UNIVERSITÀ POLITECNICA DELLE MARCHE FACOLTÀ DI ECONOMIA “GIORGIO FUÀ” _______________________________________________________________ Dottorato di Ricerca, curriculum “Economia Aziendale” “Riflessioni teoriche e possibili applicazioni del marketing territoriale: il caso della politica di comunicazione della Provincia di Fermo” Tutor: Tesi di Dottorato di : Prof: Silvio Cardinali Silvia Teresa Vallesi Anno Accademico 2009 – 2010. 1 Indice Introduzione _____________________________________________________ 4 1. Il territorio come sistema competitivo ______________________________ 11 1.1. L’insieme degli attori del territorio _________________________________ 15 1.2. L’insieme delle risorse del territorio ________________________________ 19 1.3. L’insieme delle attivita’ svolte nel territorio. _________________________ 22 1.4. La capacita’ competitiva di un sistema territoriale ____________________ 23 1.5. La capacita’ competitiva del territorio e competitivita’ degli attori che ne sono parte _________________________________________________________ 26 1.6. Le risorse finanziarie per la strategia di marketing del territorio ________ 30 1.7. Il marketing territoriale il project financing e i suoi vantaggi ___________ 31 1.8. I patti territoriali e le forme della programmazione negoziata per lo sviluppo delle aree territoriali_________________________________________________ 35 1.9. I patti territoriali e le altre forme di programmazione negoziata _________ 38 1.10. Il marketing d’area _____________________________________________ 40 1.11 I contenuti del marketing d’area___________________________________ 43 2. Contenuti e processo di formulazione della strategia di marketing territoriale _______________________________________________________________ 47 2.1. Gli orientamenti di base della strategia di marketing territoriale ________ 47 2.2. Possibili analogie tra azienda e territorio ____________________________ 50 2.3. L’audit del territorio: punto di partenza per definire la visione e gli obiettivi __________________________________________________________________ 55 2.4. L’azione delle imprese locali all’ interno della strategia di marketing del territorio __________________________________________________________ 58 2.5. Le categorie della domanda del territorio ____________________________ 61 2.5.1. La domanda interna __________________________________________________ 64 2.5.2. La domanda esterna __________________________________________________ 68 2.6. L’ analisi delle componenti dell’ offerta territoriale ___________________ 71 2.6.1. Offerta territoriale turistica_____________________________________________ 74 2.7. L’ analisi delle offerte territoriali concorrenti ________________________ 79 3. L’analisi del territorio fermano ___________________________________ 82 3.1. L’ analisi socio-economica del territorio e della popolazione ____________ 82 3.1.1. Struttura della popolazione_____________________________________________ 83 2 3.2. Il distretto industriale ____________________________________________ 88 3.2.1. Le caratteristiche del distretto fermano-maceratese __________________________ 91 3.3. Analisi della struttura produttiva fermana ___________________________ 96 3.3.1. Il terziario avanzato e la provincia di Fermo ______________________________ 101 3.3.2. L’ ICT – Informatic Communication Technology __________________________ 105 Fonte: database Stockview infocamere_________________________________ 108 3.3.3. La consulenza professionale___________________________________________ 109 3.3.4. Le nuove caratteristiche del settore manifatturiero _________________________ 113 3.3.5. I gruppi strategici di imprese fermane ___________________________________ 120 3.3.6. Innovazione e tecnologie _____________________________________________ 123 3.4. La destinazione turistica _________________________________________ 126 3.5. Turismo nella Regione Marche e Province __________________________ 132 3.6. Turismo nella Provincia di Fermo _________________________________ 140 3.6.1. Capacità ricettiva ___________________________________________________ 142 3.6.2. Turismo nei sottoinsiemi locali nel Fermano ______________________________ 144 3.7. Gli attori istituzionali presenti nella Provincia _______________________ 148 4. La politica di comunicazione del territorio _________________________ 154 4.1. Il piano di comunicazione territoriale ______________________________ 156 4.2. Definizione del target di comunicazione ____________________________ 158 4.2.1. Gli attori istituzionali presenti sul territorio _______________________________ 160 4.2.2. Gli opinion Leader __________________________________________________ 160 4.2.3. Le imprese locali ___________________________________________________ 161 4.2.4. I turisti ___________________________________________________________ 162 4.3. Il brand territoriale e l’immagine coordinata del territorio ____________ 167 4.4. Il sistema turistico locale Marca Fermana __________________________ 173 4.5. Le aree tematiche della comunicazione del territorio _________________ 176 4.5.1. La comunicazione di marketing ________________________________________ 177 4.5.2. La comunicazione ai co-maker_________________________________________ 178 4.5.3. La comunicazione finanziaria e di lobbying_______________________________ 180 4.6. Le combinazioni aree forme della comunicazione del territorio _________ 181 4.7. I mezzi e i veicoli di comunicazione del territorio_____________________ 184 4.7.1. Esempi di possibili veicoli di comunicazione territoriali _____________________ 188 Conclusioni ____________________________________________________ 193 Bibliografia ____________________________________________________ 199 3 Introduzione Il tema del marketing territoriale sta assumendo sempre maggior rilievo nel dibattito culturale ed accademico. Prima di tutto come conseguenza del crescente peso che le politiche di sviluppo locale, di cui il marketing territoriale è parte, hanno acquisito nei processi di crescita economica e sociale a livello nazionale e regionale; in secondo luogo la rilevanza che il marketing territoriale ha assunto deriva da sforzi di trasferimento in un contesto particolare, un’area geografica, di una metodologia di gestione tipica dell’azienda, il marketing. In presenza di situazioni in cui l’offerta di territorio si presenta sovradimensionata rispetto alla domanda, s’impone il ricorso a politiche e tecniche di marketing per sostenere la domanda ed adattarla alle sue esigenze. In questi anni, gli operatori privati e pubblici che hanno responsabilità di governo delle componenti fondamentali di un territorio, hanno manifestato crescente interesse verso le applicazioni di marketing per il miglioramento delle condizioni insediative e di attrattività. Tuttavia, è solo a partire dalla metà degli anni ‘80 che si è manifestata, con crescente intensità, la percezione della necessità di rendere massima la competitività di un’area geografica, a fronte da un lato del sorgere di pericoli di delocalizzazione al suo esterno di imprese e stabilimenti, da un altro, di crescenti difficoltà sopravvenute nell’attrazione di investimenti dall’ esterno ( a causa dell’estendersi delle opportunità localizzative dell’impresa verso i nuovi paesi capaci di offrire maggiori incentivi e vantaggi). Nel “marketing territoriale”, sono state inizialmente comprese tutte le azioni in qualche misura orientate a sviluppare il grado di attrattività di un’area geografica per gli utenti interni e soprattutto per quelli esterni. In gran parte dei casi, queste azioni consistevano in iniziative in comunicazione, ma potevano anche essere interventi sul patrimonio infrastrutturale del luogo e sull’offerta di servizi alle imprese. Oppure potevano consistere nella predisposizione di misure 4 d’incentivazione o di sostegno all’investimento. L’interesse che gli studiosi hanno manifestato verso questa materia è stato una conseguenza naturale di questo stato di cose ed ha avuto un grande impulso grazie al crescente coinvolgimento degli economisti industriali e degli economisti d’impresa. Un coinvolgimento quasi necessario se si considera che un progetto di marketing territoriale è basato sull’applicazione dei concetti e degli strumenti operativi di una funzione aziendale in un riferimento particolare, rappresentato da uno spazio geografico. Del resto, il marketing territoriale è essenzialmente una nuova tappa di un percorso evolutivo che ha già conosciuto diversi passaggi molto importanti. E’ noto infatti, come l’attuale ricchezza concettuale del marketing sia il risultato di una progressiva estensione di questa disciplina ad ambiti via via nuovi; come ad esempio il marketing delle imprese di servizio, il marketing delle organizzazioni no profit, il marketing dei beni culturali. Il concetto di marketing territoriale, secondo Caroli ha origine nella prospettiva relazionale, mutuato dal marketing dei beni industriali e dei servizi. Il marketing del territorio è infatti basato sulla creazione e il consolidamento di un sistema di relazioni tra il soggetto che ha il compito di gestire l’ offerta, ovvero le componenti del territorio e i potenziali acquirenti rappresentati dagli investitori e generalmente dagli utenti attuali e potenziali. Ancarani, attua in proposito una suddivisione tra marketing territoriale esterno, orientato ad attrarre nel territorio investimenti nei diversi tipi di capitale e, marketing territoriale interno, orientato invece alla qualità e alla soddisfazione dei pubblici interni, cioè dei cittadini e delle imprese che operano all’interno della città: un territorio risulterà maggiormente attrattivo se innanzitutto riuscirà a soddisfare le aspettative dei residenti. In proposito Vicari e Mangiarotti, affermano che l’obiettivo del marketing territoriale è quello di aumentare il valore delle città: questo significa aumentare la sua capacità di sviluppo cioè di crescita della soddisfazione dei propri cittadini, delle proprie imprese e di servizio al resto 5 della comunità e del paese in cui la città è inserita. Cercola definisce il marketing territoriale come un “processo finalizzato alla creazione di valore, per una collettività composta da un’insieme di individui che fruiscono di un territorio predeterminato nei suoi confini”. Per aumentare il valore del territorio, bisogna essere in grado di attrarre investimenti esterni, questa attrazione può essere spontanea, questo si verifica nel caso di regioni dotate di caratteristiche territoriali e tecnologiche competitive a livello internazionale, oppure può essere costruita attraverso la programmazione di specifiche politiche di marketing territoriale volte a migliorare le condizioni di localizzazione presenti in una determinata area e a renderne più visibili le opportunità di investimento e di sviluppo. Paoli introduce in concetto di marketing d’area, inteso come l’insieme delle azioni collettive poste in atto in una specifica area inteso come l’insieme delle azioni collettive poste in atto per attirare in una specifica area o territorio nuove attività economiche, produttive, favorire lo sviluppo delle imprese locali e promuovere un’immagine favorevole. Il concetto d’area è più complesso di semplice superficie spaziale in quanto comprende anche l’insieme dei valori tangibili e intangibili, quali gli abitanti, la cultura, il retaggio storico, il patrimonio urbanistico, artistico, le infrastrutture, la localizzazione e ogni altro genere di situazione tale da accrescere il valore complessivo dei vari elementi. Per quanto riguarda la metodologia utilizzata, nei primi due capitoli è stato adottato un approccio positivo/interpretativo, in quanto sono state analizzate le principali caratteristiche che un sistema territoriale deve avere: risorse, attività svolte, caratteristiche degli gli attori ivi presenti, tipologia di domanda ed offerta, alla luce delle teorie esposte dai principali esperti di marketing territoriale precedentemente citati. Nel primo capitolo si analizzano le caratteristiche degli attori del territorio, questi possono essere divisi in tre principali categorie: gli stakeholder, o pubblici interni, 6 che sono portatori di interessi rilevanti, i clienti/mercato, o pubblici esterni, ovvero i turisti, i visitatori per motivi di affari e infine i policy makers, che non sono altro che gli amministratori del territorio. Il territorio assume valore in funzione della sua maggiore o minore capacità di soddisfare gli interessi, economici e non, degli stakeholders rilevanti. La capacità competitiva di un territorio, si esprime come le scelte strategiche poste in essere dai territori per riuscire ad attrarre verso di se il maggior numero possibile di investitori sfruttando e valorizzando le risorse disponibili, al fine di ottenere uno sviluppo sostenibile dell’area di riferimento. Nel secondo capitolo si analizzano principalmente le differenze tra il marketing aziendale e quello territoriale, infatti questo è sottoposto alle scelte prese dalle autorità di governo e subordinato alla realizzazione dello sviluppo sostenibile; la scelta dei segmenti obiettivo può essere compiuta solo parzialmente in quanto si può predisporre l’offerta privilegiando una determinata categoria di utenti, ma non si possono escludere gli altri attori territoriali; inoltre il prodotto territorio è localizzato e non può essere separato dalla propria locazione geografica dalle caratteristiche fisiche, chimiche e spaziali che ne sono proprie. La domanda territoriale può essere interna, ovvero quella formulata dagli individui che vivono nel territorio; il marketing del territorio, verso la domanda interna persegue come obiettivi principalmente quelli di mantenere le imprese esistenti e rafforzarne la competitività, aumentare l’occupazione e la capacità di produzione di reddito dell’area; la domanda esterna deriva dalle imprese che cercano opportunità insediative per determinate loro attività produttive e dagli individui che ricercano un luogo di residenza, di lavoro, di impiego del tempo libero. L’avvento del turismo rappresenta per un sistema territoriale un input fondamentale di trasformazione che deve essere opportunamente indirizzato e interiorizzato al fine di generare valore e sviluppo notevole. La destinazione turistica è un luogo, 7 obiettivo di viaggio, che il turista desidera visitare grazie a determinate attrazioni, naturali o artificiali, preesistenti o create ad hoc che esso offre. Quindi un territorio che vuole svilupparsi come destinazione turistica deve attivare una serie di processi per definire lo stock di risorse da proporre come motivo del viaggio, realizzare dal punto di vista istituzionale una strategia per assumere un ruolo attivo e propositivo all’interno del mercato turistico senza essere passivamente oggetto di turismo e infine promuovere le proprie offerte nelle regioni generatrici di flussi turistici più idonee, sotto il profilo geografico, comportamentale e attitudinale a divenire bacini di attrazione di flussi. Nel terzo capitolo è stata effettuata invece, un analisi empirica sul territorio fermano, per determinare le caratteristiche delle imprese presenti, attingendo i dati presso la Camera di Commercio di Fermo, Confcommercio, Confartigianato, Cosif, Gal Fermano, Movimprese (per i dati relativi alle dinamiche demografiche delle imprese). Le imprese artigiane sono pari a 7449 pari al 36,3% delle attività totali, principalmente collocate nel settore calzaturiero, questo espone il sistema produttivo a un notevole rischio di shock, dovuto alla variazione nella domanda di questo settore, dovuto anche al fatto che le ridotte dimensioni delle imprese, la specificità del processo produttivo e del prodotto calzaturiero, non hanno favorito lo sviluppo di un elevato livello tecnologico. I sistemi CAD e CAM sono stati applicati principalmente alle fasi estreme del ciclo produttivo: alle fasi iniziali di progettazione modellazione e taglio delle pelli e nelle fasi finali di fissaggio e di packaging del prodotto. Inoltre, malgrado la preponderanza del settore calzaturiero, nel territorio, sono emerse negli ultimi anni, imprese caratterizzate dall’uso di tecnologie avanzate e dall’ alta qualità degli imprenditori e del management, nel settore delle materie plastiche (Picenum Plast), in quello della meccatronica e della domotica (Sigma, Elsamec e Videx) e nel settore alimentare con i pastifici di Campofilone. Un’ altro settore che spicca per gli elevati ritmi di 8 crescita del numero delle localizzazioni è quello dei servizi alle imprese, comprendente attività immobiliari, noleggio, informatica, che passa da 957 unità nel 1998, a 1855 unità nel 2008 (+94%). Per quanto riguarda i dati relativi al settore turistico e alla ricettività turistica si fa riferimento ai dati della Camera di Commercio di Fermo, ai dati dell’Osservatorio Turistico della Regione Marche e ai dati reperibili nel sito Isnart (osservatorio ricerche turistiche). La principale tipologia di turismo è quella balneare, infatti la maggior parte degli arrivi si collocano nei mesi da giugno a settembre, con un periodo di punta nel mese di agosto, anche se ultimamente sta crescendo il turismo culturale e l’ecoturismo: le motivazioni che spingono questo tipo di turismo sono legate alla riscoperta del benessere fisico, all’attenzione alla tipicità e al contenuto biologico dei prodotti alimentari locali. La struttura ricettiva è legata alla dimensione piccola e familiare, che potrebbe sembrare un apparente debolezza, ma in realtà può essere trasformata in elemento di valorizzazione dell’identità territoriale grazie alla possibilità per il turista di vivere un’esperienza unica. Nell’ultimo capitolo è stato adottato un approccio positivo-induttivo, proponendo un piano di comunicazione, nel quale si analizzano le modalità attraverso cui il territorio può farsi conoscere all’ esterno, sia in Italia sia all’estero. L’attività di comunicazione prevede determinati “step”, tra i quali: la definizione degli obiettivi che si intende perseguire, l’individuazione dei destinatari, la definizione del budget e dei mezzi per mettere in atto la comunicazione, il controllo o feedback per valutare se l’azione di comunicazione ha raggiunto il target prescelto, secondo i tempi e le modalità stabilite. Nell’ambito del territorio, le fonti che si occupano di comunicazione risultano molteplici: governo locale, enti locali e agenzie; e se da un lato questo è un dato positivo perché accresce le risorse complessivamente investite in comunicazione, dall’altro costituisce un 9 rischio nel caso in cui non venga garantito un opportuno coordinamento atto ad evitare che i diversi comunicatori si sovrappongono o vengano diffusi messaggi contraddittori. Il brand territoriale Marca Fermana, si pone come obiettivo di identificare il territorio per chi già lo conosce e soprattutto attrarre la domanda turistica potenziale; inoltre, in veste di marchio ombrello può essere utilizzato dalle imprese attive sul territorio per valorizzare e posizionare i propri prodotti e permette alle aziende presenti sul territorio, che non sono ancora in possesso di marche proprie e fattori di istintività, di condividere un brand locale che le possa accompagnare nella delicata fase di start-up iniziale. Il 29 Marzo 2003, nasce il Sistema Turistico Marca Fermana, costituito dai 40 comuni della provincia, per un totale di 69 soggetti aderenti tra pubblici e privati, impegnato nella promozione, informazione e accoglienza turistica; tra i vari progetti vi sono quelli di tutelare e valorizzare le potenzialità del territorio, destagionalizzare e diversificare i flussi turistici, rilanciando un modello diffuso di turismo di qualità. 10 1. Il territorio come sistema competitivo Il territorio può essere interpretato come un sistema costituito da un’insieme di attori e risorse, sede di attività, e, guidato da sub sistemi costituiti dal sistema di governo. E’ collocato in uno spazio più o meno chiaramente identificato che ne determina anche alcune caratteristiche. Il territorio oltre che da una dimensione spaziale, è caratterizzato da una dimensione temporale, in considerazione del fatto che le sue componenti basilari (appunto, attori risorse attività e relazioni) si muovono in modo dinamico1. Il territorio in quanto entità che evolve, può essere considerato un sistema vitale2, le caratteristiche strutturali dello spazio geografico lo influenzano per alcuni versi in modo anche rilevante, ma comunque non determinano l’evoluzione del sistema territoriale in esso contenuto. Tale evoluzione risulta da un complesso naturalmente molto ampio di fattori ed è fortemente influenzata dai comportamenti e dalla stessa evoluzione del sistema territoriale in esso contenuto e dalla stessa evoluzione dei molteplici attori che costituiscono quel sistema. Il territorio è una qualsiasi aggregazione sociale identificatasi per effetto dell’ azione esercitata dall’organo di governo, con una porzione dello spazio geofisico e, nella generalità dei casi, operante per la perpetuazione e lo sviluppo di tale assetto. Il sistema vitale territorio può ricevere un riconoscimento giuridico ed assurgere ad “Istituzione”, per cui finisce per essere integrato in un sistema politico istituzionale. E’ possibile definire il sistema vitale territoriale come quel sistema che persegue la finalità di sopravvivenza attraverso la produzione di 1 Caroli, Il Marketing Territoriale, Strategie per la competitività sostenibile del territorio, Franco Angeli, Torino 2001. 2 Claudia Maria Golinelli, Il territorio sistema vitale, verso un modello di analisi, Giappichelli editore, Torino 2002. 11 valore economico-sociale per sovra sistemi esercitanti attese e pressioni in termini di insediamento e localizzazione spaziale. I profondi mutamenti, verificatisi negli ultimi anni nel mondo economico (rapido progresso tecnologico, nuove modalità di produzione di beni e di servizi, diffusione di nuovi modelli culturali e di consumo, globalizzazione dei mercati), hanno intensificato la competizione tra le aree geografiche ed hanno fatto emergere, anche per lo sviluppo socio-economico del territorio, l’opportunità di formulare una pianificazione strategica, la quale sia fondata sul coordinamento dei processi decisionali degli operatori pubblici e delle imprese3. L’esistenza di dinamiche ipercompetitive globali e di relazioni di scambio tra il territorio e i suoi pubblici di riferimento (stakeholders) giustificano l’adozione della metafora del territorio come impresa4, e l’adozione di strategie e politiche di marketing per la gestione dello stesso. Il territorio, come un’ impresa, vede convergere in se l’insieme degli interessi dei suoi stakeholders rilevanti: infatti sempre come un’impresa il territorio si trova a sviluppare processi di scambio con mercati clienti, cui deve offrire beni e servizi attraenti, o meglio verso i quali deve rendersi sempre più attrattivo. Nel marketing territoriale, così come nell’ evoluzione del marketing delle imprese, si osserva come l’oggetto della relazione di scambio sia complesso, dal momento in cui non è riconducibile al semplice prodotto, ma al più opportuno concetto di “ prodotto territoriale allargato” 5; 3 Silvestrelli S, Agazzani D, Diversificazione del prodotto e località turistiche, in Prisma, 14/15 2000. 4 Camagni, Il Marketing urbano come strumento di competizione tra le città, Sviluppo e organizzazione, Luglio-Agosto 1992. Fabio Ancarani, Il Marketing territoriale: un nuovo approccio per la valorizzazione delle aree economico-sociali, Economia e diritto del terziario, n°1, 1999. 5 Antonio Casella, marketing delle città: Premesse alla definizione ed all’applicazione di una nuova disciplina, Commercio n°60, 1997. 12 infatti una località può essere considerata nella sua globalità, come un’ entità ben definita, formata da infrastrutture, attività, atmosfere e tutto ciò di simbolico che essa può rappresentare, ma anche attraverso le sue specificità, ossia i servizi che offre, le strutture dedicate ad apposite funzioni: le due parti, hard e soft, possono essere ricondotte a unità attraverso l’adozione del concetto “prodotto territoriale allargato, ove la componente soft, immateriale è la fonte principale della differenziazione dell’ offerta e dell’ ottenimento di vantaggi competitivi territoriali. Il concetto del marketing territoriale può essere applicato ad ogni realtà che mira ad ottimizzare la relazione di scambio esistente fra i gruppi di soggetti che contribuiscono a formare il prodotto territorio e quelli che intendono utilizzare tale prodotto; in quest’ ottica nasce il concetto di city marketing6con l’obiettivo di aumentare il valore della città, migliorare la sua collocazione nel sistema ambientale, per studiare i gap esistenti tra la posizione attuale e quella programmata e per intraprendere le azioni necessarie a colmare gli eventuali gap rilevanti, Cercola 7dà molta importanza alla componente relazionale del marketing territoriale: nell’attuazione di un piano di marketing è necessaria la circolazione delle informazioni in ogni fase del processo, sia dal soggetto iniziatore sia di tutti gli attori progressivamente coinvolti nella progettazione e realizzazione. Tale approccio è diretto a garantire che il processo porti a risultati concreti e che non si vengano a creare gap tra quanto pianificato e quanto effettivamente realizzato, oppure che, a valle dell’attività di pianificazione, vengono del tutto a mancare le fasi attuative. 6 Rosalba Filosa Martone, la città in ascolto, una nuova visione del city marketing, Economia e management, n°6 1998. 7 Cercola Raffaele, Economia neoindustriale e marketing territoriale, in Sviluppo e organizzazione, n°172, novembre-dicembre, 1997. 13 Quindi il marketing territoriale non solo ha ragione di essere, ma ha anche una solida base per diventare patrimonio di tutte le amministrazioni pubbliche, delle imprese e dei cittadini e delle politiche del lavoro8. L’occupazione e i redditi si creano anche attraverso la valorizzazione dei territori, che passa attraverso il contatto con i clienti potenziali. Nella scelta del cliente, non si pensa solo al cliente di fascia bassa, al cliente interessato solo alla concorrenza di prezzo tra un territorio e l’altro trascurando invece un’altra idea di marketing, ovvero quello esterno9, secondo cui, fissata una identità effettiva o progettuale, il marketing va a scegliere i clienti adatti, ossia cerca di attrarre e far localizzare le imprese più adatte al patrimonio conoscitivo e relazionale disponibile nel luogo o riproducibile in base alla domanda. Da questo emerge l’importanza di un altro cliente, il cliente interno10: il marketing territoriale non va rivolto solamente alle multinazionali che devono scegliere una localizzazione e non vogliono radicarsi nel territorio; ma deve se vogliamo coltivare i vantaggi distintivi del territorio, trovare i clienti che vogliono stabilizzarsi nel territorio, apprezzando e valorizzando il sistema cognitivo e relazionale specifico di questo. Un territorio risulterà maggiormente attrattivo se riuscirà a soddisfare le esigenze dei residenti. 8 Rullani Enzo, L’impresa e il suo territorio: strategie di globalizzazione e di radicamento nel territorio, in Sinergie, n°49, 1999. 9 Ancarani F, Il marketing territoriale, un nuovo approccio per la valorizzazione del territorio, Working paper, Sda Bocconi, Milano, 1996. 10 Rullani, L’impresa e il suo territorio: strategie di globalizzazione e di radicamento sul territorio, relazione al convegno il marketing per lo sviluppo locale, Luiss Guido Carli, Roma 5 marzo 1999, in Sinergie n°49, 1999. 14 1.1. L’insieme degli attori del territorio Un territorio è sede di un insieme di attori costituiti da persone fisiche e da organizzazioni più o meno complesse, dotate di risorse e finalizzate allo svolgimento di determinate attività che, almeno in parte sono realizzate e hanno riflesso sul territorio dove hanno sede11. Un determinato attore può essere distinto in funzione dell’intensità del legame che esso stesso ha con il contesto geografico. L’intensità del legame tra un attore e il territorio può essere descritta su tre livelli: intensità “forte”, quando un soggetto risiede stabilmente in un territorio; intensità “media” quando un soggetto non risiede stabilmente nel territorio ma ha relazioni al suo interno sufficientemente frequenti e rilevanti, oppure al contrario, risiede formalmente nel territorio ma non ha relazioni significative; intensità “debole”, quando un soggetto non risiede stabilmente nel territorio e ha contatti rari o comunque non sistematici12. L’insieme degli attori di un contesto geografico è estremamente variegato anche in relazione alla natura giuridica, alla missione istituzionale, al rilievo economico e sociale. Le entità territoriali, in situazioni di ipercompetizione, ossia di crescente competitività con altri territori (ovvero all’ esterno), si trovano a dover interagire, al loro interno, con un variegato insieme di pubblici di riferimento. La competitività e l’attrattività esterna sono funzione anche della capacità di generare soddisfazione all’interno. Il marketing del territorio si muove pertanto tra esterno ed interno, tra attrattività e valore. Si possono distinguere coloro che sono portatori, nei confronti del territorio di interessi rilevanti, e che possono essere definiti stakeholder (pubblici interni), da 11 Caroli M G, il marketing territoriale, Angeli, Milano, 1999. 12 Caroli Matteo, Pubblico e privato nella logica del marketing territoriale, in Sinergie n°70, 2006. 15 coloro che sono viceversa definibili clienti/mercati (pubblici esterni), da coloro che sono amministratori del territorio o policy makers13. Il territorio assume valore in funzione della sua maggiore o minore capacità di soddisfare gli interessi di tipo economico e non, degli stakeholders rilevanti. L’accezione strettamente economica di soddisfazione è preponderante per coloro che sono proprietari di terreni fabbricati e infrastrutture. Questi detenendo uno stock di capitale possono essere definiti stockholders14. Il loro interesse prioritario non potrà che essere l’incremento di valore economico dello stock di territorio di cui essi sono proprietari. Gli stakeholders possono essere suddivisi in almeno due grandi categorie: i residenti lavoratori e non e le imprese insediate nel territorio. I residenti hanno interesse a trovare opportunità di lavoro coerenti con la loro formazione e le loro professionalità. Per tale categoria di stakeholders, pertanto il grado di soddisfazione sarà più o meno alto più il territorio stesso sarà in grado di offrire posti di lavoro coerenti con le specifiche professionalità. I residenti titolari di attività imprenditoriali hanno interesse a che nell’ambito territoriale si sviluppino opportunità per espandere la propria attività economica e di ottenere ritorni economici. L’interesse prioritario dei residenti proprietari di immobili è l’incremento di valore degli immobili stessi. Essi dunque possono essere identificati come stockholders. I residenti ricercano nel territorio il miglioramento e l’ottimizzazione del livello di qualità della vita sia sotto l’aspetto più strettamente salutare e ambientale, sia sotto quello che più generalmente pertiene all’ambito della sicurezza, delle relazioni sociali, della cultura e del divertimento. E’ evidente, pertanto, che i 13 Ancarani Fabio, Il marketing territoriale: un nuovo approccio per la valorizzazione delle aree economico-sociali, Economia e Diritto del terziario, n°1, 1999. 14 Camagni R, Le condizioni e gli strumenti finanziari per la Milano Europea, Impresa e Stato, n°27 1994. 16 residenti attribuiscano tanto più valore al territorio quanto più questo offre livelli di qualità della vita coerenti con le loro aspettative. Per ciò che concerne le imprese insediate nel territorio, il loro interesse sembra essere quello di ricercare vantaggi di tipo localizzativo ed economie di tipo esterno. Esse sono interessate alla vicinanza a reti e nodi di comunicazione di grande rilevanza, alla prossimità delle fonti di approvvigionamento di primaria importanza, alla vicinanza di altre imprese a esse complementari nel campo produttivo e fornitrici di servizi fondamentali alla produzione, all’esistenza sul territorio di una popolazione residente che per caratteristiche demografiche, sociali, economiche, costituisca nel contempo forza lavoro con elevato livello di istruzione, professionalità specifiche e potere di acquisto espandibile e redditizio. L’ insieme dei vantaggi di tipo localizzativo e di economie esterne deve evidentemente tradursi, per le imprese, in vantaggi competitivi. L’insieme dei clienti del territorio è estremamente variegato: il territorio è infatti in grado di far convergere clienti/pubblici esterni sempre più ampi e più adatti quanto più è attrattivo, cioè in grado di soddisfare le specifiche esigenze dei differenti pubblici. Esistono i fruitori di beni e servizi offerti dalle differenti entità territoriali. A tale categoria senz’ altro i turisti, cosi come i visitatori per motivazioni d’affari, a scopo congressuale o a scopo di shopping (outlets, etc.). Vi sono poi gli investitori che fanno confluire non solo capitali, ma più generalmente risorse, verso quelle aree territoriali in grado di attrarle maggiormente, garantendone una maggiore valorizzazione. Rimane infine la vasta categoria dei potenziali nuovi residenti e delle nuove imprese che possono decidere di insediarsi nel territorio. Tali soggetti possono apportare al territorio, se questo ha una sua attrattività, nuove capacità lavorative, nuove competenze, nuove imprenditorialità e nuovi posti di lavoro. Inoltre devono essere necessariamente 17 coinvolti nell’attuazione del progetto gli attori bancari, ovvero gli istituti di erogazione del credito a breve e medio termine. Il loro apporto diviene fondamentale non solo per aumentare la dotazione e la qualità dei fondi a tassi agevolati da attribuire alle imprese nuove entranti, ma anche per favorire rapide ed efficienti procedure per l’erogazione al cliente investitore delle somme stanziate e, più in generale di tutti i servizi connessi alla normale attività d’impresa15. Paoli16 distingue gli attori di marketing territoriale in base all’ampiezza geografica della loro responsabilità; il primo è quello comunale, si crea un’organismo all’interno del comune per il coordinamento e la realizzazione delle varie iniziative che migliorino l’attrattività dell’ area. Per amministrare una città come un’ impresa occorre disporre di persone motivate, qualificate e coinvolte nella definizione degli obiettivi che devono essere perseguiti. Se all’ interno della città si decide di adottare un’orientamento al city marketing, è indispensabile anche adottare un’ orientamento al marketing interno, cioè una continua attenzione a rispondere alle esigenze e alle difficoltà che le persone coinvolte nel processo produttivo devono affrontare e risolvere per raggiungere gli obiettivi fissati per la città azienda (Martone 1998). Pertanto in essa si prevede la figura di un direttore generale il cui compito è quello di affiancare il sindaco nell’attuazione degli indirizzi e degli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell’ente, secondo le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della provincia, e che sovraintende alla gestione dell’ ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia e efficienza. Esiste poi il livello metropolitano, costituito da una serie di centri medi e piccoli che 15 Valdani E, Jarach D, Strategie di marketing per il territorio: come vendere un area geografica, in Vincenzo Perrone, l’occupazione possibile, Spazi di azione imprenditoriale e manageriale, Etas Libri, 1998. 16 Paoli M, Marketing d’area per l’attrazione di investimenti esogeni, Guerrini e Associati, Milano 1999. 18 fanno riferimento ad una città di dimensioni relativamente più grandi. In questo caso l’agenzia di marketing si occupa di promuovere tutto il territorio e di sviluppare le sinergie tra i centri urbani che ne fanno parte e i collegamenti con il fulcro costituito dalla grande città. Il terzo livello è quello regionale, qui l’organo di governo opera in un ambito che è più differenziato e complesso; dall’ altro ha un maggiore potere di pianificazione e di coinvolgimento gerarchico di numerosi soggetti istituzionali che governano le componenti del territorio. Infine a livello nazionale, lo stato può dotarsi di un organo di governo centrale. A tale organo è affidato il compito di definire gli indirizzi generali di sviluppo competitivo del paese; di attuare interventi mirati in aree per i quali è necessario utilizzare misure legislative nazionali; di coordinare e supportare il lavoro degli organismi analoghi a livelli territoriali inferiori. Infine, c’è ne è anche un quinto, quello internazionale: le agenzie internazionali hanno principalmente il compito di diffondere all’ estero le opportunità offerte dal paese di origine. 1.2. L’insieme delle risorse del territorio Le risorse, rappresentano una delle componenti del territorio, queste vengono catalogate principalmente secondo tre criteri (Caroli 1999): - il grado di complessità - il grado di tangibilità - l’origine La complessità di una risorsa può dipendere sia dai fattori che hanno portato alla sua costituzione e sia da quelli che sono coinvolti nel suo mantenimento ed utilizzazione; normalmente le risorse che hanno un elevata complessità si manifestano esse stesse come un “sistema” all’interno del sistema territoriale o di più sistemi 19 territoriali collegati. Il secondo criterio differenzia le risorse tra materiali e immateriali; per quanto riguarda quelle materiali, che possono essere intese come tutti gli elementi visibili e direttamente valorizzabili che caratterizzano un ambito geografico, vi sono: l’assetto morfologico del territorio, le infrastrutture per le attività economiche e quelle sociali, le fonti naturali dei fattori di produzione, le istituzioni e l’apparato amministrativo, il tessuto produttivo locale, i centri di generazione della conoscenza, il capitale umano, la dimensione e la qualità del mercato di sbocco. Per quanto riguarda le immateriali, le quali derivano dal percorso evolutivo attraversato nel tempo dal sistema territoriale stesso e sono fortemente specifiche e difficilmente imitabili in altri contesti territoriali, vi sono: le conoscenze radicate nel territorio, il livello di capitale sociale, la reputazione percepita all’esterno, il grado di apertura internazionale, la cultura imprenditoriale, il livello di benessere e coesione sociale. I fattori materiali e immateriali di un territorio hanno ciascuno un proprio ciclo di vita, quindi il loro impatto varia ed evolve nel tempo. E’ quindi rilevante valutare non solo la composizione del patrimonio di risorse che il territorio ha a disposizione ad un certo istante, ma anche la dinamica tendenziale delle componenti di tale patrimonio, in relazione anche all’ andamento che queste hanno in altri ambiti geografici. Ogni risorsa può rappresentare una leva per attivare e sostenere il processo di cambiamento dell’ identità strategica di un’area; la valutazione dell’ adeguatezza della risorsa a tale finalità si fonda sull’ analisi di alcuni elementi caratterizzanti17: • Utilità: ovvero la quota di valore creato dalla risorsa rispetto a tutte le altre risorse presenti nel territorio. 17 Bonetti E, Simoni M, L’integrazione tra marketing turistico e marketing territoriale, in Sinergie 2005. 20 • Appropriabilità: è rappresentata dalla quota di valore creato dalla risorsa di cui il territorio trae un beneficio diretto. • Controllabilità: è definita in base alla misura in cui gli attori del territorio possono modificare le traiettorie di sviluppo della risorsa. • Riproducibilità: è rappresentata dalla possibilità che la risorsa sia sviluppata anche nell’ ambito di altri contesti territoriali. • Integrabilità: è misurata in base al grado in cui l’ utilità della risorsa è influenzata dalle relazioni con le altre risorse presenti nell’ area. • Sostituibilità: è rappresentata dalla possibilità di impiegare per la medesima funzione altre risorse presenti nel contesto territoriale. La Resource Based View, identifica nel patrimonio di risorse e competenze la fonte del vantaggio competitivo dell’ impresa, la determinante dell’attivazione dei meccanismi di creazione del valore e rappresenta una nuova concezione dell’ impresa che compete per acquisire risorse e competenze. Il trasferimento del concetto di vantaggio competitivo nell’ambito delle ricerche territoriali, rafforza il ruolo delle caratteristiche e delle specificità territoriali (risorse e competenze), nei processi competitivi globali. Le risorse di un territorio dipendono dalla sua posizione nell’ ambiente circostante e dalla sua storia; ma qualunque specificità, qualunque risorsa, deve essere trasformata in un fattore competitivo, generatore di attrazione di nuove risorse e di diversi tipi di capitale. In tale prospettiva, la differenza tra capacità di attrazione di diversi territori, non sta tanto nella dotazione originaria, quanto nella capacità di valorizzare il patrimonio di risorse e far emergere la vocazione del territorio, trasformando le specificità locali o fattori di base in fattori competitivi o avanzati18. Utilizzando la terminologia di Porter, le strategie competitive dovrebbero consentire di trasformare i fattori di base (risorse), in fattori avanzati (competenze e interrelazioni tra le risorse); di 18 Porter M E, The competitive advantage of nation, Free Press, New York, New York, 1990. 21 promuovere pertanto lo sviluppo di nuove risorse e soprattutto favorire la configurazione delle risorse in competenze19. 1.3. L’insieme delle attivita’ svolte nel territorio. Un’area geografica si distingue infatti, oltre che per le risorse, anche per le attività. Le attività si distinguono sia in base alla natura, sia in base alla modalità in cui vengono svolte. Caroli (1999), distingue le attività in base a tre categorie: la prima comprende le attività di tipo sostanzialmente standardizzato, svolte con procedure sostanzialmente simili nelle aree geografiche di uno stesso livello amministrativo, come ad esempio l’attività di governo, amministrativa e le attività sociali; la seconda comprende le attività produttive ed economiche; la terza categoria comprende quelle attività che sono fortemente specifiche del territorio e legate a particolari condizioni che questo presenta. Nella prospettiva dell’azione di marketing territoriale, è utile focalizzare l’attenzione su quelle attività che derivano dall’ evoluzione storica degli attori e delle risorse del territorio, che sono quindi il risultato di una specifica “scelta”, in alcuni casi formalizzata di determinati attori del territorio. Queste attività caratterizzano gli aspetti tangibili e quelli intangibili di un sistema territoriale e le sue direttrici di sviluppo e possono essere caratterizzate in funzione di tre criteri essenziali: a) il valore economico netto creato dall’ attività sul territorio; b) il livello di interdipendenza con le altre attività realizzate sul territorio c) la coerenza dell’attività con la visione del territorio e con i suoi obiettivi. 19 Napolitano, Competizione territoriale e vantaggio competitivo, Economia e diritto del terziario, n°3 1999. 22 1.4. La capacita’ competitiva di un sistema territoriale Il concetto di competitività trae origine dalla progressiva e crescente trasferibilità nello spazio delle risorse materiali, e dalla conseguente competizione che le aree fronteggiano per conservare quanto creato all’interno e per attrarre nuove risorse dall’ esterno (Cecola 1999). Tale competizione fa riferimento alle scelte strategiche poste in essere dai territori per riuscire ad attrarre verso di sé il maggior numero possibile di investitori, sfruttando e valorizzando le risorse disponibili, al fine di ottenere uno sviluppo sostenibile dell’area di riferimento. L’intensificarsi della competizione territoriale ha dunque dato luogo al manifestarsi di molteplici e differenti iniziative per promuovere lo sviluppo locale, al fine di ottenere uno sviluppo sostenibile dell’area di riferimento. A questo compete l’analisi, la pianificazione e l’implementazione di piani che hanno la finalità di creare, costruire e mantenere rapporti vantaggiosi con i mercati per il raggiungimento di obiettivi politico organizzativi di interesse quali l’incremento della popolazione produttiva e l’arricchimento della popolazione residente e migrante20. La competitività di un’area geografica può essere descritta solo parzialmente da parametri oggettivi poiché i diversi attori che ne fanno parte possono manifestare al riguardo una diversa percezione. Anche criteri molto generali come il Pil pro capite o il Valore aggiunto pro capite riflettono aspetti della competitività di un territorio che non hanno lo stesso rilievo dal punto di vista di tutti i soggetti. Da queste considerazioni derivano tre significative conclusioni. In primo luogo, le condizioni che descrivono la competitività di un’area devono essere riferite al suo 20 Golfetto F, Un marketing per le città?, riflessioni sulla nascita di una disciplina, Economia e Management, n°5 1996. 23 modello di sviluppo sostenibile, in quanto “ meta obiettivo” che sintetizza in maniera adeguata gli obiettivi specifici dei singoli attori. La posizione competitiva di una regione o di un territorio può essere comparata in maniera significativa solo con quella di aree sufficientemente simili per quanto riguarda la struttura istituzionale e sociale e il grado di evoluzione generale. Territori fortemente eterogenei sotto questi profili hanno una sensibilità spesso troppo difforme rispetto ad una serie di condizioni, economiche e non; di conseguenza, assumono rilevanza limitata i differenziali di competitività che possono emergere dall’analisi di parametri oggettivi e di tipo generale. Quanto osservato implica, infine, che la competitività di un territorio possa esprimersi in un insieme variegato di condizioni e di fattori che assumono rilievo diverso in funzione delle specificità degli attori che hanno maggior rilievo nel territorio e dell’idea di “sostenibilità” che ne guida l’evoluzione. Esistono, in definitiva, modi diversi di essere competitivi (anche se solo alcuni tra questi sono effettivamente sostenibili nel lungo termine), e comunque modi diversi per creare le condizioni di competitività. Una nozione generale di competitività può, dunque, essere determinata solo con riferimento a quella finalità di fondo che caratterizza qualsiasi sistema territoriale, a prescindere dalle specificità rilevate in precedenza. Tale finalità è anche individuata nel mantenimento e rafforzamento delle condizioni necessarie affinchè il sistema territoriale evolva in maniera fisiologica. In questa prospettiva, si propone di descrivere la competitività di un’area sulla base delle condizioni che essa offre ai fattori che incidono positivamente sul suo sviluppo fisiologico. Si introduce una nozione di “capacità competitiva” intesa come capacità del sistema territoriale di: 24 a) creare o acquisire nel proprio ambito i fattori materiali e immateriali rilevanti per realizzare nel modo migliore un certo processo di sviluppo sostenibile; b) garantire a tali fattori le migliori condizioni “ambientali” per il loro sviluppo e l’esplicazione del loro potenziale positivo sul territorio stesso. La capacità competitiva di un sistema territoriale è dunque la sintesi di una capacità di attrazione al suo interno delle fonti di determinate risorse e della capacità di metabolizzazione di queste risorse a vantaggio degli stessi attori che fanno parte del territorio e che, con le loro azioni ne determinano l’evoluzione fisiologica. Con questo termine, si intende la capacità di attivare validi processi interni attraverso cui le risorse del territorio esprimono concretamente i loro potenziali, a beneficio dei soggetti economici e non localizzati nel suo ambito. La “crescita”, intesa come semplice aumento di investimenti, capacità produttiva, consumi non può, allora, rappresentare l’unico criterio di fondo alla base dell’evoluzione di un’area locale. In determinate condizioni, i fenomeni espansivi possono riflettersi, magari con un certo ritardo temporale, in un peggioramento del potenziale attrattivo che il territorio esercita verso determinate fonti di risorse, o può rallentare i processi di metabolizzazione di tali risorse. La comparazione tra diverse aree geografiche deve, quindi, essere condotta, con riferimento alla disponibilità e alla capacità di valorizzazione di quei fattori materiali e immateriali che favoriscono il determinarsi delle migliori condizioni di sviluppo locale sostenibile. Il raggiungimento di un certo grado di competitività da parte di un ambito territoriale si riflette in senso negativo sulla competitività potenziale di altri ambiti territoriali solo nel caso in cui implichi l’attrazione di risorse scarse e, quindi la non disponibilità di tali risorse per altri territori. Di conseguenza, l’unica forma di 25 concorrenza diretta tra aree geografiche è quella che riguarda l’acquisizione di risorse scarse ma necessarie nella dinamica di sviluppo economico sostenibile di ciascuna di queste. Negli altri casi, il rafforzamento della capacità competitiva di un ambito geografico non ha un impatto necessariamente negativo sul potenziale competitivo di altre aree. Anzi, nell’ipotesi di sistemi territoriali legati da significative connessioni economiche o sociali, è possibile che si manifestino esternalità positive: il miglioramento della competitività di una determinata area agisce da volano del progresso dei contesti geografici che sono con essa in qualche modo collegati. Il fatto che il rafforzamento di un territorio non implichi necessariamente l’indebolimento di altri non toglie che, ad un certo istante, sia comunque possibile delineare una gerarchia tra diversi ambiti territoriali rispetto ad indicatori che ne misurano le rispettive capacità competitive. Da questa circostanza deriva una conclusione molto importante: il confronto tra aree geografiche non è necessariamente solo di tipo “competitivo”. Anzi, sempre più spesso, l’evoluzione fisiologica di un ambito geografico e la valorizzazione delle sue risorse avviene attraverso lo sviluppo di opportune forme di cooperazione con altri territori. 1.5. La capacita’ competitiva del territorio e competitivita’ degli attori che ne sono parte Nella prospettiva dei settori e delle attività economiche, la capacità competitiva di un territorio si esprime nella qualità del patrimonio di risorse materiali e immateriali che il territorio rende disponibili agli operatori in tali settori e attività e grazie al quale questi ultimi raggiungono posizioni di eccellenza a livello internazionale. Questo patrimonio incide infatti sulle tre determinanti essenziali da cui dipende la competitività internazionale di un’impresa: 26 - efficienza; - capacità innovativa - qualità della localizzazione. Queste tre condizioni sono l’origine del livello di produttività di un’impresa e della sua capacità di differenziazione che, a loro volta, rappresentano le fonti fondamentali del vantaggio competitivo che essa può detenere in un certo mercato. L’eccellenza in ambito internazionale degli attori appartenenti ad un sistema territoriale ha, a sua volta un riflesso positivo sulla qualità del patrimonio di risorse tangibili e intangibili di un territorio e, quindi, sula sua capacità competitiva. Ad esempio, il successo nei mercati internazionali di una filiera di imprese appartenenti ad un certo paese contribuisce a caratterizzare l’immagine di quel paese come sede naturale di quel tipo di produzione. Questa immagine stimola il noto effetto “made in” che da un lato, attribuisce ai prodotti realizzati nel paese in questione un vantaggio competitivo riconosciuto dai consumatori, dall’altro rafforza l’attrattività di quel territorio. Deve però essere sottolineato che il successo internazionale di determinate aziende si riflette non necessariamente sull’insieme di risorse che determinano la capacità competitiva di un territorio. Ad esempio, il crescente successo commerciale di un’impresa locale in un grande mercato estero può spingere tale sistema a spostare parti crescenti della propria attività produttiva nel territorio dove ha sede quel mercato, riducendo il proprio impegno nell’area geografica di origine, sia in termini di diretta attività manifatturiera che di relazioni con i fornitori locali. La connessione tra competitività del territorio e posizione competitiva degli attori che ne fanno parte riguarda in maniera distinta, anche se chiaramente connessa, da 27 un lato coloro che competono nei mercati internazionali, dall’altro coloro che fanno più diretto riferimento al solo ambito locale. La competitività della prima tipologia di soggetti si misura in maniera abbastanza diretta in termini di valore economico creato e quota di mercato internazionale. La competitività della seconda categoria è valutabile in maniera più indiretta attraverso il confronto dell’impatto che essi hanno sulle condizioni del patrimonio di risorse del territorio rispetto a quello che soggetti analoghi hanno in altri contesti geografici. Ogni singola area territoriale può essere vista come un soggetto strategico che individua una sorta di funzione di benessere collettivo da ottimizzare nel lungo periodo, come risultato di un processo di iterazione volto a mediare ed a comporre gli interessi e le esigenze delle differenti soggettività rilevanti. Tale processo di interazione dovrebbe portare alla definizione, nell’ambito di una visione di lungo periodo degli strumenti necessari per il loro raggiungimento. A tal riguardo, potrebbe essere utile ricorrere all’adozione di logiche e di strumenti di marketing strategico. Il marketing strategico sembra essere in grado di orientare la definizione di una valida strategia attraverso la proposizione di alcuni concetti chiave: • L’attenzione alle risorse ed alle capacità specifiche del territorio dovrebbe costruire la base prima per la formulazione di una visione strategica. La costruzione di solidi e duraturi vantaggi competitivi territoriali non può che trovare fertili radici nelle specificità, nelle risorse, nelle capacità storicamente accumulate all’interno del territorio. Sono paradossalmente le specificità locali (le core competences di un area territoriale), a costruire la base più solida per il conseguimento di vantaggi competitivi in un’ottica di concorrenza territoriale globale21. Per una gestione efficace del territorio è indispensabile 21 Morandi C, I vantaggi competitivi delle città, Angeli, Milano 1993. 28 avviare processi di crescita endogena che risiedono nelle specificità, nelle risorse, nelle capacità storicamente accumulate all’interno di un territorio che vanno a costituire la base più solida per il conseguimento di vantaggi competitivi duraturi. La gestione strategica del territorio richiede pertanto il raggiungimento di accordi tra gli attori pubblici e privati, imprenditori e non: le relazioni tra i vari soggetti vanno a creare dei sistemi rete e dei network, in cui ciascun individuo e/o organizzazione partecipa alla definizione e alla promozione dell’intera offerta territoriale; tali soggetti anziché intesi indipendentemente sono rappresentati nella loro dinamica complessiva22. • Per avere successo nell’ambito di una concorrenza territoriale sempre più accesa, si impone l’adozione di una logica volta allo studio sistematico dei bisogni degli stakeholder e dei pubblici di riferimento. Tale logica non può in alcun modo essere quella di un approccio indifferenziato (cioè di soddisfare tutti gli interessi ed i bisogni con una strategia uguale per tutti gli stakeholder e i pubblici di riferimento), ma deve assumere come centrale il concetto di segmentazione. Il successo di un progetto strategico non può prescindere dall’analisi attenta dei mercati di riferimento, dalla segmentazione di tali mercati, da una focalizzazione, attraverso strumenti e politiche differenziati, sui mercati/pubblici ritenuti più adatti a raggiungere gli obiettivi, emersi come risultato del processo di iterazione strategica23. 22 Conti S, La conoscenza come processo localizzato, Sviluppo Locale, vol 4, n°4, 1997. 23 Kotler, Heider, Rein, Marketing places, New York, the Free Press, 1993. 29 1.6. Le risorse finanziarie per la strategia di marketing del territorio Se da un lato sono state individuate le azioni di policy e gli interventi, su piccola come su grande scala, necessari per accrescere l’attrattività e la competitività del sistema territorio (il piano e gli strumenti di marketing territoriale), dall’altro occorre individuare le risorse finanziarie indispensabili per l’implementazione della strategia di marketing del territorio delineata, ossia degli strumenti finanziari disponibili per attivare il processo di sviluppo economico del territorio (Ancarani 1999, Paoli 1999). Il problema fondamentale riguarda essenzialmente la necessità e la possibilità di risparmiare sui costi di gestione dei servizi24. Con riferimento alle entrate, gli strumenti azionabili dalla pubblica amministrazione del territorio sono: le privatizzazioni, la vendita di immobili, di aziende municipali, l’accensione di mutui. Sul fronte delle possibilità di riduzione dei costi si può agire sul lato della cosiddetta “terziarizzazione”, cioè esternalizzazione dei processi, affidando ad imprese private parte dei servizi e delle attività generalmente svolte in forma diretta, come attività di pulizia degli edifici comunali e delle aree pubbliche, mensa scolastica, assistenza domiciliare, assistenza anziani, cura del verde pubblico, smaltimento dei rifiuti solidi urbani, assistenza sociale, impianti sportivi, servizi cimiteriali. I maggiori vantaggi in termini finanziari, ma anche per la collettività possono aversi mediante il ricorso al finanziamento privato e al project financing. Infatti tale approccio innovativo al finanziamento di progetti industriali e, in particolar modo infrastrutturali, oltre ad avere il pregio di coniugare un interesse pubblico con uno privato, è in grado di assicurare tutta una serie di vantaggi, che possono essere misurati in termini di: 24 Dallocchio M, Finanza d’azienda, analisi e valutazioni per le decisioni d’impresa, Milano, Egea, 1995. 30 • Efficienza: cioè il rispetto dei tempi e modi di realizzazione e gestione dell’opera infrastrutturale diventando condizioni essenziali per il conseguimento dei flussi di cassa attesi. • Efficacia, un’attività di interesse pubblico trasformata, a seguito del coinvolgimento dei privati in un’ attività imprenditoriale viene valutata utilizzando criteri reddituali e di competitività. • Trasparenza: l’esistenza di una pluralità di soggetti, tenuti ad operare in stretta interdipendenza, garantisce controlli incrociati. 1.7. Il marketing territoriale il project financing e i suoi vantaggi Consapevoli dell’importanza che le opere infrastrutturali assumono e delle opportunità di sviluppo economico che esse incentivano, i principali paesi industrializzati sono stati indotti a rivedere negli ultimi anni (data la scarsità di risorse pubbliche) le priorità di politica economica in loro favore in concomitanza con le nuove esigenze poste dalla concorrenza. Sebbene la riduzione della spesa pubblica in investimenti sia una costante di quasi tutti i paesi industrializzati, con la sola eccezione della Francia, l’Italia il cui rapporto tra spesa pubblica per investimenti e Pil si attesta su un valore mediano all’incirca pari al 3,3%, presenta un gap infrastrutturale molto alto, dal momento che a differenza degli altri paesi non ricorre al finanziamento privato. Il ricorso al finanziamento privato per la realizzazione di infrastrutture economiche e opere di interesse pubblico permette di spostare l’onere finanziario delle stesse dalla fiscalità generale al mercato; consente inoltre agli utenti di beneficiare di una maggiore efficienza e di prezzi più bassi; può infine contribuire ad alimentare quella domanda che oggi manca dal mercato delle costruzioni. 31 In Italia, per troppo tempo, si è inteso per investimento infrastrutturale un’opera in cui non solo la finalità era pubblica, ma anche il costo totale e le garanzie sulla realizzazione. Persino il rischio di impresa è stato posto a carico dello stato, in quanto si affidava l’opera su progetti di massima, lasciando al bilancio pubblico l’aggravio degli oneri relativi a varianti, costi imprevisti e quant’altro poteva accadere nel corso della realizzazione, anche se derivante dalla responsabilità imprenditoriale delle imprese coinvolte. L’appaltante si assumeva tutti i rischi principali che caratterizzano la realizzazione di un qualsiasi investimento: finanziario, imprenditoriale, gestionale-organizzativo e di mercato. L’assenza, il più delle volte, e di un “prezzo all’utente” e il trasferimento sul bilancio dello stato di tutto l’onere connesso ala realizzazione, gestione e manutenzione, rendeva in qualche modo “invisibile” al cittadino il costo reale, anche perché, spesso, al lievitare generalizzato dei costi non corrispondeva un aumento della tassazione, bensì un finanziamento in deficit attraverso l’emissione di titoli. Questa illusione si è protratta fino a quando il deficit non ha assunto proporzioni tali da rendere impossibile ulteriori pagamenti a piè di lista. Un’operazione di ristrutturazione e di riqualificazione della spesa pubblica per investimenti, in grado di superare questi limiti, per una strategia di marketing del territorio ( Golfetto, 1996; Valdani,Jarach, 1998; Valdani, 1999) può avvenire solo attenendosi ad alcuni principi che, di fatto, coincidono con le linee guida del project financing e che consistono nella: - individuazione della convenienza macroeconomica di un progetto; - valutazione della commerciabilità dei servizi e della redditività dell’iniziativa; - minimizzazione del sostegno pubblico, che deve servire solo a ristabilire le condizioni minime di redditività laddove queste fossero limitate; - delimitazione del rischio e delle garanzie gravanti sullo stato, alla sfera di sua competenza. 32 Il ricorso al finanziamento privato delle infrastrutture consente, in altri termini, di liberare lo stato da tutta una serie di oneri non direttamente correlabili alla sua funzione tipica, attraverso un adeguato meccanismo di trasferimento dei rischi sui soggetti naturalmente vocati ad assumerli. I settori nei quali è possibile intervenire applicando con successo la metodologia della finanza di progetto sono quelli che soddisfano le seguenti condizioni25: a) la presenza di un corpo normativo sufficientemente chiaro; b) la netta separazione tra finalità di ordine sociale e motivazioni di ordine economico-finanziario, cui si ricollega il criterio di determinazione delle tariffe; c) l’esistenza di un volume d’affari su base annua sufficiente ad assicurare un adeguato spazio di mercato all’ingresso di operatori privati nonché un rientro sul capitale investito; d) l’attribuzione di una piena libertà di ordine manageriale al partner privato. Il presupposto di cui al punto (b) e cioè la ricerca e il mantenimento di un effettivo equilibrio tra socialità ed economicità di un progetto infrastrutturale con finalità di interesse pubblico rappresenta, senza dubbio, la condizione più problematica. Le modalità di determinazione della tariffa da applicare all’utenza costituiscono un chiaro esempio delle concrete difficoltà che si incontrano laddove si vogliono coniugare finalità di ordine politico e sociale (socialità del servizio e sostegno alle classi meno abbienti) e obiettivi di economicità (remunerabilità delle tariffe per l’investitore). La soluzione potrebbe venire dalla previsione di interventi pubblici di sussidio che dovrebbero, però, essere considerati come supplementari rispetto a una gestione 25 Cappellini G, Gatti S, Il settore del project finance in Italia, situazione attuale e prospettive future, in Economia e Management, n°6, 1997. 33 che comunque deve essere improntata a logiche di pareggio economico e di equilibrio finanziario nel lungo periodo. Diverse possono essere le norme di sussidio: una potrebbe essere quella di prevedere la costituzione di un fondo di compensazione ( attivato con i fondi derivanti dalla cancellazione dei capitoli di spesa prima destinati alla realizzazione delle opere da parte delle aziende pubbliche possedute dagli enti locali) con il quale integrare le tariffe fatte pagare dal gestore alla collettività. Naturalmente, la pattuizione tra l’ente locale e il privato costruttore/gestore dovranno essere formalizzate in maniera rigorosa. Un’altra possibile forma di sussidio è quella che è stata concessa realmente in alcuni comuni del riminese impegnati –in consorzio- nella cosiddetta produzione waste-to-energy, che prevede la possibilità per i privati che consegnano spazzatura già differenziata di ottenere un ristorno sulla bolletta energetica in proporzione alla quantità di rifiuti consegnati in discarica, quantità che viene (curiosamente ma efficacemente) registrata da una sorta di “bancomat rifiuti”. La ricerca di un compromesso economico tra esigenze pubbliche e convenienza privata trova una potenziale via d’uscita anche in contratti che legano tra loro più interventi caratterizzati da un diverso grado di economicità. Il supporto finanziario dei privati, in questo caso, viene a essere stimolato non dalla remunerabiltà del singolo intervento, ma da quella di un insieme di opere. E’ questo il caso dei cosiddetti programmi integrati che prevedono l’affidamento in concessione di due o più progetti, di cui uno a elevata valenza sociale (da cui consegue una scarsa, se non addirittura nulla, redditività) e l’altro o gli altri, ad alto valore imprenditoriale e funzionalmente connesso/i al primo, in grado di compensare e quindi di giustificare la mancata rimuneratività dell’opera no profit. La filosofia del project financing è infatti quello di combinare, attraverso una fitta rete di obbligazioni contrattuali interdipendenti, garanzie dirette e indirette fornite dai vari soggetti 34 coinvolti con diversi interessi nella realizzazione del progetto, affinchè nessuna delle parti debba assumere il rischio complessivo dell’iniziativa, ma la somma delle specifiche garanzie fornisce ai finanziatori un supporto soddisfacente a giustificare il rischio di credito in corso. In una prospettiva più ampia il project financing consente di coinvolgere attorno ad un progetto complesso tutte le migliori competenze e risorse, incluse quelle finanziarie, che combinate, rendono realizzabili e finanziabili investimenti altrimenti fuori dalla portata e dalla capacità di ognuna delle parti singolarmente considerate. In tal senso sarebbe riduttivo presentare il project financing come una semplice operazione di finanziamento. E’ invece un approccio operativo per realizzare nuove iniziative creando coalizioni temporanee di interessi attorno ad un progetto. 1.8. I patti territoriali e le forme della programmazione negoziata per lo sviluppo delle aree territoriali Il territorio è l’unità di analisi e l’oggetto di riferimento rispetto al quale cogliere e incentivare sinergie e reti di relazioni mirate alla crescita, quindi i patti territoriali sono meccanismi agevolativi che incentivano lo sviluppo di un’area territoriale precisamente individuata. La gestione delle politiche industriali lascia spazio a processi decisionali diffusi e decentrati che incidono direttamente sulle scelte strategiche delle imprese attraverso azioni sulle variabili di contesto ambientali. Il patto territoriale si basa sulla varia articolazione dei soggetti attivi rispetto alle iniziative destinate a sostenere i processi evolutivi dei sistemi economici locali, superando così i limiti storici e funzionali della promozione delle iniziative di sviluppo locale intese quali sperimentazioni esclusive delle autorità di governo regionale. 35 La necessità di un’azione che abbia come riferimento un’ area, a omogeneità intrinseca si combina con un metodo di azione che ha come primo momento la compartecipazione di diversi soggetti. Il patto territoriale definisce il superamento dello schema dell’intervento straordinario a supporto dello sviluppo territoriale a favore di una logica di intervento finanziario ordinario e inserito all’interno di un circolo di programmazione. Di conseguenza, i finanziamenti e le altre misure di intervento sul territorio sono collegati a un programma strategico che ha il suo fondamento in un’idea di sviluppo locale condivisa dalle diverse parti sociali. I patti territoriali sono in altri termini, una modalità di programmazione delle dinamiche territoriali che passa attraverso la definizione di una strategia di sviluppo attuata mediante: • L’ individuazione di un’idea condivisa di sviluppo locale • Un programma integrato di iniziative nei settori dell’industria, dell’agroindustria, dei servizi e del turismo. • Una procedura di concertazione sociale cui prendono parte tutti i soggetti attivi sul territorio. La legge 488/92 prevede a fianco di meccanismi tradizionali di incentivazione diretta alle imprese, forme di intervento di tipo programmatico per lo sviluppo delle aree depresse nella fattispecie di: - patti territoriali; - accordi programma (peraltro già presenti nella legge 142/90 come strumento di attivazione in maniera integrata di tutte le risorse pubbliche e private per lo sviluppo del territorio); - contratti di programma Il presupposto comune alle tre formule è che: 36 - gli effetti degli investimenti spesso risultano smorzati da condizioni ambientali non sempre favorevoli alle imprese; - tali investimenti tendono a essere concentrati nei settori più strettamente produttivi mentre altre aree di bisogno locale (infrastrutture, servizi, cultura, formazione) risultano fortemente penalizzate. La vicinanza degli obiettivi che caratterizzano l’azione del patto territoriale, dei fondi comunitari e delle altre misure di intervento a sostegno della programmazione negoziata impone di chiarire e delimitare l’ambito di applicazione dei patti, in modo da mettere in luce le sinergie tra le diverse tipologie istituzionali ed evitare “rischi di cannibalizzazione” normativa e applicativa tra strumenti di intervento affini. Rispetto ad altri strumenti, è indubbio che la caratteristica prevalente dei patti territoriali sia quella della medianità. La medianità che si esplicita in una dimensione territoriale, finanziaria e temporale contenuta rispetto a quella di altri strumenti di intervento. La dimensione territoriale (sub regionale, preferibilmente provinciale o meglio sub provinciale) è coerente con un progetto che nasce dal territorio e che attiva e mette in gioco le risorse locali: per i grandi progetti (infrastrutturali o di altra natura) il riferimento è necessariamente ad altri strumenti, come i “contratti di programma” o gli “accordi quadro” o il finanziamento mediante fondi comunitari. Al contempo, la dimensione contenuta non va intesa come pura azione di promozione e animazione dello sviluppo di aree interne, per il quale esistono altri strumenti comunitari come i Gal (gruppi di azione locale), o di aree a dimensione comunale. E’ necessario quindi identificare un’area territoriale conforme rispetto all’idea di sviluppo individuata, sulla quale far convergere alleanze interistituzionali dei diversi attori. 37 Ne consegue che il patto territoriale funziona bene come: - meccanismo di accelerazione nella programmazione degli interventi da inserire in ambiti programmatici a più ampio spettro, quali quelli necessari alla programmazione degli interventi comunitari o quella definita con le intese di programma o i contratti d’area o gli accordi di programma: la concertazione e la medianità (nelle due dimensioni sopra evidenziate) consentono infatti di gestire in maniera rapida e veloce la definizione di una gerarchia di interessi e di un programma di interventi per sub-aree; - meccanismo per snellire la gestione operativa in attuazione delle linee programmatiche definite da forme di programmazione negoziata: la dimensione contenuta del patto e il suo orientamento al finanziamento di attività produttive favorisce infatti l’individuazione di progetti con cui dare contenuto e attuazione alle linee programmatiche. 1.9. I patti territoriali e le altre forme di programmazione negoziata I patti territoriali sono una delle cinque possibili forme contrattuali che può assumere la programmazione negoziata. Queste forme possono essere distinte a seconda: - dei soggetti tra cui si stipula l’accordo; - dell’ente pubblico che si fa promotore dell’iniziativa; - della natura dell’accordo. In base all’ente pubblico che promuove l’accordo emerge una differenza tra: - l’intesa istituzionale di programma e il contratto di programma, che sono forme attivate dal Governo Centrale; 38 - i patti territoriali e i contratti d’area, che sono invece di diretta competenza dell’ente locale. L’accordo di programma è al di fuori dello schema, in quanto rappresenta la forma attraverso cui si attua l’attribuzione di rilevanza formale alle intese perseguite con gli altri quattro strumenti. Esso è cioè l’atto formale che viene deliberato e che consente la legittimazione amministrativa e contrattuale delle diverse forme della programmazione negoziata. I patti territoriali sono quindi forme contrattuali di programmazione negoziata governate dagli enti locali. E’ possibile distinguere tre tipi diversi di patto territoriale: - i patti territoriali finanziati dal Cipe; - i patti territoriali per l’occupazione; - i patti territoriali tout court; Nella fattispecie originaria di patti territoriali, i patti territoriali finanziati dal Cipe, la finalità prioritaria dello strumento è quella di finanziare lo sviluppo delle aree depresse, mediante l’ utilizzo di risorse finanziarie dello Stato. Ne conseguono una serie di vincoli in termini sia di ubicazione delle aree beneficiarie degli interventi sia da procedure formali da espletare coerenti con la presenza di un terzo finanziatore. In maniera analoga, la ripresa sul piano comunitario dello strumento del patto territoriale ha portato all’identificazione del Patto territoriale per l’occupazione (Pto), finalizzato a incentivare lo sviluppo economico e sociale delle aree obiettivo attraverso le risorse afferenti ai fondi strutturali. A prescindere dalle diverse fattispecie, in tutti i casi la gestione del patto territoriale prevede: - una fase di progettazione e di stipulazione del patto (fase preparatoria); - una fase di esecuzione (fase operativa); - la verifica e il monitoraggio degli interventi posti in essere (fase di valutazione). 39 Il momento della progettazione e della stipulazione del patto territoriale si articola in una sequenza distinguibile nelle seguenti fasi: - predisposizione del patto; - definizione del contenuto; - perfezionamento ed efficacia del patto. La predisposizione del patto parte con l’individuazione del soggetto/i promotore/i, vale al dire con l’identificazione dei soggetti a cui spetta elaborare un primo nucleo della visione di sviluppo, attorno alla quale far convergere l’accordo dei diversi portatori di interesse. All’ interno di questa prima compagine, deve essere individuato il motore locale che procede all’ attivazione del tavolo di concertazione. Come risultato della concertazione, si produce la redazione della proposta di patto, completata dalla sottoscrizione del protocollo d’ intesa e dall’ individuazione del soggetto resposabile del patto, che viene sottoposta all’ intermediario per una prima selezione. A questa segue la valutazione e l’approvazione da parte del ministero del bilancio e l’ erogazione dei fondi Cipe. 1.10. Il marketing d’area Definire sinteticamente ed efficacemente il significato del concetto di marketing anche nel più delimitato campo dell’impresa non è facile visto che le molteplici definizioni, presentati in questi anni da numerosi autori, hanno favorito, di fatto, un costante allargamento delle competenze assegnate alla funzione stessa di marketing. Alcuni considerano il marketing come un’arte, altri come una filosofia di conduzione aziendale che dà luogo a una politica di impresa che si basa sul mercato, altri ancora come un gruppo di funzioni correlate tra loro tese al soddisfacimento delle aspettative dei consumatori per meglio conseguire gli 40 obiettivi imprenditoriali di medio e lungo periodo26. Altri fanno maggiore riferimento al marketing come l’attività attraverso la quale viene anticipata e soddisfatta la domanda di beni e servizi. Le difficoltà di compendiare il significato del marketing in un’unica definizione, comunque, discendono dal fatto che esso, anche nello specifico campo aziendale, può essere interpretato sia come filosofia di conduzione aziendale, sia come l’attività direzionale che discende da tale filosofia, sia come il complesso delle funzioni operative che ruotano intorno all’attività di scambio, sia infine, come la manovra strategica degli strumenti e dei fattori che caratterizzano tali funzioni27. Per questo, alcuni autori hanno rinunciato a una definizione sintetica e univoca del marketing e hanno preferito analizzare separatamente i suoi diversi aspetti. In qualche caso si arriva anche a fornire definizioni separate28: - una con riferimento al processo di scambio: il marketing è costituito da un’insieme di attività dirette a facilitare e realizzare gli scambi - l’altra con riferimento al contenuto strategico e direzionale definisce: il marketing management come l’analisi e la pianificazione, la realizzazione e il controllo di programmi volti a creare e a mantenere utili relazioni di scambio con i mercati obiettivo, allo scopo di conseguire gli scopi dell’organizzazione. - l’ultima evidenzia: il raggiungimento degli obiettivi di impresa presuppone la determinazione dei bisogni e dei desideri dei mercati obiettivo, nonché il loro soddisfacimento in modo più efficace ed efficiente dei concorrenti. L’allargamento del concetto di marketing ha aperto la strada a un applicazione delle tecniche di marketing a differenti ambiti tra cui molti che non perseguono 26 Deran, Low cost Marketing strategies, Praeger, New York, 1987. 27 Peroni G, marketing, Franco Angeli, Milano,1986. 28 Kotler P, Marketing management, Isedi, Torino, 1986. 41 fini strettamente lucrativi; si parla di marketing turistico, ambientale, ma anche culturale, marketing della religione, della politica, dello Stato. Proprio per individuare e definire le principali caratteristiche del marketing d’area, bisogna ricordare quelle che sono le fasi di quello che viene definito ciclo del marketing, perché tali fasi risultano essere aspetti essenziali, per comprendere l’operazione di trasposizione di quelle specifiche tecniche all’attrazione degli investimenti. Fase conoscitiva. Il marketing, mirando a soddisfare i bisogni della domanda, se possibile anche anticipandoli, studia le caratteristiche essenziali dell’area, e vi lega la tipologia d’impresa potenziale investitrice che può essere considerata come attrai bile, analizzando i suoi caratteri organizzativi, produttivi, finanziari, strutturali e di locazione, nonché dei mercati serviti, anche per definire i realistici limiti del “segmento di mercato”(gruppo omogeneo di investitori) cui rivolgere l’offerta di aree. Occorre individuare ciò che il mercato consente di fare o impone. Questo dipende dalla domanda, ma anche dalla concorrenza e dal’ambiente inteso sia in senso socio-culturale-economico, sia in senso ecologico. Occorre elaborare uno specifico insieme di dotazioni, prodotti e servizi che dovranno costituire il “pacchetto localizzativo” da offrire e soprattutto la sua attitudine a rispondere effettivamente alle esigenze e alle aspettative delle imprese prescelte per l’attrazione. Fase decisionale operativa. Dopo aver individuato gli obiettivi dell’area vengono stabilite, programmate ed eseguite le strategie, le tattiche e le iniziative da compiere nel campo della politica del prodotto, della politica dei prezzi, della politica comunicazionale-promozionale e della politica distributiva. Particolarmente importante è l’attività di vendita perché mentre da un lato segna il 42 momento di verifica delle strategie, delle politiche e delle iniziative adottate, dall’altro fornisce il fulcro della relazione con il cliente dal quale possono giungere fondamentali indicazioni per verificare la validità delle strategie e dei comportamenti messi in atto, e provvedere, a seconda dei casi, a confermarli, integrarli o modificarli. 1.11 I contenuti del marketing d’area Una prima soddisfacente definizione di marketing d’area per l’attrazione di investimenti lo vede come “l’insieme delle azioni collettive poste in atto per attirare in una specifica area o territorio nuove attività economiche e produttive, favorire lo sviluppo delle imprese locali e promuovere un’immagine favorevole”29. Alcuni studiosi propongono poi di associare una tale definizione a un concetto di area più completo e complesso di semplice “superficie spaziale”, in quanto comprendente “l’insieme dei valori tangibili e intangibili, quali gli abitanti, la cultura, il retaggio storico, il patrimonio urbanistico e artistico, le infrastrutture, la localizzazione e ogni altro genere di situazione tale da accrescere il valore complessivo dei vari elementi”(Kotler 1993). In un’epoca caratterizzata da fenomeni di globalizzazione, di crescente mobilità delle persone, di interdipendenza delle varie aree, i valori sopra elencati assumono un’importanza crescente per una molteplicità di decisioni, individuali e collettive, tra le quali è da annoverarsi quella delle imprese a riguardo della scelta di dove localizzare attività economiche. 29 Textier L, Valle J P, le marketing territoriale et ses enjeux, Revue francais de gestion, 1992. 43 Più sistematicamente perciò possiamo definire marketing d’area “tutte quelle attività che, esercitate su uno specifico spazio geografico, possono rendere un’area attrattiva per un prescelto gruppo di investitori logistico-industriali, sui bisogni percepiti dei quali si è attuato il disegno delle caratteristiche dell’area stessa”. Il marketing d’area, quindi, è anche l’insieme delle azioni che possono e devono rendere il “prodotto area” o meglio il “pacchetto localizzativo d’area”, corrispondente alle attese e alle esigenze di investimento proprie dei potenziali (pre-scelti) utilizzatori-investitori con la rappresentazione-modellazione di un complesso, integrato e per definizione non scomponibile, set di attività che devono essere sviluppate molto più spesso in parallelo. Da questo discende che i principali obiettivi del marketing d’area sono sintetizzabili in alcune categorie ben delimitate: - attrarre nuovi investimenti nell’area - mantenere il tessuto di imprese presenti sul territorio, rafforzando le ragioni di convenienza che a suo tempo influenzarono la loro scelta dell’area - aiutare la fuoriuscita delle imprese o delle attività non più in linea con il profilo dell’area e i suoi obiettivi di attrazione - promuovere, con estrema cura nella mira e nella scelta dei canali e degli strumenti, un’immagine favorevole dell’area presso il gruppo di investitori potenziali prescelti e se possibile a livello globale, evitando comunque di perseguire obiettivi comunicazionali e promozionali generici e contradditori. La realizzazione di tali categorie di obiettivi presuppone la collaborazione stretta tra enti pubblici e privati e il superamento della separazione d’azione delle due realtà. Bisogna fare in modo però che la visione di cambiamento proposta dai soggetti promotori si trasformi in un programma concreto e questo non dipende solo dal numero di attori che attorno a tale visione si catalizzano, ma soprattutto dalle 44 caratteristiche di questi e dal grado di controllo che gli stessi riescono ad esercitare sulle risorse chiave della funzione di valore proposta e dei gap esistenti tra la funzione di valore esistente e quella proposta (Bonetti, Simoni 2005): 1. gap di organizzazione: si riferisce ad una carenza nel coordinamento e nell’ integrazione delle risorse che partecipano alla funzione di valore. Tale gap richiede un’ attività di marketing territoriale volta a sostenere le attività economiche esistenti, rafforzando le relational capabilities. Più dettagliatamente lo sviluppo delle capacità relazionali ha luogo essenzialmente attraverso due modalità: da un lato, mediante interventi volti a rafforzare le core competences dell’ impresa; dall’ altro, attraverso interventi diretti ad aumentare il livello di visibiltà dell’ impresa rispetto agli altri attori del contesto locale e globale e, conseguentemente, ad accrescere le chances di sviluppo delle partnership. 2. gap di valorizzazione: si riferisce ad una limitatezza dell’ utilizzo delle risorse presenti all’ interno di attività in grado di esplicitarne le potenzialità economiche. Tale gap richiede un’ attività di marketing territoriale che faccia leva sulle entrepreneurial capabilities presenti nel territorio e sia volta a supportare la nascita di neo-imprese in grado di combinare in maniera innovativa le risorse del territorio. 3. gap di competenze: si riferisce all’ assenza nel territorio di determinanti know how specialistici essenziali per la concreta attuazione della funzione di valore. Tale gap richiede un’ attività di marketing territoriale volta ad attrarre risorse esterne in grado di supportare lo sviluppo delle competenze mancanti, rafforzando le knoledge creation capabilities degli attori del territorio. Questa stretta integrazione tra pubblico e privato per la realizzazione dei principali obiettivi del marketing d’area è necessaria per far fronte ai grandi cambiamenti a livello mondiale, come l’integrazione e la globalizzazione dell’economia, la concorrenza tra i territori per attrarre investimenti e la creazione di strutture 45 sopranazionali che svolgono azioni che prima erano di competenza dello Stato Nazione. Queste grandi trasformazioni a livello globale hanno determinato da un lato un declino di alcune azioni dello Stato nazionale in campo monetario, concorrenziale e così via, e dall’altro la nascita di un nuovo ruolo dello Stato, per esempio in campo fiscale, ma soprattutto delle sue articolazioni che, sempre più, devono tendere ad acquisire una filosofia da società di ingegneria al servizio della prospettiva nazionale, regionale, provinciale o comunale, attraverso il loro concorso allo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e di comunicazione, di formazione e di ricerca, perseguendo una politica di gestione del territorio e di promozione delle diverse realtà territoriali all’ estero, anche creando esternalità positive di carattere sociologico, ovvero quei mezzi che poi in effetti esercitano la loro attrazione forse anche più delle dotazioni. 46 2. Contenuti e processo di formulazione della strategia di marketing territoriale 2.1. Gli orientamenti di base della strategia di marketing territoriale La strategia di marketing di un territorio può manifestarsi fondamentalmente in quattro maniere che, oltre ad individuare il percorso storico di questa materia30, definiscono una progressione del modo in cui il marketing è stato applicato ad un’area urbana. Queste modalità possono essere identificate utilizzando (per chiarezza espressiva) la terminologia di origine aziendale; si identificano allora gli orientamenti o fasi di marketing: “indifferenziato”; “differenziato”; “focalizzato” e l’ultima che viene chiamata di “marketing sistemico”. La prima fase ha caratterizzato in maniera particolare le città meridionali degli Stati Uniti fino a circa gli anni ’30 e si è manifestata fino alla fine della seconda guerra mondiale in Europa. L’azione di marketing è volta a promuovere i vantaggi economici del luogo per attrarre qualunque nuova attività produttiva o possibile investimento. Si tratta, evidentemente, di un approccio molto simile a quello che in azienda è il “marketing indifferenziato”; è una strategia basata sugli incentivi territoriali offerti dai governi per ottenere la localizzazione di specifiche imprese, nell’ intento di ottenere una crescita delle loro economie; all’ origine degli incentivi c’è una logica competitiva di natura posizionale (Hisch 1976), su un generico vantaggio di costo dei fattori della produzione (in particolare del lavoro e della terra) e sulle agevolazioni indistintamente concesse dal governo locale alle nuove 30 Kotler P, Haider D.H, Rein I, Marketing Places, Free Press, New York, 1993. 47 imprese. In questa fase, il marketing utilizza essenzialmente la leva della comunicazione e quella del “prezzo” (incentivi e agevolazioni). La seconda fase supera gli evidenti limiti della precedente e si caratterizza per la forte attenzione alla definizione del target. L’obiettivo del marketing non è più la generica e semplicistica “attrazione” di nuove attività economiche; esso assume, infatti, una articolazione e una focalizzazione maggiori. Si divide per tipo di attività a cui si rivolge la strategia di marketing (industria tradizionale, industria ad alta tecnologia, servizi, turismo, etc.) e per tipo di intervento (mantenimento delle attività produttive esistenti; creazione di nuove aziende; sostegno allo sviluppo internazionale delle imprese locali; attrazione nuove strutture produttive; sviluppo della presenza locale di istituzioni internazionali, etc). Di conseguenza, la strategia di marketing prende le mosse da un’attenta segmentazione della domanda di spazio ed è basata sulla scelta di una posizione competitiva che tenga conto delle potenzialità interne del territorio e delle caratteristiche delle offerte concorrenti. Essa deve, inoltre, considerare la necessità di sostenere e sviluppare il “mercato interno”costituito dai soggetti e dalle risorse che sono residenti sul territorio. Utilizzando la terminologia di origine aziendale, si passa da un marketing di massa, ad un marketing differenziato che si articola in interventi specifici per ciascuna tipologia di utenti. La terza fase della strategia di marketing ha inizio a manifestarsi in questo ultimo decennio, rappresentando un’evoluzione della precedente. Rimane, quindi, il principio della segmentazione e del posizionamento. Viene enfatizzato il tentativo di definire specifici e relativamente unici elementi di distinzione che attribuiscono all’area geografica una posizione di vantaggio competitivo stabile in determinati settori o attività economiche. 48 L’orientamento di fondo passa (utilizzando ancora la terminologia aziendale) dal marketing differenziato al marketing focalizzato. Il progresso fondamentale che si registra in questa terza fase consiste nel fatto che viene esplicitata la connessione che deve esistere tra la strategia di marketing e il più generale piano di sviluppo sostenibile dell’area. Gli obiettivi dell’azione marketing sono finalizzati ad attuare gli indirizzi di sviluppo locale stabiliti dall’autorità pubblica; per questo si sceglie di focalizzare la propria offerta su quelle tipologie di domanda che sono portatrici di elementi favorevoli allo sviluppo equilibrato del territorio. L’evoluzione della natura della strategia di marketing territoriale non è un processo che ha conclusione. E’ quindi possibile (e necessario) immaginare un quarto stadio definito “sistemico”. Sulla base di un legame ancora più diretto e manifesto con la complessiva strategia di sviluppo equilibrato dell’area geografica, il marketing è focalizzato a sviluppare un’offerta territoriale coerente sia con il posizionamento competitivo dell’area e sia con le esigenze dei soggetti già residenti. A tal fine, il marketing mobilita e coordina tutte le componenti che costituiscono in concreto questa offerta e ne valorizza anche le specifiche caratteristiche. Accanto alle funzioni individuate in precedenza, il marketing strategico svolge, allora, una ulteriore cruciale funzione. Tale funzione consiste nell’attivazione dei processi interni che consentono alle componenti tangibili e intangibili del territorio, da un lato di attrarre o di stabilizzare al suo interno le “risorse” e gli “stimoli” utili al suo sviluppo; dall’altro, di utilizzare le energie (prodotte dalle risorse internalizzate) per rafforzare ulteriormente le potenzialità di sviluppo e la competitività del territorio. L’ obiettivo strategico è appunto lo “sviluppo”, ovvero il miglioramento delle condizioni territoriali, economiche, sociali, la ritenzione e la nascita di nuove imprese, il turismo, la promozione dell’ export e degli 49 investimenti stranieri: tutto ciò porta alla creazione di un ambiente qualitativo per le persone che vi vivono e vi lavorano (Caroli e Varaldo 1999, Guido 1999). Il processo attraverso cui diviene possibile elaborare la strategia di marketing (con il relativo piano operativo) si articola nelle seguenti fasi: - analisi delle categorie di domanda territoriale e delle offerte concorrenti - traduzione degli obiettivi di sviluppo sostenibili in obiettivi di marketing - analisi delle componenti del territorio - scelta dei segmenti di domanda e posizionamento - STRATEGIA DI MARKETING - integrazione e valorizzazione componenti attuali - sviluppo opportunità di cambiamento - progetti speciali - POLITICHE OPERATIVE DI MARKETING - azioni sulle componenti dell’offerta - azioni di comunicazione - azioni di collegamento con la domanda 2.2. Possibili analogie tra azienda e territorio L’approccio di marketing può essere utilizzato nell’ambito dei programmi di sviluppo locale. In particolare, concettualmente va considerato come il marketing interviene nel miglioramento delle potenzialità competitive di un’area geografica e influenza il modo in cui le diverse componenti dell’offerta territoriale si caratterizzano rispetto alle esigenze delle varie tipologie di domanda. Vanno, tra l’altro, sottolineate le differenze e i legami che esistono tra le azioni di marketing territoriale e le azioni di sviluppo locale; in questo modo, va 50 circoscritta la sfera di applicazione teorica e pratica del marketing ad un’area geografica. Sulla base dei risultati ottenuti in precedenza, questo capitolo si propone di sviluppare i contenuti della strategia di marketing del territorio e l’articolazione del processo attraverso cui tale strategia viene esplicitata. I limiti di applicazione al territorio del marketing aziendale In sintesi, il procedimento logico attraverso cui si definisce una strategia di marketing prende le mosse dall’analisi del mercato nella sua composizione qualitativa e quantitativa generale. Dopo aver diviso il mercato in diversi segmenti (attraverso l’individuazione dei diversi bisogni espressi dalla domanda), si procede alla definizione del o dei segmenti target e, quindi, al posizionamento della propria offerta rispetto a quella dei concorrenti. Viene poi scelto l’orientamento di fondo relativamente all’alternativa tra omogeneizzazione e differenziazione delle strategie operative di marketing da adottare nei vari segmenti di interesse (salvo non aver in precedenza deciso di focalizzare l’impegno strategico solo su uno specifico segmento). Attraverso la scelta dei segmenti obiettivo, l’impresa individua i consumatori che costituiscono il riferimento primario per la progettazione, la realizzazione e la diffusione sul mercato della propria offerta. E’,infatti, sulla base delle caratteristiche specifiche e dei bisogni espressi e latenti di tali consumatori che sono prese le decisioni relative alle politiche di marketing mix. In primo luogo, sono stabiliti i contenuti tangibili e intangibili del prodotto o del prodotto/servizio proposto al mercato. Parallelamente sono definite le politiche di comunicazione finalizzate a rendere nota l’esistenza del prodotto e quelle caratteristiche (ritenute più significative) 51 finalizzate anche a differenziare il prodotto da quelli concorrenti. Viene, infine, stabilito il prezzo e le modalità di commercializzazione. Nell’ambito della politica di distribuzione sono anche individuati interventi di comunicazione, azioni sul prezzo e anche sulle caratteristiche stesse del prodotto che sono affidati al distributore o che vengono realizzati insieme con questo. Dal punto di vista concettuale, il marketing del territorio si riferisce alla gestione dei processi di scambio tra quanto un’area può offrire ed i soggetti esterni (individui, organizzazioni, enti, imprese), interessati a tale offerta nel perseguimento dei propri obiettivi31. Considerando i molteplici oggetti dello scambio di cui un area geografica può essere protagonista, il marketing del territorio assume una dimensione ampia e complessa, dovendo ottimizzare i processi di scambio con numerosi attori esterni. Il marketing diviene lo strumento attraverso il quale è possibile aumentare, attraverso lo scambio, lo stock delle risorse disponibili nel territorio, da un lato facilitando tutti i processi di commercializzazione di tutto ciò che il territorio è in grado di offrire, dall’ altro esercitando una forza di attrazione dall’ esterno di risorse e competenze (attrazione di investimenti, insediamento di organizzazioni, insediamenti residenziali, flussi turistici). In questo senso, si istaura un preciso collegamento fra l’ azione di marketing e lo sviluppo locale, in quanto lo scambio con economie esterne diviene fonte di accrescimento delle risorse territoriali, anche nella forma di nuove opportunità di business per le imprese che operano nel suo interno. Se assimiliamo il territorio al prodotto, considerandolo come potenziale oggetto dello scambio, e quindi elemento cruciale dell’azione di marketing, emergono numerose differenze rispetto ai prodotti offerti dalle imprese, che qualificano la 31 Varaldo e Caroli, 1999, definiscono analogamente il marketing del territorio come criterio di collegamento dell’offerta del territorio alla domanda del territorio 52 specificità dell’ approccio al marketing del territorio rispetto al marketing aziendale. Tali differenze possono essere identificate nelle seguenti: a) la strategia di marketing è comunque funzionale, e quindi, subordinata, alle scelte di sviluppo sostenibile prese dalle autorità di governo del territorio. Essa deve quindi svilupparsi in un ambito identificato in altra sede; l’estensione di tale ambito (e quindi il rilievo della strategia di marketing) dipende dal peso che gli obiettivi di competitività economica hanno nel più generale quadro dello sviluppo sostenibile; b) il territorio è un insieme di attività, competenze, strutture che può essere offerto a target diversi (Caroli 1999), esso è un prodotto composito e congiunto costituito da diverse componenti tangibili e intangibili (Varaldo e Caroli 1999), è evidente quindi la differenza con quanto accade per l’azienda, dove il prodotto, per quanto allargato e articolato in un portafoglio, è precisamente definibile come insieme di prestazioni offerte al cliente. c) nel caso di un territorio, è più difficile stabilire una chiara gerarchia tra gli obiettivi. E’ anzi piuttosto normale che al suo interno si manifesti un confronto antagonistico tra i diversi stakeholders, ognuno portatore di propri interessi e orientamenti strategici. L’autorità locale che decide la strategia di sviluppo deve inoltre normalmente tenere conto del vincolo politico che lega ai cittadinielettori; questo implica che l’oggetto dello scambio non è completamente posseduto e quindi controllato da chi gestisce l’azione di marketing. d) le caratteristiche assunte dall’offerta sono solo parzialmente conseguenti alle esigenze espresse dalla domanda, poiché tali caratteristiche sono in gran parte date e relativamente rigide; e) la scelta dei segmenti obiettivo può essere compiuta solo parzialmente. Il territorio può individuare delle categorie di utenti rispetto ai quali predisporre in maniera preferenziale determinate componenti della propria offerta; non può 53 però (salvo casi molto particolari) escludere gli altri tipi di domanda. La scelta delle aree di domanda a cui rivolgere l’offerta territoriale rimane comunque fortemente limitata dalle caratteristiche date del territorio stesso; f) a differenza di quanto accade per un prodotto offerto da un’impresa, l’ utilizzo del territorio non sempre implica il trasferimento della proprietà del medesimo. In molti casi l’oggetto dello scambio consiste nella possibilità di fruire del territorio o delle sue attrazioni senza che il fruitore possa in alcun modo vantare un corrispondente diritto di possesso. Questo avvicina il marketing del territorio al marketing dei servizi puri che si generano attraverso l’iterazione fra le esigenze del cliente e le competenze del fornitore. g) La maggior parte delle risorse territoriali sono caratterizzate dalla non riproducibilità, ossia dall’impossibilità di generarne di nuove una volta consumate quelle esistenti. Per questo, una parte importante dell’offerta territoriale deve essere preservata dal “consumo”, poiché questo comporterebbe alla compromissione della generazione di valore nel tempo.32 h) Il prodotto territorio è localizzato, ossia non può essere separato dalla propria locazione geografica e dalle caratteristiche (fisiche, chimiche e spaziali) che ne sono proprie, questo vale anche per tutte le produzioni che scaturiscono da un territorio, fondandosi sugli elementi geomorfologici locali e contribuisce a definire il concetto di non riproducibilità. E’ evidente la differenza con i prodotti industriali, per i quali il luogo di produzione è sostanzialmente indifferente e può dirsi de-territorializzata. Stando a queste differenze, l’azione di marketing deve essere finalizzata alla massimizzazione del valore di scambio del territorio, ossia del valore che i 32 In seguito allo sfruttamento turistico del territorio su questa constatazione si fonda anche l’idea di sostenibilità. 54 soggetti esterni attribuiscono alle risorse territoriali in base alle loro caratteristiche non materialmente trasferibili33. In questo processo di valorizzazione è perciò indispensabile che l’azione di marketing non banalizzi l’offerta territoriale, riducendone il valore, ma che ne rafforzi la distintività in chiave competitiva. I fattori di attrattività costituiscono il punto di partenza di un progetto di marketing: tali fattori anziché essere standardizzati, quindi riproducibili, si fondano nei saperi, nella cultura e nella tradizione locale e diventano beni posizionali, conferendo al territorio caratteri di specificità distintiva. Essi si configurano perciò come rappresentazione dell’ identità del territorio, il quale assume la configurazione del luogo in senso antropologico34. Il marketing del territorio deve essere quindi fondato sull’ identità locale35: ciò permette da un lato di differenziare l’offerta rispetto alle offerte concorrenti e, dall’ altro di radicare l’ iniziativa imprenditoriale attorno a valori e capacità riconosciute, contribuendo alla coesione delle imprese e degli individui che risiedono nel territorio attorno alla strategia sistemica territoriale. 2.3. L’audit del territorio: punto di partenza per definire la visione e gli obiettivi L’elaborazione di una strategia che sia in grado di attivare processi di crescita sostenibile e di valorizzare le specificità delle risorse locali in scenari competitivi globali, richiede una valutazione complessiva del sistema locale e più precisamente le sue opportunità di sviluppo. A tal fine può essere utile lo sviluppo 33 34 Becattini G. (1989), Modelli locali di sviluppo, Il Mulino, Bologna. Sulla nozione antropologica di luogo e sulla sua negazione si rimanda ad Augee (1999). 35 Il marketing del territorio è quell’interfaccia, quella capacità di contatto, di comunicazione di qualcosa di più profondo o di più strategico, che va a pescare sull’identità della comunità, sulla specificità di ciò che sai fare o di ciò che ti attrezzi a fare, Rullani, 1999. 55 diffuso di attività di place auditing che consentano di elaborare una diagnosi accurata della situazione attuale dell’area e di analizzare i principali trend di sviluppo ipotizzabili36. Più precisamente l’audit del territorio si basa: • Sulla valutazione globale e sistematica delle capacità operative dell’ area e delle sue caratteristiche generali, in termini di risorse ambientali, storicoartistiche, culturali, produttive, finanziarie, informative e conoscitive. • Sull’analisi dell’ambiente esterno e delle principali tendenze evolutive. In altri termini è necessario costruire un quadro completo e generale delle caratteristiche istituzionali, economiche, socio-culturali, tecnico-scientifiche e demografiche dell’area considerata. In particolare è fondamentale sviluppare un’analisi realistica e completa dei servizi, delle attività produttive e delle specializzazioni settoriali, della struttura del mercato del lavoro, della presenza scientifica universitaria e del livello di potenzialità tecnologica dell’area. Occorre, peraltro, identificare le opportunità e le minacce che derivano dal sistema socio-economico che a vari livelli incorpora l’area e valutare gli effetti che le principali tendenze demografiche, economiche, tecnologiche, socio-culturali e politico istituzionali potrebbero produrre in futuro sull’area stessa. L’obiettivo è di cogliere eventuali opportunità di crescita, ma anche di cercare di anticipare situazioni che potrebbero determinare il declino dell’area o una riduzione della sua capacità attrattiva, al fine di evitarle o di individuare possibili azioni correttive. L’audit del territorio rappresenta la trasposizione nel governo dello sviluppo locale delle metodologie tipiche della swot (strenght, weakness, opportunity, treath), analysis, consentendo di mettere a confronto i punti di forza e di debolezza del sistema territoriale, con le minacce e le opportunità del contesto globale. 36 Romano A, Passiante G, un modello per la gestione innovativa dei sistemi economici locali: il sistema innovativo virtuale, in Valdani E, Ancarani F, Sinergie di marketing del territorio, Milano, Egea, 2000. 56 Attraverso tale metodologia è quindi possibile costruire una visione del sistema locale e definire obiettivi e traguardi di sviluppo concretamente perseguibili. Infatti la definizione del punto di partenza deve essere propedeutica all’ individuazione dell’ ideale punto di arrivo. Il punto di partenza dipende dall’ identità dell’area, definita dall’unione dei suoi caratteri, quali le caratteristiche morfologiche, climatiche, paesaggistiche, storicomonumentali, economico-produttive, infrastrutturali, e dipende dal contesto in cui è inserito il territorio, rappresentato dal quadro geografico, sociale, istituzionale, all’interno del quale è calato il territorio stesso. Il punto di arrivo costituisce il progetto del territorio, la sua ambizione, ciò che vuole essere in futuro. In altre parole, il punto di arrivo è la rappresentazione del futuro condiviso del territorio.37 Tale progetto costituirà il riferimento di fondo delle scelte dell’area, la bussola per la navigazione, lo strumento che consentirà di tracciare la rotta, il parametro rispetto al quale valutare l’appropriatezza delle decisioni che via via si presenteranno38. Un’attenta valutazione della situazione di partenza, di quelli che sono i principali punti di forza e di debolezza, nonché le principali opportunità e minacce, è necessario al fine di evitare che l’ideale punto di arrivo non resti altro che un’ambizione. La visione stabilisce un punto di riferimento futuro che deve essere realisticamente raggiungibile date le condizioni attuali del territorio e le esistenti opportunità di sviluppo. Date tali condizioni, la visione deriva dall’orientamento generale che si sceglie relativamente ad alcune questioni prioritarie, quali39: 37 Un esempio significativo è rappresentato dall’esperienza di la Rochelle in Francia. La dichiarazione l’homme, la mere et l eau, manifesta con chiarezza l’orientamento a valorizzare tutte le componenti legate all’attività marina. 38 39 Vicari S, Mangiarotti D, Il marketing delle grandi città, Sinergie, n°49,1999. Caroli, op cit. 57 • la struttura e la composizione del tessuto produttivo locale (concentrazione in pochi settori, sviluppo di una base produttiva diversificata, settori da favorire, ruolo e peso dei servizi, presenza di grandi gruppi o orientamento alle piccole e medie imprese). • Il modello di utilizzazione del territorio (struttura urbanistica, criteri di localizzazione delle aree produttive e direzionali). • Le aree di crescita, di stabilizzazione o di ridimensionamento relativamente alle diverse componenti tangibili e intangibili del territorio (popolazione, dotazione infrastrutturale, tessuto imprenditoriale). • La posizione nello scenario istituzionale, culturale ed economico nazionale e internazionale e l’identità percepita all’interno e all’esterno del territorio. La visione costituirà il riferimento di fondo per tutta l’azione di marketing territoriale, dalla scelta dei segmenti di domanda verso cui orientare l’offerta in modo prioritario, alle decisioni di posizionamento, all’elaborazione degli interventi operativi, alla realizzazione di progetti specifici. 2.4. L’azione delle imprese locali all’ interno della strategia di marketing del territorio La politica di marketing territoriale pone considerevoli esigenze di coordinamento fra le iniziative di diversi attori che controllano le risorse chiave ed in particolare fra gli organi responsabili dell’ azione di governo, le organizzazioni e le imprese locali. La complessa attività di marketing necessaria per sostenere lo sviluppo del territorio deve essere infatti svolta su due livelli, a seconda che le azioni riguardino obiettivi e contenuti di interesse generale, o perseguano invece una limitata motivazione di carattere specifico, sia essa aziendale o settoriale. Bisogna 58 distinguere al riguardo, tra un’ attività di macro-marketing e una di micromarketing40. Il macro-marketing si riferisce all’ insieme delle azioni svolte dagli organi responsabili dall’ azione di governance al fine di favorire la sistematica attuazione del processo di ideazione, verifica e messa a punto di nuovi assi di offerta territoriale e a facilitare il contatto con i soggetti potenzialmente interessati ad attivare relazioni di scambio41. I principali interventi in questo ambito si riferiscono: • alla valorizzazione dei fattori di attrattiva (naturali ed artificiali), presenti sul territorio; • alle condizioni in cui le imprese, gli enti e le organizzazioni locali svolgono la propria attività di produzione (incentivazione, coordinamento, controllo, realizzazione di infrastrutture). • alla promozione dell’ offerta territoriale e del territorio nel suo insieme tramite strumenti appropriati. In questo quadro generale, si colloca l’azione di micro-marketing, condotta dai singoli operatori, a livello individuale o associato. Attraverso le azioni di micromarketing, gli attori cercano di massimizzare il ritorno alle proprie iniziative, ossia di perfezionare i meccanismi di scambio dei propri beni con i target di riferimento. E’ attraverso questa dimensione dello scambio che i singoli attori cercano di rendere sinergica la business idea che è alla base della propria attività imprenditoriale con l’ iniziativa collettiva territoriale. I due tipi di marketing sono uno il completamento dell’ altro, in una visione sistemica che sia in grado di proporre ai potenziali fruitori del territorio 40 La distinzione è stata originariamente posta da Peroni 1974, a proposito dell’azione di marketing turistico, ma può essere riproposta in senso più ampio. 41 Si ricordi in questo senso, che l’azione dell’ente di governance territoriale può essere di tipo topdoown (attivazione) o botton-up (riconoscimento), rispetto all’iniziativa privata. 59 motivazioni, prodotti e strutture adeguatamente coordinate e nello stesso tempo diversificate, in modo da perseguire il massimo ritorno possibile sui segmenti di mercato cui le singole offerte sono rivolte. Il macro-marketing quindi deve trovare le condizioni di contesto nell’ ambito delle quali i singoli attori sono liberi di svolgere la propria attività professionale, anche attraverso interventi specifici sui prodotti offerti e azioni promozionali e commerciali ad hoc. L’ articolazione in due livelli dell’ attività di marketing territoriale, si pone quindi un duplice obiettivo: • garantire coerenza e integrazione nella gestione dei fattori di attrattiva presenti all’ interno del territorio, che possono essere valorizzati attraverso un’ attività di gestione e promozione comune; • salvaguardare la libertà di iniziativa economica e professionale delle singole categorie di attori coinvolti, i quali sono liberi, attraverso le politiche di micro-marketing, di differenziare e personalizzare la propria offerta. L’ organo responsabile dell’ azione di governance, svolgendo tipiche funzioni di meta-management, deve perciò essere in grado di: • gestire i processi attraverso i quali assegnare al territorio un indirizzo strategico di fondo, che comprenda scelte di medio-lungo termine, quale il tipo di target su cui puntare l’ organizzazione dell’ offerta dei beni e dei servizi. Tali decisioni definiscono il disegno di offerta perseguito dal territorio, che costituisce a sua volta, la cornice all’ interno della quale operano i singoli attori nell’ ambito della propria autonomia strategica. A tale scopo particolare rilevanza assumono le attività di analisi e di studio dei mercati ai quali indirizzare l’offerta, al fine di individuare traiettorie innovative in grado di affermare valenze distintive sulle quali fondare il vantaggio competitivo. 60 • di gestire in modo unitario le attività di promozione, di commercializzazione del territorio e delle offerte che ne scaturiscono. • di favorire lo sviluppo dell’ imprenditoria locale attraverso la diffusione delle competenze, facendo crescere il senso di appartenenza al territorio da parte del singolo imprenditore e stimolando la sua partecipazione all’assunzione delle principali decisioni che lo riguardano. Da questo punto di vista appare decisivo il ruolo che l’ente di coordinamento può giocare nell’attivazione di progetti di formazione all’interno del territorio, finalizzati alla diffusione delle competenze (gestionali, tecnologiche, operative), necessarie alla realizzazione degli obiettivi perseguiti. Tuttavia le imprese locali non rinunciano al marketing e alla differenziazione competitiva dei propri prodotti, poiché dalla loro capacità innovativa e commerciale dipende la riuscita di qualsiasi iniziativa collettiva esercitata a livello territoriale. L’individualità delle imprese però, deve essere incanalata lungo aree di azione coerenti con un disegno di sviluppo del territorio condiviso, perché coerente con la storia delle imprese e conveniente sotto il profilo dei risultati economici che è in grado di garantire. 2.5. Le categorie della domanda del territorio Esistono molti modi per individuare i diversi gruppi in cui si scompone la domanda territoriale. Con riferimento specifico alla città, si pone i evidenza tre fondamentali tipologie di soggetti a cui essa deve riferire le diverse componenti della propria offerta. La prima tipologia è costituita dagli utilizzatori dei suoi prodotti/servizi, i quali si dividono a loro volta in tre gruppi distinti: a) i fruitori di servizi residenziali; b) i fruitori di servizi pubblici (siano essi cittadini residenti o non residenti); 61 c) i fruitori di servizi localizzativi (siano esse imprese locali o imprese esterne). La seconda tipologia è costituita dagli stockholders, cioè dai proprietari di terreni urbani, immobili, infrastrutture. Si tratta di quei soggetti il cui patrimonio varia in maniera considerevole in relazione al grado di sviluppo economico e sociale dell’area urbana. La terza tipologia di soggetti da considerare è rappresentata dagli stakeholders, tutti coloro che, dallo sviluppo del luogo, traggono qualche tipo di beneficio per la realizzazione della propria attività produttiva. Un possibile criterio di base di segmentazione suddivide il mercato in funzione della natura dell’utente (impresa o persona) e dell’appartenenza o meno al territorio (domanda interna e domanda esterna). Nella categoria di domanda costituita dalle persone si dovrebbe individuare un terzo gruppi di utenti, tra quello costituito dai residenti (domanda interna) e quello rappresentato dai non residenti (domanda esterna). Si tratta delle persone che, per ragioni essenzialmente di lavoro, si spostano quotidianamente in un luogo diverso da quello dove risiedono. E’ il segmento dei così detti “commuters”, che in gran parte delle grandi città ha dimensioni importanti in termini sia quantitativi sia economici. Questi soggetti hanno una duplice domanda di territorio: quella rivolta all’area dove sono domiciliati e quella, derivata, verso il luogo che è sede del loro posto di lavoro. I contenuti di questa seconda componente della domanda proveniente dai commuters sono in buona misura assimilabili a quelli della domanda dei residenti, anche se vi sono alcune differenze sostanziali (si pensi alle condizioni di residenzialità, agli spazi ricreativi, al trasporto urbano ed extraurbano). La difficoltà fondamentale posta da questa categoria di utilizzatori del territorio consiste nell’individuazione delle loro specificità rispetto alle caratteristiche dei 62 segmenti di domanda a cui sono solo in parte assimilabili (il segmento costituito dai residenti nel luogo dove essi lavorano). Ciascuno dei gruppi in cui è stata suddivisa la domanda può (e deve essere) ulteriormente segmentata. Particolare rilievo ha la segmentazione del comparto di domanda costituito dalle imprese. A riguardo sono individuabili diversi criteri: a) il settore di appartenenza dell’investitore e dell’impianto localizzato nell’area; b) il tipo di attività o funzione aziendale realizzato nell’impianto (in generale o riferita ad un determinato macrosettore produttivo); c) il tipo di attività operativa concretamente svolta dalla struttura insediata nel territorio; d) la dimensione dell’impresa; e) il rilievo e la diffusione dei legami con soggetti locali richiesti dall’investimento; f) il tipo di componenti territoriali più rilevanti per l’attività. Un ulteriore aspetto che è importante considerare è la modalità dell’investimento. Questi criteri sono applicabili per segmentare sia la domanda costituita da imprese esterne, sia quella rappresentata dalle aziende locali. Le prime possono essere ulteriormente suddivise, considerando: a) il paese di origine, in particolare per quanto riguarda il grado di vicinanza culturale e sociale; b) l’importanza economica e la posizione gerarchica che l’investimento è destinato ad assumere nel gruppo; Alcuni criteri di segmentazione specifici della domanda delle imprese locali possono, invece, essere: a) il grado di esposizione alla competizione internazionale; 63 b) il tipo di legame già esistente con il territorio e il ruolo attualmente svolto nella sua dinamica di sviluppo. Nonostante l’articolazione descritta, la segmentazione deve essere basata su un numero relativamente ristretto di criteri, al fine di evitare l’identificazione di un segmento poco significativo dal punto di vista economico. I criteri effettivamente utilizzati sono generalmente quelli dove sono disponibili le informazioni più affidabili. 2.5.1. La domanda interna La domanda interna è costituita dai soggetti economici e persone che risiedono nel territorio. E’ una domanda non omogenea, a sua volta costituita da gruppi con obiettivi ed esigenze di utilizzazione del territorio molto diversi tra loro. Questi gruppi possono trovarsi tra loro in concorrenza non solo nell’utilizzazione degli spazi e dei servizi, ma anche nella determinazione della scelte dei modelli di sviluppo perseguiti dal territorio. Ruolo primario del governo locale è quello di equilibrare le possibili spinte contrastanti, in maniera da garantire a tutte le categorie di domanda un adeguato livello di benessere e di sviluppo. L’azione di marketing verso i diversi segmenti di domanda interna è conseguente al modo in cui il soggetto pubblico svolge il ruolo di “equilibratore” tra obiettivi diversi. In questo senso, le operazioni di marketing locale possono agire come supporto o come complemento al più ampio programma di gestione pubblica degli interessi dei diversi gruppi di cittadini. Il marketing, infatti, può svolgere una funzione molto incisiva nella gestione del territorio e costituire una leva primaria nella politica di redistribuzione delle risorse e delle opportunità tra gli attori interni al territorio. 64 In linea generale, il marketing del territorio persegue verso la domanda interna alcuni obiettivi tipici: a) mantenere le imprese esistenti e rafforzarne le condizioni di competitività; b) favorire lo sviluppo di nuove realtà produttive; c) aumentare e migliorare l’occupazione locale e quindi la capacità di produzione di reddito dell’area; d) sviluppare la domanda endogena di competenze e accrescere, quindi, le occasioni di qualificazione per i lavoratori locali; e) migliorare le condizioni di fruizione del territorio per i residenti. Il modo in cui si cerca di realizzare questi scopi e, quindi, i contenuti delle azioni di marketing verso la domanda interna devono tenere conto del fatto che i soggetti che costituiscono tale domanda hanno un ruolo duplice nella definizione dell’assetto dell’area geografica dove risiedono. Da un lato, rappresentano appunto un mercato che si rivolge al proprio territorio; dall’altro, costituiscono una delle sue risorse per molti aspetti più rilevanti nel processo di sviluppo locale. Da questo consegue che la non soddisfazione della domanda interna (sia le imprese, sia le persone) comporta per il territorio non solo il peggioramento della posizione competitiva in una certa area del mercato; determina, soprattutto, il depauperamento di una componente spesso decisiva per il successo del suo processo di sviluppo. Elementi di inefficienza o inefficacia anche parziali espressi dall’offerta territoriale possono avere conseguenze rilevanti e piuttosto rapide sul valore che i soggetti residenti esprimono come risorsa del territorio stesso. Nell’ambito della domanda interna, è opportuno approfondire le problematiche relative alla parte costituita dalle imprese. 65 In linea generale, a riguardo, l’azione di marketing si propone di creare le condizioni che rendono conveniente per le aziende locali rimanere nel territorio, o, addirittura, incrementare il loro impegno in termini d’investimenti ad alto valore aggiunto. In casi particolari, è possibile osservare un’azione di “de-marketing”, volta ad incentivare il trasferimento in altre zone di attività produttive che non sono coerenti con il generale indirizzo di sviluppo equilibrato o con i principali progetti di rafforzamento della competitività dell’area. Per quanto riguarda le imprese locali, l’azione del marketing d’area può avere anche un obiettivo diverso dal potenziamento del tessuto produttivo locale; in particolare, può essere finalizzata alo sviluppo delle aziende locali nei mercati collocati i altre aree geografiche. La domanda che le aziende locali rivolgono al territorio riguarda, infatti, l’insieme di condizioni che consentono di rafforzare la propria posizione competitiva rispetto ai concorrenti localizzati altrove e che, quindi, favoriscono la penetrazione commerciale di altri mercati geografici. Questo tipo di domanda può essere soddisfatta sia da componenti tangibili (l’esistenza nell’area geografica di infrastrutture avanzate che attribuiscono alle aziende locali un differenziale positivo nei costi di produzione), sia da componenti intangibili. Riguardo queste ultime, si segnala l’esistenza di un effetto “MADE IN”; questo consente all’impresa di aumentare il valore della propria produzione per il fatto che tale produzione è stata realizzata in quella determinata area geografica. Occorre sottolineare l’importanza che il potenziamento delle attività economiche interne ha tra le funzioni del marketing territoriale; l’attenzione verso lo sviluppo delle imprese locali deve essere almeno altrettanto forte a quella attribuita all’acquisizione d’investitori esterni. Diverse ragioni spiegano questo rilevante principio generale. 66 In primo luogo, il fatto che nell’ambito della domanda di un territorio, la componente interna è quella che generalmente ha minore propensione alla mobilità. Di conseguenza, è quella parte della domanda che, a parità di altre condizioni, ha maggiore probabilità di migliorare con la propria presenza le condizioni di sviluppo economico del territorio. In secondo luogo, l’attrazione d’investimenti esterni deve superare alcune difficoltà che non si manifestano nell’attività di sostegno allo sviluppo locale. In particolare, il fatto di operare in un mercato in cui lo squilibrio tra domanda e offerta è crescente (nel senso di un eccesso di offerta) e determina una competizione sempre più intensa. Bisogna, inoltre, considerare i maggiori costi che, in generale, l’azione di attrazione degli investimenti esteri richiede. Infine, la minore controllabilità degli investitori esterni, in particolare riguardo i reali effetti che l’insediamento esterno provoca sul territorio. Come conseguenza di queste considerazioni, si conclude che l’attrazione di nuovi investimenti non può essere considerata la funzione prioritaria e vincolante del marketing territoriale. Del resto, questa politica e quella di mantenimento e sviluppo delle imprese già insediate nell’area sono per molti aspetti collegate e possono acquisire forza dalla reciproca interdipendenza. In alcuni casi, il principio alla base dei due tipi di intervento è assolutamente comune; si pensi, ad esempio, a tutti gli investimenti per il miglioramento del patrimonio infrastrutturale del territorio, che costituiscono un fattore di forza sia per mantenere le imprese esistenti, sia per attrarne di nuove. 67 2.5.2. La domanda esterna La domanda esterna è costituita dalle organizzazioni economiche che cercano opportunità di insediamento per determinate loro attività produttive e dalle persone che ricercano (in maniera temporanea o permanente) un nuovo luogo di residenza, di lavoro, d’impiego del tempo libero. Il contrasto che si può manifestare all’interno della domanda esterna è implicitamente risolto da due condizioni: in primo luogo, dalla politica di “prodotto” che caratterizza l’offerta del territorio in questione (basata sulla sua vocazione) che naturalmente favorisce certi tipi di domanda. In secondo luogo, le diverse componenti della domanda esterna possono generalmente scegliere tra una pluralità di offerte. Rispetto ai diversi segmenti di domanda esterna, il marketing svolge pienamente le sue funzioni più tipiche: - posizionamento dell’offerta territoriale (tenendo innanzi tutto conto della vocazione originaria dell’area); - adeguamento dell’offerta attraverso interventi sulle sue componenti, sull’immagine del territorio e sulle modalità di collegamento tra la domanda e gli elementi dell’offerta territoriale. Nel segmento delle imprese, il primo tipo di domanda deriva dal processo di espansione internazionale dell’azienda, attuato attraverso investimenti produttivi. La seconda categoria di domanda nasce invece dalla strategia di ri-localizzazione produttiva delle imprese, conseguente a forti divari di competitività tra le aree geografiche. Nel segmento delle persone fisiche, la domanda è costituito essenzialmente dal turismo; nei paesi con economie avanzate, esso rappresenta la componente più rilevante. Per sua natura il turismo ha un impatto sistemico in quanto tende a coinvolgere trasversalmente l’economia del territorio nel quale si indirizza con 68 ricadute anche di natura sociale, culturale e ambientale42. Se è vero infatti, infatti, che il turismo è un potenziale volano di generazione di ricchezza per le popolazioni residenti,43è altrettanto vero che esso ha un’ impatto non neutro sul territorio, poiché orienta l’attività economica locale, consuma risorse (talvolta distruggendole), richiede una adeguata opera di ristrutturazione e di infrastrutturazione, crea rifiuti e determina esigenze di consumo ( di energia, acqua e trasporti) sproporzionate rispetto a quelle tipiche della zona (Mc Kercher,1993, Hunter e Green 1995). Il turismo, inoltre modifica il sistema delle relazioni sociali all’interno della comunità ospitante, in quanto la espone al contatto con il forestiero che la visita e vi si insedia.44L’ avvento del turismo rappresenta quindi per un sistema territoriale un input fondamentale di trasformazione, che deve essere opportunamente indirizzato e interiorizzato al fine di generare valore e sviluppo durevole. Il turismo quindi non è una panacea che conduce automaticamente allo sviluppo: l’ esito dell’avvento del turismo in un luogo è variabile, non necessariamente positivo. Per questo, la scelta di puntare sul turismo nell’azione di marketing del territorio dovrà essere attentamente valutata dagli organi di governement, prevedendone gli effetti e valutandone 42 Tra i primi lavori che hanno analizzato la molteplicità degli impatti del turismo in un territorio, vi sono Mathienson e Wall (1982), Cooper (2002). 43 Il turismo determina infatti i seguenti effetti positivi: 1) stimolo alla creazione di nuove imprese nel settore della ricettività, della ristorazione, del commercio, dell’intrattenimento e dei servizi; 2) creazione di potenzilalità occupazionali nel settore turistico e nei settori collegati;3) possibilità di integrazione del reddito derivante da altre attività economiche, in primis l’agricoltura e il commercio; 4)generazione di ricchezza legata alla spesa dei turisti attraverso i consumi e, indirettamente attraverso imposte e tasse sul turismo, che consentono di aumentare il bilancio pubblico locale a vantaggio degli investimenti che cadono anche sulla popolazione residente, (miglioramento della viabilità, dei servizi e degli arredi urbani), Weaver e Lawton (2002) e Cooper (2002). 44 Per Urbain 1997, il turismo può essere un principio di vita e di sviluppo (fonte di rivitalizzazione demografica, economica, patrimoniale), oppure principio di morte e distruzione in quanto distrugge luoghi, divora gli spazi e colonizza gli spazi e le tradizioni. 69 comparativamente costi e benefici. Tra le variabili che possono determinare l’esito del turismo sullo sviluppo locale vi sono: • lo stato di equilibrio del sistema territoriale precedente l’avvento del turismo: il turismo data la varietà e l’intensità dei suoi impatti, agisce sul sistema locale modificandone l’assetto economico, sociale e ambientale. L’esistenza di squilibri interni al sistema45 costruisce un limite decisivo alla generazione di effetti positivi, in quanto i conflitti insiti nell’ adozione di un nuovo modello di sviluppo, ovvero nella nascita di una nuova vocazione del territorio46, fungono da potenziali acceleratori del conflitto interno. • Il tipo di turismo a cui il sistema territoriale si rivolge: l’impatto del turismo sul territorio dipende dall’entità e dalla composizione dei flussi di visitatori nonché delle pratiche turistiche che motivano la loro permanenza nel territorio.47Particolare rilevanza, al riguardo, assume la distinzione fra turismo di massa e turismo alternativo48, e la possibilità che l’afflusso turistico nel territorio possa aumentare nel tempo, mantenendo sotto controllo il parametro 45 Tra le principali ragioni di squilibrio, si considerano ad esempio questioni etniche, religiose, sociali legate alla distribuzione della ricchezza e dei ruoli all’interno della collettività. 46 Si pensi all’apertura del turismo in aree agricole, dove il turismo non era mai stato praticato prima, oppure all apertura del turismo in aree in via di sviluppo, che sperimentano una relazione non conflittuale con il forestiero. 47 Gubert e Pollini (2000), propongono una graduatoria dell’impatto socio-culturale del turismo sulla comunità locale, che prevede un minimo nel caso del turismo di esplorazione, per poi crescere man mano che il turismo evolve verso il turismo d’elite, il turismo fuori giro, il turismo insolito, il turismo di massa iniziale, e assumere il valore massimo nel turismo charter, legato alle grandi organizzazioni internazionali del turismo. 48 Hunter C, Green H (1995), Turism and environment: a sustainable relationship?, Routledge, London. 70 della sostenibilità, ovvero gestendo la crescita quantitativa dei flussi valutando l’impatto globale del turismo49. • l’ esistenza o meno di un efficace processo di pianificazione turistica: affinchè lo sviluppo turistico produca i suoi effetti positivi, esso deve essere sostenibile ma per essere sostenibile deve essere attentamente pianificato50. Lo sviluppo del turismo deve perciò essere inserito nell’ambito di un più vasto processo di pianificazione territoriale che consenta di garantire il requisito dell’organicità e della coerenza tra le diverse attività economiche, anche sotto il profilo dell’attività legislativa e di governement (Hunter e Green, 1995). La scelta del tipo di turismo su cui puntare, descritta nel punto precedente, costituisce perciò la prima scelta di pianificazione territoriale in quanto conduce alla realizzazione di strategie di offerta significativamente diverse51. Valutate le possibili ricadute del turismo, l’azione di marketing del territorio finalizzata alla generazione di flussi turistici dovrà prevedere la formulazione di una strategia, attraverso la quale trasformare il luogo in una destinazione turistica. 2.6. L’ analisi delle componenti dell’ offerta territoriale L’ analisi delle componenti dell’offerta territoriale persegue due finalità conoscitive: • comprendere la vocazione del territorio; • valutare gli elementi di forza e di debolezza che caratterizzano l’offerta territoriale (e che dovranno poi essere confrontati con le condizioni dei concorrenti). 49 Clarke J (1997), A Framework of Approches to Sustainable Tourism, in Journal of Sustainable Tourism, vol 5, n°3. 50 Godfrey K, Clarke J (2000), The turism development handbook, Cassell, London. 51 Weaver D, A Broad Context model of destination development scenarios in Turism Management, vol 21, 2000. 71 Le componenti che costituiscono il territorio e che danno consistenza alla sua offerta sono numerose ed eterogenee. In prima approssimazione, possono essere distinte in componenti tangibili e intangibili. Le prime comprendono in particolare: • la posizione geografica e le caratteristiche morfologiche • la struttura urbanistica • le infrastrutture (vie di comunicazione, reti di telecomunicazione, aree industriali) • il patrimonio immobiliare • il patrimonio culturale • il sistema di servizi pubblici • il tessuto produttivo • la dimensione e le caratteristiche del mercato locale Gli elementi intangibili sono rappresentati da tutte quelle componenti immateriali che favoriscono la valorizzazione delle risorse tangibili del territorio. Tali componenti sono generate dalla combinazione di fattori diversi e si caratterizzano per essere fortemente specifiche dell’ area in cui si manifestano e, pertanto difficilmente imitabili da altri contesti territoriali. Tra queste: • il sistema di valori civili e sociali; • le competenze del sistema produttivo locale; • la qualità delle risorse umane; • l’intensità degli scambi con l’esterno; • la leadership economica e culturale; • il grado di maturazione sociale; • il livello di benessere; • l’efficienza e efficacia dei meccanismi burocratici e amministrativi. 72 Tra le componenti intangibili esiste anche l’effetto made in che consente alle imprese di aumentare il valore della loro produzione per il fatto che è stata realizzata in quella determinata area geografica. Gli elementi di forza a di debolezza del territorio derivano dalle singole componenti materiali e immateriali che esistono al suo interno, ma anche dalle connessioni, relazioni e collegamenti esistenti tra tali componenti. La domanda che le aziende rivolgono al territorio riguarda, infatti, l’ insieme di condizioni che consentono di rafforzare la loro posizione competitiva rispetto ai concorrenti localizzati altrove. Ciò che deve essere proposto al mercato è un insieme di condizioni tangibili e intangibili, opportunamente correlate tra di loro, in grado di generare valore per il soggetto utente. Il fatto che l’offerta territoriale abbia natura composita, in quanto costituita da diverse componenti, e sistemica in quanto il valore deriva dalle relazioni esistenti tra le sue diverse componenti, porta a sottolineare come il successo di tale offerta vada costruito, individuando, valorizzando tutte le componenti che costituiscono il territorio stesso, ideando e implementando relazioni sinergiche tra tali componenti e coinvolgendo e coordinando i diversi attori che governano le componenti stesse52. Occorre precisare che l’offerta territoriale presenta non solo una dimensione orizzontale, relativa agli elementi stessi ma anche una dimensione verticale. Le caratteristiche che un determinato elemento dell’offerta territoriale assume a un certo livello spaziale possono influenzare le caratteristiche che lo stesso elemento assume ad un altro livello spaziale. L’offerta di una data area è, quindi influenzata da condizioni che si manifestano nell’area in cui è contenuta. Per esempio la competitività di una città è legata alla qualità della propria rete stradale ma l’impatto che il livello dell’ infrastruttura stradale ha sulla città è 52 Varaldo R, Caroli M G, op cit. 73 enfatizzato o penalizzato dalle caratteristiche della rete viaria regionale e delle principali vie di accesso alla città stessa. In sintesi il valore dell’offerta è dato dalla qualità delle componenti in cui si articola il territorio e dalle relazioni tra tali componenti. Relazioni che sono sia in senso orizzontale, tra elementi diversi interni all’area considerata, sia in senso verticale, tra elementi corrispondenti in dimensioni spaziali diverse53. Infine un’area geografica può essere considerata come l’insieme di componenti attualmente esistenti, ma anche insieme di elementi potenzialmente realizzabili, dove tale potenzialità del poter essere tradotta in realtà in un arco di tempo coerente con la strategia di marketing. 2.6.1. Offerta territoriale turistica La destinazione turistica è un luogo che scelto dal turista come meta del proprio viaggio deve comprendere tutte le strutture necessarie al soggiorno (trasporto, vitto, alloggio, ricreazione)54, è quindi un luogo, obiettivo di viaggio, che il turista desidera visitare grazie a determinate attrazioni, naturali o artificiali, preesistenti o create ad hoc, che esso offre55. Si focalizzano cosi alcuni aspetti chiave attorno al concetto di destinazione: in primo luogo, il fatto che le destinazioni sono un’amalgama di prodotti, servizi e attrazioni variamente composto in uno spazio geografico56, che ha la capacità di determinare un interesse e una motivazione di viaggio da parte di segmenti 53 Caroli M G, op cit. Bieger T, Management von Destinationen und Tourismusorganisatione, Oldenbourg Valag, Monaco, 1996. 54 55 Keller, le organizzazioni turistiche nazionali a una svolta, in H. Pechlaner, K Weiermain, Destionation Management, Fondamenti di marketing e gestione delle località turistiche, Tup, Milano, cap 8. 56 Cfr Pearce (1989), Leiper (1995), Cooper (2002), Buhalis (2000). 74 definiti di turisti. In secondo luogo, il fatto che le destinazioni sono definite dalla domanda, attraverso meccanismi variabili nel tempo e nello spazio.57 Questi elementi, pongono in evidenza la necessità per un territorio che voglia svilupparsi come destinazione turistica di attivare un insieme di processi strategici attraverso i quali: • definire lo stock di risorse, prodotti, servizi e attrazioni da proporre come motivo del viaggio; • realizzare dal punto di vista istituzionale e organizzativo, una strategia che consenta di assumere un ruolo attivo e propositivo all’interno del mercato turistico senza essere passivamente oggetto di turismo; • promuovere le proprie offerte nelle regioni generatrici di flussi turistici più idonee, sotto il profilo geografico, comportamentale e attitudinale, a divenire bacini di attrazione di flussi. Il processo di creazione di una destinazione può cosi essere inquadrato all’interno di una prospettiva strategica, come esito di una serie di decisioni e di comportamenti che abbiano la capacità di aumentare la forza attrattiva di una regione nei confronti di alcuni bacini territoriali. A questo riguardo assume rilevanza la gestione di fattori pull, ossia degli elementi che agiscono verso le regioni generatrici di domanda, motivando gruppi definiti della popolazione residente a scegliere (o a desiderare ), di trascorrere una vacanza presso la destinazione. I fattori pull possono essere distinti nei seguenti: a) Attrazioni: le attrazioni rappresentano gli elementi naturali e artificiali che spingono un visitatore verso un luogo, esse rappresentano l’elemento essenziale 57 Secondo Tamma (2002), un luogo assume la qualità di destinazione se c’è un viaggiatore che vede in quel luogo la meta del viaggio,.. l’oggetto di interesse del turista.., inteso come fattori di attrattiva in cui il turista traduce, in base alla sua cultura, al suo insieme di valori, alle sue informazioni ed esperienza, alla sua personalità, alle sue condizioni socio-economiche, la propria Domanda specifica. 75 del fenomeno turistico poiché determinano la vacanza e il successo di una destinazione. L’ attrazione è legata al fenomeno del sightseeing58, in quanto immagine significante del luogo che giustifica il viaggio. Per questo quanto più un’ attrazione è unica, specifica, inimitabile, tanto più alta sarà la capacità di generare flussi di visitatori. Il grado di imitabilità e di riproducibilità delle attrazioni turistiche disponibili definiscono perciò la forza competitiva della destinazione: questo spiega la rilevanza sul piano del valore di alcune categorie di attrazione, ed in particolare le risorse naturali59, il patrimonio artistico, architettonico, antropologico e culturale, che non possono essere fruiti altrove. Le tendenze più recenti del turismo dimostrano un aumento della rilevanza delle attrazioni artificiali, ossia di tutte quelle strutture innovative che puntano sull’aumento della competitività della destinazione offrendo motivi di svago, ricreazione, pratica sportiva, socializzazione. Gli elementi che possono configurarsi come “attrazioni turistiche artificiali”, sono numerosi. Nel tentativo di distinguere alcune categorie di base si possono individuare: 1. intere aree destinate a infrastrutture per il tempo libero, collocate in prossimità di zone turistiche o grandi vie di comunicazione; rientrano in questa categoria, ad esempio i parchi divertimento, gli zoo, le cittadelle del commercio e gli outlet. 2. strutture per la pratica indoor o outdoor, quali piscine, centri fitness, ski-dome, centri sportivi multifunzionali, piste per veicoli a motore, stadi e palazzi dello sport. 3. grandi musei progettati da famosi architetti, la cui presenza è destinata a lasciare una traccia precisa nel tessuto urbano e nella vocazione turistica del territorio. 58 Urry, Lo sguardo del turista, Seam, Roma, 1995. Pigliaru F, Economia del turismo: crescita e qualità ambientale, in R.S.Usai, L’ultima spiaggia, Turismo, economia e sostenibilità ambientale in Sardegna, Cuec, Cagliari. 59 76 4. eventi e manifestazioni (culturali e sportive), di grande richiamo, destinate non solo alla generazione di flussi turistici (o escursionistici), legati al loro verificarsi, ma a incidere sull’immagine e sull’ infrastrutturazione del territorio a seguito della realizzazione di opere, strutture e infrastrutture necessarie per garantire lo svolgimento. 5. infrastrutturazione del territorio finalizzata alla fruizione turistica, che consiste nell’insieme di interventi strutturali ed infrastrutturali che rendono possibile aumentare la qualità e la varietà delle attività turistiche praticabili nel territorio. E’ quindi l’equilibrata mescolanza di elementi naturali ed artificiali che qualifica una destinazione come luogo turistico in senso antropologico60, e che è in grado di agire sia sulla distintività della destinazione, sia sulla mantenibilità nel tempo della sua forza attrattiva. In mancanza di originalità nel modo di combinare le attrazioni naturali con quelle artificiali, il rischio che il territorio corre è quello della standardizzazione, quindi della sostituibilità con altri territori sulla base di variabili di mercato quali la concorrenza di prezzo, la moda, la pressione commerciale. b) Accessibilità: fa riferimento a tre dimensioni distinte che caratterizzano una destinazione, ossia l’accessibilità geografica, l’accessibilità socio-politica, l’accessibilità economica. La prima dimensione dell’accessibilità si riferisce alla possibilità di raggiungere facilmente la destinazione attraverso percorsi e mezzi di trasporto adeguati, quindi dipende dalla dotazione di infrastrutture presenti nel territorio. La seconda dimensione dell’accessibilità è di tipo socio-politico, e si riferisce alle condizioni nell’ambito delle quali i visitatori possono accedere ad una destinazione. In alcuni casi, infatti l’accesso è libero, e non prevede alcuna limitazione, mentre in altri l’ingresso in un paese richiede il rispetto di procedure 60 Secondo una visione antropologica (Augeè 1993, 1999), un luogo può essere definito come spazio identitario, relazionale, storico. 77 formali (autorizzazioni, visti, permessi di soggiorno). La terza dimensione è quella economica, essa fa riferimento al costo che i turisti provenienti da una determinata regione generatrice devono sostenere per raggiungere e alloggiare in una destinazione. In alcuni casi, le destinazioni possono realizzare vere e proprie politiche di prezzo, finalizzate all’incremento della forza attrattiva attraverso il contenimento dei prezzi, oppure all’affermazione di esclusività limitando intenzionalmente la fruizione turistica dei luoghi a segmenti circoscritti di domanda. c) Informazione, accoglienza, ricettività: il turismo presuppone un viaggio e una permanenza sul territorio; per questo alla base della forza attrattiva di una destinazione si pongono anche le azioni che essa svolge per facilitare l’accoglienza dei turisti, e le strutture ricettive di cui dispone per ospitarli. Informazione e accoglienza rientrano nell’azione di marketing della destinazione turistica, svolta alternativamente o congiuntamente da gli organismi di governement locali e dalle categorie imprenditoriali coinvolte nello sviluppo turistico. Lo sviluppo di una regione turistica può essere legato: 1) all’ intervento sul territorio di operatori professionali della ricettività (catene alberghiere, società immobiliari, società di gestione di villaggi e residence), i quali decidono di investire nella località al fine di dotarla di una capacità ricettiva sufficiente per la realizzazione di un progetto turistico; 2) all’emersione di imprenditorialità locale che si rivolge all’attività ricettiva, come fonte integrativa di reddito (affitto stanze o appartamenti, agriturismo, ospitalità rurale), o come attività di impresa (alberghi, residence)61. In questo caso, l’azione di governance potrà invece essere indirizzata verso il sostegno 61 E’questa la strada dello sviluppo turistico che ha caratterizzato in Italia le Dolomiti, la Toscana e la maggior parte della Riviera Adriatica. 78 all’imprenditorialità locale, in termini di erogazione di servizi investimenti in beni pubblici, trasferimento di competenze attraverso la formazione. d) Immagine turistica: le destinazioni turistiche devono gran parte del loro successo alla propria immagine. Ossia alla considerazione positiva che i mercati potenziali hanno del luogo, delle sue caratteristiche, della sua idoneità ad essere visitato. Come sostiene Urry (1995), i luoghi che si visitano sono scelti perché suscitano un’aspettativa di intenso piacere, alimentata attraverso il sogno e l’immaginazione; essi sono ritenuti interessanti a condizione che presentino elementi di contrasto con quelli abituali, poiché l’osservazione turistica è rivolta a ciò che si distingue dall’esperienza quotidiana del turista e che viene definito fuori dall’ordinario. Il processo decisionale del turista è fortemente influenzato in primo luogo dal sentito dire, e in secondo luogo anche dalla comunicazione pubblicitaria, ovvero: riviste specializzate, guide turistiche, trasmissioni televisive e siti web dedicati ai viaggi. Una destinazione turistica quindi, deve intervenire sul processo di creazione e alimentazione della propria immagine, gestendo gli strumenti di informazione e comunicazione disponibili per creare un circuito virtuoso fra la generazione dell’immagine per motivare il viaggio, e la successiva soddisfazione delle aspettative così create attraverso le attività e le esperienze svolte durante la vacanza. La nascita di una destinazione è frutto perciò di un processo strategico che presuppone da un lato l’analisi dettagliata delle potenzialità di mercato espresse dalle regioni generatrici, dall’altro la predisposizione di un ventaglio di offerte turistiche basate su ciò che il territorio è un grado di proporre al mercato. 2.7. L’ analisi delle offerte territoriali concorrenti Ai fini della formazione dell’orientamento di marketing territoriale non può essere trascurato lo studio delle caratteristiche delle aree geografiche concorrenti e la 79 previsione del loro comportamento futuro. La conoscenza delle offerte territoriali concorrenti ha rilievo per l’elaborazione della strategia di marketing sotto un duplice profilo: • consente di individuare vincoli e opportunità che si presentano al territorio nella scelta del proprio posizionamento sul mercato. • offre un criterio di confronto, di benchmark, per il miglioramento dell’offerta. L’attuazione di un’efficace analisi competitiva consente di prendere coscienza dell’effettiva consistenza e qualità dell’offerta, in termini di validità e solidità comparata rispetto a quella dei concorrenti. Tale presa di visione del posizionamento relativo dell’offerta territoriale e delle distanze competitive che separano l’area territoriale dagli altri operatori di mercato, consente di analizzare in maniera approfondita i punti di forza e di debolezza dell’offerta. Ciò permette di chiarire quali sono i segmenti di mercato dove l’offerta può avere maggiore efficacia e quali sono quelli che sono difficilmente acquisibili per la presenza di offerte concorrenti migliori e già consolidate. Inoltre tale analisi consente di individuare un certo numero di fattori critici di successo differenziali su cui focalizzare la strategia e i principali elementi di debolezza presenti nell’offerta che richiedono l’adozione di azioni di annullamento o quantomeno di contenimento, del gap di valore individuato. Al tempo stesso, la comprensione degli elementi di forza e delle best practices di altre aree geografiche può fornire stimoli significativi al miglioramento di specifiche condizioni interne o di determinate procedure operative. Un monitoraggio sistematico consente infatti di verificare costantemente la presenza di soluzioni già implementate che possono fornire spunti per idee innovative, suggerimenti e ispirazioni utili per il miglioramento dell’offerta. 80 Relativamente all’individuazione e selezione delle offerte concorrenti rispetto alle quali sviluppare il confronto, occorre sottolineare come il miglioramento dei processi di comunicazione e di logistica, riducendo le distanze, abbia determinato la necessità di allargare geograficamente l’ambito competitivo di riferimento impedendo di considerare quali concorrenti unicamente i territori localizzati in prossimità del sito localizzativo62. Il confronto con le offerte territoriali concorrenti deve essere condotto sulla base dei criteri decisionali seguiti dalla domanda nell’effettuare la scelta del territorio, criteri che hanno un rilievo che varia a seconda del segmento di domanda considerato. I più importanti tra questi sono: • i costi di utilizzazione del territorio e gli eventuali benefici monetari (costo degli immobili e delle aree, costo dei servizi, costo del lavoro, costi fiscali, eventuali incentivi finanziari o abbattimenti fiscali). • Le condizioni di utilizzazione del territorio, ossia il grado di efficienza delle componenti dell’offerta territoriale (manodopera con qualifiche adeguate, produttività pro-capite, qualità delle relazioni industriali, efficienza del sistema finanziario,infrastrutture e collegamenti, qualità delle utilities, affidabilità e qualità dei fornitori locali). • La rapidità di fruizione (disponibilità di attrezzature e di edifici, condizioni e tempo di accesso fisico, condizioni e tempi di attesa per poter operare nell’area, permessi e tempi di ottenimento, eventuali facilitazioni amministrative, presenza di un’ interlocutore unico). • Il contesto ambientale fisico (bellezza naturale del luogo, livello di inquinamento, attrazioni culturali). • Le condizioni di vita e i fattori ambientali (offerta residenziale, costo della vita, servizi sanitari, sicurezza, attività educative e formative, standard sociali 62 Mangiarotti, op cit. 81 e culturali, clima politico, vicinanza linguistica e culturale, orientamento favorevole all’ insediamento industriale). 3. L’analisi del territorio fermano 3.1. L’ analisi socio-economica del territorio e della popolazione La superficie della neo provincia è pari a 860 kmq, i comuni presenti nella provincia sono 40 di cui soltanto due superano i 20000 abitanti, altre tre con almeno 10000 abitanti, e altri due con almeno 10000 abitanti e tutti gli altri ben al di sotto dei 5000 residenti. La densità abitativa è pari a 201,30 abitanti per kmq in crescita rispetto al precedente 199,95 (censimento 1991), e ben superiore al dato regionale (158,46) e al dato nazionale (196,24). La variabilità della densità abitativa è molto elevata tra i comuni della provincia, con comuni dell’ interno ben sotto i 70 abitanti per chilometro quadrato e quelli costieri che in alcuni casi (Porto Sant’ Elpidio e Porto San Giorgio), si avvicinano alle 2000 unità per kmq. La popolazione totale anagrafica è cresciuta rispetto al 1 gennaio 2007 di circa 1900 unità passando da 173.020 a 174.928 abitanti che convivono in 66.819 famiglie (erano 65.576 al 31 dicembre 2006). Il tasso di urbanizzazione è pari a 35,76% notevolmente al di sotto della media italiana che pone la provincia a circa metà della classifica decrescente delle 110 province. La provincia è caratterizzata da una popolazione particolarmente anziana, con una quota di ultrasessantaquattrenni pari al 23,1% superiore di ben tre punti percentuali al dato nazionale (19,9%), e a quello regionale (22,6%), già uno dei più elevati d’ Italia. La classe 0-14 pesa per il 13% in linea con il dato regionale, ma di poco inferiore al dato nazionale (14%). Il rapporto tra maschi e femmine nelle varie classi d’età è pressoché omogeneo tranne per la classe di età superiore ai 65 anni, 82 in cui le femmine superano i maschi di quasi cinque punti percentuali. Gli stranieri residenti sono 13.624, in aumento di ben 2001 rispetto agli 11.623 al 1 Gennaio 2007. 3.1.1. Struttura della popolazione La provincia di Fermo è la più piccola della regione Marche sia in termini di ampiezza di territorio che di popolazione, contando solo per meno del 9% del territorio marchigiano. Nella classifica delle province italiane per estensione è una delle più piccole, seguita da meno di una decina di piccole province che come Fermo sono state create successivamente alle prime cento (ad esempio Lecco, Lodi, Rimini). Con 174.928 residenti comprende soltanto 11,26% della popolazione regionale e solo lo 0,29% della popolazione italiana. Si tratta di una popolazione particolarmente anziana, con una quota di ultrasessantaquattrenni ben superiore a quella italiana. Si consideri infatti, che già le Marche è una delle regioni più anziane d’ Italia ( 22,6% quota di popolazione over 64), e che Fermo è al 23,1% oltre tre punti percentuali rispetto alla quota italiana (19,9%). Ciò significa in particolare, che verosimilmente la speranza di vita alla nascita degli abitanti della provincia di Fermo è molto elevata (anche se non è ancora possibile fare una stima per questo territorio), dato che la regione Marche detiene il record italiano di longevità maschile (79,6), anni, ed è seconda solo alla provincia di Bolzano per quella femminile con (85,1 anni). La densità abitativa (201,3 abitanti per kmq), è molto più elevata di quella media regionale (158,46) e poco al di sopra di quella nazionale (196,24), ma la variabilità della densità tra comuni è molto più forte con i comuni montani scarsamente abitati e quelli costieri troppo congestionati (in particolare Porto San Giorgio). 83 Grafico n°1: Popolazione residente nelle province marchigiane, anni 19912001-2008. Fonte: ISTAT, Censimento della popolazione per anni 1991 e 2001; Gennaio 2008, dati anagrafici (demo.istat.it). La popolazione è cresciuta significativamente in questi sette anni (5,2% tra il 2002 ed il 2008, +8.622), con un picco dell’ 1,4% nel 2003, nei due anni successivi il ritmo è rallentato per riprendere a crescere nel 2006-2007, anche nel 2007 il ritmo di crescita ha superato 1%. Il comune capoluogo, Fermo, è anche quello di maggiori dimensioni e l’unico a superare la soglia delle 30 mila unità (37.760 al 31 dicembre 2007). La sola città di Fermo concentra quasi il 22% della popolazione provinciale. Il secondo comune più popoloso è Porto Sant’Elpidio con 24.755 abitanti. Il 62% degli abitanti risiede nei primi 5 maggiori comuni, il 33% nei 27 comuni con una popolazione tra i 1000 e i 2000 abitanti e solo il 5% 84 nei 13 comuni al di sotto dei mille abitanti. Soltanto 5 comuni superano la soglia delle 10 mila unità: oltre ai due suddetti troviamo Sant’ Elpidio a Mare (16.573), Porto San Giorgio (16.201) e Montegranaro (13.263). In tutti i maggiori comuni si è rilevato un aumento della popolazione, in particolare l’aumento si è concentrato nel 2003, anno della massiccia regolarizzazione degli immigrati in seguito alle leggi Bossi-Fini. Fermo e Porto Sant’ Elpidio hanno mostrato il più elevato ritmo di crescita dal 2001 al 2008. Nell’ ultimo periodo si è registrato un rilevate aumento concentrato nei primi tre comuni ( Fermo, Porto Sant’ Elpidio e Sant’ Elpidio a Mare ), si pensi, infatti, che ben il 66% dei 6714 residenti in più registrati dal 2002 al 2007 abitano nei tre comuni maggiori. Tutti i comuni della costa registrano crescite rilevanti, tranne Porto San Giorgio che in questi anni è rimasta pressoché stabile, a causa della già rilevantissima densità abitativa ed una piccola estensione che non consentono un ulteriore sviluppo demografico ed urbanistico. Grafico n°2: Popolazione residente nella provincia di Fermo; dal 1° gennaio 2002 al 1° gennaio 2008. Fonte: Istat La popolazione residente straniera nella provincia di Fermo raggiunge le 13.624 unità al 1° gennaio 2008, con una crescita complessiva dal 2003 pari al 66,5% . Nel 2003 gli stranieri erano 8184 e, con un tasso medio annuo superiore al 10% essi aumentano di 5440 unità. Si tratta di numeri molto rilevanti per un territorio 85 piuttosto piccolo e che risultano particolarmente significativi se letti in termini relativi, cioè come incidenza percentuale dei residenti stranieri sul totale della popolazione residente. Infatti è un dato che dovrebbe far seriamente riflettere tutti coloro che si occupano di politiche economiche e sociali del territorio riguarda la quota di stranieri residenti sul totale che ha raggiunto nel fermano una percentuale pari al 7,8% un’ incidenza molto superiore a quella nazionale che è risultata pari a 5,8% Grafico n°3: Popolazione straniera residente nella provincia di Fermo; 1°gennaio 2003-1°gennaio 2008 Fonte: Istat Grafico n°4: Incidenza della popolazione straniera per classi di età; provincia di Fermo; al 1° gennaio 2008. Fonte: Istat 86 Un’ altra interessante informazione messa a disposizione dall’ Istat riguarda le nazioni degli stranieri che risiedono in provincia di Fermo, che mostra una distribuzione piuttosto variegata dei paesi di provenienza. Gli stranieri più numerosi provengono dal Marocco (19%), dall’ Albania (18%), dalla Romania (13%), e dalla Cina (10%). Piuttosto numerose ma ben al di sotto del 10% del totale risultano le comunità polacca ( 5% ), indiana ( 5%), macedone ( 4%), ed ucraina ( 5%). Il restante 22% è rappresentato da piccoli gruppi di stranieri provenienti da un elevatissimo numero di paesi diversi sparsi in ogni parte del globo. I residenti stranieri sono, inoltre distribuiti su tutto il territorio provinciale, con una più rilevante concentrazione nei principali quattro comuni: Fermo (22%), Porto Sant’ Elpidio (17%), Sant’ Elpidio a Mare ( 9%), e Montegranaro ( 7%). Particolarmente interessante risulta la concentrazione di stranieri in due comuni abbastanza piccoli quali Falerone in cui risiede il 3% degli stranieri provinciali e Grottazzolina con il 3%. La rappresentanza della popolazione suddivisa per classi di età ci fornisce utili informazioni per comprendere come sta cambiando non solo la struttura della popolazione, ma anche come sarà l’andamento della consistenza della forza lavoro della provincia nei prossimi anni. Come si diceva all’ inizio, le Marche sono una delle regioni più anziane d’ Italia, mostrando una quota di ultrasessantacinquenni pari al 22% del totale della popolazione, la provincia di Fermo mostra una quota ancora più elevata pari al 23%. Questo si riflette in una quota della popolazione in età lavorativa (15-64) anni inferiore di due punti percentuali rispetto a quella nazionale. I residenti stranieri contribuiscono significativamente al ringiovanimento della popolazione fermana. Infatti soltanto il 3% dei residenti stranieri ha più di 64 anni, contro il 25% degli italiani. L’ apporto di nuove forze non lo rileviamo soltanto nelle classi centrali, che pesano per ben il 76% contro il 63% degli italiani, ma anche nelle classi più giovani che rappresentano ben il 22% dei residenti stranieri. 87 3.2. Il distretto industriale Il concetto di distretto industriale si sviluppa nell’ambito delle riflessioni sul capitalismo italiano come superamento del concetto di settore quale unità di indagine dello sviluppo economico e si propone come il paradigma teorico che integra il territorio e la società locale nell’interpretazione del cambiamento economico63. Il distretto industriale rappresenta una forma di organizzazione territoriale della produzione che risulta dall’iterazione della comunità locale e il suo sistema produttivo. Il sistema produttivo è costituito da una numerosa popolazione di piccole imprese indipendenti specializzate in una stessa industria. Essa è articolata in un’ industria principale e in una gamma ampia e mutevole di sottoindustrie e industrie sussidiarie64. Per ogni specializzazione esiste un mercato locale di fase tendenzialmente concorrenziale in cui la competizione è regolata da consuetudini non scritte ma rispettate in quanto sedimentate nella cultura locale. La comunità locale si compone in prevalenza di imprenditori, lavoratori autonomi, artigiani e si caratterizza per la forte partecipazione della famiglia “allargata”, all’attività d’impresa. La comunità locale possiede un forte sistema di valori (reciprocità, cooperazione, fiducia, etica del lavoro), sul quale si è costituito un sistema di istituzioni formali in grado di garantire quei medesimi valori, di diffonderli e di trasmetterli nel tempo. Il tratto che distingue il distretto dalla categoria generale di sistema locale, è la stretta iterazione sociale ed economica tra apparato produttivo e sistema sociale. Tale legame delimita lo spazio geografico del distretto sulla base del senso di appartenenza della popolazione locale al territorio e al processo produttivo tipico che in esso si svolge. Determina modalità endogene di nascita, di crescita del tessuto industriale (filiazione, 63 Lorenzini F., Sforzi F, “I distretti industriali”, da Ministero delle attività produttive e IPI istituto per la promozione industriale, l’esperienza italiana dei distretti industriali, Roma 20-33. 64 Bellandi M, “la formulazione originaria”, in G Becatini (a cura di), Mercato e forze locali: il distretto industriale, Bologna, il Mulino, 1987. 88 gemmazione e imitazione di impresa), definisce processi di socializzazione al lavoro interni alla famiglia allargata, alla comunità e all’impresa e attiva processi di divisione del lavoro e di apprendimento localizzati alimentati dal capitale locale di fiducia65. Il merito dell’ approccio distrettuale è quello di far emergere la stretta interdipendenza che esiste tra la struttura produttiva e i processi economici che si svolgono nel territorio in cui essa è insediata. Il territorio è quindi una dimensione che ricorre nelle forme di sviluppo, siano esse di tipo industriale o turistico. Oltre al territorio nel distretto industriale si ritrovano anche le altre due dimensioni proprie dell’analisi dello sviluppo turistico locale: il prodotto e il progetto. Il prodotto può essere collegato all’industria di specializzazione del distretto che ha un’articolazione a filiera, mentre il progetto è legato alle dinamiche relazionali e alle forme di coordinamento, perlopiù spontanee, che si sviluppano tra gli attori del distretto e che nascono dall’incontro e dalla combinazione delle forze della competizione e della collaborazione. Il concetto di cluster, introdotto da Michael Porter, per motivare il vantaggio competitivo delle nazioni, in funzione di grappoli o cluster di settori industriali connessi da relazioni verticali e orizzontali: l’economia di una nazione contiene un assortimento di cluster, la cui composizione e le cui fonti del vantaggio competitivo riflettono lo stato di sviluppo dell’economia.66 Il fattore che discrimina i due concetti è l’unità di analisi dell’economia. Il distretto industriale supera il concetto di settore per legarsi strettamente al territorio, mentre il cluster rimane ancorato ad esso. Nel cluster il territorio è una variabile accessoria e non costitutiva in quanto la concentrazione geografica di un settore industriale può manifestarsi a differenti scale geografiche a partire dalla città o regione,fino ad interessare un’intero paese 65 Dei Ottati, “Fiducia e cambiamento economico nei distretti industriali; il caso del distretto di Prato”, in Sviluppo Locale n°23-24, 2003. 66 Porter M., Cluster and the economics of competition, in Harvard Business Review, n°76, 1998. 89 o una rete di paesi confinanti.67Nel cluster il territorio manca degli aspetti socioculturali e rappresenta lo spazio in cui si realizza, a scale diverse, la concentrazione geografica di un grappolo di settori alle cui produzioni si collega la dimensione del prodotto, tra i quali si sviluppa un fitto tessuto di relazione e competizione che garantiscono economie di rete. Il concetto di distretto industriale, nella legislazione italiana, venne codificato per la prima volta nella legge 317/1991, nell’ambito di una serie di interventi per lo sviluppo delle PMI. In particolare, articolo della L.317 cosi definiva i distretti industriali: “aree territoriali locali caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese, con particolare riferimento al rapporto tra la presenza delle imprese e la popolazione residente nonché alla specializzazione produttiva dell’insieme delle imprese”. Il decreto ministeriale 21 aprile 1993, individua 5 criteri vincolanti ai fini dell’individuazione di un’area come distretto industriale da verificarsi tutti contemporaneamente: 1. Indice di industrializzazione manifatturiera: rappresentato dalla quota di addetti dell’industria, sul totale delle attività economiche. Esso deve superare di almeno il 30%, l’analogo indice nazionale o quello regionale nel caso quest’ultimo sia inferiore a quello nazionale; 2. Densità imprenditoriale: cioè il rapporto tra unità manifatturiere e la popolazione residente, rapporto che deve essere superiore all’analogo indice nazionale; 3. Specializzazione produttiva, basata sul rapporto tra il numero degli addetti in una determinata attività manifatturiera e il totale degli addetti dell’industria manifatturiera dell’area. Anche in questo caso deve superare l’analoga media nazionale del 30%; 67 Porter M., On Competition, Borston, Harvard, Business Scholl Press, 1998. 90 4. Il peso occupazionale, vale a dire che il numero degli occupati di un settore di specializzazione deve superare il 30% del totale degli occupati manifatturieri dell’area; 5. Incidenza della piccola impresa: la percentuale degli addetti operanti nel settore di specializzazione deve superare per il 50% il totale degli addetti del settore stesso. I rigidi criteri con cui venivano individuati i distretti sono poi stati superati dalla legge 11 maggio 1999, N°140. In particolare, articolo 6, comma 8, inserisce il concetto di distretto industriale nel più vasto criterio di sistema produttivo locale. I sistemi produttivi locali sono definiti come quei contesti produttivi omogenei, caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di piccole e medie dimensioni e da una peculiare organizzazione interna. Sulla base di questa definizione preliminare i distretti sono sistemi produttivi locali caratterizzati da una elevata concentrazione di imprese industriali, nonché dalla specializzazione produttiva di sistemi di imprese. E’ evidente che questa nuova definizione del distretto industriale lascia maggiore libertà alle Regioni nell’individuazione delle aree territoriali da individuare come distretti industriali. 3.2.1. Le caratteristiche del distretto fermano-maceratese L’impresa, in particolare l’impresa distrettuale, non è un concetto e/o un istituzione a se stante, intendendo l’istituzione d’impresa come realtà non solo distinta, ma concettualmente separata dall’ambiente nel quale opera, tale che per essere capita e spiegata l’osservazione possa rimanere al suo interno. Ciò che deve essere considerato nel modo di concepire l’economia d’impresa, concerne i rapporti tra la stessa impresa e il contesto esterno, che non è riconducibile al puro ruolo di mercato inteso come meccanismo governato dalle 91 leggi della domanda e dell’offerta né al tradizionale concetto di esternalità. L’impresa radicata in uno specifico contesto contiene la società con le sue valenze storiche, culturali, politiche istituzionali che non solo hanno una loro produttività ma sono “riprodotte”, dai processi economico produttivi.L’ impresa si sviluppa con una continua interazione tra fattori endogeni ed esogeni, finendo per essere la proiezione del suo ambiente e/o viceversa.68Il distretto è caratterizzato da una spiccata vivacità imprenditoriale incarnata da un’ universo operatori che non rispondendo ad un unico orientamento strategico elaborato centralmente come avviene nella grande impresa, si esprimono dando vita ad una miriade di imprese di piccole dimensioni. Queste si muovono in un acceso contesto concorrenziale in cui ogni attore e ogni impresa cerca incessantemente di migliorare la sua situazione, ma allo stesso tempo può avvalersi di una condizione di cooperazione semi-consapevole e involontaria dettata dalla omogeneità culturale, dalla vicinanza, dalla similarità e complementarietà dei rispettivi ruoli produttivi, “dal sistema socio-produttivo che innerva il mercato del distretto”. Il distretto calzaturiero marchigiano, costituito da 48 comuni, di cui 15 compresi nel territorio provinciale maceratese e 33 comprese nel territorio ascolanofermano, comprendente circa 4 mila imprese calzaturiere, rappresenta uno tra i casi più interessanti, a livello nazionale, di realtà produttive territoriali dove si effettuano tutte le fasi di lavorazione e si producono tutti i componenti necessari al completamento del prodotto finito. La struttura del distretto risulta infatti molto articolata e comprende imprese specializzate nelle fasi della lavorazione (taglio e orlatura), o nella produzione di fondi, tacchi e accessori (stringhe, fibbie, etichette), oltre a calzaturifici che assemblano il prodotto per conto terzi o producono tramite marchio proprio. 68 Varaldo R, L’evoluzione dei processi localizzativi delle imprese, dall’impresa locale all’impresa radicata, presentata al convegno:”localizzazione e radicamento dell’impresa”, Urbino, facoltà di economia,17 maggio 1995. 92 Le imprese del distretto marchigiano hanno un giro d’affari di circa 5000 miliardi di lire, per il 65% legato all’export; pur prevalendo l’orientamento al prodotto tradizionale (scarpa classica, stivali, sandali) non mancano le produzioni a destinazione più specifica (scarpe da lavoro, da tempo libero, sanitarie). Tra gli orientamenti produttivi prevalgono i segmenti medio alti e la prevalenza del prodotto classico non fa che confermare l’elevato livello qualitativo medio del distretto marchigiano dove si impiegano soprattutto materiali tradizionali (pelle e cuoio) per tomaie e suole. Nel distretto prevalgono tre poli produttivi specializzati per tipo di prodotto: nell’area di Montegranaro vengono realizzate soprattutto calzature da uomo, nella zona di Monte Urano calzature da bambino/ragazzo, e nel comprensorio di Civitanova Marche e Porto Sant’ Elpidio le scarpe da donna. Un’ ulteriore specializzazione a connotazione territoriale, diretta conseguenza delle prime, è costituita dalla produzione dei fondi per calzature, localizzata prevalentemente lungo il bacino del Chienti. Una tecnologia diversa e più complessa che richiede conoscenze tecniche specifiche, i materiali utilizzati (gomma sintetica, granuli di PVC, additivi chimici), e la necessità di forti investimenti, differenziano queste imprese da quelle di altri comparti che producono componenti per il settore. La composizione del distretto in termini di tipologie e orientamenti è fortemente articolata: anche il comportamento delle singole imprese calzaturiere risulta essere differente poiché nell’area operano aziende che realizzano in modo prevalente il processo di produzione al proprio interno, ricorrendo in modo limitato al decentramento produttivo. Tale situazione riguarda soprattutto le imprese che producono calzature di elevata qualità, per assicurare un elevato standard qualitativo ai prodotti. D’altra parte, si riscontra la presenza di aziende che 93 ricorrono ad una forte politica di decentramento produttivo, sia per alcune fasi della produzione sia per il prodotto finito. Le aziende subfornitrici di parti e/o componenti della scarpa operano generalmente nel distretto e sono localizzate nella stessa area della committenza, con cui hanno generalmente rapporti stabili. All’interno del distretto non mancano aziende che pur essendo radicate nell’area, hanno sviluppato buoni gradi di integrazione con operatori esterni. Un buon numero di imprese, variegate per fatturato, addetti, strategie, pur continuando a mantenere strette relazioni con l’area di appartenenza ha sviluppato nuovi rapporti con aziende di produzione (generalmente collocate nei paesi dell’est), ricorrendo al decentramento produttivo Internazionale e talvolta acquisendo nuovi stabilimenti in tali paesi. Tra le forme che la delocalizzazione della produzione all’estero può assumere (conto/lavorazione: realizzazione dei prodotti sui materiali e specifiche del committente; acquisto di prodotti finiti realizzati da terzisti esteri; produzione in stabilimenti esteri di proprietà), la prima risulta essere più diffusa tra le imprese del distretto. Il fenomeno assume dimensioni diverse nei vari rami dell’industria calzaturiera, a seconda del grado di specializzazione richiesta ai lavoratori e dell’intensità del capitale fisso; la delocalizzazione tende infatti a interessare di meno le produzioni che richiedono una maggiore presenza di manodopera qualificata e maggiori investimenti in impianti. La principale ragione che spinge a de localizzare le produzioni calzaturiere meno qualificate è la ricerca di più bassi costi del lavoro: alcuni paesi dell’Europa orientale, del sud est asiatico e dell’America latina costituiscono le aree di maggiore prospettiva per i processi di delocalizzazione dei prossimi anni. In tali aree, infatti, ad una tradizione calzaturiera di base risalente alla prima metà del novecento, si affianca la disponibilità della forza lavoro all’apprendimento sul campo. Sono soprattutto le aziende di maggiori dimensioni del distretto che si 94 rivolgono a subfornitori stranieri: riescono più agevolmente delle piccole a sopportare gli oneri dello sradicamento distrettuale, poiché i costi di transazione per ricercare nuovi subfornitori internazionali possono essere elevati, così come i costi per avviare un processo produttivo. Spesso, infatti, le aziende committenti devono inviare i propri tecnici, talvolta anche i macchinari e provvedere a formare il personale. Le imprese che producono su quelli qualitativi medio-alti possono farlo solo grazie alla collaborazione di altri imprenditori del distretto, mentre chi si colloca sulle fasce medio-basse può realizzare il prodotto finito anche all’esterno dell’area, o far realizzare all’esterno i semilavorati per poi completarne la lavorazione nella zona. I cambiamenti organizzativi che hanno coinvolto il sistema distrettuale, hanno condotto secondo alcune linee interpretative, al configurarsi di una impresa rete plurilocalizzata69, essa tende a sviluppare in rete attività svolte da unità locali proprie e da unità esterne con le quali istaura rapporti di collaborazione. Negli ultimi anni, l’evoluzione delle tecnologie e della domanda ha determinato nella media-grande impresa committente l’esigenza di richiedere ai terzisti prodotti di livello qualitativo sempre più elevato e processi lavorativi sempre più complessi. Spesso alla piccola impresa terzista viene lasciata una discrezionalità limitata nell’organizzazione delle modalità di esecuzione della produzione, ma questo non significa che essa non è in grado di presiedere alla definizione del progetto secondo cui opera. I commissionati pur agendo sotto le direttive tecniche delle imprese committenti, non eseguono solo delle semplici lavorazioni, ma operano ad elevati standard qualitativi, avvalendosi di manodopera qualificata e di strumentazione tecnica adeguata. Benchè le imprese terziste puntino proprio sulla qualità produttiva come punto di forza con cui fronteggiare la concorrenza a basso costo del lavoro, proprio le modalità organizzative e procedurali che consentono 69 Cfr, Balloni 1997. 95 di valorizzare tale qualificazione nei confronti dei committenti, sono individuate come punti di maggiore debolezza: per alcuni terzisti del settore le difficoltà riguardano proprio il rispetto dei tempi di consegna e la flessibilità. Per consentire alle imprese terziste di contrastare la concorrenza e i processi di delocalizzazione della produzione all’estero o in regioni del sud dove il costo del lavoro è più basso, risulta strategico qualificare i rapporti di produzione che legano le piccole imprese specializzate, tra loro e con le imprese committenti. Sono le grandi imprese committenti a determinare le regole ed ad imporre le loro condizioni; anche se potenzialmente autonome e in grado di assumere e perseguire strategie proprie, le piccole imprese terziste risultano fortemente vincolate dalle imprese committenti. La ricerca di un’autonomia concreta comporta, probabilmente, la necessità di una maggiore apertura ad una committenza non solo locale, e di trovare le condizioni per soddisfare un maggior numero di imprese committenti (pluricommitenza). 3.3. Analisi della struttura produttiva fermana Al 31 dicembre 2008, erano 20.576 le sedi d’ impresa attive nella neo provincia di Fermo contro un dato iniziale pari a 20595. Le imprese agricole costituiscono solo il 23,6% delle attività, seguite dal settore del commercio e dell’ industria in senso stretto corrispettivamente il 23,2% e il 21,5%. Questi valori sono in linea rispetto ai dati nazionali e regionali, solo il valore riferito al commercio è di poco inferiore ad entrambi i riferimenti. Importante risulta anche il dato della densità imprenditoriale che risulta di tre punti percentuali al di sopra del dato nazionale (11,85 contro 8,72 nazionale) e posiziona la provincia tra le primissime nella graduatoria decrescente delle 113 provincie. Le imprese artigiane sono circa 7449 pari al 36,3% delle attività totali anch’esso di notevole importanza rispetto ai dati 96 nazionali e regionali. La dinamica imprenditoriale mostra un tasso di evoluzione non brillante, invariato rispetto al periodo precedente ma pur sempre superiore al dato nazionale. Le ditte individuali sono il 68,4% delle aziende dato superiore al riferimento italiano di quasi due punti percentuali. Grafico n°5: Sedi di impresa e variazioni % annuali, provincia di Fermo e var %, Marche e Italia; Fonte: database Stockview (Infocamere), su dati Registro Imprese. Le localizzazioni70 produttive della provincia di Fermo sono sempre cresciute nel corso degli ultimi dieci anni, passando da 22531 del 1999 a 24049 del 2008. La dinamica è stata però inferiore a quella nazionale e regionale. Complessivamente la crescita delle unità locali è stata del 6,7% parallelamente in Italia si è registrato un aumento del 16,4% con un balzo del 3% nel solo 2008. Nelle Marche l’ aumento è stato del 10% e nella vecchia provincia di Ascoli del 9,3% quindi 70 Le localizzazioni sono tutte le sedi e unità locali presenti nella provincia di competenza. Secondo la definizione Istat, unità locale è l’impianto situato in un dato luogo e variamente denominato ( stabilimento, laboratorio, negozio, ristorante, albergo, bar, ufficio, studio professionale), in cui viene effettuata la produzione o la distribuzione di beni e servizi. 97 anche nel confronto con la parte Picena c’è un rallentamento. Malgrado la fortissima concentrazione di imprese nel calzaturiero, che espone il sistema produttivo fermano a un notevole rischio di shock dovuto alla varazione nella domanda di questo settore, e le forti crisi che si sono succedute negli anni passati, senza dimenticare quella attuale, l’ apparato produttivo si è dimostrato abbastanza resistente e resilente. Ma se la capacità di resistenza è una buona dote, rimane comunque la debolezza dovuta alla persistente monosettorialità di questo sistema economico. D’ altro canto, la resilienza dello stesso (la capacità di automodificarsi ed adattarsi alle trasformazioni esterne), è un fattore estremamente positivo, segnale della forza del distretto ad adattarsi ai cambiamenti globali e a rinnovarsi. Inoltre, malgrado la preponderanza delle imprese calzaturiere, sono emerse negli ultimi decenni realtà di estremo interesse per: • la rilevanza sul mercato di riferimento. • la presenza in settori tecnologicamente avanzati. • la qualità degli imprenditori e del management. Queste aziende si collocano principalmente nel settore alimentare, con i pastifici di Campofilone , poi vi sono anche alcune importanti aziende nel settore delle materie plastiche, della meccatronica ed in particolare della domotica e della sicurezza. I settori con il maggior numero di imprese sono: • il commercio (6.112 unità). • l’industria, comprendente i comparti estrazione di minerali, attività manifatturiera e produzione e distribuzione di energia elettrica gas ed acqua (5.209). • l’ agricoltura, che comprende agricoltura silvicoltura e pesca (4740 unità). 98 Grafico n°6: Localizzazioni e variazioni % annuali provincia di Fermo e var % Marche ed Italia, anni 1998-2008. Fonte: data base stockview (infocamere), su dati Registro imprese. L’ agricoltura mostra un andamento nettamente negativo con una perdita di unità locali pari al 24% tra il 1999 ed il 2008, l’ industria evidenzia una sostanziale stabilità mentre il commercio mostra un allargamento molto significativo del numero di unità locali (18%). Gli altri settori hanno dimensioni tutte molto al di sotto rispetto ai primi tre citati, ma allo stesso tempo hanno sostenuto notevoli ritmi di crescita delle unità. Le costruzioni ad esempio sono passate da 1763 nel 1998 a 2691 del 2008. Un aumento del 53% dovuto, innanzitutto, alla fase espansiva della domanda immobiliare della metà del decennio considerato, che tuttavia, si è oramai conclusa , oltre che alla crescente suddivisione del lavoro delle imprese edili che tendono a specializzarsi su singole fasi del processo di costruzione. Un settore che spicca per i vorticosi ritmi di crescita per il numero di localizzazioni e quello dei servizi alle imprese ( settore K della codifica ATECO, comprendente attività immobiliari, noleggio, informatica, ricerca ed altre attività 99 professionali ed imprenditoriali ), che passa da 957 nel 1998 a 1855 unità nel 2009 (+ 94%), tale accelerazione dovrebbe tendere a ridurre il divario tra l’ incidenza di questo settore a livello nazionale (11%) del totale delle localizzazioni e provinciale ( 8%). Grafico n°7: Dinamica delle attività manifatturiere: numero di localizzazioni e variazione % rispetto al 1999, provincia di Fermo anno 2008. Fonte: Istat Il grafico precedente mostra la struttura del sistema industriale della provincia di Fermo e mostra chiaramente una concentrazione elevatissima di unità locali nel settore cuoio, pelli e calzature, che da sole rappresentano il 58% delle attività manifatturiere provinciali. Si tratta di una situazione veramente anomala che non trova riscontro in nessuna altra provincia italiana Nessuna delle attività in figura si avvicina, per numero di unità locali, al settore cuoio pelli e calzature; esse sono tutte al di sotto delle 508 unità. Con un tale settore cuoio, pelli e calzature che giganteggia di almeno 5 volte sugli altri comparti industriali, non si riescono ad intravedere altri settori che nel medio 100 termine possono minare il predominio territoriale del calzaturiero. Ciò non toglie che la crescita sostenuta di tanti diversi settori possa ampliare l’ economia provinciale diminuendo i rischi dovuti all’ eccessiva concentrazione in un unico comparto. 3.3.1. Il terziario avanzato e la provincia di Fermo Il terziario “avanzato” o innovativo è costituito da imprese che offrono servizi, “innovativi”, appunto agli altri settori dell’economia, primo fra tutti quello industriale. Servizi di natura complessa caratterizzati da elevato contenuto di conoscenza uso estensivo delle tecnologie di internet e alta specializzazione professionale. Un settore che dove presente, indica modernizzazione e concorre allo sviluppo competitivo del territorio e dei suoi settori economici verso standard qualitativi più elevati, favorendo il cambiamento del tessuto produttivo,le interrelazioni fra competenze diverse, la visione e la comprensione delle innovazioni in atto. Secondo la classificazione ATECO 2002 queste aziende sono quelle identificate ed iscritte al Registro delle Imprese e/o Albo delle artigiane con i codici di attività della categoria “lettera K” (K70, K72, K73, K74). Al momento le aziende sono ancora registrate con i vecchi codici e l’aggiornamento completo è previsto in tempi futuri, quindi verrà utilizzata la vecchia classificazione ATECO 2002. Le categorie implicate sono: • K70 - Servizi immobiliari su beni propri, conto terzi e amministrazione e gestione; • K72 - Informatica, consulenza e attività connesse; • K73 - Ricerca e Sviluppo; • K74 - Consulenza e servizi specializzati e professionali. 101 È da precisare che la classificazione parte dalla lettera ed arriva fino a sei cifre numeriche passando per diverse sotto-categorie. Da un elenco di aziende richiesto alla Camera di Commercio di Ascoli Piceno, relativo a quelle presenti sul territorio dei 40 comuni del fermano e registrate con i suddetti codici, risultano esserci 1.309 aziende appartenenti al terziario avanzato, circa l’ 8,5% del totale delle aziende della provincia (considerando che secondo l’ultimo censimento ISTAT le aziende residenti nella Provincia di Fermo sono circa 15.500). Constatando una media a campione di circa 2,4 addetti per azienda si può presumere la cifra di oltre 3.000 lavoratori impiegati nel terziario avanzato. La presenza di queste 1.309 aziende è concentrata maggiormente nei comuni di Fermo (272 aziende), Porto Sant’Elpidio (250), Porto San Giorgio (179), Sant’Elpidio a Mare (140), Montegranaro (100) e Monte Urano (85). Quindi come si poteva presumere nei 6 maggiori centri della provincia sia per densità demografica che per concentrazione industriale e manifatturiera. La somma delle aziende presenti in queste 6 città rappresenta il 78,38% di tutto il terziario avanzato della provincia (elenco di aziende aggiornato al marzo 2008). 102 Tabella n°1, Aziende che operano nel terziario avanzato Attività e funzioni Numero Software e Consulenza informatica 62 Elaborazione elettronica dati e banche dati 120 Altri servizi connessi all'informatica 20 K 72 - Totale informatica 202 Ricerca & Sviluppo tecnologico 1 K 73 - Totale R&S 1 Consulenza Professionale 177 Collaudi e analisi tecniche 12 Marketing, Pubblicità e Comunicazione 63 Formazione e selezione 6 Design e Stiling 207 Altri servizi specializzati 62 K 74 - Totale consulenza professionale 527 Valorizzazione immobiliare di beni propri 347 Agenzie e mediazione immobiliare 228 Amministrazione e gestione immobili 4 K 70 - Totale Immobiliare e Facility Man. 579 TOTALE 1309 Val. % 4,74 9,17 1,53 15,43 0,08 0,08 13,52 0,92 4,81 0,46 15,81 4,74 40,26 26,51 17,42 0,31 44,23 100 Fonte:database, Stockwiew, infocamere, sui dati registro delle imprese. Un’ulteriore specificazione: la categoria K72 include • elaborazione di software, assistenza e consulenza informatica; • elaborazione elettronica dati e banche dati; • altri servizi connessi all’informatica: grafica, siti web…..; la categoria K73 include • Ricerca & Sviluppo Tecnologico; la categoria K74 include • consulenza professionale: amministrativa, legale, tributaria, finanziaria, gestionale, ingegneristica e degli studi tecnici; 103 • collaudi ed analisi tecniche: per macchinari ad alto contenuto tecnologico, analisi di laboratorio…; • marketing, pubblicità e comunicazione: agenzie di comunicazione, assistenza all’internazionalizzazione…; • formazione e selezione; • design e stiling (se ne parlerà più avanti); • altri servizi specializzati: logistica, servizi ai trasporti, cultura e spettacolo….; la categoria K70, attività identificate e dette Facility Menagement, include • valorizzazione beni immobili propri; • agenzie e mediazione immobiliare conto terzi; • amministrazione e gestione immobili; Grafico n° 8: Aziende che operano nel terziario avanzato Suddivisione percentuale delle categorie K 70 44,23% K 74 40,26% K 73 0,08% K 72 15,43% K 70 K 72 K 73 K 74 Fonte: database Stockview, Infocamere. 104 Come è possibile notare dal grafico, subito a vista d’occhio risulta un’elevata percentuale del ramo Immobiliare e del cosiddetto “Facility Menagement”, con 579 aziende, oltre il 44% del settore (esso successivamente meriterà un discorso a parte). Subito dopo troviamo il ramo della consulenza professionale con 527 aziende, più del 40%, poi quello dell’Informatica con 202 aziende, circa il 15,5%, ed infine Ricerca & Sviluppo, invisibile ad occhio nudo trattandosi di un’unica unità e dello 0,08% (un Consorzio di Ricerca e Sviluppo che si occupa di organizzazione di programmi di ricerca scientifica e tecnologica). 3.3.2. L’ ICT – Informatic Communication Technology Il ramo della produzione di software, dell’assistenza e della consulenza informatica alle aziende è un ramo in continua crescita. Dagli inizi degli anni Novanta in poi il mercato dei servizi legati all’informatica ha registrato una crescita costante del suo volume di affari. Basta pensare che dal 1995 al 2000 il fatturato totale di queste aziende, a livello nazionale, è raddoppiato con una crescita annua media del 13%. La costante innovazione dei prodotti ed il crescente utilizzo delle tecnologie informatiche all’interno delle aziende e della Pubblica Amministrazione hanno permesso a questo ramo di espandersi e di differenziarsi, diventando una delle sottocategorie di riferimento del terziario avanzato. Questo grazie anche al continuo processo di alfabetizzazione informatica promosso in questi ultimi anni sia all’interno delle aziende private che negli enti pubblici. Da parte della P.A. si è riscontrato un ingente investimento di risorse per l’informatizzazione dei processi e per la conseguente e necessaria istruzione del proprio personale all’utilizzo di questi nuovi strumenti e supporti. Soprattutto le grandi aziende private, dotandosi di sofisticati e sempre più potenti sistemi informativi che necessitano di alta consulenza informatica, hanno spinto e 105 permesso la proliferazione di piccole realtà aziendali appartenenti a questa sottocategoria. Essa rappresenta un insieme di servizi, ad alto contenuto tecnologico e di conoscenza, ormai indispensabili per qualsiasi tipo di azienda, singola industria o filiera produttiva. Come detto questi servizi vanno dall’elaborazione di software e consulenza, elaborazione dati e creazione di banche dati, come anche tutte quelle attività connesse alla creazione di prodotti informatici (siti web, grafica, editoria multimediale), ad esclusione della mera vendita, manutenzione, riparazione e assistenza di apparecchiature hardware. Questo è il quadro riscontrato nella provincia fermana: Tabella n°2, aziende operanti nell’ICT K 72 - Informatica e attività connesse Numero Val. % Software e consulenza informatica 62 30,69 Elaborazione elettronica dati e banche dati 120 59,41 Altri servizi connessi all'informatica (grafica, web, ..) 20 9,90 Totale 202 100 Fonte: database Stockview, infocamere Osservando la tabella possiamo constatare la presenza di 120 aziende che si occupano di elaborazione elettronica di dati e di creazione di banche dati, oltre il 59% delle 202 aziende totali. Ad elaborare modificare, personalizzare software e fornire consulenza informatica ce ne sono 62, più del 30,5% ed infine 20 altre aziende che forniscono servizi legati all’informatica, quasi un 10% (vedere il Grafico 2). 106 Grafico n°9: Aziende che operano nell’I information, Comunication and Tecnology. Suddivisione per sottocategorie 9.90% 30,69% Software e consulenza informatica Elaborazione elettronica dati e banche dati 59,41% Altri servizi connessi all'informatica (grafica, web, ..) Per quanto riguarda la loro natura giuridica ci troviamo di fronte ad un gran numero di ditte individuali, 81, che con le 31 S.N.C. fanno 112 società di persone. Le restanti sono 47 S.R.L., 36 S.A.S. ed infine 5 Cooperative e 2 Consorzi. Quindi per più del 55% si tratta di società di persone mentre per meno del 45% di società di capitali ed altro. Nella Tabella 5 e nel Grafico 3 è possibile osservare le diverse entità di natura giuridica. Tabella n°3, suddivisione delle imprese per natura giuridica Natura giuridica Numero Val. % Ditta Individuale S.N.C. S.A.S. S.R.L. Consorzio 81 31 36 47 2 40,10 15,35 17,82 23,27 0,99 Cooperativa Totale 5 202 2,48 100 Fonte: database Stockview, infocamere. 107 Grafico n°10: Suddivisione delle imprese in base alla natura giuridica Natura giuridica Consorzio 1% Cooperativa 2,48% S.R.L. 23,27% S.A.S. 17,82% Ditta Individuale 40,10% S.N.C. 15,35% Fonte: database Stockview infocamere 108 3.3.3. La consulenza professionale Per consulenza professionale si è inteso tutte quelle attività fortemente specializzate e ad alto tasso di conoscenze specifiche che rappresentano segmenti o funzioni intermedie al servizio della produzione industriale, della gestione amministrativa, delle risorse umane, finanziaria e contabile, dell’elaborazione e analisi tecnica, come anche marketing e comunicazione. Tutte funzioni aziendali importantissime, ma delle quali dotarsi internamente comporta grandi spese sia di costituzione che di gestione annuale. Odiernamente è sempre più utilizzata una formula di prestazioni grazie alla quale le aziende si mantengono snelle ed affidando parte della loro filiera produttiva o esternalizzando alcune funzioni che richiedono competenze specialistiche. Questa formula prende il nome di ‘outsourcing’, cioè affidarsi a sorgenti, di sapere, di conoscenza e di professionalità esterne. Ed è qui che vanno ad operare molte delle aziende di questa categoria, rappresentate da un insieme di professionisti che mettono la loro consulenza a disposizione di altre aziende. Tabella n°4: imprese che svolgono consulenza professionale K 74 - Attività di servizi alle imprese Numero Consulenza amm./comm./gestion.,studi tecnici Collaudi e analisi tecniche Marketing / Pubblicità Formazione e selezione personale Design e stiling calz./abb./tessili 177 12 63 6 207 Altri servizi Specializzati Totale 62 527 Fonte: database Stockview, Infocamere Guardando la tabella si può osservare la presenza di 177 unità che si occupano di consulenza amministrativa, commerciale, gestionale e tecnica. Ne sono 63 quelle 109 che si occupano di marketing e pubblicità, 6 di formazione e selezione del personale, 12 di collaudi e analisi tecniche e 62 appartengono alla denominazione “altri servizi specializzati” con cui si intendono: logistica, servizi per trasporti, cultura e spettacolo, organizzazione eventi e fiere ed altro. Infine abbiamo il Design e lo stiling con ben 207 aziende che rappresentano il 39% della categoria K74. Questa è una conseguenza della forte vocazione manifatturiera, della calzatura, del pellame e del cuoio nella provincia di Fermo. Si tratta di aziende che progettano modelli di taglio e stampi per la realizzazione di scarpe, borse e cappelli come anche di stilisti. Spesso sono aziende che si occupano anche della successiva realizzazione di questi prodotti. L’enorme percentuale di queste aziende rispetto alle altre è facilmente apprezzabile dal grafico seguente. 110 Grafico n°11: Imprese operanti nella consulenza professionale Consulenza amm./comm./gestion., studi tecnici Suddivisione categoria Collaudi e analisi tecniche 12% 34% Marketing / Pubblicità Formazione e selezione personale 2% 39% 1% 12% Design e stiling calz./abb./tessili Altri servizi Specializzati Fonte: Database stockview, infocamere Per quanto riguarda la loro natura giuridica, consultando il grafico rappresentato nella pagina successiva, abbiamo di fronte circa il 55% di liberi professionisti con 287 ditte individuali. Quello dei lavoratori autonomi è un fenomeno che caratterizza fortemente questo settore formato da professionisti con alle spalle grandi conoscenze e spesso lunga esperienza. Questo si verifica anche a livello nazionale dove si registra annualmente un forte aumento di lavoratori indipendenti e nel Centro Italia si parla anche del 12% di incremento annuale. Questo andamento è sicuramente influenzato anche dal cambiamento della contrattualistica nel mondo del lavoro. 111 Grafico n°12: Natura giuridica delle imprese che operano nella consulenza Natura giuridica Associazione 2 (0,38%) Società semplice 2 SPA 5 Cooperativa 7 Consorzio SAS SNC SRL (0,38%) (0,95%) (1,33%) 19 (3,61%) 41 (7,78%) 58 (11,01%) 106 (20,11%) Ditta individuale 287 (54,46%) Fonte: database Stockview, Infocamere Dal grafico è possibile confrontare le diverse quantità e percentuali. Da quanto emerge ci sono 5 S.P.A. che in linea generale si occupano di assunzione e gestione di partecipazioni in società, acquisto e possesso di obbligazioni e azioni, attività finanziarie e associazione di studi di alta consulenza e 19 consorzi che prestano servizi ad i loro associati; come anche 2 associazioni, 2 società semplici, 7 cooperative, 41 S.A.S., 58 S.N.C. e 106 S.R.L.. 112 3.3.4. Le nuove caratteristiche del settore manifatturiero Fenomeni quali la globalizzazione dei mercati, la deindustrializzazione delle economie occidentali, la delocalizzazione produttiva, lo sviluppo della società dell’ informazione e lo sviluppo dei paesi dell’ Estremo Oriente, stanno modificando il modo di fare impresa. L’ imprenditoria italiana e marchigiana hanno mostrato grandi difficoltà ad adattarsi a questo contesto in forte e veloce cambiamento. Ciononostante molti imprenditori si sono rimboccati le maniche e hanno iniziato un lungo e profondo processo di rinnovamento delle loro aziende. I risultati di questo intenso impegno si sono già visti nel caso di molte medie imprese nel settore moda, che in questi difficili anni sono riuscite a mantenere e spesso a rafforzare, le loro capacità competitive sui mercati esteri. Su questo fronte le piccole imprese locali sono ancora molto indietro; se esse intendono non solo sopravvivere, ma affermarsi in maniera stabile conquistando una duratura nicchia di mercato, dovranno obbligatoriamente intraprendere il difficile cammino dell’ innovazione. Complessivamente l’ industria manifatturiera fermana è costituita, alla fine del 2009, da 5143 unità locali con un’ andamento apparentemente stabile, dato che ha registrato una crescita complessiva di sole 83 unità (+1,6). 113 Grafico n°13: Localizzazioni attività nelle attività manifatturiere della provincia di Fermo; anni 1998-2008 Fonte: Istat La suddivisione tra moda71 e altro 72ci permette di comprendere meglio cosa è avvenuto all’ interno. Dal grafico che segue si vede che in tutto il periodo di osservazione il comparto altro continua progressivamente ad ampliarsi, passando da 1603 nel 1998 a 1.929 unità a fine 2008, con una crescita totale di 326 unità. Andamento completamente inverso si osserva per la moda, che perde 243 unità passando da 3.457 a 3.214 unità nel 2008. Pertanto, il guadagno di 83 unità che l’industria manifatturiera registra complessivamente tra il 1998 e il 2008, è il frutto della contrazione del settore moda che perde il 7% delle unità locali presenti sul territorio, perdita che viene, comunque più che compensata dal raggruppamento altro che aumenta le sue unità di ben il 20,3%. Per quanto 71 Il settore moda raggruppa i settori ATECO: DB17 industrie tessili, DB18 confezioni articoli vestiario-preparazione pellicce, DC19 preparazione e concia cuoio. 72 Il comparto altro raggruppa i seguenti fattori ATECO: alimentare DA15, industrie alimentari e delle bevande; DD20 industria del legno, fabbricazioni in paglia; DE21 fabbricazione pasta-carta, carta e produzione di carta. DE22 editoria, stampa; DG24, fabbricazione di prodotti chimici e fibre sintetiche; DJ27 produzione di metalli e loro leghe; DK29, fabbricazione macchine ed apparecchi meccanici; DL33 fabbricazione apparecchi medicali, DM34 fabbricazione autoveicoli, rimorchi e semirimorchi; DM35, fabbricazione di altri mezzi di trasporto; DN36 fabbricazione di mobili. 114 riguarda il comparto altro, si può facilmente vedere dalla figura sotto riportata come la crescita delle unità locali sia stata molto costante, mentre la discesa del comparto moda ha subito una perdita consistente di circa 200 unità tra il 1998 ed il 1999 e tra il 2002 e il 2005, dopodiché si rileva una significativa ripresa negli ultimi tre anni. Grafico n°14: Le localizzazioni attive nella provincia di Fermo; settori moda ed altro; anni 1998-2008 Fonte: database Stockview, Infocamere. Paradossalmente, il calzaturiero fermano sembra aver retto molto meglio la crisi strutturale del 2002-2005, rispetto a quello maceratese, dove le perdite in termini di numero di unità locali sono state molto alte sia in termini assoluti che relativi. Dall’ ulteriore dettaglio delle suddivisioni considerate, emergono ulteriori spunti di riflessione per comprendere come si sta trasformando il settore manifatturiero. I grafici che seguono differenziano i due comparti in base alla tipologia della natura giuridica. Come si può notare, la riduzione del comparto moda è dovuta esclusivamente alla perdita delle imprese individuali e delle società di persone (- 115 590), mentre le società di capitale continuano la loro espansione con un aumento di 225 unità. La crescita del comparto altro è dovuta esclusivamente all’ espansione delle società di capitali,società, queste registrano una impennata del 105% con un aumento di 225 unità ( da 138 a 283). Le imprese individuali e le società di persone, d’ altro canto restano grosso modo stabili ( -6 unità dal 98 al 2008). Grafico n°15: Società di capitale attive nei comparti moda ed altro, provincia di Fermo. Anni 1998-2008, ( figura 1); società di persone e imprese individuali attive nei comparti moda ed altro. Provincia di Fermo. Anni 1998-2008 ( figura 2). Fonte:database Stockview, Infocamere In conclusione, le principali considerazioni da trarre sono le seguenti: • a prima vista l’industria manifatturiera ha mantenuto uno stock di unità locali piuttosto stabile • in realtà sono avvenute delle modificazioni nella struttura imprenditoriale provinciale: 1. Le componenti del comparto moda si sono ridotte. La riduzione più consistente si rileva nel settore cuoio, pelli e calzatura, che pur rimanendo il perno del tessuto imprenditoriale, perde 5 punti percentuali di peso sul 116 totale del manifatturiero e riduce la sua leadership incontrastata di questo settore. 2. Il comparto altro bilancia quasi completamente il calo in moda e, fatto 100 il totale delle imprese del manifatturiero, una parte dei 5 punti percentuali, persi dal cuoio pelli e calzature, sono stati guadagnati dall’ alimentare che si posiziona direttamente dietro al suddetto per numero di unità locali ( 10%) del totale. 3. In discreta crescita è anche la metalmeccanica sia nella componente produzioni in metallo ( +67%), che in quella prettamente meccanica (+ 66%). • In entrambi i raggruppamenti si osserva la tendenza al rafforzamento della struttura giuridica delle imprese, che vede lo stock delle imprese diminuire esclusivamente per le imprese individuali e le società di persone, forme giuridiche generalmente associate a micro e piccole imprese con struttura aziendale molto semplice, mentre per le società di capitali, relative di solito ad aziende più strutturate e di maggiori dimensioni, si rileva una impennata in altro ed una buona tenuta in moda. • Soltanto nel settore industriale è presente un numero consistente di imprese con una dimensione rilevante, in particolare con un valore della produzione superiore ai cinque milioni di euro ( 16% ) delle imprese; negli altri settori ( costruzioni,commercio e servizi ), oltre il 90% delle imprese dichiara un fatturato inferiore ai 5 milioni di euro. Il settore manifatturiero fermano ha mostrato negli ultimi anni una fortissima capacità di resistenza poiché: 117 • Il settore moda maggiormente toccato dalla crisi dal 2001, è riuscito a dimostrare una buona capacità di rigenerazione ed autodifesa soprattutto nel rafforzamento delle aziende di medie dimensioni. • nonostante la fondamentale importanza del settore calzaturiero nella struttura dell’ economia locale, il sistema economico fermano nel complesso si è mostrato meno vulnerabile alla crisi di questo settore di quanto si pensasse. • nel periodo osservato si sono infatti rafforzati i settori alimentare e metalmeccanico tanto da controbilanciare le imprese perse nella moda. Nel medio-lungo periodo, nel nostro sistema economico si sta realizzando un lento processo di diversificazione e ribilanciamento settoriale che vede ridurre il peso del calzaturiero ed aumentare quello di settori con cicli di breve e medio periodo opposti a questo, abbassando cosi il livello di vulnerabilità del nostro sistema rispetto alle crisi settoriali di domanda. 118 Grafico n°16: Dettaglio delle localizzazioni attive nel comparto moda, provincia di Fermo, anno 1998-2008. Grafico n°17: Localizzazioni attive nel manifatturiero altro, anni 1998, 2003, 2008. Fonte: database Stockview, Infocamere. 119 3.3.5. I gruppi strategici di imprese fermane Le imprese fermane, per semplicità, possono essere segmentate nei seguenti sottogruppi: • le “locomotive”, cioè le poche aziende che hanno raggiunto una dimensione e un’ autonoma riconoscibilità sui mercati tali da distinguerle dal distretto. Queste imprese hanno un’ importante funzione di orientamento e guida per quelle minori. Il loro posizionamento strategico può variare, aziende come Tod’s, Silvano Lattanzi o Andrea Montelpare per esempio, pur con dimensioni e su segmenti differenti, operano su una scala globale e su una strategia di innovazione di prodotto fondata su una proposta mai scontata di lifestyle e sulla proposta superiore di prodotto. Nero Giardini e Loriblu invece propongono un lusso accessibile offrendo alla classe media prodotti di tendenza già consolidata ad un buon rapporto qualità prezzo. La loro competenza critica è quindi l’ efficienza, da conseguire anche attraverso il raggiungimento di una adeguata scala produttiva e distributiva, indotto da una forte pressione pubblicitaria. • I “vagoni”, cioè le PMI, che tendono ad adattarsi come possono alle tendenze del mercato già scovate dai leader, attraverso l’ imitazione e la flessibilità, oppure operano come subfornitori dei leader. • La “costellazione del calzaturiero”, ossia i fornitori di tecnologie (ad esempio Teseo), macchinari e componenti critici (fondi in particolare), e packaging per il settore. Queste imprese possono prosperare grazie ad una strategia di innovazione tecnologica, proponendosi non solo al distretto fermano ma sui mercati internazionali come vettori di innovazione focalizzati su aspetti specifici della catena del valore. • Il cappello. Questo distretto ha attraversato un processo di profonda ristrutturazione che lo ha mantenuto vitale senza mutarne l’aspetto originario, 120 fatto di micro-imprese, probabilmente grazie alla natura di nicchia del mercato e all’ agilità dimostrata dalle aziende nel de localizzare la produzione e presidiare i canali commerciali. • La meccatronica: è il settore di punta del metalmeccanico locale. Oltre alla sigma che opera business to business con una clientela di grandi dimensioni, dalla massa indifferenziata, si distingue un gruppetto di aziende più strutturate legate all’ edilizia ed in particolare al controllo degli accessi ( Elsamec, Gaposa, Videx ). La padronanza delle tecnologie meccaniche ed informatiche gioca in questo settore un ruolo prioritario. • L’ edilizia. Si tratta di molte piccole imprese che non si distinguono per competenze distintive particolari e servono esclusivamente il mercato locale, tra l’ altro povero di iniziative immobiliari qualificate. Fa eccezione il gruppo Sicap Sangiorgio, un azienda nata nel dopoguerra che fabrica prefabbricati per l’ edilizia commerciale e disponde di vari stabilimenti nel centro Italia. • Lavorazioni del filo di ferro: alcune aziende della media Valtenna si sono sviluppate intorno a questa specializzazione produttiva, basata soprattutto sull’ automazione dei processi e il suo controllo. La natura di grande diffusione dei prodotti ( casalinghi ), espone il settore all’ assalto dei produttori asiatici. • La plastica. Il gruppo Quintili ( Piceno Plast e Asoplast ), ha conseguito una buona crescita grazie alla capacità di dominare i processi produttivi di componenti., la cui valenza tecnologica è quasi sempre determinata a monte da parte delle industrie chimiche fornitrici . Il gruppo ha sviluppato competenze specie nella fabbricazione di tubi e nell’ ideazione di sistemi di drenaggio ad uso civile ed industriale. 121 • Il biomedicale costruito da un’ unica azienda il gruppo Bioos si muove rapidamente e con successo, riuscendo anche in un campo dominato da grandi imprese a lanciare prodotti frutto della ricerca interna. • Le utilities. Società come Ecoelpidiense, Asite, Solgas , San Giorgio distribuzione, CIIP e Tennacola operano nei settori dello smaltimento rifiuti e della distribuzione di energia o acqua, nei quali si va costruendo un mercato con importanti opportunità anche se ancora prevalgono forti logiche politiche e burocratiche. La capacità di operare in maniera concorrenziale, introdurre in modo efficace nuove modalità organizzative (ad es la raccolta differenziata porta a porta ) e di gestire nuove tecnologie nei vari ambiti sarà discriminante nella loro sopravvivenza futura come imprese autonome. • L’agroalimentare. La Monaldi di Petritoli ha raggiunto la posizione di leadership nazionale nella produzione di uova, investendo nell’ automazione dei processi interni di controllo della qualità e garantendo alta affidabilità ad una clientela fatta di grandi industrie di distribuzione organizzata. La “Campofilone”, di Enzo Rossi e la Spinosi, costituiscono la punta avanzata di un gruppo di imprese prevalentemente artigianali ed indifferenziate che trasformano prodotti alimentari e si segnalano per politiche di innovazione di prodotto legate al suo contenuto filologico e alla gestione coerente della filiera produttiva. • L’artigianato artistico: un piccolo gruppo di aziende come la Bros o la Surprise, si è ricavato uno spazio nel mercato della bigiotteria, uscendo anche dai confini nazionali. L’artigianato artistico in provincia ha lunghe tradizioni ( si pensi alle ceramiche a Montottone ), anche se non è mai uscito dalla dimensione locale. 122 Schema n°1 : Imprese strategiche del Fermano Fonte: elaborazione personale 3.3.6. Innovazione e tecnologie I tempi di sopravvivenza dei prodotti si stanno accorciando sempre di più e l’innovazione costituisce anche per le imprese del fermano, un orientamento dal quale non si può prescindere. La necessità di proporre linee di prodotti sempre nuove utilizzando materiali innovativi, high-tech, spinge nella direzione di aumentare gli investimenti in “ricerca e sviluppo”. Le imprese, in modo speciale quelle appartenenti al distretto , effettuano innovazioni di processo attraverso investimenti in macchinari innovativi finalizzati all’aumento dei volumi produttivi, ma anche all’innalzamento dei livello qualitativi. Più diffuse, in quanto 123 necessarie per reimpostare con sistematicità il campionario, sono le innovazioni di prodotto effettuate all’interno del distretto: generalmente si tratta più di aggiornamenti, modifiche di prodotti esistenti o imitazioni di prodotti di altre imprese, che non di innovazioni di tipo radicale. Se si considerano le diverse tipologie di attività, è possibile notare come la diffusione delle innovazioni di processo sia maggiore per le produzioni di stampi, macchine, fustelle, forme, per i tomaifici e per le produzioni di fondi. Invece, l’innovazione di prodotto risulta più frequente per i calzaturifici e per i modellisti, cioè per quelle tipologie produttive in cui la definizione di nuovi prodotti (nuovi disegni, nuovi materiali), costituisce uno dei processi chiave dell’attività d’impresa. Nel distretto tuttavia, le ridotte dimensioni delle imprese, la specificità del processo produttivo e del prodotto calzaturiero, non hanno favorito lo sviluppo di un elevato livello di innovazione tecnologica. Il potenziamento delle performance competitive d’impresa è stato realizzato, soprattutto, attraverso la ripetizione e il miglioramento sistematico dei comportamenti, delle tecniche e delle abilità produttive e delle risorse umane: un processo che ha consentito di raggiungere livelli sempre più elevati di conoscenza aggiuntiva nel perfezionare il prodotto e di particolari abilità tecnico-specialistiche. Non essendo facile introdurre elementi di automazione nei processi del settore calzaturiero, la diffusione delle tecnologie più elevate ha potuto interessare solo le fasi estreme del ciclo produttivo: tra esse le fasi iniziali di progettazione, modellazione e taglio delle pelli, attività nelle quali gli strumenti CAD e CAM, hanno trovato una certa diffusione tra le imprese industriali, e le fasi finali,dove le nuove tecnologie hanno trovato espressione nella meccanizzazione del fissaggio e del packaging del prodotto. L’utilizzo di software di simulazione e di sistemi CAD avanzati, potrebbe aiutare l’industria calzaturiera e quella dell’abbigliamento in generale per la progettazione 124 di calzature personalizzate sulle caratteristiche fisiologiche o le abitudini di gruppi particolari di utenti o addirittura singoli individui. I nuovi sistemi CAD sono in generale altamente integrati e aiutano a “catturare”, le intuizioni del designer e il “codice genetico”, del prodotto ai fini di una gestione più consapevole ed efficiente della fase di sviluppo. L’implementazione di sistemi di questo tipo può rivoluzionare anche le tecniche di vendita del prodotto nella direzione di un rapporto individuale e fidelizzante con la clientela. Il negoziante, anche attraverso adeguati supporti informatici, potrà essere in grado di fare raccomandazioni al cliente circa i modelli che meglio riflettono le sue caratteristiche fisiologiche e anche i gusti, offrendo un’anteprima rende rizzata del prodotto. Le tecniche innovative di progettazione sono anche in grado di accelerare i tempi di realizzazione dei prototipi ed in genere di ridurre il time to market, in un settore che si allontana progressivamente dalle logiche di concentrazione stagionale degli ordini e della produzione. Nella stessa direzione vanno il Rapid Prototyping e le tecniche di Rapid Manufacturing ed il Reverse Engegneering. La prototipazione rapida rende possibile in poche ore e senza il bisogno di utensili oggetti di geometria complessa, ottenuti direttamente da una rappresentazione CAD tridimensionale dell’oggetto stesso. Il Rapid Manufactoring estende lo stesso concetto della prototipazione rapida alla produzione finale. Al momento la tecnologia disponibile rende queste applicazioni interessanti per piccole serie altamente personalizzate (es prototipi biomedicali), ma l’evoluzione futura ne consentirà la progressiva estensione a lotti più importanti. Il RM, è strettamente collegato ad una rivoluzione culturale nello sviluppo del prodotto che deve essere pensato in termini matematici, per la sua trasposizione in un sistema CAD. Per quanto riguarda la domanda d’innovazione e trasferimento tecnologico, nel fermano ci sono due tipologie di imprese: la prima, che rappresenta una buona parte dei casi, è costituita da quelle che hanno un atteggiamento passivo verso la 125 tecnologia, dove le innovazioni tecnologiche sono introdotte solo quando il deteriorarsi della competitività mette a rischio la quota di mercato. In tali imprese l’innovazione tecnologica non viene ancora inclusa tra i fattori recepiti come determinanti per la competitività d’impresa, ma viene associata ad un generico riferimento alla qualità del prodotto, alla capacità di mantenere bassi i costi di produzione e di ridurre i prezzi. La seconda tipologia è rappresentata da aziende che hanno un’atteggiamento più “dinamico”: tali aziende svolgono attività di ricerca seppure non formalizzata, investono in strutture di progettazione, hanno fornitori internazionali oltre che nazionali, partecipano a fiere e mostre, seguono la stampa specializzata, investono in formazione del personale, hanno contatti con l’università e centri di ricerca, partecipano a programmi nazionali o comunitari di finanziamento all’innovazione. Accanto ai canali diretti di introduzione delle innovazioni tecnologiche, assumono importanza i canali indiretti: tra di essi la domanda qualificata da parte di clienti sofisticati, l’acquisizione di nuovi clienti e di nuovi mercati. Un altro canale d’innovazione è rappresentato da un’attiva funzione di marketing, non solo per quanto riguarda le vendite, ma soprattutto per quanto riguarda la capacità di comunicare con i nuovi potenziali clienti e di tradurre le loro richieste in nuovi prodotti o in prodotti tecnologicamente migliori. 3.4. La destinazione turistica La destinazione turistica, secondo il dizionario Garzanti, viene definito come luogo di arrivo di un viaggio, Tschurtschenthaler (2000), definisce le destinazioni come aree concorrenziali, considerando che, da un lato definire e delineare una destinazione turistica presenta enormi difficoltà sotto il profilo contenutistico, e dall’altro sussiste in tali realtà, comunque le si voglia definire, una molteplicità di livelli decisionali indotta da interessi specifici, in ambito imprenditoriale e sociale. 126 Franch73, sottolinea come i tentativi definitori di destinazione, possono essere collocati nell’alveo di due prospettive di fondo: taluni muovono dal punto di vista della domanda, mentre altri privilegiano la prospettiva dell’offerta. I primi tendono a qualificare e assimilare le destinazioni turistiche come insieme di prodotti, fattori di attrattiva naturali ed artificiali capaci di attrarre turisti; i secondi Tendono ad identificare le destinazioni tenendo conto anche dei produttori e del sistema di offerta. La destinazione turistica secondo Bieger74, assumendo il punto di vista del turista fruitore, può essere vista come un prodotto turistico che in alcuni mercati compete con altri mercati ed un area che consiste di tutti i servizi e prodotti che un turista consuma durante il suo soggiorno. Per Bieger, le destinazioni possono essere definite sia un vasto insieme di prestazioni articolate ed integrate per determinati segmenti turistici, sia anche considerate come un “contesto geografico”,(luogo comprensorio, piccolo villaggio, nazione), scelto dal turista o dal segmento di turisti come meta del proprio viaggio, che comprende tutte le strutture necessarie del soggiorno relative ad alloggio, vitto e ricreazione”. Per Casarin75, il concetto di destinazione è di fatto, assimilato all’idea di prodotto turistico globale, assumendo che il punto di riferimento del turista è tendenzialmente composito e si declina in un insieme di fattori ambientali e strumentali nel quale confluiscono: • gli elementi d’attrazione nella destinazione e nelle aree di transito; • i servizi e le facilities presso la destinazione e nelle aree di transito; • l’immagine della destinazione; • l’informazione; 73 Franch M, Destination Management, Governare il turismo tra locale e globale, (2002). Bieger T, Reengineering Destination Marketing organizations. The Case of Switzerland, in revue de tourism, vol 53, n°3, 1998. 75 Casarin F., Il marketing del prodotto turistico, Torino, Giappichelli, 2000. 74 127 Tamma76, definisce la destinazione dal lato dell’offerta, questa deve essere studiata non solo in quanto luogo in cui sono sviluppate in varia misura insediamenti e attività turistiche, luogo definito secondo criteri geografici e/o amministrativi, ma in quanto sistema locale di offerta turistica slot, ovvero un’insieme di attività e fattori di attrattiva che, situati in uno spazio definito (sito, località, area), siano in grado di proporre un’offerta turistica articolata ed integrata, ossia rappresentino un sistema di ospitalità turistica specifica e distintiva che valorizza le risorse e la struttura locali. Per Tamma77, sulla base dell’analisi di contributi in argomento, il concetto di destinazione comprende tre elementi: a) uno spazio geografico; b) il riferimento ad un’offerta (un prodotto), ed a un mercato (dei segmenti); c) l’aggregato di risorse, strutture, attività, attori, che eroga l’offerta. La destinazione “appare essere, allo stesso tempo, tutte queste cose ma nessuna di queste in modo specifico”. In particolare il termine destinazione sintetizza “l’offerta complessiva di più prodotti globali, che insistono sullo stesso spazio geografico”. In questo modo, come sottolinea Franch, “la destinazione giunge a coincidere con il concetto di località inteso come insieme di prodotti e produttori che assumono una determinata configurazione”. Una destinazione è considerata un’amalgama di prodotti, servizi, elementi naturali ed artificiali, che diventa un prodotto unitario attraverso l’esperienza di fruizione del turista. Martini78, definisce il concetto di destinazione più ampio di quello di località, fino a contenerlo: “una località diventa destinazione attraverso l’iterazione con la domanda turistica, quando diventa una meta che si posiziona tra le preferenze dei turisti, essendo percepita come un luogo nel quale sono 76 Tamma M., Destination Management e logica di sistema, in la Rivista del Turismo, n°1, 2000. Tamma M., Destination Management: gestire prodotti e sistemi locali di offerta, in Franch, (a cura di), Destination Management.Governare il turismo tra locale e globale, Torino, Giappichelli, 2002. 78 Martini U., Management dei sistemi territoriali. Gestione e Marketing delle destinazioni turistiche, Torino, Giappichelli, 2005. 77 128 disponibili determinati fattori di attrattiva”. Una definizione di destinazione turistica dal lato dell’offerta è poi quella proposta da Ejarque79, che collega la presenza di attrattive con quelle di servizi affermando che “la destinazione è costituita da un’insieme di attrattive e servizi” per cui non è sufficiente avere solo servizi, cosi come non è sufficiente avere solo attrattive”. La destinazione identifica quindi, “un insieme di risorse che hanno una capacità di attrazione sufficiente a indurre un viaggiatore a compiere gli sforzi necessari per raggiungerla, con l’aggiunta dei servizi necessari al suo soggiorno”. Per Ejarque, la destinazione deve essere in grado di soddisfare i turisti alla ricerca non più e comunque non solo delle cosiddette 4 S (sun, sea, sand and sex), ma anche le tre L, (landscape, leisure and learning), nel tentativo di ottimizzare il valore del proprio tempo (value for time), piuttosto che semplicemente il classico rapporto costi/benefici (value for money). Lazzaretti80, affronta il concetto di destinazione recuperando l’approccio economico industriale del distretto industriale marshalliano, quantificando il distretto turistico come formato da un set di risorse artistiche, culturali ed ambientali cui si collega un gruppo di attori economici ed istituzioni specializzate in attività turistiche. Lazzaretti e Capone, in particolare, identificano la destinazione come un sistema di attori specializzati in attività turistiche ed approdano alla qualificazione dei sistemi turistici locali, di cui alla L.n.135/2001, come sistemi caratterizzati dalla presenza, nei loro territori, di una larga presenza di risorse naturali, artistiche e culturali e da una rete di attori economici e istituzionali che sono specializzati in attività turistiche. Il contributo degli studiosi nella prospettiva dell’offerta, è quella di identificare la destinazione turistica avvalendosi del modello delle aree di specializzazione del mercato del lavoro e giungendo in siffatto modo a mappare i principali sistemi turistici locali. Sempre secondo una prospettiva di destinazione vista dal lato dell’offerta, si può 79 80 Enjarque, la destinazione turistica di successo, Milano, Hoepli, 2003. Lazzaretti L., Petrillo C., Tourism Local Systems and networking, London, Elsevier, 2006. 129 prendere in considerazione il contributo di Bonetti, Petrillo e Simoni81, i quali ancorano fortemente il concetto di destinazione alla dimensione territoriale e delle risorse, sottolineando che un sistema turistico esiste quando tutte le risorse coinvolte nelle attività turistiche sono, mutuamente, legate da relazioni e da legami più forti di quelli esistenti in altre risorse territoriali con differenti vocazioni economiche. Gli autori propongono una lettura della destinazione turistica che distingue tre livelli di osservazione: il territorio, con le sue risorse e la conseguente vocazione turistica, il sistema turistico che emerge dalle risorse territoriali e che rende disponibili offerte per i vari segmenti di domanda turistica ed, infine, i prodotti turistici, che collegano la prospettiva dell’offerta con quella della domanda. Pencarelli82, fa corrispondere la destinazione inizialmente al concetto di distretto turistico, ampliato poi verso la concezione di distretto sistema. Il distretto turistico, dopo essere comparato con il distretto industriale, cercando di cogliere le buone pratiche trasferibili dal mondo manifatturiero al mondo dei servizi turistici, viene qualificato come “il complesso di imprese e risorse turistiche (ambientali, storico, culturali, paesaggistiche), localizzate all’interno di aree omogeneee dal punto di vista territoriale, sociale, economico e culturale e con connotazioni tendenzialmente uniformi dal punto di vista dell’offerta e della domanda servita. In altri termini, il distretto turistico, rappresenta un polo territoriale omogeneo (località), specializzato nell’erogazione di un prodotto turistico globale. Il distretto turistico, identifica, quindi, un ambito territoriale dai confini labili, ma sufficientemente condivisi dall’offerta e dalla domanda. Esso si caratterizza per uno o più fattori di attrattiva percepiti come differenzianti dai turisti rispetto ad altre destinazioni nella scelta di dove trascorrere la vacanza e che vengono posti unitariamente (in modo più o meno 81 Bonetti E., Petrillo C., Simoni M., “Turism system dynamics: a multilevel destination approach”, in Lazzaretti, Petrillo, Turism Local Systems and Networking, London, Elsevier, 2006. 82 Pencarelli T., Forlani F., Il marketing dei distretti turistici. Sistemi vitali nell’economia dell’esperienza, in Sinergie n°58, 2002. 130 consapevole), al mercato degli attori distrettuali. Il distretto può essere riletto nella prospettiva sistemica e qualificarsi come sistema vitale allorché sia possibile identificare con chiarezza una struttura operativa e un’ organo di governo in grado di assicurare il finalismo unitario della sopravvivenza del sistema turistico inteso in senso proprio. Un’impostazione distrettualistica è anche quella di Sainaghi83: questo definisce il distretto turistico come “una porzione geografica stabile e circoscritta dove ha sede un nodo di offerta in grado di soddisfare i bisogni di un insieme di target di clientela che hanno scelto il distretto come sede del proprio soggiorno temporaneo”. L’autore poi precisa che le caratteristiche di un distretto turistico sono: • elevata concentrazione di attrattive e servizi turistici; • essere un sistema specializzato ed aperto; • essere produttore di servizi; • essere soggetto competitivo; • presentare analogie con i distretti industriali; Proprio le analogie con i distretti industriali, rilevate anche in Pencarelli84, sollevano la questione se il distretto turistico debba o no dotarsi di forme di governo sovraordinate. Secondo Sainaghi, a livello di distretto turistico bisogna governare le esternalità positive e negative prodotte dall’operare di imprese locali, di limitare se possibile , i comportamenti opportunistici e di free-riding, e più in generale di formulare una visione dello sviluppo dell’intero distretto; anche se, sempre secondo lo studioso, la presenza di vari stakeholders, di numerose piccole imprese indipendenti che offrono diverse combinazioni di prodotto mercato, rendono impraticabile la prospettiva di governo con meccanismi gerarchici. 83 84 Sainaghi R., La gestione strategica dei distretti turistici, Milano, Egea, 2004. Pencarelli T., Marketing e performance dell’impresa turistica, Urbino, Quattro Venti, 2001. 131 3.5. Turismo nella Regione Marche e Province Con oltre 2 milioni di presenze il turismo straniero nelle Marche rappresenta lo 0,8% degli arrivi e l’ 1,3% delle presenze internazionali registrate in Italia. Nei sette anni intercorsi tra il 2001 ed il 2008 gli arrivi sono diminuiti del 3,1% lasciando la regione Marche un passo indietro rispetto alla media delle altre regioni italiane, che nello stesso periodo, hanno fatto segnare un + 16,9%. I pernottamenti sono aumentati del 4,4% . Nell’ ultimo periodo, tuttavia, le Marche recuperano terreno rispetto al contesto nazionale: tra il 2007 e il 2008 gli arrivi sono diminuiti del 4,2% e le presenze del -5,9%. La Germania resta il mercato più importante, con circa il 17% degli arrivi stranieri nella regione. Tra il 2003 e il 2007 il suo peso si è ridimensionato, non soltanto a favore dell’ ingresso di nuovi bacini turistici, ma per un suo oggettivo calo, che è stato pari al -21,2%. Tutti gli altri paesi si collocano su una soglia che oscilla tra il 4% e il 7%, in una situazione piuttosto parcellizzata: • vi è una crescita della Spagna, che passa dal 2,5% al 4%, con un tasso di crescita oltre il 50% • in calo gli Stati Uniti (-17,1%), L’ Austria e i Paesi Bassi (-10,5%). La provincia che raccoglie il maggior numero di viaggiatori stranieri è Ancona (775 mila), seguita da Pesaro-Urbino (772 mila). In particolare, confrontando i dati registrati nel periodo gennaio-novembre 2009, e quelli dell’ anno precedente, si rileva una sostanziale disomogeneità nell’ andamento provinciale: • la provincia di Ascoli Piceno e Fermo si differenzia dalle altre provincie marchigiane, infatti si registra l’ aumento dei viaggiatori stranieri di ben il 15% accompagnato da un aumento anche dei pernottamenti (+5,3%) e anche della spesa effettuata dai viaggiatori stranieri. 132 • sostanzialmente in crescita i dati registrati nella provincia di Ancona con + 4,2% di viaggiatori stranieri. • in calo, per le province di Macerata e di Pesaro-Urbino, sia il numero dei viaggiatori stranieri ( rispettivamente -13,9% e -6,9%), sia dei pernottamenti, sia della capacità di spesa (-27,9% e 10,7%). Grafico n°18: Arrivi stranieri nelle Marche Fonte: Istat Il territorio durante tutto il 2009, sembra risentire di una stagionalità molto legata alla sua conformazione geografica che non riesce ad essere compensata dalla presenza di un movimento turistico generato da prodotti trasversali: • giugno, luglio ed agosto sono gli unici mesi nei quali la capacità ricettiva della regione viene sfruttata appieno, ma per ben sei mesi l’ anno (da settembre a marzo ), il tasso di occupazione lordo, calcolato sul totale delle strutture 133 presenti sul territorio è notevolmente inferiore a quello netto, ossia legato alle strutture effettivamente aperte in quei periodi. • Ancona (46,9% settembre, 34,8% ottobre e 29,5% novembre), ed Ascoli Piceno e Fermo (42,3% settembre, 33,9% ottobre, 32,7% novembre), restano in testa trainando la media regionale in tutto il trimestre. • Tra le aree prodotto spiccano le località costiere in settembre (44%) e le città in ottobre (39%) e novembre ( 33,7%). • tra le aree prodotto spiccano le località costiere in settembre (44,4%), e le città in ottobre (39%) e novembre (33,7%). Il ricorso all’ intermediazione aiuta le strutture ricettive che tuttavia, si dimostrano ancora diffidenti. Appena il 18,4% delle imprese ricettive marchigiane, infatti, si avvale del supporto degli intermediari di viaggio, che in Italia sono un riferimento per oltre il 35% delle strutture. Ciò nonostante i benefici sono evidenti, e coloro che diversificano la commercializzazione avvalendosi di tour operator e agenzie di viaggio raggiungono obiettivi che superano di almeno + 9 punti percentuali le strutture che contano soltanto sulle proprie forze. La necessità di rafforzare l’ efficacia e la presenza della regione sul mercato dei viaggi organizzati è confermata dal fatto che ad oggi appena il 4% dei clienti arriva nelle strutture attraverso i circuiti dell’ intermediazione, rispetto al 10,4% che si registra nella media delle regioni italiane. Uniche eccezioni le località termali (6,9%), gli hotel a quattro stelle (14,8%) e i campeggi (7,7%). Negli ultimi mesi del 2009 la clientela straniera è considerata stabile dal 67,4% delle strutture, ma quasi un quarto la ritiene in calo, con una punta negativa ad Ascoli Piceno e Fermo (31,8%), nelle aree montane e di campagna e una situazione più positiva a Macerata (31,5%), e nelle località termali (8,3%). 134 A livello nazionale le indicazioni sono migliori, dal momento che il calo è segnalato da meno del 20% degli operatori mentre quasi il 73% è riuscito a mantenere un andamento costante della clientela straniera. Tuttavia è evidente che la regione Marche conta sulla clientela italiana che nel 2009 è pari all’ 85% di quella complessiva. Hanno subito un calo della clientela principalmente le località termali (-46,1%) e di campagna (-45,9%). 135 Tabella n°5 REGIONE MARCHE SERVIZIO INTERNAZIONALIZZAZIONE, CULTURA, TURISMO E COMMERCIO Movimento Turistico Registrato (totale annuo) nei Comuni della Provincia di Fermo - Anni da 2000 a 2008 ANNI AL B E R G H I Italiani Arrivi 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Media annua totale Provinciale ESERCIZI COMPLEMENTARI Stranieri Presenze Arrivi Totale Presenze Arrivi Italiani Presenze Arrivi Presenze TOTALE GENERALE Stranieri Arrivi Presenze Totale Arrivi Presenze Italiani Arrivi Presenze Stranieri Arrivi Totale Presenze Arrivi Presenze 93.203 91.970 94.912 95.862 95.145 90.649 91.780 88.906 90.992 284.179 291.716 298.118 309.809 290.746 293.886 354.109 338.229 408.674 17.367 18.250 18.532 19.316 17.586 13.296 14.018 15.090 12.277 60.932 62.539 66.820 71.393 57.660 128.221 163.022 269.785 178.263 110.570 110.220 113.444 115.178 112.731 103.945 105.798 103.996 103.269 345.111 354.255 364.938 381.202 348.406 422.107 517.131 608.014 586.937 98.700 117.594 110.920 115.234 125.150 118.997 122.627 119.574 102.119 1.871.623 2.040.120 2.036.129 1.936.326 2.025.038 1.882.550 1.867.319 1.846.021 1.479.502 6.937 8.608 8.074 8.648 10.137 6.193 6.616 5.764 4.789 107.837 105.667 86.411 112.787 112.263 116.174 177.155 169.970 116.306 105.637 126.202 118.994 123.882 135.287 125.190 129.243 125.338 106.908 1.979.460 2.145.787 2.122.540 2.049.113 2.137.301 1.998.454 2.044.474 2.015.991 1.595.808 191.903 209.564 205.832 211.096 220.235 209.646 214.407 208.480 193.111 2.155.702 2.331.836 2.334.247 2.246.135 2.315.784 2.176.166 2.221.428 2.184.250 1.888.176 24.304 26.858 26.606 27.964 27.723 19.489 20.634 20.854 17.066 168.769 168.206 153.231 184.180 169.923 244.395 340.177 439.855 294.569 216.207 236.422 232.438 239.060 247.958 229.135 235.041 229.334 210.177 2.324.571 2.500.042 2.487.478 2.430.315 2.485.707 2.420.561 2.561.605 2.624.005 2.182.745 92.602 318.830 16.192 117.626 108.795 436.456 114.546 1.887.181 7.307 122.730 121.853 2.009.881 207.142 2.205.969 23.500 240.367 230.641 2.446.337 Elaborazione Regione Marche - Servizio internazionalizzazione, Cultura, Turismo e Commercio - Osservatorio Regionale del Turismo (Fonte - IAT) 136 Tabella n°6 REGIONE MARCHE SERVIZIO INTERNAZIONALIZZAZIONE, CULTURA, TURISMO E COMMERCIO Movimento Turistico Registrato nei Comuni della Provincia di Fermo - Anno 2000 COMUNI AL B E R G H I Italiani Arrivi ALTIDONA AMANDOLA BELMONTE PICENO FALERONE FERMO FRANCAVILLA D'ETE GROTTAZZOLINA LAPEDONA MAGLIANO DI TENNA MASSA FERMANA MONSAMPIETRO MORICO MONTAPPONE MONTE GIBERTO MONTE RINALDO MONTE SAN PIETRANGELI MONTE URANO MONTE VIDON COMBATTE MONTE VIDON CORRADO MONTEFALCONE APPENNINO MONTEFORTINO MONTEGIORGIO MONTEGRANARO MONTELEONE DI FERMO MONTELPARO MONTERUBBIANO MONTOTTONE MORESCO ORTEZZANO PETRITOLI PONZANO DI FERMO PORTO SAN GIORGIO PORTO SANT'ELPIDIO RAPAGNANO SANT'ELPIDIO A MARE SANTA VITTORIA IN MATENANO SERVIGLIANO SMERILLO TORRE SAN PATRIZIO CAMPOFILONE PEDASO Totale Provincia di Fermo 762 678 0 38 18028 0 0 0 0 0 0 454 0 0 75 524 0 0 15 231 4105 0 0 619 584 0 0 0 669 0 42.983 14688 80 0 239 248 0 0 0 8183 93.203 ESERCIZI COMPLEMENTARI Stranieri Presenze 1197 1798 0 228 66285 0 0 0 0 0 0 1079 0 0 178 1390 0 0 225 294 12368 0 0 2436 2427 0 0 0 3438 0 119248 43872 1656 0 920 1183 0 0 0 23.327 284.179 Arrivi 108 98 0 2 3673 0 0 0 0 0 0 201 0 0 11 112 0 0 0 40 579 0 0 572 126 0 0 0 15 0 7409 3692 11 0 40 28 0 0 0 650 17.367 Totale Presenze 163 323 0 38 12749 0 0 0 0 0 0 399 0 0 34 494 0 0 0 278 1414 0 0 4805 708 0 0 0 425 0 24740 12466 52 0 135 48 0 0 0 1661 60.932 Arrivi 870 776 0 40 21701 0 0 0 0 0 0 655 0 0 86 636 0 0 15 271 4684 0 0 1191 710 0 0 0 684 0 50392 18380 91 0 279 276 0 0 0 8833 110.570 Italiani Presenze 1360 2121 0 266 79034 0 0 0 0 0 0 1.478 0 0 212 1884 0 0 225 1202 13782 0 0 7241 3135 0 0 0 3863 0 143988 56338 1708 0 1.055 1231 0 0 0 24988 345.111 Arrivi 19323 1818 0 1 41.551 0 4 356 0 0 0 0 694 0 0 0 51 0 712 653 0 202 0 17 2749 0 0 0 0 0 6312 21561 0 0 542 223 0 0 1.7073 8243 98.700 Presenze 303654 8752 0 2 939040 0 40 6444 0 0 0 0 11032 0 0 0 841 121 5740 13411 0 880 0 128 53162 0 0 0 0 0 158755 325811 0 17589 1026 0 0 17073 8243 13.444 1.871.623 TOTALE GENERALE Stranieri Arrivi 649 236 0 4 2518 0 0 44 0 0 0 0 120 0 0 0 18 0 9 2 0 13 0 0 247 0 0 0 0 0 676 2066 0 0 5 148 0 0 111 71 6.937 Presenze 8283 1884 0 267 60980 0 0 450 0 0 0 0 1826 0 0 0 168 0 51 16 0 116 0 0 6390 0 0 0 0 0 7813 17121 0 0 140 1.100 0 0 407 825 107.837 Totale Arrivi 19.972 2.055 0 5 44.069 0 4 400 0 0 0 0 814 0 0 0 69 0 721 655 0 215 0 17 2.996 0 0 0 0 0 6.988 23.627 0 0 547 371 0 0 1.376 736 105.637 Presenze 311.937 10.636 0 269 1.000.020 0 40 6.894 0 0 0 0 12.858 0 0 0 1009 0 5.791 13.427 0 996 0 128 59.552 0 0 0 0 0 166.568 342.32 0 0 17.729 2.126 0 0 17.480 9.68 1.979.460 Italiani Arrivi 20.085 2.497 0 39 59.579 0 4 346 0 0 0 454 694 0 75 524 51 0 727 884 4.105 202 0 636 3.333 0 0 0 669 0 49.295 36.249 80 0 781 471 0 0 1.265 8.848 191.903 Presenze 304.851 10.550 0 230 1.005.325 0 40 6.444 0 0 0 1.079 11.032 0 178 1.390 841 0 5.865 14.335 12.368 880 0 2.564 55.589 0 0 0 3.438 0 278.003 369.683 1.656 0 18509 2.209 0 0 17.073 31.570 2.155.702 Stranieri Arrivi 757 334 0 6 6.191 0 0 44 0 0 0 201 120 0 11 112 18 0 9 42 579 13 0 572 373 0 0 0 15 0 8.085 5.758 11 0 45 176 0 0 111 721 24.304 Totale Presenze 8.446 2.207 0 305 73.729 0 0 450 0 0 0 399 1826 0 34 494 168 0 51 294 1.414 116 0 4.805 7.098 0 0 0 425 0 32.553 29.587 52 0 275 1.148 0 0 407 2.486 168.769 Arrivi 20842 2.831 0 45 65.770 0 4 400 0 0 0 655 814 0 86 636 69 0 736 926 4.684 215 0 1.208 3.706 0 0 0 684 0 57.380 42.007 91 0 826 647 0 0 1.376 9.569 216.207 Presenze 313.297 12.757 0 535 1.079.054 0 40 6.894 0 0 0 1.478 12.858 0 212 1.884 1009 0 6.016 14.629 13.782 996 0 7.369 62.687 0 0 0 3.863 0 310.556 399.270 1.708 0 18.784 3.357 0 0 17.480 34. 2.324.571 Elaborazione Regione Marche - Servizio internazionalizzazione, Cultura, Turismo e Commercio - Osservatorio Regionale del Turismo (Fonte - IAT) 137 Tabella n°7 REGIONE MARCHE SERVIZIO INTERNAZIONALIZZAZIONE, CULTURA, TURISMO E COMMERCIO Movimento Turistico Registrato nei Comuni della Provincia di Fermo - Anno 2008 COMUNI AL B E R G H I Italiani Arrivi ALTIDONA AMANDOLA BELMONTE PICENO FALERONE FERMO FRANCAVILLA D'ETE GROTTAZZOLINA LAPEDONA MAGLIANO DI TENNA MASSA FERMANA MONSAMPIETRO MORICO MONTAPPONE MONTE GIBERTO MONTE RINALDO MONTE SAN PIETRANGELI MONTE URANO MONTE VIDON COMBATTE MONTE VIDON CORRADO MONTEFALCONE APPENNINO MONTEFORTINO MONTEGIORGIO MONTEGRANARO MONTELEONE DI FERMO MONTELPARO MONTERUBBIANO MONTOTTONE MORESCO ORTEZZANO PETRITOLI PONZANO DI FERMO PORTO SAN GIORGIO PORTO SANT'ELPIDIO RAPAGNANO SANT'ELPIDIO A MARE SANTA VITTORIA IN MATENANO SERVIGLIANO SMERILLO TORRE SAN PATRIZIO CAMPOFILONE PEDASO Totale Provincia di Fermo 199 495 0 0 17.217 0 0 0 0 0 0 237 0 0 11 107 0 0 0 78 3.533 0 0 516 479 0 0 0 387 0 44.090 12.108 12 0 71 225 0 0 208 11.019 90.992 ESERCIZI COMPLEMENTARI Stranieri Presenze 510 1.110 0 0 83.181 0 0 0 0 0 0 464 0 0 21 906 0 0 0 333 26.143 0 0 3.836 2.127 0 0 0 2.025 0 192.219 68.070 49 0 627 320 0 0 1.648 25.085 408.674 Arrivi 29 240 0 0 1.758 0 0 0 0 0 0 114 0 0 2 14 0 0 0 0 510 0 0 446 84 0 0 0 39 0 5.710 1.409 0 0 59 17 0 0 6 1.840 12.277 Totale Presenze 35 1.167 0 0 37.271 0 0 0 0 0 0 1.018 0 0 2 2.034 0 0 0 0 7.419 0 0 5.978 276 0 0 0 535 0 95.386 22.484 0 0 426 499 0 0 40 3.693 178.263 Arrivi 228 735 0 0 18.975 0 0 0 0 0 0 351 0 0 13 121 0 0 0 78 4.043 0 0 962 563 0 0 0 426 0 49.800 13.517 12 0 130 242 0 0 214 12.859 103.269 Italiani Presenze 545 2.277 0 0 120.452 0 0 0 0 0 0 1.482 0 0 23 2.940 0 0 0 333 33.562 0 0 9.814 2.403 0 0 0 2.560 0 287.605 90.554 49 0 1.053 819 0 0 1.688 28.778 586.937 Arrivi 17.650 881 7 19 46.887 0 134 806 0 0 0 0 0 4 16 502 0 24 1.055 288 52 1.033 0 0 624 0 226 55 149 42 2.995 24.022 445 1.092 491 166 241 0 1.076 1.137 102.119 Presenze 228.442 4.033 80 29 690.601 0 352 3.655 0 0 0 0 0 8 174 1.014 0 121 10.955 1.880 249 15.191 0 0 18.208 0 454 111 721 127 46.153 419.103 1.072 4.883 1.573 747 845 0 15.277 13.444 1.479.502 TOTALE GENERALE Stranieri Arrivi 282 437 0 2 1.084 0 12 75 0 0 0 0 0 0 30 47 0 38 0 53 42 105 0 0 530 0 17 2 42 65 322 946 36 104 101 89 188 0 90 50 4.789 Presenze 5.910 11.397 0 6 20.776 0 45 608 0 0 0 0 0 0 341 912 0 279 0 212 118 4.056 0 0 5.926 0 281 4 480 492 2.620 54.386 101 973 965 1.590 2.166 0 302 1.360 116.306 Totale Arrivi 17.932 1.318 7 21 47.971 0 146 881 0 0 0 0 0 4 46 549 0 62 1.055 341 94 1.138 0 0 1.154 0 243 57 191 107 3.317 24.968 481 1.196 592 255 429 0 1.166 1.187 106.908 Presenze 234.352 15.430 80 35 711.377 0 397 4.263 0 0 0 0 0 8 515 1.926 0 400 10.955 2.092 367 19.247 0 0 24.134 0 735 115 1.201 619 48.773 473.489 1.173 5.856 2.538 2.337 3.011 0 15.579 14.804 1.595.808 Italiani Arrivi 17.849 1.376 7 19 64.104 0 134 806 0 0 0 237 0 4 27 609 0 24 1.055 366 3.585 1.033 0 516 1.103 0 226 55 536 42 47.085 36.130 457 1.092 562 391 241 0 1.284 12.156 193.111 Presenze 228.952 5.143 80 29 773.782 0 352 3.655 0 0 0 464 0 8 195 1.920 0 121 10.955 2.213 26.392 15.191 0 3.836 20.335 0 454 111 2.746 127 238.372 487.173 1.121 4.883 2.200 1.067 845 0 16.925 38.529 1.888.176 Stranieri Arrivi 311 677 0 2 2.842 0 12 75 0 0 0 114 0 0 32 61 0 38 0 53 552 105 0 446 614 0 17 2 81 65 6.032 2.355 36 104 160 106 188 0 96 1.890 17.066 Totale Presenze 5.945 12.564 0 6 58.047 0 45 608 0 0 0 1.018 0 0 343 2.946 0 279 0 212 7.537 4.056 0 5.978 6.202 0 281 4 1.015 492 98.006 76.870 101 973 1.391 2.089 2.166 0 342 5.053 294.569 Arrivi 18.160 2.053 7 21 66.946 0 146 881 0 0 0 351 0 4 59 670 0 62 1.055 419 4.137 1.138 0 962 1.717 0 243 57 617 107 53.117 38.485 493 1.196 722 497 429 0 1.380 14.046 210.177 Presenze 234.897 17.707 80 35 831.829 0 397 4.263 0 0 0 1.482 0 8 538 4.866 0 400 10.955 2.425 33.929 19.247 0 9.814 26.537 0 735 115 3.761 619 336.378 564.043 1.222 5.856 3.591 3.156 3.011 0 17.267 43.582 2.182.745 Elaborazione Regione Marche - Servizio internazionalizzazione, Cultura, Turismo e Commercio - Osservatorio Regionale del Turismo (Fonte - IAT) 138 Tabella n°8 PROVINCIA DI FERMO SERVIZIO TURISMO ED AGRICOLTURA Movimento Turistico Registrato nei Comuni della Provincia di Fermo - Area Marina e Città d'arte - Anno 2008 su 2007 Italiani COMUNI AREA MARINA Arrivi TOTALE GENERALE TOTALE GENERALE TOTALE GENERALE TOTALE GENERALE Anno 2008 Anno 2007 Variazione Assoluta Anno 2008 su 2007 Variazione % Anno 2008 su 2007 Stranieri Presenze Arrivi Totale Presenze Arrivi Italiani Presenze Arrivi Stranieri Presenze Arrivi Totale Presenze Arrivi Italiani Presenze Arrivi Stranieri Presenze Arrivi Totale Presenze Arrivi Italiani Presenze Arrivi Stranieri Presenze Arrivi Totale Presenze Arrivi Presenze ALTIDONA 17.849 228.952 311 5.945 18.160 234.897 37.466 449.393 564 5.714 38.030 455.107 -19.617 -220.441 -253 231 -19.870 -220.210 -52,4 -49,1 -44,9 4,0 -52,2 -48,4 PORTO SAN GIORGIO 47.085 238.372 6.032 98.006 53.117 336.378 45.989 233.973 7.051 132.718 53.040 366.691 1.096 4.399 -1.019 -34.712 77 -30.313 2,4 1,9 -14,5 -26,2 0,1 -8,3 PORTO SANT'ELPIDIO 36.130 487.173 2.355 76.870 38.485 564.043 36.007 443.518 3.851 198.631 39.858 642.149 123 43.655 -1.496 -121.761 -1.373 -78.106 0,3 9,8 -38,8 -61,3 -3,4 -12,2 CAMPOFILONE 1.284 16.925 96 342 1.380 17.267 1.380 18.209 139 604 1.519 18.813 -96 -1.284 -43 -262 -139 -1.546 -7,0 -7,1 -30,9 -43,4 -9,2 -8,2 12.156 38.529 1.890 5.053 14.046 43.582 12.303 35.876 1.916 4.683 14.219 40.559 -147 2.653 -26 370 -173 3.023 -1,2 7,4 -1,4 7,9 -1,2 7,5 114.504 1.009.951 10.684 186.216 125.188 1.196.167 133.145 1.180.969 13.521 342.350 146.666 1.523.319 -18.641 -171.018 -2.837 -156.134 -21.478 -327.152 -14,0 -14,5 -21,0 -45,6 -14,6 -21,5 PEDASO Totale Italiani COMUNI ARTE FERMO TOTALE GENERALE TOTALE GENERALE TOTALE GENERALE TOTALE GENERALE Anno 2008 Anno 2007 Variazione Assoluta Anno 2008 su 2007 Variazione % Anno 2008 su 2007 Stranieri Totale Italiani Stranieri Totale Italiani Stranieri Totale Italiani Stranieri Totale Arrivi Presenze Arrivi Presenze Arrivi Presenze Arrivi Presenze Arrivi Presenze Arrivi Presenze Arrivi Presenze Arrivi Presenze Arrivi Presenze Arrivi Presenze Arrivi Presenze Arrivi Presenze 64.104 773.782 2.842 58.047 66.946 831.829 60.174 914.740 3.170 60.646 63.344 975.386 -3.930 140.958 328 2.599 -3.602 143.557 -6,5 15,4 10,3 4,3 -5,7 14,7 Elaborazione Provincia di Fermo - Servizio Turismo - Dott. Antonio Di Battista 139 3.6. Turismo nella Provincia di Fermo Il 47% dei vacanzieri presenti nel fermano trascorrono la vacanza con la famiglia: si tratta di piccoli nuclei caratterizzati soprattutto da 4 persone, genitori e bambini in età scolare; un’ altra elevata percentuale, circa il 26,5% è in vacanza con il partner, si tratta per lo più di coppie oltre i 50 anni, ma anche di età giovanile tra i 18 e i 34 anni. Seguono nella graduatoria i turisti in vacanza con amici 12,3% , con un gruppo organizzato circa l’ 9,8%, anche se il gruppo organizzato coinvolge principalmente gli ultracinquantenni. La maggior parte dei turisti, circa un 40% dichiara di aver conosciuto il fermano per averne sentito parlare positivamente da parte di amici, conoscenti, colleghi; un 19% ha acquisito informazioni tramite internet, il 10,7% tramite riviste specializzate e infine un 8,5% tramite agenzie viaggi, solo un 3,2% dichiara di aver conosciuto il territorio in occasione di fiere sul turismo (3,2%), e radio e televisione (0,5%).85 Per analizzare i flussi turistici della provincia di Fermo ho deciso di attuare una suddivisione della provincia in quattro sottoinsiemi locali: manifatturiero, agricolo, costiero e montano, in base sia alle attività produttive svolte e in base anche alle caratteristiche morfologiche del territorio. Nel sottoinsieme locale manifatturiero, sono compresi i comuni: Belmonte Piceno, Falerone, Francavilla d’ Ete, Grottazzolina, Magliano di Tenna, Massa Fermana, Montappone, Monte San Pietrangeli, Monte Urano, Monte Vidon Corrado, Montegiorgio, Montegranaro, Ponzano di Fermo, Rapagnano, Sant’ Elpidio a Mare, Servigliano, Torre San Patrizio. Nel sottoinsieme locale agricolo sono compresi i comuni: Campofilone, Lapedona, Monte Giberto, Monte Rinaldo, Monte Vidon Combatte, Monteleone 85 Fonte: Selecta. 140 di Fermo, Monsampietro Morico, Monterubbiano, Montottone, Moresco, Ortezzano, Petritoli. Nel sottoinsieme costiero, sono compresi i comuni: Altidona, Pedaso, Fermo, Porto San Giorgio e Porto Sant’ Elpidio. Nel sottoinsieme montano, sono compresi i comuni di Amandola, Monfalcone Appennino, Montefortino, Montelparo, Santa Vittoria in Mantenano, Smerillo. Nel 2008, stando alle statistiche ufficiali sono transitati per le strutture ricettive del fermano più di 210 mila visitatori, in virtu’ di un periodo di permanenza pari a 10,38 giorni con oltre due milioni di presenze, un dato sicuramente rilevante, ma ben al di sotto delle potenzialità attrattive del territorio e, non di meno dei risultati che questo comprensorio turistico ha fatto registrare nel passato. La causa principale che ha fatto assestare i flussi attorno a valori piuttosto modesti rispetto alle aspettative è la perdita di competitività delle località turistiche marchigiane e più in particolare di quelle balneari caratterizzate da una più antica tradizione turistica e di fronte all’ entrata prepotente sui mercati turistici di nuove destinazioni, più appetibili sia dal punto di vista economico sia come qualità e diversificazione tipologica dei servizi offerti. In altri termini il comprensorio ha pagato in questi ultimi anni l’assenza di una pianificazione turistica volta alla riorganizzazione spaziale e funzionale dell’ offerta, capace di interpretare su basi innovative le specificità attrattive del contesto territoriale e di rafforzare le valenze identitarie, in modo da farne l’ elemento centrale dell’ intera offerta turistica fermana. I ridotti tassi di crescita, pertanto, non sono imputabili ad un’ insufficienza di attrattività, quanto piuttosto alle carenze progettuali ed attrattive nell’ implementazione delle potenzialità turistiche. Andando ad esaminare la componente italiana ed estera degli arrivi e delle presenze risulta che la domanda interna con 193111 arrivi e 1888176 presenze rappresenta il 91% degli arrivi e l’ 86% delle presenze con un tempo di permanenza pari a 9,7 giorni. La domanda 141 estera con 17066 arrivi e 294569 presenze, rappresenta 8,1% degli arrivi e il 16% delle presenze con una permanenza media di 21 giorni. Presso le strutture alberghiere si è registrato un arrivo pari a 103269 con un numero di presenze pari a 586937, quindi con una permanenza media pari a 5,6 notti. Per quanto riguarda la domanda estera si è registrato l’ arrivo di 12277 stranieri con un numero di presenze pari a 178263, quindi con una permanenza media pari a 14,5 notti. Per quanto riguarda la domanda interna gli italiani hanno registrato 90992 arrivi e 408674 presenze con una permanenza media pari a 4,4 giorni. Per quanto riguarda le strutture complementari gli italiani hanno fatto registrare 102119 arrivi e 1479502 presenze con una permanenza media pari a 14,4 giorni; gli stranieri hanno fatto invece registrare 4789 arrivi e 116306 presenze con una permanenza pari a 24,4 notti. Quello che appare evidente è la permanenza media molto più lunga presso le strutture ricettive complementari rispetto a quelle alberghiere, il dato tuttavia rispecchia un trend già affermato nell’ ambito del turismo balneare proprio del fermano, invece sorprende il fatto che gli stranieri preferiscano soggiornare presso le strutture alberghiere per 31% rispetto alle strutture complementari, nelle quali soggiornano per il 7,2%. 3.6.1. Capacità ricettiva Per quanto riguarda la capacità ricettiva nel territorio sono presenti 376 strutture ricettive con 45414 posti letto. Nella categoria strutture alberghiere rientrano 61 esercizi che rappresentano il 16% delle strutture ricettive con una capacità ricettiva pari a 3015 posti letto pari al 6% del totale. La maggior parte di queste strutture è costituita da alberghi a tre stelle ( 26 esercizi pari al 42% delle strutture alberghiere ). Quindi di medio livello e adatti ad accogliere una clientela relativamente esigente come quella del turismo balneare. Risultano presenti sul territorio solo 8 hotel 4 stelle e 6 residence. Per quanto riguarda le strutture 142 ricettive complementari queste raccolgono 214 esercizi con 37459 posti letto e rappresentano la maggior parte degli esercizi ( 56% ) e dei posti letto (82%). La maggior parte è costituita da agriturismi, anche sei il numero appare esiguo rispetto ad altre realtà territoriali, che data la loro connotazione possono offrire un numero limitato di posti letto, a differenza dei 21 campeggi villaggi turistici che raccolgono quasi il 47% dei posti letto delle strutture complementari. Una nota particolare spetta agli uffici gestiti in forma imprenditoriale che sono in grado di ospitare 14532 persone. Per quanto riguarda gli alloggi privati in affitto si hanno 101 esercizi con una capacità di 4940 posti letto; di questi 92 sono sotto forma di bed and breakfast in grado di ospitare 558 persone. Grafico n°19: Esercizi e posti letto nelle strutture per categoria Fonte: Istat 143 3.6.2. Turismo nei sottoinsiemi locali nel Fermano Analizzando i diversi sottoinsiemi locali, alla luce dei dati del 2008, appare evidente la maggiore attrattività del sottoinsieme locale costiero che raccoglie 190754 arrivi e 2010729 presenze rispettivamente pari al 90% degli arrivi e al 92% delle permanenze dell’ intera provincia di Fermo. La stragrande maggioranza dei turisti di quest’ area è italiana 92%, con una permanenza media di 9,9 giorni, mentre la minoranza straniera tende a rimanere per un periodo di tempo più lungo pari a 18,16 giorni. In quest’ area è presente la maggior parte delle strutture ricettive con 44 delle 61 strutture alberghiere dell’ intera provincia di Fermo e 18 dei 21 villaggi turistici. Il sottoinsieme locale montano ha registrato 5640 arrivi e 47503, pari al 2,6% degli arrivi e il 2,17% delle presenze per una permanenza media pari a 8,4 giorni. Questo dato mette in mostra innanzitutto una ridotta presenza turistica in quest’ area con una permanenza media pari a 8,4 giorni. Questo dato mette in evidenza una ridotta presenza turistica in quest’ area e come si evince dal forte differenziale tra arrivi e presenze che una buona parte di questi turisti difficilmente scelgono di pernottare in quest’ area. Questi elementi lasciano supporre che in quest’ area le strutture ricettive o siano insufficienti numericamente o che non offrano servizi adeguati alla domanda turistica. Andando a valutare le componenti di questo flusso turistico si evince che 4116 arrivi e 25192 presenze sono legate alla presenza di turisti italiani e rappresentano il 72,9% degli arrivi e il 53,03% delle presenze. In questo territorio è apprezzabile rispetto agli altri sottoinsiemi, una presenza maggiore di turisti stranieri probabilmente legata a forme di turismo ambientale e culturale. Per quanto riguarda le strutture ricettive sono presenti 5 alberghi di medio livello mentre maggiormente consistente è il numero delle strutture ricettive anche se ridotto rispetto agli altri sottoinsiemi. In base ai dati del 2008, il sottoinsieme locale manifatturiero ha registrato l’ arrivo di 8884 turisti e 71829 presenze con una 144 permanenza media di 8,08 giorni. Prendendo in esame le componenti del flusso turistico i turisti italiani rappresentano l’ 86% degli arrivi e circa il 76% dei pernottamenti, con una permanenza pari a 6,7 giorni, mentre gli stranieri tendono a rimanere per 6,1 giorni. Alla luce dei dati sopra riportati quello che appare evidente è un basso numero di arrivi considerato il numero dei comuni facenti parte di questo sottosistema e soprattutto il ridotto numero di giorni di permanenza. La spiegazione di questo fenomeno è probabilmente legata al fatto che la profonda matrice manifatturiera attiri soprattutto un turismo d’ affari o comunque legato a shopping tour e questa ipotesi appare particolarmente verosimile alla luce del fatto che questo sottoinsieme sia dotato di 6 strutture alberghiere, oltre a diverse strutture complementari, 11 alberghi agro-turistici e 8 alloggi gestiti in forma imprenditoriale. Il sottoinsieme locale agricolo in base ai dati del 2008 è stato visitato da 17565 turisti e ha registrato 78993 presenze con una permanenza media di 4,49 giorni. L’ elemento che appare evidente è l’ alto numero di presenze in questo territorio, secondo solo al sistema locale costiero, e lascia supporre l’ affermarsi di un turismo rurale ed enogastronomico quindi volto alla ricerca dei prodotti tipici del territorio e delle bellezze del paesaggio collinare. In quest’ area si trova una ridotta presenza di alberghi e una più marcata presenza di strutture complementari, tra cui spicca la presenza di 55 strutture complementari, tra cui spicca la presenza di 23 alloggi agro-turistici country house e 32 bed and breakfast. Al di là del numero di strutture quello che emerge è una ridotta capacità di accoglienza che lascia supporre che i flussi turistici in quest’ area siano slegati dalle logiche della stagionalità. In conclusione i dati evidenziano uno squilibrio distributivo che penalizza le aree interne a vantaggio di quelle costiere, confermando la preponderanza del comparto balneare e il ruolo ancora marginale di altre tipologie turistiche. 145 Effettivamente, il fulcro dell’ offerta turistica fermana è proprio il prodotto balneare, anche se recentemente è aumentato il bisogno profuso ai diversi livelli istituzionali nel promuovere anche le risorse culturali ed ambientali del territorio fermano. La scelta della struttura ricettiva dipende strettamente dalla tipologia di turismo; in particolare i dati evidenziano la forte presenza nelle località costiere, orientate ad un turismo balneare, di campeggi e villaggi turistici mentre nelle aree collinari interne, dove la domanda ricerca il contatto con la natura, produzioni tipiche si predilige come forma di ricettività quella agrituristica. Passando ad analizzare i diversi segmenti di mercato una considerazione da fare riguarda la provenienza dei turisti, infatti il flusso turistico si compone per la sua quasi totalità di italiani e gli stranieri rappresentano nel 2008 solo 11,24% degli arrivi e il 7,2% delle presenze; rispetto al 2000, gli arrivi degli stranieri sono diminuiti del 29%, mentre le presenze degli stranieri sono aumentate del 74%. Per quanto riguarda la spesa, la maggioranza dei turisti nel 2008 non ha speso più di mille euro, escluso l’alloggio, ma è anche alta la percentuale di chi ha speso tra 2000 e 3000 euro circa un 32% dei turisti, ma si tratta principalmente di famiglie numerose che hanno soggiornato per periodi più lunghi di una settimana. Tra le motivazioni che hanno spinto la scelta della provincia, vi sono: riposo/relax, circa un 40,8%, l’ altra percentuale che raggiunge una percentuale alta è divertimento/ svago che supera il 31,2%. Appare interessante anche la motivazione sport/vita sana che ha raggiunto 11,3%. Le altre motivazioni riportano percentuali inferiori al 10%: tra queste vi sono cultura/arte 6,5%, tradizione familiare 5,3%, la motivazione affari pari al 4,8%. 146 Grafico n°19: Numero degli esercizi complementari e dei posti letto nelle Marche Fonte: Elaborazione CCIIA Fermo su dati Istat. Fonte: elaborazione CCIAA fermo su dati ISTAT, Servizio sistema informativo statistico. (http://statistica .regione.marche.it). 147 3.7. Gli attori istituzionali presenti nella Provincia I policy maker rappresentano, tutti quei soggetti che hanno il compito della gestione del territorio “per conto” naturalmente degli stakeholder rilevanti; può trattarsi, a seconda dei casi, dell’ amministrazione territoriale e/o dell’autorità che presiede allo sviluppo del territorio. Questi soggetti, individui e organizzazioni, sempre più devono porsi quali catalizzatori dello sviluppo per rendere la risorsa territorio sempre più produttiva di valore; il loro intervento deve essere orientato alla valorizzazione e all’aumento del grado di attrattività del territorio, al miglioramento della qualità della vita della collettività che ne usufruiscono, al sostenimento delle imprese attuali, ad attrarre nuovi residenti e visitatori. Tabella n°9: Elenco attori istituzionali del territorio Organizzazione Enti pubblici locali Regione Marche www.regione .marche.it Provincia Comuni e società amministrate Camera di commercio Funzioni Gestione Fondi strutturali (FESR, FEASR, FEAGA, FSE) Gestione sanità Politica industriale, turismo, trasporti pubblici e agricoltura. Pianificazione e coordinamento territoriale. Gestione ambientale del territorio Promozione del territorio. Indirizzi di politica energetica. Formazione professionale, stage formativi, stage di ricerca. Coordinamento distretti formativi Istituti professionali. Gestione territorio comunale. Gestione appalti Gestione rifiuti Depurazione Sostegno alle imprese 148 www.fm.camcom .it Soggetti prettamente locali COSIF ( consorzio di sviluppo industriale del fermano) www.cosif.it Gruppo di azione locale (GAL) Fermano www.galfermano.it Sistema turistico Locale (STL) Marca Fermana www.marcafermana.it COICO ( Comitato di indirizzo e coordinamento del distretto calzaturiero Fermano-Maceratese ) Fondazione Elios ( Polo formativo di eccellenza delle Marche per il settore calzaturiero ). www.eliosfondazione.it Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo. www.fondazionecrf.it Agenzie di sviluppo di valenza regionale SCAM (società per la calzatura marchigiana ) www.scamsrl.com Tecnomarche ( Parco Scientifico e tecnologico della regione Marche) www.pstmarche.it Asteria ( sviluppo tecnologico e ricerca applicata ) Gestione anagrafica delle imprese Promozione territorio Contributi ad iniziative locali Progetti di infrastrutturazione Formazione Gestione progetti Sostegno allo sviluppo delle aree rurali attraverso la presentazione di progetti finanziabili a livello regionale o comunitario Promozione del turismo della provincia di Fermo Indicazione alla regione di indirizzi relativi alle politiche industriali del distretto calzaturiero e coordinamento della loro applicazione Iniziative di formazione sollecitate dalle aziende. Coordinamento delle molteplici proposte formative destinate al settore calzaturiero marchigiano. Finanziamento di progetti di utilità sociale e di sviluppo economico nel campo della ricerca scientifica, istruzione, arte, conservazione beni culturali e ambientali, sanità ed assistenza alle categorie sociali più deboli Laboratorio per il controllo della qualità dei prodotti e dei materiali utilizzati nel settore calzaturiero Realizzazione di progetti finalizzati alla creazione, al trasferimento e all’ applicazione di conoscenza per le imprese e le pubbliche amministrazioni Attività di ricerca, analisi, sperimentazione e trasferimento 149 www.asteria.ap.it Eurosportello www.eurosportelloascoli.eu Formazione e ricerca Università della regione: • Università politecnica Marche • Università di Macerata • Università di Camerino • Università di Urbino Scuole Superiori tecnologico nei settori agro-ittico alimentare, ambientale ed energie rinnovabili, rendendo accessibili alle PMI le innovazioni tecnologiche Informazione e assistenza alle imprese in materia di politiche e normative europee, opportunità di finanziamento comunitarie dirette alle imprese Principali soggetti creatori e detentori delle della conoscenza Formazione Attività di ricerca Ricerca di laboratorio Ricerca applicata a favore delle aziende Formazione professionale Formazione intermedia Contatti con imprese Piccole attività di ricerca applicata Fonte: elaborazione personale Oltre agli enti pubblici locali, che tutti conoscono (Regione Marche, amministrazione provinciale, comuni e camera di commercio), ci sono agenzie di sviluppo del territorio, nel senso largo del termine, che non agiscono direttamente sulle imprese, ma il cui obiettivo è quello di rendere l’ambiente più attrattivo per le attività economiche e di migliorare il contesto socio-economico dell’ ambito territoriale di riferimento. In questa categoria rientrerebbero: Gal, Cosif e Coico. Questi ultimi dovrebbero proporre progetti specifici di sviluppo per i propri distretti industriali di riferimento. Il COICO del distretto calzaturiero fermano maceratese è stato istituito nel 1999 e attraverso l’ iniziale dotazione finanziaria ha realizzato diversi progetti per le imprese fino all’ incirca alla fine del 2004, 150 dopo di che, fino al 2008, la Regione non ha piu’ finanziato il comitato. Anche se nel corso del 2008, in occasione del bando sui distretti produttivi (DGR 05/2008), la regione Marche ha destinato 440000 ai COICO, questi non sembrano più essere considerati strategici dalla stessa, tanto che in più occasioni è emersa la questione se ha più senso mantenerli. La Scam nasce a metà degli anni 80, come consorzio di riferimento del distretto calzaturiero, ha subito numerose riconversioni e ristrutturazioni, ma a causa di sfortunate vicissitudini non è mai riuscita a decollare. Oggi resta in attività quasi esclusivamente per i test di laboratorio sulle calzature, sui pellami sui tessuti e sulle suole. Questa struttura è dotata di macchinari e di laboratori di alto livello, si tratta di un centro di eccellenza che il distretto non può permettersi di perdere. Purtroppo essa non gode di una elevata reputazione presso le imprese si dovrebbe quindi, pensare a rivalutarne l’ immagine attraverso una comunicazione più efficace utilizzando i casi di successo più rilevanti. Asteria è un centro di ricerca sul settore agro-alimentare e ittico che lavora prevalentemente con il bacino di imprese della trasformazione alimentare della bassa valle del Tronto. Collabora con le università di Camerino ed Ancona e propone un modello di business molto interessante. E’ infatti stata una delle prime realtà marchigiane a pensare un approccio integrato alla ricerca applicata: attraverso l’ analisi dei bisogni dell’ azienda, la ricerca di mercato per valutare le reali opportunità dell’ idea, il monitoraggio dello stato dell’ arte della tecnologia, e solo in seguito le attività di ricerca in laboratorio. Anche Tecnomarche si è costruita un modello di gestione piuttosto originale ed efficiente rispetto ad altre realtà regionali. Tecnomarche ha costruito legami molto forti sia con gli enti pubblici locali, che con gli enti di ricerca regionali e nazionali. Attraverso i legami istituzionali riesce ad offrire buone possibilità di finanziamento alle imprese, mentre attraverso i legami con le università e i centri di ricerca si è costruita una 151 rete di competenze di eccellenza che le permettono di costruire progetti di elevato livello scientifico. Il COSIF è uno degli enti più dinamici presenti attualmente sul territorio fermano. Oltre all’ iniziativa del piano di sviluppo della Provincia di Fermo, sta partecipando a numerosi progetti relativi al miglioramento dell’ infrastruttura hard e soft del territorio. Il Cosif ha nella propria compagine molti dei soggetti (enti pubblici, parti sociali in particolare) necessari all’ implementazione di politiche efficaci dell’ innovazione. La provincia di Fermo ha come compito quello di pianificare la formazione, l’ occupazione, la gestione ambientale, il coordinamento delle attività dei comuni e soprattutto la pianificazione dell’ uso del territorio. In altre parole, la provincia deve avere una visione d’ insieme del territorio e come obiettivo quello di promuovere uno sviluppo armonico, valorizzando le specificità economiche, culturali e sociali di ogni piccola realtà. L’ amministrazione provinciale ha tra gli obiettivi quello di istituire un assessorato all’ innovazione e allo sviluppo economico che funga da strumento di guida strategica per le politiche di innovazione e sviluppo locali con le responsabilità di: • Condividere la visione tra tutte le istituzioni e presso i cittadini. • Definire gli obiettivi di medio lungo termine. • Stimolare la partecipazione dei cittadini, delle imprese e dei corpi intermedi. • Favorire la coesione dei vari soggetti in modo che comuni, comunità montane, aziende, utilities, scuole, parti sociali cooperino per raggiungere degli obiettivi e non conseguano solo interessi di parte. La camera di commercio di Fermo, è il principale referente del sistema istituzionale e l’ organo primariamente in grado di gestire il dialogo con gli imprenditori locali. Dalla costituzione di un efficace dialogo con le imprese dovranno nascere la consapevolezza della necessità di un nuovo modello di 152 sviluppo del business ( più etico, più responsabile, più vicino al cliente finale, più rispettoso dell’ ambiente), e progetti specifici per le imprese. Importante sarà il ruolo di questo ente nel realizzare: • marketing del territorio • promozione delle imprese locali • reti e sistemi tra le aziende • la salvaguardia del Made in Italy e possibilmente di un Made in Fermo • informazioni sulle novità ( di prodotto, di marketing, informazioni statistiche, analisi e ricerche, monitoraggio e opportunità tecnologica). • un analisi efficace delle necessità delle imprese. Tra gli obiettivi c’è anche quello di creare un centro di ricerca per la calzatura, in quanto è l unico settore ad avere la massa critica per attrarre risorse significative sia private che pubbliche. Un settore calzaturiero innovativo inevitabilmente genererebbe opportunità di sviluppo di nuove imprese in settori differenti, in quanto le nuove tecnologie e i nuovi saperi da innestare nel tronco della calzatura tradizionale, dall’ ICT all’ automazione, dalle nanotecnologie alle biotecnologie sono di fatto utilizzabili trasversalmente. Il centro di ricerca dovrà essere interprovinciale e ricomprendere iniziative deboli o mai decollate come Coico e Scam e l’Accademia del piede. Non sarà importante avere laboratori e macchinari costosi quanto piuttosto avere il controllo di progetti di ricerca con obiettivi chiari, che possono svolgersi anche altrove con risparmio di tempo, risorse e con riduzione del rischio di sprechi ed inefficienze. 153 4. La politica di comunicazione del territorio Nella gestione di un territorio, si rivela sempre più importante, sia sotto il profilo concettuale sia sotto quello operativo, l’ utilizzo della comunicazione per aumentare la visibilità e la riconoscibilità. La comunicazione di un territorio e di una destinazione turistica, costituendo una leva del marketing territoriale , mira a far conoscere una determinata area geografica facendo leva sull’ attrattività, sulla competitività delle proposte che in essa hanno luogo. L’ attività di comunicazione realizzata da un ente territoriale prevede determinati step, tra i quali: a. la definizione degli obiettivi che si intendono perseguire; b. l’individuazione dei destinatari a cui si desidera indirizzare la comunicazione. c. l’elaborazione di un messaggio che comunichi con chiarezza l’offerta territoriale. d. La definizione del budget e dei mezzi per mettere in atto la comunicazione. e. Il controllo o feedback per valutare se l’azione di comunicazione ha raggiunto il target prescelto, secondo i tempi e le modalità stabilite. Attraverso la comunicazione turistico territoriale si conseguono vari obiettivi tra i quali si possono annoverare i seguenti (Foglio, 2006): • far conoscere un prodotto/progetto turistico territoriale ai residenti, ai potenziali residenti, ai visitatori, ai turisti, alle imprese agli investitori interni ed esterni, all’ opinione pubblica e ai media (stakeholder); • presentare le opportunità offerte in un determinato territorio, evidenziando i benefici e i vantaggi conseguibili rispetto ad aree territoriali concorrenti; • attrarre potenziali residenti, turisti, escursionisti, imprese ed investitori; cercando di accrescere il consenso presso i fruitori dell’ offerta territoriale, i media e l’ opinione pubblica. 154 Caroli (2006) sostiene che nella prospettiva di un’ area geografica la comunicazione persegue finalità di natura strategica ed operativa. In particolare tra le finalità di natura strategica rientrano l’ esplicitazione del posizionamento competitivo ed il rafforzamento della risorsa fiducia, mentre tra gli obiettivi di natura operativa sono compresi il fornire informazioni, il suscitare emozioni positive e la valorizzazione delle risorse del territorio. La comunicazione di una destinazione turistica può essere indirizzata all’ interno e all’ esterno del territorio. La prima è volta a formare e rafforzare l’ immagine del territorio presso i cittadini residenti, le imprese e gli investitori, mentre la seconda è destinata ad informare visitatori, turisti e soggetti esterni sulle offerte territoriali e sulle relative modalità di fruizione (Foglio 2006). Il mix di comunicazionale di un territorio è composto dai seguenti elementi ( Caroli 2006): • pubblicità; • direct marketing; • relazioni pubbliche; • direct marketing; • grandi eventi; Foglio, invece, distingue i mezzi di comunicazione principalmente in due categorie: • mezzi diretti al singolo destinatario. • mezzi diretti ad una pluralità di destinatari. Nel primo gruppo rientrano la mail, il telemarketing, la comunicazione on line, lo sportello, il numero verde, il distributore automatico di informazioni, mentre nel secondo caso sono inclusi la stampa, la televisione, il televideo, la radio, il cinema le affissioni, la segnaletica, le pubblicazioni, le newsletter, la partecipazione a fiere, le sponsorizzazioni, le realizzazioni di video, gli incontri pubblici. 155 L’elencazione dei mezzi di comunicazione, tuttavia, non sarebbe completa se non si facesse almeno un accenno alla comunicazione passaparola, ossia ad un canale che pure proponendosi al di fuori dei tradizionali canali comunicazionali, vanta un elevata efficacia.86 In questo ambito infatti, sono gli stessi destinatari, i beneficiari dell’offerta, che motivati da qualche iniziativa comunicazionale dell’ente territoriale o dalla soddisfazione nella fruizione di un determinato servizio diventano essi stessi promotori dell’offerta territoriale nei confronti dei potenziali acquirenti. Nell’ambito del territorio, le fonti che si occupano di comunicare risultano molteplici (governo locale, enti locali, agenzie), e se da un lato questo rappresenta un dato positivo perché accresce le risorse complessivamente investite in comunicazione, dall’ altro costituisce un potenziale rischio nel caso in cui non venga garantito un opportuno coordinamento atto ad evitare che i diversi comunicatori si sovrappongano o ancora peggio diffondano messaggi contradditori. 4.1. Il piano di comunicazione territoriale Per formulare un piano di comunicazione è necessario individuare i fattori di unicità del territorio, che raggruppate in quattro principali categorie: • il patrimonio naturalistico • il patrimonio storico-culturale • le produzioni tipiche 86 Sull’importanza della comunicazione passaparola si fa riferimento a Groonos (2002). 156 Tabella n°1: Fattori distintivi del territorio Fattori distintivi del territorio PATRIMONIO NATURALISTICO Profilo caratterizzante • • • PATRIMONIO STORICO CULTURALE • • • PRODUZIONI TIPICHE • • • • • • OSPITALITA’ • • • paesaggio caratterizzato dall’ alternanza di mare collina e monti a pochi chilometri di distanza vicinanza/sovrapposizione con il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, nel quale sono situati il lago di Fiastra e il lago di Pilato, in cui sono presenti alcune specie di eccezionale valore naturalistico. Itinerari turistici per scoprire la costa, percorsi escursionistici lungo i sentieri dei Monti Sibillini e percorsi da eseguire in mountain bike per scoprire il parco. Chiese, Teatri, Musei Sagre, mercatini, che ripercorrono le usanze popolari Metodi di lavorazione tradizionali delle pelli e della paglia prodotti caseari e salumi: ciauscolo, pecorino-caglio. Dolci: fristingo, serpe. Olio extra-vergine di oliva Piantone di Falerone e Sargano di Fermo. Falerio dei Colli Ascolani e Rosso Piceno doc, Vino Cotto. La fragola, la mela rozza, la mela rosa (agricoltura). Tradizione dei metodi di lavorazione dei prodotti. Alberghi Agriturismi Bed and breakfast Fonte: Elaborazione personale Questi fattori distintivi sono utili per formulare il piano di comunicazione per più motivi: per profilare il target dei visitatori dell’ area, per determinare il posizionamento del territorio e meglio definire e determinare il brand territoriale. 157 4.2. Definizione del target di comunicazione La definizione del target di comunicazione comporta l’individuazione del profilo dell’ acquirente del luogo, nonché dei restanti soggetti da coivolgere nell’ azione di comunicazione, in qualità di portatori di interessi (stakeholder)87. Considerando che la valorizzazione del sistema turistico locale in una logica di integrazione con le altre componenti, produzioni tipiche agroalimentari e artigianali, può rappresentare una grande opportunità per lo sviluppo del territorio, si tratta di definire chi acquista e distribuisce i servizi ed i prodotti locali e chi interviene sulla decisione di acquisto (influenzatore). Le categorie di soggetti da coinvolgere sono: • Gli attori istituzionali presenti sul territorio e gli altri stakeholder locali; • Le imprese (tour operator, agenzie viaggi, alberghi, agriturismi bed and breakfast, ristoranti) • I testimonial e gli esperti di settore (opinion leader-influenzatori); • I consumatori del territorio (turisti e viaggiatori). Più in dettaglio, è necessario identificare gli attori per lo più locali, e i pubblici destinatari della comunicazione, intendendosi per attori i soggetti operanti prevalentemente nel contesto locale e in grado di favorire, diffondere e supportare autorevolmente ed efficacemente le iniziative di comunicazione per i pubblici di riferimento, destinatari del piano di comunicazione. L’identificazione e la mappatura degli attori consentirà di collegare, informare, coinvolgere, mettere in relazione i principali soggetti che agiscono nel contesto specifico e all’ esterno di esso. I principali attori della comunicazione sono: 87 Gli stakeholder sono i portatori di interessi, i principali attori coinvolti nel processo di attuazione delle politiche territoriali. Nella realtà dei gruppi di azione locale essi possono essere suddivisi in tre categorie di soggetti: istituzionali o pubblici (comuni, provincie, comunità montane), socio economici o privati (associazioni di categoria, consorzi ecc) e del terzo settore ( associazioni di volontariato, associazioni ambientaliste). 158 • Le istituzioni ed enti presenti sul territorio; • Le associazioni di categoria; • Le associazioni di imprese; • La Camera di Commercio di Fermo; • I consorzi; • Le associazioni del terzo settore; • I Media; I pubblici destinatari, a diverso titolo coinvolti, sono rappresentati da: • I cittadini residenti nell’ area interessata; • Le imprese localizzate nell’ area interessata; • I turisti di nazionalità italiana e straniera; • I potenziali investitori (italiani e stranieri), residenti nell’ area. Considerati l’oggetto e gli obiettivi del piano, taluni soggetti sono da considerare attori della comunicazione e pubblici destinatari nel contempo; questa sovrapposizione riguarda, in particolare i soggetti operanti nel contesto, sui quali è opportuno agire sia con interventi volti ad accrescere il senso di appartenenza e il coinvolgimento nel processo di valorizzazione e sviluppo del territorio sia con interventi mirati su obbiettivi specifici, come ad esempio l’accrescimento di investimenti interni per consolidare o ampliare attività imprenditoriali già in essere. Altra sovrapposizione può verificarsi nel caso in cui i soggetti ai quali si indirizza la comunicazione siano al contempo destinatari e mediatori delle informazioni. Il caso tipico è quello dei media, anello di congiunzione con i pubblici finali. In questo senso, il processo di comunicazione che occorre attivare è a doppia via e deve essere governato con particolare coerenza. 159 4.2.1. Gli attori istituzionali presenti sul territorio Queste figure sono costituite da una molteplicità di soggetti (pubblici e privati), interni ed esterni che possono svolgere la doppia funzione di acquirente/decisore e influenzatore. Sul territorio insistono diverse forme di intervento, come ad esempio i sistemi turistici locali, che generano una serie di azioni di richiamo sul territorio. Ad esempio, il sistema turistico della provincia di Fermo, Marca Fermana, costituito dai quaranta comuni della provincia, per un totale di sessantanove soggetti aderenti tra pubblici e privati, impegnato nell’ informazione, accoglienza e promozione turistica, svolge anche un importante ruolo di influenzatore, poiché rappresenta uno dei canali di promozione del territorio verso l’esterno, ma anche di rafforzamento del senso di appartenenza al territorio nei confronti dei soggetti che vi risiedono. Quest’ ultimo punto è di particolare rilievo, poiché rappresenta la condizione di base per un’ efficace comunicazione diretta dei fattori di attrazione dell’area, dai soggetti interni a quelli esterni. I primi svolgono anche il ruolo di decisore, nel senso che stabiliscono le priorità tra i progetti di sviluppo dell’area e la relativa allocazione delle risorse, con l’intento di saldare e integrare le eventuali divergenze che possono essere manifestate dal territorio. 4.2.2. Gli opinion Leader Per uscire dal cono d’ ombra e proiettare l’ immagine delle Marche nel mondo si è deciso di utilizzare un testimonial88 d’ eccezione, Dustin Hoffman,che nello spot di promozione della regione Marche, sta provando a leggere sul palco di un teatro 88 Gli opinion leader, i quali si configurano come testimonial, si caratterizzano per la capacità di esercitare un’influenza sulle convinzioni e sui comportamenti degli altri individui che non dispongono di informazioni sufficienti per prendere decisioni autonome circa --- segue ---- l’acquisto di un prodotto. L’influenza è esercitata in virtù del possesso di particolari requisiti (status, autorità, esperienza concreta, competenze), che li rendono credibili in qualità di fonti informative. 160 vuoto i versi dell’ infinito di Leopardi, incespicando e maledicendosi per la sua cattiva pronuncia, in dissolvenza e in sincrono appaiono le immagini delle località più belle della regione: Loreto, Urbino, Frasassi e Senigallia, sull’ ultimo verso, e il naufragar mi è dolce in questo mare compaiono in contrasto dolci e quiete colline verdi. Lo spot è un capolavoro di antiretorica: la scelta di un’ attore famoso e straniero che si impegna allo stremo in una pronuncia impossibile esprime tutto il profondo desiderio di conoscere e abbracciare un così grande patrimonio di bellezza. Il testimonial ha la funzione di interpretare lo spirito e la famosa pluralità che contraddistingue la regione, le Marche possono infatti vantare tantissime peculiarità che vanno dalla cultura, l’ambiente, il mare, i santuari religiosi, l’archeologia, lo sport e l’enogastronomia che messe in sinergia possono soddisfare tutti i gusti e qualsiasi tipo di turismo. Lo spot di Dustin Hoffman verrà rilanciato sul circuto di Rai Tre e su Sky a ridosso degli incontri dei quarti, della semifinali e della finale per il terzo e quarto posto dei mondiali. 4.2.3. Le imprese locali Tra le imprese che contribuiscono all’ immagine e alla promozione del territorio verso l’esterno vi sono in primo luogo le agenzie viaggi, i tour operator, e le imprese di promozione turistica locale, tra le quali si annoverano i consorzi e le proloco: queste ultime due sono proliferate soprattutto dalla fine degli anni 90 quando chiusero le aziende di promozione (Atp), per lasciare spazio agli sportelli (Iat), informazione e assistenza turistica. Di questi ultimi, nella regione, ce se sono quattordici dislocati nelle principali località turistiche: Ancona, Gabicce, Pesaro, Urbino, Fano, Senigallia, Fabriano, Loreto, Civitanova, Macerata, Sarnano, Fermo, San Benedetto e Ascoli Piceno. Sono aperti tutto l’anno con orari d’ ufficio ma in alta stagione anche la sera specie nelle zone lungo la costa dove si concentra l’ 80% del turismo. Accanto agli uffici Iat, la cui gestione da un anno è 161 finita in mano alle province, ci sono gli sportelli di informazione turistica che sono aperti dalla province nel periodo estivo e sono gestite in collaborazione con le istituzioni locali. Nei comuni al di sotto dei ventimila abitanti la comunicazione sull’ offerta locale è gestita in collaborazione con le Pro loco. Nel complesso, l’apparato conta su circa 50 punti di informazione. Seppure minoritari come capacità di impatto, vanno anche considerati gli imprenditori nel settore turistico (ospitalità, prodotti agroalimentari, ristorazione) che contribuiscono alla promozione dell’ immagine del territorio. Le strutture hanno il compito di accogliere il turista direttamente e sul web, offrire informazioni e collaborare con la regione per monitorare il flusso stesso dei turisti. A volte però si può generare una confusione di proposte: ecco perché la regione vuole mettere loro un freno e collegarle con un filo conduttore comune. 4.2.4. I turisti I consumatori finali del prodotto turistico sono i visitatori dell’ area che vi soggiornano per periodi brevi, (solitamente per circa una settimana), del milione e 445 mila turisti arrivati l’anno scorso, la maggior parte è lombarda (23%), seguita dai romagnoli e laziali (rispettivamente al 13% e al 12%), mentre gli stranieri sono circa un (4%). Per quanto riguarda la motivazione della visita, che si collega ai fattori di attrazione del territorio, essa può essere cosi articolata: • Turismo balneare, localizzato principalmente nelle località di Porto Sant’ Elpidio, Porto San Giorgio e Pedaso; al quale si può collegare la visita delle zone collinari e montuose a ridosso dei monti Sibillini. • Ecoturismo e turismo culturale, rivolto alle bellezze naturali, storico culturali, artistiche e delle tradizioni e specialità eco-gastronomiche locali. 162 • Turismo sportivo, legato principalmente alle escursioni che si effettuano sui monti Sibillini. In particolare, il profilo dell’agriturista si caratterizza per un consumatore che non necessariamente si muove secondo le logiche del tradizionale turismo di massa. Le motivazioni che spingono questo tipo di turista, fondamentale per il territorio in oggetto, sono legate al desiderio di riscoperta del valore del benessere fisico e all’ attenzione alla tipicità e al contenuto biologico dei prodotti alimentari locali. A queste è associata la ricerca della natura incontaminata, delle radici storiche, del folklore, delle tradizioni eno-gastronomiche, dei sapori dei luoghi. Il tutto integrato in un pacchetto di offerta che garantisca stimoli culturali, evasione e relax. Nella definizione del target di comunicazione è centrale l’ individuazione e la quantificazione della domanda. In particolare è necessario effettuare l’analisi della domanda attuale, che si rivolge all’area fermana, e alla domanda potenziale, che può essere attratta con politiche di comunicazione mirate per promuovere efficacemente il territorio. Come si ricava dall’analisi del contesto territoriale la domanda attuale è fortemente stagionalizzata: in altre parole il turismo che giunge nell’ area del fermano si concentra nei mesi estivi e per brevi periodi, secondo i dati dell’ annuale rapporto sul turismo, tre elementi influenzano profondamente questo fenomeno: • il clima italiano che induce la concentrazione del turismo balneare nel periodo estivo; • il calendario scolastico che vincola i periodi di vacanza a tre periodi dell’anno; • molte aziende italiane mantengono un tipico periodo di ferie nel mese di agosto. Ciò implica che nelle Marche e nel Fermano le maggiori presenze turistiche nelle strutture ricettive vengono rilevate da giugno a settembre, con un periodo di punta rappresentato dal mese di agosto, anche se le presenze straniere si distribuiscono 163 maggiormente anche durante l’anno, mentre quelle italiane si concentrano in luglio e agosto. Per quanto riguarda la struttura ricettiva, questa è principalmente legata alla dimensione piccola e familiare, che potrebbe sembrare un apparente debolezza, ma in realtà può essere trasformata in elemento di valorizzazione dell’ identità territoriale grazie alla possibilità per il turista di vivere un’esperienza a contatto diretto con i rappresentanti del territorio, della sua storia e delle sue tradizioni. Al fine di indirizzare il piano verso la domanda turistica, è opportuno far riferimento non solo alla domanda attuale, ma anche a quella potenziale, la quale può consentire di individuare i bisogni ricercati da nuove fasce di consumatori, articolandoli secondo la seguente gerarchia: • bisogni di base, che devono essere necessariamente soddisfatti dalle componenti del territorio affinchè esso possa essere almeno preso in considerazione dal cliente potenziale. • bisogni attesi, la cui soddisfazione induce il cliente ad inserire il territorio tra le alternative valutate durante il processo di acquisto. • bisogni desiderati che se soddisfatti dall’offerta territoriale, producono un decisivo impatto sul futuro processo di scelta dell’area da parte del cliente, fino a determinarne la fidelizzazione. Nel primo caso rileva il prendere in considerazione il territorio, da parte del potenziale consumatore, come una possibile alternativa di scelta; nel secondo caso è l’interesse dell’ acquirente potenziale ad assumere un ruolo centrale; nel terzo caso prende rilievo la consapevolezza dell’ acquirente circa la caratteristiche distintive del luogo. Tale suddivisione risulta funzionale all’ individuazione di quelli che sono i fattori critici di successo nelle differenti tipologie di mercato di riferimento del territorio; vale a dire gli elementi su cui puntare per predisporre un piano in grado di soddisfare i bisogni desiderati dai potenziali investitori e turisti. 164 In proposito va precisato che la capacità di reazione dell’ offerta è parziale, lenta e rigida; da ciò deriva la centralità della identificazione dei soggetti che costituiscono il mercato e della conseguente attivazione delle condizioni che consentono al territorio di rafforzare il valore da offrire all’utenza attuale e potenziale. Quanto detto è la premessa indispensabile per procedere alla segmentazione della domanda. E’ fondamentale infatti, trattare in modo differenziato le varie tipologie di utenti del territorio individuati, definendo specifici segmenti economicamente interessanti. Nel mercato di riferimento del fermano, le principali variabili per la segmentazione della domanda turistica sono89: • la provenienza geografica, distinguendo anche in questo caso, tra residenti e turisti, e tra turisti nazionali e esteri, ognuno dei quali esprime esigenze diverse e necessità di servizi e informazioni differenziati. • le caratteristiche demografiche e socio-economiche quali l’età, il sesso, il nucleo familiare, il livello d’istruzione, l’occupazione, il reddito ecc; • le caratteristiche comportamentali, motivazionali e psicografiche. Le prime si riferiscono ai benefici ricercati, alle condizioni d’ uso, allo status di consumo, alla fedeltà, allo stato di informazione, etc, le seconde agli scopi del viaggio; le terze agli atteggiamenti e alle convinzioni personali, ai valori, agli interessi, alla personalità, agli stili di vita, potendosi distinguere in questo senso tra turismo eno-gastronomico, naturalistico, storico culturale. Nell’ ambito dei segmenti definiti si individuano il o i target di consumatori selezionati tenendo conto della compatibilità tra i loro bisogni e le caratteristiche distintive dell’offerta territoriale del fermano, nonché del loro potenziale impatto sul processo di sviluppo del territorio, in termini di ricadute sull’intero sistema produttivo e di sostenibilità ambientale. 89 Cfr. Casarin F, Il marketing dei prodotti turistici, Giappichelli, Torino, 1996, pag154 e segg, Kotler P, Bowen J, Makens J, Marketing del turismo, Mc Graw Hill, Milano 2003, pag 133 e segg. 165 Ulteriori elementi che aiutano nella declinazione del mercato turistico sono le caratteristiche dell’ offerta del territorio: • l’ambiente: clima, bellezza e tutela del paesaggio naturale; • l’arte: qualità e grado di conservazione del patrimonio storico, architettonico, qualità ed efficienza dei musei; • la gastronomia: qualità e tipicità della cucina locale, qualità ed efficienza della ristorazione (bar, ristoranti, agriturismo, locande); • gli alberghi: articolazione, qualità ed efficienza delle strutture ricettive (alberghi, campeggi, bed and breakfast, agriturismi); • il leisure: divertimenti, locali, manifestazioni ed eventi sociali; • i prezzi: costo della vita ed in particolare dei prodotti e dei servizi turistici. • le informazioni: reperibilità e completezza delle informazioni nelle differenti lingue. • l’accoglienza: ospitalità della popolazione locale e delle strutture ricettive; • la sicurezza: igiene delle strutture e tasso di criminalità locale; In relazione a ciascuno dei segmenti di consumatori individuabili, i suddetti elementi acquisiscono un rilievo e un’ importanza differente. In particolare, dall’ incrocio dei dati, si rende possibile individuare dei cluster di domanda indicando per ciascun target i principali elementi in grado di influenzare il processo di selezione del territorio. Va da ultimo attribuito che nell’identificazione dei segmenti di turisti, le fasce di consumatori definite devono rispondere ai seguenti prerequisiti e requisiti: • misurabilità • attendibilità • omogenità • sostanzialità • curabilità 166 • differenziabilità • accessibilità Ciò per poter contare su segmenti al cui interno siano compresi turisti che manifestano comportamenti comuni (condivisi) e abbastanza stabili nel tempo, differenziati rispetto ai comportamenti di altri segmenti, definiti sulla base della qualità dei dati assunti, di dimensione sufficiente a giustificare investimenti ed iniziative di marketing e comunicazione, sui quali sia agevole realizzare tali iniziative e valutarne nel tempo l’efficacia. 4.3. Il brand territoriale e l’immagine coordinata del territorio Il brand territoriale rappresenta l’elemento simbolico cardine per la costruzione dell’ identità visiva, dell’immagine del territorio (place identity), da veicolare ai pubblici di riferimento attraverso l’implementazione del piano di comunicazione. La marca può essere definita come un nome, un termine, un segno o simbolo (o una combinazione di questi elementi), che ha lo scopo di identificare i beni/servizi di un’ impresa e di distinguerli da quelli offerti dalla concorrenza.90 Secondo una definizione più moderna, la marca rappresenta una struttura di conoscenza, vale a dire un aggregazione, intorno a specifici segni di riconoscimento, di un definito complesso di valori imprenditoriali, di associazioni cognitive, di aspettative e di emozioni. 91 Traslando questa concezione di marca dalla singola organizzazione imprenditoriale al territorio, il brand territoriale si può considerare come un nome e/o simbolo (logo o marchio) caratterizzante, che identifica un’ area territoriale e 90 91 Kotler P, Marketing Management, Isedi, Torino 1997. Keller, K, L, Strategic brand management, Prentice-Hall, New Jersey, 1998. 167 la differenzia dai territori concorrenti, rappresentando la sintesi degli elementi oggettivi, cognitivi, valoriali, emozionali dell’ offerta92. In generale, le componenti costitutive della marca e le sue funzioni possono essere distinte in: • componente e funzione identificativa; • componente e funzione valutativa; La componente identificativa è costituita dai segni di riconoscimento della marca, essa consente ai pubblici di identificare e distinguere il territorio rispetto ai territori concorrenti (funzione di identificazione)93. Il logo della provincia di Fermo presenta l’aquila che sottolinea il coraggio e la vocazione guerriera del territorio che generò illustri e indipendenti capitani di ventura come Oliverotto da Fermo, nella partizione in alto a destra è presente il simbolo araldico del “monte all’ italiana”, nel numero di quaranta come i comuni e le città che territorialmente e culturalmente formano la nuova provincia; essi sono affiancati l’ uno all’altro a creare la forma di una torre merlata alla ghibellina; nella campitura inferiore a sinistra c’è la croce patente simbolo dell’ unità tradizionale cristiana, mentre a fianco della croce patente vi sono i simboli del lavoro, della laboriosità delle genti locali, che sono sapute modernizzare passando dalla tradizione del mare e dell’agricoltura a quella dell’ industria e dell’ artigianato. 92 Pastore A, Bonetti E, Il brand management del territorio, Sinergie, Vol 2, n 23, Aprile 2006, pag 86. 93 Cfr Busacca B, Troilo G, op cit pag 70 e segg 168 Immagine n°1: Logo provincia di Fermo, fonte: www.provinciafm.it. La componente valutativa è l’insieme delle valenze denotative (connesse ai benefici tecnico funzionali), e connotative (direttamente connesse ai benefici psicosociali), che il cliente dovrebbe attribuire alla marca. E’ quindi, l’ insieme dei significati che se correttamente percepiti dai consumatori, sono stabilmente associati alla marca. La componente fiduciaria, infine consiste nelle strutture e nei processi organizzativi che consistono di generare fiducia in coloro i quali sperimentano il territorio (o il consumo dei prodotti tipici e dei servizi in loco), recanti una determinata marca. La funzione fiduciaria si riferisce al ruolo svolto dal meta significato attribuito alla marca (componente fiduciaria), relativo non tanto al “merito” dei benefici associati alla marca, quanto al principio di affidabilità e quindi all’ elevata probabilità, a limite della certezza, che l’associazione tra valenze (performance del territorio) e marca si ripeta nel tempo e in tutte le manifestazioni della marca stessa, senza sgradite sorprese per il cliente94. 94 Cfr, Constabile M, il Capitale Relazionale, Mc Graw Hill, Milano, 2001. 169 Analogamente a quanto accade per la marca di prodotto anche con riferimento alla fruizione del territorio, i diversi stakeholder pongono in essere un processo aggregativo di valori, associazioni cognitive, aspettative ed emozioni che include tutte le componenti del sistema territoriale e trova una sintesi in un segno di riconoscimento rappresentativo della destinazione nel suo insieme. Il brand territoriale, dunque, deve costruire una promessa ai potenziali fruitori di un’ area, un’ aspettativa di performance ed un segno di integrità e reputazione95. Esso si costituisce costantemente nella mente del fruitore del territorio ed è influenzato dalle esperienze, dai ricordi, ed infine dai giudizi espressi dagli altri fruitori. Alla progressiva affermazione del brand territoriale e al rafforzamento della sua piena comprensione potrà contribuire l’abbinamento del claim: antica terra dal grande cuore, favorisce la memorizzazione del marchio stesso, ed indica l’origine romana del territorio, ma al tempo stesso sottolinea la passione e l’amore per il lavoro. Oltre al marchio della provincia di Fermo vi è il marchio del sistema turistico locale Marca Fermana, il cui logo rappresenta quello che dice lo slogan: dal mare ai monti azzurri, vi sono quindi rappresentati la montagna color marrone, la collina in verde e vi è la via in bianco, che porta dalla montagna al mare, questa sta ad indicare un paesaggio che spazia dal mare alle colline ed arriva con suggestive atmosfere e magici paesaggi ai Monti Sibillini. 95 Cfr,Travis, Emotional Branding, how successful brands gain the irrational edge, Roseville, Prime Venture, 2000. 170 Immagine n°2: Logo marca fermana: Fonte, wwwmarcafermana.com. Il marchio Marca Fermana si pone l’obiettivo di identificare meglio il territorio per chi già lo conosce e soprattutto attrarre la domanda turistica potenziale, con l’intento di comunicare anche il messaggio di un territorio, le cui bellezze si possono apprezzare in ogni stagione dell’ anno: durante l’ estate principalmente per prendere il sole nelle località balneari, mentre nelle altre stagioni per fare escursioni e visitare i monumenti archeologici, riscoprire le attività artigianali e assaporare i prodotti eno-gastronomici, spostandosi quindi anche nelle località collinari e montuose. Il marchio Marca Fermana, deve assumere i caratteri di organicità, omogenità, espressione di una forte coesione interna al territorio tale da possedere una chiara identità e creare e trasmettere il senso di appartenenza96. Ad essa è affidato il compito di consolidare l’ immagine di un quadro dinamico e attrattivo del territorio, in modo da strutturare positivamente le rappresentazioni mentali, le percezioni sia dei pubblici di riferimento esterni che interni, garantendo un’ immagine organica e omogenea, espressione della coesione 96 Cfr Borghesi A, il marketing delle località turistiche, Giappichelli, Torino 1994. 171 interna e della riconoscibilità del territorio (place identity). In questo senso la marca territoriale dovrà possedere la caratteristica di “marchio ombrello”, trasversale a tutti i livelli di comunicazione individuati, tale da poter identificare più prodotti appartenenti a classi merceologiche che possono essere anche molto eterogenee, molto diverse tra loro. La marca ombrello si propone di sostenere una promessa generale comune, in grado di rapportarsi ad un’ elevata notorietà e ad un’ immagine a forte caratterizzazione, ma indipendente dalle connotazioni associabili a specifiche classi di prodotto97. L’elemento di partenza e di rafforzamento sarà costituito, dunque, dalla marca ombrello che avrà una duplice funzione: • istituzionale e quindi di rappresentazione della realtà territoriale, sociale, storico-culturale, economica nel suo complesso, dei comuni appartenenti all’ area del fermano. • Di prodotto e quindi di rappresentazione delle specificità locali, divenendo pertanto marca e, come tale, garanzia di qualità, efficienza, produttività e esclusività. In veste di marca ombrello, la marca territoriale potrà essere utilizzata da parte delle imprese attive sul territorio per valorizzare e posizionare i propri prodotti. Così concepita, essa si presta, infatti, ad una successiva declinazione a favore dei produttori locali. La flessibilità è un importante elemento a cui deve tendere il brand territoriale, in quanto deve garantire alle imprese e alle associazioni di imprese, soprattutto a quelle che ancora non sono in possesso di marche proprie e di fattori di istintività, di condividere un brand locale che accompagni il loro sviluppo nella delicata fase di start-up aziendale. Ciò significa che l’ utilizzo del marchio può essere concesso anche ai prodotti del territorio, enogastronomici o turistici in senso stretto (strutture ricettive, 97 Cfr Bordoni S.M, Brand Policy and Brand Equity, Symphonya, Emerging Issues in Management, www.unimb.it/symphonya, issue 1, ISTEI, Milano, 2001-2001. 172 associazioni che si occupano di accompagnamento turistico). In tal modo esso è in grado di qualificare non soltanto il territorio inteso in senso lato, ma anche i prodotti e i servizi ivi presenti e di interpretare i concetti di qualità, affidabilità e le caratteristiche di omogeneità territoriale. 4.4. Il sistema turistico locale Marca Fermana La legge 135/01, attraverso l’ istituzione dei sistemi turistici locali, ha originariamente proposto una nuova logica di organizzazione turistica, secondo la quale i sistemi turistici rappresentano uno strumento concreto che permette il pieno utilizzo delle ricchezze presenti nei contesti locali quali vere e proprie leve di un processo ampio di sviluppo socio-economico. Si è passati dal concepire il prodotto turistico come servizio strettamente legato al viaggiatore, ad una visione prevalentemente territoriale di valorizzazione dell’ insieme di risorse materiali e immateriali. Si definiscono STL, “i contesti turistici omogenei o integrati comprendenti ambiti territoriali anche di regioni diverse e caratterizzati dall’ offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazione turistiche compresi i prodotti tipici dell’ agricoltura e dell’ artigianato locale o dalla presenza di imprese turistiche”. In base al dettaglio legislativo i STL nascono dal basso, per iniziativa degli enti locali territoriali e delle imprese e vengono riconosciuti dalla Regione, che ha competenza in materia: “ gli Enti locali o soggetti privati, singoli o associati, infatti promuovono i sistemi turistici locali attraverso forme di concertazione con gli enti funzionali, le associazioni di categoria che concorrono alla formazione dell’ offerta turistica, nonché con i soggetti pubblici e privati interessati” (art 5, 2° comma); nell’ ambito delle proprie funzioni di programmazione e per favorire l’integrazione tra le politiche di governo del territorio e di sviluppo economico, le Regioni provvedono (…)…a riconoscere i sistemi turistici locali di cui al presente articolo”, (art.5, 3°comma). 173 Con atto stipulato il 29.03.2003, nasce l’associazione Marca Fermana, dal mare ai monti azzurri, che si caratterizza come sistema particolarmente significativo per la presenza di più tipologie di offerte (mare, montagna, città d’arte, turismo d’affari, sportivo, religioso, enogastronomia). Fanno parte del sistema turistico 35 comuni della provincia Fermana e 15 associazioni che operano nel territorio. Il sistema turistico, nel 2008, ha presentato in compartecipazione con tutti i suoi soci il progetto : “Viaggiare..fare un passo e poi fermarsi”, con i seguenti obiettivi: • realizzare in forma integrata progetti di accoglienza finalizzati alla tutela ed alla valorizzazione delle potenzialità del territorio (principalmente le aree interne); • destagionalizzare e diversificare i flussi turistici, favorendo uno sviluppo sostenibile del settore, orientato sia ai mercati nazionali che a quelli internazionali. • diffondere i valori e il carattere del “prodotto Marche”, nei suoi diversi segmenti legati all’ambiente, alla cultura, all’enogastronomia, al commercio e ai manufatti artigianali. • coordinare azioni e interventi relativi provenienti da diversi soggetti partner e da diverse aree territoriali (mare, colline, monti). • garantire la condivisione e la partecipazione nei processi decisionali; • tutelare e valorizzare le risorse paesaggistiche, naturalistiche e culturali del territorio in chiave di marketing territoriale integrato innovativo allo scopo di stimolare lo sviluppo di economie sostenibili. • rilanciare un modello diffuso di turismo di qualità. Inoltre il sistema territoriale, ha avuto tra i principali obiettivi anche quello di creare un sito internet www.marcafermana.com, che ha il ruolo principale di essere una vetrina del territorio e attrarre un pubblico sempre più vasto alla ricerca 174 di informazioni dettagliate. Oltre alle informazioni descrittive (foto, testi, filmati), è associata l’informazione geografica, cioè è possibile conoscere dove tali oggetti sono localizzati nel territorio, fornendo all’ utilizzatore la prima e più importante informazione che è quella della posizione della risorsa di interesse e le relative modalità per raggiungerla. Attraverso una cartina virtuale si potranno percorrere tutte le strade lungo le quali saranno segnalati i punti di eccellenza sotto tutti i profili. Verranno evidenziati i percorsi, i prodotti tipici e i luoghi di produzione. Il progetto denominato “Tipicità di Marca”, prodotti turistici alternativi,riguarda invece la valorizzazione del prodotto turistico con riferimento all’ enogastronomia ed allo shopping aziendale. Esso si pone l’ obiettivo di esplorare nuove e più stimolanti strade, effettuando una presentazione del territorio dal punto di vista delle sue produzioni tipiche, per imprimere alla Marca Fermana una forte caratterizzazione sotto il profilo del prodotto che nasce nell’ area,che cosi viene a proporsi come prodotto di origine ben definita. Il comprensorio del sistema turistico locale si caratterizza profondamente per la presenza di un tessuto di micro imprenditorialità diffusa sull’intera area, nonché di produzioni artigianali ed industriali di notevole pregio. Prodotti realizzati nei vari centri della marca fermana e da questo territorio diffusi in tutto il mondo con il marchio di grandi firme e prestigiose griffes. La presenza di show rooms, punti vendita a spacci aziendali collocati all’ interno delle fabbriche rende particolarmente appetibile una formula turistica fruibile dall’ utente finale attraverso lo shopping aziendale (calzature, abbigliamento, pelletteria, cappelli, accessori). Oltre al sito internet è stata creata un agenda delle manifestazioni,ovvero un calendario degli eventi del territorio da giugno a dicembre 2010,che permette sia al turista ma anche al cittadino che vive nel luogo tra le diversificate proposte a seconda degli interessi e delle aspettative, inoltre per facilitare la fruizione del territorio gli eventi sono divisi per mese, per giorno e per comune. 175 Infine anche le manifestazioni turistiche sono un’ importante veicolo di promozione per l’offerta turistica del territorio. Il sistema turistico territoriale in collaborazione con il comune di Fermo e la Regione Marche, parteciperanno alle fiere di: Bit Milano, Ferrara Liberamente, Padova vacanze week-end, Cibus Parma, Children’s Tour di Modena e infine alla 64° fiera dell’ agricoltura tenutasi a Trento, fornendo materiale informativo e offrendo la presenza di personale qualificato. Inoltre in occasione di tali manifestazioni per rendere gli stand più attrattivi, verranno realizzati dei concorsi, nei quali gli utenti che vorranno iscriversi parteciperanno all’ estrazione di soggiorni nel fermano. 4.5. Le aree tematiche della comunicazione del territorio Per quanto riguarda l’individuazione delle aree tematiche del territorio, vanno incrociate due variabili rilevanti: l’oggetto e i pubblici destinatari della comunicazione. Procedendo in tal modo si otterà lo schema che consente di definire le aree della comunicazione territoriale. 176 Tabella n°2 : Le aree tematiche della comunicazione del territorio Oggetto della comunicazione TERRITORIO (caratteristiche distintive) SPECIFICI SERVIZI LOCALI MISSIONE, OBIETTIVI; VALORI, INFORMAZIONI CONDIVISE. PUBBLICA OPINIONE (soprattutto turisti e residenti) PUBBLICI TESTINATARI ATTORI LOCALI CLIENTI EFFETTIVI E COINVOLTI E POTENZIALI PARTNER DI FILIERA UNIONE EUROPEA, AUTORITA’ GOVERNATIVE NAZIONALI E REGIONALI AREA DELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE DEL TERRITORIO AREA DELLA COMUNICAZIONE DI MARKETING AREA DELLA COMUNICAZIONE AI COMAKER INTERNI ED ESTERNI AL SISTEMA LOCALE COSTI/BENEFICI DEL TERRITORIO AREA DELLA COMUNICAZIONE FINANZIARIA E E DI LOBBYING Fonte: adattata da Siano A, “Marketing e comunicazione nelle strategie degli enti di promozione del territorio”, Sinergie, n° 54, 2001, pag 231. 4.5.1. La comunicazione di marketing La comunicazione di marketing si riferisce a specifiche iniziative locali, ( beni/servizi) offerti a beneficio dei visitatori del territorio. Per ciò che concerne i pubblici i destinatari di tale tipo di comunicazione sono i clienti (attuali e potenziali), rappresentati da turisti e visitatori. A questi soggetti la comunicazione di marketing si indirizza per far conoscere l’ esistenza di specifiche iniziative attivate nel territorio. La comunicazione di marketing ha il compito di rafforzare l’ 177 attività di promozione verso gli acquirenti di luoghi e di prodotti locali, informando sull’ esistenza di iniziative collaterali e complementari rispetto al nucleo di base dei benefici offerti dal sistema d’ area, rilevabili nella loro essenza nella comunicazione istituzionale. Questi ultimi, rappresentando i vantaggi strutturali, strategici ai fini della capacità di attrazione del territorio, restano di competenza della comunicazione istituzionale. 4.5.2. La comunicazione ai co-maker La comunicazione ai co-maker, dovrà garantire il coinvolgimento e l’ interazione degli attori di sviluppo locale, prima fra tutti i comaker interni, quali: i comuni appartenenti al territorio, i restanti enti locali (ETP per la promozione turistica, camera di commercio, comunità montana), le imprese ( trasporto, alberghi, agriturismo, bed and breakfast, ristoranti ed agenzie viaggio), i cittadini residenti. La comunicazione dovrà provvedere ad offrire ai soggetti residenti le informazioni che consentono loro l’adeguata conoscenza delle iniziative poste in essere per lo sviluppo locale. I residenti vanno sensibilizzati attraverso azioni di comunicazione per renderli adeguati strumenti per la buona riuscita delle suddette iniziative e per l’ accoglienza dei visitatori. La comunicazione ai co-maker interni serve ad intensificare le relazioni tra gli attori, facendo emergere la consapevolezza diffusa del gioco di squadra, in cui ognuno è chiamato a svolgere la sua parte in stretto contatto con gli altri partner. Tali considerazioni appaiono particolarmente pertinenti se si pensa alla scarsa propensione degli enti locali agli interventi concertati e, ciò che di più conta alla condivisione di valori espliciti. La comunicazione nell’ ambito del circuito dei partner locali, impegnati a cooperare e a condividere il progetto di sviluppo del territorio, ha per oggetto la missione, gli obiettivi, i valori, le informazioni condivise in rete. Gli elementi di eterogeneità di tali attori, dal punto di vista istituzionale, della cultura e dei valori, delle 178 professionalità e delle esperienze, se da un lato rappresentano un indubbio elemento di forza, per la ricchezza dei possibili apporti che da essi possono derivare, dall’ altro innalzano il grado di complessità dei processi di comunicazione interna al sistema locale. Accanto ai co-maker interni al territorio, vanno considerati quelli esterni, rappresentati dagli operatori che intervengono nella fase di distribuzione dei servizi turistici e dei prodotti locali, vale a dire tour operator, agenzie di viaggi e circuiti della distribuzione commerciale in altre aree delle Marche, d’ Italia e d’ Europa. Infine tra i co-maker rilevanti vanno considerati anche i testimonial e gli esperti di settore, in qualità di opinion leader, destinati ad esercitare un ruolo di influenzatori. Gli opinion leader possono essere interni ed esterni al territorio. I primi agiscono in modo più efficace nei confronti dei cittadini residenti, i quali, non va trascurato, rappresentano oltre che potenziali consumatori del territorio, soggetti determinanti ai fini dell’ ospitalità verso i visitatori esterni. I secondi di provenienza extra-territoriale, tendono invece ad influenzare il pubblico localizzato al di fuori dell’ area del fermano. Inoltre, esiste un secondo livello di comunicazione, nell’ ambito di ciascuno degli attori interni ed esterni al territorio. Per ciascuno di questi si pone il problema di operare interventi in direzione della comunicazione interna nell’ ambito della propria organizzazione, per rendere il proprio personale all’ altezza dei nuovi compiti che comportano la formula del G.A.L. Si tratta di far condividere, all’ interno dell’ organizzazione, obiettivi, valori, informazioni capaci di orientare opportunamente le risorse umane. E’ questa una strada obbligata per consentire, soprattutto agli enti locali, performance compatibili con le esigenze del “gioco” di squadra, di cui si diceva in precedenza, indispensablile nell’ ottica degli strumenti della programmazione negoziata. 179 la comunicazione istituzionale è destinata a valorizzare la combinazione dei componenti materiali ed immateriali del territorio, i quali determinano il valore del territorio e l’ attrattività di quest’ultimo. 4.5.3. La comunicazione finanziaria e di lobbying Tra le diverse aree di comunicazione, i vari attori territoriali devono prendere in considerazione anche quella finanziaria e di lobbying, rivolta agli organismi pubblici sovranazionali, nazionali e regionali ( Unione Europea, Stato, Regioni), in quanto sono gli erogatori dei fondi per le iniziative di sviluppo locale e sono in grado con le loro decisioni di migliorare le condizioni infrastrutturali del territorio (viabilità, telecomunicazioni). La comunicazione economica finanziaria, tiene conto delle attese e delle pressioni, che tali organismi esercitano all’ atto della concessione dei finanziamenti a vantaggio del territorio. La comunicazione di lobbying, rivolta al sistema politico-governativo, consente di istaurare relazioni fruttuose con le istituzioni e i decisori pubblici rilevanti al fine di informarli e orientarne le decisioni per la tutela dei legittimi interessi dell’ area territoriale.98 Tale comunicazione, anche denominata di public affair, mira ad influenzare i contenuti delle normative e dei regolamenti emanati da organismi governativi e di controllo internazionali, nazionali e locali, per ottenere un favorevole impatto sullo svolgimento dell’ attività economica e sull’ erogazione dei servizi nel territorio. 99 98 Cfr, Morelli M, La comunicazione d’impresa e la promozione dell’immagine, Franco Angeli, Milano. 99 Si può svolgere la comunicazione di lobbying anche in maniera indiretta, facendo ricorso ai mass media per utilizzarli come cassa di risonanza, allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica, informandola e creando consenso attorno a determinati argomenti. Cfr. Rolando e Romenti, op cit pag 273-293. Il ricorso ai mezzi di massa può avvenire tramite comunicati stampa, lettere ai giornali, interviste, conferenze stampa, partecipazioni a programmi televisivi e così via. 180 4.6. Le combinazioni aree forme della comunicazione del territorio Tabella n°3: Le aree-forme della comunicazione Aree di comunicazione Comunicazione economica-finanziaria e di lobbying Comunicazione ai co-maker Forme di comunicazione Relazioni pubbliche Relazioni pubbliche Advertising Comunicazione di marketing Comunicazione istituzionale del territorio e-advertising Promozione delle vendite Direct marketing Relazioni pubbliche Relazioni pubbliche sponsorizzazioni advertising e-advertising Fonte: elaborazione personale L’ advertising, è utilizzabile per attivare sia la comunicazione istituzionale del territorio che la comunicazione di marketing vera e propria. Mira a presentare il territorio, nei suoi elementi unici e distintivi, acquistando spazi pubblicitari su mass media tradizionali (stampa, radio-televisione, cartellonistica, cinema, mezzi pubblici) allo scopo di stimolare il pubblico direttamente o indirettamente interessato all’ area in oggetto, a visitare e a conoscere questa realtà territoriale100. La pubblicità rappresenta la tipica forma di comunicazione per veicolare messaggi unidirezionali e standard. L’ e-advertising, è la pubblicità elettronica utilizzabile per la comunicazione istituzionale del territorio e la comunicazione di marketing tramite l’ acquisto di spazi su mezzi di comunicazione digitali (internet e telefonia wireless). Le sue 100 Kotler P, Scott W.G, Marketing Management. Analisi, pianificazione, attuazione e controllo. Isedi, Torino, 1993. 181 caratteristiche distintive sono l’ iterattività e la misurabilità dei risultati della comunicazione101. La promozione, riguarda l’ attivazione di una grande varietà di possibili azioni che offrono incentivi all’ acquisto di servizi nel territorio (sconti alberghieri, transfer gratuiti), per determinare una reazione rapida e consistente del target di acquirenti102. E’ scelta come forma di comunicazione di marketing e si differenzia dalle altre modalità, precedentemente analizzate, perché rappresenta un’ azione di breve periodo, circoscritta nel tempo, mira a stimolare l’ acquisto dei servizi del territorio in promozione attraverso la temporanea offerta di vantaggi supplementari. Tra le possibili promozioni vanno realizzate anche quelle on line realizzate attraverso i premi fedeltà offerti ai soggetti che si rendono disponibili a sottoporsi a messaggi pubblicitari (visualizzazione di banner) o promozionali (ricezione di email) o che utilizzano il sito web territoriale. Le promozioni possono essere dirette al consumatore o al distributore (tour operator)103. Nel primo caso, esse mirano ad indurre il consumatore potenziale a visitare il territorio, stimolare il consumatore a ritornare in loco e, dunque ad operare un processo di riacquisto; incoraggiare il consumatore ad acquistare maggiori servizi offerti nel territorio; reagire con rapidità alle iniziative di territori concorrenti, così da orientare la preferenza del consumatore verso la propria area, ricompensare il consumatore per la propria fedeltà al territorio. Il direct-marketing, fa’ uso di mezzi idonei a favorire l’ iterattività a distanza, che consentono un contatto diretto e personalizzato con il destinatario (cliente attuale o potenziale), nell’ ambito della comunicazione di marketing e che permettono la 101 I messaggi tipici dell e-advertising sono: il banner, l’interstitial, il pop-up. Etc, cfr Wind J. Mahajan, Digital Marketing, Etas, Milano 2002, pag 431 e seguenti; Chaffey D, Mayer R, Johnston K, Ellis-Chadwich F, Internet e Marketing, Apogeo, Milano 2001, pag 293 e seguenti. 102 Kotler, Scott, op cit, pag 892. 103 Valdani E, Marketing, Utet, Torino, 1995, pag 787. La promozione delle vendite non va confusa con la promozione “commerciale” 182 misurabilità della risposta (redemption)104. Risulta particolarmente utile per contattare target di consumatori fortemente segmentati105. Le sponsorizzazioni consentono la promozione dell’ immagine territoriale (identità visiva), e della sua notorietà, attraverso iniziative ed eventi (manifestazioni di natura sociale, culturale e sportiva), associati al nome/ marchio del territorio106. Le relazioni pubbliche mirano a far conoscere l’area territoriale all’ opinione pubblica e a pubblici specifici, quali i turisti; le autorità pubbliche regionali, nazionali e comunitarie; i tour operator, le agenzie di viaggio, i giornalisti opinionisti e gli opinion leader, i media. Si tratta di clienti, soggetti finanziatori, co-maker (distributori dei servizi turistici e influenzatori). Sono utilizzate per condizionare positivamente i pubblici, per creare e tenere in vita nel tempo chiari ed efficaci rapporti con essi, che favoriscono lo sviluppo del territorio107. La finalità delle relazioni pubbliche è dunque, ottenere una generalizzata benevolenza verso il territorio da parte della pubblica opinione. Le relazioni pubbliche, insieme al direct marketing, si presentano con sub-modalità differenziate che le rendono forme composite di comunicazione. La sub-modalità di comunicazione più rilevante delle relazioni pubbliche è la publicity, propaganda, che implica una comunicazione sui mass media, non a pagamento, per favorire la visibilità e la notorietà territoriale. E’ ottenuta attraverso notizie proposte su quotidiani, emittenti televisive o radiofoniche cui si da risalto mediante comunicati stampa. 104 Stone B, Direct marketing, I metodi e le tecniche vincenti. Il sole 24 ore, libri, Milano, 2001, pag 5 105 Ad esempio gli amanti del trekking possono essere individuati mediante comunità virtuali a cui partecipano e contattano con una comunicazione ad hoc, che tenga conto di esigenze specifiche. 106 Rampini F, la comunicazione aziendale, Etas libri, Milano 1990; Fedele F 107 Invernizzi E, La comunicazione organizzativa: teorie, modelli e metodi, Giuffrè, Milano. 183 Tra le sub-modalità del direct marketing vi sono il direct-mail (o mailing), e il telemarketing108 Con il direct marketing viene inviato un messaggio postale personalizzato, al fine di stimolare una risposta da parte dei destinatari, i quali sono preventivamente selezionati da una mailing-list. L’ impiego del telemarketing, infine, avviene grazie all’ uso del telefono e del personale di contatto (call center), che trasmette proposte di offerte di servizi turistici locali a clienti ben selezionati. Le forme di comunicazione, molto spesso vengono usate in combinazione tra loro, ad esempio si può fare la promozione delle vendite attraverso l’ advertising o il direct marketing, 4.7. I mezzi e i veicoli di comunicazione del territorio A completamento dell’ impianto metodologico del comunication mix, è necessario comprendere adeguatamente i termini del rapporto tra forme, mezzi e veicoli. I mezzi costituiscono i canali “generici”, di comunicazione, tramite i quali viene veicolato il messaggio ai pubblici destinatari. I mezzi vengono selezionati in rapporto alla forma di comunicazione che si intende attivare, a sua volta raccordata all’ area di comunicazione scelta.109 La trasmissione del messaggio attraverso il mezzo di comunicazione richiede molto spesso anche l’impiego di 108 Un’ulteriore sub-modalità del direct marketing è il direct response advertising (pubblicità a coinvolgimento diretto), il quale comporta l’utilizzo dei tradizionali media con approcci ed obiettivi diversi, vicini ad direct marketing. Il direct response advertising mira ad ottenere risposte immediate e misurabili, attraverso lettere e tagliandi ( coupon) presenti su riviste di settore, telefonate digitando un numero verde ed e-mail, Kotler P, Scott W, op cit, 882-883. 109 Ad esempio se si mira ad aumentare la frequenza di acquisto di un territorio, una modalità di acquisto valida può essere l’advertising. A questa va associato un mezzo adatto a contattare il target di turisti su cui si intende intervenire. Prendendo in considerazione il prodotto territorio, la scelta del mezzo stampa periodica permette di utilizzare una rivista attinente al settore dei viaggi e del turismo e, di conseguenza, il segmento degli acquirenti dei luoghi, rappresentato dai lettori di tale rivista. In aggiunta la stampa periodica. In aggiunta la stampa periodica consente di veicolare un messaggio contenente informazioni dettagliate sui possibili incentivi, destinati ad incrementare la frequenza di acquisto dei servizi del territorio. 184 veicoli, i quali, proprio per il fatto di rappresentare l’ ultimo anello della sequenza del communication mix, hanno la natura di canali specifici110. La marca territoriale non è da considerarsi un mezzo di comunicazione (vale a dire un contenitore), bensì l’elemento fondamentale del messaggio, il “contenuto” da veicolare attraverso i mezzi di comunicazione di volta in volta selezionati. La marca in sé non ha alcun valore, dal punto di vista comunicazionale, se non viene trasmessa attraverso un supporto che ne consenta la percezione da parte dei pubblici e, dunque, la sua valorizzazione in termini di elemento di identificazione Da cui derivano associazioni valoriali e cognitive e relazioni fiduciarie111. Le relazioni pubbliche, invece, rappresentano una forma che comporta l’ impiego di una varietà particolarmente ampia di mezzi. Il principale mezzo utilizzato per la publicity è rappresentato dal comunicato stampa, per la divulgazione delle notizie al vasto pubblico, tramite la televisione, la radio, la stampa e internet. La documentazione informativa presenta una elevata articolazione in funzione dei pubblici destinatari. I folder, i depliant, le brochure, le guide, i CD-Rom possono contenere informazioni per i clienti potenziali ed effettivi, per i co-maker, per gli enti finanziatori. Similmente gli eventi presentano diverse varianti modulate rispetto ai destinatari112: • gli educational tour sono diretti ai residenti e sono destinati alla sensibilizzazione dei cittadini a favore dell’ ospitalità nel territorio; 110 Ad esempio la scelta del mezzo “stampa periodica” da sola non consente di comunicare ai lettori se non si individua come veicolo la testata giornalistica di settore (es Viaggiare), che garantisca la trasmissione del messaggio. 111 Cfr, Siano, op cit pag 25. 112 L’organizzazione e la realizzazione di eventi culturali, d’affari, sportivi o turistici, in un area permette di arricchire questa di significati, di aumentare la notorietà, di ampliarne le occasioni di sviluppo, rafforzando nel complesso l’immagine percepita dai fruitori del territorio. Il vantaggio di tale mezzo è principalmente riconducibile al fatto che gli eventi si fondano, sia nella fase di organizzazione, sia in quella di promozione al target di consumatori, su reti di attori che si aggregano intorno ad un’idea guida. Cfr Zara C, la valutazione della marca. Il contributo del brand alla creazione del valore d’impresa, Etas libri, Milano, 1997, pag 59. 185 • le fiere e le borse del turismo consentono di contattare adeguatamente i distributori dei servizi turistici e sviluppare relazioni di partnership (tour operator) e reti di agenzie viaggi; • i meeting favoriscono l’incontro con gli opinion leader e opinion maker al fine del loro coinvolgimento. • La presentazione degli itinerari turistici, le giornate di valorizzazione del territorio, i raduni di escursionisti e sportivi, le mostre mercato di prodotti tipici locali rappresentano invece, eventi di vario tipo destinati al pubblico dei clienti finali del territorio. Infine il mezzo internet risulta ampiamente utilizzato per le relazioni pubbliche nei contatti con gli enti finanziatori, con i co-maker, con i clienti attuali e potenziali. La comunicazione in rete può garantire commercializzazione di servizi e visibilità al territorio a costi accessibili. In particolare va ricordato che gli agrituristi (o almeno buona parte di essi), non rientrando nella figura dei turisti massificati, sono alla ricerca di precise condizioni di offerta del territorio per cui hanno una elevata propensione di ricerca di informazioni attraverso internet. L’advertising implica l’uso di mezzi che comportano un contatto non interpersonale e un flusso comunicativo unidirezionale. Come tale impiega la stampa quotidiana e periodica del settore turistico, la radio, la televisione, la cartellonistica. Anche i mezzi pubblici di trasporto vengono utilizzati nell’ advertising. Si può ricorrere a mezzi nazionali (ad esempio il treno) o locali (ad esempio l’autobus) per contattare, rispettivamente, i turisti, nella comunicazione di marketing, e i residenti, nella comunicazione ai residenti. A differenza della pubblicità classica, l’e-advertising fa uso di mezzi digitali: internet e telefonia wireless. Internet, in particolare è utilizzato per comunicare attraverso il sito portale e le e-mail. 186 I mezzi tipicamente utilizzabili per le promozioni delle vendite, sono gli sconti alberghieri, i transfer gratuiti e gli altri tipi di incentivi all’ acquisto. Le promozioni possono essere proproste anche attraverso i mass media (stampa, radio, televisione, nell’ ambito di pubblicità promozionali) e gli eventi promozionali, oltre che tramite il telefono, la mail, internet e la telefonia wireless. In particolare la rete può garantire promozioni attraverso l’agenzia viaggi on line last minute, da cui può inoltre derivare la possibilità di inserire i turisti in apposite mailing list (anche dei soggetti che chiedono semplicemente informazioni), da utilizzare per future offerte promozionali. I principali mezzi di comunicazione delle sponsorizzazioni sono rappresentate dagli eventi, i quali comportano contatti interpersonali face to face e contatti non interpersonali. Nel primo caso sono destinate ai soli partecipanti; nel secondo caso, pur essendo svolti in una specifica sede, agli eventi partecipa il vasto pubblico attraverso collegamenti resi possibili con l’ impiego di mass media (es. una trasmissione televisiva in diretta) che amplifica gli effetti comunicativi degli eventi stessi113. Dopo che sono stati selezionati i mezzi, per ciascuno di questi vanno scelti i veicoli più adatti, vale a dire gli elementi che rappresentano i canali specifici di comunicazione del territorio e costituiscono l’ultimo anello della catena delle decisioni per la comunicazione del mix di comunicazione. 114 Oltre ai veicoli tradizionali, interessanti opportunità di comunicazione sono offerte dai portali e le comunità virtuali. 113 L’uso di mass media fa si che l’evento sponsorizzato estenda i suoi effetti ad un’audience di portata ben maggiore rispetto al pubblico dei presenti nel luogo in cui avviene l’evento. 114 Se ci si ferma ai mezzi (canali generici), non è possibile implementare il piano di comunicazione. Senza considerare i veicoli non è sufficiente a consentire all’ente territoriale di attuare in concreto, la propria comunicazione. La scelta del mezzo stampa comporta ad esempio la scelta della testata giornalistiche (quotidiane o periodiche), sulle quali trasmettere concretamente il messaggio; allo stesso modo, la scelta del mezzo televisivo comporta la selezione dell’emittente o delle emittenti attraverso le quali trasmettere il messaggio. 187 Le comunità virtuali sono abbastanza utili in quanto permettono di contattare pubblici selezionati che condividono gli stessi interessi, esperienze, finalità, che utilizzano la rete per scambiarsi informazioni e suggerimenti, confrontarsi su argomenti specifici, ed eventualmente pianificare attività in comune. Come tali, rappresentano veicoli assai utili per la comunicazione commerciale e per il rafforzamento dell’ immagine e la reputazione di un territorio. 4.7.1. Esempi di possibili veicoli di comunicazione territoriali Tabella n°4: Veicoli per la comunicazione territoriale Veicoli Esempi Emittenti televisive regionali Testate giornalistiche e periodici Emittenti televisive satellitari Emittenti radiofoniche regionali Localizzazioni degli espositori per affissioni e cartellonistica Manifestazioni Tvrs, Tv centro Marche, Rai Tre, Corriere Adriatico, la Voce delle Marche, Corriere News, Alice (Sky), canale monotematico “Marco Polo” Radio Fm Faleria Mare, Radio Smile, Radio Fermo uno all’ ingresso/uscita dell’autostrada e delle stazioni ferroviarie. Maratona del Piceno, Rassegna Musicale Jazz di Marca (Sant’ Elpidio a Mare); il Veregra Street Festival (Montegranaro), Valdaso in Festa (Rubbianello), le Stagioni del pesce Amare il Mare (Porto San Giorgio), Festival della musica (Rubbianello), Giochi tra comuni, Note per una notte d’estate (Sant’ Elpidio a Mare), Music Summer (Altidona), Palio di San Pietro (Monte San Pietrangeli), Week end di Judo Olimpico (Porto San Giorgio), Gran Premio dell’ Adriatico, concorso kermesse di purosangue arabi (Porto Sant’ Elpidio), il Barocco nel Fermano (Fermo), Circuito delle erbe, le erbe della salute (Smerillo), Torneo nazionale di arco storico (Grottazzolina), Arte e Gusto (Sant’ Elpidio a mare), Festival della Musica (Monterubbiano); Valtenna Bike (Belmonte Piceno), Moda Marche (Falerone) Arte e Gusto (Sant’ Elpidio a Mare), Tutto un gioco (Massa Fermana), Palio di San Pietro (Monte San Pietrangeli) 188 Sagre Sagra dei vinci sgrassi (Monte Urano), Birra e Pizza a curetta (Servigliano), Festa della birra (Massa Fermana), Sagra degli spaghetti e gnocchetti con sugo di pesce e cozze in guazzetto (Monte Urano), Sagra dell’ oca arrosto (Rapagnano), sagra maltagliati e zampette di maiale (Belmonte Piceno), Sagra del gelato artigianale (Monte San Pietrangeli), Sagra della spolpatura (Monte Vidon Corrado), Sagra degli arrosticini (Monterubbiano), Sagra degli gnocchi (Monsmpietro Morico), Fiere, Borse turistiche Tipicità 2010, la vetrina di Tipicità e Made in Marche gallery, mostra mercato arte e sapori (Fermo), Bit di Milano, Micam, Liberamente di Ferrara, Cibus di Parma, Padova-Vacanze week end. Mercatini Tesori in strada (Porto San Giorgio), Mercato dell’ artigianato e dell’ antiquariato (Fermo), Mercatino della calzatura e dell’ artigianato (Monte Urano), Moroscottadito (Lido di Fermo), Musical Beer fest (Grottazzolina), Arte in vetrina (Porto Sant’ elpidio), Mercatino dell’ artigianato (Torre di Palme), Escursioni Escursione Sibilla, percorso escursionistico lungo il grande anello dei Sibillini (120 km), percorsi da eseguire in mountain bike da eseguire in 4-5 giorni. Portali tematici www.turismo.regione.it, www.tipicità.it, www.laviadellascarpa.it, www.confindustria.fermo.it, www.marcafermana.it. Motori di ricerca Comunità virtuali Google, altavista, Yahoo, Facebook Fonte: elaborazione personale 189 Per quanto riguarda l’emittente televisivo, Uno Mattina in casa Rai manderà in onda nella stagione estiva due puntate in cui si parlerà delle bellezza della regione e si cercherà di analizzare le principali offerte del territorio. Stesso modusoperandi verrà utilizzato dal canale turistico monotematico della piattaforma Sky “Marco Polo”, nel quale dalla prima metà di luglio verranno trasmessi degli speciali. 4.8. Le tipiche combinazioni aree-forme-mezzi della comunicazione del territorio. Tabella n°5: Aree-forme-possibili mezzi della comunicazione Aree di comunicazione Forme di comunicazione Comunicazione economicafinanziaria di lobbying Relazioni pubbliche comunicazione di marketing advertising e-advertising Promozioni delle vendite Direct marketing Possibili mezzi e veicoli di comunicazione documentazione informativa (rendicontazione di finanziamenti comunitari/regionali), comunicati stampa, eventi (meeting, conferenze stampa, presentazioni alla stampa specializzata e ai potenziali investitori business, etc), internet (email, marketing), telefono, mail. Stampa quotidiana e periodica di settore, radio, televisione, cartellonistica, mezzi pubblici, di trasporto. internet, portale telematico sito web, telefonia wireless. Sconti alberghieri, transfer gratuiti, altri tipi di incentivi. telefono, mail, internet (email marketing), telefonia wireless 190 Relazioni pubbliche Comunicazione istituzionale del territorio Relazioni pubbliche sponsorizzazioni advertising Comunicazione ai co-maker e-advertising Relazioni pubbliche Comunicati stampa, redazionali, e publiredazionali (per stampa radio e televisione), documentazione informativa (folder, brochure, depliant, guide, cd rom), cartine tematiche, eventi (presentazione degli itinerari turistici, valorizzazione del territorio, raduni di escursionisti e di sportivi, mostre mercato di prodotti tipici locali, road show/workshop di settore o a tema, partecipazione a fiere o borse del turismo, stand fieristico). Internet (siti degli attori territoriali, e link sul portale turistico della regione Marche). Comunicati stampa e redazionali, (per stampa, radio e televisione), documentazione informativa, folder, depliant, brochure, guide, cd ROM), cartine tematiche, eventi, presentazione degli itinerari turistici, giornate di valorizzazione del territorio, raduni di escursionisti e sportivi, mostre mercato di prodotti tipici locali, road show/workshop di mercato di settore o a tema, partecipazione a fiere o borse del turismo, stand fieristico, presentazione annuale delle varie offerte turistiche), internet (siti degli enti e link sul portale turistico della Regione Marche) eventi, convegni, internet. stampa quotidiana e periodica, radio, televisione, affissioni, cartellonistica, mezzi di trasporto pubblici. internet Documentazione informativa 191 (carta dei servizi, carta dei valori guida, manuale di qualità per le imprese, e la pubblica amministrazione locale, carta intestata), affissioni, eventi, (conferenze stampa e press tour, educational tour, meeting, fiere e borse del turismo, formazione), internet, telefono, mail, internet (e-mail marketing). Fonte: elaborazione personale Una volta implementato, il piano di comunicazione necessiterà di momenti di verifica, al fine di essere in linea con gli obiettivi generali e specifici e con le aspettative dei pubblici di riferimento. Sarà dunque utile avviare una periodica attività di monitoraggio e verifica dei risultati che consentirà di valutare alcuni aspetti fondamentali: • l’ impatto e il gradimento delle iniziative di volta realizzate; • l’adeguatezza del mix forme-mezzi-veicoli di comunicazione selezionato; rispetto al target di pubblici destinatari dei messaggi; • il livello di visibilità e notorietà del brand territoriale; • l’immagine del territorio percepita (place image). Sulla base delle indicazioni di feed-back che emergeranno dal monitoraggio, si potrà rendere necessario intervenire con azioni correttive, destinate a modificare in senso migliorativo, a seconda dei casi, le caratteristiche distintive del territorio (place personality), il posizionamento, le modalità di rappresentazione simbolica (brand) o testuale (key word) del territorio (place identity) e/o i canali di comunicazione utilizzati (comunication-mix), secondo le prescrizioni, più volte richiamate, del modello di identity management applicate al territorio. 192 Conclusioni Gli importanti mutamenti avvenuti e tuttora in corso nell’economia mondiale hanno delineato un contesto competitivo, che privilegia i soggetti capaci di disegnare complesse ma coerenti strategie multimercato e multi prodotto115. L’innovazione ha perso il carattere di eccezionalità ed è diventata condizione ordinaria di sopravvivenza dell’impresa sul mercato. Si tratta di innovazione tecnologica e non solo: è anche necessariamente innovazione organizzativa dell’impresa nel suo complesso. Si pensi in particolare alle strategie di marketing cui compete di presidiare i posizionamenti di mercato: è questo un ambito in cui la tensione al cambiamento appare oggi massima, esprimendosi in radicali processi di ristrutturazione delle reti di commercializzazione e distribuzione, oltre che in continue innovazioni nelle forme di comunicazione e di sostegno ai marchi individuali e locali. Cruciali sono inoltre i processi di internazionalizzazione che sempre meno consistono in generiche propensioni alle esportazioni e sempre più affidati a presenze sui mercati esteri (sia commerciali che produttive attraverso accordi o investimenti diretti), caratterizzate da consapevolezza strategica e stabilità nel tempo. L’internazionalizzazione appare nella maggior parte dei settori la strada maestra per un reale percorso di crescita dei volumi produttivi, ma anche un passaggio essenziale per garantire all’impresa opportunità di apprendimento, che ne consolidano e rafforzano il profilo strategico e competitivo. L’impresa flessibile, innovatrice e globale sembra un traguardo troppo distante dalla realtà locale della piccola impresa. Nello stesso distretto industriale il passaggio da una fase di concorrenza di prezzo con moderati e prevedibili mutamenti di prodotto ad una fase di mutamenti radicali nei prodotti, nei processi e nei mercati ha messo duramente alla prova il sistema di relazioni tra imprese, su cui si fondava il 115 Scott A.J., Storper M., Regional development reconsidered, working paper UCLA, Los Angeles. 193 successo di quel modello flessibile di produzione. Anche le imprese minori che derivano il loro vantaggio da un opportuno posizionamento di nicchia, possono ora difendere i propri spazi, drasticamente ridotti dalla rinnovata flessibilità delle grandi imprese, solo con un chiaro dominio tecnologico dei processi e dei prodotti. Infine, le imprese minori, collocate nell’area della subfornitura sono sottoposte a crescenti pressioni ed ampie selezioni tese a premiare quelle e solo quelle che riescono a rispondere con costosi e complessi adeguamenti tecnologici e organizzativi, alle sempre più stringenti esigenze dei produttori finali relative agli standard qualitativi ed all’affidabilità dei tempi e dei modi dei cicli esterni. La piccola impresa, resta tuttavia, pur con queste oggettive difficoltà, la spina dorsale dell’apparato produttivo ed un’insostituibile motore di ricchezza, di occupazione e di innovazione nella società italiana. Alla politica industriale spetta tradurre questa constatazione in scelte operative. E’ in particolare evidente che la competitività della piccola impresa non possa essere più sostenuta, se non occasionalmente, con provvisori vantaggi di costo o con più o meno artificiali protezioni, ma al contrario che essa possa essere sorretta solo dalla capacità delle imprese di interagire con l’ambiente che le circonda e di dar vita a relazioni e flussi di conoscenza che esse siano in grado realmente di gestire116. Non realizzandosi queste condizioni, l’impresa di minore dimensione è marginalizzata dai circuiti di crescita e tendenzialmente soccombente. In questo contesto, gli spazi della politica industriale a favore dell’impresa di minore dimensione tendono a differenziarsi radicalmente rispetto ad una lunga tradizione che voleva l’intervento pubblico essenzialmente come sovvenzione compensativa degli svantaggi dimensionali. Diventa invece rilevante la capacità dei soggetti pubblici di favorire, rinsaldare, costruire reti di relazioni tra le imprese e di rafforzare e rinnovare quegli assets collettivi che rendevano a tuttora possono continuare a 116 Rullani E., Piccole imprese e politica industriale. I nodo prossimi venturi, in “Oltre il ponte”, IRES-Veneto, n°47, 1994. 194 rendere competitivi i sistemi di piccole imprese. Non è tuttavia sufficiente limitarsi a valorizzare la competitività dei sistemi di piccola impresa attualmente esistenti e delle imprese che vi operano. E’ innanzi tutto essenziale garantire la vitalità nel medio-lungo periodo predisponendo condizioni ed opportunità per il continuo rinnovo dei soggetti imprenditoriali, che comporti un’ arricchimento qualitativo e quantitativo dei sistemi locali. C’è bisogno di nuovi imprenditori nei sistemi locali di piccola impresa per avere più imprenditori e per avere imprenditori diversi, in modo tale che i sistemi locali abbiano una migliore capacità di risposta al susseguirsi delle sfide competitive. La provincia, ha infatti creato un progetto, chiamato Colombo, per favorire e sostenere la creazione di nuove imprese, che ha richiesto un investimento complessivo di 1.430.000 euro. Tra i firmatari del progetto vi sono: la camera di commercio di Fermo, Fondazione Cassa di risparmio di Fermo, Gal fermano, Cosif, oltre ad associazioni di categoria quali Confindustria Fermo, Confartigianato, C.N.A Fermo, Confapi Fermo, Confcommercio Fermo. A disposizione dei beneficiari verrà messo a punto un percorso integrato che comprenderà: orientamento per la messa a punto dell’idea imprenditoriale, servizi per la redazione della modulistica e del piano d’impresa, rimborso spese costitutive, finanziamento bancario fino a cinque anni a condizioni vantaggiose, garanzia del finanziamento bancario, copertura dei costi di garanzia, contributo a fondo perduto sulle spese di gestione del primo anno di attività, servizi per le incubazioni delle imprese, servizi di tutoraggio a 3/6/12 mesi dall’avvio dell’attività. La dimensione territoriale della politica industriale non significa quindi, la predisposizione esclusivamente di interventi di riequilibrio finalizzati al sostegno delle aree più svantaggiate, quanto piuttosto di iniziative, che avendo come oggetto un territorio con proprie peculiarietà economiche, sociali e politiche, agiscano sulle capacità locali per creare opportunità di crescita e di ampliamento delle relazioni civili e produttive 195 esistenti. A fronte di una crescente complessità dei problemi e delle relazioni dello sviluppo risulta di importanza strategica implementare un’infrastruttura istituzionale altrettanto ricca, articolata e diffusa sul territorio. Un elemento caratterizzante questa nuova impostazione è infatti rappresentato da una sorta di “privatizzazione” delle politiche di sviluppo: sempre più organismi tecnici e ausiliari (quali le università o le camere di commercio), le istanze collettive della società civile (quali le associazioni imprenditoriali e i sindacati), le imprese stesse, si affermano come soggetti attivatori degli interventi di promozione economica territoriale. Ci si trova di fronte ad un diffuso pluralismo che ha superato nettamente la contrapposizione tra pubblico e privato verso l’identificazione di soggetti collettivi che assumono ruoli operativi fondamentali nella configurazione e nella gestione delle politiche. Per quanto riguarda il turismo, la programmazione del sistema turistico locale è affidato all’ associazione Marca Fermana, composta da diversi enti e sodalizi e che tra gli obiettivi ha quello di attuare la collaborazione tra soggetti pubblici e privati in azione di integrazione e sviluppo delle politiche di sviluppo locali. Marca Fermana lavora in tre direzioni: una è quella della promozione, che attua partecipando a varie manifestazioni fieristiche sia da sola che con le altre istituzioni quali la regione, la provincia, la camera di commercio ed altre ancora. E’ presente sia nelle fiere di settore che nei centri commerciali o in altre location che sono idonee per far promuovere e conoscere il territorio, portando documentazione promozionale e quant’altro utile per diffondere le sue particolarità, valorizzarlo e farlo conoscere. In secondo luogo c’è il settore dell’accoglienza che viene fatto in sinergia con i comuni, con le pro-loco e con tutte le altre organizzazioni che nel territorio sono deputate ad organizzare iniziative di accoglienza. Infine c’è l’attività di informazione realizzata attraverso gli uffici informativi che sono stati potenziati insieme alla produzione di materiale 196 che il turista può utilizzare. La collaborazione degli stakeholder coinvolti, nelle varie iniziative, deve consentire, per rendere il sistema competitivo, di perseguire i seguenti obiettivi: • guidare le imprese del settore verso standard qualitativi sempre più alti, diffondendo la mentalità e la cultura della qualità e del controllo delle performance • fornire alle autorità pubbliche elementi sostanziali per la programmazione economica e coinvolgerle direttamente nell’elaborazione dei piani di marketing. Per lo sviluppo di piani di marketing potrà essere necessaria la costituzione di sub-organi preposti alla realizzazione di analisi di mercato, indagini sui turisti ed individuazione di potenziali di sviluppo in nuovi mercati. Inoltre tale funzione dovrà curare la preparazione e la redazione di piani di marketing per il lancio di prodotti compositi. A tal fine, l’attività potrà essere svolta principalmente dalle rappresentanze delle categorie di operatori turistici coinvolti, con l’ausilio di esperti di marketing esterni. Il miglioramento del livello qualitativo dell’offerta richiederà l’istituzione di: • un osservatorio di ricerca permanente, con l’ausilio di ricercatori specificatamente preposti a tale funzione; • una sezione di formazione ed assistenza, che necessiterà dello sviluppo di relazioni con istituti universitari, centri di ricerca e categorie degli operatori. Obiettivo principale di tale funzione, infatti sarà quello di creare un maggior raccordo tra attività professionale ed attività di ricerca, nonché di promuovere lo sviluppo di relazioni, anche a livello internazionale, con enti ed università straniere. Il tipo di organizzazione di una struttura cosi impostata sarà prevalentemente per progetto, nell’ambito delle funzioni appena delineate, in modo da rendere flessibile la struttura, in funzione delle effettive esigenze per il 197 settore a livello locale. Tale configurazione, inoltre, potrà fondare su competenze e risorse umane impegnate nelle diverse iniziative in funzione della partecipazione agli specifici progetti. Questa scelta consentirà, quindi di disporre di una struttura snella e di puntare anche sulla mobilità e fungibilità delle risorse umane coinvolte nelle iniziative. L’affidamento della direzione ad un soggetto esperto appositamente prescelto potrebbe consentire di contemperare interessi non sempre omogenei tra i diversi soggetti che partecipano all’iniziativa, favorendo un maggior equilibrio negli orientamenti strategici e garantendo allo stesso tempo uno spirito imprenditoriale, manageriale e non politico dell’iniziativa. La separazione tra proprietà e management, infatti, come avviene in tutte le strutture di medie dimensioni, potrà consentire di salvaguardare gli interessi variegati della proprietà, nel pieno rispetto dei principi di efficacia ed efficienza della gestione. 198 Bibliografia Adornato F., Sviluppo integrato e risorse del territorio, Franco Angeli, Milano, 2006. Aiello G., Donvito R., L’evoluzione dei network per il marketing Territoriale e l’attrazione degli investimenti, 3° Convegno Società Italiana Marketing, il marketing dei servizi, 24-26 novembre 2006. 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