MACCHINE, MANUBRI, BILANCIERI e ALTRO METODOLOGIA DELL’ALLENAMENTO Carlo Varalda Federazione italiana pesistica, Roma L’uso dei sovraccarichi nella preparazione fisica sportiva Dopo una introduzione sul ruolo dei sovraccarichi nella preparazione sportiva attuale, con particolare riferimento alla loro utilizzazione con i giovani, si espongono brevemente le modificazioni indotte dall’allenamento con i sovraccarichi e si analizzano i vari mezzi di allenamento che possono essere utilizzati (macchine, bilancieri, manubri, cavi, elastici). Si trattano poi le modalità attraverso le quali si può ottimizzare l’uso dei sovraccarichi e il ruolo che svolgono nella preparazione fisica gli esercizi della pesistica e gli esercizi adattati da essa. Si illustra quale sia la progressione didattica degli esercizi della cultura fisica e e vengono esposte alcune riflessioni conclusive sull’allenamento della forza. FOTO ARCHIVIO FIPE SdS/Scuola dello Sport Anno XXXIII n.102 • 2014 51 Introduzione SdS/Scuola dello Sport Anno XXXIII n.102 • 2014 52 L’uso dei sovraccarichi nella preparazione fisica sportiva è divenuto estremamente importante, in quanto è attraverso l’incremento della forza muscolare che siamo in grado di migliorare la capacità prestativa di un atleta. Ciò vale per qualsiasi tipologia di attività sportiva, in quanto gli studi effettuati dimostrano che il miglioramento di questa capacità condizionale consente un sensibile risparmio energetico, un miglioramento dell’esecuzione del gesto tecnico e della capacità di rispondere più facilmente alle correzioni tecniche richieste dall’allenatore, ecc. Tuttavia, un idoneo allenamento della forza presuppone una approfondita conoscenza dei mezzi e metodi di lavoro e la loro corretta applicazione a seconda della disciplina per la quale prepariamo un atleta. Applicare in maniera approssimativa i principi dell’allenamento porta ad infortuni, più o meno gravi, che condizionano il regolare svolgimento della programmazione dell’allenamento e modificano, anche in maniera evidente, i tempi della periodizzazione. Un’altra conseguenza dell’uso non corretto dei sovraccarichi può essere l’overtraining. Le attuali linee guida della ACSM (American College of Sport Medicine, l’associazione dei medici sportivi statunitensi), che si sono evolute negli anni che vanno dal 1998 al 2002, si rivolgono principalmente a migliorare la condizione di salute e il benessere in adulti sani non allenati. Nel 1998, all’interno di un programma di lavoro cardiovascolare, anche per esso veniva proposto un blando allenamento con i sovraccarichi che prevedeva 3 serie da 15 ripetizioni per i principali gruppi muscolari, con una frequenza di due volte a settimana. Nel 2002, le linee guida hanno dato un deciso slancio all’utilizzo dei sovraccarichi, consigliando di eseguire, per 3 volte a settimana, 3 serie da 8 ripetizioni per gruppo muscolare con un carico dell’80% di 1RM (1 ripetizione massimale). Infine, l’allenamento con i sovraccarichi per i giovani ha cominciato a essere considerato un importante strumento per supportarne la crescita fisica e allargare quella base di capacità motorie che sono utili per qualsiasi disciplina sportiva. Il grande vantaggio dell’uso dei sovraccarichi nei giovani è quello di incrementare le capacità di risposta organica e muscolare a qualunque tipo di movimento, permettendo loro di accedere anche ad altre discipline sportive, avendo comunque una solida base di partenza, che consente di acquisire facilmente e perfezionare i gesti tecnici specifici. Inoltre, attraverso l’allenamento con i sovraccarichi, il giovane comincia a capire cosa vuol dire gestire il proprio corpo mentre è alle prese con un attrezzo. L’American Academy of Pediatrics (l’associazione professionale dei pediatri statunitensi) si è occupata di studiare l’effetto del lavoro con il sovraccarico nei ragazzi in età pediatrica (fino ai quattordici anni circa) per poi fornire indicazioni relative all’allenamento. Nel giornale Pediatrics del 2008 si approfondisce quanto già indicato nel 2001: “l’allenamento della forza include l’uso di pesi liberi, macchine con pesi, elastici o l’uso del peso del corpo”, i benefici dell’uso dei sovraccarichi si evidenziano in: “incremento della prestazione sportiva, prevenzione degli infortuni, recupero dagli infortuni, salute sul lungo periodo. Come l’attività fisica generale, l’allenamento della forza mostra effetti benefici sull’indice dello stato di salute, sulla composizione corporea, sulla densità ossea, sui grassi nel sangue, sulla salute mentale. ...L’allenamento contro resistenze deve essere inserito nei programmi per il controllo del peso per i giovani in sovrappeso…”(AAP 2008). Le indicazioni parlano di due volte a settimana per l’allenamento della forza; il programma deve essere strutturato in funzione delle capacità del ragazzo e deve presentare una progressività che parte dall’insegnamento della corretta esecuzione dell’esercizio, elemento a nostro avviso fondamentale, e un incremento graduale del carico, rispettando le caratteristiche fisiologiche proprie della fascia di età considerata. Poiché si tratta di giovani è ancora più importante parlare di allenamento individualizzato: negli sport di squadra, ad esempio, ci possiamo trovare ad allenare ragazzi di età differente, o anche ragazzi nati nei primissimi mesi dell’anno ed altri nati alla fine dello stesso anno. Per cui le caratteristiche individuali e il grado di sviluppo possono essere decisamente diversi e ciò è vero quanto più ci si avvicina al periodo puberale. Ecco dunque l’importanza, nella preparazione di un tecnico, della conoscenza degli aspetti dello sviluppo dei giovani oltre che delle competenze specifiche sull’allenamento con i sovraccarichi. In questa fase dell’accrescimento è da considerare anche la diversità tra la popolazione femminile e maschile non solo per l’aspetto dello sviluppo fisico, ma per il differente sviluppo delle capacità coordinative. In un programma di lavoro per l’incremento della forza non si deve mai dimenticare l’importanza di queste capacità, indispensabili sia per l’acquisizione del gesto tecnico sia per la riduzione dei rischi di infortunio. È bene ricordare che l’allenamento per la forza con i giovani va impostato con esercizi pluriarticolari e con una escursione articolare la più ampia possibile, compatibilmente con le capacità funzionali del soggetto, che saranno testate nella fase iniziale del percorso di allenamento. Modificazioni indotte dall’allenamento con i sovraccarichi La stimolazione dell’apparato muscolare attraverso l’uso dei sovraccarichi è in grado di produrre adattamenti acuti e cronici molto utili per la preparazione fisica di un atleta. Per analizzare gli effetti dell’allenamento con i sovraccarichi è sufficiente eseguire un test di valutazione, ad esempio lo squat jump, prima e dopo una seduta di allenamento per verificare in maniera immediata se lo stimolo è stato della giusta intensità per provocare un adattamento acuto; somministrare lo stesso test all’inizio ed alla fine di un mesociclo di allenamento ci permette di verificare l’adattamento cronico generato dall’allenamento. Gli adattamenti che si generano con l’allenamento con i sovraccarichi sono molto ampi e riguardano: • aspetti neurologici: attraverso l’incremento dell’efficacia dell’impulso nervoso: l’allenamento con i sovraccarichi può aumentare la capacità di attivare più unità motorie; è possibile anche aumentare la frequenza massima di eccitazione dell’unità motoria; infine, è possibile migliorare la sincronizzazione delle unità motorie; • aspetti muscolari, attraverso la modificazione della struttura muscolare quale, ad esempio, l’ipertrofia: l’aumento del tessuto muscolare – quando ciò è consigliabile – avviene solo con un lavoro costante con i sovraccarichi, seguendo i giusti principi di modalità di lavoro e di pause di recupero. L’allenamento con i sovraccarichi può modificare anche la qualità del tessuto muscolare; • aspetti ossei, quali l’aumento della mineralizzazione o almeno la riduzione della perdita di calcio dalle ossa; • aspetti metabolici, attraverso la stimolazione del metabolismo basale: l’allenamento con i sovraccarichi in grande quantità può indurre adattamenti enzimatici glicolitici che aumentano la resistenza muscolare; il lavoro con i sovraccarichi fa perdurare l’innalzamento del metabolismo ben oltre il tempo di lavoro; • aspetti ormonali, attraverso l’aumento della produzione di testosterone endogeno: gli ormoni anabolici (testosterone, Gh, insulina) tendono a stimolare i processi di crescita nei tessuti e sono stimolati con l’allenamento ad alta intensità; • aspetti riguardanti la composizione corporea, attraverso la riduzione del grasso di deposito. Carico rispetto a 1RM Numero ripetizioni Velocità esecutiva Recupero Qualità allenata <50% >15 Lenta e continua Breve Capillarizzazione muscolare 50-60% 15-20 Lenta e continua Breve Eccitazione muscolare 60-70% 12-15 Eccentrica veloce, concentrica lenta Breve Resistenza muscolare 70% 4-6 Esplosiva Lungo Forza 75-85% 6-10 Eccentrica lenta, concentrica veloce Medio Ipertrofia 85-95% 2-5 Lenta e controllata Lungo Forza 100-115% 1-3 Lenta Lungo Forza 53 Nella tabella 1 sono esposte, in maniera essenziale, le modalità esecutive e gli obiettivi del lavoro con i sovraccarichi. Le indicazioni riportate presuppongono, oltre alla capacità di eseguire correttamente gli esercizi, una efficace preparazione di carattere generale sia degli apparati fisiologici che dell’apparato muscolare. Per esecuzione lenta e continua si intende la capacità di avere sempre sotto controllo il movimento del sovraccarico, con la possibilità di fermarne l’esecuzione in qualsiasi momento. Le fasi eccentrica e concentrica del movimento possono essere caratterizzate da differenti modalità esecutive: un tempo di esecuzione eccentrico o concentrico lento, della durata di 4 secondi, e un tempo di esecuzione della fase concentrica o eccentrica veloce, della durata di 2 secondi. Per esecuzione esplosiva si intende, dopo una fase eccentrica controllata e un istante isometrico, una applicazione al sovraccarico della massima accelerazione possibile, quasi a voler “gettare via” il peso con cui si sta lavorando. L’esecuzione lenta e controllata consente, dato il carico elevato, di effettuare un movimento completo come range articolare mantenendo corretta l’esecuzione del movimento fino anche al momento del cedimento muscolare. Rispetto a 1RM, l’esecuzione lenta è condizionata esclusivamente dalla percentuale del carico utilizzato: in realtà, l’atleta cerca di essere il più veloce possibile anche nello spostamento del carico massimale. I mezzi di allenamento Le macchine Le macchine a contrappesi nascono negli anni ’80 e conquistano sempre maggiore spazio con l’evoluzione del mondo delle palestre (cfr. figura 1). Si usano in sostituzione degli esercizi a carico naturale, ove il peso del corpo non permettesse l’esecuzione desiderata: pensiamo ai giovani che ancora non hanno raggiunto uno sviluppo adeguato della muscolatura o a persone scarsamente allenate. Le macchine richiedono una regolazione personalizzata al soggetto che le usa: la regolazione deve mettere il fulcro della macchina in condizione di lavorare allineati al fulcro delle articolazioni interessate dal movimento. Figura 1 – Esempio di una macchina: pressa a contrappesi per il potenziamento degli arti inferiori. Con le macchine è più facile eseguire movimenti su particolari angoli di lavoro e questo permette il loro uso anche come strumento di riatletizzazione dopo un infortunio. Le macchine non richiedono grandi doti di coordinazione e di propriocettività, infatti il movimento risulta guidato e non richiede una grande partecipazione attiva da parte di chi le usa nell’eseguire l’esercizio. Tendenzialmente, ciascuna macchina è realizzata per lavorare con un singolo gruppo muscolare e la meccanica del movimento non richiede una grande conoscenza del proprio schema corporeo. La possibilità di modificare facilmente il carico le rende comode in allenamenti a circuito. Queste attrezzature spesso vengono immaginate come strumento quasi ad esclusivo beneficio delle donne, ma in realtà non esistono motivazioni che giustifichino l’uso o meno di esse secondo il genere dell’atleta. La difficoltà della corretta regolazione delle altezze delle sedute, la non facile regolazione delle ampiezze delle impugnature, le scarse richieste coordinative e, soprattutto, il non uso dei muscoli stabilizzatori durante un esercizio, ci fanno affermare che le macchine non dovrebbero essere considerate come uno strumento di allenamento della forza finalizzato ad una prestazione sportiva. Come già accennato, il loro uso può essere efficace nella riatletizzazione post infortunio, ma anche nelle fasi iniziali della preparazione generale, dove non servono particolari caratteristiche nell’attivazione muscolare. SdS/Scuola dello Sport Anno XXXIII n.102 • 2014 Tabella 1 – Modalità esecutive e obiettivi del lavoro con i sovraccarichi. I bilancieri Il bilanciere è lo strumento più utilizzato nell’allenamento con i sovraccarichi (figura 2). Permette, rispetto alle macchine, un lavoro più concentrato su una porzione muscolare. 54 Anche in funzione di ciò i manubri richiedono, rispetto a quanto visto precedentemente, una coordinazione maggiore, data già dall’indipendenza del movimento dei due arti superiori e una maggiore attenzione alla posizione di lavoro. Con questi strumenti è richiesto un intervento più partecipativo dei muscoli stabilizzatori durante gli esercizi. La non completa disponibilità di tutta la scala del carico (spesso il peso dei manubri “cresce” di 2 kg in 2 kg) frequentemente rende difficile trovare il carico corretto per l’esercizio od il passaggio ad un carico superiore. Risulta complesso lavorare con carichi di un certo rilievo e non è agevole l’assistenza durante l’esecuzione degli esercizi. Gli elastici Costituiscono uno strumento simile ai cavi per quanto riguarda il principio della tensione continua. Consentono lavori a intensità variabile, dato che la resistenza dell’elastico aumenta durante l’arco di movimento. La difficoltà maggiore è data dell’impossibilità di quantificare esattamente il carico e quindi risulta difficile incrementarlo in maniera appropriata alle capacità dell’atleta, anche se in commercio si trovano ampie gamme di elastici con differenti livelli di tensione (figura 4 a,b). I cavi Figura 2 – Esempio di un esercizio con bilanciere: distensione lenta alla panca. Inoltre richiede maggiore capacità di mantenimento della posizione durante l’esercizio. Infatti, non essendo il movimento dell’attrezzo guidato, costringe il sistema posturale a impegnarsi per mantenere il corretto assetto corporeo al variare della posizione del bilanciere nello spazio. Tutto ciò porta anche ad un elevato impegno coordinativo: nell’esecuzione dell’esercizio c’è un maggiore intervento sia dei muscoli stabilizzatori delle articolazioni interessate sia dei muscoli sinergici del muscolo effettore principale. Il bilanciere permette una regolazione del carico più corretta rispetto ad altri attrezzi, anche se in alcuni esercizi, esempio quelli di tirata, il limite all’uso di questo mezzo di allenamento è dato dalla presa della mano. Infatti non sempre si ha la forza necessaria per chiudere la mano e tenere il bilanciere quando si usano carichi abbastanza pesanti. Sicuramente è lo strumento che permette l’esecuzione di qualsiasi tipologia di esercizio. La loro caratteristica principale è la tensione continua che generano nel muscolo durante l’esecuzione dell’esercizio, ma anche nel punto morto superiore ed inferiore (cfr. figura 3). SdS/Scuola dello Sport Anno XXXIII n.102 • 2014 I manubri Questi attrezzi consentono un uso di porzioni maggiori del muscolo, perché durante l’esecuzione dell’esercizio è possibile una escursione del movimento (ROM, range of movement) maggiore; pensiamo ad esempio all’esercizio della panca piana: con il bilanciere il ROM degli arti superiori è limitato a quando il bilanciere tocca il petto. Nell’esercizio con i manubri è possibile invece portarli al di sotto della linea del petto, se l’articolabilità di chi esegue l’esercizio lo permette. Possiamo pensare alla stessa cosa nell’esercizio del rematore in piedi: il bilanciere si ferma al petto, mentre i manubri superano questa linea, sempre se i livelli di mobilità articolare lo permettono. Figura 3 – Esempio di un esercizio con i cavi. Questo garantisce un grande lavoro muscolare, difficilmente ripetibile con gli altri mezzi di allenamento. Data questa caratteristica, la richiesta coordinativa e di intervento muscolare per il mantenimento della posizione corretta durante l’esecuzione dell’esercizio è maggiore. Non è agevole lavorare con carichi particolarmente elevati, sia per la tipologia di attrezzo sia per la difficoltà di assumere una adeguata posizione durante l’esecuzione. Figura 4 – Esempio di esercizio con gli elastici: a) tirata bassa; b) particolare. Attrezzi per gli esercizi funzionali Fanno parte di questa categoria le kettlebell (pesi con manubri) (figura 5) le barre pesanti e le funi per il suspension training. Queste attrezzature sono usate per effettuare esercizi dinamici, nei quali è possibile anche usare il peso del corpo quale carico. Il loro uso quale come esercizi di preatletismo richiede una ampia applicazione di abilità motorie. Ottimizzare l’uso dei sovraccarichi a L’uso in condizioni ideali dei sovraccarichi quale mezzo di allenamento richiede il possesso di alcuni prerequisiti fondamentali: • Aspetti coordinativi: in questo campo rientrano gli aspetti relativi alla coordinazione intramuscolare, alla coordinazione intermuscolare e alla coordinazione nell’esecuzione di movimenti dei vari segmenti corporei nel loro insieme. L’uso dei sovraccarichi è sicuramente facilitato se contemporaneamente ci si allena per il b Figura 6 – Tavola propriocettiva per esercizi in disequilibrio. Figura 7 – Esercizio di ½ squat con sbarra del bilanciere: a) esecuzione scorretta; b) esecuzione corretta. 55 FOTO ARCHIVIO FIPE • Equilibrio: questo va inteso sia a livello di postura, sia di capacità muscolare tra gli arti destro e sinistro (superiori o inferiori che siano), sia tra i vari distretti muscolari. È evidente che se un atleta ha una postura corretta è in grado di eseguire gli esercizi in maniera adeguata, senza generare ulteriori sovraccarichi sulle strutture posizionate in modo scorretto. Nell’uso di mezzi quali manubri, cavi, elastici e degli attrezzi per gli esercizi funzionali, è fondamentale un equilibrio nella capacità muscolare degli arti sia superiori che inferiori. Anche per le attività sportive monolaterali si deve cercare sempre di proporre allenamenti volti, per quanto possibile, a un riequilibrio tra il lato destro e sinistro del corpo. Inoltre, nell’uso dei sovraccarichi è importante che vi sia un equilibrio nello sviluppo e nelle capacità funzionali di tutti i distretti muscolari, per evitare che l’anello debole di una catena cinetica possa infortunarsi durante l’allenamento. Pensiamo ad un esercizio quale lo squat, dove solo il sostenere il bilanciere posizionato sui trapezi richiede una contrazione isometrica di quasi tutti i distretti muscolari del corpo, dai piedi alla testa. Ove non avessimo verificato questo equilibrio, potremmo trovarci durante l’esercizio ad eseguire un movimento improprio, con il rischio dell’insorgenza di SdS/Scuola dello Sport Anno XXXIII n.102 • 2014 Figura 5 – Esempio di un esercizio con la kettlebell: lo swing. miglioramento delle capacità coordinative. L’utilizzazione di attrezzature che permettono esercizi in disequilibrio (cfr. figura 6) incrementa tutti gli aspetti della coordinazione e aiuta al mantenimento di una postura più corretta, che sappia rispondere alle variazioni indotte dall’eseguire gesti specifici della disciplina praticata. • Mobilità articolare: ogni articolazione ha un suo range di movimento. Spesso incontriamo atleti che, a causa di retrazioni muscolari o rigidità tendinea o blocchi articolari, non eseguono gli esercizi con il ROM ottimale. La valutazione funzionale diventa così il primo passo di un corretto allenamento con i sovraccarichi. Dobbiamo quindi verificare se esistono limitazioni al range di movimento ed eventualmente lavorare sulla flessibilità muscolo-tendinea e sulla mobilità articolare per permettere di eseguire gli esercizi con i sovraccarichi in maniera corretta (figura 7a,b). L’errata esecuzione degli esercizi porterebbe ad un uso scorretto dell’apparato muscolare e articolare, con il risultato di non allenare in maniera appropriata, rispetto ai carichi usati, i gruppi muscolari effettori principali del movimento, creando sovraccarichi strutturali che porterebbero a infortuni più o meno gravi. Figura 9 – L’esercizio di strappo. Incastro Risalita e fissaggio Tirata Seduta inversione Controllo equilibrio Spostamento piede posteriore Spostamento piede anteriore Incastro Aerea Spinta Caricamento Fasi Spinta Incastro Aerea Preparazione al volo Tirata Caricamento Stacco Pretensione preparatoria Fasi SdS/Scuola dello Sport Anno XXXIII n.102 • 2014 Risalita e fissaggio Seduta inversione Incastro Aerea Preparazione al volo Tirata Caricamento Stacco Pretensione preparatoria Fasi Tirata Incastro Risalita 56 Salita e fissaggio Figura 8 – L’esercizio di slancio. Risalita Gli esercizi della pesistica e gli esercizi adattati dalla pesistica Gli esercizi della pesistica olimpica sono lo strappo e lo slancio. Lo strappo (figura 9) è l’esercizio che prevede, con un unico movimento, il sollevamento del bilanciere da terra fin sopra la testa. Rappresenta, sicuramente, una delle massime espressioni di forza applicata con la massima accelerazione. Lo slancio (figura 8) invece è un esercizio composto da due movimenti distinti, la girata, in cui il bilanciere viene portato al petto, e la spinta, in cui il bilanciere viene portato sopra la testa. Lo strappo può essere suddiviso analiticamente in cinque periodi e otto posizioni: • 1° Stacco: in questo periodo si hanno le posizioni di pretensione o preparazione. • 2° Tirata: in questo periodo si hanno le posizioni di preparazione al successivo raggiungimento della massima accelerazione al volo, della fase aerea, dell’incastro. • 3° Fase aerea: in questo periodo si hanno le aperture di tutti gli angoli articolari, si raggiunge la massima velocità e il bilanciere sale per l’inerzia dell’accelerazione ricevuta nella fase precedente. • 4° Incastro: il bilanciere si posiziona sopra la testa a braccia distese, mentre l’atleta si predispone in totale accosciata. • 5° Risalita: dalla posizione di accosciata si inizia la risalita fino alla posizione eretta. La girata dello slancio è suddivisa anch’essa in cinque periodi; i primi tre periodi sono sostanzialmente uguali a quelli dello strappo, mentre i secondi due sono: • 4° Incastro: in questo periodo, rispetto allo strappo, il bilanciere si posiziona non sopra la testa a braccia distese, ma sopra le spalle, mentre l’atleta si predispone in totale accosciata. • 5° Risalita: dalla posizione di accosciata si inizia la risalita fino alla posizione eretta. La spinta dello slancio è divisa in due periodi e sette posizioni: • il primo periodo è la spinta vera e propria, che si compone di: – 1° Caricamento: gli arti inferiori si semipiegano nuovamente; – 2° Spinta: distensione degli arti inferiori, sollevando anche le spalle nel finale; – 3° Aerea: ci si abbassa rapidamente al di sotto dell’attrezzo, completando la distensione degli arti superiori; – 4° Incastro: blocco del bilanciere al di sopra della testa a braccia distese, gomiti ruotati in fuori. • Il secondo periodo determina la salita e il fissaggio: – 5° Spostamento piede anteriore; – 6° Spostamento piede posteriore; – 7° Controllo equilibrio. Questo modello di girata della figura 8 prevede la sforbiciata sul piano anteroposteriore. Attualmente, specie nell’uso degli esercizi della pesistica con finalità di preparazione fisica, si tende ad usare, nella fase di spinta, la divaricata sul piano frontale. Ciò per due motivi: l’assai elevata abilità tecnica necessaria nella fase della sforbiciata e la inopportunità di usare carichi massimali. È sottinteso che, nel caso di specialità sportiva in cui il gesto tecnico preveda un movimento simile alla “sforbiciata”, si procederà con l’allenamento anche di questo aspetto della tecnica del sollevamento pesi. Il processo di acquisizione della tecnica degli esercizi della pesistica passa attraverso momenti di apprendimento sia delle singole fasi sia del movimento completo. Si deve prendere atto che il mantenimento di alcune posizioni degli esercizi rappresenta già di per sé un momento allenante. Ad esempio, mantenere la posizione di stacco abitua a mantenere in tensione i muscoli paravertebrali, a sostegno della colonna vertebrale; mantenere la posizione di incastro dello strappo consente di lavorare sugli aspetti coordinativi dell’atleta. Gli esercizi della pesistica possono consentire di migliorare, nell’ambito della preparazione fisica, la capacità di applicare elevati livelli di forza nell’unità di tempo, l’uso dei piedi, le capacità coordinative, l’attivazione neuromuscolare. Gli esercizi della pesistica sono sicuramente complessi e prevedono il coinvolgimento, praticamente, di tutte le masse muscolari del corpo; vengono svolti in un tempo di esecuzione bassissimo, in quanto si fondano sul principio di applicare una forza vicina a quella massimale con un tempo di applicazione assai ridotto. Quello che alcuni trovano difficoltà a comprendere è che il bilanciere non si sposta per la trazione degli arti superiori, ma per la spinta degli arti inferiori, quindi, è fondamentale la capacità di usare i piedi per “sca- ricare” la forza a terra e consentire all’attrezzo di acquistare velocità. Naturalmente questo riguarda anche gli aspetti della mobilità articolare dei distretti degli arti inferiori, che altrimenti non consentirebbero un corretto orientamento della forza a terra. Per poter realizzare, in tutto o in parte, gli esercizi della pesistica c’è la necessità di una applicazione di forza lungo le catene cinetiche coordinata, sia a livello intramuscolare sia a livello intermuscolare. La ripetizione degli esercizi di strappo e slancio permette di allenare gli aspetti coordinativi: come noto, questi vanno di pari passo con il miglioramento degli aspetti neuromuscolari che sono alla base del miglioramento dell’applicazione della forza in un gesto atletico. Quindi gli esercizi della pesistica – o l’esecuzione di alcune loro fasi – sono eccellenti strumenti di allenamento sia delle capacità coordinative sia dell’incremento delle capacità neuromuscolari di applicazione della forza. Questo spiega perché un allenamento che comprende esercizi derivati dalla pesistica olimpica non possa mancare nella preparazione di nessuna disciplina sportiva. A supporto di ciò si possono comparare la curva di forza prodotta durante un salto in alto e durante la fase di tirata dello strappo; gli angoli del corpo dei giocatori di rugby durante una mischia con gli angoli della posizione di stacco; si possono verificare le perfette analogie con la posizione di “attacco” e i successivi cambiamenti di angoli degli arti inferiori di un vogatore con le fasi che portano dallo stacco alla girata nell’esercizio dello slancio; lo stesso per la fase della spinta del pesista e tutte quelle azioni di salto negli sport di situazione nei quali l’atleta è chiamato a esprimere elevati livelli di potenza muscolare: la divaricata sagittale della spinta ha grandi attinenze con l’esecuzione dell’affondo da parte degli schermidori. Gli esercizi della pesistica, o parti di essi, possono essere applicati anche con modalità diverse nei giochi sportivi, in funzione del ruolo specifico dell’atleta. Lo sviluppo delle capacità coordinative è uno degli aspetti più importanti, ad esempio, negli sport di situazione; allenarle in forma indiretta attraverso gli esercizi della pesistica porta a notevoli risultati nel miglioramento della prestazione. Bisogna infine considerare le diverse caratteristiche somatotipiche, antropometriche, il patrimonio di fibre muscolari, la disponibilità e capacità di utilizzo dei sistemi energetici, ecc. Si intendono per esercizi ausiliari della pesistica (o esercizi adattati dalla pesistica) tutti quegli esercizi che saltano una o più fasi dell’esercizio completo. L’uso di questi esercizi è opportuno in quelle discipline 57 SdS/Scuola dello Sport Anno XXXIII n.102 • 2014 un infortunio più o meno grave. Dato che un preparatore deve operare per migliorare il sistema neuromuscolare e certamente non per andare a a provocare un infortunio, è importantissimo lavorare per ottenere un buon equilibrio dell’atleta che stiamo allenando. SdS/Scuola dello Sport Anno XXXIII n.102 • 2014 58 dove, nella scelta degli esercizi per la preparazione specifica, i gesti completi della pesistica non corrispondano al modello prestativo in questione. Ad esempio, l’esecuzione della girata partendo con un bilanciere su dei blocchi per alzarlo da terra può essere usato per quegli sport nei quali gli angoli degli arti inferiori sono più “aperti” rispetto alla posizione di stacco. Allo stesso modo, lavorare con il bilanciere dalla sospensione può essere utile ove non debbano essere usati carichi elevati. Effettuare solo la parte della spinta dell’esercizio dello slancio è utile per quelle discipline dove si vuole esaltare la capacità di spinta con un piccolo contromovimento degli arti inferiori. Come già detto, l’uso degli esercizi della pesistica per i giovani è molto importante: possiamo infatti ritenere allenanti già le posizioni di partenza e di arrivo dei movimenti. Inoltre, l’esecuzione può essere facilmente modulata nel carico applicato, partendo da una bacchetta di legno, passando per barre appesantite fino ad arrivare ai bilancieri scolastici e a quelli per adulti. L’apprendimento della posizione di stacco del bilanciere da terra è un ottimo allenamento della struttura muscolare di sostegno della colonna vertebrale, in più porta il giovane a verificare le sue capacità di mobilità articolare, senza le quali trova difficoltà nel mantenere l’equilibrio e incrementa anche la propriocettività, in quanto si devono modulare le contrazioni isometriche per mantenere la posizione corretta. Mantenere la posizione di accosciata con la bacchetta di legno sopra la testa, oltre a rinforzare il cingolo scapolare e mantenere in assetto la colonna, è un ottimo esercizio di equilibrio, di mobilità articolare e di coordinazione. Se poi aggiungiamo anche il ritorno alla posizione eretta e ripetiamo l’accosciata per poche volte, oltre ad effettuare un ottimo esercizio di muscolazione a carico naturale incrementiamo le capacità di equilibrio, coordinazione e mobilità anche in movimento. Lavorare con una barra appesantita e farla salire verso l’alto non per la trazione delle braccia, ma per la spinta delle gambe, porterà il giovane atleta a comprendere come lo spostamento di un carico può essere decisamente più facile se si applica la forza in maniera corretta sui muscoli “giusti”. Questo permetterà di allenare in maniera estremamente dinamica la muscolatura degli arti inferiori con il supporto dei muscoli del tronco, per permettere la trasmissione della forza applicata in maniera corretta. La coordinazione intramuscolare ed intermuscolare è sicuramente esaltata da esercitazioni che prevedono la fase che va dallo stacco alla tirata dell’esercizio di strappo. La fase della spinta nell’esercizio dello slancio, eseguita con carichi di vario genere, dalla barra appesantita alla palla zavorrata, o pallone medicinale, permette di allenare l’aspetto pliometrico delle qualità di forza e consente al giovane atleta di verificare immediatamente, o con il sollevamento sopra il capo della barra appesantita, o con il lancio del pallone medicinale, l’effetto che ha il ciclo allungamento-accorciamento del tessuto muscolare. La progressione didattica degli esercizi della cultura fisica Per esercizi della cultura fisica si intendono quelli nei quali si usano i sovraccarichi non con finalità sportive, ma esclusivamente per modellare i vari muscoli. Di questo gruppo fanno parte sia gli esercizi con le attrezzature che quelli a carico naturale. Questa classificazione è più accademica che reale, dato che anche questi esercizi, con modalità di esecuzione adattate alle esigenze, vengono usati nella preparazione fisica. Il fine di questi esercizi, rispetto a quelli della pesistica, è quello di “costruire” l’apparato muscolare nelle fasi di condizionamento generale e specifico. L’allenamento della cultura fisica si basa sul principio centrifugo, cioè dal centro alla periferia. Questo vuol dire che in un allenamento l’ordine degli esercizi segue il seguente schema: 1. Addominali. 2. Lombari. 3. Gambe. 4. Dorso. 5. Petto. 5. Spalle. 7. Bicipiti. 8. Tricipiti. 9. Polpacci. La logica di questo schema è quella di permettere un regolare flusso sanguigno a supporto degli esercizi e far “lavorare” prima i muscoli più grandi e poi quelli più piccoli. Altro aspetto a cui risponde questo schema è che i muscoli piccoli sono sinergici dei grandi e quindi, effettuando prima gli esercizi per questi gruppi, si potrebbe condizionare l’allenamento dei muscoli più grandi. Un’altra suddivisione che si fa nel’ambito degli esercizi della cultura fisica è quella tra esercizi di base e quelli di isolamento. I primi, detti anche poliarticolari, sono quelli che coinvolgono più di una articolazione e al cui movimento partecipano come effettori più muscoli; i secondi, detti anche monoarticolari, lavorano su una sola articolazione e vi partecipa, come effettore, un solo gruppo muscolare. Un esempio di esercizio di base è lo stacco da terra, mentre un esercizio di isolamento è il leg curling sdraiato (flessione della gamba sulla coscia alla macchina o con appesantimento). Un ultimo aspetto degli esercizi della cultura fisica che va preso in esame è la distinzione tra esercizi a catena cinetica chiusa e a catena cinetica aperta. I primi prevedono il vincolo dell’appoggio a terra nell’esecuzione dell’esercizio, ad esempio nello squat, mentre secondi prevedono il movimento dei segmenti ossei per opera dei muscoli che stiamo allenando senza vincolo, come ad esempio la leg extension (estensione della gamba sulla coscia alla macchina). Anche nella proposta e nell’insegnamento degli esercizi della cultura fisica è importante verificare se l’atleta possiede le caratteristiche funzionali per poterlo eseguire. Non si può, quindi, dare per scontato che un esercizio sia sicuramente utile ad un atleta se prima non si è effettuata una valutazione funzionale e non si sia visto se l’esercizio vada realmente ad agire sul gruppo muscolare desiderato. Durante l’esecuzione degli esercizi della cultura fisica è importante la modalità della respirazione. La regola generale prevede che nella fase della contrazione concentrica si espiri e nella fase eccentrica del movimento si inspiri. Questo vale per tutti gli esercizi effettuati con carichi non troppo pesanti. Nel momento in cui si aumentano i carichi, la respirazione viene modificata a scopo preventivo. Si consiglia di eseguire la prima fase della contrazione concentrica eseguendo la manovra di Valsalva1 e utilizzando i polmoni quali ammortizzatori pneumatici per la distribuzione più ampia del carico. Appena iniziato il movimento si procederà alla espirazione. Negli esercizi con i sovraccarichi nei quali il peso o è posto sopra le spalle, ad esempio lo squat, o richiede una posizione con il peso che va a gravare sul tratto lombare, ad esempio lo stacco o il rematore con bilanciere, è buona norma, anche come forma preventiva per gli infortuni, usare la manovra di Valsalva. Questa però è controindicata per le persone che soffrono di ipertensione arteriosa. Per utilizzare in maniera efficace gli esercizi della cultura fisica è fondamentale conoscere l’azione dei muscoli interessati dal movimento, le inserzioni prossimali e distali, la modalità di partecipazione dei muscoli sinergici, gli effetti dell’esercizio in funzione degli angoli di lavoro. Inoltre, la progressione nella proposta degli esercizi della cultura fisica è in funzione del grado di allenamento dell’atleta per il quale si deve preparare il programma di allenamento. PROGRESSIONE DIDATTICA DEGLI ESERCIZI DELLA CULTURA FISICA • • • • l’atleta, del suo grado di esperienza nell’uso dei sovraccarichi e del gesto tecnico specifico della sua disciplina. Nell’allenamento del dorso, inoltre, si incontrano ulteriori difficoltà perché l’atleta non si vede mentre esegue questi esercizi. Infatti l’uso dell’analizzatore visivo, caratteristica assai diffusa tra i giovani, tende ad inibire la capacità di “sentire” il gruppo muscolare che deve lavorare per allenare la muscolatura del dorso. Le scarse capacità propriocettive influiscono notevolmente sull’allenamento e portano l’atleta ad usare, in molti casi, più i muscoli sinergici che l’effettore principale. Relativamente al dorso praticamente tutti gli esercizi sono di base; l’unico di isolamento sono le trazioni al cavo a braccia tese, che è l’equivalente del pullover a braccia tese. Una annotazione sull’esercizio della lat machine o sulle trazioni alla sbarra: in nessun caso si deve portare la sbarra dietro al collo. Ciò per evitare un sovraccarico articolare alla spalla, che può provocare un infortunio al tratto cervicale in quanto, per far passare l’attrezzo dietro, si genera una verticalizzazione con ricadute sia sugli altri tratti vertebrali che sulla meccanica del movimento, con conseguente riduzione degli effetti dell’esercizio. Altra motivazione che ci porta a dire di portare sempre la sbarra al petto è che si aumenta il ROM con un incremento del lavoro muscolare. Spalle. Gli esercizi per le spalle si distinguono secondo il settore del deltoide che interessano. Il lavoro dei vari capi di questo distretto muscolare deve avvenire dopo una attenta valutazione funzionale, per evitare di accentuare sia eventuali disequilibri tra i capi muscolari dello stesso distretto, sia atteggiamenti posturali scorretti, sia sovraccarichi articolari. Altro aspetto da tenere in conto è la biomeccanica dell’articolazione in funzione dell’esercizio proposto. Secondo l’attrezzo utilizzato – manubrio, cavo, elastico – cambiano le forze che agiscono sul rapporto omero/cercine glenoideo. Il muscolo deltoide è piccolo rispetto al braccio della resistenza rappresentato dalla lunghezza del braccio. Si tratta dunque di una leva estremamente svantaggiosa, che ha come fulcro una delle articolazioni più mobili del corpo umano. Diventa quindi importante, sia come prevenzione sia nei casi di riatletizzazione, realizzare una attenta analisi di come allenare i muscoli stabilizzatori della spalla. Gli esercizi di base sono quelli di spinta, mentre quelli di isolamento sono le alzate. Come per il dorso, anche in questo caso sono assolutamente da evitare esercizi che prevedano di portare un bilanciere dietro la testa. Bicipiti. La distinzione tra gli esercizi di base e quelli di isolamento per questo distretto muscolare è basata sul fatto di eseguire l’esercizio con o senza vincoli. Quando si eseguono esercizi con vincoli, ad esempio la panca scott, bisogna considerare che l’articolazione del gomito va, per sua naturale funzionalità, in iperestensione. Il ROM sarà quindi ridotto per evitare sovraccarichi articolari. Altro aspetto da tenere in considerazione è che il capo lungo del bicipite è biarticolare, mentre il capo corto è monoarticolare. Va ricordato che praticamente in tutti gli esercizi per il dorsale il bicipite partecipa come muscolo sinergico; la sua partecipazione aumenta o si riduce, ad esempio, nelle trazioni alla sbarra a seconda della distanza tra le mani nella presa della sbarra stessa. Tricipiti. I tre capi del tricipite hanno spesso funzioni di movimento comuni. Anche in questo caso, come nel bicipite, il capo lungo è biarticolare e prevede, per la sua piena attivazione, una mobilizzazione ampia del braccio coinvolgendo, di conseguenza, la mobilità dell’articolazione della spalla. Va ricordato che, praticamente, il tricipite partecipa come muscolo sinergico a tutti gli esercizi per il pettorale e nelle distensioni per le spalle; l’accentuazione del suo intervento è condizionata spesso dalla mobilità articolare della spalla e dalla corretta esecuzione degli esercizi. Polpacci. Il gruppo muscolare dei polpacci è, a torto o a ragione, ritenuto un gruppo muscolare sui generis, in quanto non ci sono regole certe a cui affidarsi per il suo allenamento. Ci sono due componenti nel gruppo del polpaccio: il soleo, più basso e profondo, monoarticolare, e il gastrocnemio, biarticolare e più evidente. Per allenare il gastrocnemio abbiamo tutti gli esercizi eseguiti dalla stazione eretta, o comunque ad arto disteso, mentre il soleo si allena nella posizione seduta, con un marcato angolo al ginocchio, intorno ai 90°. 59 SdS/Scuola dello Sport Anno XXXIII n.102 • 2014 • Addominali. Gli esercizi che meglio sollecitano la muscolatura addominale nel suo complesso sono il crunch ed il crunch inverso. L’esecuzione di questi esercizi può essere effettuata anche su attrezzi quali fitball o panche. Importante è testare la capacità di utilizzo degli addominali da parte degli atleti al fine di evitare un eccessivo interessamento dei flessori dell’anca, in particolare il muscolo psoas-iliaco. • Lombari. La muscolatura lombare lavora in sinergia con quella addominale per il sostegno e la prevenzione delle patologie del tratto lombare. L’allenamento di questo distretto muscolare è quindi indicato per qualsiasi tipo di disciplina sportiva. La tipologia di esercizio e la quantità di serie e ripetizioni è valutata in funzione della disciplina sportiva, dell’età del soggetto, degli eventuali atteggiamenti posturali errati. • Gambe. Gli esercizi per gli arti inferiori non possono non comprendere quelli fondamentali quali squat e stacchi. In questo caso la corretta esecuzione è ancora più importante che in altre occasioni, dato che un errore andrebbe a ripercuotersi sul sovraccarico della struttura della colonna vertebrale, con effetti poco graditi. Una valutazione funzionale preventiva e la corretta conoscenza dell’esecuzione di questi esercizi permette al preparatore di poter decidere se farli eseguire o meno. Un’altra cosa importante è eseguire lo squat nella “gabbia”, struttura che permette di eseguire lo squat libero in sicurezza, data la presenza di barre che fermerebbero il bilanciere nel caso di cedimento dell’atleta. Questo sia per motivi di sicurezza sia per poter dare un preciso punto di riferimento relativo alla chiusura dell’angolo gambacoscia. Nel caso non fosse possibile utilizzare questi esercizi immediatamente, mentre si correggono gli aspetti che non ne permettono la corretta esecuzione si deve lavorare con esercizi alternativi che abbiano un buon impatto a livello di lavoro muscolare. La salita dello step eseguita a carico naturale, con manubri o bilancieri, la pressa orizzontale, specie se dà la possibilità di poter adattare la seduta all’atleta, gli affondi statici effettuati a carico naturale, con manubri o bilanciere o al multipower, sono tutti esercizi che possono produrre gli stessi effetti dello squat. Trovare alternative all’esercizio dello stacco è molto difficile. Infatti, la capacità di impegnare tutta la catena cinetica posteriore, e non solo, attraverso un unico esercizio è praticamente impossibile. Ecco quindi che ci si deve adattare unendo più esercizi settoriali e quindi non facilmente assimilabili ad un gesto tecnico. Nell’ambito di un lavoro di riatletizzazione o di riequilibrio muscolare è possibile l’uso di attrezzature quali la leg extension e/o la leg curl, ma, appena la situazione è stata riportata ad uno stato accettabile, è decisamente meglio utilizzare esercizi con i pesi liberi che costringono l’atleta ad un utilizzo muscolare decisamente più ampio e al miglioramento degli aspetti coordinativi. Nell’ambito degli esercizi per gli arti inferiori si possono annoverare anche parti di esercizi della pesistica visti nel paragrafo precedente. • Petto. La scelta di esercizi di base o di isolamento è in funzione del periodo della preparazione, delle capacità motorie dell’atleta, del suo grado di esperienza nell’uso dei sovraccarichi e del gesto tecnico specifico della sua disciplina. Qualsiasi scelta di esercizio si faccia, è sempre utile effettuare una valutazione funzionale dell’atleta per verificare se l’esercizio va a stimolare il gruppo muscolare in maniera utile e corretta, evitando rischi di sovraccarico strutturale o infortunio. Ricordiamo come l’uso delle macchine, rispetto a pesi liberi, manubri, bilancieri o cavi, riduca notevolmente l’intervento dei muscoli stabilizzatori, utili nelle situazioni nelle quali l’apparato muscolare deve reagire ad un cambiamento improvviso della situazione sportiva. Esercizi di base per il petto sono la distensione su panca piana, panca inclinata e declinata, effettuati con manubri o bilanciere. In questi esercizi c’è un notevole interessamento, quali muscoli sinergici, del tricipite e del deltoide anteriore ed occorre tenerlo nella debita considerazione. Gli esercizi monoarticolari sono quelli chiamati aperture o croci con i manubri. In questo caso non si ha partecipazione dei muscoli sinergici, ma il carico articolare è decisamente più elevato. • Dorso. Anche in questo caso la scelta di esercizi di base o di isolamento è in funzione del periodo della preparazione, delle capacità motorie del- dizione Nuova e Antonio Urso Le basi dell’allenamento sportivo MANUALE DEL TECNICO FEDERALE DI PRIMO LIVELLO LIBRO • PAGINE 250 • 25,00 EURO Il manuale raccoglie gli elementi fondamentali per la formazione di base del tecnico federale di primo livello, inglobando le conoscenze relative all’uso dei sovraccarichi per diversi fini: da quello funzionale a quello estetico, da quello sportivo per il medio e l’alto livello a quello puramente amatoriale. Gli autori che hanno collaborato alla stesura, formando un’équipe di elevato livello per esperienza e conoscenza dell’argomento trattato, optano per una esposizione chiara e analitica dei principali concetti di anatomia, fisiologia della contrazione muscolare, dietologia specifica. A livello metodologico viene dato spazio all’allenamento per l’incremento della forza, alle moderne tecniche dell’ipertrofia muscolare e ai principi della periodizzazione dell’allenamento. Particolare attenzione viene anche posta agli aspetti psicologici dell’allenamento e della comunicazione, che rivestono un ruolo sempre più importante nell’organizzazione dell’allenamento stesso. L’approccio scientifico, che contraddistingue tutta la trattazione, fa de LE BASI DELL'ALLENAMENTO SPORTIVO un ottimo strumento di studio e di consultazione per i tecnici di tutte le discipline sportive e per tutti coloro che vogliano migliorare le proprie conoscenze sulla preparazione atletica generale e speciale, offrendo una valida opportunità di conoscenza per operare con maggiore consapevolezza nell’ambito dello sport e del fitness. dizione Nuova e Antonio Urso PESISTICA Sport per tutti gli sport LIBRO • PAGINE 292 • 30,00 EURO In questo nuova edizione, è stata trattata la pesistica olimpica, ma non solo. Sono stati presi in considerazione tutti gli strumenti per trasferire questo modello di allenamento ad altri sport: dalla corretta tecnica di sollevamento, alla prevenzione e correzione degli errori, così come alla distribuzione del carico e dell’intensità di allenamento, prendendo in esame vari modelli di prestazione sportiva, consigliando per ognuno di loro il metodo di allenamento. Sono stati analizzati inoltre argomenti come la composizione corporea e l’influenza che la stessa ha sulla prestazione di forza, la prevenzione dei traumi, così come sono stati illustrati concetti di riabilitazione funzionale. PER INFORMAZIONI E ORDINI tel. 075 5997310 • fax 075 5997310 www.calzetti-mariucci.it [email protected] Alcune riflessioni conclusive sull’allenamento della forza L’allenamento con i sovraccarichi è visto spesso come mezzo per l’incremento della forza diretto prevalentemente all’aumento del trofismo, cioè all’incremento della sezione trasversa delle fibre muscolari. Spesso, però abbiamo la necessità di aumentare la forza senza incrementare eccessivamente il peso corporeo: si pensi, ad esempio, alle discipline sportive in cui gli atleti sono suddivisi per categorie di peso. Il passaggio da una categoria all’altra comporta spesso un incremento prestativo decisamente più difficile da raggiungere rispetto all’impegno necessario per aumentare il peso corporeo anche se con la massa muscolare. Non sempre, inoltre, l’ipertrofia dei muscoli è accompagnata da un incremento della capacità di utilizzarli correttamente, e quindi la prestazione potrebbe risentirne negativamente. L’uso dei sovraccarichi, con la scelta delle corrette metodiche di allenamento, è invece il mezzo per riuscire ad incrementare la forza senza incrementare il peso corporeo. Il necessario punto di partenza deve essere una attenta valutazione funzionale dell’atleta, per comprendere il tipo di risposta muscolare allo stimolo allenante somministrato. L’incremento della forza passa attraverso due fattori fondamentali: il carico da spostare e l’accelerazione con il quale il carico stesso viene spostato. L’incremento alternato di questi due parametri permette di migliorare la capacità di utilizzare efficacemente il proprio apparato muscolare e di migliorare altre capacità molto importanti nell’ambito della preparazione fisica. L’incremento della forza passa quindi attraverso l’incremento delle capacità coordinative, stimolate attraverso un uso variato dei sovraccarichi. Gli esercizi della pesistica, ma anche solo alcune fasi degli stessi, sono ottimi strumenti di incremento delle capacità coordinative e di aspetti relativi all’equilibrio e alla mobilità articolare. Anche l’utilizzazione degli esercizi della cultura fisica, privilegiando gli aspetti relativi all’accelerazione e quindi alla velocità con cui viene spostato il carico, può stimolare gli aspetti coordinativi sia intramuscolari che intermuscolari in maniera assolutamente significativa. È dunque importante non limitarsi al concetto di incremento della forza come incremento del carico spostato, ma ricordare che questo incremento è strettamente collegato al miglioramento delle capacità coordinative, in particolare all’efficacia del controllo del sistema nervoso durante le contrazioni muscolari: reclutamento, sincronizzazione, coordinazione inter e intramuscolare, quindi in due parole tecnica esecutiva. Concludendo, nell’ambito dell’allenamento della forza non possiamo fare a meno di inserire degli esercizi per la core stability, quale supporto e strumento di miglioramento del lavoro che si svolge con i sovraccarichi. Note (1) La manovra di Valsalva consiste in una espirazione a glottide chiusa, che aumenta notevolmente la pressione intratoracica ed intraddominale. Durante la manovra di Valsalva la contrazione dei muscoli respiratori trasforma infatti la cavità addominale in una vera e propria camera di ammortizzazione ad aria. Alcuni studi hanno dimostrato che tale manovra permette di ridurre fino quasi al 50% la pressione che agisce a livello del disco intervertebrale tra T12 e L1 e fino al 30% sul disco tra L5 e S1. Bibliografia Baechle T. R., Earle R. W., Manuale di condizionamento fisico e di allenamento della forza, Calzetti-Mariucci, Perugia, 2010. Solberg P. A., Kvamme N. H., Truls Raastad T., Ommundsen Y., Erland Tomten S. E., Halvari H., Waaler Loland N. W., Hallén J., Effect of different types of exercise on muscle mass, strength, function and well-being in elderly, Eur. J. Sport Sci., 13, 1, 112-125. American Academy of Pediatrics Council on Sports Medicine and Fitness, McCambridge T. M, Stricker P. R., Strength training by children and adolescents, Pediatrics, 2008, 121, 835-840, DOI: 10.1542/peds.2007-3790. Scuola Nazionale Fipe, Le basi dell’allenamento sportivo, Calzetti-Mariucci, Perugia, 2012. Urso A., Pesistica. Sport per tutti gli sport, Calzetti Mariucci, Perugia, 2011. Zatsiorsky V. M., Kraemer W. J., Scienza e pratica dell’allenamento della forza, CalzettiMariucci, Perugia, 2008. L’articolo è l’adattamento in vista della pubblicazione del IV capitolo del testo a cura di G. Brunetti, F. Merni, I. Nicolini, Preparare allo sport. Manuale per la preparazione fisica di base, Edizioni SDS, pubblicato nel 2014 dalla Scuola dello sport del Coni – Gestione Coni Servizi. Carlo Varalda: diplomato in educazione fisica, laureato in Scienze motorie. Componente della Direzione Tecnica Nazionale FIPE, membro del Centro Studi e responsabile del Settore Formazione. Preparatore fisico in discipline individuali e di squadra. Docente SdS. Indirizzo dell’Autore: [email protected]