Coinvolgimento miocardico nelle malattie muscolari di Luisa Politano* Molto spesso le malattie muscolari non sono confinate al muscolo scheletrico, ma coinvolgono più organi e/o apparati. Negli ultimi anni il coinvolgimento cardiaco è stato osservato in un numero sempre crescente di malattie muscolari genetiche e notevoli progressi sono stati fatti nel capire le relazioni tra malattia muscolare scheletrica e malattia muscolare cardiaca. Il coinvolgimento cardiaco nelle distrofie muscolari può essere sia primitivo che secondario: nel primo caso esso è dovuto allo stesso difetto genetico responsabile del danno muscolare scheletrico, nel secondo caso può essere conseguente ad insufficienza respiratoria, ipertensione polmonare e/o ridotta mobilità. Un po’ di storia La malattia del muscolo cardiaco – non conseguente ad alterazioni di altre parti dell’apparato cardiovascolare – viene definita cardiomiopatia. La prima descrizione del coinvolgimento cardiaco associato a distrofia muscolare risale al 1836, ad opera di Gaetano Conte, un medico napoletano dell’Ospedale Santa Maria del Popolo degli Incurabili che, ben trentadue anni prima della descrizione della malattia da parte di Guillaume-Benjamin Duchenne de Boulogne, pubblicò sulla rivista «Annali degli Incurabili» il caso di due fratelli affetti da miopatia pseudoipertrofica, uno dei quali deceduto con «segni di ingrandimento del cuore». Il contributo maggiore nell’inquadramento del danno miocardico nelle distrofinopatie (Duchennee Becker) si deve a Giovanni Nigro che – in maniera pionieristica – nel 1976, ben prima della scoperta della distrofina (1986) e della sua localizzazione anche a livello del cuore, descrisse i vari quadri clinici caratteristici della cardiomiopatia distrofica. Nel corso del ventennio successivo egli dimostrò anche l’evolutività del danno miocardico fino allo scompenso cardiaco, una delle principali cause di morte in questi pazienti, sottolineando l’importanza dei controlli cardiologici. La descrizione della compromissione cardiaca nella distrofia miotonica di Steinert risale agli anni ’60, mentre alla fine degli anni ’80 viene descritto per la prima volta il coinvolgimento cardiaco caratteristico della distrofia muscolare di Emery-Dreifuss. Perdita della capacità contrattile del cuore Nelle distrofinopatie di Duchenne e Becker, il danno miocardico si instaura, in analogia a quanto si verifica nel muscolo scheletrico, per progressiva sostituzione dei cardiomiociti (le cellule del miocardio) con tessuto fibroso e conseguente perdita della capacità di contrazione del cuore. Il cuore si ingrandisce e va incontro a cardiomiopatia dilatativa e scompenso cardiaco, spesso fatale. Il quadro della cardiomiopatia dilatativa, tipico delle distrofinopatie, si riscontra anche in alcuni forme di distrofia dei cingoli, in particolare nelle sarcoglicanopatie LGMD2C (gamma- sarcoglicanopatia) e 2F (delta-sarcoglicanopatia), nella LGMD2N (POMT2), nella LGMD2S ed in alcune malattie mitocondriali. Ladistrofia miotonica di Steinert, caratterizzata da difficoltà al rilasciamento muscolare (fenomeno miotonico), la distrofia di Emery-Dreifuss, le desminopatie e una piccola percentuale (10-15%) di pazienti con Distrofia Facio-Scapolo-Omerale presentano invece quadri clinici caratterizzati dall’insorgenza di aritmie e/o blocchi atrio-ventricolari, per interessamento del tessuto di conduzione cardiaco. Tuttavia, la cardiomiopatia dilatativa può rappresentare lo stadio finale di ogni cardiomiopatia. E’ importante ricordare che le donne portatrici di distrofia di Duchenne, Becker ed Emery-Dreifuss possono presentare a loro volta quadri di cardiomiopatia dilatativa, o aritmie, ma in epoca più tardiva (dopo i 40 anni) rispetto ai loro figli, per cui è consigliabile effettuare controlli cardiologici annuali a partire da questa età. Come regola generale vale la pena tener presente che l’interessamento cardiaco primitivo è più frequente nelle distrofie muscolari nelle quali la proteina difettosa è presente anche nel cuore, mentre è di solito molto raro nelle forme in cui la proteina non è presente a livello del miocardio. Le malattie neuromuscolari ed in particolare le atrofie muscolari spinali, la malattia di Charcot-Marie-Tooth, la Malattia di Kennedy di solito non presentano coinvolgimento cardiaco. Fa eccezione l’atassia di Friedreich la quale può esordire con il quadro della cardiomiopatia ipertrofica, caratterizzata da un aumento di spessore delle pareti cardiache. Controlli e terapie È necessario quindi che tutti i pazienti affetti da malattie muscolari genetiche si sottopongano periodicamente presso Centri altamente specializzati a controlli cardiologici, comprendenti elettrocardiogramma (ECG) standard e dinamico, ed ecocardiogramma, esami non invasivi in grado di evidenziare alterazioni del ritmo e della morfologia cardiaca. Negli stadi iniziali della malattia sono sufficienti controlli semestrali. Successivamente, una volta diagnosticata la cardiomiopatia, possono essere necessari controlli cardiologici più ravvicinati, anche settimanali in caso di scompenso cardiaco. La terapia si basa sull’uso preventivo di ACE-inibitori, in particolare il Fosinopril (per la sua azione antifibrotica) ed antiossidanti, ed in caso di cardiomiopatia dilatativa, sull’uso di digitale, diuretici e anticoagulanti, senza dimenticare un’attenta valutazione dell’equilibrio elettrolitico sodio-potassiomagnesio. Nelle forme caratterizzate da aritmie è indicato l’uso di farmaci antiaritmici (amiodarone, beta-bloccanti); nei casi di non risposta alla terapia farmacologica può essere necessario ricorrere all’impianto di un defibrillatore (Distrofia Miotonica, Distrofia di Emery-Dreifuss). L’impianto di unpacemaker è invece indicato nei casi in cui prevalgano i blocchi atrioventricolari. Bibliografia - Hiromasa S, Ikeda T, Kubota K, et al., Ventricular tachycardia and sudden death in myotonic dystrophy. «American Heart Journal», 1988;115: 914-915. – Harper P, Myotonic Dystrophy, 2. ed., London, W.B. 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