Terapia comportamentale-cognitiva, terapia a base di imipramina, o

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DALLA LETTERATURA
Effetti del ramipril sugli eventi cardiovascolari nei
pazienti ad alto rischio
Heart Outcomes Prevention Evaluation (HOPE) study investigators. Effects of an angiotensin-converting–enzyme inhibitor, ramipril, on cardiovascular events in high risk patients. N Engl J Med 2000;342:145-53.
Lo studio HOPE (Heart Outcomes Prevention Evaluation) è stato progettato per valutare il ruolo di un
ACE-inibitore, il ramipril, in pazienti ad alto rischio di
eventi cardiovascolari, che però non presentavano disfunzione ventricolare sinistra o insufficienza cardiaca.
Un totale di 9.297 pazienti ad alto rischio, di età pari
o superiore a 55 anni (media 66 anni, 73% maschi), che
presentavano anamnesi di malattia vascolare periferica
o diabete più un altro fattore di rischio cardiovascolare,
è stato randomizzato a ricevere ramipril (10 mg una
volta al giorno) oppure placebo. Nessun paziente aveva
precedenti noti di insufficienza cardiaca e quasi tutti
presentavano frazione di eiezione maggiore del 40%. Il
follow up è stato di 4-5 anni e l’esito clinico primario
misurato era rappresentato da infarto miocardico, ictus
o decesso da cause cardiovascolari.
L’incidenza dell’esito primario è risultata significativamente più bassa nel gruppo ramipril rispetto al gruppo placebo: 14% vs 17,8%.
Rispetto al trattamento con placebo, la somministrazione di ramipril ha determinato una riduzione delle
percentuali di:
- decesso da cause cardiovascolari (6,1% vs 8,1%);
- infarto del miocardio (9,9% vs 12,3%);
- ictus (3,4% vs 4,9%).
Oltre a ciò, il ramipril si è dimostrato clinicamente
superiore al placebo in quanto ha ridotto le percentuali di:
- decessi per qualunque causa (10,4% vs 12,2%);
- interventi di rivascolarizzazione (16% vs 18,3%);
- arresto cardiaco (0,8% vs 1,3%);
- insufficienza cardiaca (9% vs 11,5%);
- complicanze correlate al diabete (6,4% vs 7,6%).
In conclusione, il ramipril somministrato in dosi
di 10 mg al giorno, è stato ben tollerato ed efficace
nel ridurre, in modo significativo, le percentuali di
mortalità, di infarto miocardico e di ictus in un’ampia fascia di pazienti ad alto rischio senza precedenti noti di ridotta frazione di eiezione o di insufficienza cardiaca.
Commento. Per tutti gli ACE-inibitori in commercio in Italia, è nota e documentata la capacità di
ridurre la pressione arteriosa in modo sovrapponibile a quella ottenuta con altri farmaci antipertensivi (diuretici, beta-bloccanti, calcio-antagonisti e
alfa-bloccanti). Per alcuni ACE-inibitori è stata
dimostrata l’efficacia nel ridurre la mortalità e l’incidenza di eventi cardiovascolari in pazienti con
scompenso cardiaco o con disfunzione ventricolare
sinistra, e l’efficacia nel ridurre la progressione
dell’insufficienza renale. Nello studio HOPE, per la
prima volta, l’efficacia del ramipril è stata dimostrata in un composito gruppo di pazienti ad elevato rischio cardiovascolare, senza segni di scompenso cardiaco. Non sembra che l’effetto sia legato alla
riduzione della pressione arteriosa, ma probabilmente al meccanismo con cui si è ottenuta, né d’altra parte si può escludere che l’effetto sia specifico
per il ramipril che ha un’attività ACE-inibitoria
anche a livello tissutale. I risultati di ulteriori ricerche in corso con altri ACE-inibitori chiariranno se
queste molecole hanno un ruolo clinico rilevante
nel trattamento di pazienti senza disfunzione ventricolare sinistra.
Terapia comportamentale-cognitiva, terapia a base di
imipramina, o loro combinazione nel disturbo di panico
Barlow DH, Gorman JM, Shear MK, Woods SW. Cognitive-behavioral therapy, imipramine, or their combination for
panic disorder: a randomized controlled trial. JAMA 2000;283:2529-36.
Il disturbo di panico è una condizione cronica frequente, debilitante, in grado di provocare sostanziali peggioramenti della qualità di vita e considerevoli costi sociali ed
economici. Quale sia la strategia terapeutica più appropriata di tale patologia è un problema aperto: di solito si
ricorre alla farmacoterapia, o a interventi psicosociali, o
alla combinazione dei due interventi, ma l’efficacia relativa di tali trattamenti non è stata del tutto chiarita.
Questo studio randomizzato, in doppio cieco, controllato verso placebo, è stato progettato per testare se
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la farmacoterapia e la terapia psicosociale fossero, singolarmente, più efficaci del placebo; se l’intervento
farmacologico fosse più efficace della terapia psicosociale; se la combinazione dei due interventi fosse clinicamente superiore alle singole terapie. La ricerca è
stata condotta su 312 pazienti con disturbo di panico,
di cui 83 assegnati a trattamento con imipramina (fino
a 300 mg al giorno), 77 a terapia psicosociale, 24 a placebo, 65 a terapia farmacologica e psicosociale in
combinazione, 63 a terapia psicosociale più placebo. I
BIF Lug-Ago 2000 - N. 4
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