Notiziario del Teatro di Roma
aprile.giugno
giornale 8:Progetto
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n8
10
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ARGENTINA
FINALE DI STAGIONE
INDIA
PRIMAVERA DI
CORPO A CORPO
SPETTACOLI
CON I PIEDI FORTEMENTE
APPOGGIATI SULLE NUVOLE
I
In queste settimane
nelle quali il nome
e l’opera di Ennio
Flaiano sono stati giustamente
ricordati per la ricorrenza del
centenario della sua nascita,
ci è ritornata in mente la storia
di Kunt, quel marziano a Roma
protagonista di un suo racconto
diventato poi un’opera teatrale
in sette quadri. La sua prima
rappresentazione, nel novembre
1960, fu un clamoroso
insuccesso, mentre il testo
fu pubblicato e fortunatamente
continuò a vivere tra le pagine
dei libri. Come noto, il signor
Kunt, sceso da un’astronave
a Villa Borghese, appare alla
comunità romana come un
essere eccezionale, in grado
di condurre il mondo verso
un’epoca di felicità. Siamo
nell’Italia del boom economico
e Flaiano, da par suo, compie
un ritratto caustico e profondo
di una Roma pigra, priva di
aspirazioni e moralmente inerte.
Una città il cui tempo ha il ritmo
di quella dolce vita che Fellini,
proprio con l’aiuto di Flaiano
stesso, aveva raccontato
nel film omonimo, destinato
a diventare un classico.
Delle molte immagini (e letture)
che il racconto di Flaiano offre
al lettore, ci piace mettere
in risalto il ritratto di una Roma
(e ora diremo di un’Italia intera),
che accoglie l'arrivo
del marziano con un iniziale
entusiasmo destinato presto
alla delusione e al voltafaccia,
a un’indifferenza assuefatta
e annoiata con la quale anche
un nuovo Messia verrebbe
sminuito a normalità e abitudine.
È un’immagine nella quale
colpisce la mancanza di
stupore, l’incapacità di provare
quell’intensa emozione
che etimologicamente indica
una reazione a qualcosa
d'imprevisto, di inaspettato,
da cui siamo stati come battuti,
colpiti. Qualcosa legato a quella
passione che, come suggerisce
la filosofia, è il primo passo
verso l’arte e la filosofia stessa
la quale è, vale la pena
di ricordarlo, è amore del
sapere, della conoscenza.
C’è una stupenda poesia
di Dylan Thomas, nella quale
la forza di questo stupore
è sintetizzata da un solo,
mirabile verso: bambini che
osservano con stupore le stelle.
Dicono infatti i versi:
Non essendo che uomini,
camminavamo tra gli alberi /
Spauriti, pronunciando sillabe
sommesse / Per timore di
svegliare le cornacchie, / Per
timore di entrare / Senza rumore
in un mondo di ali e di stridi./
Se fossimo bambini potremmo
arrampicarci / Catturare nel
sonno le cornacchie, senza
spezzare un rametto, / E, dopo
l’agile ascesa, / Cacciare
la testa al di sopra dei rami /
Per ammirare stupiti le
immancabili stelle. / Dalla
confusione, come al solito, /
E dallo stupore che l’uomo
conosce, / Dal caos verrebbe
la beatitudine. / Questa,
dunque, è leggiadria, dicevamo,
/ Bambini che osservano con
stupore le stelle, / È lo scopo
e la conclusione. / Non essendo
che uomini, camminavamo tra
gli alberi.
E ancora, come ha scritto
il filosofo Jean Guitton, “la prima
condizione per imparare
a pensare è quella di coltivare
in sé la facoltà dello stupore” e
dunque, ci viene da aggiungere,
di coltivare ciò che ci può
aiutare ad essere bambini,
ad arrampicarci sugli alberi
per ammirare, stupiti, le stelle.
Un palcoscenico, per esempio.
Un luogo che chiamiamo teatro
ma che può essere, in tutto e
per tutto, il luogo dello stupore,
dove si può, proprio come
fanno i bambini, “far finta” in
maniera assolutamente reale.
Perché in fondo, chi scrive,
chi pensa, chi recita, chi fa il
teatro, appartiene alla specie
dei sognatori, dei pazzi lucidi,
di chi legge il mondo da un altro
punto di vista e, tra i rami, riesce
a fornire agli altri un panorama
inaspettato. Chi fa il teatro,
anche se lo fa da solo, è una
persona plurale, che lotta e
insegue qualcosa che è di tutti,
qualcosa che appartiene
fortemente alla sostanza di
cui gli esseri umani sono fatti:
i sogni. E per restare nei campi
di parole seminati da Flaiano,
allora, varrà la pena ricordare
di seguire uno dei suoi tanti
aforismi per il quale
un sognatore è uno con i piedi
fortemente appoggiati sulle
nuvole.
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ARGENTINA
T E AT R O
16_28 MARZO .10
NUOVA SCENA - ARENA DEL SOLE
TEATRO STABILE DI BOLOGNA
EMILIA ROMAGNA TEATRO FONDAZIONE
TEATRO STABILE PUBBLICO REGIONALE
IN COLLABORAZIONE CON
ESTATE TEATRALE VERONESE
SHYLOCK
IL MERCANTE DI VENEZIA
IN PROVA
DA WILLIAM SHAKESPEARE
DI ROBERTO ANDÒ E MONI OVADIA
REGIA ROBERTO ANDÒ E MONI OVADIA
SCENE GIANNI CARLUCCIO
COSTUMI ELISA SAVI
SUONO MAURO PAGIARO
LUCI GIGI SACCOMANDI
con
Moni Ovadia e Shel Shapiro
e con Ruggero Cara, Lee Colbert
Roman Siwulak, Maxim Shamkov
Federica Vincenti
e Moni Ovadia Stage Orchestra: Luca
Garlaschelli (contrabbasso), Massimo
Marcer (tromba), Albert Mihai (fisarmonica)
Vincenzo Pasquariello (pianoforte)
Paolo Rocca(clarinetto)
durata 2 ore senza intervallo
orari ore 21
giovedì e domenica ore 17
lunedì riposo
Dopo Le storie del signor Keuner di
Brecht - anch'esso prodotto da
Nuova Scena - Teatro Stabile di
Bologna e Emilia Romagna Teatro
Fondazione - Roberto Andò e Moni
Ovadia tornano a collaborare per un
nuovo spettacolo scritto e diretto a
quattro mani, ispirato al Mercante
di Venezia di Shakespeare, che si
inserisce nel solco di quel teatro
musicale su cui Moni Ovadia ha da
sempre incentrato la propria ricerca
espressiva, fondendo l'esperienza
di attore e di musicista.
In scena, nel ruolo di Shylock, un
interprete di eccezione: Shel
Shapiro. Pioniere della musica rock
in Europa e uno dei padri della
canzone italiana a partire dagli anni
Sessanta, il mitico leader dei The
Rokes, ha proseguito la sua carriera
come autore arrangiatore e
produttore per approdare negli
ultimi anni sulle scene teatrali con il
recital Sarà una bella società su
testi di Edmondo Berselli.
Ha scritto Magda Poli sul Corriere
della sera: “Parlare di
antisemitismo e di cosa significa
essere ebreo, parlare di una società
dove, ieri come oggi, l’ “ornamento”
è la falsa verità che ‘i tempi astuti
indossano per intrappolare i saggi’.
Parlare del significato ultimo di
essere uomo, della vendetta, arma
spuntata contro chi si reputa
nemico. Parlare della Legge e della
Giustizia piegate al denaro e al
piacere. Parlare di argomenti
doloroso facendo spettacolo, tra
rito, musica, canzoni, commedia e
tragedial è la difficile impresa
riuscita a Moni Ovadia, con Roberto
Andò, autore e regista”
“Lo schema dello spettacolo è un
po’ alla otto e mezzo, con i regista al
centro e attorno Porzia, Bassanio,
un’infermiera, un’Eminenza Grigia e
un cardinale, con tanti rapporti che
riproducono la logica del mercato, il
potere che usa la maschera del
Bene – annuncia Roberto Andò - w
Shylock come outsider a volte
sostituito nella parte dal regista
stesso”. “Abbiano cercato di abolire
le caricature – ha detto Moni Ovadia
– e abbiamo cercato di dimostrare,
in un lavoro con paradossi e
musiche solenni, rock, jazz e
country cui danno spinta quelli
della mia Stage Orchestra, che gli
uomini sono una sola cosa e che
teoricamente il più feroce dei
criminali può stare alla pari della
sua vittima.”
8_30 APRILE .10
TEATRO DI ROMA E COMPAGNIA LAVIA ANAGNI
DANZA DI MORTE
DI AUGUST STRINDBERG
TRADUZIONE CHIARA DE MARCHI
REGIA GABRIELE LAVIA
SCENE ALESSANDRO CAMERA
COSTUMI ANDREA VIOTTI
MUSICHE GIORDANO CÒRAPI
LUCI PIETRO SPERDUTI
con
Gabriele Lavia e Monica Guerritore
e con Mario Pietramala e Giulia Galiani
durata 2 ore senza intervallo
orari ore 21, giovedì e domenica ore 17
lunedì riposo
Questo spettacolo sostituisce
"Scrittura femminile azzurro
pallido" che per ragioni tecniche
non potrà andare in scena
in questa stagione
La
noia
vendita on-line
www.
teatrodiroma.net
La noia profonda e l’ipocrisia sottile,
la vita quotidiana apparentemente
tranquilla e i pensieri subdoli e
disperati che stanno nelle menti di
un marito e di una moglie sono
alcuni dei ‘sentimenti’ che
percorrono Danza di morte
(Dödsdansen), il dramma che Johan
August Strindberg scrisse nel 1900.
I due protagonisti, il Capitano e sua
moglie Alice, si divorano da quindici
anni su un'isola, scandendo le ore
con abitudini colme di rancore: il
loro raffinato equilibrio non può
sopportare alcuna intrusione, e per
questo vivono nel più assoluto
isolamento, alimentando spettri e
manie. Sembra che attorno a loro ci
sia solo il mare e nessuno viva
sull’isola, perché qualsiasi essere
umano vivo ed esterno al loro
mondo non potrebbe rappresentare
altro che una minaccia o un
pericolo. Infatti, l'arrivo di Kurt,
vecchio amico che torna
dall'America, è l'occasione per
tentare di far esplodere i loro riti
funesti e le loro conversazioni
intollerabili, nelle quali ogni giorno
l'anima si dà in pasto allo scherno e
al disprezzo. Nulla però può
interrompere il Male, che compie il
suo corso a dispetto di qualsiasi
novità, e l'amico, trascinato nei
meandri complicati che uniscono
Alice e il Capitano, li lascerà prede
del loro girotondo di tradimenti che
contagia ogni cosa. Una vera danza
di morte, le cui figure sono state
fissate una volta per tutte: Alice
accusa suo marito di non essere
diventato maggiore e di non aver
avuto successo, lui le risponde
esercitando una sofisticata violenza
psicologica, per alzare la posta del
gioco e render sempre più forte la
dipendenza di sua moglie e la
natura di ciò che determina la loro
unione.
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4_16 MAGGIO .10
LA PIRANDELLIANA
IN COPRODUZIONE CON DIANA O.R.I.S.
L’ORO DI NAPOLI
DAI RACCONTI DI GIUSEPPE MAROTTA
ADATTAMENTO TEATRALE DI
GIANFELICE IMPARATO E ARMANDO PUGLIESE
REGIA ARMANDO PUGLIESE
MUSICHE DI SCENA NICOLA PIOVANI
SCENE ANDREA TADDEI
COSTUMI SILVIA POLIDORI
LUCI VALERIO TIBERI
con
Gianfelice Imparato e Luisa Ranieri
e con Gianni Cannavacciuolo, Antonella
Cioli, Giuseppe De Rosa, Loredana
Giordano, Renato Giordano, Antonio Milo
Lello Radice, Giovanni Rienzo, Luigi e
Davide Santoro, Valerio Santoro
durata 2 ore compreso intervallo
orari ore 21, giovedì e domenica ore 17
lunedì riposo
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Ha scritto Rodolfo Di Giammarco su
La Repubblica: “Si tratta di un
lavoro sfaccettato e sfacciato,
afflitto e scintillante, e pian piano ti
accorgi di apprezzare il modulo a
incastro che Pugliese ha usato
montando in dissolvenza le vicende
che così si alternano, entrano una
nell’altra, si vivificano anziché
sottostare a un criterio fatto di
pezzi a sé, a compartimenti stagni. I
cultori del cinema s’avvedono che
alcuni cammei sono gli stessi di
quelli scelti da De Sica, ma qui
s’avverte una libertà più artigiana e
sorniona, nel comporre e scomporre
situazioni tutte riferite ad abitanti
frequentatori di un palazzo dei
bassi napoletani. E dovremmo dire
adesso della struttura, dei nuclei,
delle schermaglie, della
quotidianità e della paradossalità di
questo mondo ora miserabile e ora
spietato, quasi sempre ben
riprodotto, a volte smagliante e a
volte furtivo come lo sono i
sentimenti e i casi della vita, ma c’è
piuttosto da far cenno a una
componente inattesa, fervida,
deliziosa e anche drammatica: si
chiama Luisa Ranieri…” Tratto dal
libro di Marotta, L’oro di Napoli ha
un ‘ingombrante’ epigono nel
famoso film di De Sica. Proprio a
questo proposito il regista Pugliese
ha avuto ben chiara l’intenzione di
non ‘scimmiottare’ il film,
utilizzando una diversa scelta delle
storie raccontate e un intreccio dei
personaggi decisamente diverso.
Altrettanto chiaro il desiderio di non
raccontare una Napoli oleografica,
pericolo che nell’affrontare un
simile testo è sempre in agguato.
A questo proposito Luisa Ranieri,
l’attrice protagonista ha dichiarato:
“L’allestimento mostra una città
decadente, amara. Pugliese e
Imparato hanno esaltato gli aspetti
più cinici. In realtà, Marotta aveva
già intravisto la degenerazione della
nostra società. Prendiamo i numeri,
per esempio, e l’ossessione per il
Lotto: Pugliese li ha usati per
accusare i napoletani di affidare la
fortuna a interventi miracolosi e non
alla fatica delle mani e
dell’intelligenza.”
iscriviti alla
NEWS LETTER
del Teatro di Roma
per essere aggiornato e
informato su iniziative e
promozioni
www.teatrodiroma.net
martedì 13 aprile
incontro con
Gabriele Lavia
e la compagnia
foyer del Teatro Argentina
ore 17.30
ingresso libero
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Caffè
Indiateca.
Libreria
Incontri
intersezioni
scambi e confronti
uno spazio dedicato ad incontri, seminari, approfondimenti, presentazioni di libri
sabato 20 marzo ore 18,30. ingresso libero
TRA TEATRO E LETTERATURA
SETTE MODI DI NON ESSERE
Presegue anche in primavera la rassegna Tra teatro e letteratura
incontri con autori e autrici. Sempre partendo dagli spunti e dalle
suggestioni che alcuni spettacoli della programmazione del teatro
propongono. Se ne parla direttamente con gli autori dei testi messi in
scena o con figure in qualche modo legate ai contenuti degli spettacoli
stessi. Ma il senso più profondo è quello di dare a questi incontri una
valenza più generale e una forma che di volta in volta può cambiare a
seconda delle peculiarità dello scrittore e della scrittrice,
nell'alternanza di domande, risposte, riflessioni, letture, proiezioni
video nelle quali potrà essere coinvolto anche il pubblico, là dove si
sentisse sollecitato a prendere la parola e ad interloquire.
Presentazione del libro di Antonio RAINONE (Tullio Pironti Editore)
Sette racconti filosofici sulla condizione di chi è privo di una propria identità. Tra
cascami filosofici e citazioni letterarie, con leggerezza, ironia e un po’ di dolente
umorismo, 'Sette modi di non essere' racconta di coloro che non sono più se
stessi o, forse, non lo sono mai stati. Storie improbabili e surreali, divagazioni
grottesche e paradossali, eppure non prive di un fondo di verità. L’autore Antonio
Rainone, nato a Napoli nel 1955, ha lavorato per diversi anni in ambito editoriale,
in particolare per l’Istituto della Enciclopedia Italiana (Treccani), curando il
settore filosofico di varie opere. Dal 2002 insegna Logica e Filosofia della scienza
all’Università di Napoli "L’Orientale”. È autore di varie pubblicazioni di filosofia
delle scienze umane. 'Sette modi di non essere' è la sua prima prova letteraria.
INTRODUCE CARLO DILONARDO – PRESIDENTE ASSOCIAZIONE CULTURALE TEATRI&CULTURE
INTERVENGONO ANTONIO RAINONE, PASQUALE STOPPELLI, GIORGIO TAFFON, MARGHERITA DI RAUSO
PAOLO LOMBARDI, EMANUELE VEZZOLI.
giovedì 15 aprile ore18,30. ingresso libero
LE ULTIME SETTE PAROLE DI CARAVAGGIO
GIOVANNI GRECO INCONTRA RUGGERO CAPPUCCIO
martedì 23 marzo ore 18,30. ingresso libero
L'incontro, a partire da Le ultime sette parole di Caravaggio in scena a India ad
aprile, cercherà di mettere in evidenza la ricerca di Cappuccio sul linguaggio,
sulle reciproche contaminazioni tra lingua e dialetto, sulla sperimentazione
linguistica come motore di un teatro visionario e di una drammaturgia onirica.
TRILOGIA HOROVITZ
A cura di Andrea PACIOTTO, (ed. Editoria & Spettacolo)
Volume comprende i testi L'indiano vuole il Bronx, Beirut Rocks, Effetto muro e il
racconto introduttivo Cartoline da Spoleto, con una introduzione di Gianfranco
Capitta. L'incontro sarà preceduto alle ore 17.00, presso la Sala B del Teatro India,
dalla mise en espace aperta al pubblico di una nuova serie di corti teatrali
intitolati Suite Horovitz con la regia di Andrea Paciotto.
INTERVENGONO ANDREA PACIOTTO, ISRAEL HOROVITZ E GIANFRANCO CAPITTA
ALLE ORE 17, PRESSO LA SALA B DEL TEATRO MISE EN SPACE A CURA DI ANDREA PACIOTTO,
INGRESSO GRATUITO.
Per informazioni sulle
attività previste
consultate il sito
www.
teatrodiroma.net
lunedì 10 maggio ore18,30. ingresso libero
LA CASA DI RAMALLAH
GIOVANNI GRECO INCONTRA ERRI DE LUCA
Lo spunto che darà il là all'incontro in corrispondenza a maggio con lo
spettacolo di Antonio Tarantino La casa di Ramallah, sono le “traduzioni di
servizio”, (così definite dal loro autore) traduzioni dall’ebraico, che lui studia da
autodidatta, che hanno lo scopo di fornire il testo biblico non in lingua facile o
elegante, ma di riprodurlo nella lingua più simile e più obbediente all’originale
ebraico.
mercoledì 23 giugno ore 18,30. ingresso libero
IL POPOLO NON HA IL PANE? DIAMOGLI LE BRIOCHE
GIOVANNI GRECO INCONTRA FILIPPO TIMI
L'incontro darà spazio alle varie sfaccettature di un figura molteplice e
caleidoscopica: attore, regista, drammaturgo, scrittore, acrobata.
Libreria.
aperta dalle 17.00 in poi, lunedì chiuso
Con Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 novembre u.s., il Governo ha individuato la data
del 27 marzo per la celebrazione della Giornata Mondiale del Teatro aderendo alla manifestazione celebrativa
lanciata nel 1961 dall’International Theatre Institute e promossa dalle Nazioni Unite e dall'UNESCO, al fine di
sensibilizzare l’opinione pubblica sull'importanza dell'espressione teatrale e promuovere lo sviluppo delle arti
performative in tutti i Paesi del mondo.
Le iniziative del Teatro di Roma
Teatro Argentina
Shylock - Il Mercante di Venezia in prova
ingresso € 5,00 (fino ad esaurimento posti disponibili)
tutte le iniziative sono
fino ad esaurimento
posti disponibili
info
Teatro Biblioteca Quarticciolo
Toni Ligabue
ingresso € 2,00
Teatro Tor Bella Monaca
Maschera novecento
ingresso gratuito
www.teatrodiroma.net
inizio spettacoli
ore 21.00
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CORPO A CORPO
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LEGGERE AMLETO ATTRAVERSI I 5 SENSI
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TEATRO INDIA
Un seminario
nel corpo dell’Amleto
VISTA
di Donatella Orecchia
Università di Roma Tor Vergata
Il 19 gennaio 2010 alle 14.30
nello spazio Indiateca del
Teatro India di Roma ha preso
l’avvio un seminario dal titolo
Amleto e i cinque sensi,
progetto promosso dal Teatro
di Roma in collaborazione con
l’Università degli Studi di Tor
Vergata.
Cinque studenti del Corso di
Laurea in DAMS e dieci
studenti del Liceo Scientifico
Stanislao Cannizzaro hanno
iniziato la lettura collettiva
dell’Amleto attraverso
l’individuazione delle
ricorrenze nel testo di tutti i
termini che pertengono alla
sfera semantica dei cinque
sensi.
Il materiale di lavoro messo a
disposizione è essenziale:
cinque matite colorate (gialla,
arancione, rossa, blu e verde,
un colore per senso) per
ciascuno studente, tre copie
formato A5 e quindici formato
A4 dell’Amleto nella traduzione
di Alessandro Serpieri, un
numero imprecisato di sedie,
uno schermo con video
proiettore, un paio di computer,
tre tavoli.
Così, dopo un’introduzione
storico-critica e una
spiegazione delle modalità di
analisi, il lavoro è iniziato.
Come e in che misura vista,
udito, olfatto, gusto e tatto
sono coinvolti nel linguaggio
shakespeariano? Chi vede e
come, cosa vede e quando;
chi ascolta e cosa nell’Amleto?
Lo spettro del Re morto è una
visione o una voce? Come vista
e udito, tatto, gusto e olfatto
intervengono nella percezione
della realtà da parte dei
personaggi e come fungono da
strumenti di comunicazione?
La follia di Amleto si vede o si
ascolta? La scansione del
tempo passa attraverso quale
dei cinque sensi? La verità si
rivela come: all’occhio,
all’orecchio, al tatto? E poi,
come tutto ciò interagisce con
le ipotesi critiche più
affermate nella tradizione
degli studi shakespeariani?
A ogni incontro queste
domande si ripropongono e si
moltiplicano, iniziano ad avere
risposte parziali e provvisorie,
utili a porre nuove domande e
soprattutto a entrare
rapidamente nel tessuto del
testo, per sezionarlo e
sfogliarlo parola dopo parola,
battuta dopo battuta, strato
dopo strato, figura retorica
dopo figura retorica. Proprio
perché Shakespeare non è
nostro contemporaneo, ma
uomo del suo tempo, ogni sua
parola testimonia qualcosa di
cui non possiamo possedere
pienamente il significato
originario. Per questo andare
alla ricerca di qualcosa di
elementare (i cinque sensi) con
attenzione, appuntare ogni
ricorrenza con le sue
sfumature, schedare atto per
atto e scena per scena il testo
integralmente, in un confronto
continuo fra traduzione e
originale inglese, è un modo
per indagare una prima
superficie del testo, per poi
scendere in profondità e
mettere in relazione i dati con
il contesto storico critico del
tempo di Shakespeare.
I cinque sensi diventano così
una preziosissima chiave
d’accesso che permette un
corpo a corpo con l’Amleto: nel
doppio senso di una ‘lotta
serrata’ con il testo (e il
contesto) e di un’indagine sul
corpo come luogo
dell’esperienza del mondo e
canale della comunicazione.
E non dimentichiamo che
corpo in teatro significa anche
corpo scenico e corpo d’attore
e non da ultimo corpo dello
spettatore. Per questo motivo
la ricerca viene verificata di
volta in volta anche in
relazione al corpo dei teatranti
che nella tradizione scenica
recente hanno portato
(e tradotto scenicamente)
l’Amleto in teatro: da Olivier a
Gassman e Benassi, da Brook a
Bene a Nekrosius.
MARCELLO
Orazio dice che è tutta immaginazione,
e non vuole accettare di credere
a questa terribile visione da noi vista due volte.
Perciò l’ho pregato di venire con noi
a far la guardia ai minuti di questa notte,
che, se di nuovo viene questa apparizione,
egli possa dar ragione ai nostri occhi (I, 1, vv. 27-33)
CLAUDIO
Con un occhio lieto e l’altro lacrimante (I, 2, v 11)
UDITO
ORAZIO
BERNARDO
Se possiedi il suono o l’uso della voce, parlami (I, 1, vv. 128-129)
Mentre la campana batteva l’una (I, 1, v.43)
OLFATTO
AMLETO
Chi mi tira per il naso
e m’accusa di mentire per la gola
fino alla radice dei polmoni? (II, 2, vv. 552-53)
GUSTO
AMLETO
AMLETO
Come se il suo appetito aumentasse mentre se ne cibava (I, 2, v 144)
Le carni arrostite per il funerale hanno rifornito, fredde, le tavole matrimoniali (I, 2, VV. 180-181)
TATTO
ORAZIO
È un’aria pungente e penetrante (I, 4, v.2)
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CORPO A CORPO
Diario
di bordo
di Daniela Arcaro,
Francesca Bini,
Filippo Ferraresi,
Simona Innocenzi,
Valeria Proietti
Semproni
Giunti a metà del percorso,
abbiamo fin’ora analizzato i
primi due atti dell’Amleto,
riportato in schede le
ricorrenze dei termini legati ai
cinque sensi, visto frammenti
delle cinque versioni teatrali
scelte, discusso, ascoltato,
sintetizzato le nostre
riflessioni. Non siamo che
all’inizio, ma già in questi pochi
incontri questo seminario ha
gradualmente modificato il
nostro rapporto con l’opera,
rendendolo sempre più intimo
e consapevole.
È poi questa la prima volta che
ci troviamo a lavorare insieme
a un gruppo di studenti della
scuola media superiore e
possiamo constatare fin d’ora
che l’unione fra le nostre
capacità di scomposizione
critica del testo, da un lato, e la
loro attenzione alla pagina
scritta, dall’altro, ci hanno
portati a rivedere la tragedia
shakespeariana sotto una luce
nuova, inedita e stratificata.
Di seguito riportiamo gli
appunti del nostro diario di
bordo: nessuna conclusione e
sintesi definitiva, ma il
desiderio di condividere una
parte del nostro percorso.
Il gruppo di lavoro
Università di Roma di Tor Vergata
Docente
Donatella Orecchia
Studenti
Daniela Arcaro, Francesca
Bini, Filippo Ferraresi, Simona
Innocenzi, Valeria Proietti
Semproni
Liceo Scientifico Cannizzaro
Docenti
Lina Di Vito
Paola Palmegiani
Studenti
Susanna Batistini
Matteo Cocever
Daniela Della Gatta
Andrea Galdi
Giuseppe Macchitella
Vittorio Maio
Riccardo Mirabelli
Marta Penco
Sylwia Strojwas
Aalessandro Valeri
Filippo Zammitti
Venerdì 29 gennaio 2010
Dell’uso insistente di vista
e udito (Atto I scena 1, 2)
Cosa si ASCOLTA nelle prime
scene di Amleto? Quali sono i
suoni che si odono e che
funzione hanno? Quali le
parole dette (e dunque
ascoltate)?
BERNARDO Chi è là?
FRANCESCO No rispondi tu.
Fermo, e rivelati (I, 1-2)
Il suono, inteso innanzitutto
come parola detta e ascoltata,
è sin dall’inizio associato alla
rivelazione: per tutti il
racconto è necessario e
urgente, ha il compito di
indagare su ciò che è nascosto
e misterioso. Per questo tante
domande. Le sentinelle, Orazio
e poi Amleto si incalzano l’uno
l’altro con richieste di
chiarimento sulle tensioni e
inquietudini che attraversano
tutte le prime pagine
dell’opera. In un caso però - lo
spettro - la parola detta è
rivelatrice: quella cosa, che
per tutti i personaggi resta
un’apparizione misteriosa
(terribile visione, figura,
immagine, illusione, spirito
muto), sarà per il solo Amleto
una vera e propria rivelazione
perché a lui solo parlerà,
dando all’immagine la
concretezza della vita che è
scambio, dialogo, interazione.
Da quel momento in poi il
suono, in quanto parola, potrà
essere usato come un’arma:
urlata o bisbigliata, sarà per
Amleto il mezzo per svelare la
menzogna altrui; violenta e
ironica sarà volta a
smascherare il linguaggio
artificioso del potere.
Al suono non umano invece (il
canto del gallo, il suono delle
campane) il compito come una
scenografia verbale di
scandire il tempo, che è in
questo inizio caratterizzato da
un ritmo particolarmente
serrato e incalzante.
La VISTA è un senso molto
presente nelle prime scene
dove manifesta tutta la sua
ambiguità: ingannevole e
menzognero, da un lato, può
talvolta rivelare la verità.
L’occhio, metonimia della
vista, può essere garante della
razionalità della visione
esterna - «Giuro a Dio, non
avrei potuto crederlo senza la
testimonianza fedele e
sensibile dei miei stessi occhi»
(I,2, vv. 60-63), dirà Orazio dopo
la visione dello spettro; eppure
non permette di distinguere
con certezza l’illusione dalla
realtà. Presenza ossessiva in
tutti i dialoghi iniziali non è
mai sufficiente per
raggiungere la verità.
Mendace e doppio è nelle
parole di Claudio, i cui occhi si
dicono lieti e lacrimanti al
contempo:
RE Ti supplichiamo di piegarti
a restare qui, nel gioioso
conforto del nostro occhio
(I, 2, vv. 115-116)
Il TATTO e il GUSTO spesso in
riferimento agli elementi
atmosferici contribuiscono a
dar loro concretezza (per es.
l’astro sarà allora umido e il
freddo amaro). Il gusto è altresì
associato metaforicamente
all’appetito sessuale:
AMLETO […] se ne stava stretta
a lui / come se il suo
appetito aumentasse /
mentre se ne cibava” ( I, 2,
vv. 143-144).
Venerdì 19 febbraio 2010
Della prima manifestazione
significativa del tatto (Atto I
scena 5)
La parola è il veicolo
privilegiato della rivelazione ed
è soltanto grazie all’udito che
la visione del fantasma
acquista concretezza agli
occhi di Amleto e dello
spettatore. Non è un caso che
il senso predominante sia ora
associato all'ASCOLTO. La
metafora ossessionante così
come la definisce Rosanna
Camerlingo è quella
dell’orecchio, porta d’ingresso
del veleno nonché del racconto
dell’assassinio, che diviene
simbolo di tutta la società
danese. L’indagine personale
di Amleto ha inizio soltanto
nella quinta scena del primo
atto benché la dinamica
dell'inchiesta sia presente sin
dal primo verso e abbia
un’importanza fondamentale
in tutta l’opera. Lo spettro
esige sin da subito l’ascolto, la
richiesta è urgente e diverrà
per Amleto una costrizione. La
disposizione dei significati è in
una gradazione tale da
accrescere progressivamente
la loro intensità.
Prosegue la dialettica fra vista
e udito mentre si manifesta
per la prima volta in maniera
sostanziale il senso del TATTO:
Amleto invita Orazio alla
stretta di mano, contribuendo
attraverso la gestualità a
rafforzare la parola.
Paradossale appare il
linguaggio dello spettro che
rimanda alla sfera tattile,
benché egli sia per definizione
un’entità immateriale. Ecco le
parole indirizzate a Gertrude:
SPETTRO […] lasciala al Cielo e
a quelle spine che le
abitano il petto / per
pungerla e ferirla (I, 5,
v.88)
Venerdì 26 febbraio 2010
Del ritorno al significato
originale dei sensi e della
finzione vera dell’arte (Atto II
scena 2)
Nel secondo atto i sensi
ricorrono con minor frequenza
e perdono inoltre parte della
loro centralità per assumere
una funzione strumentale.
Amleto, giunto ormai ad una
nuova consapevolezza (“che
uno può sorridere, e sorridere,
ed essere un furfante”: I, 5,
vv.107-108) inizia ora la propria
inchiesta, l’indagine
metateatrale per svelare la
colpevolezza del re. Anche lo
spettatore, al corrente della
verità ormai rivelata, entra nel
gioco delle finzioni e delle
inchieste tessute dai vari
personaggi: Claudio, Polonio e
Gertrude, Rosencrantz e
Guildestern indagano sulla
causa della follia di Amleto,
mentre Laerte e Ofelia vengono
controllati dal padre. Non è
casuale pertanto la ripetizione
reiterata da parte di tutti delle
espressioni “verità” e “in vero”:
sembra che ognuno voglia
affermare la propria posizione
come verità universale.
In questo contesto i sensi che
ruolo hanno e come mutano?
Il senso della VISTA, prima
incentrato sulla tensione verso
un vero ancora celato dal
mistero, torna ora al suo
significato primario: l’occhio si
limita a vedere. Ma c’è chi vede
nel regno della falsità e chi
vede (Amleto) nel regno della
verità. Ciò che è visto è
pertanto soggetto a
interpretazione: tutti vedono
Amleto e il suo umore lunatico
ascoltano le sue parole che
paiono sconnesse e tentano di
darne un’interpretazione;
d’altra parte Amleto vede
quale “opera d’arte sia l’uomo”,
vede la bellezza del mondo, ma
per lui (per l’interpretazione
che dà di tutto ciò) l’uomo non
è che polvere (II, 2, vv. 297-30).
Così anche l’ORECCHIO ora non
rivela, ma, più semplicemente,
ascolta.
In particolare, l’oggetto su cui
tutti i personaggi sono ora
coinvolti con i propri sensi è la
follia di Amleto, oggetto
sfuggente e paradossale, che
si vede e si ascolta e di cui si
cerca l’origine (e la
definizione).
POLONIO Ilvostronobilefiglioèpazzo.
Pazzo lo chiamo, perché,
per definire la vera pazzia,
che cos’è se non essere
nient’altro che pazzi?
(II, 2, vv, 92-94).
All’arrivo degli attori a Elsinore
qualcosa nuovamente muta. La
finzione vera dell’arte
ristabilisce un rapporto
autentico anche con i sensi.
E i sensi, scopre Amleto, usati
nella finzione dell’arte
avrebbero la forza di spaccare
“l’orecchio al pubblico”, di
sbalordire “le facoltà degli
occhi e degli orecchi”, di
restituire alla vista e all’udito,
al tatto e al gusto il rapporto
con il vero. L’arte che porge lo
specchio deformato alla
natura può ri-orientare
correttamente anche i sensi.
Di qui la decisione di Amleto di
catturare con il dramma la
coscienza del re (II, 2, vv583-84).
Interessante infine il
riferimento al TATTO che
Amleto fa nel momento in cui
vuole risvegliarsi dal torpore
trasognato in cui gli pare di
essere caduto:
AMLETO […] Chi mi spacca la testa,
chi mi strappa la barba
e me la getta in faccia?
Chi mi tira per il naso e
m'accusa di mentire
per la gola fino alla radice
dei polmoni? (II, 2, vv.550- 553).
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6-04-2010
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CORPO A CORPO
Hamlet
regia
Laurence Olivier (Gran Bretagna 1948)
con Laurence Olivier (Amleto), Jean Simmons (Ofelia), Eileen Herlie (Gertrude), Basil Sydney (Claudio), Felix
Aylmer (Polonio), Produzione: CompanyTwo Cities Films
Hamlet, diretto e interpretato da Laurence Olivier, è una delle più famose trasposizioni cinematografiche della
tragedia shakespeariana, vincitore di quattro Premi Oscar come miglior film, miglior attore protagonista, miglior
scenografia, migliori costumi. La versione dell’Amleto è decisamente semplificata, attraverso la soppressione
di molte delle difficoltà insite nei versi, la modernizzazione di alcuni termini oscuri e talvolta ambigui,
l’abolizione di alcuni soliloqui celebri e addirittura l’eliminazione di personaggi famosi quali Guildernstern,
Rosencrantz e Fortebraccio, al fine di rendere più fluido e scorrevole l'intreccio. Molto suggestiva è la scena
dell'apparizione dello spettro incentrata sul senso della vista, senso ambiguo e ingannevole. Nel fotogramma
atto I scena seconda Amleto (Laurence Olivier) ascolta le parole di Claudio e Gertrude.
Amleto
regia teatrale
Vittorio Gassman - regia televisiva Claudio Fino
Registrazione messa in onda dalla Rai nel 1955.
Il testo è per la prima volta rappresentato integralmente in Italia.
con Memo Benassi (Claudio), Vittorio Gassmann (Amleto), Augusto Mastrantoni (Polonio), Luigi Vannucchi (Laerte), Giulio Bosetti (Orazio), Elena Zareschi (Gertrude), Annamaria Ferrero (Ofelia).
Gassman ideò la rappresentazione dell’Amleto insieme a Luigi Squarzina e, nel proporre una nuova edizione del
capolavoro shakespeariano, l’obbiettivo principale era quello di restituire al testo la propria integrità. Merito
riconosciuto al “grande attore” è stato quello di essersi tenuto il più possibile fedele al tempo e al fermento
culturale in cui l’opera fu scritta. La quinta scena del I atto dell’Amleto è stata considerata da noi un punto di svolta
per l’importanza delle parole svelate e per l’avvio della dinamica dell’inchiesta condotta da qui in poi dal giovane
principe. Nel fotogramma Amleto (Vittorio Gassman) è colto nell’atto di ascoltare le parole del vecchio Re. I mezzi
tecnici della regia televisiva permettono la concretizzazione artistica di determinate scelte: l’inquadratura.
escludendo il soggetto parlante, pone lo spettatore nella stessa prospettiva del giovane principe teso all’ascolto
della rivelazione.
Amleto da Shakespeare a Laforgue
regia
Carmelo Bene (1963)
con Carmelo Bene (Amleto), Alfiero Vincenti (Claudio), Jean Paul Boucher (Fortebraccio), Franco Leo (Orazio),
Paolo Baroni (Polonio), Luigi Mezzanotte (Laerte), Laura Morante (Ofelia), Lydia Mancinelli (Kate), Cosimo Cinieri
(capocomico in Elsinore)
“Amleto: Avevo cominciato con il dovere di rammentarmi l'orrido, orrido, orrido evento per esaltare in me la pietà
filiale, per far gridare l'ultimo grido al sangue di mio padre. per riscaldarmi il piatto della vendetta ed ecco
invece che presi gusto all'opera. Poco a poco mi scordai che si trattava di mio padre assassinato, di mia madre
prostituita, del mio trono. Andavo avanti a braccetto con la finzione di un bell'argomento, e l'argomento è bello”.
The Tragedy of Hamlet
regia Peter Brook (Theatre des Bouffee du Nord, Paris - 2002)
con Adrian Lester (Amleto); Natasha Parry (Gertrude); Bruce Myers (Polonio); Scott Handy (Orazio); Shantala Shivalingappa
(Ofelia); Yoshi Oida (primo attore )
Dopo una prima versione in lingua francese, La tragedie d’Hamlet del 2000, Peter Brook torna sul testo
shakespeariano con la versione cinematografica del 2002 ospitata dal Theatre des Bouffes du Nord di Parigi. La
scenografia, scarna ed essenziale, è ridotta ad un simbolico tappeto rosso, luogo di distinzione e al tempo
stesso di unione degli spazi. La rappresentazione privilegia il percorso della coscienza amletica, la crescita
attraverso gli incontri e le interazioni con l’altro. Decisiva a tal proposito risulta la scena dei comici (II, 2), ridotti
solamente a due nella versione di Brook. Fuori da un preciso contesto storico-culturale, a sottolineare l’ampia
portata simbolica di questa rilettura, avviene l’incontro tra Amleto e gli attori, perno intorno a cui ruota la
tematica dicotomica dell’essere e del sembrare. Varia il registro del giovane principe, mosso da un’improvvisa
gioia alla notizia del loro arrivo a corte e varia la sua consapevolezza: un attore può essere vero pur nella pratica
della finzione, così come al contrario può essere menzognera la vita. E poiché il percorso conoscitivo avviene per
gradi, così, Peter Brook costruisce la prima esibizione degli attori riprendendo il greco, sonorità ancestrale, e
facendo appello al senso dell’udito.
Hamletas
regia
Eimuntas Nekrosius (Meno Fortas Theatre 2000)
con Andrius Mamontovas nella parte di Amleto
Il lituano Eimuntas Nekrosius ha sviluppato la propria ricerca drammaturgica partendo dalla teorie sulla
recitazione del grande maestro russo Stanislavskij. Il suo teatro non descrive situazioni plausibili ma comunica
attraverso suggestioni simboli e rimandi ancestrali. Ogni oggetto scenico, dalla lama rotante appesa al centro
del boccascena alla leggera pioggia che cade incessante per tutto lo spettacolo dialoga infatti attivamente,
contribuendo allo svolgersi della diegesi dell’opera, con gli attori. L’analisi del personaggio è privata della sfera
psicologica e si risolve sul piano gestuale. Sulla scena sono continuamente elementi naturali come il ghiaccio e
il fuoco, i quali riferiscono della considerazione che dei cinque sensi ha Nekrosius.
giornale 8:Progetto
6-04-2010
10:14
Pagina 5
mappa tematica
degli spettacoli
INDIA
riletture
T E AT R O
7_17 APRILE .10
COMPAGNIA TEATRALE KRYPTON
MAGNA GRECIA TEATRO FESTIVAL
ASSESSORATO ALLA CULTURA - REGIONE
CALABRIA
MIBAC - DIPARTIMENTO DELLO SPETTACOLO
REGIONE TOSCANA, SCANDICCI CULTURA
COMUNE DI FIRENZE
IN COLLABORAZIONE CON
FONDAZIONE TEATRO METASTASIO DI PRATO,
FONDAZIONE CORRADO ALVARO - SAN LUCA RC
MEDEA E LA LUNA
TRATTO DA LUNGA NOTTE DI MEDEA DI
CORRADO ALVARO
ADATTAMENTO GIANCARLO CAUTERUCCIO E
PATRIZIA ZAPPA MULAS
REGIA GIANCARLO CAUTERUCCIO
con Patrizia Zappa Mulas
Fulvio Cauteruccio
Giancarlo Cauteruccio
durata 70’ senza intervallo
orari da mercoledì 7 a sabato 10 aprile
ore 20.30
domenica 11 aprile ore 18
lunedì 12 aprile riposo
da martedì 16 a sabato 17 aprile ore 22
Medea e la luna da Lunga notte di
Medea di Corrado Alvaro, nasce
come omaggio allo scrittore calabro.
È un'opera che propone una eroina
tragica nuova rispetto a quella
creata da Euripide o immaginata
successivamente da Grillparzer, in
cui è possibile cogliere una
spiazzante contemporaneità.
Medea, incarnata da Patrizia Zappa
Mulas, è nelle parole di Alvaro
“un'antenata di tante donne che
hanno subito una persecuzione
razziale e di tante che, respinte dalla
loro patria, vagano senza
passaporto da nazione a nazione,
popolano i campi di concentramento
e i campi di profughi”. Una donna che
si aggira tra le macerie del proprio
amore negato e frustrato,
rivendicando la propria autonomia
nel non soggiacere a un percorso
predestinato. Cauteruccio ne fa una
riscrittura in cui le parti recitate si
alternano e si compenetrano con
parti cantate e sostenute da
musiche originali. Sonorità
ancestrali legate alla terra, alla
memoria attraverso strumenti quali
fisarmonica, tamburi e flauti che
scandiscono i ritmi arcaici e che
supportano una vocalità antica,
fatta di melodie semplici e profonde.
Ha scritto Franco Cordelli su Il
Corriere della Sera: "[...]Lunga notte
di Medea di Cauteruccio è uno
spettacolo corale, in specie nell'uso
(sono suonate dal vivo) e nella
qualità delle musiche... Suggestive
sono le due nero-vestite compagne
di Medea, Laura Marchianò e
Rosalba Di Girolamo, e di
convincente presenza Peppe
scritture
progetti
siculo-calabre esperte di una vita
criminale abbracciata per altrettanta
disperazione. Incaricate dai poteri
politici e religiosi di eliminare
Caravaggio, esse si danno ad
interpretare la parte dei suoi giuda,
in cambio di un silenzioso oblio sui
loro reati pregressi. Nell’ ora definitiva
della sua vita Caravaggio dipinge gli
ultimi segni, intreccia con il servo e le
assassine, una sinfonia di parole
crude e sognanti, traccia il suo
testamento sprezzante in un sabba di
suoni dell’antica lingua italiana
parlata e diretta, dell’incalzante
musica tagliente di parole
napoletane, siciliane, acuminate a
dire il cielo e l’inferno che circondano
la solitudine dell’esistere e morire”. Si
coglie in queste righe la capacità di
Voltarelli, Paolo Lorimer e Fulvio
“Pasqua, ovvero lo sforzo
Cappuccio nel creare atmosfere
Cauteruccio. Nella recitazione il
lodevole di un pessimista geniale
poetiche intense, e lo fa con la
timbro stilistico lo dà Patrizia Zappa che, nel 1900 scrive il suo unico
particolarità di tre idiomi, il siciliano, il
Mulas, Medea: ella non si sottrae al
testo a lieto fine: August Strindberg. calabrese e il napoletano, tutte con
furore quando necessario, né si nega Una favola nera, ma positiva e
antiche sonorità doriche, ai quali
allo spasimo e al dolore... La lunga
fortemente autoironica, che l’autore affianca l’italiano di fine Cinquecento.
notte è un dramma sulla fine del
svedese, due volte in manicomio per Si può cogliere nel suo lavoro la
fascismo in cui, a torto o meno, la
squilibri nervosi, scrive in un
capacità di destoricizzare l’evento
donna impedisce all'uomo di portare periodo di profonda ricerca
dell’ingloriosa morte di Michelangelo
a compimento il suo piano.
spirituale e stilistica. Una sorta di
Merisi e conferirgli i connotati di un
Si scontrano due opposte ragioni.
sacra rappresentazione, un ‘mistero’ apologo che si adagia sul nostro
A rigore, che la barbara ne abbia una che si sviluppa in tre atti, giovedì,
presente, e che chiama in causa chi
umana e giusta è una
venerdì e sabato santi, le tre tappe
ha creduto di cambiare il mondo, ma è
contraddizione. Un'altra lo è che
che portano alla Resurrezione, alla
stato inesorabilmente schiacciato o
questa barbara, nello spettacolo di
pace interiore. Su quest’opera,
ridotto all’obbedienza, accettando,
Cauteruccio, si esprima
raramente portata a teatro,
purtroppo la fola che l’unico mondo
ragionevolmente. Ma sono
scommette la regista Monica Conti, possibile è quello in cui scontiamo la
contraddizioni che renderanno
con uno spettacolo che punta tutto
nostra pena terrena...”
Alvaro più duraturo nella mia
sull’interpretazione degli attori…”
Franco Portona su Festival
memoria."
Livia Grossi – Il Corriere della Sera
7_11 APRILE .10
L'ART E TEATRO OUT OFF
PASQUA
DI AUGUST STRINDBERG
DRAMMATURGIA E REGIA MONICA CONTI
con Michela Martini, Federico Manfredi
Silvia Ajelli, Greta Zamparini, Alessandro
Lussiana, Nicola Stravalaci
durata 75’ senza intervallo
orari ore 22
domenica 11 aprile ore 21
Pasqua è una delle opere più
insolite, meno note e meno
rappresentate di August Strindberg.
L'unica che si conclude con un
segnale di speranza. Scritta nel
‘900, racconta un vissuto famigliare
in un arco temporale particolare:
sono i tre giorni che precedono la
Pasqua, giovedì, venerdì e sabato
santi. Un giorno per ogni atto, tempo
di passione, quella di una famiglia
isolata dal mondo e chiusa in sé per
vergogna e paura. “Qui per la prima
volta – sottolinea la regista – non
solo Strindberg concede una
speranza, ma concede alle donne
un ruolo positivo.”
14_25 APRILE .10
TEATRO SEGRETO
LE ULTIME SETTE PAROLE
DI CARAVAGGIO
SCRITTO E DIRETTO DA RUGGERO CAPPUCCIO
MUSICHE PAOLO VIVALDI
SCENE NICOLA RUBERTELLI
COSTUMI SALVATORE SALZANO
PROGETTO IMMAGINI CIRO PELLEGRINO
ELEMENTI DI SCENA ALESSANDRA RICCI
LUCI FRANCO POLICHETTI
con Claudio Di Palma e Lello Arena
e con Federica Bognetti, Stella Egitto
Ilenia Maccarrone, Giusy Mellace
Alessandra Roca, Marina Sorrenti
Ada Totaro
durata 90’ senza intervallo
orari da mercoledì 14 a sabato 17 ore 20.30
domenica ore 18
da martedì 20 a giovedì 22 ore 21
venerdì 23 e sabato 24 ore 22
lunedì 19 riposo
Nella presentazione de Le ultime
sette parole di Caravaggio, si legge:
“Ruggero Cappuccio accende il delirio
del grande artista in un dialogo
disperato con sé stesso a quella
profondità di confessione provocata
dalla fine imminente. L’artista è
braccato da sette donne
soprannominate le femminote, una
falange zingaresca di femmine
23_29 APRILE .10
MIXÒ IN COLLABORAZIONE CON
ASSOCIAZIONE TEATRALE PISTOIESE
OLIO
DRAMMATURGIA E REGIA MARCO CALVANI
con Monica Scattini, Mauro Marino
Michael Schermi
durata 90’ senza intervallo
orari davenerdì 23 a domenica 25
ore 20,30
da martedì 27 a giovedì 29 ore 21
lunedì riposo
Olio racconta in forma di
monologo tre storie. Quella di Leo,
un ambizioso attore di teatro che
firmando un contratto per un reality
show inizia una scalata verso il
successo ma anche una vera
discesa agli inferi; del suo
compagno Miky, un brillante
avvocato ossessionato dall'idea di
ridare un ordine al mondo, e di Giò,
un agente di spettacolo arrivista,
una macchina da lavoro e da soldi,
vittima della propria ambizione e
della propria solitudine. I tre
monologhi si sviluppano in un veloce
e vorticoso susseguirsi di quadri in
cui i singoli personaggi pur
parlandosi rimangono separati fra di
loro, senza toccarsi o guardarsi mai,
isolati nel loro universo come nel
loro destino. Una favola ironica e
cattiva sull'eterno conflitto fra la
ragione e la passione, e sulla
fragilità di un'identità al cospetto
dell'autorità. Una commedia nera
sulla paura della fine e della morte,
e sulla umana folle rincorsa al
possesso e all'affermazione di se
stessi.
"Un altro testo che farà discutere di
uno dei giovani autori più
interessanti nel panorama teatrale
italiano"
Federico Berti, La Nazione
"Sorrisi a denti stretti, mentre si
osservano tre esistenze allo
specchio,
diversamente
alla deriva e
sole. Prese di
coscienza
tardive di
personaggi
arrivisti e
superficiali:
ultimi giorni
d'umanità per
una società
senza morale"
Viviana Devoto,
Epolis
giornale 8:Progetto
6-04-2010
10:14
Pagina 6
INDIA
T E AT R O
6_16 MAGGIO .10
11_16 MAGGIO .10
TEATRO STABILE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA NUOVO TEATRO NUOVO IN COLLABORAZIONE
CON FESTIVAL TEATRALE DI BORGIO VEREZZI
CHINESE COFFEE
DI ANTONIO TARANTINO
REGIA ANTONIO CALENDA
DI IRA LEWIS
SCENE PIER PAOLO BISLERI
TRADUZIONE LETIZIA RUSSO
LUCI NINO NAPOLETANO
REGIA PIERPAOLO SEPE
LA CASA DI RAMALLAH
con Giorgio Albertazzi, Daniela
Giovanetti
durata informazione non disponibile alla
data di stampa
orari da giovedì 6 a sabato 8 ore 21
domenica 9 e 16 ore 18
da martedì 11 a sabato 15 ore 20.30
lunedì riposo
con Max Malatesta, Paolo Sassanelli
durata 70’ senza intervallo
orari ore 22, domenica ore 21
Rinunciare al motivo stesso per
cui si «gioca» pur di vincere;
inseguire il consenso per poi
affermare un se stesso che non c'è
più, sparito nel compiacere i
Uno degli ultimi testi della
pensieri altrui. In un mondo in cui
produzione drammatica di Antonio
sono i valori dell'audience e delle
Tarantino, La casa di Ramallah è un
apparizioni ripetute in tivù a dettare
viaggio metafisico nel cuore della
legge, portare in scena un testo
disperazione mediorientale; in una
severo come Chinese Coffee di Ira
Palestina immaginaria ricostruita
Lewis, in anteprima nazionale
ricorrendo a dati giornalistici del
italiana, ha i sapori della sfida. Titolo
presente così come a nomi biblici e
di estrazione cinematografica,
letterari, un treno scassatissimo
Chinese Coffee (film
trasporta un padre ed una madre
indipendente che Al Pacino, pure
brontoloni verso una città dove la
attore e regista, finanziò dopo
figlia si farà esplodere al mercato. I
averlo interpretato molti anni sul
ricordi e i sogni, la diversa visione
palcoscenico) per l'occasione
della vita stritolata dalla storia e
tradotto e adattato da Letizia Russo.
dalle limitazioni imposte da un lungo Lo story-teller vede un romanziere
matrimonio, tutto questo viene
combattivo ma squattrinato e un
centrifugato dalla lingua barocca di
fotografo fallito discutere
Tarantino, che conduce la danza
ferocemente su successo, amore e
oltre i limiti del realismo e del teatro valore dell' arte; quest'ultimo
dell'assurdo. Nella mente del lettore accecato dall'invidia, cercherà di
e dello spettatore si accendono varie distruggere la possibilità di ascesa
domande: come possono due
dell'amico fraterno. «In pratica, uno
genitori accompagnare la figlia a
stato delle cose nell'arte ai tempi
farsi esplodere? Come possono
del liberismo - spiega Sepe - in una
queste figure continuare a vivere in
società in cui conta solo sapersi
quella terra? E sarai mai esistita la
vendere. Un testo fulminante,
casa a Ramallah che i due adulti
impietosa fotografia dei giorni
ricordano tanto diversamente? È
nostri. Questo spettacolo vuole
questo uno spettacolo credibile
raccontare di un tempo in cui gli
sulla realtà palestinese? […] La
uomini vendevano loro stessi, i
realtà risiede tutta nella lingua
propri sogni, i valori più sacri e
tessuta con grande maniacalità, un
inviolabili, in nome del mercato. Un
verbo in eccesso, in esplosione, che
tempo di oscurità e dolore. Ma anche
tende a bloccare la scena, a
di riscossa e speranza. Il nostro
congelare il pensiero con ripetizioni
tempo. Ora.»
e argomentazioni ridondanti. Una
farsa. E come tutte le farse La casa
di Ramallah rappresenta una grande
allegoria della realtà, e dunque la
verità non appare così lontana. I tre
personaggi vengono interpretati
abilmente, e con grande vigore, da
Sandra De Falco.
Tiziano Fratus
18_23 MAGGIO .10
ARCA AZZURRA TEATRO
RACCONTI SOLO RACCONTI
TESTO E REGIA UGO CHITI
con Giuliana Colzi, Andrea Costagli
Dimitri Frosali, Massimo Salvianti
Lucia Socci, Alessio Venturini
durata 70’ senzaintervallo
orari da martedì 18 a giovedì 20
ore 21, da venerdì 21 a domenica 23
ore 20.30
“La titolazione sfrutta la formula
del racconto però nello stesso
tempo fa riferimento ad un fatto
puramente teatrale. Una sorta di
gioco al contrario. La scelta del
titolo è stata quindi funzionale per
una riconoscibilità immediata ed
intuitiva con lo spettacolo. Diciamo
che sono situazioni teatrali in parte
narrate e in parte interpretate. Per
quanto riguarda il sottotesto, è in
linea con la mia ricerca di analisi e
suggestione a partire dalle
condizioni storiche e sociologiche
del nostro paese (con i loro annessi
e connessi fortemente tragici e
comici al contempo); una realtà che
si nutre delle radici toscane della
Compagnia - come impronta
genetica caratterizzante - e di un
atteggiamento visionario e fisico al
contempo. In questo caso c'è
un'umanità che si riconosce in una
specie di situazione sociale e
poetica. La guerra sicuramente è il
filo conduttore almeno per due
episodi, di cui genera la vicenda
offrendosi come scaturigine della
memoria. Un altro filo conduttore è
la situazione femminile, ma è la
ricerca espressa precedentemente
ad essere la matrice unificante.”
Ugo Chiti
Esplode con sempre crescente
vitalità creativa l'ansia con cui Ugo
Chiti dipana le molte storie della
sua gente toscana in presa diretta
con un vernacolo inventivamente
felice ... Questo è grande teatro,
interpretato con mirabile
disinvoltura ...
Franco Quadri - La Repubblica
21_26 MAGGIO .10
ARCA AZZURRA TEATRO
IN COLLABORAZIONE CON LA RIBALTA CENTRO STUDI ENRICO MARIA SALERNO
REGIONE TOSCANA
MINISTERO DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI
COMUNE DI SAN CASCIANO VAL DI PESA
CON IL CONTRIBUTO DEL
FESTIVAL BENEVENTO CITTÀ SPETTACOLO
XXX EDIZIONE E DEL COMUNE DI FIRENZE
ricerca di candele che illuminino la
note del coprifuoco e la liberino dal
suo terrore del buio. La storia di
Galliano, protagonista della
Resistenza, che dal suo paese e dal
contado corre in città per
contribuire alla Liberazione. E
infine, punto cruciale della scena lo
scempio della città da parte dei
tedeschi con la distruzione dei suoi
ponti, simboli della bellezza
rinascimentale di Firenze. Il tutto
dunque raccontato dalla voce
spesso diretta dei protagonisti in un
alternarsi di testimonianze e di
racconti che fanno di questa
cronaca una sorta di narrazione
epica popolare nella quale, sullo
sfondo della grande Storia, si
muovono personaggi minuti
portatori di ansie e di passioni
quotidiane che si mescolano alle
ragioni e ai sentimenti collettivi che
hanno mosso gli avvenimenti di quei
giorni.
AGOSTO '44
LA NOTTE DEI PONTI
UNO SPETTACOLO SCRITTO DA UGO CHITI
CON MASSIMO SALVIANTI
IDEAZIONE DELLO SPAZIO E REGIA UGO CHITI
COSTUMI GIULIANA COLZI
LUCI MARCO MESSERI
con Giuliana Colzi, Andrea Costagli
Dimitri Frosali, Massimo Salvianti
Lucia Socci
durata 50’ senza intervallo
orari da venerdì 21 a domenica 23
ore 22
da lunedì 24 a mercoledì 26 ore 21
Cronaca dei giorni precedenti
e successivi alla Liberazione di
Firenze, il testo ha vinto nel 2008
il premio Maria Salerno per la
nuova drammaturgia europea.
Una Firenze che si fa simbolo e
portavoce di tutte le sofferenze,
piccoli e grandi eroismi,
avvenimenti e aneddoti di tutti
quei paesi e città che hanno lottato
contro il nazifascismo. È lei la
protagonista della messa in scena
teatrale con le sue storie di
partigiani che precedevano le
truppe anglo-americane nella
liberazione di territori a sud della
città e la volontà degli occupanti di
resistere anche a costo di grandi
lutti e distruzioni. Il corpo narrativo
dello spettacolo è fatto di
testimonianze e racconti di coloro
che vissero quei giorni: la vicenda di
Gina persa per le vie della città, alla
carta
teatri della memoria
4 x 32,00 €
4 ingressi per
Racconti solo racconti e
Agosto ‘44 - la notte dei ponti
giornale 8:Progetto
6-04-2010
10:14
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27 MAGGIO_6 GIUGNO .10
8_20 GIUGNO .10
TEATROINARIA, STANZE LUMINOSE
TEATRO DI ROMA
EMILIA ROMAGNA TEATRO FONDAZIONE
TEATRO METASTASIO STABILE DELLA TOSCANA
EMILIA GALOTTI
DA GOTTHOLD EPHRAIM LESSING
DRAMMATURGIA PAOLO FALLAI
REGIA ALESSANDRO BERDINI
con Elettra Mallaby, Paola Rinaldi
Luigi Di Fiore, Alberto di Stasio
Daniele Griggio
durata 60’ senza intervallo
orari ore 21
venerdì 4 riposo
L’Emilia Galotti di G. E. Lessing è
un dramma teatrale in cinque atti
ambientato nel principato di
Guastalla, da qualche parte
nell’Italia rinascimentale, dove i
personaggi principali ruotano
intorno alla giovane ma, come
vedremo, tenace Emilia.
Considerata da molti la prima
tragedia politica tedesca (meglio
forse antitirannica), l’Emilia Galotti
è, allo stesso tempo, dramma
borghese e critica della corte
dell’epoca che non risparmia
sentenze affilate (“…non cerchiamo
di apparire saggi là dove siamo
soltanto fortunati”, battuta di
Odoardo) né aforismi mordaci (“Non
basta che il consiglio di uno sciocco
sia buono, una volta tanto: ci vuole
anche un uomo abile per metterlo in
pratica”, battuta del Principe).
Emilia è la solida eroina che avverte
dentro di sé il dissidio fra la sua
infinita forza morale e la paura di
cedere alla seduzione del Principe e
finisce per scegliere la morte come
terza soluzione. Nell’eterna lotta fra
bene e male, la morte come
soluzione estrema per evitare il
peggio ha la meglio sull’animo di
una giovane donna spaventata, ma
allo stesso tempo sicura di sé e
della sua onestà. Emilia è convinta
delle sue idee e nella solenne scena
della morte diventa la paladina
dell’integrità fisica e spirituale. La
riduzione drammaturgica di Paolo
Fallai e la regia di Alessandro
Berdini, offrono una Emilia Galotti
trasportata ai nostri giorni. L'idea
centrale del progetto registico è che
i vizi e le virtù non rappresentano
qui qualità umane universali, ma
piuttosto sono distribuite fra gli
esponenti dei vari ceti sociali
seguendo psicologia e caratteri dei
personaggi.
FINALE DI PARTITA
DI SAMUEL BECKETT
TRADUZIONE CARLO FRUTTERO
REGIA MASSIMO CASTRI
SCENE E COSTUMI MAURIZIO BALÒ
ASSISTENTE ALLA REGIA MARCO PLINI
avvenuta una catastrofe che ha
cancellato pressoché ogni traccia di
vita sulla terra. La stanza in cui si
consuma Finale di partita è stata
paragonata all'interno di una cavità
cranica, per le altre due finestre
centrali che potrebbero ricordare le
cavità oculari. Altre letture hanno
lasciato intendere che la scena sia
in realtà l'interno di una grande arca
che sta solcando il pianeta
all'indomani di un nuovo esiziale
diluvio.
con Vittorio Franceschi, Milutin Dapcevic
Diana Hobel, Antonio Giuseppe Peligra
durata 1 ora e 40’ senza intervallo
orari da martedì 8 a domenica 13 ore 21
da martedì 15 a domenica 20 ore 20.30
lunedì 14 riposo.
Nella sua lunga ed eccellente
carriera Massimo Castri non ha
mai lavorato su testi di Samuel
Beckett: lo fa in questa occasione
scegliendo il suo capolavoro Finale
di partita, testo il cui titolo deriva
da una mossa del gioco degli
scacchi.
Protagonisti in scena Hamm, cieco e
condannato a trascorrrere i suoi
giorni su una sedia a rotelle e Clov, il
suo servo. i due vivono un rapporto
conflittuale, in cui si consumano
litigi ma anche una reciproca
dipendenza. Clov vive nell'eterna
tentazione di andarsene ma pare
non esserne capace. L'incalzante
botta e risposta tra Hamm e il suo
servitore che costituiscono l'ordito
più evidente della trama del testo,
sembrano un infinito alternarsi di
mossa e contromossa scacchistica.
In scena, incombe la presenza degli
anziani genitori di Hamm, Negga e
Nell’entrambi privi degli arti
inferiori costretti a trascorrere la
loro esistenza nei bidoni della
spazzatura. Lo stesso Beckett, nel
corso di alcune prove dello
spettacolo allo Schiller Theatre di
Berlino disse. "Hamm è il re in
questa partita a scacchi persa sin
dall'inizio. Nel finale fa delle mosse
senza senso che soltanto un cattivo
giocatore farebbe. Un bravo
giocatore avrebbe già rinunciato da
tempo. Sta soltanto cercando di
rinviare l'inevitabile fine."
Se in Aspettando Godot si riesce a
intravedere un'ambientazione quasi
realistica, - un albero, una strada di
campagna - Finale di partita si
svolge in uno scenario che oggi
potremo definire post-atomico:
tutto lascia presagire che sia
22_27 GIUGNO .10
22_27 GIUGNO .10
EMILIA ROMAGNA TEATRO FONDAZIONE
COMPAGNIA DE SUMMA
AMLETO A PRANZO E A CENA
TRATTO DA AMLETO DI
WILLIAM SHAKESPEARE
IDEAZIONE E REGIA OSCAR DE SUMMA
con Oscar De Summa, Angelo Romagnoli
Armando Iovino, Roberto Rustioni
15_20 GIUGNO .10
M'ARTE MOVIMENTI D'ARTE
LA SIGNORA CHE GUARDA
NEGLI OCCHI
DI SABRINA PETYX
REGIA GIUSEPPE CUTINO
con Maria Cucinotti, Filippo Luna
Sabrina Petyx
durata 55’ senza intervallo
orari ore 22
Uno spettacolo che riecheggia le
voci di chi si oppone al racket e
all’estorsione del pizzo da parte
della mafia. Un testo che colpisce e
scuote le coscienze, fondato sul
tema del silenzio, dell’omertà, della
paura. Quella paura che attanaglia e
che lascia senza respiro: è infatti la
paura la signora che guarda negli
occhi e che costringe ad abbassare
la testa.
I tre attori in scena usano tre
differenti linguaggi e tre prospettive
diverse per raccontare i silenzi, la
rassegnazione, le sofferenze e la
vergogna di tutti quelli che,
soffocati dalla paura, non riescono
ad uscire dal racket della mafia, ma
anche il coraggio, la speranza, la
possibilità concreta della denuncia.
«Abbiamo scelto di portare sulla
scena non una storia ma una
condizione - afferma Sabrina Petyx
- in una ricerca drammaturgica e
registica che si pone come obiettivo
quello di coniugare modalità e stili
linguistici autonomi che, nella loro
sovrapposizione e
complementarietà, riescano a
parlare di un mondo per cui ogni
parola può sembrare banale o già
detta. Si tratta di un confronto a
viso aperto con una realtà che fonda
la sua esistenza sull’imperativo del
silenzio, sull’omertà, sulla paura. continua l'attrice - Per questo è
necessario guardare negli occhi la
verità e saperla mostrare: dare il
proprio supporto di presenza, il
proprio strattone, in un momento
storico in cui ogni focolaio di
coraggio pronto ad accendersi
necessita di un’eco che gli faccia da
riparo e ne moltiplichi l’intensità».
durata 70’ senza intervallo
orari ore 22
Oscar De Summa giovane artista
emergente si cimenta nella regia di
Amleto a pranzo e a cena, spettacolo
leggero e divertente che nasce con
l'intento di aprire il più possibile il
teatro alla più vasta platea.
Come accadeva nella Commedia
dell'arte, gli attori decidono sul
luogo cosa mettere in scena, un
semplice escamotage (peraltro
suggerito dal testo stesso) che aiuta
a svelare come si crea uno
spettacolo, cosa c'è dietro quella
che sembra pura creatività. I
rapporti umani si confrontano con i
ruoli degli attori, tutto per svelare
quanto verità e finzione siano due
facce della stessa medaglia e i piani
della realtà e del teatro si mescolino
continuamente uno nell'altro.
SANTO ROCCO & GARRINCHA
IN COLLABORAZIONE CON NUOVO TEATRO NUOVO
ARTEDANZAE20
TEATRO STABILE DELL'UMBRIA
IL POPOLO NON HA IL PANE?
DIAMOGLI LE BRIOCHE
DI FILIPPO TIMI
REGIA FILIPPO TIMI E STEFANIA DE SANTI
con Filippo Timi, Paola Fresa, Marina
Rocco, Luca Pignagnoli, Lucia Mascino
durata 80’ senza intervallo
orari ore 20.30
Il popolo ha fame? Diamogli le
brioche è una commedia ironica che,
riscrivendo l’Amleto Shakespeariano,
dice la sua sul rapporto illusionerealtà, follia e potere, a partire dal titolo.
«È l'assurda risposta dei potenti ai
concreti bisogni delle persone», dice
subito Timi, qui nei panni di un Amleto
decisamente fuori dai canoni. «Il mio è
un principe orgiastico, tutto cibo e denti
marci; lo specchio consapevole del
mondo da cui proviene, quello dei
potenti che nel 1600 potevano
permettersi di uccidere un uomo solo
per il gusto di farlo». Un principe che ha
preso coscienza di sé e della sua
identità, e che vuole svelare il gioco
della finzione teatrale anche a tutti gli
altri personaggi. «Non solo Amleto non
riuscirà a dire quel famoso "essere e
non essere", ma anche al resto della
compagnia risulterà difficile farlo»,
anticipa l' autore che per ogni ruolo ha
scritto un monologo ad hoc, dagli effetti
decisamente comici. «L'unica che non
ci sta ad abbandonare i panni classici è
Ofelia - continua Timi -: lei crede ancora
di dover recitare la parte dell'
innamorata e quando, ignara, si
avvicinerà ad Amleto dovrà fare i conti
con la realtà: tutto quell' amore che lei
cerca, lui non glielo potrà mai dare
perché è troppo concentrato su se
stesso». Un gioco comico e
coloratissimo che oscilla tra «Alice nel
paese delle meraviglie» e i chiari e scuri
di Caravaggio, il tutto in una scena dal
dichiarato sapore vintage, realizzata
con materiale di recupero, dal vecchio
sipario rattoppato, ai costumi degli
attori. Una commedia ironica che, tra il
sacro e il profano, vuole esser anche un
appuntamento con la verità, su più
fronti. «Quando arrivi al trono è
impossibile non perdere la testa»,
dichiara Timi. «O abusi del tuo potere o
impazzisci cercando di scardinarlo in
tutti i modi; o diventi un santo in terra o
il demonio, insomma»; ma anche sul
rapporto tra sogno e realtà l'autore
(trentacinquenne) ha le idee chiare.
«Nella vita adoro illudermi, credere
nell'amore eterno e cose di questo tipo,
sono i vari fuochi fatui che ci fanno
andare avanti; l'importante è essere
coscienti che è tutto un inganno».
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www.teatrodiroma.net
Stampato su carta ecologica
Fedrigoni “Freelife Cento E.W.”
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BIGLIETTI
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tariffe scontate
Teatro Argentina
intero
- poltrona
27,00 €
- palchi platea, I e II ordine 22,00 €
- palchi III, IV e V centrale 16,00 €
- loggione
12,00 €
prevendita
n8
10
3,00 €
3,00 €
2,00 €
biglietti ridotti* e pomeridiane infrasettimanali
giovedì h. 17 e mercoledì h. 19
intero
- poltrona
22,00 €
- palchi platea, I e II ordine 17,00 €
- palchi III, IV e V centrale 13,00 €
- loggione
12,00 €
prevendita
21_23 MAGGIO .10
3,00 €
3,00 €
2,00 €
SAGGIO DI METÀ PERCORSO
LABORATORIO TEATRALE PIERO GABRIELLI
I TRE BINARI
cambi
I cambi sono consentiti, secondo la disponibilità dei giorni e
dei posti, ai soli abbonati a posto fisso, telefonando al
numero 06 684000314, e riconsegnando il tagliando al
botteghino al momento dello spettacolo, costo 5,00 €.
DA UN SOGGETTO DI ERALDO AFFINATI
ADATTAMENTO ATTILIO MARANGON
REGIA ROBERTO GANDINI
Teatro India
intero
- posto unico
15,00 €
- ridotto
12,00 €
- doppio spettacolo 10,00 + 10,00 €
Trentadue ragazzi saliranno sul palcoscenico dell’Argentina per raccontare la storia de I tre binari.
Quest’anno la nostra compagnia è composta dai ragazzi che hanno portato in scena fino a marzo
Il Pedone Rosso, da un gruppo proveniente dallo spettacolo La storia del bambino invisibile e da
un altro gruppetto proveniente da “L
La città dei ragazzi”, un’importante istituzione che si occupa di
accogliere adolescenti con difficoltà psicosociali. L’appuntamento di maggio sarà una prima
verifica del lavoro che è cominciato a novembre 2009 e terminerà a ottobre con una produzione
programmata all’interno della stagione del Teatro di Roma.
Questo nuovo progetto ha avuto l’obiettivo di valorizzare le qualità teatrali dei ragazzi – disabili e
normodotati – che nei vari anni si vanno affinando sempre più.
Durante le nostre prove c’è sempre tanto entusiasmo, anche se le difficoltà sono molte, ma se
riusciremo a portare in scena, anche in parte, le atmosfere che stiamo vivendo nelle nostre
improvvisazioni, vorrà dire che saremo riusciti ancora una volta a vivere l’Integrazione, come una
realtà gioiosa, una realtà di cui far partecipe il pubblico.
durata 60’ senza intervallo
orari 21 maggio ore 21, 22 maggio ore 10,
23 maggio ore 19
prevendita
2,00 €
1,00 €
no
Roberto Gandini
la prevendita è applicata fino ad un’ora prima dello spettacolo
*giovani fino a 25 anni, adulti oltre 65 anni, abbonati Teatro di Roma,
abbonati Accademia Filarmonica Romana, possessori di Bibliocard,
gruppi organizzati di almeno 15 persone
Cartateatro
Comune di Roma
Assessorato alle Politiche Sociali
e Promozione della Salute
Dipartimento V
U.O. Disabilità e salute mentale
Abbonamento libero utilizzabile anche da più persone per lo
stesso spettacolo. La scelta del giorno e del posto può essere
fatta telefonando al numero 06 684000345 (lunedì-venerdì ore
10.00-17.00) o direttamente presso le biglietterie dei teatri
carta argentina 6 ingressi 120 € poltrona e palchi fino al II ordine
carta india 8 ingressi
80 € posto unico
carta teatro di roma**
6 ingressi
60 €
palchi III e IV ordine Teatro Argentina
posto unico Teatro India
W15 ingressi (acquistabile solo on line)
** la Cartateatro Teatro di Roma è valida per le produzioni del Teatro
di Roma Cyrano de Bergerac, Filumena Marturano, Molto rumore
per nulla, Danza di morte, Festa di famiglia Piazza d’Italia, Finale
di partita
marzo
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aprile
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CALENDARIO
orario
Argentina
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16
21 Shylock
mer
17
21 Shylock
gio
18
India sala A
India sala B
Amleto
17
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giugno
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maggio
_10
orario
Argentina
India sala A
India sala B
orario
gio
1
sab
1
21
ven
2
dom
2
21
sab
3
lun
3
Argentina
ven
19
21 Shylock
Amleto
dom
4
mar
4
21 Lʼoro di Napoli prima
sab
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21 Shylock
Amleto
lun
5
mer
5
21 Lʼoro di Napoli
dom
21
17 Shylock
18
Amleto
lun
22
mar
23
21 Shylock
mer
24
21 Shylock
gio
25
Amleto
Amleto
17
21
ven
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21 Shylock
Amleto
sab
27
21 Shylock
Amleto
dom
28
17 Shylock
18
21
lun
29
mar
30
mar
6
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gio
6
17 Lʼoro di Napoli
21
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21 Lʼoro di Napoli
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17 Lʼoro di Napoli
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17 Danza di morte
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Amleto
Semi dʼacciaio
21
Semi dʼacciaio
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Semi dʼacciaio
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21 Danza di morte
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Medea e la luna
Caravaggio prima
20,30
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17 Danza di morte
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Caravaggio
Associazione Teatro di Roma
Consiglio di amministrazione
Oberdan Forlenza, Presidente
Renato Giordano
Silvana Novelli
Massimo Pedroni
Debora Pietrobono
Revisore dei Conti
Mario Perrone, Presidente
Vincenzo Gagliani Caputo
Giuseppe Ferrazza
Direttore
Filippo Vacca
Redazione
Sandro Piccioni
Ugo Riccarelli
Paolo Ruffini
Paola Folchitto
Progetto grafico e
BaldassarreCarpiVitelli
impaginazione
Paola Folchitto
Stampa
CTS grafica - Città di Castello (Pg)
21
Emilia Galotti
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Emilia Galotti
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Emilia Galotti
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La casa di Ramallah prima
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La casa di Ramallah
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mer
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Finale di partita
Finale di partita
Finale di partita prima
21
Finale di partita
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12
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Finale di partita
dom
13
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Finale di partita
17 Lʼoro di Napoli
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17
18
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sab
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lun
17
mar
18
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19
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Caravaggio
gio
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Caravaggio
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17
21
10
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21 Danza di morte
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21 Danza di morte
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24
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17 Danza di morte
18
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25
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19
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17
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sab
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lun
31
La casa di Ramallah
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Chinese Coffee
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20,30
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Chinese Coffee
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La signora che...
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La signora che...
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18
20,30
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La signora che...
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20,30
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Chinese Coffee
La casa di Ramallah
20,30
21 I tre binari saggio
22
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Caravaggio
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Olio
Emilia Galotti
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Caravaggio
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India sala B
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21 Danza di morte
Caravaggio
India sala A
Emilia Galotti
20,30
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21 Danza di morte
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orario
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1
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India sala B
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10
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India sala A
Agosto ʻ44 prima
Racconti solo racconti
Agosto ʻ44
Finale di partita
Finale di partita
Finale di partita
Finale di partita
Finale di partita
Finale di partita
La signora che...
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Il popolo non ha... prima
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Il popolo non ha...
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Il popolo non ha...
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Il popolo non ha...
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Il popolo non ha...
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Amleto a pranzo
Amleto a pranzo
Amleto a pranzo
Amleto a pranzo
Notiziario del Teatro di Roma
giornale 8:Progetto