi di aggiornamento, consulenze alle scuole),
sia nelle attività educative di supporto allo sviluppo, organizzate per gruppi di
bambini con BES.
Introduzione
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Riportiamo quindi l’esperienza acquisita in anni di lavoro, che hanno
visto collaborare psicologi clinici, riabilitatori e giovani in formazione. Il punto
nodale delle attività dell’ODFlab è rappresentato dalla stretta collaborazione,
dalla discussione e dal lavoro di squadra, che uniscono i risultati delle ricerche
con la progettazione delle attività riabilitative e educative. È attraverso questo
scambio che la pratica clinica e educativa si rinnova di continuo e questo è
quello che vorremmo trasmettere a tutti coloro che lavorano in situazioni
difficili con bambini con bisogni speciali.
La diagnosi e i metodi diagnostici
11
1
La diagnosi e i metodi diagnostici
Rocco Quaglia
In questo capitolo illustreremo attraverso quali procedure uno psicologo
effettua la valutazione di un bambino. Ci sembra interessante delineare il modo
in cui si arriva alla formulazione di una diagnosi per poter poi chiarire come
essa vada letta e interpretata.
Il concetto di diagnosi
Tutti gli insegnanti o educatori che lavorano con bambini affetti da disturbi psicologici o da alterazioni funzionali si ritrovano prima o poi a dover
leggere una diagnosi, che viene generalmente fornita loro dallo psichiatra, dal
neuropsichiatra o dallo psicologo.
La diagnosi è un complesso procedimento di conoscenza che, attraverso
l’uso di osservazioni, colloqui e test, definiti strumenti diagnostici, permette
di accertare il funzionamento di aspetti diversi della personalità di un soggetto
(Venuti, 2001).
Fin dagli anni Cinquanta una generale tendenza della psicopatologia
ha spinto alla creazione di manuali diagnostici condivisi da tutti a livello
internazionale e basati sull’esperienza e su osservazioni cliniche sistematiche
(Ammaniti, 2001). Sono pertanto sorte alcune classificazioni diagnostiche che
vogliono essere ateoretiche ed esclusivamente descrittive dei sintomi, quali il
Manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali (DSM), giunto alla IV edi-
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L’intervento in rete per i Bisogni Educativi Speciali
zione rivista (DSM-IV-TR; American Psychiatric Association, 2001), oppure
la Classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi sanitari
correlati (ICD), attualmente alla sua decima edizione (ICD-10; Organizzazione
Mondiale della Sanità, 1992). Le diagnosi utilizzate sono di tipo categoriale
per cui, in base a segni o sintomi, osservati o rilevati attraverso approfonditi
colloqui, si stabilisce se il disturbo è presente o assente. La tendenza generale
della psicopatologia è quella di formulare la diagnosi riferendosi a questi due
manuali, in modo da ottenere classificazioni conosciute e condivise da tutti
coloro che si occupano di diagnosi in ambito psichico.
L’uso di questi manuali classificatori conduce a quella che possiamo chiamare diagnosi nosografica-descrittiva: in base alle risposte date, alla storia raccolta
e ai comportamenti osservati si classifica un soggetto in categorie patologiche a
seconda dei suoi tratti comportamentali e fenomenologici. Attraverso liste di sintomi è possibile classificare il soggetto tenendo conto delle associazioni tra di essi.
Riportiamo un esempio di criteri diagnostici tratti dal DSM-IV-TR (box 1.1).
Box 1.1
Criteri diagnostici per il Ritardo Mentale (RM) (DSM-IV-TR)
A. Funzionamento intellettivo significativamente al di sotto della media: un Quoziente di
Intelligenza (QI) di circa 70 o inferiore ottenuto con un test di valutazione dell’intelligenza
somministrato individualmente (in età infantile, un giudizio clinico di funzionamento
intellettivo significativamente al di sotto della media).
B. Concomitanti deficit o compromissione nel funzionamento adattivo attuale (cioè, la
capacità del soggetto di adeguarsi agli standard propri della sua età e del suo ambiente
culturale) in almeno due delle seguenti aree: comunicazione, cura della propria persona, vita in famiglia, capacità sociali/interpersonali, uso delle risorse della comunità,
autodeterminazione, capacità di funzionamento scolastico, lavoro, tempo libero, salute
e sicurezza.
C. L’esordio è prima dei 18 anni di età.
Codificare sulla base del livello di gravità che riflette il grado di compromissione intellettiva:
F70.9 RM lieve [317]
F71.9 RM moderato [318.0]
F72.9 RM grave [318.1]
F73.9 RM gravissimo [318.2]
F79.9 RM, gravità non specificata [319]
livello di QI da 50-55 a circa 70
livello di QI da 35-40 a 50-55
livello di QI da 20-25 a 35-40
livello di QI al di sotto di 20 o 25
quando vi è forte motivo di presupporre un RM, ma l’intelligenza del soggetto non può essere verificata con test standardizzati.
La diagnosi e i metodi diagnostici
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Questo tipo di diagnosi è generalmente pratica e comoda per gli addetti ai
lavori, ossia per chi, conoscendo i significati delle classificazioni, capisce immediatamente a che cosa si fa riferimento e quali quadri comportamentali, mentali e di
personalità sono associati a quella definizione (nella tabella 1.1 è possibile avere una
sintetica descrizione degli assi e delle patologie che ritroviamo nel DSM-IV-TR).
Tabella 1.1
Il DSM-IV-TR: sintesi degli assi e delle patologie
(American Psychiatric Association, 2001)
Assi
Descrizione
Disturbi
ASSE I
Disturbi clinici
Altre condizioni che possono
essere oggetto di attenzione
clinica
Rappresenta l’area portante
della valutazione diagnostica,
include infatti tutte le sindromi
riconosciute
Disturbi solitamente diagnosticati
per la prima volta nell’infanzia,
nella fanciullezza o nell’adolescenza (escluso il RM, che viene
diagnosticato sull’Asse II)
Disturbi dell’Umore
Disturbi d’Ansia
Disturbi Somatoformi
Disturbi Dissociativi
Disturbi Sessuali e dell’Identità
di Genere
Disturbi dell’Alimentazione
Disturbi del Sonno
Disturbi del Controllo degli Impulsi Non Classificati Altrove
Disturbi dell’Adattamento
Altre condizioni che possono
essere oggetto di attenzione
clinica
ASSE II
Disturbi di personalità
Ritardo Mentale (RM)
Riporta i disturbi di personalità
e il RM ma può essere utilizzato
anche per annotare importanti
caratteristiche di personalità
e meccanismi di difesa maladattivi
Disturbo Paranoide di Personalità
Disturbo Schizoide di Personalità
Disturbo Antisociale di Personalità
Disturbo Borderline di Personalità
Disturbo Narcisistico di Personalità
Disturbo Evitante di Personalità
Disturbo Dipendente di Personalità
Disturbo Ossessivo-Compulsivo
di Personalità
Disturbo di Personalità Non
Altrimenti Specificato
Ritardo Mentale (RM)
(continua)
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L’intervento in rete per i Bisogni Educativi Speciali
(continua)
Assi
Descrizione
Disturbi
ASSE III
Condizioni mediche generali
Inquadra le condizioni mediche
generali in atto e potenzialmente
rilevanti per la comprensione o il
trattamento del disturbo mentale
dell’individuo
Alcune malattie infettive o parassitarie
Neoplasie
Malattie endocrine, nutrizionali
e metaboliche
Malattie del sistema nervoso e
degli organi di senso
Gravidanza, parto e puerperio
Alcune condizioni che si manifestano nel periodo perinatale
Malformazioni congenite, deformazioni e anomalie cromosomiche
Fattori influenzanti lo stato di
salute e il contatto con i servizi
sanitari
ASSE IV
Problemi psicosociali e ambientali
Riporta i problemi che possono
influenzare la diagnosi, il trattamento e la prognosi dei disturbi
mentali (Asse I e Asse II)
Problemi con il gruppo di supporto principale
Problemi legati all’ambiente
sociale
Problemi di istruzione
Problemi lavorativi
Problemi abitativi
Problemi di accesso ai servizi
sanitari
Problemi legati all’interazione
con il sistema legale/criminalità
Altri problemi psicosociali e
ambientali
ASSE V
Valutazione Globale del Funzionamento (VGF)
Riporta il giudizio clinico sul livello
di funzionamento globale. Informazione utile per pianificare il
trattamento, misurarne l’impatto
e predirne l’esito
Il manuale fornisce per l’età
evolutiva una scala per la VGF che
indaga tre aree: relazioni sociali
con i pari e la famiglia, progresso
negli studi in base alle prestazioni,
uso del tempo libero (hobby,
sport, ecc.). E per l’età adulta
una scala per la VGF che indaga
il funzionamento psicologico,
sociale, e lavorativo nell’ambito
di un ipotetico continuum salutemalattia mentale
Per chi deve invece progettare interventi di tipo educativo, la diagnosi
nosografica potrebbe non risultare di immediata utilità e questo è il motivo
per cui si ricorre alla diagnosi funzionale, basata su un profilo di competenze.
Un profilo diagnostico funzionale è costituito in base alle risposte comporta-
La diagnosi e i metodi diagnostici
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mentali e alla storia del soggetto nel rispetto della propria soggettività. Sintomi
e comportamenti costituiscono indicatori biologici e sociali della patologia,
il cui esito è però dato dalla vita comportamentale e mentale del soggetto. Lo
scopo del profilo diagnostico non è tanto quello di ottenere una definizione
classificatoria della patologia del paziente, quanto piuttosto quello di comprendere nel dettaglio come è insorta la patologia, come si inserisce nello sviluppo
del soggetto, quali aree sono state colpite, quali sfere della personalità sono
rimaste integre e funzionanti.
In generale, per avere un quadro diagnostico il più preciso possibile, andrebbero utilizzate entrambe le tipologie di diagnosi sopra descritte, poiché
ognuna apporta elementi utili alla comprensione critica del caso. In particolare, mentre una diagnosi nosografica permette una rapida comunicazione
e conoscenza delle difficoltà del soggetto, una diagnosi funzionale fornisce
indicazioni dettagliate per la progettazione di interventi terapeutici, riabilitativi
o educativi.
Lo scopo di un processo diagnostico è quello di porre attenzione alla
problematica psicologica che ha portato alla consultazione, nella consapevolezza
che tale problematica è inserita in un quadro più ampio, in cui la personalità
del soggetto e il suo contesto familiare e sociale giocano un ruolo centrale.
La diagnosi nell’età dello sviluppo
La diagnosi di un bambino, soprattutto nei primi anni di vita, impone
l’utilizzo di procedimenti osservativi specifici e implica sempre il coinvolgimento degli adulti che si prendono cura di lui. Inoltre, la clinica deve spesso
far ricorso a ricerche e studi condotti nell’ambito della psicologia dello
sviluppo, per arrivare innanzitutto a una conoscenza dello sviluppo tipico e
poi dei suoi possibili disturbi. Sarebbe utile giungere all’individuazione di
dati normativi sullo sviluppo tipico del bambino in modo da caratterizzare
la patologia quale scarto estremo da quei dati. Solo riferendosi ai contributi
della psicologia dello sviluppo e ai risultati delle numerose ricerche condotte
sullo sviluppo tipico e sulle sue particolarità è possibile collocare il disturbo
di un bambino.
Diversi sono gli approcci teorici che guidano il procedimento diagnostico. In questo volume ci riferiamo all’approccio teorico della «developmental
psychopathology», che sottolinea l’importanza di studiare la psicopatologia
in relazione alle più importanti modificazioni che avvengono nel corso del
ciclo di vita (Achenbach, 1990). Lo studio della psicopatologia si pone in
16
L’intervento in rete per i Bisogni Educativi Speciali
relazione alle principali tappe dello sviluppo biologico, cognitivo ed emotivo. Particolare rilevanza teorica in questo approccio è l’assunzione che lo
sviluppo di un bambino avviene in un contesto interattivo e intersoggettivo,
per cui è la relazione con la madre, o meglio con un adulto significativo,
che protegge e fornisce una struttura per la psiche emergente del bambino.
La regolarità, la stabilità e la disponibilità delle esperienze di interazione
permettono al bambino di crescere mentalmente oltre che fisicamente. Il
bambino, per sviluppare le proprie abilità mentali a partire dalle competenze di intenzionalità e reciprocità, ha bisogno della mente della madre (o di
un altro adulto) che condivida con lui esperienze e significati e che dia un
senso e un ordine alle esperienze vissute (Siegel, 1999). È in questa cornice
di interazione che si sviluppano le capacità mentali e affettive di un bambino
ed è in questo contesto interattivo che un bambino che presenta difficoltà
deve essere conosciuto e osservato.
Questo approccio alla patologia nell’età dello sviluppo pone una particolare attenzione alle variazioni dalla normalità e all’equilibrio delle linee di
sviluppo. Prerogativa essenziale è che le considerazioni evolutive siano prioritarie rispetto alle considerazioni circa la sintomatologia e il comportamento
anomalo manifesto.
Per avere un continuo confronto tra normalità e disturbo lo psicologo
dovrà comparare i dati osservati con lo sviluppo tipico del bambino e dovrà
quindi individuare il disturbo come allontanamento dalla normalità; facendo
ciò si procederà comunque a una valutazione di tutte le parti funzionanti del
bambino e alla possibilità di interventi precoci che permettano di risolvere le
difficoltà evidenziate.
Un aspetto molto importante è che il clinico, in base alla sua esperienza
e a una profonda conoscenza dello sviluppo tipico, nel momento in cui gli
giunge la segnalazione di un bambino che presenta un disturbo, cominci a
formulare ipotesi a seconda dell’età del bambino e dei sintomi descritti. Tali
ipotesi saranno poi verificate con l’osservazione, in particolare del comportamento di gioco, oltre che con la ricostruzione anamnestica e con il colloquio
con i genitori. Le ipotesi formulate guideranno le modalità di strutturazione
delle sedute osservative e le decisioni da prendere circa il tipo di osservazione,
la durata, la modalità di registrazione, ecc.
Nei paragrafi seguenti saranno brevemente trattati gli strumenti maggiormente utilizzati nella diagnosi clinica: l’osservazione, il colloquio e i test. Questi
strumenti sono utilizzati nella fase definita di «consultazione diagnostica», cioè
durante quel processo, che dura dai tre ai cinque incontri, in cui lo psicologo
o il neuropsichiatra analizza il disagio psichico del paziente.