FARMACOLOGIA Prof.ssa Mores 17/10/2007 Ore 12:30 – 13:30 TIAZOLIDINEDIONI Sia i tiazolidindioni che le biguanidi, quindi qualsiasi farmaco a somministrazione orale che non siano le sulfaniluree, cioè che non agiscano con un meccanismo che aumenti la liberazione di insulina dal residuo tessuto pancreatico, non sono ipoglocemizzanti ma sono euglicemizzanti. Verosimilmente, pertanto, non provocano ipoglicemia con la stessa facilità e gravità che si può osservare con l’insulina e con le sulfaniluree. I tiazolodindioni agiscono lentamente e altrettanto lenta sarà la scomparsa della loro azione perché prevedono meccanismi di attivazione e inibizione essenzialmente nucleari in cui sono coinvolti i recettori nucleari TPAgamma (controllare) che sono ampiamente diffusi. Gli effetti e i vantaggi al momento conosciuti della terapia con tiazolidindioni sono a livello epatico, muscolare, vascolare e, ovviamente, a livello del tessuto pancreatico. Una novità di quest’anno è un peptide riguardante il pancreas: l’amilina (attualmente sfruttato negli Stati Uniti ). E’ un peptide che si trova nei granuli con l’insulina, anche se in quantità minori rispetto a quest’ultima, e viene secreto con essa. Se questo farmaco viene utilizzato con dosi farmacologiche, e quindi più elevate delle dosi normalmente prodotte dal nostro organismo, inibisce la secrezione di glucagone con un meccanismo non noto. Ha poi delle attività relative alla motilità gastrica ed, infine, ha un importante effetto anoressizzante centrale. Si può quindi sfruttare soprattutto in quei pazienti con diabete di tipo I e II che non rispondono in modo soddisfacente alla terapia con insulina. E’ stato sviluppato quindi un prodotto, che è un analogo sintetico dell’amilina, che viene impiegato nei casi in cui non si riesca a tenere un controllo adeguato della glicemia anche con terapia insulinica. Lo svantaggio è che deve essere somministrato non per via orale, ma sottocute. Anche qui è necessaria una titolazione della dose sul singolo paziente che deve essere via via incrementata a partire dalla dose più bassa possibile. L’inizio è rapido e non bisogna aspettare tanto tempo per la cinetica del farmaco. Tutte queste classi di farmaci nella pratica clinica possono associarsi tra loro tenendo presente il meccanismo d’azione, gli effetti collaterali e il potenziamento dell’efficacia della terapia. GLUCAGONE E’ un iperglicemizzante e modula anche la secrezione dell’insulina che è uno dei target della terapia euglicemizzante. In terapia può essere apprezzato questo effetto inotropo e iperglicemizzante perché non sempre abbiamo la possibilità di recuperare un paziente in ipoglicemia, specie se è severa, con altri sistemi che hanno a che fare col paziente collaborante e che riesca a ingerire zuccheri (in forma liquida soprattutto) o spesso non possiamo somministrare soluzioni glucosate endovena e quindi somministriamo glucagone. Questo è il capostipite della famiglia degli enteroglucagoni, secreti in varie aree dell’intestino. La glicentina è il precursore del glucagone e dei glucagon.like-peptide 1 e 2 (GLP-1 e GLP-2). La funzione di questi ultimi non è nota, tuttavia si è visto che un segmento di GLP-1 ha una potente attività insulino-tropica. Quindi è stato sviluppato un analogo del GLP-1 (Exematide, il principio attivo) che può essere utilizzato nei pazienti in cui l’attività della terapia non è sufficiente e si vuole avere un controllo dell’innalzamento della glicemia post-prandiale. Anche questo peptide ha un’attività sullo svuotamento gastrico e funziona come anoressizzante centrale. Un altro farmaco è il Sitagliptin (?), che verrà presto utilizzato anche in Italia. Ha un meccanismo d’azione che indirettamente consente l’aumento in circolo delle GLP-1 perchè inibisce una peptidasi (DPP4) che degrada gli analoghi del glucagone. Quindi, l’effetto finale, di questo preparato è simile agli analoghi del GLP-1. Il vantaggio di questo farmaco è che ha somministrazione orale, inoltre essendo anoressizzante aiuta i pazienti a perdere peso, aspetto importante specie per i diabetici. 1 ESTROGENI, PROGESTINICI E ANDROGENI Sono ormoni fondamentali per la caratterizzazione sessuale, per la pubertà e per il metabolismo lipidico e proteico . Ricordiamo l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene-gonadi, come regolatore e fonte di androgeni ed estrogeni. Sono tutti tessuti che posseggono aromatasi in grado di trasformare androgeni in composti con attività estrogenica. Gli ormoni fisiologicamente prodotti hanno tutti una struttura steroidea al contrario di molti principi attivi disponibili che pur non possedendo questa struttura hanno attività farmacologia di tipo androgeno o estrogeno. Vanno ricordati gli interferenti endocrini, sostanze che possono rientrare in questo gruppo di principi attivi e che possiedono attività estrogenica. C’è una serie di sostanze presenti nel regno vegetale (isoflavoidi e flavonoidi) che hanno attività simil-estrogenica. Un’altra serie di composti sintetici sono le plastiche che fino a qualche hanno fa erano componenti delle pellicole alimentari, che essendo liposolubili venivano liberati in forma monometrica funzionando da interferenti endocrini dell’attività gonadica in senso inibitorio. Oggi questa sostanza non è più presente nelle nostre pellicole. Ci sono diversi tipi di somministrazione di queste sostanze, tra queste ricordiamo i cerotti transdermici che sfruttano la buona liposolubilità di questi principi attivi che garantisce il passaggio lento e progressivo attraverso la cute. Gli effetti collaterali più frequenti sono a carico del sistema gastrointestinale, i più preoccupanti a livello epatico con epatopatie, pur se reversibili, che modificano i livelli di transaminasi e bilirubina, ma senza arrivare alla gravità delle epatopatie date dagli androgeni di sintesi (nandrolone) e dall’aumento dell’incidenza del carcinoma epatocellulare per i soggetti che li utilizzano a scopo di doping. Antagonisti degli estrogeni: sono classi promettenti, soprattutto in campo oncologico, dove si vanno sviluppando terapie sempre meno invasive e più efficaci, pur se rivolte a categorie selezionate di pazienti. Questi principi attivi sono il Tamoxifene e il Raloxifene, che hanno un’azione antagonista che prevale su quella agonista nei confronti dei recettori per gli estrogeni. Vengono utilizzati nei cancri della mammella che esprimono recettori per gli estrogeni e sono efficaci per ridurre le recidive locali e distanti in caso di neoplasia che non siano carcinomi in situ. La riduzione è circa del 30% in cinque anni. Queste terapie vanno fatte solo per cinque anni perché il Tamoxifene dà un vantaggio fino al quinto anno, dopo il quale aumenta la possibilità di sviluppare neoplasie endometriali. Risulta essere, in conclusione, un antagonista sulla mammella e agonista sull’utero. Il Tamoxifene, inoltre, ha una attività protettiva nel prevenire l’osteoporosi (anche se non è quello il target terapeutico). Gli effetti collaterali sono molto simili a quelli degli estrogeni: sanguinamenti impropri a livello uterino e vaginale, vampate di calore, nausea, perdita di capelli e possibilità di avere piastrinopenia. Massimiliano Nestola 2