I totalitarismi e la guerra civile spagnola

I totalitarismi
Nazismo, comunismo, fascismo
Il concetto di totalitarismo
• «Il concetto di totalitarismo era nato insieme al
fascismo e in riferimento al fascismo per iniziativa di
alcuni antifascisti democratici italiani, Giovanni
Amendola, Luigi Sturzo, Lelio Basso, fra 1923 e 1924
• Essi sentirono l’esigenza di coniare un nuovo vocabolo
per definire la novità e l’originalità del nuovo
esperimento di dominio politico, messo in atto da un
partito armato, che aveva assunto con la forza il
monopolio del potere e della politica, imponendo agli
italiani un regime a partito unico, una ideologia
dogmatica, un culto del capo, la mobilitazione
permanente della popolazione, irreggimentata in una
organizzazione capillare di massa.» (Emilio Gentile)
La costruzione del nazionalsocialismo
Le origini del nazionalsocialismo
Adolf Hitler
nel 1923
 La crisi economica mondiale, che in
Germania aveva avuto un impatto
molto violento, favorì l’affermazione
politica del Partito nazionalsocialista
dei lavoratori tedeschi, NSDAP, sorto
nel 1920, il cui leader era Adolf Hitler
 Hitler era un austriaco, che aveva
combattuto nella Grande guerra con
il grado di caporale nell’esercito
tedesco.
 Fu arrestato nel 1923, in occasione
del putsch della birreria a Monaco,
un’azione da lui organizzata per
sovvertire il governo della Baviera
insieme a Ludendorff
Il Mein Kampf
 Durante i (non molti) mesi di carcere, Hitler
scrisse un libro intitolato Mein Kampf, cioè “La
mia battaglia”, nel quale espose le sue idee.
 Il testo fu pubblicato in Germania nel 1925
 Hitler era convintamente antisemita fin dalla
giovinezza viennese e affermava una concezione
“darwiniana” dell’esistenza come lotta per la
vita in cui i più forti prevalgono
La razza ariana
 Secondo lui esisteva la razza ariana, l’unica razza
superiore e conquistatrice, che i contatti e le
mescolanze con altre razze inferiori avevano
inquinato
 Questa razza ariana si era mantenuta solo nei
popoli nordici, e particolarmente nel popolo
tedesco, la cui missione era di dominare il
mondo intero
 Il progetto di dominio mondiale doveva
realizzarsi prima di tutto attraverso
l’eliminazione dei nemici interni al popolo
tedesco
Gli ebrei, nemici dell’arianesimo
 Il nemico interno per eccellenza era il popolo
ebreo, che era privo di patria, e per questo
diffondeva la dissoluzione morale con la propria
presenza pervasiva che tendeva a dividere le
nazioni
 Questa “immoralità” era provata dal fatto che
erano ebrei sia i maggiori capitalisti e finanzieri,
sia gli ideologi e i promotori del bolscevismo
 Sia il capitalismo finanziario, sia il bolscevismo
erano responsabili della decadenza della civiltà
europea
L’unità del popolo tedesco
intorno a un capo
Cartolina
di propaganda
nazista sui
pericoli che
vengono da Est
 Il popolo tedesco si doveva liberare degli elementi
di divisione che lo rovinavano dall’interno e
ricostruire la propria unità in uno Stato nuovo
 L’unità di questo Stato sarebbe stata edificata e
mantenuta da un capo che sarebbe stato capace
di capire e realizzare i bisogni profondi del suo
popolo
 Il popolo tedesco avrebbe dovuto rifiutare le
decisioni della pace di Versailles, e poi
riconquistare i territori a loro ingiustamente tolti
 La tappa successiva avrebbe dovuto essere
l’espansione verso est, per conquistare i territori
dei popoli slavi, che erano inferiori alla razza
ariana
 L’espansione a est avrebbe dato alla Germania il
dovuto spazio vitale e la conquista di questo
spazio sarebbe diventata anche la sconfitta del
pericolo mortale costituito dal bolscevismo
Il NSDAP negli anni ‘20
Hitler a un raduno delle
SA nel 1923
Ernst Rohm,
capo delle SA
 Per tutti gli anni ’20 il Partito
nazionalsocialista fu una formazione
politica minoritaria
 La sua azione si fondava sulla violenza
contro gli avversari politici, che era
portata dall’organizzazione paramilitare
delle SA (Sturm-Abteilungen, “squadre
d’assalto”) comandata da Ernst Röhm
 Dopo il fallito putsch della birreria,
Hitler aveva modificato le posizioni
anticapitalistiche del NSDAP, che si era
schierato per la riforma agraria e per la
nazionalizzazione dei grandi gruppi
industriali e finanziari
Il programma nazionalsocialista



Manifesto nazista contro
la corruzione per le elezioni
in Sassonia nel 1929

Il programma nazionalsocialista
rimaneva comunque integro
nei suoi punti fermi:
I. denuncia dei trattati di
Versailles
II. l’unione di tutti i tedeschi
nella Grande Germania
III. la discriminazione degli
ebrei
IV. la fine del
“parlamentarismo”,
responsabile della corruzione
della nazione ariana
La crisi spinge il nazionalsocialismo
 Il NSDAP nel 24 ebbe il 3% dei voti e quattro
anni dopo il 2,5% perché il suo programma
violentemente estremista era poco assimilabile
negli anni di pacificazione nazionale e ripresa
economica
 La crisi scoppiata nel ‘29 scompaginò tuttavia
gli equilibri sociali e politici, perché si trattava
della terza crisi, dopo quelle dell’immediato
dopoguerra, 1919-20, e quella del ‘23
La crisi dei partiti istituzionali
 I partiti istituzionali e la Repubblica come istituzione
sembrarono incapaci di governare le situazioni di
difficoltà della Germania
 La situazione politica si polarizzò tra estremismi opposti
 La SPD perse consensi a sinistra, dove molti si
avvicinarono ai comunisti, che accusavano i governi e i
parlamenti democratici di essere i soli responsabili della
crisi. Questa poteva aprire la strada verso la rivoluzione
 I settori moderati e conservatori, come l’esercito, i
grandi proprietari terrieri e i grandi imprenditori
industriali, la magistratura, le forze dell’ordine,
ritenevano che l’esperienza repubblicana fosse ormai
da superare a favore di uno “Stato forte”, che
rimettesse ordine nel paese e gli ridesse unità. Forze
estremiste come i nazisti erano viste come gli strumenti
in grado di realizzare questo progetto.
I tre cardini dell’espansione nazista
“La nostra ultima
speranza: Hitler”
(manifesto del 1932)
 Il nazionalsocialismo fondò la
sua espansione su tre
elementi:
 I. un aggressivo nazionalismo
 II. un razzismo esasperato
 III. l’uso sistematico della
violenza come strumento di
lotta politica contro i “nemici
del popolo tedesco”: ebrei e
comunisti




Il nazismo sfrutta
il risentimento nazionale
Il nazismo sfruttò la frustrazione e il
risentimento dei tedeschi causati dalle
condizioni di pace stabilite a Versailles nel 1919
Nella prospettiva tedesca, la Germania non era
stata l’unica colpevole della guerra e non era
stata invasa dai nemici, cosa che certificava
come non fosse stata davvero sconfitta
La conseguenza di queste considerazioni era di
ritenere ingiuste le riparazioni di guerra, che
avevano come unico scopo l’indebolimento del
paese e il soffocamento delle sue giuste
ambizioni territoriali
Queste idee erano estremamente diffuse e
radicate nell’opinione pubblica della Germania





I veri avversari della Germania
secondo i nazisti
Da qui derivava la presa delle argomentazioni
razziste e l’approvazione della violenza politica
Infatti i nazisti sostenevano di sapere chi fosse il
vero nemico del popolo tedesco
Più delle potenze straniere e dei partiti
repubblicani, incapaci di difendere l’onore della
Germania
i veri avversari erano ebrei e comunisti, che
avevano il progetto di portare alla rovina il
paese e che operavano in questo senso
L’opinione pubblica tedesca, via via, si convinse
che questa fosse la realtà dei fatti
Ristabilire l’ordine
 “Ai suoi concittadini provati dalla crisi Hitler
offriva
non solo la prospettiva esaltante della
riconquista di un primato della nazione
tedesca,
 non solo l’indicazione rassicurante di una serie
di capri espiatori cui addossare la
responsabilità delle disgrazie del paese, ma
anche
 l’immagine tangibile di una forza politica in
grado di ristabilire l’ordine contro «traditori»
e «nemici interni». (Sabbatucci-Vidotto)
Le preoccupanti elezioni del 1930
 Le elezioni del settembre 1930 segnalarono il
dato preoccupante di partiti fedeli alla
Repubblica in perdita di consensi e
impossibilitati a formare maggioranze stabili
mentre i partiti antirepubblicani si
rafforzarono fortemente
 Si verificò il primo grande successo elettorale
dei nazisti che ottennero poco più del 18%
dei voti
 La SPD rimase il primo partito, ma perse voti
a favore dei comunisti
La strategia della violenza
 Aggressioni e violenze contro socialdemocratici,
comunisti e cittadini ebrei da parte dei gruppi
paramilitari nazisti furono tollerate dalle autorità
e dai governi locali e centrale
 Esse furono viste dai simpatizzanti del nazismo
come la conferma che i seguaci di Hitler
volevano davvero liberare la Germania
 dai suoi traditori (riprese corpo la teoria della
“pugnalata alla schiena”),
 dai rivoluzionari comunisti
 e dagli ebrei, che erano estranei alla nazione
tedesca
Profilo dei sostenitori
e simpatizzanti del nazismo
 I sostenitori del nazismo hanno caratteristiche personali e sociali
che possono spiegare il successo del partito di Hitler
 1. buona parte degli iscritti al NSDAP sono giovani o giovanissimi.
Tale aspetto li rende simili alla maggioranza della popolazione
tedesca (il 41% dei tedeschi nel 1933 ha meno di quaranta anni)
 2. Buona parte degli uomini che hanno un’età compresa tra 35 e
45 anni è reduce di guerra e aderisce alle idee nazionaliste del
NSDAP
 3. Molti giovani interpretano l’aggressività verbale e fisica dei
nazisti come una giusta rivolta contro le vecchie generazioni.
Numerosi dirigenti della Repubblica di Weimar sono piuttosto
anziani, quindi i nazisti si presentano come il nuovo che avanza
contro i vecchi incapaci che guidano i partiti tradizionali
 4. Il sostegno politico al nazismo è trasversale, molti operai votano
per il partito di Hitler. Tuttavia sono soprattutto i ceti medi,
impiegati pubblici e privati, la vera base elettorale del NSDAP
 5. Alcuni grandi imprenditori finanziano il Partito nazista
Raduno della Hitlerjugend (Gioventù hitleriana
a Potsdam, 2 ottobre 1932
L’illegalità crescente,
1930-32
 Il governo Brüning governò fino al 1932,grazie
all’appoggio della SPD e del Presidente della
repubblica Hindenburg
 La crisi raggiunse però il suo culmine nell’estate
del 1932, con il dimezzamento della produzione
industriale e sei milioni di disoccupati
 Il Partito nazista giunse a avere 1 milione e
mezzo di iscritti, molti dei quali membri delle
SA.
 La lotta politica diventò spesso un confronto
armato e sanguinoso tra nazisti e comunisti,
soprattutto, in cui morirono almeno 150
persone
Il governo von Papen
e le due elezioni del 1932
Franz von Papen
 Il governo di Bruning entrò in una
crisi irreversibile, e il presidente
Hindenburg, rieletto nel marzo
1933, vincendo su Hitler, decise di
cambiare la guida del governo,
scegliendo il cattolico Von Papen
 Le elezioni convocate per due volte
nel ’32,luglio e novembre, perché
Von Papen sperava di rafforzare il
suo governo con i voti, furono vinte
invece dai nazisti, anche se tra
luglio e novembre questi persero
circa due milioni di voti
Il nazionalsocialismo al potere
Hitler nominato cancelliere da Hindenburg
Hitler stinge la mano al
Presidente della repubblica
tedesca Hindeburg
 I gruppi dominanti nell’esercito,
nella proprietà terriera e
nell’industria ritennero a questo
punto inevitabile che il governo
comprendesse i nazisti
 Hindenburg diede l’incarico di
cancelliere a Hitler nel gennaio
1933, e il leader nazionalsocialista
formò un governo con tre ministri
del suo partito e esponenti di tutti i
partiti di destra
 I moderato-conservatori ritennero
così di avere posto Hitler e il suo
partito sotto controllo
L’incendio del Reichistag
e la repressione del comunismo
L’incendio del Reichstag
Marinus
von Lubbe
accusato
dell’incendio
 Il 27 febbraio 1933 il parlamento
tedesco fu incendiato, un episodio
mai chiarito
 Fu arrestato come responsabile un
comunista olandese,poi decapitato
l’anno successivo
 Questo episodio diede ai nazisti il
pretesto necessario per mettere
praticamente fuori legge il Partito
comunista, di cui furono arrestati
migliaia fra dirigenti e militanti
 Inoltre fu deciso di limitare o
azzerare le libertà di stampa e di
riunione
La vittoria nazista del marzo ‘33
e i pieni poteri al governo di Hitler
 Le elezioni del 5 marzo ‘33 furono vinte largamente dai
nazionalsocialisti,che però intendevano eliminare
totalmente il regime parlamentare
 Il Parlamento decise di dare al governo i pieni poteri, tra i
quali quello di fare le leggi e di modificare la costituzione
 Gli unici a votare contro furono i socialdemocratici, il cui
partito fu sciolto nel giugno 1933 per l’accusa di “alto
tradimento”, così come fu soppresso il sindacato legato alla
SPD
 Fu l’inizio della scomparsa di tutti i partiti
 A luglio, una legge approvata dal governo proclamò il
Partito nazionalsocialista unico consentito in Germania
 A novembre del 1933 si svolse un’ultima consultazione
elettorale che con un plebiscito,votato dal 92% del corpo
elettorale diede la vittoria alla lista unica che
comprendeva solo il NSDAP
Confronti tra i risultati elettorali
dei maggiori partiti tedeschi, 1928-1933
Anno
1928
SPD
29.80%
NSDAP
DNVP
Zentrum
KPD
(partito
nazista)
(tedesconazionali)
2,60%
14,30%
12,10%
10,60%
7%
11,80%
13,10%
6,10%
12,30%
14,60%
8,50%
11,90%
16,90%
8%
11,20%
12,30%
(comunisti)
(810.000)
1930
24,50%
18,30%
(6.500.000)
1932
21,90%
(luglio)
1932
(13.754.000)
20.40%
(novembre)
1933
37,80%
33,10%
(11.737.000)
18,30%
43,90%
L’andamento elettorale
dei maggiori partiti tedeschi, 1928-1933
L’eliminazione delle SA
 Il nazionalsocialismo eliminò anche gli ultimi due ostacoli che
avrebbero impedito al suo potere di essere assoluto: le SA e il
Presidente della repubblica Hindenburg
 Le SA non erano disposte a rientrare nell’ambito dei poteri
legali e parlavano invece di una “seconda ondata
rivoluzionaria”, e le forze armate premevano su Hitler perché
fossero rese inoffensive
 Hitler sapeva che l’autonomia delle SA era pericolosa per il suo
potere, e dal 1926 aveva creato una sua guardia personale, le
SS, Schutz- Staffel n(“squadre di protezione”), guidate da
Himmler e Heydrich
 Le SS parteciparono all’eliminazione delle SA, condotta da
Hitler in una località bavarese
 Nella “notte dei lunghi coltelli”, 30 giugno-2 luglio 1934, lo
stesso Hitler arrestò Rohm, il quale fu poi ucciso insieme
all’intero stato maggiore delle SA. Durante la notte dei lunghi
coltelli morirono diverse decine di membri delle SA., e politici
non graditi al leader nazista
Hitler cancelliere e Presidente della repubblica
 L’eliminazione delle SA fu la moneta di scambio
pagata da Hitler alle forze armate per giungere
alla presidenza della repubblica con il sostegno
dell’esercito
 Alla morte di Hindenburg, nell’estate del ‘34, il
cancelliere diventò anche Presidente della
repubblica, un cumulo delle cariche dovuto a
una legge approvata dal suo governo
 In base alla costituzione, gli ufficiali dell’esercito
dovevano giurare fedeltà a Hitler
 In questo modo l’autonomia dal potere politico
dei generali era terminata definitivamente
Terzo Reich e Führerprinzip
 La fine della Repubblica aprì la strada alla
costituzione di quello che Hitler chiamò il
Terzo Reich, cioè il Terzo Impero (che seguiva
il Sacro Romano Impero tedesco del
Medioevo e il Reich guglielmino del 1871)
 Il Terzo Reich si reggeva e identificava con il
Führerprinzip, cioè principio del capo
Il capo
 1. assumeva le decisioni
 2. era la il principio del diritto
 3. guidava il popolo
 4. interpretava le sue aspirazioni
 Il Führer aveva un potere carismatico, cioè
possedeva una dote straordinaria,il
carisma,che lo rendeva consapevole di dover
compiere una missione per il popolo intero
“Studenti, difendete la propaganda del vostro Fuhrer”
Il consenso al regime,
1/ la politica estera di potenza
 Il consenso al regime di Hitler fu molto esteso e
duraturo
 Una prima spiegazione di questo consenso va
cercata nella politica estera di Hitler, che negli
anni di potere smantellò l’equilibrio costruito
con la pace di Versailles e fece ridiventare la
Germania protagonista principale della politica
europea
 In questo modo il Fuhrer stimolò il patriottismo
e diede ai tedeschi la sensazione di una rivincita
Il consenso al regime,
2/la politica economica di riarmo
 Un secondo motivo di consenso fu la politica
economica del Reich, che dal ‘33 non pagò più le
riparazioni di guerra, cosa che contribuì al rilancio
della Germania
 Il rilancio ebbe come base la spesa pubblica e seguì
due strade
 A. i progetti di guerra che il regime portò avanti fin
dal ‘33 contribuirono alla ripresa industriale, che
divenne estremamente sostenuta
 Il Reich sostenne e stimolò l’iniziativa privata e la legò
a sé attraverso le commesse statali, che erano
finalizzate a rendere il paese pronto per una guerra
Il consenso al regime,
2/i lavori pubblici e la piena occupazione
In questo poster,
il lavoratore tedesco
è assimilato al soldato
della I guerra mondiale
Come i soldati erano
uniti nei loro reparti,
così anche i lavoratori
sono uniti dalla Daf
(Fronte del lavoro)
 B. il secondo pilastro del rilancio
economico fu programma di lavori
pubblici voluti da Hitler. Esso
determinò forti sviluppi
infrastrutturali nel paese, il primo in
Europa a avere una rete autostradale
molto estesa
 Sia l’iniziativa privata, sia il programma
di lavori pubblici contribuirono al
riassorbimento della disoccupazione,
che nel 1939, alla vigilia della guerra,
era praticamente azzerata
Il consenso al regime,
3/ l’indebolimento delle opposizioni politiche
 Il regime ottenne un vasto sostegno anche perché
qualsiasi opposizione fu indebolita, quasi annullata
 Comunisti e socialisti riuscirono a mantenere solo
pochi gruppi clandestini o si fecero sentire solo
dall’esilio
 Per quanto riguarda le religioni, i protestanti,
soprattutto i luterani, che erano la maggioranza del
paese, accettarono le imposizioni del regime, tra cui
il giuramento di fedeltà dei pastori al Führer
 Solo la minoranza della “Chiesa confessante” si
oppose al Reich e fu perseguitata con forza
Il consenso al regime,
4/ il Vaticano tra il concordato e l’insofferenza
Pio XI
 I cattolici mantennero in grande maggioranza un
atteggiamento di non opposizione al regime
 Nel 1933, la Chiesa di Roma e il Reich firmarono
un concordato,che dava ai cattolici libertà di culto
e al clero la garanzia di non ingerenza del regime
negli affari interni della Chiesa cattolica tedesca
 I rapporti si guastarono solo dal 1937, quando il
papa Pio XI nell’enciclica in lingua tedesca Mit
brennender
Sorge
(“Con
ardente
preoccupazione”) condannò l’ideologia razzista
del nazismo, e inoltre le dottrine e le
manifestazioni politiche che apparivano “pagane”
 Sembra che Pio XI fosse pronto anche a prendere
posizione ufficialmente contro l’antisemitismo
nazista, ma la morte glielo impedì
 Il successore Pio XII, ex nunzio apostolico in
Germania, decise di non dare seguito alle
iniziative del suo predecessore.
Il consenso al regime
5/l’apparato repressivo
Le Waffen SS erano il reparto
militare delle SS creato nel ‘34
Himmler e Heydrich
 L’apparato poliziesco repressivo del
regime funzionò capillarmente
 Era guidato dalle SS, i cui capi erano
Himmler e Heydrich
 Le SS controllavano la Gestapo (polizia
segreta di stato) e il servizio segreto
 Entrambi questi organi attuarono una
forte azione intimidatoria nei confronti
dei settori della popolazione che
mantenevano atteggiamenti critici o ostili
al regime
 Le SS si occupavano anche dei lager, i
campi di concentramento in cui erano
rinchiusi e lentamente annientati gli
oppositori del regime (il primo fu Dachau,
aperto il 22 marzo 1933)
Un’utopia reazionaria e ruralista
Cartolina che celebra
i 15 anni del putsch di
Monaco
Joseph Goebbels
 Il nazismo diffuse un’utopia “reazionaria e
ruralista: un mondo popolato di uomini belli
e sani, profondamente legati alla loro terra;
una società patriarcale di contadini guerrieri,
libera dagli orrori delle metropoli moderne e
dalle malattie della società industriale”
(Sabbatucci-Vidotto)
 Tale utopia fu comunicata e imposta
attraverso i mass-media, che erano
totalmente controllati dal regime
 Hitler aveva creato un ministero per la
Propaganda che si occupava di ogni spazio
della comunicazione: stampa (quotidiana e
periodica; libri per adulti e bambini), radio,
fotografia, cinema, sotto la guida di Joseph
Goebbels
L’immaginario nazista
“Partito nazista”
“La gioventù segue
il Fuhrer”
Campagna per finanziare
ostelli e case della gioventù
I rituali collettivi
 I momenti importanti della vita del regime furono scanditi
da una liturgia fatta di feste e cerimonie: sfilate militari,
giochi sportivi e adunate oceaniche in cui il culmine era il
discorso del leader, Hitler o anche altri gerarchi
 I rituali collettivi devono inculcare un sentimento di
appartenenza alla “comunità nazionale”;devono
trasmettere l’idea di una coesione invincibile che
appartiene al popolo tedesco e del legame indistruttibile
tra comunità nazionale e capo
 Le grandi adunate avevano un essenziale valore
psicologico e sociologico: in mezzo agli altri tedeschi il
cittadino recuperava la socializzazione che non trovava
nella vita della città
 Questi momenti collettivi avevano anche un valore
sacrale, perché ripristinavano quelle feste e quei riti che
esistevano nella vecchia società contadina
La “liturgia” nazista
La disciplina sui luoghi di lavoro
 Dentro i luoghi di lavoro fu applicato il
Fuhrerprinzip, per cui l’imprenditore diventava il
capo assoluto della sua azienda
 I lavoratori erano sottoposti alla disciplina
militare, non avevano nessuna capacità
contrattuale e i loro stipendi crescevano meno del
costo della vita
 A compensare questa situazione fu creato un
sistema di servizi sociali: pensioni, assistenza
medica e una capillare organizzazione del tempo
libero
 Soprattutto non c’era più il pericolo della
disoccupazione
Politiche famigliari per ariani
 La costruzione della “comunità di
popolo” che dovrà poi lanciarsi in
una ambiziosa campagna di
conquiste militari era possibile solo
aumentando la natalità “buona” e
diminuendo, fino a annullarla, la
presenza di individui minorati
 Le coppie di “pura razza ariana”
vengono gratificate con prestiti,
benefici fiscali alle famiglie
numerose e assegni famigliari in
aggiunta al reddito, misure che
portano all’aumento delle nascite, il
più ampio in Europa
Politiche di eutanasia per disabili
Il castello di Hatheim, centro
di eutanasia nazista in Austria
Monumento commemorativo
dell’orrore dell’eutanasia
su Tiergartenstrasse a Berlino
 L’altra faccia della medaglia fu l’attuazione di
misure antinataliste per eliminare malati di
mente, disabili e criminali, considerati incapaci
di offrire alla “comunità di popolo” la giusta
riproduzione
 In primo luogo tra 1933 e 1945 furono
sterilizzate quasi mezzo milione di persone
(legge sulla sterilizzazione del 1933)
 Le persone disabili non poterono sposarsi e
procreare
per una legge sulla “salute
coniugale”del 1935
 Inoltre dal 1939 al 1941 fu attuato il progetto
Aktion T 4 (dall’indirizzo del luogo di Berlino in
cui il progetto fu pianificato), l’eliminazione di
massa dei tedeschi disabili, che portò
all’uccisione di 70.000 persone. In realtà le
pratiche di eutanasia dei nazisti proseguirono
anche in seguito, determinando un numero di
morti pari a 200.000 individui
La discriminazione antisemita
Gli ebrei in Germania
 La “comunità nazionale” non prevedeva al suo
interno la presenza degli ebrei, che al momento
in cui Hitler ottenne il potere erano in Germania
mezzo milione di persone su circa sessanta
milioni di abitanti
 Gli ebrei erano presenti in ogni ambito della
scala sociale. Molti di essi erano medici,
avvocati, commercianti, imprenditori,
finanzieri, intellettuali e artisti,
 In Germania vivevano soprattutto nelle città,
tanto che più di un terzo di questi risiedeva nella
capitale Berlino
I nazisti fomentano i pregiudizi antisemiti
L’ebreo rappresentato
in una delle tante
immagine antisemite
che circolavano in Europa
tra ‘800 e inizio ‘900
 La propaganda dei nazisti risvegliò
contro gli Ebrei pregiudizi e ostilità
striscianti,ma diffuse in Europa, specie
quella orientale, e soprattutto in
Germania (lo stesso Lutero, tra gli altri,
aveva scritto nel ‘500 un opuscolo
contro di essi, Sugli ebrei e le loro
menzogne)
 Erano ritenuti sospetti e addirittura
pericolosi perché diversi dal punto di
vista etnico e religioso e perché
economicamente erano più facoltosi di
molti “veri tedeschi”
 La politica di discriminazione nei loro
confronti non sarebbe stata possibile
senza il sostegno attivo o almeno
l’atteggiamento di indifferenza del
resto della popolazione tedesca
Le prime norme antisemite, 1933
 Fin dall’inizio del suo governo,
nell’aprile
del
1933
il
nazionalsocialismo prese di mira gli
ebrei per attuare la sua politica
razziale
 I professionisti di origine ebrea
furono esclusi dall’esercizio di
professioni come il medico nelle
strutture pubbliche, l’avvocato, e il
giornalista, e inoltre vennero posti
fuori
dalla
pubblica
Caricatura di un
amministrazione
ebreo,uomo ricco e
potente, nel libro
 L’accesso di bambini e ragazzi ebrei
per bambini “Fungo
nelle
scuole
e
nelle
università
fu
velenoso” (1935)
molto limitato
Leggi di Norimberga, 1935
Indagine pseudoscientifica
di caratteristiche razziali,
in questo caso la misura
del naso
 Nel settembre 1935 il Parlamento a
Norimberga approvò la Legge sulla
cittadinanza del Reich e la Legge per
la protezione del sangue e dell’onore
tedesco
 La prima legge distingueva tra due
tipi di cittadini, i cittadini di pieno
diritto, quelli di sangue tedesco, e
membri dello Stato privi di diritti, che
erano tutti gli altri, tra cui gli ebrei.
 Gli ebrei erano tali se avevano almeno
tre nonni di “razza ebraica”
 La seconda legge proibiva matrimoni
e rapporti sessuali tra ariani e ebrei
Altre norme antisemite tra 1936 e 1938,
la denuncia dei patrimoni
Carte d’identità di ebrei
United States Holocaust
Memorial Museum,
Washington, D.C
 Tra 1936 e 1938 altre norme esclusero
progressivamente gli ebrei dalla società
tedesca: non possono esercitare attività di
libera professione, fu limitata la gestione
delle aziende e delle imprese
 Il 26 aprile 1938 fu imposto agli ebrei di
denunciare i loro beni di proprietà,che poi
sarebbero stati confiscati negli anni
successivi, e nello stesso anno dovevano
mettere una “J” (iniziale della parole Jude,
“ebreo”) su passaporti e carte d’identità.
 La discriminazione spinse quasi la metà
degli ebrei a abbandonare la Germania,
200.000 tra il 1933 e il 1939
La “Kristallnacht”,
9-10 novembre 1938
 L’episodio più grave e tragicamente esemplare
avvenne sempre nel 1938
 Un minorenne di origine ebrea uccise a Parigi un
diplomatico tedesco
 Le SA trassero spunto da questo episodio per
organizzare un pogrom (termine russo che significa
“devastazione”) contro negozi e sinagoghe di ebrei in
tutta la Germania nella notte tra il 9 e il 10
novembre, poi ricordata come la “Notte dei cristalli”
 Il nome viene dato a questo episodio dallo
sfondamento delle vetrine di 7.000 negozi, che
vengono distrutti e saccheggiati,mentre le sinagoghe
bruciate furono 200, e 26.000 ebrei furono arrestati
e internati nei lager, e 91 furono uccisi
 La legge del 15 novembre 1938 decise l’esclusione di
bambini e ragazzi ebrei dalle scuole.
Immagini dalla “Kristallnacht”
Il rogo della sinagoga di Hannover
La sinagoga di Berlino dopo la
notte dei cristalli
Negozi ebrei devastati durante la Kristallnacht
“Il socialismo in un solo paese”
Il comunismo di guerra
 In Russia gli anni 1918-1920 furono segnati dal cosiddetto
comunismo di guerra.
 Si trattò di una serie di misure decise dai bolscevichi che
comportarono la nazionalizzazione dell'industria,
 la soppressione del commercio privato (sostituito dal
razionamento e dalla distribuzione pubblica di generi alimentari),
 un ulteriore sviluppo degli scambi in natura,
 l'invio di distaccamenti operai nelle campagne per la requisizione
di viveri a favore dell'esercito e degli abitanti delle città.
 Quest'ultima disposizione non fu però accettata dalla popolazione
rurale che, alla raccolta forzata delle derrate decretata dalle
autorità, rispose con sollevazioni e con il rifiuto di coltivare la terra.
La perdita di sostegno dei bolscevichi
 L’esperienza fallimentare del comunismo di
guerra, che aveva ridotto la produzione
industriale, spopolato le città, dimezzato i
raccolti, provocò grosse insofferenze tra i
contadini e una crescente tensione tra gli operai
 Gli operai avrebbero dovuto essere i puntelli del
potere sovietico, ma la gestione autoritaria
dell’economia, la compressione dei sindacati e il
regime militaresco imposto nelle fabbriche,
determinarono un allontanamento dei lavoratori
Battaglia di Kronstadt
industriali dal potere bolscevico, fino all’episodio
della rivolta dei marinai di Kronstadt, vicino a
Pietrogrado, che fu repressa con violenza dal
governo di Lenin, 1921, nonostante all’epoca della
rivoluzione questo porto fosse stato uno dei
capofila nel sostegno ai bolscevichi
La Nep
“La Russia
socialista
sarà la Russia
della Nep”
 I bolscevichi cambiarono allora strategia
economica e vararono la Nuova politica
economica (Nep)
 La novità della Nep rispetto al
comunismo di guerra fu una parziale
liberalizzazione: i contadini dovevano
consegnare una parte del raccolto al
governo, in pratica un’imposta in
natura; quanto rimaneva a loro, i
contadini lo potevano vendere sul
mercato
 Anche i settori del commercio e della
piccola industria furono coinvolti nella
Nep
 Il governo mantenne invece il controllo
su banche e grandi industrie
Effetti contradditori della Nep
Campagna di
propaganda per
l’elettrificazione
(1921) durante
la Nep
 La Nep diede risultati contradditori
 I contadini produssero di più, ma tornarono a
arricchirsi i contadini ricchi, detti kulaki, che
presero il controllo del mercato
 A loro volta anche una parte dei
commercianti si arricchì grazie alle
speculazioni sul mercato
 La piccola industria tornò a produrre e
guadagnare
 La grande industria controllata dallo Stato
era invece in grave difficoltà, perché il
mercato interno era debole e era gestita in
modo deficitario
 L’industria non era in grado di assumere, e
quindi crebbe la disoccupazione
 I salari erano bassi
 In definitiva la Nep sfavorì ancora di più gli
operai
La costituzione del 1918 e la nascita dell’Urss
 Dal punto di vista politico, due costituzioni furono emanate
dai bolscevichi, una nel 1918 e l’altra nel 1924
 La costituzione del 1918 si apriva con una “Dichiarazione
dei diritti del popolo lavoratore e sfruttato”, che ricordava
quella della rivoluzione francese.
 In essa si diceva che il potere era solo delle masse
lavoratrici e dei soviet
 Inoltre la costituzione affermava che lo Stato sarebbe stato
federale, avrebbe rispettato i diritti delle minoranze, che
avrebbe accettato l’unione con altre “repubbliche
sovietiche” su un piano di parità
 Tra 1920 e 1922 si formò l’unione tra la Repubblica russa e
le provincie un tempo governate dallo zar, in cui i
bolscevichi avevano preso il potere
 Nel dicembre del 1922 nacque così l’Unione delle
repubbliche socialiste sovietiche, Urss
L’Urss al tempo di Stalin
La costituzione del 1924
 La costituzione del 1924 diede il potere supremo al
Congresso dei soviet
 Tuttavia era il Pcus (Partito comunista dell’Unione Sovietica)
a controllare interamente il potere, in quanto era l’unico
partito di cui la costituzione prevedesse l’esistenza
Il Pcus
 1. dava le direttive ideologiche e politiche su cui si basava
l’azione di governo
 2. controllava la polizia politica (Ceka)
 3. proponeva i candidati alle elezioni dei soviet, su lista
unica e votati con voto palese
 4. era fortemente centralizzato, cioè controllato e
indirizzato nella sua azione dalla dirigenza
 In definitiva l’Urss era dominata dal gruppo dirigente del
Pcus
Scristianizzazione e istruzione
 Il Pcus volle trasformare la società russa per togliere di mezzo valori
e comportamenti tradizionali e creare una nuova cultura in linea
con la società socialista che intendevano realizzare
 Questo avvenne lungo due direttrici
 A. la scristianizzazione dell’Urss, per cancellare la religione
ortodossa, con metodi violenti: chiusura delle chiese, confisca di
beni, incarcerazioni di sacerdoti e alte gerarchie ecclesiastiche
 Tale scristianizzazione ottenne gli effetti che si proponeva, la fede
ortodossa non scomparve del tutto, ma la sua presenza nella
società si ridusse drasticamente
 B. l’istruzione: fu resa obbligatoria fino a quindici anni. Fu
impostata una lotta molto decisa contro l’analfabetismo, uno dei
mali più grandi della società russa.
 La scuola fu legata al mondo del lavoro, privilegiando l’istruzione
tecnica rispetto a quella umanistica
 I giovani furono indottrinati attraverso l’insegnamento delle teorie
di Marx, riviste da Lenin, e il Konsomol, l’organizzazione giovanile
del Pcus a cui i giovani si dovevano iscrivere.
La lotta per la successione di Lenin
L’affermazione di Stalin
Lenin con Stalin
nel 1921
 Dentro il partito bolscevico, la situazione si deteriorò
quando Lenin si ammalò gravemente, morendo nel
1924
 In quel momento era in forte ascesa il segretario del
Pcus, il georgiano Josip Djugasvili, detto Stalin
 Alla morte di Lenin i contrasti tra Stalin e gli altri
possibili “successori” si fecero estremamente aspri,
soprattutto perché la struttura molto centralizzata
del Pcus dava al segretario un potere molto ampio
 Fu soprattutto Trotzkij a criticare con forza il
verticismo del partito e a chiedere maggiore
democrazia “sovietica” sia nel Pcus, sia nello Stato
 Inoltre Troztkij riteneva che il partito si fosse
involuto a causa dell’isolamento in cui si era chiuso
per conservare il potere in Urss
 Per lui, la Russia avrebbe dovuto modernizzarsi sotto
l’aspetto industriale e aprirsi maggiormente verso
l’estero, cercando di estendere la rivoluzione
bolscevica anche nei paesi più sviluppati
“Il socialismo in un solo paese”
 Stalin era invece fautore della teoria del “socialismo in un
solo paese”, in quanto riteneva che l’Urss avesse la capacità e
la forza necessarie per sopportare l’isolamento internazionale
in cui si trovava
 “Il socialismo in un solo paese” era una sorta di tradimento
delle teorie bolsceviche, che avevano sempre affermato la
necessità di estendere la rivoluzione a livello internazionale
per sostenere il processo di cambiamento anche in Russia
 L’idea di Stalin era però adeguata alla situazione presente
dell’Urss, che non poteva agire per una rivoluzione mondiale,
tanto più che le principali nazioni europee stabilirono a metà
anni Venti relazioni diplomatiche con l’Urss, alleviando
l’isolamento
 Trotzkij fu così sconfitto definitivamente dentro il partito,
poi fu deportato in Asia centrale, e infine espulso dall’Urss
Il controllo di Stalin sul partito
 Il destino di Trotzkij fu seguito anche da altri
maggiorenti bolscevichi, come Zinov’ev e Kamenev,
che si schierarono contro la Nep, in quanto essa stava
favorendo la rinascita del capitalismo nelle campagne,
e chiedevano invece la modernizzazione industriale
 Contro di loro si schierò Bucharin, che divenne il
puntello principale per Stalin
 Zinov’ev e Kamenev cercarono di formare
un’opposizione forte dentro il Pcus insieme a Trotzkij,
la cosiddetta ala sinistra del partito bolscevico, ma
furono emarginati da Stalin e espulsi dal partito
 Con l’eliminazione della dialettica interna, il Pcus
divenne lo strumento per la crescita del potere
personale di Stalin, il cui progetto era di far diventare
l’Urss una grande potenza mondiale
Lo stalinismo
Piani quinquennali
 Stalin assunse la guida assoluta del partito tra il 1927
e il 1929
 La sua strategia economica e sociale consistette nel
superamento della Nep, nella costruzione di una
struttura industriale forte e nella realizzazione di una
totale collettivizzazione dell’agricoltura
 Tale progetto si fondò sulla pianificazione: Stalin fece
apprestare piani articolati in obiettivi di produzione
che dovevano essere raggiunti in tempi determinati
 Questi piani erano controllati e guidati dal governo
 I piani che si estendevano per cinque anni furono 3:
dal 1928, dal 1933 e dal 1938, quest’ultimo interrotto
dallo scoppio della II guerra mondiale
Effetti della politica economica di Stalin
 I piani quinquennali determinarono un gigantesco
cambiamento nella società sovietica
 Le industrie meccanica, siderurgica, estrattiva e elettrica
crebbero a livelli molto alti
 Triplicarono i lavoratori dell’industria tra 1928 e 1940 (da 4
a 11 milioni)
 Sorsero migliaia di nuove imprese, molte nella zona degli
Urali, che determinarono la fondazione di nuove città
 Molti milioni di persone si spostarono dalle campagne
sovietiche nelle città per lavorarvi
 I trasporti stradali e ferroviari furono potenziati per
permettere questi flussi di emigrazione interna e lo
spostamento di quanto prodotto
 L’educazione tecnica venne ulteriormente rafforzata
 L’Urss diventò alla vigilia della II guerra mondiale la terza
economia industriale del mondo, dopo Usa e Germania
Collettivizzazione agricola
“Andiamo al kolchoz!”
 La pianificazione industriale si integra con
la collettivizzazione forzata
nell’agricoltura,cioè il passaggio di tutta la
produzione sotto il controllo governativo
 L’agricoltura deve produrre quantità di
derrate alimentari determinate dal
governo centrale, che stabilisce anche il
prezzo, in modo da sostenere il processo
di industrializzazione , che si realizza nelle
aree urbane
 I kulaki, proprietari contadini che si sono
arricchiti con la Nep, dovevano o associarsi
alle cooperative agricole, i kolchoz, o
trasferirne il possesso alle aziende
possedute e gestite dallo Stato, i sovchoz
L’eliminazione dei kulaki
 Stalin proclamò che i kulaki dovevano
essere eliminati come classe, perché si
arricchivano alle spalle del popolo e
riducevano le città alla fame perché non
consegnavano quanto dovevano allo Stato
 In realtà tutti coloro che si opponevano alle
requisizioni e rifiutavano di entrare nei
kolchoz furono indicati come “nemici del
popolo”
 I metodi usati dal governo staliniano per
portare a compimento la collettivizzazione
furono violenti e brutali: espropriazioni
forzate; deportazioni di famiglie intere
(quasi 2 milioni di individui) nella zona
depressa della Siberia; spesso esecuzioni
sommarie di “nemici del popolo”
 I 5 milioni di kulaki in gran parte furono
eliminati fisicamente
Deportazione di kulaki su
un treno
Il fallimento della collettivizzazione forzata
 I risultati economici della collettivizzazione
forzata furono molto negativi
 La produzione agricola calò notevolmente tra
1928 e 1937 perché
 1. l’intera produzione dovette essere
riorganizzata secondo il nuovo modello
economico e produttivo
 2. la produttività dei contadini costretti a
lavorare nelle aziende collettive è bassa
 3. una gravissima carestia, che fu tenuta nascosta
all’opinione pubblica mondiale, determinò milioni
di morti per fame, tra i 7 e i 10 milioni, senza
alcun intervento del governo
Effetti della politica economica di
Stalin
Gli effetti di questa politica furono

 1. la diminuzione molto accentuata della popolazione
delle campagne, a causa di deportazioni, fame e
urbanizzazione, e l’inserimento della quasi totalità dei
contadini nelle fattorie collettive
 2. spostare risorse economiche e uomini per sostenere
l’industrializzazione
 “Questi risultati furono consentiti non solo da una
straordinaria concentrazione di risorse – resa a sua volta
possibile da un gigantesco prelievo di ricchezza a spese
dell’intera popolazione e soprattutto dei ceti rurali – ma
anche dal clima di entusiasmo fra ideologico e patriottico
che lo Stato seppe suscitare nella classe operaia intorno
agli obiettivi del piano e che permise ai lavoratori
dell’industria di sopportare sacrifici pesanti” (SabbatucciVidotto)
Lo stachanovismo
Aleksej Stachanov
“Noi tre lavoriamo per dodici”
 Gli operai dentro le fabbriche dovevano
sottostare a una disciplina rigida e
militaresca
 A compensazione furono loro concessi
premi in natura che andavano a gratificare
gli operai più produttivi
 Questi ultimi erano promossi
professionalmente e resi esempi per gli
altri, per suscitare uno spirito intenso di
emulazione
 Il più famoso fu il minatore Aleksej
Stachanov, che in una sola notte estrasse
una quantità di carbone quattordici volte
superiore a quella di un operaio normale
 Da lui si originò lo stachanovismo, un
movimento di massa, che lo Stato e il Pcus
sostenevano e esaltavano
Obbedienza allo Stato e a Stalin
 L’ideologia che il regime bolscevico volle imporre fu che
l’obbedienza allo stato e ai governanti, e la
sottomissione degli interessi individuali ai valori
collettivi, erano superiori a ogni altra volontà o
aspirazione
 Stalin accentuò l’autoritarismo già presente nel
pensiero di Lenin e nel sistema sovietico, aggravandolo
con una massiccia dose di spietatezza e arbitrio
 Stalin era la guida suprema e il padre del suo popolo, a
cui quest’ultimo doveva obbedire, e aveva i caratteri del
capo carismatico che erano anche di Mussolini e Hitler
 Si proponeva come l’interprete unico della dottrina
marxista-leninista e come il garante della sua giusta
applicazione
 Di conseguenza tutte le possibili critiche verso il “padre
della patria” erano assimilabili a un tradimento
Le purghe
 Quando nel 1934 fu ucciso il dirigente del Pcus Kirov,
l’episodio fu il pretesto colto da Stalin per avviare
l’eliminazione dei membri del Pcus che si opponevano al
leader: Zinov’ev e Kamenev, che furono condannati a morte
dopo processi chiaramente falsati da testimonianze estorte
ai “colpevoli” con la tortura
 Nel 1938 la stessa sorte toccò a Bucharin,
 Negli anni successivi furono eliminati migliaia di membri del
partito, e di cittadini sospettati di “deviazionismo”
 In Messico, nel 1940, un sicario di Stalin uccise anche
Trotzky
 Si trattò delle cosiddette “purghe”, termine quanto mai
brutale nella sua simbolicità: gli oppositori come feci da
espellere
 Le purghe si succedettero a ondate successive, motivate
dalla necessità di eliminare i traditori e i nemici di classe
La repressione poliziesca
Il poeta Mandelstam
uno
dei
più
noti
personaggi
sovietici che fu vittima
delle
purghe staliniane
 La repressione poliziesca contro il popolo
sovietico si intensificò negli anni successivi,
tanto da coinvolgere milioni di persone
 Stalin creò un sistema concentrazionario,
articolato in lager, cioè campi di lavoro forzato
e prigionia, che erano posti nei luoghi più
terribili dell’Urss
 Essi
erano
curati
dal
Gulag,
cioè
“Amministrazione centrale dei lager”, un
termine che poi indicò i campi di lavoro e
morte
 I “colpevoli” venivano arrestati, quindi o
deportati, oppure fucilati, senza nemmeno
sapere con quale accusa
 I processi pubblici prevedevano che gli accusati
confessassero le loro “colpe”, che erano
sempre dei “complotti” organizzati insieme con
i trozkisti e gli agenti del fascismo
internazionale
Cartellone per il plebiscito
del 1934
Il fascismo regime
Il regime fascista: Pnf e Stato sovrapposti
• Dopo il decisivo consolidamento della metà degli anni ‘20,
il fascismo costruì il suo regime basando la strategia
politica sulla sovrapposizione tra la gerarchia del partito e
gerarchia dello Stato
• Il Gran consiglio del fascismo era l’elemento di
congiunzione tra queste due gerarchie, dal momento che
era presieduto dal Duce del fascismo, che era anche Capo
del governo e composto da uomini del Pnf che erano
contemporaneamente anche uomini dello Stato
• Esso elaborò le linee-guida della politica del regime, le
riforme legislative e amministrative che consolidarono il
fascismo come regime e le strategie della politica estera
• Divenuto istituzione dello Stato nel 1928, preparava anche
la lista dei ministri da presentare al re per la nomina
Lo Stato come strumento del potere di
Mussolini
• Il Pnf fu però subordinato alle istituzioni
statali, a differenza di quanto avveniva negli
altri regimi totalitari, in cui il partito era
prepoderante rispetto allo stato
• Mussolini utilizzava i prefetti per affermare
le sue decisioni a livello periferico
• La polizia di Stato controllava l’ordine
pubblico e reprimeva il dissenso politico
“Tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato,
nulla contro lo Stato”
• Il Partito fascista diventò sempre più pervasivo dentro
la società italiana
• Il regime fascista insieme allo Stato tentò di occupare
la società, realizzando il motto mussoliniano del
1925”Tutto nello Stato,niente al di fuori dello
Stato,nulla contro lo Stato”
• La volontà del regime era di ricostruire la società
italiana dalle basi, soprattutto coinvolgendo e
mobilitando i giovani (non a caso l’inno fascista si
intitolava “Giovinezza”)
• In questa prospettiva il fascismo fu una forma di
totalitarismo
La fascistizzazione, 1/l’Ond
Sede dell’Ond a Dalmine
• La fascistizzazione si realizzò attraverso
• 1. l’Opera Nazionale Dopolavoro (OND),
istituita nel 1925. Essa doveva realizzare
la “mobilitazione passiva dei cittadini”
che surrogava l’impossibile
partecipazione democratica.
• Organizzava il tempo libero dei
lavoratori, attraverso gare sportive, gite e
attività ricreative (teatro, visite guidate)
• Favoriva la fornitura di servizi da parte
delle aziende per i figli dei dipendenti:
asili e colonie estive
• I suoi iscritti nel 1939 giunsero a
4.500.000 persone
La fascistizzazione, 2/ l’Onb e le Piccole italiane
• 2. Gli organismi di irregimentazione di
bambini, adolescenti e giovani
• L’Opera nazionale Balilla, fondata nel
1926, inquadrava tutti i ragazzi dagli
otto ai diciotto anni (“balilla” fino ai
quattordici anni, “avanguardisti” fino
ai diciotto anni) sotto la supervisione
del Ministero dell’Educazione
Nazionale
• I ragazzi facevano attività ricreative e
sportive in orario extrascolastico,
caratterizzate da un forte spirito
competitivo: sport, escursioni e
esercitazioni militari con armi finte
• Le ragazze erano invece organizzate
nelle Piccole italiane
La fascistizzazione, 3/i Fasci giovanili e i Guf
•
•
Copertina di quaderno, serie
“Giovinezza in marcia”
•
•
•
•
Nel 1929 il regime creò i Fasci giovanili (per i ragazzi)
e le Giovani fasciste (per le ragazze) dirette ai giovani
tra diciotto e ventuno anni
Il regime con i Fasci voleva creare i futuri fascisti
attivi, militanti e dirigenti
I giovani usciti dai Fasci erano iscritti d’ufficio al Pnf,
per la leva fascista
I Guf (Gruppi universitari fascisti) [il primo nacque a
Genova nel 1921] avevano il compito di inquadrare e
dirigere le attività degli studenti universitari in
ambito politico, culturale e sportivo, con l’obiettivo
di dare al fascismo il monopolio culturale nelle
università
Sia i Fasci giovanili che i Guf erano direttamente
controllati dal Pnf
A causa del forte dualismo tra Onb e Fasci giovanili,
nel 1937 le due organizzazioni furono forzosamente
riunite nella Gioventù Italiana del Littorio, agli ordini
del segretario del Pnf
La crescita numerica del fascismo in provincia di Bergamo.
tipologia
1926
1928 (maggio)
1928
(dicembre)
1930
Tesserati
15.000
16.000
18.395
16.010
Tesserate
-
-
350
300
Balilla
-
16.488
19.000
19.000
Avanguardisti
-
6.500
7.500
7.000
Giovani Italiane
-
-
-
650
Piccole Italiane
2.000
-
-
7.200
Tess. Dopolavoro
-
-
6.000
14.000
Fascismo e Chiesa
• La Chiesa cattolica era l’ostacolo più alto che il
regime si trovava di fronte per la
totalitarizzazione
• La quasi totalità degli italiani era di fede cattolica
e le parrocchie erano l’unico centro di
aggregazione sociale e culturale in molti luoghi
d’Italia
• Per stabilire un controllo effettivo il fascismo
doveva giungere a una mediazione con la Chiesa
italiana
I Patti lateranensi, 11 febbraio 1929
•
•
•
•
La firma dei “Patti lateranensi”,
11 febbraio 1929, tra Benito
Mussolini e il cardinale Caetani
•
•
Avendo il controllo del potere, il fascismo
volle risolvere la divaricazione Stato-Chiesa
creatasi nel 1861 per consolidare la sua
presa sulla società italiana
Le trattative diplomatiche cominciate nel
1926 si conclusero con la firma dei Patti
lateranensi avvenuta l’11 febbraio 1929 tra
Mussolini e il cardinale Gasparri
I Patti si articolavano in tre parti
I. la Santa Sede riconosceva lo Stato italiano
e Roma come capitale di esso e in cambio lo
Stato italiano le riconosceva la sovranità
sullo “Stato della Città del Vaticano”
II. lo Stato italiano avrebbe pagato al papa
un’indennità di risarcimento per la perdita
dello Stato pontificio
III. un concordato che regolava i rapporti tra
Stato italiano e Chiesa cattolica
Le diverse prospettive sui Patti lateranensi
Il concordato Stato - Chiesa
• Il concordato riduceva il carattere laico dello Stato
• I sacerdoti erano esonerati dalla leva obbligatoria
• I preti spretati non avrebbero avuto accesso agli uffici
pubblici
• Il matrimonio religioso aveva anche valore civile
• L’insegnamento della religione cattolica era
considerato il “fondamento e coronamento”
dell’istruzione pubblica
• Le organizzazioni che dipendevano dall’Azione cattolica
potevano continuare a svolgere le loro attività,sotto il
controllo delle gerarchie ecclesiastiche e senza
coinvolgimenti politici
Le elezioni “plebiscitarie” del 1929
• Mussolini ebbe grossi vantaggi immediati dal punto di
vista politico dai Patti, perché riuscì a estendere il
consenso al fascismo, e a lui in particolare, anche a
zone della società italiana fino allora non toccate dal
regime
• Nel marzo 1929, per sfruttare l’onda favorevole dei
Patti, Mussolini fece convocare le prime elezioni
plebiscitarie, cioè i deputati sarebbero stati eletti su
un’unica lista e i votanti si sarebbero limitati a votare
con un “sì” o con un “no” alla lista stessa
• Il 90% degli aventi diritto andò a votare e il 98% votò sì
al plebiscito
La sostanziale vittoria del Vaticano
• Il Vaticano acquisì però i vantaggi più duraturi
• Ottenne una posizione di privilegio verso lo Stato
fascista in cambio della perdita del potere temporale
(realtà di fatto da molti decenni)
• Potè continuare a influire sulla società italiana in
concorrenza con il fascismo grazie alla rete delle
associazioni e organizzazioni dell’Azione cattolica
• In particolare continuò a avere influenza sui giovani,
proprio il settore in cui il fascismo voleva incidere di
più
• Anche se la Chiesa non si pose mai in opposizione al
fascismo, usò questi spazi per formare e educare ai
suoi valori molti giovani, destinati dopo la II guerra a
diventare la classe dirigente dell’Italia
I numeri dell’incidenza sociale
Organizzazioni giovanili
cattoliche maschili a Bergamo
Anni
Organizzazioni fasciste
a Bergamo
Aderenti
1925
6500
1928
9799
1929
11970
1930
13000
Anni
Avanguardisti
Balilla
1926
1800
150
1928
6500
19000
1930
7000
19000
Il ritorno alla campagna
• Il fascismo, che si presentava come un
movimento rivoluzionario, intendeva
cambiare la società italiana
• La prospettiva con la quale cercò di
realizzare questo processo fu però
regressiva
• La sua proposta socio-economica fu di
tornare alla bellezza della vita rurale,
che era più sana e carica di valori
positivi rispetto a quella urbana
• Il fascismo tentò anche di scoraggiare,
senza ottenere risultati apprezzabili,
l’emigrazione dalle campagne alle città
Matrimonio e famiglia
Ruolo della donna nel regime
• Il matrimonio e la famiglia erano,
nell’ideologia fascista, la base della
stabilità sociale e del progresso
• Per il fascismo il numero era forza,
quindi il regime attuò politiche
finalizzate a incrementare le nascite:
aumenti degli assegni famigliari dello
Stato ai lavoratori; favorite le
assunzioni dei padri di famiglia; premi
per le coppie prolifiche; tassa sul
celibato
• Il ruolo della donna, in questa
prospettiva, era di madre e di
moglie, quindi varie norme
ostacolavano il lavoro femminile e
l’impostazione fascista era
sfavorevole all’emancipazione delle
donne
L”uomo nuovo” e la sua (difficile) costruzione
• La volontà del regime era però anche di creare “l’uomo nuovo
fascista”
• Per realizzare questo progetto l’intera popolazione doveva essere
inquadrata nelle strutture del regime, rispondere agli appelli del
“duce” e mantenersi pronta a combattere per la patria
• Questi obiettivi ambiziosi, tuttavia, si dovevano confrontare con le
condizioni reali del paese
• Dal punto di vista culturale, una parte importante dell’Italia era
ancora arretrata, vi erano zone dove non arrivavano né strade, né
comunicazioni regolari, e dove non esistevano neppure le scuole:
radio e scuola erano i principali strumenti scelti dal regime per la
fascistizzazione
• Dal punto di vista sociale, il regime fece molta fatica a coinvolgere
attivamente i lavoratori, a causa delle condizioni economiche
difficili nelle quali si trovava buona parte della popolazione
• I salari reali erano costantemente in calo specialmente dopo la
scelta di “quota 90” e in seguito alla Grande crisi del ‘29, e di
conseguenza anche i consumi alimentari erano ridotti
Il consenso tra la media e piccola borghesia
• L’azione di mobilitazione fascista diede risultati
importanti soprattutto tra la media e piccola
borghesia
• Le scelte economiche del fascismo, che creò
numerosi apparati burocratici (Stato, Pnf, enti),
furono favorevoli a questa parte della società
italiana, che in quegli apparati trovò importanti
vie per la sua ascesa sociale
• Inoltre i valori della patria, della nazione, della
necessaria gerarchia sociale, dell’ordine sociale,
perni dell’ideologia fascista, erano
profondamente sentiti soprattutto dalla media e
piccola borghesia
Fascismo e scuola
• Il regime curò attentamente la scuola
come strumento di fascistizzazione
• Gli insegnanti furono sottoposti a un
intenso controllo di “ortodossia” politica,
così come i libri scolastici (fu creato per le
scuole elementari un testo unico, dal
1930)
• L’atteggiamento degli insegnanti fu di
adattamento alle direttive del regime, con
un’adesione spesso superficiale al
fascismo
• Nelle università, il fascismo impose ai
docenti il giuramento di fedeltà nel 1931,
che fu rifiutato solo da dodici di essi, i
quali furono immediatamente allontanati
• In genere, molti giurarono solo per poter
continuare la loro attività
I mass media sotto il regime:
stampa, radio, cinema
• Il regime controllava capillarmente la stampa, sia
censurando, sia imponendo con direttive precise
cosa dovesse essere pubblicato
• Le trasmissioni radiofoniche, a loro volta, furono
attentamente indirizzate e controllate
• Erano gestite dall’Eiar, ente di stato nato nel 1927
• Dal 1935 la radio diventò un mezzo
propagandistico fondamentale: il regime volle che
la radio fosse presente nelle scuole, negli uffici
pubblici e nelle sedi del Pnf e del Dopolavoro
• Da essa erano trasmessi sia messaggi
propagandistici, sia trasmissioni di
intrattenimento, servizi sportivi, musica
• Il cinema fu sostenuto generosamente dal regime,
che voleva favorire le produzioni nazionali, rivolte
a fornire un’immagine rassicurante o “marziale”
dell’Italia
• Al cinema la propaganda esplicita era affidata ai
cinegiornali di attualità prodotti dall’Istituto Luce,
proiettati sempre prima dei film
La crescita numerica del fascismo a Bergamo,
1931 - 1935
Organizzazioni
4 /1931
Fasci di
combat.
Fasci giovanili
5.520
Fasci femminili
6/1931
6/1932
1933
iscritti
1933
tesserati
1934
7/1935
9/1935
13.167
14.137
-
-
-
-
-
5.322
7.000
7.997
4.834
5.296
11.016
20.000
415
-
-
-
-
-
8.046
Fasci fem. Giov.
865
180
-
-
-
-
-
-
Balilla
13.278
-
-
24.765
19.422
26.202
41.787
-
Piccole italiane
7.020
-
-
23.860
19.984
24.210
37.883
-
GUF
-
508
381
-
-
-
-
-
Dopolavoro
-
15.252
18.000
-
-
-
-
19.000
La politica economica del fascismo,
la fase liberista
• La politica economica del fascismo si realizzò
in varie fasi, caratterizzate da orientamenti
diversi
• La fase liberista degli anni ‘22-’25, gestita dal
ministro Stefani, incoraggiò l’iniziativa privata
e la produzione
• Essa ebbe però conseguenze negative:
inflazione, deficit della bilancia commerciale,
riduzione del valore della lira
La “battaglia del grano”
•
•
•
Mussolini al lavoro durante
la battaglia del grano in una
iniziativa propagandistica
•
•
•
•
La fase successiva fu guidata dal ministro delle
Finanze Volpi e rivolta a proteggere l’economia
italiana
In primo luogo fu alzato il dazio sul grano, per
scoraggiare le importazioni di grano dall’estero
A integrare questo provvedimento fu attuata la
“battaglia del grano”, che durò fino allo scoppio
della II guerra mondiale
Il suo obiettivo fu di rendere l’Italia
autosufficiente nella produzione cerealicola
I. sia aumentando la superficie di territorio
coltivata a cereali
II. sia aumentando la produttività con l’impiego di
tecniche agricole innovative
Lo scopo fu raggiunto in gran parte, anche se a
scapito di altri settori: allevamento (furono ridotti
gli spazi per i pascoli) e l’agricoltura specializzata
(che lavorava soprattutto per l’esportazione)
La politica di “quota 90”
•
•
•
•
•
•
•
•
Nel 1926, Mussolini a Pesaro annunciò di voler raggiungere un
livello di cambio pari a 90 lire/1 sterlina
“Alla base di questa scelta c’era soprattutto il desiderio di dare al
paese un’immagine di stabilità monetaria oltre che politica,
rassicurando i ceti medi conservatori” (Sabbatucci-Vidotto)
All’inizio del 1928, l’obiettivo era raggiunto, grazie però a una
diminuzione forte del credito e con il sostegno di prestiti ingenti da
parte di banche statunitensi
La moneta rivalutata determinò una diminuzione dei prezzi, perché
le importazioni erano meno costose, e si ebbe un effetto deflattivo
Tuttavia stipendi e salari dei lavoratori furono drasticamente ridotti
Le industrie export-oriented furono penalizzate
Le imprese che lavoravano soprattutto per l’Italia ebbero invece
vantaggi immediati: diminuzione del costo del lavoro, sgravi fiscali,
aumento delle commesse pubbliche
Le grandi imprese crebbero, anche perché questa politica
economica penalizzava le industrie più piccole, quindi si verificò un
processo di concentrazione aziendale
Le conseguenze della Grande crisi in Italia
• La grande crisi del ‘29 ebbe conseguenze negative
anche in Italia, dove però l’economia era in uno stato di
depressione economica già a partire dalla scelta di
quota 90
• L’agricoltura ne risentì moltissimo, subendo una forte
contrazione delle esportazioni e una ulteriore
diminuzione dei prezzi
• Le imprese industriali chiesero e ottennero dal governo
fascista altre diminuzioni salariali, dopo quelle degli
anni precedenti. per affrontare le difficoltà
• La disoccupazione salì soprattutto nell’industria e nel
commercio
Gli investimenti in lavori pubblici
• Il regime affrontò la crisi in primo luogo con un
ampio programma di lavori pubblici: costruzioni
di strade, strade ferrate, edifici pubblici
• Fu “risanato” il centro di Roma, cosa che provocò
la distruzione di buona parte dei quartieri di
origine medievale
• Il progetto più ambizioso fu la bonifica integrale,
un programma di recupero e valorizzazione di
terre incolte o poco sfruttate
La bonifica dell’Agro Pontino,
economia agricola e propaganda
Lavori di bonifica nell’Agro pontino
Inaugurazione della città di Littoria
• Il risultato più importante fu ottenuto
con la bonifica delle zone paludose a
sud di Roma, chiamate Agro Pontino
• Si trattò di recuperare molte migliaia di
ettari poi messi a coltura anche
attraverso il lavoro di migliaia di
contadini che si spostarono dalle zone
più depresse del Centro Nord
• Nacquero dal niente città come
Sabaudia e Littoria (oggi Latina) e
villaggi rurali
• La bonifica dell’Agro Pontino venne
proposta massicciamente dalla
propaganda del regime come una delle
realizzazioni più importanti del regime,
che mostrava la sua sollecitudine verso
il lavoro e la sua vocazione ruralista
La crisi delle grandi banche miste
Assemblea istitutiva
dell’Imi
• Il secondo ambito del quale il regime si occupò
attentamente fu quello industriale e finanziario
• Le grandi banche miste, Banca commerciale
italiana e Credito italiano, che dalla fine dell’800
erano diventate le principali sostenitrici
economiche delle industrie, possedevano grandi
quantità di azioni delle imprese industriali colpite
dalla crisi
• I crolli borsistici danneggiarono le banche, che
per mantenere il valore dei loro titoli dovettero
effettuare investimenti massicci, tali da diventare
quasi insostenibili e portarle sull’orlo del
fallimento
• Il governo fascista salvò le banche e anche diverse
imprese dal fallimento
• Nel 1931 fu fondato l’Istituto Mobiliare Italiano,
un istituto pubblico che aveva il compito di
sorreggere finanziariamente le industrie,
sostituendosi alle banche
Lo Stato imprenditore: la creazione dell’ Iri
•
•
Alberto Beneduce
•
•
Oscar Sinigaglia
•
•
Agostino Rocca
Nel 1933 fu creato l’Istituto per la ricostruzione industriale (Iri)
che, con soldi in gran parte dello Stato, acquisì la maggioranza
delle azioni nelle banche in crisi e rilevò le loro partecipazioni
industriali
In questo modo lo Stato diventò azionista di maggioranza di
molte grandi imprese italiane, soprattutto nel settore strategico
della siderurgia: Ansaldo, Terni, Ilva, Dalmine
L’Iri doveva essere solo un ente provvisorio, che terminato il
risanamento delle imprese in crisi, avrebbe poi venduto le sue
quote azionarie ai privati
In realtà, l’Iri diventò un ente permanente nel 1937: le
dimensioni delle imprese e il rischio nella loro gestione rese
impossibile trasformare di nuovo in private le aziende
controllate dallo Stato
Le grandi imprese sostennero l’intervento del governo, perché
attraverso di esso i costi della crisi industriale e finanziaria erano
fatti pagare alla collettività
Le aziende statizzate furono affidate a persone di valore del
mondo imprenditoriale e finanziario, veri e propri “tecnici” di
alto profilo, gli “ingegneri che sapevano leggere i bilanci”:
Alberto Beneduce, Agostino Rocca, Donato Menichella, Oscar
Sinigaglia
Il corporativismo
•
•
•
•
•
•
Il fascismo si propose come terza via tra capitalismo e socialismo
(o comunismo) attraverso la teoria del corporativismo
In base alla teoria corporativa il sistema della produzione e delle
professioni deve essere governato dalle corporazioni di arti e
mestieri in cui sono rappresentati sia i datori di lavoro che i
lavoratori. Ogni settore dell'economia sarà quindi guidato dalla
propria corporazione, espressione degli interessi comuni e non
più contrapposti, dei salariati e dei detentori del capitale.
Ciascuna corporazione provvederà a regolare il proprio
segmento di mercato attraverso la programmazione di quantità
e qualità dei beni e servizi,la definizione dei prezzi, le politiche
commerciali, salariali, sindacali (pensioni, ferie, indennità, ecc.).
In questo modo risulta superato il libero mercato e fusi
armonicamente insieme gli interessi altrimenti contrapposti
delle classi sociali.
I principi della teoria corporativa erano già presenti nella Carta
del Lavoro del 1927
Questa teoria economica non fu mai pienamente attuata
Il Ministero delle corporazioni fu istituito nel 1926, e Mussolini
lo detenne per dieci anni
Le corporazioni furono istituite ufficialmente nel 1934, ma in
sostanza si trattò di un ulteriore apparato burocratico, anche se
nel 1939 la Camera dei deputati fu rinominata “Camera dei fasci
e delle corporazioni”
La politica estera del regime
• La politica estera del fascismo fu caratterizzata da un forte
nazionalismo, che era elemento fondamentale dell’ideologia
fascista fin dalle sue origini
• Essa ebbe “un carattere sostanzialmente destabilizzante e
sovvertitore dello status quo internazionale” (Nicola Labanca)
• L’imperialismo fu una tendenza ricorrente nella visione
internazionale del regime, anche se esso non ebbe modo di
manifestarsi compiutamente fino alla metà degli anni ‘30
• Fino a quegli anni, la politica estera italiana metteva in
discussione a parole gli equilibri di Versailles, e l’Italia sosteneva
l’insoddisfazione di stati come Austria e Ungheria, che si
ritenevano ingiustamente penalizzati dall’assetto europeo
• Era inoltre ricorrente nella propaganda fascista la polemica contro
le democrazie “plutocratiche”, che volevano impedire agli stati
“proletari” di acquisire quanto era giusto
• In realtà, da una parte il regime fascista aveva rapporti difficili con
la Francia, mentre, dall’altra, conservava relazioni positive con la
Gran Bretagna
Italia contro Germania: il caso Dollfuss e
la conferenza di Stresa
Engelbert Dollfuss fu cancelliere
d’Austria dal 1932 al 1934.
Durante questo periodo alla guida del
“Fronte patriottico” impose al suo
paese
un
governo
autoritario,
sostenuto da Italia e Ungheria. Sciolse
sia il Partito comunista, sia il
movimento nazista, sia il Partito
socialdemocratico.
Nel 1934 fu ucciso da esponenti del
nazismo durante un tentativo di colpo
di stato fallito attuato da questi ultimi
• I rapporti con la Germania furono
difficili, tanto che nel 1934 l’Italia fece
schierare quattro divisioni al confine
del Brennero per impedire un colpo di
stato nazista in Austria ispirato dal
governo di Hitler. I tedeschi puntavano
all’unificazione con l’Austria.
• Nel 1935, quando la Germania
reintrodusse il servizio militare
obbligatorio nonostante gli accordi di
Versailles lo proibissero, Italia, Francia e
Gran Bretagna si riunirono a Stresa (sul
lago Maggiore) per condannare il
riarmo dei tedeschi, riaffermare la
validità degli accordi di Locarno e la
loro volontà che l’Austria rimanesse
indipendente
L’invasione dell’Etiopia
• Solo pochi mesi dopo, nell’ottobre 1935, l’Italia invase
senza dichiarazione di guerra l’impero dell’Etiopia,
unico grande stato africano indipendente
• Questa decisione fu assunta da Mussolini per tre motivi
 I. esprimere la vocazione imperiale del fascismo
 II. mobilitare il paese, in grande difficoltà per le
conseguenze della crisi economica
 III. sfruttare la situazione creata dall’aggressività
tedesca, che poteva rendere Francia e Gran Bretagna
meno sfavorevoli a azioni di forza da parte dell’Italia,
che era un alleato prezioso nel sistema creato a Stresa
• L’azione in Etiopia aveva però costi economici e umani
molto alti
Le sanzioni economiche contro l’Italia
•
•
•
•
Francia e Gran Bretagna erano però contrarie a questa
iniziativa sia perché l’Etiopia era uno stato indipendente
membro della Società della nazioni, sia perché l’opinione
pubblica dei due paesi si schierò decisamente a favore
dell’impero etiopico
I due paesi condannarono l’invasione e chiesero alla
Società delle nazioni di imporre all’Italia sanzioni
economiche: divieto da parte degli altri stati membri di
esportare in Italia merci necessarie alle produzioni di
guerra. Le sanzioni vennero applicate
Le sanzioni ebbero un’incidenza effettiva limitata: il
divieto non riguardava le materie prime, e non
coinvolgeva importanti paesi non membri della Società
delle nazioni, come Usa e Germania
Tuttavia questo embargo diede a Mussolini una forte arma
propagandistica, cioè la possibilità di presentare l’Italia
come vittima di una congiura internazionale delle
“plutocrazie”
La guerra di conquista dell’Etiopia
Pietro Badoglio
Rodolfo Graziani
• La guerra di conquista durò per circa un
anno
• Le truppe italiane,inizialmente guidate da
De Bono, furono poi affidate al comando
del generale Badoglio, coadiuvato dal
generale Graziani, e il corpo di spedizione
italiano raggiunse la cifra ingente di
400.000 soldati
• La resistenza degli etiopi fu molto decisa e
per vincerla furono messi in atto metodi
decisamente brutali: bombardamenti di
villaggi, uso di gas asfissianti lanciati dagli
aerei su esercito e civili, e su
animali,pascoli e corsi d’acqua
• Le popolazioni che non si arresero furono
deportate
“L’oro alla patria”
• L’opinione pubblica italiana sostenne l’intervento
con convinzione
• La propaganda di regime presentò la conquista
dell’Etiopia come una rivincita della disfatta di Adua
del 1896
• Essa veniva vista come l’opportunità di creare posti di
lavoro e di conquistare grandi ricchezze nella
“favolosa” Africa
• Per sostenere economicamente “l’impresa” gli italiani
furono invitati a donare l’oro delle proprie fedi
nuziali, o comunque gli oggetti di metallo prezioso in
loro possesso, e la campagna propagandistica per
“l’oro alla patria” ebbe un grande successo
• I media italiani presentarono gli etiopi come selvaggi
violenti, la cui resistenza era un ostacolo alla
civilizzazione
• Da un altro punto di vista, la conquista dell’Etiopia
veniva proposta come una sorta di missione
umanitaria, finalizzata a liberare il paese africano da
un regime corrotto e schiavista
La conquista dell’Etiopia tra imperialismo, razzismo e “civilizzazione
La conquista dell’Etiopia tra imperialismo, razzismo e “civilizzazione
Cartolina di propaganda del 1936
La guerra agli etiopici con i gas presentata
come sterminio di parassiti
Foto di una donna tenuta in ceppi,
Immagine che motivava in senso
umanitario l’aggressione italiana
Immagine che presenta gli etiopici come mercanti
di schiavi e donne in vendita
La proclamazione dell’”Impero”
Primi francobolli
italiani per la nuova
Colonia, 1936:
in primo piano
Vittorio Emanuele III,
sullo sfondo i paesaggi
etiopi
• Il 5 maggio 1936 le truppe
italiane guidate da Badoglio
entrarono nella capitale etiopica
Addis Abeba, concludendo il
conflitto
• Il 9 maggio Mussolini annunciò la
“riapparizione dell’Impero sui
colli fatali di Roma”
• Il re Vittorio Emanuele III fu
incoronato imperatore d’Etiopia
La conquista dell’Etiopia e l’”impero” italiano
Gli effetti della conquista dell’Etiopia
• Sotto l’aspetto economico la conquista dell’Etiopia fu
negativa, visto che il paese aveva scarse risorse naturali e
non era adatto all’agricoltura, se non di sussistenza, per di
più in una situazione economica difficile a livello globale
• Politicamente, tuttavia, Mussolini aveva ottenuto in
successo importante
• I. aveva vinto una campagna militare imponente
• II. aveva agito senza che le democrazie occidentali lo
contrastassero adeguatamente e le aveva poste di fronte
al fatto compiuto, tanto è vero che le sanzioni furono
revocate pochi mesi dopo la fine della guerra, e poi Francia
e Gran Bretagna riconobbero l’Impero d’Italia
• III. potè presentare l’Italia come una grande potenza, che
aveva riacquisito lo status che le era più consono
Le ambizioni di Mussolini e l’alleanza con la Germania
•
•
•
•
•
•
Il successo etiopico spinse Mussolini a pensare di costruire
per l’Italia un ruolo da grande potenza, cercando di
utilizzare i contrasti tra la Germania di Hitler, da una
parte, e la Francia e la Gran Bretagna dall’altra
In questa prospettiva va letto il patto di amicizia firmato
nell’ottobre del 1936 e chiamato “Asse Roma-Berlino”
Italia e Germania intervennero insieme contro il governo
spagnolo e a sostegno di Franco durante la guerra civile
spagnola (fine 1936-aprile 1939)
Italia, Germania e Giappone si associarono nel Patto antiComintern, un accordo per lottare contro il comunismo
internazionale
In realtà Mussolini intendeva usare le relazioni con la
Germania per premere sulle democrazie occidentali in
vista di altre conquiste coloniali e nel frattempo prepararsi
per una guerra che l’Italia avrebbe condotto in posizione di
forza
Il calcolo fu però errato, perché i progetti di politica
internazionale del Reich tedesco non prevedevano spazi di
manovra e di conquista per l’Italia
La legislazione antiebraica, 1938-39
•
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•
•
•
•
Il progressivo avvicinamento del regime fascista al nazismo
lo spinse a costruire una legislazione razziale antiebraica
Il 13 luglio del 1938 fu pubblicato il Manifesto della razza,
firmato da docenti universitari che affermavano come la
popolazione italiana fosse di ceppo ariano, priva di
contaminazioni effettive con altre razze, e di conseguenza
dichiaravano esplicitamente che gli ebrei non appartenevano
alla razza italiana
Fu poi organizzato il censimento degli ebrei italiani (22
agosto 1938)
Infine venne creata una legislazione sulla razza articolata in
diversi provvedimenti su scuole (espulsione di docenti e
studenti di “razza ebraica”), matrimoni (proibiti matrimoni
tra italiani “ariani” e persone di altra razza), possesso di beni
e esercizio di professioni.
Spesso i beni e le aziende di persone “non di razza ariana”
furono requisiti
Gli ebrei non potevano lavorare negli uffici pubblici e
svolgere professioni come notaio e giornalista, e erano
fortemente limitate anche altre libere professioni
La reazione degli altri italiani a questi provvedimenti fu a
volte di sostegno, altre di riprovazione, ma in genere
prevalse l’indifferenza
L’antifascismo “silenzioso”
Benedetto Croce
Eugenio Montale
• Il fascismo operò contro i suoi
avversari politici con la repressione:
carcere o confino politico
• Molti preferirono andarsene
dall’Italia, e un certo numero
dovettero agire contro il regime in
clandestinità
• Molti antifascisti semplicemente
cercarono di non collaborare con il
regime, con il silenzio pubblico o
utilizzando gli spazi lasciati dal
totalitarismo per svolgere attività
culturali, che non assumessero
significato esplicitamente politico
• Questo fu l’atteggiamento di cattolici
e liberali, e anche di ex socialisti
L’antifascismo cospiratorio dei comunisti
L’antifascismo degli esuli in Francia
• L’attività antifascista in Italia fu opera soprattutto dei comunisti, che
mantennero in vita una rete di attivisti, che operarono in vario
modo: distribuzione clandestina di stampa antiregime, infiltrazione
in sindacati, enti e organizzazioni del fascismo
• I risultati immediati nel ventennio furono ridotti e i rischi molto alti
• Molti esuli antifascisti si rifugiarono tra ‘25 e ‘27 in Francia: qui
socialisti, repubblicani e Cgl ricostruirono delle proprie
organizzazioni
• Nel 1927 questi gruppi si unirono nella Concentrazione antifascista,
legata all’esperienza dell’Aventino
• Anche se con le solite divisioni al suo interno, la Concentrazione
svolse un’opera di testimonianza e propaganda di grande significato,
mantenendo i contatti con gli emigrati italiani, stampando proprie
riviste e facendo sentire la propria voce nelle organizzazioni
internazionali
La proposta politica di Giustizia e Libertà
• La tattica troppo passiva della
Concentrazione fu criticata dal movimento
di Giustizia e Libertà, nato nel 1929, a
opera di Emilio Lussu e Carlo Rosselli in
Francia
• Era un movimento di orientamento
socialista, ma non marxista
• Il suo obiettivo era di riproporre la strategia
del Partito d’azione di Mazzini, in grado di
svolgere un’azione clandestina in Italia in
concorrenza con i comunisti
• Voleva anche cercare di trovare un punto
d’incontro tra socialisti, repubblicani e
liberali di sinistra per proporre una
strategia che unisse la prospettiva di libertà
politica con l’obiettivo di giustizia sociale,
unendo liberalismo e marxismo
I fuoriusciti comunisti e
il legame con l’Urss di Stalin
• I comunisti, anch’essi esuli in vari paesi europei, si
mantennero isolati dal resto dell’emigrazione antifascista
fino a metà degli anni ‘30
• Essi erano vincolati alla politica dell’Urss, tanto che il
principale dirigente comunista, Palmiro Togliatti era anche
dirigente del Comintern a Mosca
• Erano appiattiti sulle direttive di Mosca, che decideva la
strategia e le eventuali alleanze
• Anche i comunisti italiani partecipavano al culto di Stalin,
mentre la maggioranza di questi non conobbe le posizioni
critiche sulla politica sovietica di importanti dirigenti
incarcerati in Italia come Gramsci (morì nel 1937), sul cui
pensiero Togliatti esercitò una costante censura
Gli anni dei “fronti popolari”
e l’unità d’azione tra socialisti e comunisti
• Solo a metà anni ’30, quando Stalin decise di
appoggiare la politica dei fronti popolari (Francia e
Spagna) il Pci si riavvicinò agli altri partiti antifascisti
fino a decidere di costruire con i socialisti un patto di
unità d’azione
• Gli eventi successivi, dal fallimento del Fronte popolare
in Francia, alla sconfitta dei repubblicani in Spagna, alle
prime notizie sulle purghe staliniane in Urss, fino al
patto Von Ribbentropp-Molotov, determinarono una
nuova divisione tra i fuoriusciti italiani quando scoppiò
la seconda guerra mondiale
Bilancio dell’antifascismo
• L’antifascismo commise errori strategici e tattici
importanti e non ebbe una effettiva incidenza sulla
politica italiana degli anni del regime
• “Eppure svolse un ruolo di grande importanza politica,
oltre che morale. Testimoniò con la sua sola presenza
l’esistenza di un’Italia che non si piegava al fascismo e a
essa diede voce e rappresentanza politica; rese
possibile dopo il 1943 il sorgere di un movimento
resistenza armata al nazifascismo; anticipò con le sue
riflessioni teoriche e i suoi dibattiti molti tratti della
futura Italia democratica” (Sabbatucci-Vidotto)
La guerra civile spagnola,
1936-1939
Il colpo di stato di Primo de Rivera, 1923
Miguel Primo
de Rivera
• In Spagna nel 1923 il generale Miguel Primo
de Rivera attuò un colpo di stato con
l’appoggio del re Alfonso XIII, assumendo il
titolo di primo ministro
• Il parlamento fu sciolto e nacque un regime
autoritario che durò per sette anni
• La politica economica del regime ebbe
risultati disastrosi, e scatenò un
malcontento altissimo sia nella società
spagnola, sia nell’esercito
• De Rivera si dimise di sua volontà nel 1930
• Le successive elezioni amministrative del
1931 furono vinte dai partiti repubblicani, e
furono il segnale per il re che la sua autorità
era molto vacillante
• Alfonso lasciò il paese, anche se non abdicò
ufficialmente
La fuga di Alfonso II e la nascita della repubblica
• Le elezioni per l’assemblea costituente diedero una larga vittoria a
repubblicani e socialisti alleati tra loro
• Nel 1932, tuttavia, la coalizione di sinistra fece approvare una
costituzione decisamente avanzata dal punto di vista democratico,
che comprendeva anche il suffragio universale ambosessi, la
separazione Stato - Chiesa e la libertà di culto
• Negli anni successivi si alternarono al potere in Spagna lo
schieramento di sinistra (repubblicani e socialisti) e quello
moderato conservatore (liberali di destra e cattolici)
• La Spagna era un paese arretrato, in cui l’attività prevalente era
l’agricoltura
• I tentativi di riformare e modernizzare il paese erano frenati da una
classe di grandi proprietari terrieri di mentalità conservatrice; e da
un proletariato di tendenza anarchica, che aveva un’inclinazione
fortemente contraria allo stato: gli anarchici erano forti soprattutto
in Andalusia e Catalunya
Il Fronte popolare e le violenze reciproche, 1936
• Comunisti, anarchici, repubblicani di sinistra e socialisti
riuscirono in quegli anni a unirsi in una alleanza, il
Fronte popolare, che vinse di misura alle elezioni del
1936, ma ottenendo un grosso risultato in termini di
seggi (276 contro i 150 del Blocco di destra)
• Nei mesi successivi alle elezioni si creò un clima di
violenze pesanti e reciproche tra gli esponenti dei due
schieramenti: uccisioni di politici di destra, violenze e
morti di sacerdoti, saccheggi di chiese e monasteri, e
assalti alle case dei latifondisti; da destra analoghe
azioni furono attuate contro socialisti, comunisti,
repubblicani e anarchici
L’esercito si ribella, l’azione di Franco e della Falange
Francisco Franco
• Si formò allora un movimento di estrema
destra, la Falange, fondato dal figlio di Primo De
Rivera, che affiancò l’opposizione conservatrice
• Il progetto dei conservatori fu di impedire la
formazione del governo legittimamente eletto,
che avrebbe compreso anche anarchici e
comunisti
• Fu l’esercito, tuttavia, a decidere di intervenire
di forza nella politica spagnola
• Le truppe stanziate in Marocco si ribellarono al
governo repubblicano il 17 luglio 1936
• Il leader dei militari ribelli fu Francisco Franco,
che guidò l’esercito a passare in Spagna, dove
riuscì a conquistare il controllo di due zone del
paese, il Sudovest e il Nord
• Il Fronte popolare controllava invece Castiglia e
Catalogna, cioè le regioni delle due città più
importanti, Madrid e Barcellona
Il non – intervento di Gran Bretagna e Francia
Il sostegno a Franco di Italia e Germania
• Di fronte a questa guerra, l’atteggiamento
internazionale non fu univoco
• La Francia, guidata anch’essa da un Fronte
popolare, si adoperò perché le grandi potenze
europee non intervenissero nel conflitto
• Tuttavia, mentre la Gran Bretagna e la Francia
stessa si impegnarono a non intervenire
• Italia e Germania decisero di sostenere Franco
• L’Italia mandò in Spagna un contingente di
50.000 “volontari” e rifornì i franchisti con la
propria flotta
• La Germania inviò tecnici e armi, e bombardò le
zone strategicamente importanti, ma anche città
e paesi inermi
Il sostegno dell’Urss e le Brigate internazionali
Hemingway nella guerra civile
• I repubblicani furono sostenuti solo
dall’Urss, che fornì armi e munizioni e
favorì la formazione di Brigate
internazionali, cioè reparti di volontari
che aiutassero i repubblicani
• Nelle Brigate non si arruolarono solo
comunisti, ma anche antifascisti di ogni
tendenza: noti i casi degli scrittori
George Orwell e Ernst Hemingway
• Dall’Italia giunsero a combattere in
Spagna antifascisti come Carlo Rosselli,
che scrisse il famoso pamphlet “Oggi in
Spagna, domani in Italia”
Il rafforzamento dei franchisti, le divisioni tra i repubblicani
• In realtà le forze in campo erano
sproporzionate
• Franco formò la Falange nazionalista, che
riunì tutte le forze conservatrici, e era
appoggiato dai grandi proprietari terrieri,
dalla Chiesa e dalla borghesia moderata
• I repubblicani erano divisi tra loro su tutto:
l’organizzazione sociale da dare alla Spagna
e il modo di condurre la guerra
• Si arrivò a uno scontro armato tra anarchici
e comunisti a Barcellona nel 1937
• Gli anarchici spesso furono colpevoli di un
uso spropositato della violenza
• I comunisti, a loro volta, trattarono gli
anarchici con metodi simili a quelli che in
Urss Stalin usava contro i suoi avversari
interni: tra ’37 e ‘38 molti anarchici furono
eliminati dai comunisti e il loro partito
Poum fu tolto di mezzo attraverso
l’intervento di agenti mandati da Mosca
La fine della guerra, la vittoria dei franchisti
• I franchisti avanzarono nelle zone
repubblicane lentamente, ma costantemente
con l’obiettivo di eliminare la resistenza
militare e la dissidenza politica
• Il momento decisivo fu la separazione tra
Madrid e la Catalunya, l’asse territoriale e
politico dei repubblicani, nel 1938
• I mesi successivi furono gli ultimi della lotta
dei repubblicani, che furono abbandonati
anche dall’Urss
• Nelle prime settimane del ’39 i franchisti
attaccarono la regione di Madrid, che fu
espugnata nel marzo 1939
• Il bilancio finale fu di mezzo milione di morti,
300.000 immigrati politici e di una distruzione
pesantissima dell’economia