curando l’anemia a cura di Gennaro Cice e Pietro Cazzola In caso di mancata consegna restituire al mittente che si impegna a pagare la relativa tassa. Periodicità bimestrale - Spedizione in abbonamento postale - 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Milano Insufficienza renale cronica e scompenso cardiaco: una dipendenza reciproca che si può interrompere Vol. 7, n. 3 giugno 2004 vol. 7, n. 3, 2004 1 INFORMED Insufficienza renale cronica e scompenso cardiaco: una dipendenza reciproca che si può interrompere curando l’anemia a cura di Gennaro Cice* e Pietro Cazzola** Introduzione Ha scritto Claude Bernard (1813-78), il grande medico francese fondatore della moderna fisiologia sperimentale: “I sistemi non esistono in Natura, ma solo nella mente dell’Uomo. [...] Si ricordi perciò che l’organismo vivente viene decomposto nelle sue diverse parti solo per renderne più facile l’analisi sperimentale, non perché quelle parti possano funzionare separatamente l’una dall’altra. Infatti se si vuol dare il suo valore e il vero significato ad una data proprietà bisogna sempre riferire questa proprietà al tutto e trarre una conclusione definitiva relativamente agli effetti generali di essa“ (1, 2). È in questo contesto olistico che si deve collocare la sindrome anemia cardio-renale, una triade patologica recentemente evidenziata da Silverberg DS et al. (3) in cui la vera novità (e ciò non deve essere visto in senso riduttivo) è rappresentata dall’aver riscoperto che cuore e reni sono collegati tra loro tramite un fluido (il sangue con i suoi componenti) che consente reciproche influenze ed adattamenti, sia in condizioni fisiologiche, sia patologiche. *Cattedra di Cardiologia Seconda Università degli Studi di Napoli **Specialista in Anatomia e Istologia Patologica e Tecniche di Laboratorio Figura 1. La sindrome anemia cardio-renale: associazione tra scompenso cardiaco, nefropatia cronica ed anemia. Nefropatia cronica Scompenso cardiaco Anemia La sindrome anemia cardio-renale L’ anemia è una condizione frequente nei pazienti con insufficienza renale cronica (4) e sovente questi pazienti [80% dei casi secondo Silverberg DS et al. (5)] sono affetti anche da scompenso cardiaco. Per effetto dell’interazione tra queste tre condizioni morbose si crea un circolo vizioso, denominato sindrome anemia cardio-renale (3, 5), che porta al reciproco aggravamento di ciascuna di queste affezioni (Figura 1). L’importanza della sindrome anemia cardio-renale è emersa recentemente da uno studio condotto negli USA su circa 1,1 milioni di pazienti anziani in cui la presenza di una di queste patologie aumenta del 50-100% il ri- schio di morte o di insufficienza renale terminale, mentre quando esse sono contemporaneamente presenti il rischio raggiunge quasi il 300% (6) (Tabella 1). Tabella 1. Mortalità a due anni e incidenza dell’insufficienza renale terminale in rapporto alla sindrome anemia cardio-renale.6 Mortalità ESRD a 2 anni a 2 anni (%) (%) No anemia, SC, IRC Anemia SC SC e anemia IRC IRC e anemia SC e IRC SC, IRC e anemia 7,7 16,6 26,1 34,6 16,4 27,3 38,4 45,6 0,1 0,2 0,2 0,3 2,6 5,4 3,5 5,9 SC = scompenso cardiaco cronico IRC = insufficienza renale cronica ESRD = insufficienza renale terminale Insufficienza renale cronica e anemia L’anemia che si sviluppa in corso di insufficienza renale cronica è normocitica, normocromica, ipoproliferativa, con bassa conta reticolocitaria (4). Essa generalmente si manifesta quando la clearance della creatinina scende a valori di 40 ml/min/1,73 m2 di superficie corporea e tende a peggiorare col progressivo deterioramento della funzione renale (7) (Figura 2). Nell’insufficienza renale l’ anemia può essere definita in termini di concentrazione di emoglobina (Hb) o in termini di ematocrito (Ht). Le linee guida della National Kidney Foundation raccomandano di iniziare l’approc- Figura 2. Correlazione inversa tra ematocrito e creatinina sierica.7 30 HT: 25,84-0,46 r = 0,42 p < 0,001 25 Ematocrito (%) INFORMED vol. 7, n. 3, 2004 2 cio clinico dell’anemia quando il livello di Hb o di Ht scende intorno all’80% dei valori medi definiti nei diversi sottogruppi di individui sani (Tabella 2), tuttavia l’Anemia Work Group sottolinea che è preferibile quantificare l’anemia con il parametro Hb, piuttosto che con l’Ht, in quanto quest’ultimo è dipendente dai valori glicemici e dalle metodiche di conservazione dei campioni di sangue (8, 9). Di conseguenza, i limiti suggeriti per i due sessi sono (8): Hb <11g/dL nelle donne in pre-menopausa e nei pazienti in età pre-puberale; Hb <12g/dL nei maschi adulti e nelle donne in post-menopausa. 20 15 10 5 5 10 15 20 25 30 Creatininemia (mg/dL) 35 40 45 Tabella 2. Valori normali medi di emoglobina ed ematocrito (± ds) in rapporto al sesso e all’età.8 Età/sesso Emoglobina (g/dL) Ematocrito (%) Nascita 16.5 ± 3.0 51 ± 9 1 mese 14.0 ± 4.0 43 ± 6 2 - 6 mesi 11.5 ± 2.5 35 ± 7 6 mesi - 2 anni 12.0 ± 1.5 36 ± 3 2 - 6 anni 12.5 ± 1.0 37 ± 3 6 - 12 anni 13.5 ± 2.0 40 ± 5 12 - 18 anni (maschi) 14.5 ± 1.5 43 ± 6 Donne mestruate 14.0 ± 2.0 41 ± 5 Maschi adulti/donne in post-menopausa 15.5 ± 2.0 47 ± 6 La principale causa dell’anemia nell’insufficienza renale cronica è rappresentata dal deficit assoluto o relativo di eritropoietina (EPO) poiché, a seguito del processo patologico in atto, il rene non è più in grado di produrre adeguate quantità di questo ormone (10). Oltre alla carenza di EPO, altri fattori possono contribuire allo sviluppo dell’anemia nei pazienti uremici: la presenza nel plasma di sostanze (poliamine, ribonucleasi, ormone paratiroideo) che inibiscono la crescita dei progenitori della serie eritroide o la sintesi dell’eme (11-13); la minor sopravvivenza degli eritrociti (circa metà della norma) dovuta o ad eccessiva emolisi causata da alterazioni della membrana eritrocitaria (14-20), o ad un’elevata eritrofagocitosi da parte dei macrofagi di derivazione monocitica (4) (Figura 3). * p < 0,001 60 * 50 40 30 20 10 0 Emazie pazienti uremici Emazie soggetti normali Figura 3. Eritrofagocitosi macrofagica nei soggetti normali e nei pazienti uremici.4 L’anemia nel paziente uremico determina molteplici ripercussioni. Innanzitutto occorre sottolineare che lo studio RENAAL ha evidenziato che l’anemia, attraverso la prolungata vasocostrizione renale, può essa stessa essere causa di peggioramento della funzione di questo organo (21). Tuttavia è principalmente a livello dell’apparato cardiovascolare che l’anemia svolge i suoi più deleteri effetti che, nel paziente con insufficienza renale, assumono particolare severità a causa dell’intrinseca tossicità dell’ambiente uremico (22). Infatti l’anemia tramite una serie di adattamenti emodinamici (riduzione del postcarico, aumento del precarico, del volume sistolico e della frequenza cardiaca), che hanno come prima conseguenza l’aumento della portata cardiaca, causa un rimodellamento eccentrico del ventricolo sinistro, con concomitanti dilatazione ed ipertrofia (Figura 4) che lasciano invariato il rapporto spessore della parete/diametro della cavità (23, 24). Levin A et al. hanno evidenziato che nei pazienti con insufficienza renale lieve/moderata ogni riduzione di 0,5 g/dl dell’emoglobina determina un incremento del 32% del rischio di Figura 4. Relazione tra massa ventricolare sinistra (LV) ed ematocrito. La curva ad U indica un aumento della massa ventricolare sinistra sia con l’anemia sia con la policitemia, quantunque con meccanismi differenti (in alto).25 Viscosità Portata cardiaca 160 Massa ventricolare sinistra (% del volume) Anemia nel paziente uremico: conseguenze 130 Donne Uomini 100 70 20 30 40 Ematocrito (%) 50 60 INFORMED Macrofagi con eritrofagocitosi (%) 70 ipertrofia ventricolare sinistra, indicando che l’anemia, già precocemente nella storia evolutiva dell’insufficienza renale, favorisce la comparsa delle alterazioni della massa ventricolare sinistra (26). L’aumento della gettata cardiaca è anche responsabile del rimodellamento del letto vascolare (ridotta compliance dei principali tronchi arteriosi) che a sua volta contribuisce all’instaurarsi dell’ipertrofia ventricolare sinistra (27, 28). Quest’ultima, come noto, rappresenta un’importante fattore di rischio per lo sviluppo della cardiopatia ischemica e dello scompenso cardiaco nel paziente uremico (29). Gli effetti dell’anemia sulla mortalità dei pazienti in dialisi sono stati studiati da Ma JZ et al. che hanno evidenziato come un valore di ematocrito <27% incrementi del 50%, rispetto ad un valore di 30-33%, il rischio relativo di morte (30) (Figura 5). vol. 7, n. 3, 2004 3 Figura 5. Effetto dell’ematocrito sul rischio di morte nei pazienti in emodialisi.37 1,6 Mortalità (rischio relativo) INFORMED vol. 7, n.3, 2004 4 n = 75.000 1,5 1,4 1,3 1,2 1,1 1,0 0,9 0,8 < 27 27-30 30-33 Ematocrito (%) Anemia → scompenso cardiaco → anemia L’anemia può causare scompenso cardiaco attraverso differenti meccanismi (5): Ipossia cardiaca diretta: la ridotta ossigenazione cardiaca, nonostante l’aumento della gittata, può determinare ischemia e necrosi dei miocardiociti. Aumentato stress ossidativo: gli eritrociti contengono molte sostanze antiossidanti e l’anemia può pertanto aumentare lo stress ossidativo delle cellule miocardiche con conseguente loro sofferenza (31, 32). Ritenzione di liquidi, aumento dell’attività del sistema simpatica e del sistema renina-angiotensina-aldosterone: l’ischemia tessutale provocata dall’anemia è responsabile della vasodilatazione e della riduzione della pressione arteriosa (33). Quest’ultima determina l’attivazione del sistema simpatico che causa, tra l’altro, vasocostrizione renale e ritenzione di sodio e di liquidi. Il ridotto flusso renale incrementa l’attività sia del sistema renina-an- 33-36 giotensina-aldosterone sia dell’ormone antidiuretico e ciò provoca un’ulteriore ritenzione idrico-salina. L’aumentato volume plasmatico così ottenuto è a sua volta responsabile della dilatazione ventricolare che, in aggiunta all’eventuale ipertrofia e all’iperattività dei sistemi simpatico e a reninaangiotensina-aldosterone, può causare necrosi e apoptosi delle cellule miocardiche. Riduzione dell’attività dell’EPO sul cuore: l’EPO esercita un’azione diretta sul cuore favorendone lo sviluppo (34) e la contrattilità (35). Anche lo scompenso cardiaco stesso può determinare la comparsa di anemia e le cause possibili sono molteplici: Ischemia renale: la prolungata vasocostrizione causa ischemia e danno renale con conseguente ridotta produzione di EPO (36). Citochine: il cuore danneggiato produce citochine come il TNFα (37) che determina anemia con tre meccanismi (38): riducendo la produzione renale di EPO, interferendo con l’attività dell’EPO a livello midollare e inibendo la liberazione di ferro da parte del sistema reticolo-endoteliale. ACE-inibitori: questi farmaci, che fanno parte della terapia standard dello scompenso cardiaco, possono causare anemia (39). Proteinuria: sovente i pazienti con scompenso cardiaco sono anche proteinurici e ciò determina una significativa perdita urinaria di EPO, ferro e transferrina (40). Malnutrizione: i pazienti con scompenso cardiaco spesso evidenziano inappetenza con conseguenti perdita di peso, ipoalbuminemia e anemia (41). Emodiluizione: l’aumento del volume plasmatico causa riduzione dell’Ht, tuttavia è stato recentemente evidenziato che nella maggior parte dei casi è presente anche una riduzione del volume degli eritrociti (42). La prevalenza dell’anemia nei pazienti con scompenso cardiaco è elevata e la sua gravità aumenta con il peggioramento delle condizioni cardiache (43-45). Nella casistica di Silverberg DS et al. (45) la prevalenza dell’anemia (Hb <12 g/dl) nei pazienti con scompenso cardiaco in I e II classe NYHA è risultata rispettivamente del 9,1% e del 19,2%, mentre nei pazienti in IV classe NYHA essa è stata del 79,1%. Anemia nel paziente con scompenso cardiaco: conseguenze Il cuore scompensato è molto sensibile nei confronti anche di minime riduzioni dell’Hb e l’anemia è in grado di precipitare uno Insufficienza renale cronica → scompenso cardiaco → insufficienza renale cronica È noto che l’uremia danneggia direttamente il cuore e molteplici sono le cause di ciò: l’ipertensione, l’anemia, la ritenzione di liquidi, l’iperomocisteinemia l’iperparatiroidismo e lo stress ossidativo (49, 50). Differenti studi hanno mostrato che l’insufficienza renale cronica è un fattore indipendente di mortalità nei pazienti con scompenso cardiaco (51, 52). Per contro quest’ultimo, attraverso la vasocostrizione renale e gli effetti nefrotossici dell’attivazione simpatica e del sistema renina-angiotensina-aldosterone (53), rappresenta un importante fattore predittivo di sviluppo di insufficienza renale terminale (54). È stato inoltre osservato che i pazienti con insufficienza renale e malattia cardiovascolare progrediscono più rapidamente verso l’insufficienza renale terminale di quelli senza malattia cardiovascolare (55). Trattamento dell’anemia nell’insufficienza renale cronica Nella Figura 6 è indicato il percorso diagnostico terapeutico suggerito dalle linee guida della National Kidney Foundation (8). Le recenti linee guida della Società Italiana di Nefrologia (56) sottolineano che sebbene non si possa dire con certezza quale sia Figura 6. Percorso diagnostico terapeutico dell’anemia nei pazienti con insufficienza renale cronica.8 Creatininemia ≥ 2 mg/dL SI Valutare emoglobina SI Nessuna indagine NO ≤ 12,5 uomini/donne post menopausa ≤ 11,0 donne e pre puberi SI Indagare: ematocrito, reticolociti, ferro, ferritina, sangue occulto nelle feci NO NO Normale? Deficit Fe? SI SI Trattare con eritropoietina Anemia non corretta Ulteriori esami ematologici Trattare con Fe Anemia corretta Periodici follow-up INFORMED scompenso grave anche in presenza di valori di Hb che in genere sono considerati normali (11 g/dl) (46). Dai dati del SOLVD (Studies of Left Ventricular Dysfunction) è emerso che la presenza di anemia nei pazienti con scompenso cardiaco costituisce un fattore di rischio indipendente di mortalità: infatti per ogni 1% di riduzione dell’Ht in condizioni basali è corrisposto un aumento del 3% del rischio di mortalità per tutte le cause (43). Queste osservazioni sono state confermate da Horwich TB et al. che in pazienti con scompenso cardiaco grave (classe III o IV NYHA e FE <40%) hanno registrato un aumento del 13/% del rischio relativo di mortalità per tutte le cause per ogni grammo di riduzione dell’Hb (41). Nei pazienti con scompenso cardiaco l’anemia rappresenta inoltre un significativo fattore di rischio di ospedalizzazione e riospedalizzazione (47, 48). vol. 7, n. 3, 2004 5 l’obiettivo di Hb ottimale da raggiungere con la terapia, indicano, in analogia con le linee guida USA (8), 11 g/dl come limite inferiore, mentre quello superiore dovrebbe essere definito individualmente su base clinica (non è raccomandabile superare stabilmente valori di 12 g/dl nei pazienti con manifesta patologia cardiovascolare). Se si fa riferimento all’Ht, occorre puntualizzare che, come segnalato da Locatelli F et al. (57), un valore >32% evidenzia già un netto miglioramento della sopravvivenza rispetto a quanto osservato con valori inferiori. Gli effetti della correzione dell’anemia sui parametri cardiaci nei pazienti con insufficienza renale nelle fasi iniziali (pre-dialisi) sono stati valutati in piccoli studi non-randomizzati (58, 59). Portoles J et al. (58) hanno trat- tato per 6 mesi con EPO umana ricombinante 11 pazienti con ridotta GFR: a seguito di ciò l’Hb è passata da 9 g/dl a 11,7 g/dl e contemporaneamente si è assistito ad una riduzione della massa ventricolare sinistra (LVMI da 178 g/m2 a 147 g/m2). Analogamente Hayashi T et al. (59), trattando con EPO 9 pazienti con ridotta GFR, hanno osservato che la parziale correzione dell’anemia (Ht da 23,6% a 30%) si è accompagnata a una riduzione del LVMI da 140,6 g/m2 a 126,9 g/m2 e che il ritorno alla normalità dell’Ht (40%), ha ulteriormente ridotto questo indice a 111,2 g/m2 (Figura 7). Studi randomizzati hanno inoltre evidenziato che nei pazienti in pre-dialisi il trattamento dell’anemia con EPO migliora a livello cardiovascolare anche la capacità d’esercizio (60, 61). Lo studio CHOIR (Correction of Hemoglobin and Outcomes in Renal Insufficiency) e lo studio CREATE (Cardiovascular Reduction by Early Anemia Treatment with Epoietin Beta), tutt’ora in corso, forniranno ulteriori indicazioni su quale debba essere, nei pazienti con insufficienza renale, il valore di Hb a cui iniziare la terapia e quale il target da raggiungere per prevenire al meglio le complicanze cardiovascolari (24, 62). St Peter WL et al. (63) hanno comunque dimostrato che nel periodo pre-dialisi il regolare impiego di EPO, piuttosto che il suo uso sporadico o addirittura il suo non utilizzo, riduce l’incidenza delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. In conclusione, i dati sopraesposti indicano la necessità, nella storia evolutiva dell’insufficienza renale, di una precoce correzione dell’anemia per migliorare la prognosi, sopratutto cardiovascolare, del paziente uremico. p = 0,01 200 180 4 mesi Ematocrito 32,1±1,8% 160 LVMI (g/m2) INFORMED vol. 7, n. 3, 2004 6 Trattamento dell’anemia nello scompenso cardiaco 140 120 100 12 mesi Ematocrito 39,1±2,4% 80 60 40 p = ns 20 p = 0,03 0 Basale n=9 Correzione parziale Ematocrito nella norma Figura 7. Riduzione dell’ipertrofia ventricolare sinistra dopo normalizzazione dell’ematocrito in pazienti in pre-dialisi.59 Se lo scompenso cardiaco svolge un ruolo importante nella progressione dell’insufficienza renale e dell’anemia, ciò significa che un suo tempestivo ed adeguato trattamento migliorerà, non solo la performance cardiaca, ma anche il quadro ematologico e la funzione renale (5). Studi sperimentali e clinici hanno evidenziato che la terapia dello scompenso cardiaco, accanto a ACE-inibitori e/o bloccanti i recettori dell’angiotensina II, β- Bibliografia prevents the progression of both the heart and the renal failure and markedly reduces hospitalization. Clin Nephrol 2002 J; 58 (Suppl 1):S37 4. Bonomini M, Sirolli V. Uremic toxicity and anemia. J Nephrol 2003; 16:21 5. Silverberg D, Wexler D, Blum M, et al. The cardio-renal anaemia syndrome: does it exist? Nephrol Dial Transplant 2003;18 (Suppl 8):VIII7 6. Gilbertson D, Li S, Murray AM, et al. Competing risks of death vs ESRD in Medicare beneficiaries age 65+ with chronic kidney disease CHF and anemia. J Am Soc Nephrol 2002; 13:SA848 in chronic renal failure. J Nephrol 2002; 15:104 21. Keane WF, Brenner BM, de Zeeuw D, et al. The risk of developing end-stage renal disease in patients with type 2 diabetes and nephropathy: the RENAAL study. Kidney Int 2003; 63:1499 22. Zoccali C. 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Infatti, due recenti studi in vitro hanno mostrato che l’EPO può direttamente ridurre l’apoptosi di miocardiociti che si trovano in condizioni di ischemia (65, 66) e indagini condotte nel ratto (64) e nel coniglio (65) hanno messo in luce che quando si produce artificialmente un infarto miocardico, la precoce somministrazione di EPO ha come effetto la riduzione dell’area necrotica e il miglioramento della funzionalità cardiaca, indipendentemente dall’azione sui livelli di Hb, che per altro sono apparsi immodificati. Le conseguenze del trattamento dell’anemia con EPO nel paziente con scompenso cardiaco sono state studiate da Silverberg DS et al. (45, 67) che hanno osservato come l’incremento dei valori di Hb si accompagni ad un aumento (fino al 42%) della classe NYHA. Questo evidente miglioramento clinico della funzione miocardica ha avuto conferme in un recente studio di Mancini DM et al. (68) in cui la correzione dell’anemia in pazienti con scompenso cardiaco moderato/grave si è accompagnato anche ad un aumento del picco del consumo di O2 e della capacità d’esercizio. vol. 7, n. 3, 2004 7 INFORMED vol. 7, n. 3, 2004 8 39. Macdougall IC. The role of ACE inhibitors and angiotensin II receptor blockers in the response to epoetin. Nephrol Dial Transplant 1999; 14:1836 50. Madore F. Uremia-related metabolic cardiac risk factors in chronic kidney disease. Semin Dial. 2003; 16:148 40. Vaziri ND. Erythropoietin and transferrin metabolism in nephrotic syndrome. Am J Kidney Dis 2001; 38:1 51. Hillege HL, Girbes AR, de Kam PJ, et al. Renal function, neurohormonal activation, and survival in patients with chronic heart failure. Circulation 2000; 102:203 41. Horwich TB, Fonarow GC, Hamilton MA, et al. Anemia is associated with worse symptoms, greater impairment in functional capacity and a significant increase in mortality in patients with advanced heart failure. 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