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Il ritorno dello scazzone
Lo scazzone è specie protetta a livello europeo, nazionale
e locale, ma essendo di acqua dolce è soggetto a bracconaggio consistente. Con l’obiettivo di risollevare la specie
e accontentare le potenziali richieste della ristorazione,
Veneto Agricoltura, dopo una prima sperimentazione con
l’Università di Parma, ha avviato un’iniziativa per riprodurre scazzoni partendo da riproduttori selvatici in vasche di
grandi dimensioni. Il progetto sperimentale ha sede presso il Centro Ittico di Veneto Agricoltura a Valdastico
(Vicenza).
Dal corpo quasi conico, lo scazzone o marsone, ha il suo
habitat naturale nei torrenti di fondovalle e montani,
nelle risorgive e nei fiumi pedemontani; la livrea è di
colore marrone chiaro con striature più scure, pinna dorsale doppia, pinna anale lunga, quelle ventrali piccole,
pinna caudale a ventaglio.
Quest’anno, nelle vasche del Centro ittico i tecnici sono
già riusciti ad ottenere una prima riproduzione di scazzoni catturati nel vicentino; è perciò in fase di definizione
un protocollo standard per il suo allevamento. Le ultime
stime dicono che nel giro di 24 mesi sarà possibile ottenere soggetti di dimensioni appropriate per la vendita e
il consumo; successivamente si potrà avviare una produzione intensiva di questo pesce.
In futuro saranno promosse giornate divulgative relative
a questa nuova attività di acquacoltura considerata
anche la possibilità di caratterizzare da un punto di vista
genetico i soggetti allevati in vista della richiesta di Dop
(Denominazione di Origine Protetta).
chi oltre un secolo, conservati in diversi musei. Gli scienziati probabilmente pensavano di aver trovato degli
esemplari giovanili, ma hanno poi scoperto che si tratta
di adulti, di taglia particolarmente minuta.
Le specie di recente scoperta è stata classificata
Nepenthicola microhyla, dal nome della pianta carnivora in cui vive. Gli scienziati sono stati attirati dal richiamo
della micro-rana, ma gli anfibi erano così piccoli che era
difficile individuarli: i maschi adulti vanno dai 10,6 ai
12,8 millimetri.
Le piante carnivore raccolgono nelle loro “brocche”
acqua piovana e nutrienti. La micro-rana vive in simbiosi con queste piante, depositando le uova nell'acqua da
esse preservata, e i girini possono crescere in acque
tranquille.
Gli anfibi sono molto sensibili ai mutamenti del loro
ambiente e sono quindi tra gli animali più minacciati: un
terzo di loro è in via di estinzione. Eppure sono utilissimi
per il controllo di insetti che diffondono malattie o danni
alle colture, oltre a contribuire a mantenere gli ecosistemi d’acqua dolce.
Nella terra dei giganti
Scoperta la rana più piccola
La rana più piccola tra quelle consosciute in Asia, Europa
o Africa, e una delle più piccole rane del mondo. È stata
scoperta nel Sarawak (Borneo malese): delle dimensioni
di un pisello, appartiene alla famiglia delle Microhylidae,
che, come suggerisce il nome raggruppa specie di rane
in miniatura che non superano i 15 millimetri. Questa
microrana era conosciuta solo per alcuni campioni vec46 - Il Forestale n. 58
Fanno parte del paesaggio, ma spesso ne deturpano la
visuale. Si tratta dei tralicci dell’alta tensione. Indispensabili per trasportare l’energia da un capo all’altro
delle nazioni, segnano, da molto tempo, con le loro linee,
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Batterie dai virus
Le batterie del futuro potrebbero essere costituite da
minuscoli virus “spruzzati” sul dispositivo che devono
alimentare, dai vestiti ai cellulari.
Lo affermano due ricerche presentate in questi giorni,
una del Mit e una dell’università del Maryland, nelle
quali microrganismi non pericolosi sono stati usati per
costruire le parti fondamentali di una pila. Per il loro
studio, i ricercatori del Mit hanno usato un virus chiamato M13, che infetta soltanto i batteri. Con alcune
modifiche genetiche, il microrganismo incorpora i
metalli necessari a diventare un perfetto catodo, il polo
positivo della pila, che può quindi essere utilizzato per
formare una batteria leggera e che funziona a temperatura ambiente. In futuro film sottili creati con questi virus
potrebbero essere incorporati nei tessuti o nei dispositivi, fornendo energia. Dall’altro lato di una futura pila a
virus ci potrebbe essere l’anodo realizzato dall’università del Maryland: in questo caso è stato utilizzato il virus
del mosaico del tabacco, che è stato modificato per
creare un elettrodo di silicio: “Per ora il procedimento
avviene solo in laboratorio - spiega James Culver, uno
degli autori - ma in futuro pensiamo di far crescere i
virus modificati direttamente nei campi, in modo da rendere il processo più economico”.
Cresce il patrimonio dell’Umanità
© Svizzera Turismo
vasti tratti del territorio, scatenando, a volte, ondate di
protesta. Non molto tempo fa, nelle Marche si è aperto
un acceso confronto tra amministratori pubblici e cittadinanza per impedire il passaggio dell’alta tensione a
Recanati, nei luoghi ove Giacomo Leopardi aveva composto l’ode a “L’infinito”.
Il problema non è di facile di soluzione poiché spesso
l’uso dei tralicci ha costi nettamente inferiori (sia di posa
che di gestione) rispetto ai lavori necessari per l’interramento delle linee dell’alta tensione. Però, c’è qualcuno
che ha pensato di poter in qualche modo ingentilire la
presenza di questi elementi del paesaggio realizzando
per un concorso indetto da una compagnia elettrica
islandese un interessante progetto. Si tratta dello studio
di architettura statunitense “Choi+Shine” (www.choishine.com) che ha presentato uno studio di tralicci di forma
umanoide, alti 45 metri, denominato “land of the
giants”. Le strutture, in cemento, vetro e acciaio, tengono sollevati sulle braccia i cavi e possono essere
realizzate adottando pose diverse, come con il corpo
umano.
L’idea, particolarmente originale, non ha vinto il concorso, ma dalle immagini diffuse su internet dimostra una
notevole originalità essendo caratterizzata da un forte
lirismo e da un impatto visivo decisamente molto più
aggraziato rispetto alle tradizionali strutture.
Il lavoro dello studio Choi+Shine ha già avuto importanti riconoscimenti internazionali ed è un piccolo, ma
significativo esempio di come si possano coniugare
creatività e praticità, arricchendo il “panorama” di nuove
inaspettate sorprese.
N.G.
Monte San Giorgio, tra Italia e Svizzera.
Via libera dell’Unesco all’iscrizione, nella lista dei siti
patrimonio dell’Umanità, di sei gioielli della natura. Fra
questi, anche due delle maggiori aree marine protette
del mondo: si tratta delle isole Phoenix di Kiribati e di
Papahanaumokuakea nelle Hawaii, quest’ultima anche
per il suo valore culturale. E poi la zona centrale del
parco nazionale dell’isola francese di Reunion, la riserva della biosfera del Putorana Plateau in Siberia
(Russia), le zone sabbiose della Danxia in Cina e le
montagne centrali dello Sri Lanka. Gli esperti Unesco
hanno poi deciso l’estensione della tutela del parco
nazionale di Pirin in Bulgaria e di Monte San Giorgio,
dall’Italia alla Svizzera.
Le foreste pluviali del Madagascar e le aree umide del
parco nazionale Everglades in Usa, invece, sono state
inserite nella lista dei gioielli in pericolo, mentre le isole
Galapagos sono state rimosse dallo stesso elenco.
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