Sport: dieta ipocalorica o dieta di segnale?

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Sport: dieta ipocalorica o dieta di segnale?
Inviato da di Francesco Garritano
Ultimo aggiornamento giovedì 18 giugno 2015
Come perdere grasso in eccesso, mantenendo una buona struttura muscolare? E' il dilemma dello sportivo, che cerca
tutte le vie possibili per allenarsi al meglio e incrementare la possibilità di una buona performance. E rientra in ballo il
discorso calorico
Il movimento e l’azione sono due parole chiave nel mondo dello sport e niente, quindi, come la massa muscolare,
è tanto importante da dover essere tutelata in un atleta!
E allora, che succede se l’atleta ha bisogno di perdere peso per le necessità richieste dallo sport che pratica o
semplicemente per migliorare la sua forma fisica?
Succede da sempre che gli viene somministrata una semplice dieta ipocalorica con lo scopo di far perdere peso in poco
tempo e raggiungere, così, l’obiettivo preposto.
La dieta ipocalorica però provoca danni non indifferenti all’organismo dello sportivo perché sì, permette di diminuire
il peso, ma spesso si tratta di una perdita di massa magra che risulta, invece, fondamentale per le prestazioni e per la
salute psico-fisica dell’atleta.
Le diete ipocaloriche sono, ahimè, le più diffuse, perché propongono una soluzione rapida ma spesso fallimentare, che
è la restrizione calorica, che non soddisfa il fabbisogno energetico del soggetto ma provoca, al contrario, vari danni a
livello psicologico, tiroideo, ormonale e muscolare, per non parlare della riacquisizione del peso, perso in un primo
momento.
La riduzione di ingestione alimentare non è la corretta via per la diminuzione di peso che risulta corretta quando agisce
sulla sola massa grassa, mantenendo inalterata la massa magra.
La massa magra è fondamentale nel periodo di dimagrimento perché contribuisce a mantenere il metabolismo basale, il
controllo glicemico e l’ossidazione dei lipidi. Il tessuto muscolare, rappresentando il 40% del peso corporeo, in
quanto tessuto più esteso, compone la maggioranza della massa magra di un corpo umano. Per questo motivo, il suo
mantenimento o l’accrescimento richiede una spesa energetica notevole, soprattutto nel caso degli sportivi, e
risulta fondamentale dal momento in cui è fortemente correlato con il metabolismo: preservare la massa muscolare è,
infatti una buona precauzione per l’obesità.
Nello sportivo, perdere massa muscolare in seguito ad una restrizione dietetica, significa anche maggior rischio di
infortuni e riduzione qualitativa delle performance sportive. Quindi si tende, in associazione con la restrizione calorica, ad
aumentare l’apporto proteico rispetto al normale, per contenere la perdita del magro, preservare il metabolismo e
evitare un eccessivo aumento del grasso.
Con la perdita di massa magra, infatti, si altera il metabolismo basale, che vede ridursi anche con l’ipocaloricità:
questa riduzione comporta, poi, una riduzione in velocità nella perdita di grasso proprio per un mal funzionamento del
metabolismo basale.
Queste sono tutte le ragioni che ci portano dritti a valutare negativamente il BMI (o IMC Indice di Massa Corporea),
basato solo su peso e altezza che stima una situazione di normopeso, obesità o sottopeso, ma senza tener minimamente
conto di massa grassa, massa magra e quindi, di massa muscolare.
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E da qui la critica alle diete ipocaloriche che dovrebbero lasciar posto a nuove terapie dietetiche rappresentate dalle
diete di segnale.
La dieta di uno sportivo, considerata la notevole spesa energetica, deve soddisfare innanzitutto il suo fabbisogno
calorico, preservare la sua massa muscolare e quindi il fabbisogno proteico, senza tralasciare tutti gli altri nutrienti che
prendono parte di una dieta variata.
La soddisfazione della richiesta energetica e proteica ha un effetto positivo a livello centrale, in particolare
sull’ipotalamo attivando la secrezione della leptina, un ormone anoressizzante che a sua volta attiva gli assi
ipotalamici di tiroide, muscoli, ormoni sessuali e surrene.
Nasce allora, la dieta di segnale che si preoccupa di fornire allo sportivo una dieta che mantenga la sua massa magra e
preservi il suo tono muscolare e che lo faccia stare bene psicologicamente, proprio per l’azione a livello centrale.
Il protagonista della dieta di segnale è la leptina che regola le modalità di accumulo e consumo dell’ipotalamo. Un
buon funzionamento a questo livello permette all’ipotalamo di decidere di “consumare” piuttosto che
”accumulare”, come accade, invece, dopo periodi di digiuno o restrizione calorica.
La leptina è prodotta, soprattutto, dal tessuto adiposo e va a segnalare all’ipotalamo di inibire l’introito
alimentare: per questo motivo è simbolo di un’attivazione metabolica non indifferente.
Rispetto alle diete ipocaloriche, la perdita di peso è meno evidente a parità di tempo, dovuta a un contemporaneo
aumento di massa muscolare, dato proprio dall’attivazione, a livello ipotalamico, dell’asse metabolico
muscolare attivato dalla stessa leptina.
La dieta di segnale è, quindi, completa e lavora a più livelli metabolici in modo sinergico.
Un atleta, che si approccia a questo tipo di dieta, non si ritrova a seguire un piano alimentare con un ridotto apporto di
cibo che tra l’altro lo rende nervoso, demuscolato e poco sano, ma si approccia a un nuovo stile di vita.
Francesco Garritano
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Letture consigliate:
Art. “DietaGIFT applicata allo sportivo”(di Luca Speciani)
Art. “Il potenziamento muscolare ” (Staff dietaGIFT)
Libri: “Oltre l'alimentazione dello sportivo”
Lettera: “Allenamento e dietaGIFT: come organizzarsi? ” (di Antonella Carini)
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