A Maronne de rose Filomena Marturano Un’edicola vecchia di anni Il vicolo stretto una icona e angusto della maternità divina e la sera scesa una effigie sulle umane fatiche sporca di polvere segna i cuori e fumo di candele: di malinconia a Maronne de rose e tristezza parlando La guarda del peso del giorno come se fosse che muore la prima volta. e della dignità perduta Si ferma la donna negli anni verdi dallo strano mestiere della ancora recente gioventù. e senza voce si lamenta di una vita Una domanda che brucia mal vissuta il cuore e di un futuro e le labbra: che certo sarà peggiore. Che farò di lui? Quest’essere ingombrante Non lo voglio! non voluto Ferma i tuoi occhi che impone e spegni il tuo sorriso. la sua voglia di vivere Non mi tentare. e reclama Non lo voglio!. il suo diritto a correre sulle strade Non disperare. di un mondo Al di là delle nuvole che pretende migliore. c’è sempre il sole che riscalda il cuore. Dono di Dio per te è colui che si agita nel tuo grembo. Mi sembra di impazzire. Mormora la donna a voce alta, sento una voce chiara e misteriosa come il vento che non sai da dove viene e brucian le parole come il fuoco. I figli, sono figli, nati per gioire per gioire con te. Uno sguardo all’edicola, un furtivo segno di croce, riprende il cammino. Serenità ora si chiama La donna dallo strano mestiere: Il figlio me lo tengo, me lo tengo