I totalitarismi Nazismo, comunismo, fascismo Il concetto di totalitarismo • «Il concetto di totalitarismo era nato insieme al fascismo e in riferimento al fascismo per iniziativa di alcuni antifascisti democratici italiani, Giovanni Amendola, Luigi Sturzo, Lelio Basso, fra 1923 e 1924 • Essi sentirono l’esigenza di coniare un nuovo vocabolo per definire la novità e l’originalità del nuovo esperimento di dominio politico, messo in atto da un partito armato, che aveva assunto con la forza il monopolio del potere e della politica, imponendo agli italiani un regime a partito unico, una ideologia dogmatica, un culto del capo, la mobilitazione permanente della popolazione, irreggimentata in una organizzazione capillare di massa.» (Emilio Gentile) La costruzione del nazionalsocialismo Le origini del nazionalsocialismo Adolf Hitler nel 1923 La crisi economica mondiale, che in Germania aveva avuto un impatto molto violento, favorì l’affermazione politica del Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, NSDAP, sorto nel 1920, il cui leader era Adolf Hitler Hitler era un austriaco, che aveva combattuto nella Grande guerra con il grado di caporale nell’esercito tedesco. Fu arrestato nel 1923, in occasione del putsch della birreria a Monaco, un’azione da lui organizzata per sovvertire il governo della Baviera insieme a Ludendorff Il Mein Kampf Durante i (non molti) mesi di carcere, Hitler scrisse un libro intitolato Mein Kampf, cioè “La mia battaglia”, nel quale espose le sue idee. Il testo fu pubblicato in Germania nel 1925 Hitler era convintamente antisemita fin dalla giovinezza viennese e affermava una concezione “darwiniana” dell’esistenza come lotta per la vita in cui i più forti prevalgono La razza ariana Secondo lui esisteva la razza ariana, l’unica razza superiore e conquistatrice, che i contatti e le mescolanze con altre razze inferiori avevano inquinato Questa razza ariana si era mantenuta solo nei popoli nordici, e particolarmente nel popolo tedesco, la cui missione era di dominare il mondo intero Il progetto di dominio mondiale doveva realizzarsi prima di tutto attraverso l’eliminazione dei nemici interni al popolo tedesco Gli ebrei, nemici dell’arianesimo Il nemico interno per eccellenza era il popolo ebreo, che era privo di patria, e per questo diffondeva la dissoluzione morale con la propria presenza pervasiva che tendeva a dividere le nazioni Questa “immoralità” era provata dal fatto che erano ebrei sia i maggiori capitalisti e finanzieri, sia gli ideologi e i promotori del bolscevismo Sia il capitalismo finanziario, sia il bolscevismo erano responsabili della decadenza della civiltà europea L’unità del popolo tedesco intorno a un capo Cartolina di propaganda nazista sui pericoli che vengono da Est Il popolo tedesco si doveva liberare degli elementi di divisione che lo rovinavano dall’interno e ricostruire la propria unità in uno Stato nuovo L’unità di questo Stato sarebbe stata edificata e mantenuta da un capo che sarebbe stato capace di capire e realizzare i bisogni profondi del suo popolo Il popolo tedesco avrebbe dovuto rifiutare le decisioni della pace di Versailles, e poi riconquistare i territori a loro ingiustamente tolti La tappa successiva avrebbe dovuto essere l’espansione verso est, per conquistare i territori dei popoli slavi, che erano inferiori alla razza ariana L’espansione a est avrebbe dato alla Germania il dovuto spazio vitale e la conquista di questo spazio sarebbe diventata anche la sconfitta del pericolo mortale costituito dal bolscevismo Il NSDAP negli anni ‘20 Hitler a un raduno delle SA nel 1923 Ernst Rohm, capo delle SA Per tutti gli anni ’20 il Partito nazionalsocialista fu una formazione politica minoritaria La sua azione si fondava sulla violenza contro gli avversari politici, che era portata dall’organizzazione paramilitare delle SA (Sturm-Abteilungen, “squadre d’assalto”) comandata da Ernst Röhm Dopo il fallito putsch della birreria, Hitler aveva modificato le posizioni anticapitalistiche del NSDAP, che si era schierato per la riforma agraria e per la nazionalizzazione dei grandi gruppi industriali e finanziari Il programma nazionalsocialista Manifesto nazista contro la corruzione per le elezioni in Sassonia nel 1929 Il programma nazionalsocialista rimaneva comunque integro nei suoi punti fermi: I. denuncia dei trattati di Versailles II. l’unione di tutti i tedeschi nella Grande Germania III. la discriminazione degli ebrei IV. la fine del “parlamentarismo”, responsabile della corruzione della nazione ariana La crisi spinge il nazionalsocialismo Il NSDAP nel 24 ebbe il 3% dei voti e quattro anni dopo il 2,5% perché il suo programma violentemente estremista era poco assimilabile negli anni di pacificazione nazionale e ripresa economica La crisi scoppiata nel ‘29 scompaginò tuttavia gli equilibri sociali e politici, perché si trattava della terza crisi, dopo quelle dell’immediato dopoguerra, 1919-20, e quella del ‘23 La crisi dei partiti istituzionali I partiti istituzionali e la Repubblica come istituzione sembrarono incapaci di governare le situazioni di difficoltà della Germania La situazione politica si polarizzò tra estremismi opposti La SPD perse consensi a sinistra, dove molti si avvicinarono ai comunisti, che accusavano i governi e i parlamenti democratici di essere i soli responsabili della crisi. Questa poteva aprire la strada verso la rivoluzione I settori moderati e conservatori, come l’esercito, i grandi proprietari terrieri e i grandi imprenditori industriali, la magistratura, le forze dell’ordine, ritenevano che l’esperienza repubblicana fosse ormai da superare a favore di uno “Stato forte”, che rimettesse ordine nel paese e gli ridesse unità. Forze estremiste come i nazisti erano viste come gli strumenti in grado di realizzare questo progetto. I tre cardini dell’espansione nazista “La nostra ultima speranza: Hitler” (manifesto del 1932) Il nazionalsocialismo fondò la sua espansione su tre elementi: I. un aggressivo nazionalismo II. un razzismo esasperato III. l’uso sistematico della violenza come strumento di lotta politica contro i “nemici del popolo tedesco”: ebrei e comunisti Il nazismo sfrutta il risentimento nazionale Il nazismo sfruttò la frustrazione e il risentimento dei tedeschi causati dalle condizioni di pace stabilite a Versailles nel 1919 Nella prospettiva tedesca, la Germania non era stata l’unica colpevole della guerra e non era stata invasa dai nemici, cosa che certificava come non fosse stata davvero sconfitta La conseguenza di queste considerazioni era di ritenere ingiuste le riparazioni di guerra, che avevano come unico scopo l’indebolimento del paese e il soffocamento delle sue giuste ambizioni territoriali Queste idee erano estremamente diffuse e radicate nell’opinione pubblica della Germania I veri avversari della Germania secondo i nazisti Da qui derivava la presa delle argomentazioni razziste e l’approvazione della violenza politica Infatti i nazisti sostenevano di sapere chi fosse il vero nemico del popolo tedesco Più delle potenze straniere e dei partiti repubblicani, incapaci di difendere l’onore della Germania i veri avversari erano ebrei e comunisti, che avevano il progetto di portare alla rovina il paese e che operavano in questo senso L’opinione pubblica tedesca, via via, si convinse che questa fosse la realtà dei fatti Ristabilire l’ordine “Ai suoi concittadini provati dalla crisi Hitler offriva non solo la prospettiva esaltante della riconquista di un primato della nazione tedesca, non solo l’indicazione rassicurante di una serie di capri espiatori cui addossare la responsabilità delle disgrazie del paese, ma anche l’immagine tangibile di una forza politica in grado di ristabilire l’ordine contro «traditori» e «nemici interni». (Sabbatucci-Vidotto) Le preoccupanti elezioni del 1930 Le elezioni del settembre 1930 segnalarono il dato preoccupante di partiti fedeli alla Repubblica in perdita di consensi e impossibilitati a formare maggioranze stabili mentre i partiti antirepubblicani si rafforzarono fortemente Si verificò il primo grande successo elettorale dei nazisti che ottennero poco più del 18% dei voti La SPD rimase il primo partito, ma perse voti a favore dei comunisti La strategia della violenza Aggressioni e violenze contro socialdemocratici, comunisti e cittadini ebrei da parte dei gruppi paramilitari nazisti furono tollerate dalle autorità e dai governi locali e centrale Esse furono viste dai simpatizzanti del nazismo come la conferma che i seguaci di Hitler volevano davvero liberare la Germania dai suoi traditori (riprese corpo la teoria della “pugnalata alla schiena”), dai rivoluzionari comunisti e dagli ebrei, che erano estranei alla nazione tedesca Profilo dei sostenitori e simpatizzanti del nazismo I sostenitori del nazismo hanno caratteristiche personali e sociali che possono spiegare il successo del partito di Hitler 1. buona parte degli iscritti al NSDAP sono giovani o giovanissimi. Tale aspetto li rende simili alla maggioranza della popolazione tedesca (il 41% dei tedeschi nel 1933 ha meno di quaranta anni) 2. Buona parte degli uomini che hanno un’età compresa tra 35 e 45 anni è reduce di guerra e aderisce alle idee nazionaliste del NSDAP 3. Molti giovani interpretano l’aggressività verbale e fisica dei nazisti come una giusta rivolta contro le vecchie generazioni. Numerosi dirigenti della Repubblica di Weimar sono piuttosto anziani, quindi i nazisti si presentano come il nuovo che avanza contro i vecchi incapaci che guidano i partiti tradizionali 4. Il sostegno politico al nazismo è trasversale, molti operai votano per il partito di Hitler. Tuttavia sono soprattutto i ceti medi, impiegati pubblici e privati, la vera base elettorale del NSDAP 5. Alcuni grandi imprenditori finanziano il Partito nazista Raduno della Hitlerjugend (Gioventù hitleriana a Potsdam, 2 ottobre 1932 L’illegalità crescente, 1930-32 Il governo Brüning governò fino al 1932,grazie all’appoggio della SPD e del Presidente della repubblica Hindenburg La crisi raggiunse però il suo culmine nell’estate del 1932, con il dimezzamento della produzione industriale e sei milioni di disoccupati Il Partito nazista giunse a avere 1 milione e mezzo di iscritti, molti dei quali membri delle SA. La lotta politica diventò spesso un confronto armato e sanguinoso tra nazisti e comunisti, soprattutto, in cui morirono almeno 150 persone Il governo von Papen e le due elezioni del 1932 Franz von Papen Il governo di Bruning entrò in una crisi irreversibile, e il presidente Hindenburg, rieletto nel marzo 1933, vincendo su Hitler, decise di cambiare la guida del governo, scegliendo il cattolico Von Papen Le elezioni convocate per due volte nel ’32,luglio e novembre, perché Von Papen sperava di rafforzare il suo governo con i voti, furono vinte invece dai nazisti, anche se tra luglio e novembre questi persero circa due milioni di voti Il nazionalsocialismo al potere Hitler nominato cancelliere da Hindenburg Hitler stinge la mano al Presidente della repubblica tedesca Hindeburg I gruppi dominanti nell’esercito, nella proprietà terriera e nell’industria ritennero a questo punto inevitabile che il governo comprendesse i nazisti Hindenburg diede l’incarico di cancelliere a Hitler nel gennaio 1933, e il leader nazionalsocialista formò un governo con tre ministri del suo partito e esponenti di tutti i partiti di destra I moderato-conservatori ritennero così di avere posto Hitler e il suo partito sotto controllo L’incendio del Reichistag e la repressione del comunismo L’incendio del Reichstag Marinus von Lubbe accusato dell’incendio Il 27 febbraio 1933 il parlamento tedesco fu incendiato, un episodio mai chiarito Fu arrestato come responsabile un comunista olandese,poi decapitato l’anno successivo Questo episodio diede ai nazisti il pretesto necessario per mettere praticamente fuori legge il Partito comunista, di cui furono arrestati migliaia fra dirigenti e militanti Inoltre fu deciso di limitare o azzerare le libertà di stampa e di riunione La vittoria nazista del marzo ‘33 e i pieni poteri al governo di Hitler Le elezioni del 5 marzo ‘33 furono vinte largamente dai nazionalsocialisti,che però intendevano eliminare totalmente il regime parlamentare Il Parlamento decise di dare al governo i pieni poteri, tra i quali quello di fare le leggi e di modificare la costituzione Gli unici a votare contro furono i socialdemocratici, il cui partito fu sciolto nel giugno 1933 per l’accusa di “alto tradimento”, così come fu soppresso il sindacato legato alla SPD Fu l’inizio della scomparsa di tutti i partiti A luglio, una legge approvata dal governo proclamò il Partito nazionalsocialista unico consentito in Germania A novembre del 1933 si svolse un’ultima consultazione elettorale che con un plebiscito,votato dal 92% del corpo elettorale diede la vittoria alla lista unica che comprendeva solo il NSDAP Confronti tra i risultati elettorali dei maggiori partiti tedeschi, 1928-1933 Anno 1928 SPD 29.80% NSDAP DNVP Zentrum KPD (partito nazista) (tedesconazionali) 2,60% 14,30% 12,10% 10,60% 7% 11,80% 13,10% 6,10% 12,30% 14,60% 8,50% 11,90% 16,90% 8% 11,20% 12,30% (comunisti) (810.000) 1930 24,50% 18,30% (6.500.000) 1932 21,90% (luglio) 1932 (13.754.000) 20.40% (novembre) 1933 37,80% 33,10% (11.737.000) 18,30% 43,90% L’andamento elettorale dei maggiori partiti tedeschi, 1928-1933 L’eliminazione delle SA Il nazionalsocialismo eliminò anche gli ultimi due ostacoli che avrebbero impedito al suo potere di essere assoluto: le SA e il Presidente della repubblica Hindenburg Le SA non erano disposte a rientrare nell’ambito dei poteri legali e parlavano invece di una “seconda ondata rivoluzionaria”, e le forze armate premevano su Hitler perché fossero rese inoffensive Hitler sapeva che l’autonomia delle SA era pericolosa per il suo potere, e dal 1926 aveva creato una sua guardia personale, le SS, Schutz- Staffel n(“squadre di protezione”), guidate da Himmler e Heydrich Le SS parteciparono all’eliminazione delle SA, condotta da Hitler in una località bavarese Nella “notte dei lunghi coltelli”, 30 giugno-2 luglio 1934, lo stesso Hitler arrestò Rohm, il quale fu poi ucciso insieme all’intero stato maggiore delle SA. Durante la notte dei lunghi coltelli morirono diverse decine di membri delle SA., e politici non graditi al leader nazista Hitler cancelliere e Presidente della repubblica L’eliminazione delle SA fu la moneta di scambio pagata da Hitler alle forze armate per giungere alla presidenza della repubblica con il sostegno dell’esercito Alla morte di Hindenburg, nell’estate del ‘34, il cancelliere diventò anche Presidente della repubblica, un cumulo delle cariche dovuto a una legge approvata dal suo governo In base alla costituzione, gli ufficiali dell’esercito dovevano giurare fedeltà a Hitler In questo modo l’autonomia dal potere politico dei generali era terminata definitivamente Terzo Reich e Führerprinzip La fine della Repubblica aprì la strada alla costituzione di quello che Hitler chiamò il Terzo Reich, cioè il Terzo Impero (che seguiva il Sacro Romano Impero tedesco del Medioevo e il Reich guglielmino del 1871) Il Terzo Reich si reggeva e identificava con il Führerprinzip, cioè principio del capo Il capo 1. assumeva le decisioni 2. era la il principio del diritto 3. guidava il popolo 4. interpretava le sue aspirazioni Il Führer aveva un potere carismatico, cioè possedeva una dote straordinaria,il carisma,che lo rendeva consapevole di dover compiere una missione per il popolo intero “Studenti, difendete la propaganda del vostro Fuhrer” Il consenso al regime, 1/ la politica estera di potenza Il consenso al regime di Hitler fu molto esteso e duraturo Una prima spiegazione di questo consenso va cercata nella politica estera di Hitler, che negli anni di potere smantellò l’equilibrio costruito con la pace di Versailles e fece ridiventare la Germania protagonista principale della politica europea In questo modo il Fuhrer stimolò il patriottismo e diede ai tedeschi la sensazione di una rivincita Il consenso al regime, 2/la politica economica di riarmo Un secondo motivo di consenso fu la politica economica del Reich, che dal ‘33 non pagò più le riparazioni di guerra, cosa che contribuì al rilancio della Germania Il rilancio ebbe come base la spesa pubblica e seguì due strade A. i progetti di guerra che il regime portò avanti fin dal ‘33 contribuirono alla ripresa industriale, che divenne estremamente sostenuta Il Reich sostenne e stimolò l’iniziativa privata e la legò a sé attraverso le commesse statali, che erano finalizzate a rendere il paese pronto per una guerra Il consenso al regime, 2/i lavori pubblici e la piena occupazione In questo poster, il lavoratore tedesco è assimilato al soldato della I guerra mondiale Come i soldati erano uniti nei loro reparti, così anche i lavoratori sono uniti dalla Daf (Fronte del lavoro) B. il secondo pilastro del rilancio economico fu programma di lavori pubblici voluti da Hitler. Esso determinò forti sviluppi infrastrutturali nel paese, il primo in Europa a avere una rete autostradale molto estesa Sia l’iniziativa privata, sia il programma di lavori pubblici contribuirono al riassorbimento della disoccupazione, che nel 1939, alla vigilia della guerra, era praticamente azzerata Il consenso al regime, 3/ l’indebolimento delle opposizioni politiche Il regime ottenne un vasto sostegno anche perché qualsiasi opposizione fu indebolita, quasi annullata Comunisti e socialisti riuscirono a mantenere solo pochi gruppi clandestini o si fecero sentire solo dall’esilio Per quanto riguarda le religioni, i protestanti, soprattutto i luterani, che erano la maggioranza del paese, accettarono le imposizioni del regime, tra cui il giuramento di fedeltà dei pastori al Führer Solo la minoranza della “Chiesa confessante” si oppose al Reich e fu perseguitata con forza Il consenso al regime, 4/ il Vaticano tra il concordato e l’insofferenza Pio XI I cattolici mantennero in grande maggioranza un atteggiamento di non opposizione al regime Nel 1933, la Chiesa di Roma e il Reich firmarono un concordato,che dava ai cattolici libertà di culto e al clero la garanzia di non ingerenza del regime negli affari interni della Chiesa cattolica tedesca I rapporti si guastarono solo dal 1937, quando il papa Pio XI nell’enciclica in lingua tedesca Mit brennender Sorge (“Con ardente preoccupazione”) condannò l’ideologia razzista del nazismo, e inoltre le dottrine e le manifestazioni politiche che apparivano “pagane” Sembra che Pio XI fosse pronto anche a prendere posizione ufficialmente contro l’antisemitismo nazista, ma la morte glielo impedì Il successore Pio XII, ex nunzio apostolico in Germania, decise di non dare seguito alle iniziative del suo predecessore. Il consenso al regime 5/l’apparato repressivo Le Waffen SS erano il reparto militare delle SS creato nel ‘34 Himmler e Heydrich L’apparato poliziesco repressivo del regime funzionò capillarmente Era guidato dalle SS, i cui capi erano Himmler e Heydrich Le SS controllavano la Gestapo (polizia segreta di stato) e il servizio segreto Entrambi questi organi attuarono una forte azione intimidatoria nei confronti dei settori della popolazione che mantenevano atteggiamenti critici o ostili al regime Le SS si occupavano anche dei lager, i campi di concentramento in cui erano rinchiusi e lentamente annientati gli oppositori del regime (il primo fu Dachau, aperto il 22 marzo 1933) Un’utopia reazionaria e ruralista Cartolina che celebra i 15 anni del putsch di Monaco Joseph Goebbels Il nazismo diffuse un’utopia “reazionaria e ruralista: un mondo popolato di uomini belli e sani, profondamente legati alla loro terra; una società patriarcale di contadini guerrieri, libera dagli orrori delle metropoli moderne e dalle malattie della società industriale” (Sabbatucci-Vidotto) Tale utopia fu comunicata e imposta attraverso i mass-media, che erano totalmente controllati dal regime Hitler aveva creato un ministero per la Propaganda che si occupava di ogni spazio della comunicazione: stampa (quotidiana e periodica; libri per adulti e bambini), radio, fotografia, cinema, sotto la guida di Joseph Goebbels L’immaginario nazista “Partito nazista” “La gioventù segue il Fuhrer” Campagna per finanziare ostelli e case della gioventù I rituali collettivi I momenti importanti della vita del regime furono scanditi da una liturgia fatta di feste e cerimonie: sfilate militari, giochi sportivi e adunate oceaniche in cui il culmine era il discorso del leader, Hitler o anche altri gerarchi I rituali collettivi devono inculcare un sentimento di appartenenza alla “comunità nazionale”;devono trasmettere l’idea di una coesione invincibile che appartiene al popolo tedesco e del legame indistruttibile tra comunità nazionale e capo Le grandi adunate avevano un essenziale valore psicologico e sociologico: in mezzo agli altri tedeschi il cittadino recuperava la socializzazione che non trovava nella vita della città Questi momenti collettivi avevano anche un valore sacrale, perché ripristinavano quelle feste e quei riti che esistevano nella vecchia società contadina La “liturgia” nazista La disciplina sui luoghi di lavoro Dentro i luoghi di lavoro fu applicato il Fuhrerprinzip, per cui l’imprenditore diventava il capo assoluto della sua azienda I lavoratori erano sottoposti alla disciplina militare, non avevano nessuna capacità contrattuale e i loro stipendi crescevano meno del costo della vita A compensare questa situazione fu creato un sistema di servizi sociali: pensioni, assistenza medica e una capillare organizzazione del tempo libero Soprattutto non c’era più il pericolo della disoccupazione Politiche famigliari per ariani La costruzione della “comunità di popolo” che dovrà poi lanciarsi in una ambiziosa campagna di conquiste militari era possibile solo aumentando la natalità “buona” e diminuendo, fino a annullarla, la presenza di individui minorati Le coppie di “pura razza ariana” vengono gratificate con prestiti, benefici fiscali alle famiglie numerose e assegni famigliari in aggiunta al reddito, misure che portano all’aumento delle nascite, il più ampio in Europa Politiche di eutanasia per disabili Il castello di Hatheim, centro di eutanasia nazista in Austria Monumento commemorativo dell’orrore dell’eutanasia su Tiergartenstrasse a Berlino L’altra faccia della medaglia fu l’attuazione di misure antinataliste per eliminare malati di mente, disabili e criminali, considerati incapaci di offrire alla “comunità di popolo” la giusta riproduzione In primo luogo tra 1933 e 1945 furono sterilizzate quasi mezzo milione di persone (legge sulla sterilizzazione del 1933) Le persone disabili non poterono sposarsi e procreare per una legge sulla “salute coniugale”del 1935 Inoltre dal 1939 al 1941 fu attuato il progetto Aktion T 4 (dall’indirizzo del luogo di Berlino in cui il progetto fu pianificato), l’eliminazione di massa dei tedeschi disabili, che portò all’uccisione di 70.000 persone. In realtà le pratiche di eutanasia dei nazisti proseguirono anche in seguito, determinando un numero di morti pari a 200.000 individui La discriminazione antisemita Gli ebrei in Germania La “comunità nazionale” non prevedeva al suo interno la presenza degli ebrei, che al momento in cui Hitler ottenne il potere erano in Germania mezzo milione di persone su circa sessanta milioni di abitanti Gli ebrei erano presenti in ogni ambito della scala sociale. Molti di essi erano medici, avvocati, commercianti, imprenditori, finanzieri, intellettuali e artisti, In Germania vivevano soprattutto nelle città, tanto che più di un terzo di questi risiedeva nella capitale Berlino I nazisti fomentano i pregiudizi antisemiti L’ebreo rappresentato in una delle tante immagine antisemite che circolavano in Europa tra ‘800 e inizio ‘900 La propaganda dei nazisti risvegliò contro gli Ebrei pregiudizi e ostilità striscianti,ma diffuse in Europa, specie quella orientale, e soprattutto in Germania (lo stesso Lutero, tra gli altri, aveva scritto nel ‘500 un opuscolo contro di essi, Sugli ebrei e le loro menzogne) Erano ritenuti sospetti e addirittura pericolosi perché diversi dal punto di vista etnico e religioso e perché economicamente erano più facoltosi di molti “veri tedeschi” La politica di discriminazione nei loro confronti non sarebbe stata possibile senza il sostegno attivo o almeno l’atteggiamento di indifferenza del resto della popolazione tedesca Le prime norme antisemite, 1933 Fin dall’inizio del suo governo, nell’aprile del 1933 il nazionalsocialismo prese di mira gli ebrei per attuare la sua politica razziale I professionisti di origine ebrea furono esclusi dall’esercizio di professioni come il medico nelle strutture pubbliche, l’avvocato, e il giornalista, e inoltre vennero posti fuori dalla pubblica Caricatura di un amministrazione ebreo,uomo ricco e potente, nel libro L’accesso di bambini e ragazzi ebrei per bambini “Fungo nelle scuole e nelle università fu velenoso” (1935) molto limitato Leggi di Norimberga, 1935 Indagine pseudoscientifica di caratteristiche razziali, in questo caso la misura del naso Nel settembre 1935 il Parlamento a Norimberga approvò la Legge sulla cittadinanza del Reich e la Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco La prima legge distingueva tra due tipi di cittadini, i cittadini di pieno diritto, quelli di sangue tedesco, e membri dello Stato privi di diritti, che erano tutti gli altri, tra cui gli ebrei. Gli ebrei erano tali se avevano almeno tre nonni di “razza ebraica” La seconda legge proibiva matrimoni e rapporti sessuali tra ariani e ebrei Altre norme antisemite tra 1936 e 1938, la denuncia dei patrimoni Carte d’identità di ebrei United States Holocaust Memorial Museum, Washington, D.C Tra 1936 e 1938 altre norme esclusero progressivamente gli ebrei dalla società tedesca: non possono esercitare attività di libera professione, fu limitata la gestione delle aziende e delle imprese Il 26 aprile 1938 fu imposto agli ebrei di denunciare i loro beni di proprietà,che poi sarebbero stati confiscati negli anni successivi, e nello stesso anno dovevano mettere una “J” (iniziale della parole Jude, “ebreo”) su passaporti e carte d’identità. La discriminazione spinse quasi la metà degli ebrei a abbandonare la Germania, 200.000 tra il 1933 e il 1939 La “Kristallnacht”, 9-10 novembre 1938 L’episodio più grave e tragicamente esemplare avvenne sempre nel 1938 Un minorenne di origine ebrea uccise a Parigi un diplomatico tedesco Le SA trassero spunto da questo episodio per organizzare un pogrom (termine russo che significa “devastazione”) contro negozi e sinagoghe di ebrei in tutta la Germania nella notte tra il 9 e il 10 novembre, poi ricordata come la “Notte dei cristalli” Il nome viene dato a questo episodio dallo sfondamento delle vetrine di 7.000 negozi, che vengono distrutti e saccheggiati,mentre le sinagoghe bruciate furono 200, e 26.000 ebrei furono arrestati e internati nei lager, e 91 furono uccisi La legge del 15 novembre 1938 decise l’esclusione di bambini e ragazzi ebrei dalle scuole. Immagini dalla “Kristallnacht” Il rogo della sinagoga di Hannover La sinagoga di Berlino dopo la notte dei cristalli Negozi ebrei devastati durante la Kristallnacht “Il socialismo in un solo paese” Il comunismo di guerra In Russia gli anni 1918-1920 furono segnati dal cosiddetto comunismo di guerra. Si trattò di una serie di misure decise dai bolscevichi che comportarono la nazionalizzazione dell'industria, la soppressione del commercio privato (sostituito dal razionamento e dalla distribuzione pubblica di generi alimentari), un ulteriore sviluppo degli scambi in natura, l'invio di distaccamenti operai nelle campagne per la requisizione di viveri a favore dell'esercito e degli abitanti delle città. Quest'ultima disposizione non fu però accettata dalla popolazione rurale che, alla raccolta forzata delle derrate decretata dalle autorità, rispose con sollevazioni e con il rifiuto di coltivare la terra. La perdita di sostegno dei bolscevichi L’esperienza fallimentare del comunismo di guerra, che aveva ridotto la produzione industriale, spopolato le città, dimezzato i raccolti, provocò grosse insofferenze tra i contadini e una crescente tensione tra gli operai Gli operai avrebbero dovuto essere i puntelli del potere sovietico, ma la gestione autoritaria dell’economia, la compressione dei sindacati e il regime militaresco imposto nelle fabbriche, determinarono un allontanamento dei lavoratori Battaglia di Kronstadt industriali dal potere bolscevico, fino all’episodio della rivolta dei marinai di Kronstadt, vicino a Pietrogrado, che fu repressa con violenza dal governo di Lenin, 1921, nonostante all’epoca della rivoluzione questo porto fosse stato uno dei capofila nel sostegno ai bolscevichi La Nep “La Russia socialista sarà la Russia della Nep” I bolscevichi cambiarono allora strategia economica e vararono la Nuova politica economica (Nep) La novità della Nep rispetto al comunismo di guerra fu una parziale liberalizzazione: i contadini dovevano consegnare una parte del raccolto al governo, in pratica un’imposta in natura; quanto rimaneva a loro, i contadini lo potevano vendere sul mercato Anche i settori del commercio e della piccola industria furono coinvolti nella Nep Il governo mantenne invece il controllo su banche e grandi industrie Effetti contradditori della Nep Campagna di propaganda per l’elettrificazione (1921) durante la Nep La Nep diede risultati contradditori I contadini produssero di più, ma tornarono a arricchirsi i contadini ricchi, detti kulaki, che presero il controllo del mercato A loro volta anche una parte dei commercianti si arricchì grazie alle speculazioni sul mercato La piccola industria tornò a produrre e guadagnare La grande industria controllata dallo Stato era invece in grave difficoltà, perché il mercato interno era debole e era gestita in modo deficitario L’industria non era in grado di assumere, e quindi crebbe la disoccupazione I salari erano bassi In definitiva la Nep sfavorì ancora di più gli operai La costituzione del 1918 e la nascita dell’Urss Dal punto di vista politico, due costituzioni furono emanate dai bolscevichi, una nel 1918 e l’altra nel 1924 La costituzione del 1918 si apriva con una “Dichiarazione dei diritti del popolo lavoratore e sfruttato”, che ricordava quella della rivoluzione francese. In essa si diceva che il potere era solo delle masse lavoratrici e dei soviet Inoltre la costituzione affermava che lo Stato sarebbe stato federale, avrebbe rispettato i diritti delle minoranze, che avrebbe accettato l’unione con altre “repubbliche sovietiche” su un piano di parità Tra 1920 e 1922 si formò l’unione tra la Repubblica russa e le provincie un tempo governate dallo zar, in cui i bolscevichi avevano preso il potere Nel dicembre del 1922 nacque così l’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, Urss L’Urss al tempo di Stalin La costituzione del 1924 La costituzione del 1924 diede il potere supremo al Congresso dei soviet Tuttavia era il Pcus (Partito comunista dell’Unione Sovietica) a controllare interamente il potere, in quanto era l’unico partito di cui la costituzione prevedesse l’esistenza Il Pcus 1. dava le direttive ideologiche e politiche su cui si basava l’azione di governo 2. controllava la polizia politica (Ceka) 3. proponeva i candidati alle elezioni dei soviet, su lista unica e votati con voto palese 4. era fortemente centralizzato, cioè controllato e indirizzato nella sua azione dalla dirigenza In definitiva l’Urss era dominata dal gruppo dirigente del Pcus Scristianizzazione e istruzione Il Pcus volle trasformare la società russa per togliere di mezzo valori e comportamenti tradizionali e creare una nuova cultura in linea con la società socialista che intendevano realizzare Questo avvenne lungo due direttrici A. la scristianizzazione dell’Urss, per cancellare la religione ortodossa, con metodi violenti: chiusura delle chiese, confisca di beni, incarcerazioni di sacerdoti e alte gerarchie ecclesiastiche Tale scristianizzazione ottenne gli effetti che si proponeva, la fede ortodossa non scomparve del tutto, ma la sua presenza nella società si ridusse drasticamente B. l’istruzione: fu resa obbligatoria fino a quindici anni. Fu impostata una lotta molto decisa contro l’analfabetismo, uno dei mali più grandi della società russa. La scuola fu legata al mondo del lavoro, privilegiando l’istruzione tecnica rispetto a quella umanistica I giovani furono indottrinati attraverso l’insegnamento delle teorie di Marx, riviste da Lenin, e il Konsomol, l’organizzazione giovanile del Pcus a cui i giovani si dovevano iscrivere. La lotta per la successione di Lenin L’affermazione di Stalin Lenin con Stalin nel 1921 Dentro il partito bolscevico, la situazione si deteriorò quando Lenin si ammalò gravemente, morendo nel 1924 In quel momento era in forte ascesa il segretario del Pcus, il georgiano Josip Djugasvili, detto Stalin Alla morte di Lenin i contrasti tra Stalin e gli altri possibili “successori” si fecero estremamente aspri, soprattutto perché la struttura molto centralizzata del Pcus dava al segretario un potere molto ampio Fu soprattutto Trotzkij a criticare con forza il verticismo del partito e a chiedere maggiore democrazia “sovietica” sia nel Pcus, sia nello Stato Inoltre Troztkij riteneva che il partito si fosse involuto a causa dell’isolamento in cui si era chiuso per conservare il potere in Urss Per lui, la Russia avrebbe dovuto modernizzarsi sotto l’aspetto industriale e aprirsi maggiormente verso l’estero, cercando di estendere la rivoluzione bolscevica anche nei paesi più sviluppati “Il socialismo in un solo paese” Stalin era invece fautore della teoria del “socialismo in un solo paese”, in quanto riteneva che l’Urss avesse la capacità e la forza necessarie per sopportare l’isolamento internazionale in cui si trovava “Il socialismo in un solo paese” era una sorta di tradimento delle teorie bolsceviche, che avevano sempre affermato la necessità di estendere la rivoluzione a livello internazionale per sostenere il processo di cambiamento anche in Russia L’idea di Stalin era però adeguata alla situazione presente dell’Urss, che non poteva agire per una rivoluzione mondiale, tanto più che le principali nazioni europee stabilirono a metà anni Venti relazioni diplomatiche con l’Urss, alleviando l’isolamento Trotzkij fu così sconfitto definitivamente dentro il partito, poi fu deportato in Asia centrale, e infine espulso dall’Urss Il controllo di Stalin sul partito Il destino di Trotzkij fu seguito anche da altri maggiorenti bolscevichi, come Zinov’ev e Kamenev, che si schierarono contro la Nep, in quanto essa stava favorendo la rinascita del capitalismo nelle campagne, e chiedevano invece la modernizzazione industriale Contro di loro si schierò Bucharin, che divenne il puntello principale per Stalin Zinov’ev e Kamenev cercarono di formare un’opposizione forte dentro il Pcus insieme a Trotzkij, la cosiddetta ala sinistra del partito bolscevico, ma furono emarginati da Stalin e espulsi dal partito Con l’eliminazione della dialettica interna, il Pcus divenne lo strumento per la crescita del potere personale di Stalin, il cui progetto era di far diventare l’Urss una grande potenza mondiale Lo stalinismo Piani quinquennali Stalin assunse la guida assoluta del partito tra il 1927 e il 1929 La sua strategia economica e sociale consistette nel superamento della Nep, nella costruzione di una struttura industriale forte e nella realizzazione di una totale collettivizzazione dell’agricoltura Tale progetto si fondò sulla pianificazione: Stalin fece apprestare piani articolati in obiettivi di produzione che dovevano essere raggiunti in tempi determinati Questi piani erano controllati e guidati dal governo I piani che si estendevano per cinque anni furono 3: dal 1928, dal 1933 e dal 1938, quest’ultimo interrotto dallo scoppio della II guerra mondiale Effetti della politica economica di Stalin I piani quinquennali determinarono un gigantesco cambiamento nella società sovietica Le industrie meccanica, siderurgica, estrattiva e elettrica crebbero a livelli molto alti Triplicarono i lavoratori dell’industria tra 1928 e 1940 (da 4 a 11 milioni) Sorsero migliaia di nuove imprese, molte nella zona degli Urali, che determinarono la fondazione di nuove città Molti milioni di persone si spostarono dalle campagne sovietiche nelle città per lavorarvi I trasporti stradali e ferroviari furono potenziati per permettere questi flussi di emigrazione interna e lo spostamento di quanto prodotto L’educazione tecnica venne ulteriormente rafforzata L’Urss diventò alla vigilia della II guerra mondiale la terza economia industriale del mondo, dopo Usa e Germania Collettivizzazione agricola “Andiamo al kolchoz!” La pianificazione industriale si integra con la collettivizzazione forzata nell’agricoltura,cioè il passaggio di tutta la produzione sotto il controllo governativo L’agricoltura deve produrre quantità di derrate alimentari determinate dal governo centrale, che stabilisce anche il prezzo, in modo da sostenere il processo di industrializzazione , che si realizza nelle aree urbane I kulaki, proprietari contadini che si sono arricchiti con la Nep, dovevano o associarsi alle cooperative agricole, i kolchoz, o trasferirne il possesso alle aziende possedute e gestite dallo Stato, i sovchoz L’eliminazione dei kulaki Stalin proclamò che i kulaki dovevano essere eliminati come classe, perché si arricchivano alle spalle del popolo e riducevano le città alla fame perché non consegnavano quanto dovevano allo Stato In realtà tutti coloro che si opponevano alle requisizioni e rifiutavano di entrare nei kolchoz furono indicati come “nemici del popolo” I metodi usati dal governo staliniano per portare a compimento la collettivizzazione furono violenti e brutali: espropriazioni forzate; deportazioni di famiglie intere (quasi 2 milioni di individui) nella zona depressa della Siberia; spesso esecuzioni sommarie di “nemici del popolo” I 5 milioni di kulaki in gran parte furono eliminati fisicamente Deportazione di kulaki su un treno Il fallimento della collettivizzazione forzata I risultati economici della collettivizzazione forzata furono molto negativi La produzione agricola calò notevolmente tra 1928 e 1937 perché 1. l’intera produzione dovette essere riorganizzata secondo il nuovo modello economico e produttivo 2. la produttività dei contadini costretti a lavorare nelle aziende collettive è bassa 3. una gravissima carestia, che fu tenuta nascosta all’opinione pubblica mondiale, determinò milioni di morti per fame, tra i 7 e i 10 milioni, senza alcun intervento del governo Effetti della politica economica di Stalin Gli effetti di questa politica furono 1. la diminuzione molto accentuata della popolazione delle campagne, a causa di deportazioni, fame e urbanizzazione, e l’inserimento della quasi totalità dei contadini nelle fattorie collettive 2. spostare risorse economiche e uomini per sostenere l’industrializzazione “Questi risultati furono consentiti non solo da una straordinaria concentrazione di risorse – resa a sua volta possibile da un gigantesco prelievo di ricchezza a spese dell’intera popolazione e soprattutto dei ceti rurali – ma anche dal clima di entusiasmo fra ideologico e patriottico che lo Stato seppe suscitare nella classe operaia intorno agli obiettivi del piano e che permise ai lavoratori dell’industria di sopportare sacrifici pesanti” (SabbatucciVidotto) Lo stachanovismo Aleksej Stachanov “Noi tre lavoriamo per dodici” Gli operai dentro le fabbriche dovevano sottostare a una disciplina rigida e militaresca A compensazione furono loro concessi premi in natura che andavano a gratificare gli operai più produttivi Questi ultimi erano promossi professionalmente e resi esempi per gli altri, per suscitare uno spirito intenso di emulazione Il più famoso fu il minatore Aleksej Stachanov, che in una sola notte estrasse una quantità di carbone quattordici volte superiore a quella di un operaio normale Da lui si originò lo stachanovismo, un movimento di massa, che lo Stato e il Pcus sostenevano e esaltavano Obbedienza allo Stato e a Stalin L’ideologia che il regime bolscevico volle imporre fu che l’obbedienza allo stato e ai governanti, e la sottomissione degli interessi individuali ai valori collettivi, erano superiori a ogni altra volontà o aspirazione Stalin accentuò l’autoritarismo già presente nel pensiero di Lenin e nel sistema sovietico, aggravandolo con una massiccia dose di spietatezza e arbitrio Stalin era la guida suprema e il padre del suo popolo, a cui quest’ultimo doveva obbedire, e aveva i caratteri del capo carismatico che erano anche di Mussolini e Hitler Si proponeva come l’interprete unico della dottrina marxista-leninista e come il garante della sua giusta applicazione Di conseguenza tutte le possibili critiche verso il “padre della patria” erano assimilabili a un tradimento Le purghe Quando nel 1934 fu ucciso il dirigente del Pcus Kirov, l’episodio fu il pretesto colto da Stalin per avviare l’eliminazione dei membri del Pcus che si opponevano al leader: Zinov’ev e Kamenev, che furono condannati a morte dopo processi chiaramente falsati da testimonianze estorte ai “colpevoli” con la tortura Nel 1938 la stessa sorte toccò a Bucharin, Negli anni successivi furono eliminati migliaia di membri del partito, e di cittadini sospettati di “deviazionismo” In Messico, nel 1940, un sicario di Stalin uccise anche Trotzky Si trattò delle cosiddette “purghe”, termine quanto mai brutale nella sua simbolicità: gli oppositori come feci da espellere Le purghe si succedettero a ondate successive, motivate dalla necessità di eliminare i traditori e i nemici di classe La repressione poliziesca Il poeta Mandelstam uno dei più noti personaggi sovietici che fu vittima delle purghe staliniane La repressione poliziesca contro il popolo sovietico si intensificò negli anni successivi, tanto da coinvolgere milioni di persone Stalin creò un sistema concentrazionario, articolato in lager, cioè campi di lavoro forzato e prigionia, che erano posti nei luoghi più terribili dell’Urss Essi erano curati dal Gulag, cioè “Amministrazione centrale dei lager”, un termine che poi indicò i campi di lavoro e morte I “colpevoli” venivano arrestati, quindi o deportati, oppure fucilati, senza nemmeno sapere con quale accusa I processi pubblici prevedevano che gli accusati confessassero le loro “colpe”, che erano sempre dei “complotti” organizzati insieme con i trozkisti e gli agenti del fascismo internazionale Cartellone per il plebiscito del 1934 Il fascismo regime Il regime fascista: Pnf e Stato sovrapposti • Dopo il decisivo consolidamento della metà degli anni ‘20, il fascismo costruì il suo regime basando la strategia politica sulla sovrapposizione tra la gerarchia del partito e gerarchia dello Stato • Il Gran consiglio del fascismo era l’elemento di congiunzione tra queste due gerarchie, dal momento che era presieduto dal Duce del fascismo, che era anche Capo del governo e composto da uomini del Pnf che erano contemporaneamente anche uomini dello Stato • Esso elaborò le linee-guida della politica del regime, le riforme legislative e amministrative che consolidarono il fascismo come regime e le strategie della politica estera • Divenuto istituzione dello Stato nel 1928, preparava anche la lista dei ministri da presentare al re per la nomina Lo Stato come strumento del potere di Mussolini • Il Pnf fu però subordinato alle istituzioni statali, a differenza di quanto avveniva negli altri regimi totalitari, in cui il partito era prepoderante rispetto allo stato • Mussolini utilizzava i prefetti per affermare le sue decisioni a livello periferico • La polizia di Stato controllava l’ordine pubblico e reprimeva il dissenso politico “Tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato” • Il Partito fascista diventò sempre più pervasivo dentro la società italiana • Il regime fascista insieme allo Stato tentò di occupare la società, realizzando il motto mussoliniano del 1925”Tutto nello Stato,niente al di fuori dello Stato,nulla contro lo Stato” • La volontà del regime era di ricostruire la società italiana dalle basi, soprattutto coinvolgendo e mobilitando i giovani (non a caso l’inno fascista si intitolava “Giovinezza”) • In questa prospettiva il fascismo fu una forma di totalitarismo La fascistizzazione, 1/l’Ond Sede dell’Ond a Dalmine • La fascistizzazione si realizzò attraverso • 1. l’Opera Nazionale Dopolavoro (OND), istituita nel 1925. Essa doveva realizzare la “mobilitazione passiva dei cittadini” che surrogava l’impossibile partecipazione democratica. • Organizzava il tempo libero dei lavoratori, attraverso gare sportive, gite e attività ricreative (teatro, visite guidate) • Favoriva la fornitura di servizi da parte delle aziende per i figli dei dipendenti: asili e colonie estive • I suoi iscritti nel 1939 giunsero a 4.500.000 persone La fascistizzazione, 2/ l’Onb e le Piccole italiane • 2. Gli organismi di irregimentazione di bambini, adolescenti e giovani • L’Opera nazionale Balilla, fondata nel 1926, inquadrava tutti i ragazzi dagli otto ai diciotto anni (“balilla” fino ai quattordici anni, “avanguardisti” fino ai diciotto anni) sotto la supervisione del Ministero dell’Educazione Nazionale • I ragazzi facevano attività ricreative e sportive in orario extrascolastico, caratterizzate da un forte spirito competitivo: sport, escursioni e esercitazioni militari con armi finte • Le ragazze erano invece organizzate nelle Piccole italiane La fascistizzazione, 3/i Fasci giovanili e i Guf • • Copertina di quaderno, serie “Giovinezza in marcia” • • • • Nel 1929 il regime creò i Fasci giovanili (per i ragazzi) e le Giovani fasciste (per le ragazze) dirette ai giovani tra diciotto e ventuno anni Il regime con i Fasci voleva creare i futuri fascisti attivi, militanti e dirigenti I giovani usciti dai Fasci erano iscritti d’ufficio al Pnf, per la leva fascista I Guf (Gruppi universitari fascisti) [il primo nacque a Genova nel 1921] avevano il compito di inquadrare e dirigere le attività degli studenti universitari in ambito politico, culturale e sportivo, con l’obiettivo di dare al fascismo il monopolio culturale nelle università Sia i Fasci giovanili che i Guf erano direttamente controllati dal Pnf A causa del forte dualismo tra Onb e Fasci giovanili, nel 1937 le due organizzazioni furono forzosamente riunite nella Gioventù Italiana del Littorio, agli ordini del segretario del Pnf La crescita numerica del fascismo in provincia di Bergamo. tipologia 1926 1928 (maggio) 1928 (dicembre) 1930 Tesserati 15.000 16.000 18.395 16.010 Tesserate - - 350 300 Balilla - 16.488 19.000 19.000 Avanguardisti - 6.500 7.500 7.000 Giovani Italiane - - - 650 Piccole Italiane 2.000 - - 7.200 Tess. Dopolavoro - - 6.000 14.000 Fascismo e Chiesa • La Chiesa cattolica era l’ostacolo più alto che il regime si trovava di fronte per la totalitarizzazione • La quasi totalità degli italiani era di fede cattolica e le parrocchie erano l’unico centro di aggregazione sociale e culturale in molti luoghi d’Italia • Per stabilire un controllo effettivo il fascismo doveva giungere a una mediazione con la Chiesa italiana I Patti lateranensi, 11 febbraio 1929 • • • • La firma dei “Patti lateranensi”, 11 febbraio 1929, tra Benito Mussolini e il cardinale Caetani • • Avendo il controllo del potere, il fascismo volle risolvere la divaricazione Stato-Chiesa creatasi nel 1861 per consolidare la sua presa sulla società italiana Le trattative diplomatiche cominciate nel 1926 si conclusero con la firma dei Patti lateranensi avvenuta l’11 febbraio 1929 tra Mussolini e il cardinale Gasparri I Patti si articolavano in tre parti I. la Santa Sede riconosceva lo Stato italiano e Roma come capitale di esso e in cambio lo Stato italiano le riconosceva la sovranità sullo “Stato della Città del Vaticano” II. lo Stato italiano avrebbe pagato al papa un’indennità di risarcimento per la perdita dello Stato pontificio III. un concordato che regolava i rapporti tra Stato italiano e Chiesa cattolica Le diverse prospettive sui Patti lateranensi Il concordato Stato - Chiesa • Il concordato riduceva il carattere laico dello Stato • I sacerdoti erano esonerati dalla leva obbligatoria • I preti spretati non avrebbero avuto accesso agli uffici pubblici • Il matrimonio religioso aveva anche valore civile • L’insegnamento della religione cattolica era considerato il “fondamento e coronamento” dell’istruzione pubblica • Le organizzazioni che dipendevano dall’Azione cattolica potevano continuare a svolgere le loro attività,sotto il controllo delle gerarchie ecclesiastiche e senza coinvolgimenti politici Le elezioni “plebiscitarie” del 1929 • Mussolini ebbe grossi vantaggi immediati dal punto di vista politico dai Patti, perché riuscì a estendere il consenso al fascismo, e a lui in particolare, anche a zone della società italiana fino allora non toccate dal regime • Nel marzo 1929, per sfruttare l’onda favorevole dei Patti, Mussolini fece convocare le prime elezioni plebiscitarie, cioè i deputati sarebbero stati eletti su un’unica lista e i votanti si sarebbero limitati a votare con un “sì” o con un “no” alla lista stessa • Il 90% degli aventi diritto andò a votare e il 98% votò sì al plebiscito La sostanziale vittoria del Vaticano • Il Vaticano acquisì però i vantaggi più duraturi • Ottenne una posizione di privilegio verso lo Stato fascista in cambio della perdita del potere temporale (realtà di fatto da molti decenni) • Potè continuare a influire sulla società italiana in concorrenza con il fascismo grazie alla rete delle associazioni e organizzazioni dell’Azione cattolica • In particolare continuò a avere influenza sui giovani, proprio il settore in cui il fascismo voleva incidere di più • Anche se la Chiesa non si pose mai in opposizione al fascismo, usò questi spazi per formare e educare ai suoi valori molti giovani, destinati dopo la II guerra a diventare la classe dirigente dell’Italia I numeri dell’incidenza sociale Organizzazioni giovanili cattoliche maschili a Bergamo Anni Organizzazioni fasciste a Bergamo Aderenti 1925 6500 1928 9799 1929 11970 1930 13000 Anni Avanguardisti Balilla 1926 1800 150 1928 6500 19000 1930 7000 19000 Il ritorno alla campagna • Il fascismo, che si presentava come un movimento rivoluzionario, intendeva cambiare la società italiana • La prospettiva con la quale cercò di realizzare questo processo fu però regressiva • La sua proposta socio-economica fu di tornare alla bellezza della vita rurale, che era più sana e carica di valori positivi rispetto a quella urbana • Il fascismo tentò anche di scoraggiare, senza ottenere risultati apprezzabili, l’emigrazione dalle campagne alle città Matrimonio e famiglia Ruolo della donna nel regime • Il matrimonio e la famiglia erano, nell’ideologia fascista, la base della stabilità sociale e del progresso • Per il fascismo il numero era forza, quindi il regime attuò politiche finalizzate a incrementare le nascite: aumenti degli assegni famigliari dello Stato ai lavoratori; favorite le assunzioni dei padri di famiglia; premi per le coppie prolifiche; tassa sul celibato • Il ruolo della donna, in questa prospettiva, era di madre e di moglie, quindi varie norme ostacolavano il lavoro femminile e l’impostazione fascista era sfavorevole all’emancipazione delle donne L”uomo nuovo” e la sua (difficile) costruzione • La volontà del regime era però anche di creare “l’uomo nuovo fascista” • Per realizzare questo progetto l’intera popolazione doveva essere inquadrata nelle strutture del regime, rispondere agli appelli del “duce” e mantenersi pronta a combattere per la patria • Questi obiettivi ambiziosi, tuttavia, si dovevano confrontare con le condizioni reali del paese • Dal punto di vista culturale, una parte importante dell’Italia era ancora arretrata, vi erano zone dove non arrivavano né strade, né comunicazioni regolari, e dove non esistevano neppure le scuole: radio e scuola erano i principali strumenti scelti dal regime per la fascistizzazione • Dal punto di vista sociale, il regime fece molta fatica a coinvolgere attivamente i lavoratori, a causa delle condizioni economiche difficili nelle quali si trovava buona parte della popolazione • I salari reali erano costantemente in calo specialmente dopo la scelta di “quota 90” e in seguito alla Grande crisi del ‘29, e di conseguenza anche i consumi alimentari erano ridotti Il consenso tra la media e piccola borghesia • L’azione di mobilitazione fascista diede risultati importanti soprattutto tra la media e piccola borghesia • Le scelte economiche del fascismo, che creò numerosi apparati burocratici (Stato, Pnf, enti), furono favorevoli a questa parte della società italiana, che in quegli apparati trovò importanti vie per la sua ascesa sociale • Inoltre i valori della patria, della nazione, della necessaria gerarchia sociale, dell’ordine sociale, perni dell’ideologia fascista, erano profondamente sentiti soprattutto dalla media e piccola borghesia Fascismo e scuola • Il regime curò attentamente la scuola come strumento di fascistizzazione • Gli insegnanti furono sottoposti a un intenso controllo di “ortodossia” politica, così come i libri scolastici (fu creato per le scuole elementari un testo unico, dal 1930) • L’atteggiamento degli insegnanti fu di adattamento alle direttive del regime, con un’adesione spesso superficiale al fascismo • Nelle università, il fascismo impose ai docenti il giuramento di fedeltà nel 1931, che fu rifiutato solo da dodici di essi, i quali furono immediatamente allontanati • In genere, molti giurarono solo per poter continuare la loro attività I mass media sotto il regime: stampa, radio, cinema • Il regime controllava capillarmente la stampa, sia censurando, sia imponendo con direttive precise cosa dovesse essere pubblicato • Le trasmissioni radiofoniche, a loro volta, furono attentamente indirizzate e controllate • Erano gestite dall’Eiar, ente di stato nato nel 1927 • Dal 1935 la radio diventò un mezzo propagandistico fondamentale: il regime volle che la radio fosse presente nelle scuole, negli uffici pubblici e nelle sedi del Pnf e del Dopolavoro • Da essa erano trasmessi sia messaggi propagandistici, sia trasmissioni di intrattenimento, servizi sportivi, musica • Il cinema fu sostenuto generosamente dal regime, che voleva favorire le produzioni nazionali, rivolte a fornire un’immagine rassicurante o “marziale” dell’Italia • Al cinema la propaganda esplicita era affidata ai cinegiornali di attualità prodotti dall’Istituto Luce, proiettati sempre prima dei film La crescita numerica del fascismo a Bergamo, 1931 - 1935 Organizzazioni 4 /1931 Fasci di combat. Fasci giovanili 5.520 Fasci femminili 6/1931 6/1932 1933 iscritti 1933 tesserati 1934 7/1935 9/1935 13.167 14.137 - - - - - 5.322 7.000 7.997 4.834 5.296 11.016 20.000 415 - - - - - 8.046 Fasci fem. Giov. 865 180 - - - - - - Balilla 13.278 - - 24.765 19.422 26.202 41.787 - Piccole italiane 7.020 - - 23.860 19.984 24.210 37.883 - GUF - 508 381 - - - - - Dopolavoro - 15.252 18.000 - - - - 19.000 La politica economica del fascismo, la fase liberista • La politica economica del fascismo si realizzò in varie fasi, caratterizzate da orientamenti diversi • La fase liberista degli anni ‘22-’25, gestita dal ministro Stefani, incoraggiò l’iniziativa privata e la produzione • Essa ebbe però conseguenze negative: inflazione, deficit della bilancia commerciale, riduzione del valore della lira La “battaglia del grano” • • • Mussolini al lavoro durante la battaglia del grano in una iniziativa propagandistica • • • • La fase successiva fu guidata dal ministro delle Finanze Volpi e rivolta a proteggere l’economia italiana In primo luogo fu alzato il dazio sul grano, per scoraggiare le importazioni di grano dall’estero A integrare questo provvedimento fu attuata la “battaglia del grano”, che durò fino allo scoppio della II guerra mondiale Il suo obiettivo fu di rendere l’Italia autosufficiente nella produzione cerealicola I. sia aumentando la superficie di territorio coltivata a cereali II. sia aumentando la produttività con l’impiego di tecniche agricole innovative Lo scopo fu raggiunto in gran parte, anche se a scapito di altri settori: allevamento (furono ridotti gli spazi per i pascoli) e l’agricoltura specializzata (che lavorava soprattutto per l’esportazione) La politica di “quota 90” • • • • • • • • Nel 1926, Mussolini a Pesaro annunciò di voler raggiungere un livello di cambio pari a 90 lire/1 sterlina “Alla base di questa scelta c’era soprattutto il desiderio di dare al paese un’immagine di stabilità monetaria oltre che politica, rassicurando i ceti medi conservatori” (Sabbatucci-Vidotto) All’inizio del 1928, l’obiettivo era raggiunto, grazie però a una diminuzione forte del credito e con il sostegno di prestiti ingenti da parte di banche statunitensi La moneta rivalutata determinò una diminuzione dei prezzi, perché le importazioni erano meno costose, e si ebbe un effetto deflattivo Tuttavia stipendi e salari dei lavoratori furono drasticamente ridotti Le industrie export-oriented furono penalizzate Le imprese che lavoravano soprattutto per l’Italia ebbero invece vantaggi immediati: diminuzione del costo del lavoro, sgravi fiscali, aumento delle commesse pubbliche Le grandi imprese crebbero, anche perché questa politica economica penalizzava le industrie più piccole, quindi si verificò un processo di concentrazione aziendale Le conseguenze della Grande crisi in Italia • La grande crisi del ‘29 ebbe conseguenze negative anche in Italia, dove però l’economia era in uno stato di depressione economica già a partire dalla scelta di quota 90 • L’agricoltura ne risentì moltissimo, subendo una forte contrazione delle esportazioni e una ulteriore diminuzione dei prezzi • Le imprese industriali chiesero e ottennero dal governo fascista altre diminuzioni salariali, dopo quelle degli anni precedenti. per affrontare le difficoltà • La disoccupazione salì soprattutto nell’industria e nel commercio Gli investimenti in lavori pubblici • Il regime affrontò la crisi in primo luogo con un ampio programma di lavori pubblici: costruzioni di strade, strade ferrate, edifici pubblici • Fu “risanato” il centro di Roma, cosa che provocò la distruzione di buona parte dei quartieri di origine medievale • Il progetto più ambizioso fu la bonifica integrale, un programma di recupero e valorizzazione di terre incolte o poco sfruttate La bonifica dell’Agro Pontino, economia agricola e propaganda Lavori di bonifica nell’Agro pontino Inaugurazione della città di Littoria • Il risultato più importante fu ottenuto con la bonifica delle zone paludose a sud di Roma, chiamate Agro Pontino • Si trattò di recuperare molte migliaia di ettari poi messi a coltura anche attraverso il lavoro di migliaia di contadini che si spostarono dalle zone più depresse del Centro Nord • Nacquero dal niente città come Sabaudia e Littoria (oggi Latina) e villaggi rurali • La bonifica dell’Agro Pontino venne proposta massicciamente dalla propaganda del regime come una delle realizzazioni più importanti del regime, che mostrava la sua sollecitudine verso il lavoro e la sua vocazione ruralista La crisi delle grandi banche miste Assemblea istitutiva dell’Imi • Il secondo ambito del quale il regime si occupò attentamente fu quello industriale e finanziario • Le grandi banche miste, Banca commerciale italiana e Credito italiano, che dalla fine dell’800 erano diventate le principali sostenitrici economiche delle industrie, possedevano grandi quantità di azioni delle imprese industriali colpite dalla crisi • I crolli borsistici danneggiarono le banche, che per mantenere il valore dei loro titoli dovettero effettuare investimenti massicci, tali da diventare quasi insostenibili e portarle sull’orlo del fallimento • Il governo fascista salvò le banche e anche diverse imprese dal fallimento • Nel 1931 fu fondato l’Istituto Mobiliare Italiano, un istituto pubblico che aveva il compito di sorreggere finanziariamente le industrie, sostituendosi alle banche Lo Stato imprenditore: la creazione dell’ Iri • • Alberto Beneduce • • Oscar Sinigaglia • • Agostino Rocca Nel 1933 fu creato l’Istituto per la ricostruzione industriale (Iri) che, con soldi in gran parte dello Stato, acquisì la maggioranza delle azioni nelle banche in crisi e rilevò le loro partecipazioni industriali In questo modo lo Stato diventò azionista di maggioranza di molte grandi imprese italiane, soprattutto nel settore strategico della siderurgia: Ansaldo, Terni, Ilva, Dalmine L’Iri doveva essere solo un ente provvisorio, che terminato il risanamento delle imprese in crisi, avrebbe poi venduto le sue quote azionarie ai privati In realtà, l’Iri diventò un ente permanente nel 1937: le dimensioni delle imprese e il rischio nella loro gestione rese impossibile trasformare di nuovo in private le aziende controllate dallo Stato Le grandi imprese sostennero l’intervento del governo, perché attraverso di esso i costi della crisi industriale e finanziaria erano fatti pagare alla collettività Le aziende statizzate furono affidate a persone di valore del mondo imprenditoriale e finanziario, veri e propri “tecnici” di alto profilo, gli “ingegneri che sapevano leggere i bilanci”: Alberto Beneduce, Agostino Rocca, Donato Menichella, Oscar Sinigaglia Il corporativismo • • • • • • Il fascismo si propose come terza via tra capitalismo e socialismo (o comunismo) attraverso la teoria del corporativismo In base alla teoria corporativa il sistema della produzione e delle professioni deve essere governato dalle corporazioni di arti e mestieri in cui sono rappresentati sia i datori di lavoro che i lavoratori. Ogni settore dell'economia sarà quindi guidato dalla propria corporazione, espressione degli interessi comuni e non più contrapposti, dei salariati e dei detentori del capitale. Ciascuna corporazione provvederà a regolare il proprio segmento di mercato attraverso la programmazione di quantità e qualità dei beni e servizi,la definizione dei prezzi, le politiche commerciali, salariali, sindacali (pensioni, ferie, indennità, ecc.). In questo modo risulta superato il libero mercato e fusi armonicamente insieme gli interessi altrimenti contrapposti delle classi sociali. I principi della teoria corporativa erano già presenti nella Carta del Lavoro del 1927 Questa teoria economica non fu mai pienamente attuata Il Ministero delle corporazioni fu istituito nel 1926, e Mussolini lo detenne per dieci anni Le corporazioni furono istituite ufficialmente nel 1934, ma in sostanza si trattò di un ulteriore apparato burocratico, anche se nel 1939 la Camera dei deputati fu rinominata “Camera dei fasci e delle corporazioni” La politica estera del regime • La politica estera del fascismo fu caratterizzata da un forte nazionalismo, che era elemento fondamentale dell’ideologia fascista fin dalle sue origini • Essa ebbe “un carattere sostanzialmente destabilizzante e sovvertitore dello status quo internazionale” (Nicola Labanca) • L’imperialismo fu una tendenza ricorrente nella visione internazionale del regime, anche se esso non ebbe modo di manifestarsi compiutamente fino alla metà degli anni ‘30 • Fino a quegli anni, la politica estera italiana metteva in discussione a parole gli equilibri di Versailles, e l’Italia sosteneva l’insoddisfazione di stati come Austria e Ungheria, che si ritenevano ingiustamente penalizzati dall’assetto europeo • Era inoltre ricorrente nella propaganda fascista la polemica contro le democrazie “plutocratiche”, che volevano impedire agli stati “proletari” di acquisire quanto era giusto • In realtà, da una parte il regime fascista aveva rapporti difficili con la Francia, mentre, dall’altra, conservava relazioni positive con la Gran Bretagna Italia contro Germania: il caso Dollfuss e la conferenza di Stresa Engelbert Dollfuss fu cancelliere d’Austria dal 1932 al 1934. Durante questo periodo alla guida del “Fronte patriottico” impose al suo paese un governo autoritario, sostenuto da Italia e Ungheria. Sciolse sia il Partito comunista, sia il movimento nazista, sia il Partito socialdemocratico. Nel 1934 fu ucciso da esponenti del nazismo durante un tentativo di colpo di stato fallito attuato da questi ultimi • I rapporti con la Germania furono difficili, tanto che nel 1934 l’Italia fece schierare quattro divisioni al confine del Brennero per impedire un colpo di stato nazista in Austria ispirato dal governo di Hitler. I tedeschi puntavano all’unificazione con l’Austria. • Nel 1935, quando la Germania reintrodusse il servizio militare obbligatorio nonostante gli accordi di Versailles lo proibissero, Italia, Francia e Gran Bretagna si riunirono a Stresa (sul lago Maggiore) per condannare il riarmo dei tedeschi, riaffermare la validità degli accordi di Locarno e la loro volontà che l’Austria rimanesse indipendente L’invasione dell’Etiopia • Solo pochi mesi dopo, nell’ottobre 1935, l’Italia invase senza dichiarazione di guerra l’impero dell’Etiopia, unico grande stato africano indipendente • Questa decisione fu assunta da Mussolini per tre motivi I. esprimere la vocazione imperiale del fascismo II. mobilitare il paese, in grande difficoltà per le conseguenze della crisi economica III. sfruttare la situazione creata dall’aggressività tedesca, che poteva rendere Francia e Gran Bretagna meno sfavorevoli a azioni di forza da parte dell’Italia, che era un alleato prezioso nel sistema creato a Stresa • L’azione in Etiopia aveva però costi economici e umani molto alti Le sanzioni economiche contro l’Italia • • • • Francia e Gran Bretagna erano però contrarie a questa iniziativa sia perché l’Etiopia era uno stato indipendente membro della Società della nazioni, sia perché l’opinione pubblica dei due paesi si schierò decisamente a favore dell’impero etiopico I due paesi condannarono l’invasione e chiesero alla Società delle nazioni di imporre all’Italia sanzioni economiche: divieto da parte degli altri stati membri di esportare in Italia merci necessarie alle produzioni di guerra. Le sanzioni vennero applicate Le sanzioni ebbero un’incidenza effettiva limitata: il divieto non riguardava le materie prime, e non coinvolgeva importanti paesi non membri della Società delle nazioni, come Usa e Germania Tuttavia questo embargo diede a Mussolini una forte arma propagandistica, cioè la possibilità di presentare l’Italia come vittima di una congiura internazionale delle “plutocrazie” La guerra di conquista dell’Etiopia Pietro Badoglio Rodolfo Graziani • La guerra di conquista durò per circa un anno • Le truppe italiane,inizialmente guidate da De Bono, furono poi affidate al comando del generale Badoglio, coadiuvato dal generale Graziani, e il corpo di spedizione italiano raggiunse la cifra ingente di 400.000 soldati • La resistenza degli etiopi fu molto decisa e per vincerla furono messi in atto metodi decisamente brutali: bombardamenti di villaggi, uso di gas asfissianti lanciati dagli aerei su esercito e civili, e su animali,pascoli e corsi d’acqua • Le popolazioni che non si arresero furono deportate “L’oro alla patria” • L’opinione pubblica italiana sostenne l’intervento con convinzione • La propaganda di regime presentò la conquista dell’Etiopia come una rivincita della disfatta di Adua del 1896 • Essa veniva vista come l’opportunità di creare posti di lavoro e di conquistare grandi ricchezze nella “favolosa” Africa • Per sostenere economicamente “l’impresa” gli italiani furono invitati a donare l’oro delle proprie fedi nuziali, o comunque gli oggetti di metallo prezioso in loro possesso, e la campagna propagandistica per “l’oro alla patria” ebbe un grande successo • I media italiani presentarono gli etiopi come selvaggi violenti, la cui resistenza era un ostacolo alla civilizzazione • Da un altro punto di vista, la conquista dell’Etiopia veniva proposta come una sorta di missione umanitaria, finalizzata a liberare il paese africano da un regime corrotto e schiavista La conquista dell’Etiopia tra imperialismo, razzismo e “civilizzazione La conquista dell’Etiopia tra imperialismo, razzismo e “civilizzazione Cartolina di propaganda del 1936 La guerra agli etiopici con i gas presentata come sterminio di parassiti Foto di una donna tenuta in ceppi, Immagine che motivava in senso umanitario l’aggressione italiana Immagine che presenta gli etiopici come mercanti di schiavi e donne in vendita La proclamazione dell’”Impero” Primi francobolli italiani per la nuova Colonia, 1936: in primo piano Vittorio Emanuele III, sullo sfondo i paesaggi etiopi • Il 5 maggio 1936 le truppe italiane guidate da Badoglio entrarono nella capitale etiopica Addis Abeba, concludendo il conflitto • Il 9 maggio Mussolini annunciò la “riapparizione dell’Impero sui colli fatali di Roma” • Il re Vittorio Emanuele III fu incoronato imperatore d’Etiopia La conquista dell’Etiopia e l’”impero” italiano Gli effetti della conquista dell’Etiopia • Sotto l’aspetto economico la conquista dell’Etiopia fu negativa, visto che il paese aveva scarse risorse naturali e non era adatto all’agricoltura, se non di sussistenza, per di più in una situazione economica difficile a livello globale • Politicamente, tuttavia, Mussolini aveva ottenuto in successo importante • I. aveva vinto una campagna militare imponente • II. aveva agito senza che le democrazie occidentali lo contrastassero adeguatamente e le aveva poste di fronte al fatto compiuto, tanto è vero che le sanzioni furono revocate pochi mesi dopo la fine della guerra, e poi Francia e Gran Bretagna riconobbero l’Impero d’Italia • III. potè presentare l’Italia come una grande potenza, che aveva riacquisito lo status che le era più consono Le ambizioni di Mussolini e l’alleanza con la Germania • • • • • • Il successo etiopico spinse Mussolini a pensare di costruire per l’Italia un ruolo da grande potenza, cercando di utilizzare i contrasti tra la Germania di Hitler, da una parte, e la Francia e la Gran Bretagna dall’altra In questa prospettiva va letto il patto di amicizia firmato nell’ottobre del 1936 e chiamato “Asse Roma-Berlino” Italia e Germania intervennero insieme contro il governo spagnolo e a sostegno di Franco durante la guerra civile spagnola (fine 1936-aprile 1939) Italia, Germania e Giappone si associarono nel Patto antiComintern, un accordo per lottare contro il comunismo internazionale In realtà Mussolini intendeva usare le relazioni con la Germania per premere sulle democrazie occidentali in vista di altre conquiste coloniali e nel frattempo prepararsi per una guerra che l’Italia avrebbe condotto in posizione di forza Il calcolo fu però errato, perché i progetti di politica internazionale del Reich tedesco non prevedevano spazi di manovra e di conquista per l’Italia La legislazione antiebraica, 1938-39 • • • • • • • Il progressivo avvicinamento del regime fascista al nazismo lo spinse a costruire una legislazione razziale antiebraica Il 13 luglio del 1938 fu pubblicato il Manifesto della razza, firmato da docenti universitari che affermavano come la popolazione italiana fosse di ceppo ariano, priva di contaminazioni effettive con altre razze, e di conseguenza dichiaravano esplicitamente che gli ebrei non appartenevano alla razza italiana Fu poi organizzato il censimento degli ebrei italiani (22 agosto 1938) Infine venne creata una legislazione sulla razza articolata in diversi provvedimenti su scuole (espulsione di docenti e studenti di “razza ebraica”), matrimoni (proibiti matrimoni tra italiani “ariani” e persone di altra razza), possesso di beni e esercizio di professioni. Spesso i beni e le aziende di persone “non di razza ariana” furono requisiti Gli ebrei non potevano lavorare negli uffici pubblici e svolgere professioni come notaio e giornalista, e erano fortemente limitate anche altre libere professioni La reazione degli altri italiani a questi provvedimenti fu a volte di sostegno, altre di riprovazione, ma in genere prevalse l’indifferenza L’antifascismo “silenzioso” Benedetto Croce Eugenio Montale • Il fascismo operò contro i suoi avversari politici con la repressione: carcere o confino politico • Molti preferirono andarsene dall’Italia, e un certo numero dovettero agire contro il regime in clandestinità • Molti antifascisti semplicemente cercarono di non collaborare con il regime, con il silenzio pubblico o utilizzando gli spazi lasciati dal totalitarismo per svolgere attività culturali, che non assumessero significato esplicitamente politico • Questo fu l’atteggiamento di cattolici e liberali, e anche di ex socialisti L’antifascismo cospiratorio dei comunisti L’antifascismo degli esuli in Francia • L’attività antifascista in Italia fu opera soprattutto dei comunisti, che mantennero in vita una rete di attivisti, che operarono in vario modo: distribuzione clandestina di stampa antiregime, infiltrazione in sindacati, enti e organizzazioni del fascismo • I risultati immediati nel ventennio furono ridotti e i rischi molto alti • Molti esuli antifascisti si rifugiarono tra ‘25 e ‘27 in Francia: qui socialisti, repubblicani e Cgl ricostruirono delle proprie organizzazioni • Nel 1927 questi gruppi si unirono nella Concentrazione antifascista, legata all’esperienza dell’Aventino • Anche se con le solite divisioni al suo interno, la Concentrazione svolse un’opera di testimonianza e propaganda di grande significato, mantenendo i contatti con gli emigrati italiani, stampando proprie riviste e facendo sentire la propria voce nelle organizzazioni internazionali La proposta politica di Giustizia e Libertà • La tattica troppo passiva della Concentrazione fu criticata dal movimento di Giustizia e Libertà, nato nel 1929, a opera di Emilio Lussu e Carlo Rosselli in Francia • Era un movimento di orientamento socialista, ma non marxista • Il suo obiettivo era di riproporre la strategia del Partito d’azione di Mazzini, in grado di svolgere un’azione clandestina in Italia in concorrenza con i comunisti • Voleva anche cercare di trovare un punto d’incontro tra socialisti, repubblicani e liberali di sinistra per proporre una strategia che unisse la prospettiva di libertà politica con l’obiettivo di giustizia sociale, unendo liberalismo e marxismo I fuoriusciti comunisti e il legame con l’Urss di Stalin • I comunisti, anch’essi esuli in vari paesi europei, si mantennero isolati dal resto dell’emigrazione antifascista fino a metà degli anni ‘30 • Essi erano vincolati alla politica dell’Urss, tanto che il principale dirigente comunista, Palmiro Togliatti era anche dirigente del Comintern a Mosca • Erano appiattiti sulle direttive di Mosca, che decideva la strategia e le eventuali alleanze • Anche i comunisti italiani partecipavano al culto di Stalin, mentre la maggioranza di questi non conobbe le posizioni critiche sulla politica sovietica di importanti dirigenti incarcerati in Italia come Gramsci (morì nel 1937), sul cui pensiero Togliatti esercitò una costante censura Gli anni dei “fronti popolari” e l’unità d’azione tra socialisti e comunisti • Solo a metà anni ’30, quando Stalin decise di appoggiare la politica dei fronti popolari (Francia e Spagna) il Pci si riavvicinò agli altri partiti antifascisti fino a decidere di costruire con i socialisti un patto di unità d’azione • Gli eventi successivi, dal fallimento del Fronte popolare in Francia, alla sconfitta dei repubblicani in Spagna, alle prime notizie sulle purghe staliniane in Urss, fino al patto Von Ribbentropp-Molotov, determinarono una nuova divisione tra i fuoriusciti italiani quando scoppiò la seconda guerra mondiale Bilancio dell’antifascismo • L’antifascismo commise errori strategici e tattici importanti e non ebbe una effettiva incidenza sulla politica italiana degli anni del regime • “Eppure svolse un ruolo di grande importanza politica, oltre che morale. Testimoniò con la sua sola presenza l’esistenza di un’Italia che non si piegava al fascismo e a essa diede voce e rappresentanza politica; rese possibile dopo il 1943 il sorgere di un movimento resistenza armata al nazifascismo; anticipò con le sue riflessioni teoriche e i suoi dibattiti molti tratti della futura Italia democratica” (Sabbatucci-Vidotto) La guerra civile spagnola, 1936-1939 Il colpo di stato di Primo de Rivera, 1923 Miguel Primo de Rivera • In Spagna nel 1923 il generale Miguel Primo de Rivera attuò un colpo di stato con l’appoggio del re Alfonso XIII, assumendo il titolo di primo ministro • Il parlamento fu sciolto e nacque un regime autoritario che durò per sette anni • La politica economica del regime ebbe risultati disastrosi, e scatenò un malcontento altissimo sia nella società spagnola, sia nell’esercito • De Rivera si dimise di sua volontà nel 1930 • Le successive elezioni amministrative del 1931 furono vinte dai partiti repubblicani, e furono il segnale per il re che la sua autorità era molto vacillante • Alfonso lasciò il paese, anche se non abdicò ufficialmente La fuga di Alfonso II e la nascita della repubblica • Le elezioni per l’assemblea costituente diedero una larga vittoria a repubblicani e socialisti alleati tra loro • Nel 1932, tuttavia, la coalizione di sinistra fece approvare una costituzione decisamente avanzata dal punto di vista democratico, che comprendeva anche il suffragio universale ambosessi, la separazione Stato - Chiesa e la libertà di culto • Negli anni successivi si alternarono al potere in Spagna lo schieramento di sinistra (repubblicani e socialisti) e quello moderato conservatore (liberali di destra e cattolici) • La Spagna era un paese arretrato, in cui l’attività prevalente era l’agricoltura • I tentativi di riformare e modernizzare il paese erano frenati da una classe di grandi proprietari terrieri di mentalità conservatrice; e da un proletariato di tendenza anarchica, che aveva un’inclinazione fortemente contraria allo stato: gli anarchici erano forti soprattutto in Andalusia e Catalunya Il Fronte popolare e le violenze reciproche, 1936 • Comunisti, anarchici, repubblicani di sinistra e socialisti riuscirono in quegli anni a unirsi in una alleanza, il Fronte popolare, che vinse di misura alle elezioni del 1936, ma ottenendo un grosso risultato in termini di seggi (276 contro i 150 del Blocco di destra) • Nei mesi successivi alle elezioni si creò un clima di violenze pesanti e reciproche tra gli esponenti dei due schieramenti: uccisioni di politici di destra, violenze e morti di sacerdoti, saccheggi di chiese e monasteri, e assalti alle case dei latifondisti; da destra analoghe azioni furono attuate contro socialisti, comunisti, repubblicani e anarchici L’esercito si ribella, l’azione di Franco e della Falange Francisco Franco • Si formò allora un movimento di estrema destra, la Falange, fondato dal figlio di Primo De Rivera, che affiancò l’opposizione conservatrice • Il progetto dei conservatori fu di impedire la formazione del governo legittimamente eletto, che avrebbe compreso anche anarchici e comunisti • Fu l’esercito, tuttavia, a decidere di intervenire di forza nella politica spagnola • Le truppe stanziate in Marocco si ribellarono al governo repubblicano il 17 luglio 1936 • Il leader dei militari ribelli fu Francisco Franco, che guidò l’esercito a passare in Spagna, dove riuscì a conquistare il controllo di due zone del paese, il Sudovest e il Nord • Il Fronte popolare controllava invece Castiglia e Catalogna, cioè le regioni delle due città più importanti, Madrid e Barcellona Il non – intervento di Gran Bretagna e Francia Il sostegno a Franco di Italia e Germania • Di fronte a questa guerra, l’atteggiamento internazionale non fu univoco • La Francia, guidata anch’essa da un Fronte popolare, si adoperò perché le grandi potenze europee non intervenissero nel conflitto • Tuttavia, mentre la Gran Bretagna e la Francia stessa si impegnarono a non intervenire • Italia e Germania decisero di sostenere Franco • L’Italia mandò in Spagna un contingente di 50.000 “volontari” e rifornì i franchisti con la propria flotta • La Germania inviò tecnici e armi, e bombardò le zone strategicamente importanti, ma anche città e paesi inermi Il sostegno dell’Urss e le Brigate internazionali Hemingway nella guerra civile • I repubblicani furono sostenuti solo dall’Urss, che fornì armi e munizioni e favorì la formazione di Brigate internazionali, cioè reparti di volontari che aiutassero i repubblicani • Nelle Brigate non si arruolarono solo comunisti, ma anche antifascisti di ogni tendenza: noti i casi degli scrittori George Orwell e Ernst Hemingway • Dall’Italia giunsero a combattere in Spagna antifascisti come Carlo Rosselli, che scrisse il famoso pamphlet “Oggi in Spagna, domani in Italia” Il rafforzamento dei franchisti, le divisioni tra i repubblicani • In realtà le forze in campo erano sproporzionate • Franco formò la Falange nazionalista, che riunì tutte le forze conservatrici, e era appoggiato dai grandi proprietari terrieri, dalla Chiesa e dalla borghesia moderata • I repubblicani erano divisi tra loro su tutto: l’organizzazione sociale da dare alla Spagna e il modo di condurre la guerra • Si arrivò a uno scontro armato tra anarchici e comunisti a Barcellona nel 1937 • Gli anarchici spesso furono colpevoli di un uso spropositato della violenza • I comunisti, a loro volta, trattarono gli anarchici con metodi simili a quelli che in Urss Stalin usava contro i suoi avversari interni: tra ’37 e ‘38 molti anarchici furono eliminati dai comunisti e il loro partito Poum fu tolto di mezzo attraverso l’intervento di agenti mandati da Mosca La fine della guerra, la vittoria dei franchisti • I franchisti avanzarono nelle zone repubblicane lentamente, ma costantemente con l’obiettivo di eliminare la resistenza militare e la dissidenza politica • Il momento decisivo fu la separazione tra Madrid e la Catalunya, l’asse territoriale e politico dei repubblicani, nel 1938 • I mesi successivi furono gli ultimi della lotta dei repubblicani, che furono abbandonati anche dall’Urss • Nelle prime settimane del ’39 i franchisti attaccarono la regione di Madrid, che fu espugnata nel marzo 1939 • Il bilancio finale fu di mezzo milione di morti, 300.000 immigrati politici e di una distruzione pesantissima dell’economia