Scuola di dottorato di ricerca della Facoltà di Medicina e Chirurgia Curriculum in Alimentazione, Salute e Farmaco XI °ciclo Coordinatore del Curriculum: Prof. Antonio Benedetti RUOLO DEL PANCREATIC DUODENAL HOMEOBOX GENE PROTEIN 1 NELLA MODULAZIONE DELLA RISPOSTA AL DANNO DELLE CELLULE EPATICHE Tutor: Dottoranda: Chiar.mo Prof. Antonio Benedetti Dott.ssa Irene Pierantonelli 1 INDICE 1. INTRODUZIONE 1.1 Anatomia dell’albero biliare intraepatico 1.1.1 Vascolarizzazione dell’albero biliare 1.1.2 Innervazione dell’albero biliare 1.2. Funzione dei colangiociti 1.2.1 Produzione della bile 1.2.2 Fattori che regolano la secrezione di bile 1.3. Patologie dell’albero biliare 1.4 I colangiociti reattivi 1.4.1 Proliferazione dei colangiociti 1.4.2 Trasformazione neuroendocrina dei colangiociti 1.5 GLP-1 e PDX-1 1.5.1 GLP-1 e PDX-1 nell’omeostasi glucidi 1.5.2 GLP-1 1.5.3 GLP-1 nel fegato 2. OBIETTIVO DELLO STUDIO 2 2.1 MATERIALI E METODI 3.2 Metodi 3.2.1 Espressione di PDX-1 nei colangiociti 3.2.2 Immunofluorescenza 3.2.3 Misurazione dell’espressione genica 3.2.4 Western blot 3.2.5 Effetti del GLP-1 nell’attivazione di PDX-1 3.2.6 Effetti dell’attivazione di PDX-1 sulla produzione di VEGF e IGF-1 tramite silenziamento 3.2.7 Studio in vivo 3.2.8 Analisi statistica 4. RISULTATI 4.1 I colangiociti reattivi, non quelli quiescenti esprimono PDX-1 4.2 L’attivazione del recettore del GLP-1 aumenta l’espressione di PDX-1 tramite l’attivazione di PI3K 4.3 Cambiamenti nell’espressione di PDX-1 corrispondono a cambiamenti del suo stato di attivazione 4.4 L’ inattivazione di PDX-1 impedisce la secrezione di VEGF e IGF-1 in vitro 4.5 L’inattivazione genetica di PDX-1 in vivo riduce la proliferazione indotta da BDL 5. DISCUSSIONE 6. BIBLIOGRAFIA 7. FIGURE 3 1.INTRODUZIONE I colangiociti, le cellule che rivestono le vie biliari, sono bersaglio di un eterogeneo gruppo di malattie chiamate colangiopatie. Nonostante ciò, il meccanismo fisiopatologico alla base è comune, essendo caratterizzato da una progressiva morte cellulare non compensata da una sufficiente proliferazione che determina progressiva duttopenia [1]. Purtroppo, al momento attuale, non esistono terapie mirate e in molti casi l’unico approccio curativo è il trapianto epatico. Proprio per questo, è necessario conoscere i meccanismi che si mettono in atto in corso di danno, al fine di poter migliorare sia l’approccio diagnostico che terapeutico [1]. 1.1 Anatomia dell’albero biliare intraepatico L’albero biliare è costituito da un insieme di dotti di diverse dimensioni rivestiti da cellule epiteliali, chiamati colangiociti, che si estendono dal canale di Hering fino ai dotti biliari extraepatici; dal punto di vista anatomico è suddiviso in intra ed extraepatico [2]. L’albero biliare intraepatico è ulteriormente suddiviso in base al diametro in duttuli biliari (<15 μm), dotti interlobari (15-100 μm), dotti settali (100300 μm), dotti di area (300-400 μm), dotti segmentali (400-800 μm) e infine dotti epatici (˃800 μm) per quanto riguarda l’uomo e in piccoli dotti (˂15 μm) e grandi dotti (˃15 μm) nel ratto [3]. Diversi studi in modelli animali sono stati condotti per studiare in dettaglio le due popolazioni di cellule epiteliali che rivestono i dotti biliari intraepatici, i piccoli e grandi colangiociti, rivelando che sia nei ratti [4], che nei topi [5], tali cellule sono molto eterogenee, sia da un punto di vista 4 morfologico [6] che fisiologico [2, 4] . Nello specifico, i grandi colangiociti esprimono recettori per ormoni gastrointestinali come la secretina [7] e trasportatori coinvolti nella secrezione biliare quali il Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator (CFTR) e l’Anion Exchanger 2 (AE2) [4]. Sempre in studi su ratti, Alpini et al., mostrarono che i grandi colangiociti esprimono l’ apical Na+ dependent bile acid transporter (ABAT) confermando ulteriormente che i grandi colangiociti, diversamente dai piccoli, costituiscono i protagonisti nella fisiologia dell’epitelio biliare [8]. Gli stessi risultati furono osservati in modelli di colestasi indotta dalla legatura del coledoco (Bile Duct Ligation, BDL) [9]. 1.1.1 Vascolarizzazione dell’albero biliare I colangiociti ricevono supporto vascolare dall’arteria epatica, che si dirama costituendo un insieme di capillari che circondano i dotti biliari chiamato Plesso Peribilare (PBP) [10, 11]. Il fatto che il PBP si adatta alle esigenze metaboliche dei dotti biliari è stato dimostrato sottoponendo ratti a BDL; in seguito a legatura, i colangiociti vanno incontrano a proliferazione necessitando quindi di più apporto vascolare; questo determina infatti un espansione del PBP [12, 13]. Le due popolazioni di colangiociti non ricevono una identica vascolarizzazione; il PBP irrora prevalentemente i grandi colangiociti e questo permette di spiegare il motivo per cui la proliferazione post-danno indotta ad esempio da BDL, interessa prevalentemente i grandi dotti [3]. 1.1.2 Innervazione dell’albero biliare 5 L’albero biliare intra- ed extra-epatico è circondato da nervi autonomici che originano dal plesso celiaco (fibre simpatiche) e dal nervo vago (fibre parasimpatiche). Oltre ai classici neurotrasmettitori, le fibre vegetative rilasciano nel fegato neuropeptidi come NPY, CGRP, somatostatina, vasoactive intestinal polypeptide (VIP), enkefalina e bombesina, molti dei quali si sono dimostrati capaci di influire in senso stimolatorio od inibitorio sull’attività funzionale dei colangiociti. 1.2 Funzione dei colangiociti 1.2.1 Produzione della bile I colangiociti partecipano assieme agli epatociti alla produzione di bile con una percentuale giornaliera pari al 10% nei ratti e il 30% nell’uomo [14, 15]. I colangiociti modificano la bile a livello canalicolare sia secernendo che assorbendo soluti da essa; nello specifico glucosio, amminoacidi e sali biliari vengono assorbiti grazie a specifici trasportatori localizzati nella loro membrana apicale [16]. Per quanto riguarda la secrezione, i colangiociti svolgono la funzione di alcalinizzare la bile secernendo bicarbonato; una delle prime molecole scoperta essere un regolatore di tale meccanismo fu la secretina [17]. Difatti, una cascata intracellulare viene attivata in seguito al legame della secretina col suo recettore che è localizzato nella membrana basolaterale, conducendo a livello apicale, primo all’ apertura del canale del Cl-, CFTR, e infine dello scambiatore Cl/HCO3-, chiamato AE2 con rilascio di bile arricchita di bicarbonato [16-18]. Recentemente, è stata postulata l’ipotesi che la secrezione di bile arricchita di bicarbonato possa proteggere 6 l’epitelio biliare nei confronti dei sali biliari tossici, e che disfunzioni di tale sistema possano costituire un fattore predisponente per le colangiopatie croniche [19]. 1.2.2 Fattori che regolano la secrezione di bile Oltre alla secretina, un’ampia gamma di molecole sono in grado di stimolare coleresi come ormoni o neuropeptidi, agendo in modo secretinadipendente o indipendente da essa possono intervenire [17, 18]. La gastrina, ormone di produzione gastrointestinale, è in grado di modulare la secrezione biliare come osservato in modelli animali, inibendo sia l’espressione del recettore della secretina che la via intracellulare attivata da quest’ultimo [20]. La somatostatina inibisce sia la secrezione basale che secretino-indotta di bile [21]. Anche ormoni di origine non intestinale quale l’insulina sono in grado di regolare negativamente l’azione della secretina in modelli di iperproliferazione biliare quale la BDL [22]. Tra i neuropeptidi capaci di modificare l’attività coleretica il VIP e la Bombesina sono meritevoli di citazione; il Vip è stato dimostrato potenziare gli effetti pro-secretivi della secretina, sebbene con differenze tra le specie studiate [16, 23]. La bombesina può agire sia favorendo la secrezione in modo secretino-dipendente, come osservato in cani [24], sia in maniera secretino-indipendente [25]. La funzione colangiocitaria, può inoltre essere sotto il controllo di citochine come Il-6, IFN-ɤ,TNF-α che sono in grado di inibire la secrezione biliare secretino-indotta [26]. 7 1.3. Patologie dell’albero biliare Le patologie, di possibile origine genetica o acquisita, che interessano i colangiociti sono dette colangiopatie [1]. Le colangiopatie possono essere classificate a seconda del meccanismo patogenetico che ne è alla base in 1) disordini immunitari, 2) di origine infettiva, 3) disordini genetici, 4) di origine tossica o farmaco indotta e infine 5) da cause vascolari [27]. Fanno parte delle colangiopatie croniche di origine immunitaria la cirrosi biliare primitiva e la colangite sclerosante primitiva. La cirrosi biliare primitiva è una malattia immuno-mediata dove nel 90% dei casi sono presenti anticorpi anti-mitocondriali [28] . La presenza di autoanticorpi, assieme al fatto che l’incidenza è spiccatamente maggiore nel sesso femminile, permette di considerarla una malattia autoimmune [29]. Nonostante l’eziologia sia tuttora sconosciuta, sia la predisposizione genetica che fattori ambientali risultano essere determinanti al suo sviluppo [30]. Dal punto di vista istologico la PBC è caratterizzata da progressiva perdita dei piccoli dotti biliari intraepatici con intensa infiammazione portale, progressiva colestasi, fibrosi e possibile evoluzione in cirrosi e necessità di ricorrere al trapianto epatico[29]. La colangite sclerosante primitiva è una malattia di origine multifattoriale che colpisce prevalentemente uomini di età media e si associa spesso alle malattie croniche intestinali [31]. Come per la PBC, al momento attuale non è possibile determinarne la causa specifica ma l’ipotesi è che, in soggetti con predisposizione genetica, una causa scatenante probabilmente infettiva, attiverebbe la risposta immunitaria e sarebbe quindi alla base della sua insorgenza [32]. Istologicamente è caratterizzata da perdita dei dotti biliari di medio-grande calibro intra/extraepatici con fibrosi e 8 infiammazione, che si associa a severe complicanze tra cui l’insorgenza di colangiocarcinoma [33]. I disordini biliari congeniti e ereditari sono condizioni rare; esempi sono costituiti da Sindrome di Alagille, Malattia/Sindrome di Caroli, fibrosi cistica e fibrosi epatica congenita[34]. La sindrome di Alagille è una malattia autosomica dominante con mutazione, nel 90% dei casi, del gene JAG1 che fa parte della notch signalling, responsabile a livello epatico di progressiva vanificazione dei dotti biliari intraepatici con possibile progressiva evoluzione in fibrosi e insufficienza epatica [35]. La malattia di Caroli è una malattia di tipo ereditario con trasmissione autosomica recessiva, caratterizzata da dilatazione dei dotti biliari intraepatici con tendenza a frequenti colangiti da stasi [36]. La Sindrome di Caroli è una condizione patologica complessa, con decorso maligno perché ad essa si associa fibrosi epatica congenita, malattia policistica con progressivo danno epatico , ipertensione portale e varici esofagee [37]. Infine, la fibrosi cistica è una malattia genetica con interessamento multiorganico, causata dalla mutazione del gene CFTR (cystic fibrosis transmembrane conductance regulator); a livello epatico si manifesta con danno ai dotti biliari con progressiva fibrosi portale [38]. Le colangiopatie possono essere causate notoriamente da agenti infettivi; come virus [39], batteri e parassiti [40]. Le infezione parassitarie sono per lo più endemiche, si associano a svariati quadri clinici, dalle colangiti a ostruzioni dell’albero biliare fino alla comparsa di colangiocarcinoma [41]. Infatti, l’infezione da parte di Opisthorchis viverrini e Clonorchis sinensis costituisce un fattore di rischio noto nei paesi del sud est asiatico [42]. Diversi farmaci o sostanze tossiche sono causa di un ampio spettro di quadri clinici di colangiopatie che possono essere acute e croniche, interessare solo le vie biliari o presentare un quadro misto di danno 9 epato/colangiocitario o ancora manifestarsi come un difetto di secrezione biliare o simulare un danno ostruttivo [43]. Per quanto riguarda le cause vascolari, si tratta per lo più di danno dovuto da ridotta vascolarizzazione e si tratta spesso di cause iatrogene [27] . Nonostante le differenze eziologie , le colangiopatie sono accomunate da una simile patogenesi e da un progressiva perdita dei dotti biliari accompagnata da infiammazione, fibrosi che conducono a cirrosi e insufficienza epatica [1]. 1.4 I colangiociti reattivi 1.4.1 Proliferazione dei colangiociti I colangiociti in condizioni normali sono cellule quiescenti; una volta attivate in corso di danno epatico proliferano per compensare alla perdita dei dotti biliari [44]. Questa reazione proliferativa dei colangiociti è conosciuta come reazione duttulare (Ductular reaction, DR). Con questo termine, coniato da Popper nel 1957 si intende un espansione della popolazione di cellule epiteliali a livello dell’interfaccia tra l’albero biliare e gli epatociti [45]. Le popolazione cellulare che rappresenta la DR può derivare da 1) proliferazione di dotti biliari preesistenti, 2) cellule progenitrici, 3) cellule che attraversando la circolazione del sangue raggiungono il fegato e differenziano in cellule epatiche e 4) metaplasia di cellule biliari in epatociti [46]. Tuttavia, tale meccanismo riparativo, promuove esso stesso la progressione verso un quadro infiammatorio e favorendo la fibrosi [47]. Infatti, i colangiociti reattivi attraverso la secrezione di chemochine profibrogeniche quali Interleukin-6, Interleukin10 8, Tumor necrosis factor-α, Monocyte chemoattractant protein-1, Plateletderived growth facto-BB, Endothelin-1, Connective tissue growth factor e Transforming growth factor-beta 2, richiamano cellule stellate epatiche e fibroblasti portali con conseguente fibrosi portale [48]. 1.4.2 Trasformazione neuroendocrina dei colangiociti In risposta al danno, i colangiociti, non solo proliferano ma acquisiscono un fenotipo simil-neuroendocrino. Questo significa che oltre ad esprimere tipici markers delle cellule endocrine quali Cromogranina A, Glicolipide A2-B4, proteina S100 e Neural cell adhesion molecule e presentare granuli neuroendocrini, sono in grado di produrre essi stessi fattori che in condizioni di quiescenza non secernerebbero o di rispondere più intensamente ai segnali indotti da ormoni che agiscono su di essi in condizioni fisiologiche [49]. Nel corso degli anni, varie e numerose molecole sono state scoperte essere fondamentali nella fisiopatologia dei colangiociti reattivi. Tra gli ormoni, la secretina è nota regolare diverse funzioni cellulari; è stato infatti dimostrato che il recettore è iperespresso in modelli animali di iperplasia biliare, quale BDL, favorendo la proliferazione cellulare attraverso la cAMP/PKA/ERK1/2 pathway e incremento della secrezione di bicarbonato nella bile [44, 50]. La somatostatina svolge un azione antiproliferativa che è stata osservata sia in vitro che in vivo [21] e l’utilizzo del suo analogo, Octreotide, è così in grado di ridurre proliferazione e fibrosi epatica indotti dalla BDL [51]. La gastrina presenta effetti simili alla somatostatina; somministrata cronicamente a ratti dopo BDL è in grado di ridurre la proliferazione dei colangiociti [52]. Altri ormoni, di natura steroidea, sono stati osservati 11 capaci di regolare la fisiologia dei colangiociti come estrogeni, progesterone, prolattina e testosterone [44]. Tra i neuropeptidi, la serotonina, riduce la proliferazione/coleresi e interessantemente i colangiociti reattivi la secernono essi stessi regolando così in modo autocrino la loro fisiologia [53]. Gli oppiodi agiscono sui colangiociti modulando i recettori δOR, μOR, and κOR; in corso di proliferazione i colangiociti rilasciano e rispondono ad essi riducendo la proliferazione cellulare attraverso la via intracellulare IP3/CamKIIα/PKCα [54]. I colangiociti, inoltre producono fattori angiogenetici quali il Vascular endothelial growth factor (VEGF) e regolano la loro proliferazione in modo autocrino attivando i recettori VEGFR-2 e VEGFR-3; questo meccanismo è accentuato in corso di danno colestatico come osservato in ratti sottoposti a BDL [55]. L’ormone Insulin-like growth factor 1 (IGF-1) nel fegato è secreto sia dagli epatociti che dai colangiociti; l’azione di tale ormone nei colangiociti sembra essere importante per la loro sopravvivenza e per prevenire l’apoptosi [53]. In definitiva, la fisiologia dei colangiociti viene regolata da una vasta gamma di peptidi, ormoni e neurotrasmettori che possono essere prodotti da cellule vicine e agire in modo paracrino, o prodotte dai colangiociti che possono quindi modulare la loro stessa fisiologia attivando o inibendo specifici segnali intracellulari. 1.5 GLP-1 e PDX-1 nell’omeostasi glucidica 1.5.1 GLP-1 12 Glucagon like peptide 1 (GLP-1) è un ormone prodotto dalle cellule enteroendocrine dell’intestino tenue distale e del colon. Recettori per tale ormone sono espressi in diversi organi quali pancreas, rene, polmone, cuore e sistema nervoso centrale e periferico [56]. Il GLP-1, secreto in conseguenza del pasto, regola l’omeostasi glucidica a livello pancreatico favorendo la sintesi e secrezione di insulina, glucochinasi, GLUT2 e somatostatina e riducendo quella del glucagone; inoltre regola il metabolismo del glucosio agendo in svariati organi come fegato, stomaco e muscolo allo scopo di ridurre la concentrazione ematica di glucosio [56, 57] . Quindi farmaci che capaci di mimare l’azione del GLP-1 sono stati approvati nel trattamento del diabete di tipo 2, sia per la capacità di regolare i livelli di glucosio sia per gli altri effetti che derivano dalla azione di tale ormone, quale quello di ridurre il peso corporeo [58, 59]. Inoltre, studi condotti su line cellulari e modelli in vivo hanno dimostrato che il trattamento con agonisti del GLP-1 favorisce la proliferazione delle cellule beta pancreatiche e ne riduce l’apoptosi [60] . 1.5.2 PDX-1 Pancreatic and duodenal homeobox (PDX-1) è un fattore di trascrizione fondamentale per lo sviluppo del pancreas, la differenziazione delle cellule beta e che, anche nella fase adulta mantiene un importante funzione regolatoria [61]. In corso di organogenesi PDX-1 è ubiquamente espresso in tutte le cellule pancreatiche, mentre nella fase adulte permane solo a livello delle cellule β e δ, oltre che essere espresso nelle cellule endocrine nell’intestino e nel sistema nervoso in sviluppo [62]. PDX-1 è essenziale nello sviluppo del pancreas; infatti è stato osservato che sia modelli animali PDX-1 -/-, che 13 nell’uomo con delezione del nucleotide per tale gene, presentano agenesi pancreatica [63, 64]. Inoltre la parziale inattivazione genica del gene PDX-1 in topi eterozigoti causa alterata tolleranza al glucosio, che nell’uomo si associa alla condizione di MODY4, una rara forma di diabete giovanile [62, 65]. Nell’adulto PDX-1 regola l’espressione di specifici geni a livello delle isole del Langherans pancreatiche quali il promotore dell’insulina, somatotastina, GLUT2 e glucochinasi [66]. Il ruolo di PDX-1 nel regolare l’omeostasi glucidica PDX-1 è stato scoperto essere regolato da GLP-1 [67] e la sua attivazione determina proliferazione e aumentata sopravvivenza cellulare in corso di danno pancreatico [68]. Inoltre, è stato osservato che PDX-1, se espresso in cellule che in condizioni fisiologiche non esprimono tale gene, induce modificazioni fenotipiche quali la trasformazione in senso endocrino, acquistando la capacità di produrre ormoni [69, 70]. 1.5.3 GLP-1 nel fegato Marzioni et al., hanno dimostrato che i colangiociti in corso di danno epatico non solo iperesprimono il recettore per il GLP-1, ma sono in grado essi stessi di produrlo, inducendo uno stimolo pro-proliferativo autocrino allo scopo di compensare alla morte cellulare [71]. L´attivazione del recettore GLP-1 nei colangiociti, come risposta di queste cellule al danno, è stata poi confermata tramite attivazione farmacologica del recettore GLP-1 utilizzando un suo potente agonista exendin-4 [72]. L’exendin-4, attivando il recettore GLP-1, previene l´apoptosi sia in vitro che in vivo, in animali sottoposti a BDL [72]. 14 2. OBIETTIVO DELLO STUDIO L’obiettivo dello studio è stato quello di verificare se PDX-1 fosse in grado di guidare la transdifferenziazione “simil-neuroendocrina” dei colangiociti in corso di danno. Le seguenti domande sono state poste: - i colangiociti esprimono PDX-1? - l'espressione di PDX-1 è regolata dall'attivazione del recettore per il GLP- 1 ? - quali vie di trasduzione del segnale sono attivate dal GLP-1? - PDX-1 è essenziale affinché i colangiociti possano produrre ormoni e peptidi in risposta al danno? 3. MATERIALI E METODI 3.1 Materiali I reagenti e gli anticorpi, dove non specificatamente indicato, sono stati acquistati rispettivamente dalla Sigma-Aldrich (Milano, Italia) e dalla Santa Cruz Biotechnologies Inc. (Santa Cruz, CA). L’exendin-4 è stata acquistata dall’America Peptide Inc. (Sunnyvale, CA). L’anticorpo anti-CK-19 per immunofluorescenza è stato acquistato dalla Novocastra (Milano, Italia), mentre, per immunoistochimica è stato utilizzato l’anticorpo TROMA III 15 fornito dall’Universita di Iowa. I colangiociti normali di ratto (NRC) sono stati gentilmente forniti dal Prof. Gianfranco Alpini, (The Texas A & M University, Temple, TX). Infine, i topi PDX +/− sono stati Prof. Christopher Wright, (Vanderbilt University, ottenuti dal Nashville, TN, USA). 3.2 Metodi 3.2.1 Espressione di PDX-1 nei colangiociti Per valutare se PDX-1 fosse espresso nei colangiociti normali e/o in colangiociti in corso di danno epatico sono state utilizzate le seguenti tecniche: I) doppia immunofluorescenza (PDX-1 e CK19) su fegato di ratti normali e fegato di ratti sottoposti ad una settimana di legatura del coledoco (BDL), il più comune modello animale di induzione della risposta biologica dell’epitelio biliare II) Real-time PCR e III) Western-blot in colangiociti di ratto isolati utilizzando uno specifico anticorpo diretto verso un antigene di superficie. 3.2.2 Immunofluorescenza La doppia immunofluorescenza è stata eseguita su campioni di fegato congelato, precedentemente fissati in acetone. Dopo reidratazione in PBS, i vetrini sono stati incubati in 0,2% Triton X, per favorire l’ingresso dell’anticorpo a livello intracellulare e incubati overnight a 4 gradi con gli anticorpi anti-CK-9 e anti-PDX-1 e successivamente mantenuti un ora a temperatura ambiente con i corrispettivi anticorpi secondari (DAKO anti- 16 mouse/TRITC e anti-rabbit/FITC). Le immagine sono stata osservate al microscopio a fluorescenza (Nikon MBA75040, Firenze, Italia). 3.2.3 Misurazione dell’espressione genica L' RNA totale è stato estratto mediante TRIzol (Invitrogen, Milano, Italia), con le modalità previste dalla casa produttrice. 1 μg dell'RNA totale è stato quindi convertito in cDNA con random primers usando la trascrittasi inversa M-MLV (Promega, Milano, Italia). I primers per la Real-Time PCR sono stati disegnati con il software Oligo 6 usando come riferimento le sequenze di mRNA ricavate da Gene Bank; la specificità dei primers è stata confermata tramite BLAST analysis. La Real-Time PCR è stata eseguita usando Rotor-Gene 6000 (Corbett Research) con il fluoroforo SYBER Green; l'mRNA di peptidilprolil isomerasi B (Cyclophillin B) è stato usato come gene di riferimento per la normalizzazione. I dati ottenuti sono stati analizzati tramite il software Gene Expression Macro Genex sviluppato dalla BioRad (Milano, Italia). 3.2.4 Western blot L’immunoblotting è stato eseguito con protocollo standard, come in studi precedenti. Brevemente, dopo l'elettroforesi, le proteine sono state trasferite su membrane di nitrocellulosa e le stesse sono state incubate overnight a 4°C con l'anticorpo primario. Si è quindi aggiunto l'anticorpo secondario corrispondente. Le proteine sono state visualizzate tramite chemiluminescenza. L'intensità delle bande è stata determinata tramite scansione densitometrica usando il sistema Chemi Doc (Bio Rad, Milano, Italia). 17 3.2.5 Effetti del GLP-1 nell’attivazione di PDX-1 Per dimostrare che l’attivazione di PDX-1 è come nel pancreas, indotta da GLP-1 i colangiociti sono stati incubati con l’analogo del suddetto recettore, Exendin-4 a concentrazioni di 1-10-100 nmol/L e 1 μmol/L per 3 e 24 h e in aggiunta è stato svolto un time course a 3,12 e 24 ore alla concentrazione di 100 nmol/L. In tutti i casi FBS e Acido Taurocolico (80 μmol/L) sono stati confrontati ai risultati per vedere la risposta proliferativa non indotta dal composto da valutare. Inoltre, per investigare quali vie intracellulari fossero attivate dal PDX-1, i colangiociti di ratto sono stati pre-incubati per 30 minuti con Rp-cAMPs (100 μmol/L, inibitore della PKA cAMP-dipendente), wortmannin (100nmol/L, inibitore di PI3K), BAPTA/AM (5 μmol/L, chelante del Ca2+ intracellulare) o KN62 (10 μmol/L, inibitore di CamKinaseII). I risulatati sono stati ottenuti valutando la diversa espressione delle proteine tramite western blot. 3.2.6 Effetti dell’attivazione di PDX-1 sulla produzione di VEGF e IGF-1 tramite silenziamento Infine per verificare se PDX-1 è capace di guidare la trasformazione neuroendocrina dei colangiociti nella secrezione di ormoni quali VEGF e IGF-1, sono stati svolti esperimenti sia in vitro che in vivo. Nel primo caso, gli NRC sono stati incubati con siRNA per PDX-1(48 ore) e con il corrispondente non-targeting in presenza o meno di incubazione con exendin-4 (100 nmol/L). L’eventuale espressione di VEGF e IGF-1 è stata osservata tramite Real-time PCR. Gli short interfering RNAs (siRNA) sono stati acquistati dalla Dharmacon (Epsom,UK). Le sequenze utilizzate per silenziare PDX-1 utilizzate erano: 18 5’-CGUAGUAGCGGGACAACGA-3’, 5’-GAGAAUAAGAGGACCCGUA-3’, 5’-GAGCAGGAUUGUGCCGUA-3’, 5’-UACAAGGACCCGUGCGCAU-3’. 3.2.7 Studio in vivo In vivo, topi PDX +/− e topi wild type (entrambi di 8 settimane di vita e privi di significativi difetti metabolici) sono stati sottoposti a una settimana di BDL . I fegati sono stati usati per allestire vetrini allo scopo di quantificare la massa epatica tramite analisi computerizzata in seguito a colorazione immunoistochimica con CK19. Tutte le procedure sugli animali sono state svolte seconda le direttive provenienti dalle linee guida istituzionali. 3.2.8 Analisi statistica I dati sono espressi come media ± SE. I dati ottenuti da esperimenti in vitro sono espressi come % del valore basale. E' stato calcolato l'intervallo di confidenza al 95%. Le differenze tra i gruppi sono state studiate con l'analisi della varianza (ANOVA). Le differenze tra i gruppi sono state considerate significative qualora il valore di p fosse inferiore a 0.05. 19 4. RISULTATI 4.1 I colangiociti reattivi, non quelli quiescenti esprimono PDX-1 La doppia fluorescenza in ratti normali e ratti sottoposti a BDL ha dimostrato che solo questi ultimi esprimono PDX-1. Stessi risultati sono stati ottenuti tramite analisi del messaggero (Real-time PCR) e dell’espressione proteica (Western blot). 4.2 L’attivazione del recettore del GLP-1 aumenta l’espressione di PDX-1 tramite l’attivazione di PI3K L’incubazione dei colangiociti con concentrazioni crescenti di exendin-4 induce un aumento dose dipendente dell’espressione di PDX-1 a livello proteico sia dopo 3 che 24 ore e dell’mRNA solo dopo 24 ore. VEGF e IGF-1 aumentano anche in modo dose dipendente. Le cellule incubate con FBS o TC non presentano cambiamenti di espressione di PDX-1 comparati al controllo. In seguito al trattamento con antagonisti delle diverse vie intracellulari è emerso che solo la preincubazione con Wortmannin (antagonista di PI3K) neutralizza gli effetti dell’attivazione del recettore del GLP-1 sull’espressione di PDX-1. 4.3 Cambiamenti nell’espressione di PDX-1 corrispondono a cambiamenti del suo stato di attivazione 20 L’attivazione di PDX-1 è stata valutata come espressione nucleare tramite Western blot utilizzando proteine precedentemente estratte a livello nucleare. PDX-1 è espresso a livello nucleare solo dopo attivazione di GLP-1 indotta dal suo specifico agonista. 4.4 L’inattivazione di PDX-1 impedisce la secrezione di VEGF e IGF-1 in vitro In vitro, i colangiociti inducono aumenti di espressione dei geni di VEGF e IGF-1 quando incubati con exendin-4. Diversamente, l’inibizione genica ottenuta tramite silenziamento con siRNA, riduce tale aumento indotto dall’agonista di PDX-1, dimostrando quindi che l’aumento di VEGF e IGF1 indotto dall’ exendin-4 è mediato da PDX-1. 4.5 L’inibizione genetica di PDX-1 in vivo riduce la proliferazione indotta da BDL In vivo, topi PDX-1 +/- sottoposti a BDL presentano ridotta espressione genica di VEGF e IGF-1 rispetto ai controlli BDL. Inoltre la mancata espressione di PDX-1 riduce la risposta proliferativa dei colangiociti tipicamente indotta dalla legatura del dotto biliare, valutata tramite immunoistochimica di CK19 e quantificazione al microscopio ottico. 21 5. DISCUSSIONE Le colangiopatie sono malattie delle cellule che rivestono i dotti biliari che possono condurre a cirrosi, insufficienza epatica e necessità di ricorrere al trapianto di fegato. Purtroppo le cause nella maggior parte dei casi restano sconosciute [1] Molti studi sono stati condotti al fine di studiare i meccanismi patogenetici ed è ormai noto che i colangiociti in risposta al danno vanno incontro a proliferazione e acquisiscono un fenotipo neuroendocrino [49]. Questa trasformazione fornisce dei segnali paracrini e autocrini ai colangiociti, attraverso molecole molto varie quali ormoni, neuropeptidi, fattori di crescita allo scopo di compensare al danno cellulare ma che sono anche alla base della fisiopatologia del danno biliare[73]. Quindi, la conoscenza approfondita dei meccanismi che governano la fisiopatologia dei colangiociti in corso di danno costituirebbe un passo fondamentale per poter migliorare l’approccio diagnostico e ottenere nuove ed efficaci strategie terapeutiche [74, 75]. Studi precedenti hanno dimostrato che il GLP-1 costituisce una molecola segnale che regola la proliferazione dei colangiociti reattivi [71]. E’ inoltre noto che nel pancreas, molti degli effetti mediati dal GLP-1 avvengono mediante l’attivazione del fattore di trascrizione PDX-1[67]. PDX-1, nel pancreas, oltre ad essere un importante regolatore dell’omeostasi glucidica è in grado di regolare funzioni cellulari quali la differenziazione [76]. Nello specifico PDX-1 è in grado di trasformare cellule epiteliali come quelle duttali in cellule con fenotipo neuroendocrino [70, 76]. Questo è stato anche osservato negli epatociti, che fisiologicamente non esprimono PDX-1, nei quali la trasfezione di PDX-1 li induce a produrre ormoni quali insulina capaci di regolare i livelli di glucosio [77]. 22 Dato che l’acquisizione di un fenotipo endocrino è, come detto sopra, una fondamentale caratteristica dell’epitelio biliare in corso di danno, e che PDX-1 sembra poter guidare questa differenziazione in altre cellule dell’organismo, ci siamo chiesti se PDX-1 possa essere responsabile della trasformazione dei colangiociti a cellule pseudo-ormonali. Il primo risultato è stato che i colangiociti esprimono PDX-1 solo in condizioni “patologiche”, risultando molto simili alle cellule duttali pancreatiche che, in corso di danno, proliferano e ri-esprimono PDX-1[78]. Inoltre abbiamo dimostrato che l’espressione di PDX-1 è indotta dall’attivazione del recettore del GLP-1, ottenuta utilizzando il suo potente agonista exendin-4 sia dopo 3 che 24 ore a livello proteico, mentre incrementi corrispondenti dei livelli di mRNA di PDX-1 si sono osservati unicamente a 24 ore. Questo concorda con la tipica biologia di PDX-1 i cui eventi post-traslazionali sono in grado di determinare aumenti rapidi dei livelli della proteina attiva [79]. L’attivazione di PDX-1 indotta dal GLP-1 attiva la via intracellulare PI3K, ma non cAMP/PKA e Ca2+/ CamKIIα, in linea con quello che è stato osservato a livello pancreatico [80]. L’attivazione di PDX-1 indotta dal GLP-1 è stata verificata misurando i livelli intracellulari del suddetto fattore di trascrizione, che corrispondono al reale stato attivo, ossia quando regola specifici geni target a livello nucleare. L’attivazione di PDX-1 guida l’acquisizione di un fenotipo neuroendocrino inducendo aumentata espressione di molecole quali VEGF e IGF-2 che sono tipicamente aumentate nella fase reattiva dei colangiociti [49]. Questo è stato dimostrato per primo in vitro, dove l’aumento di VEGF e IGF-1 era ridotto in colangiociti incubati con exendin-4 e siRNA per PDX-1, quest’ultimo usato allo scopo di bloccarne l’espressione genica, rispetto a quelle stimolate solamente con exendin-4. Stessi risultati sono stati osservati in vivo, in topi soggetti a BDL allo scopo di attivare i colangiociti. I topi 23 PDX-1 +/− presentano ridotta espressione di VEGF e IGF-1 rispetto ai topi WT, dimostrando ulteriormente che l’attività dei colangiociti è regolata da PDX-1. Quindi per concludere, lo scopo di questo lavoro è stato quello di investigare il ruolo dell’attivazione del GLP-1 non solo come era stato precedentemente dimostrato come stimolo proliferativo, ma ancora più ampiamente come induttore del fenotipo neuroendocrino tipico dei colangiociti in corso di danno. La comprensione dei meccanismi che regolano la fisiologia dei colangiociti, come in questo caso il ruolo di PDX1, potrebbe portare nuovi concetti applicabili a livello clinico. L’acquisizione di un fenotipo pancreatico ad esempio, da parte degli epatociti adulti potrebbe essere sfruttata come terapia innovativa per il diabete mellito [81]. Oppure il fatto che PDX-1 sia particolarmente importante nello sviluppo del carcinoma pancreatico, per il quale è stato proposto anche come possibile fattore prognostico [82]. La scoperta che tale fattore di trascrizione possa essere associato a colangiocarcinoma potrebbe aprire nuove possibilità di conoscere tale carcinoma su cui molti aspetti non sono ancora chiariti. 24 6. BIBLIOGRAFIA 1. Lazaridis, K.N., M. Strazzabosco, and N.F. Larusso, The cholangiopathies: disorders of biliary epithelia. Gastroenterology, 2004. 127(5): p. 1565-77. 2. Marzioni, M., et al., Functional heterogeneity of cholangiocytes. Seminars in liver disease, 2002. 22(3): p. 227-40. 3. Glaser, S., et al., Heterogeneity of the intrahepatic biliary epithelium. World journal of gastroenterology : WJG, 2006. 12(22): p. 3523-36. 4. Alpini, G., et al., Morphological, molecular, and functional heterogeneity of cholangiocytes from normal rat liver. Gastroenterology, 1996. 110(5): p. 1636-43. 5. Glaser, S.S., et al., Morphological and functional heterogeneity of the mouse intrahepatic biliary epithelium. 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(A) Sia la Real-Time PCR (sinistra) che l'immunoblotting (destra) mostrano che PDX-1 è espresso nei colangiociti isolati da ratti sottoposti a BDL per una settimana ma non nei colangiociti di ratti normali. * p < 0.05 rispetto ai ratti normali. (B) Non è stata rilevata nessuna significativa differenza nell'espressione di CK-19, sia con Real-Time PCR (sinistra) che con immunoblotting (destra). 38 Figura 3A 39 Figura 3B 40 Figura 3C 41 Figura 3: effetti dell'attivazione del GLP-1R sull'espressione di PDX-1 nei colangiociti in coltura. (A) Esponendo gli NRC a exendin-4 per 3 ore, si ottiene un incremento dose-dipendente dell'espressione della proteina PDX-1 (in alto), ma non dei livelli dell'mRNA di PDX-1 (al centro) e di CK-19 (in basso). (B) L'esposizione a exendin-4 per 24 ore incrementa sia i livelli della proteina PDX-1 che il relativo mRNA mentre non si registrano cambiamenti di CK-19. (C) L'mRNA di IGF-1 e VEGF aumentano dopo 12 di incubazione con exendin-4. I risultati sono espressi come media ± SE di almeno 3 esperimenti. *: p < 0.05 rispetto al basale. 42 Figura 4 43 Figura 4: segnali intracellulari che mediano gli effetti dell'attivazione del GLP-1R sull'espressione di PDX-1. Solo preincubando le cellule con wortmannin si ottiene la neutralizzazione dell'incremento di PDX-1 indotto da exendin-4. Questo effetto non è stato ottenuto con la preincubazione con Rp-cAMP, KN-62 or BAPTA/AM. I risultati sono espressi come media ± SE di almeno 3 esperimenti. *: p < 0.05 rispetto agli altri gruppi. 44 Figura 5 45 Figura 5: Cambiamenti nello stato di attivazione di PDX-1 in seguito ad attivazione da parte di GLP-1 L’espressione di PDX-1 è virtualmente assente in estratti nucleari ottenuti dalle cellule a livello basale mentre in seguito a incubazione con exendin-4 si ha un marcato aumento (sinistra). La purezza degli estratti nucleari è stata confermata valutando l’espressione proteica di PCNA nel nucleo ma non nel citosol(destra). 46 Figura 6A 47 Figura 6B 48 Figura 6C 49 Figura 6: effetto della mancanza di PDX-1 sulla sintesi di IGF-1 e VEGF da parte dei colangiociti. In vitro (A), il knock-down di PDX-1con siRNA neutralizza gli incrementi dei livelli di mRNA di IGF-1 e VEGF indotti da exendin-4 mentre non si registrano differenze nelle cellule incubate con RNA non-targeting. I risultati sono espressi come media ± SE di almeno 3 esperimenti. *: p < 0.05 rispetto al basale; #: p < 0.05 rispetto a RNA non- targeting + exendin-4. In vivo (B), gli incrementi dei livelli di mRNA di IGF-1 (in alto) e VEGF (al centro) indotti da una settimana di BDL sono marcatamente ridotti in topi PDX-1 +/− rispetto ai topi wildtype. Non si evidenziano differenze nei topi non soggetti a BDL (sham). N = 4 per ogni gruppo. I cambiamenti dei livelli di mRNA di IGF-1 e VEGF sono associati a cambiamenti paralleli nell'espressione della proteina PDX1 (in basso). I risultati sono espressi come media ± SE. *: p < 0.05 rispetto al wild -type sham. #: p < 0.05 ripetto ai topi wild-type sottoposti a BDL. 50 Figura 7 51 Figura 7: rappresentazione schematica degli eventi intracellulari. L'attivazione del GLP-1R stimola, tramite la via di trasduzione del segnale basata su PI3K, la sintesi e la traslocazione nucleare di PDX-1, insieme all'attivazione di Bridge-1 e alla fuoriuscita di Foxo-1 dal nucleo; tutti questi eventi permettono la trascrizione di IGF-1 e VEGF. 52 RINGRAZIAMENTI Al termine di questo lavoro e di questo percorso vorrei ringraziare le persone che mi hanno offerto la possibilità di frequentare la scuola di dottorato ossia il Prof. e Preside Antonio Benedetti, il Prof. Gianluca Svegliati Baroni e il Dott. Marco Marzioni. Mi hanno insegnato che la ricerca è veramente fondamentale per la carriera del medico, perché offre una visione più completa e aggiornata della clinica, permette di indagare a fondo meccanismi che sono tuttora sconosciuti al fine di poter trovare la migliore soluzione per patologie sulle quali ci si imbatte spesso senza poter intervenire in modo curativo. Ringrazio inoltre il gruppo di ricerca della Clinica di Gastroenterologia, composto da Chiara Rychlicki, Cinzia Candelaresi, Laura Agonistelli, Luciano Trozzi, Stefania Saccomanno e il Dott.Samuele Deminicis che mi hanno seguito fin dall’inizio con impegno e pazienza, al fine di insegnarmi le tecniche di laboratorio ma che mi hanno soprattutto trasmesso la passione per la ricerca. Inoltre vorrei ringraziare le persone che mi sono state accanto e mi hanno sostenuta in questi tre anni, che mi sono state vicine anche se ero lontana all’estero, per primo Maurizio che anche nei momenti difficili mi ha dato la forza di andare avanti. Ringrazio le mie amiche specialmente Melania e Melamy che in questo periodo mi hanno dato due fantastici nipotini. 53 54 55