Componenti per l`elettronica di potenza

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Componenti per l’elettronica di potenza
Materiali semiconduttori.
Col nome di semiconduttori si denotano alcuni materiali aventi resistività intermedia fra quella
dei conduttori e degli isolanti. I più comunemente usati sono il germanio e il silicio, che hanno
rispettivamente una resistività di circa 0,6 e 2 x 103 Ωm. Si tratta di elementi tetravalenti,
aventi in altre parole quattro elettroni di valenza, i cui atomi si aggregano in cristalli ove
ciascuno mette in comunione i suoi quattro elettroni di valenza con altrettanti atomi contigui. Ciò
significa che intorno a ogni atomo ruotano otto elettroni, quattro propri dell'atomo stesso e
quattro propri di quattro atomi contigui. Ne risulta una struttura cristallina assai stabile, in virtù
degli stretti legami covalenti con cui gli elettroni in comune vincolano atomi adiacenti (Fig.1).
Tuttavia, già a temperatura ambiente, alcuni degli elettroni di valenza acquistano un'energia
sufficiente a svincolarsi dai loro atomi e a passare allo stato di elettroni liberi, lasciando
ciascuno nel reticolo cristallino un posto vuoto, cui si assegna il nome di «lacuna» (Fig.2). La
lacuna rende disponibile nel semiconduttore una carica positiva.
Fig.1
Fig.2
Se si sottopone a un campo elettrico un cristallo di materiale semiconduttore, ad esempio di
silicio, gli elettroni liberi si muovono in verso opposto a quello del campo, secondo lo stesso
meccanismo che dà origine alla corrente elettrica nei conduttori. Anche gli elettroni di valenza
ancora legati ai loro atomi sono sollecitati a spostarsi in verso opposto a quello del campo
elettrico, ma ne sono impediti dai vincoli di attrazione che li legano ai rispettivi atomi. Accade
però che se un elettrone di valenza di un atomo è sospinto dal campo verso un atomo contiguo che
presenti una lacuna, tale elettrone è catturato dall'atomo contiguo, neutralizzandone la lacuna ma
dando origine a una nuova lacuna in corrispondenza dell'atomo da cui è partito. Tutto avviene cioè
come se la lacuna si fosse spostata nello stesso verso del campo elettrico. Le lacune si
comportano cioè come delle cariche positive.
Poiché il fenomeno si ripete subito dopo per un elettrone di un atomo adiacente alla nuova lacuna
formatasi, si può affermare che la presenza del campo elettrico provoca uno scorrimento delle
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lacune nello stesso verso del campo. È possibile perciò concludere che in un semiconduttore
sottoposto a un campo elettrico si genera una corrente, avente lo stesso verso convenzionale del
campo, costituita da uno scorrimento degli elettroni liberi in verso opposto a quello del campo e
da uno scorrimento delle lacune in verso concorde a quello del campo.
Nei semiconduttori puri il numero degli elettroni liberi coincide evidentemente con il numero
delle lacune. Questa situazione viene invece sensibilmente alterata se al semiconduttore sono
aggiunte opportune impurità. Si supponga ad esempio di introdurre, nel processo di produzione di
un cristallo di silicio, piccolissime quantità di un elemento pentavalente (ad esempio fosforo o
antimonio o arsenico); gli atomi dell'impurità aggiunta si inseriscono, senza alterarlo, nel reticolo
cristallino del silicio, occupando il posto di altrettanti atomi di silicio (Fig.3).
Fig.3
Fig.4
Tuttavia solo quattro dei cinque elettroni di valenza dei nuovi atomi sono necessari a stabilire i
legami covalenti con gli atomi adiacenti del reticolo, mentre il quinto elettrone passa
immediatamente allo stato di elettrone libero, senza che con ciò si formi una nuova lacuna nel
reticolo cristallino. Ne consegue che la presenza di impurità pentavalenti provoca un aumento del
numero degli elettroni liberi del semiconduttore, mentre non aumenta invece il numero delle
lacune. Il semiconduttore si dice in tal caso drogato di tipo n (negativo): in esso gli elettroni
liberi sono chiamati cariche di maggioranza e le lacune cariche di minoranza. Viceversa se si
aggiungono delle piccole quantità di un elemento trivalente (ad esempio boro o indio o gallio),
Fig.4, i nuovi atomi si inseriscono nel reticolo cristallino al posto di altrettanti atomi di silicio. I
legami con atomi adiacenti sono però imperfetti, perché gli atomi estranei contribuiscono ad essi
con soli tre elettroni di valenza; ne segue che in corrispondenza di ogni atomo di impurità si
forma una lacuna, senza che alcun elettrone di valenza passi allo stato libero. La presenza di
impurità trivalenti provoca quindi un aumento del numero delle lacune, mentre non aumenta il
numero degli elettroni liberi. Il semiconduttore si dice in tal caso drogato di tipo p (positivo); le
lacune sono ora cariche di maggioranza e gli elettroni cariche di minoranza.
Giunzione p-n
Introducendo in un cristallo puro di silicio o di germanio impurità di tipo p da un estremo ed
impurità di tipo n dall'altro, la superficie di separazione, nell'interno del cristallo, tra un tipo di
impurità e l'altro è chiamata giunzione p-n (p-n junction). Poiché la concentrazione delle cariche
libere è completamente diversa nelle due zone, nasce una corrente di diffusione: elettroni e
lacune attraversano la giunzione in senso opposto. Alcuni elettroni liberi, che si trovano nella
zona di tipo n, attraversano la giunzione e, in prossimità di essa, si ricombinano con le lacune della
zona di tipo p. Alcune lacune, che si trovano nella zona di tipo p, attraversano la giunzione e, in
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prossimità di essa, si ricombinano con gli elettroni della zona di tipo n. Tale ricombinazione
determina una diminuzione delle cariche libere in una piccola regione a cavallo della giunzione,
chiamata strato di svuotamento (depletion layer o transition region). Si osservi che in prossimità
della giunzione gli ioni negativi della zona p sono privi delle corrispondenti lacune, sia perché
queste sono diffuse nella zona n, sia perché si sono ricombinate con elettroni provenienti dalla
zona n. Allo stesso modo, gli ioni positivi della zona n sono privi dei corrispondenti elettroni, sia
perché questi sono diffusi nella zona p, sia perché si sono ricombinati con le lacune provenienti
dalla zona p. Immediatamente ai lati della giunzione, dunque, vi sono cariche fisse negative a
sinistra e positive a destra: lontano dalla giunzione, invece, ogni carica fissa è elettricamente
neutralizzata dalla corrispondente carica mobile di segno opposto. La presenza di cariche non
neutralizzate (uncovered charges) ai lati della giunzione determina la creazione di un campo
elettrico e, quindi, di una differenza di potenziale di valore massimo V0 (Fig.5). Viene così
ostacolata l'ulteriore diffusione delle cariche mobili di tipo maggioritario. Soltanto quelle dotate
di energia sufficiente a vincere la barriera di potenziale, cioè W = q V0, possono attraversare la
giunzione. La corrente di diffusione, quindi, diminuisce all'aumentare di V0. Bisogna ricordare,
però, che nel cristallo sono presenti anche le cariche minoritarie; in particolare delle lacune nella
zona di tipo n, e degli elettroni nella zona di tipo p. La barriera di potenziale agevola il passaggio
attraverso la giunzione di tali cariche minoritarie, che originano, quindi, una corrente di drift.
Fig.5
Fig.6
In corrispondenza alla giunzione coesistono, dunque, sia una corrente di diffusione Il sia una
corrente di drift I2, dirette però in senso opposto (Fig.6).
Al crescere di V0 si riduce la corrente di diffusione, inizialmente preponderante, finché non
diventa uguale a quella di drift: diventando nulla la carica complessiva che attraversa la
giunzione, la d.d.p. V0 non può variare ulteriormente e si giunge ad una situazione di equilibrio.
Diodi a giunzione.
Il diodo a giunzione è costituito da un cristallo di materiale semiconduttore (germanio o silicio),
in cui sono a diretto contatto due zone drogate rispettivamente con impurità di tipo p e di tipo n.
Il diodo è essenzialmente una giunzione, che viene opportunamente polarizzata tramite un
circuito elettrico esterno. Più in dettaglio, polarizzare una giunzione p-n significa applicare ai
terminali metallici, collegati alle zone p ed n di cui si è detto sopra, una tensione V, che risulta
localizzata ai capi della giunzione p-n. A circuito aperto, si è detto che è presente in equilibrio un
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certo potenziale di contatto V0. Applicando una tensione tramite dei contatti ohmici, a seconda
della polarità di V la barriera di potenziale può aumentare o diminuire ed in corrispondenza si ha
una polarizzazione inversa o diretta (reverse/ direct biased junction).
Diodo polarizzato inversamente. In Fig.7 il polo negativo della batteria V è collegato alla zona p
e quello positivo alla zona n. La d.d.p. V è allora concorde con V0 e l'altezza della barriera di
potenziale viene aumentata. Diminuisce di conseguenza la corrente di diffusione e prevale, quindi,
quella di drift.
Fig.7
Fig.8
Infatti, lacune della zona p vengono attratte dal polo negativo della batteria V ed elettroni liberi
della zona n vengono attratti dal polo positivo della batteria V. Il depletion layer si allarga,
aumenta cioè il numero di ioni non neutralizzati ai Iati della giunzione e, quindi, l'altezza della
barriera di potenziale. Al crescere in valore assoluto della tensione V, la corrente di diffusione
diminuisce fino ad annullarsi: rimane allora la sola corrente di drift, I0, indipendente da VI. Tale
corrente viene detta inversa (reverse current): essa è dell'ordine del µA per il germanio e del
nA per il silicio: essa dipende fortemente dalla temperatura, crescendo con essa circa
esponenzialmente. Si deve infatti ricordare che la corrente di drift è dovuta alle cariche
minoritarie (lacune di n che passano in p ed elettroni liberi di p che passano in n), cioè coppie
elettrone-lacuna del cristallo base il cui numero dipende esclusivamente, e fortemente, dalla
temperatura.
Diodo polarizzato direttamente: In Fig.8 il polo positivo della batteria è collegato alla regione di
tipo p e quello negativo a quella di tipo n. La d.d.p. V è allora discorde da quella V0 e l'altezza
della barriera di potenziale viene diminuita. Sulla corrente di drift prevale quella di diffusione,
che può assumere valori molto maggiori della prima, tanto più quanto maggiore è V. Il meccanismo
della conduzione diventa il seguente. Nel circuito esterno circolano, naturalmente, soltanto
elettroni, uscenti dal polo negativo ed entranti in quello positivo della batteria. Da un lato
elettroni escono dal polo negativo della batteria, entrano e si diffondono nella zona n. Dall'altro
lato elettroni dalla zona p entrano nel polo positivo della batteria, che ha determinato la rottura
dei loro legami covalenti e la formazione di nuove lacune. La corrente nel cristallo,
prevalentemente di diffusione, è costituita da elettroni e lacune: elettroni liberi passano da n a p
e qui si ricombinano. Lacune passano da p a n e qui si ricombinano. Tale corrente,
prevalentemente di diffusione, si dice diretta (direct current): essa è funzione, soprattutto,
della tensione applicata e, in minor misura, della temperatura. Il suo valore diventa decisamente
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più grande di quello I0 della corrente inversa solo quando V supera un determinato valore, detto
tensione di soglia (threshold voltage). Normalmente per il germanio si ha una tensione di soglia di
0,1 V; per il silicio, invece, essa vale 0,5 V.
Massima tensione diretta. Quando V tende ad annullare V0, non esiste più il depletion layer: la
barriera di potenziale non limita più il valore della corrente diretta, che viene limitata
esclusivamente dal circuito esterno. La tensione V, tuttavia, non si trasferisce tutta ai capi della
giunzione, perché non è più trascurabile la caduta di tensione sui contatti metallici e sul
semiconduttore drogato, esterno al depletion layer. La corrente deve però essere limitata dal
circuito esterno, se si vuole evitare la distruzione del dispositivo. La massima tensione V non
distruttiva è dell'ordine del Volt per il silicio e di qualche decimo di Volt per il germanio.
Macroscopicamente, il diodo presenta una resistenza assai piccola ad una corrente avente verso
convenzionale diretto (all'interno del cristallo) dalla zona di drogatura p alla zona a drogatura n,
mentre interdice praticamente ogni circolazione di corrente in verso opposto. Questo fatto può
essere rilevato sperimentalmente mediante il circuito riportato in Fig.9.
Fig.9
Fig.10
Quando la tensione U applicata al diodo D è positiva, l'amperometro indica la circolazione di una
corrente, che va crescendo col crescere della tensione applicata. Si dice allora che il diodo è
polarizzato direttamente e si trova in stato di conduzione. Se invece il diodo è sottoposto a una
tensione negativa, l’amperometro non dà alcuna indicazione apprezzabile di corrente e si dice che
il diodo è polarizzato inversamente e si trova in stato di interdizione. È evidente quindi che la
giunzione p-n che costituisce il diodo si comporta come una «valvola» che permette la
circolazione della corrente in un dato verso, mentre la impedisce nel verso opposto. Ciò vuol dire,
in altri termini, che il diodo è un dispositivo a semiconduttore assimilabile a un interruttore
ideale comandato (con rapidità elevatissima) dalla tensione stessa che lo alimenta: l'interruttore
è chiuso se la tensione è positiva, è invece aperto se la tensione applicata è negativa. Questo
particolare comportamento del diodo a giunzione viene messo in evidenza dal grafico di Fig.10
che rappresenta la caratteristica di conduzione del diodo. Come si può osservare, quando la
tensione applicata assume valori positivi (tensione diretta UD), il diodo si lascia liberamente
attraversare da una corrente diretta ID la cui intensità è tanto maggiore quanto maggiore è la
tensione diretta applicata. Per ogni diodo disponibile in commercio è fissato un valore della
corrente massima diretta che non deve mai essere superato poiché, al disopra di questa intensità
di corrente, il riscaldamento diventa intollerabile per la buona conservazione del dispositivo.
Assegnata la curva caratteristica del diodo si può analizzare il funzionamento di un circuito che
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includa il diodo stesso. Si consideri ad esempio il circuito di Fig.11. In serie con il generatore di
f.e.m. E si ha il diodo D e la resistenza di carico R. Tra la corrente I e la tensione U esistente ai
capi A e K del diodo si ha il legame funzionale dato dalla curva di Fig.12.
Fig.11
Fig.12
Fra gli stessi punti A e K vale anche la relazione U = E -R I, caratteristica del bipolo costituito
dal generatore di f.e.m. E e dalla resistenza di carico R: nel diagramma tale relazione è
rappresentata dalla cosiddetta retta di carico tra P1 e P2. Il punto P1 è determinato dalla
tensione a vuoto Uo = E; il punto P2 dalla corrente di cortocircuito Icc = E/R. E' evidente che
l'intersezione tra la caratteristica del diodo e quella del carico determina l'unico punto P (punto
di lavoro) che appartiene sia alla caratteristica del diodo che alla retta di carico, e perciò
definisce la tensione U e la corrente I a cui il circuito si porta a funzionare.
Transistore ad effetto di campo a giunzione (JFET).
Il transistore ad effetto di campo a giunzione (JFET, Junction Field Effect Transistor) è
costituito da una barretta di semiconduttore (Silicio, raramente Germanio) debolmente drogato
ai cui lati si hanno due zone drogate in modo opposto e più intensamente. Le zone laterali sono
chiamate gate (G), e quella centrale canale. Esistono due tipi di transistore: il tipo a canale n (più
diffuso) e il tipo a canale p. Si chiama source (sorgente, S) l'estremità del canale da cui
provengono i portatori di carica, e drain (pozzo, scarico, D) l'estremità verso cui si dirigono.
Tensione di pinch-off: Si consideri, ad esempio, un transistore a canale n, come in Fig.1. Se si
polarizza inversamente la giunzione gate-canale, e la corrente di drain è nulla (ID = O), attorno
alla giunzione si ha una zona di svuotamento e la corrente di gate è nulla. Si può osservare che in
assenza di corrente circolante nella barretta,
tutti i punti del canale sono equipotenziali ed il
depletion layer presenta, quindi, spessore
uniforme (Fig.1). Quanto maggiore è la tensione
VGS di polarizzazione inversa, tanto più si
allarga la zona di svuotamento e si restringe il
canale. Ad ogni valore di VGS corrisponde una
sezione del canale e quindi una diversa
resistenza tra drain e source. Si ottiene dunque
una resistenza controllata dalla tensione di
Fig.1
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polarizzazione inversa (voltage controlled resistance, VCR). Poiché il canale è drogato più
debolmente del gate, la zona di svuotamento si estende notevolmente nel canale ed il controllo è
molto sensibile. All'aumentare della polarizzazione inversa, ad un certo punto, quando la tensione
di polarizzazione inversa gate-canale raggiunge il valore detto tensione di pinch-off (VP), la zona
di svuotamento occupa tutto il canale che risulta privo di cariche libere. In corrispondenza, la
resistenza tra i terminali D e S, teoricamente infinita, è dell'ordine del MΩ.
Zona a corrente costante: Si supponga ora VGS = 0, e al drain sia applicata una tensione positiva
rispetto al source, VDS > 0, come in Fig.2. In presenza di piccole tensioni VDS la la sbarretta di
tipo n si comporta come una semplice resistenza a semiconduttore, e la Id cresce linearmente con
VDS. Al crescere della corrente, la caduta resistiva tra regione del canale e gate polarizza
inversamente la giunzione e la parte conduttrice del canale comincia a restringersi, in modo non
uniforme. Al crescere della tensione si arriva ad una strozzatura quasi completa del canale. Il
canale, infatti, non può chiudersi completamente, perché verrebbe meno la corrente e con lei
anche la caduta di tipo resistivo che attua la polarizzazione inversa. La corrente Id dipende dalla
mobilità delle cariche maggioritarie, ovvero dagli elettroni. Tale mobilità è costante per campi
magnetici inferiori a 1000 V/m. Dunque la corrente cresce con la tensione, secondo la legge di
Ohm. Quando il canale si strozza sulle cariche agiscono campi magnetici molto elevati, per i quali
la mobilità delle cariche risulta inversamente proporzionale al campo elettrico. Il risultato è che
aumentando la tensione la corrente nella strozzatura rimane costante. Si giunge dunque ad un
equilibrio dinamico con una corrente costante ed uno spessore della strozzatura pure costante.
Al crescere ulteriore di VDS la zona strozzata si allunga, dunque si allunga il tratto in cui la
velocità delle cariche (data dal prodotto della mobilità per il campo elettrico) è costante.
Naturalmente, se si applica anche una tensione VGS il canale risulta già in parte (ed
uniformemente) strozzato, per cui si arriverà alla strozzatura (pinch off) con una tensione
canale-gate dovuta alla caduta resistiva inferiore, ovvero con correnti di drain più basse e
tensioni VDS minori, come si può riscontrare nelle caratteristiche d’uscita del componente.
Curve caratteristiche del JFET.
Il funzionamento del transistore è rappresentato completamente dalla famiglia delle
caratteristiche di drain o d'uscita. Queste rappresentano la corrente di drain ID in funzione
della tensione drain-source VDS, con parametro la tensione gate-source VGS. Una tipica
caratteristica (ID, VDS) è riportata in Fig.3.
Nel tratto di funzionamento normale oltre la tensione di pinch-off, ID è costante e il suo valore
dipende solo da VGS. Con buona approssimazione il circuito equivalente del transistore FET può
essere rappresentato da un generatore ideale di corrente comandato in tensione da VGS, cosi
come rappresentato in Fig.4. La grandezza gm = ID/VGS viene definita transconduttanza. Per
quanto riguarda l'ingresso del transistore, si presenta come un diodo polarizzato inversamente,
ed ha quindi resistenza elevatissima (anche 1011 Ω). La corrente di gate IG è dunque
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praticamente nulla, e ciò giustifica la parte sinistra del circuito di Fig.4. Si può concludere che il
FET può considerarsi un dispositivo controllato solo in tensione.
Fig.3
Fig.4
Transistori bipolari a giunzione (BJT).
Il transistore bipolare a giunzione (BJT, Bipolar Junction Transistor) è costituito da un
semiconduttore (silicio o germanio) diviso in tre parti drogate alternativamente in modo diverso,
di tipo p o di tipo n. Esistono quindi due tipi di transistore: il tipo p-n-p e il tipo n-p-n. La zona
centrale molto sottile e poco drogata viene chiamata base (H); le altre due zone sono dette
emettitore (E) e collettore (C). Essenzialmente l'emettitore è una sorgente di cariche di
maggioranza che passano attraverso la base e per la maggior parte raggiungono il collettore
(Fig.13). Poiché la base è molto sottile e debolmente drogata, piccola è la frazione di cariche
catturate dal suo elettrodo.
Fig.13
Fig.14
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Ovviamente per la corrente è valida la relazione IE = IB + IC. Il rapporto β = IC/IB è detto
coefficiente di amplificazione di corrente. In pratica esso dipende solo dalla struttura della base
e non dalle tensioni collettore-emettitore (UCE) o base-emettitore (UBE); β ha valore
sensibilmente costante e compreso tra 10 e 150. Ad esso è dovuto il potere amplificatore del
transistore, essendo IC =β IB: al variare della corrente di base IB varia la corrente di collettore
IC; in questo senso il BJT è detto «a comando di corrente». Nel funzionamento normale, cioè
quando il transistore è in conduzione, la giunzione base-emettitore è polarizzata direttamente e
la giunzione base-collettore è polarizzata inversamente (Fig.14). Perciò normalmente UBE è dello
stesso segno di UCE. Quando la giunzione base-emettitore è polarizzata inversamente si ha IB =
0 (per il BJT al silicio è sufficiente che sia cortocircuitata), allora il transistor non conduce
(resta solo una debole corrente di minoranza). In Fig.15 sono riportate le caratteristiche di
collettore o d'uscita. Esse rappresentano la corrente di collettore IC in funzione della tensione
collettore-emettitore UCE, parametrizzate dalla corrente di base IB. Si ha IC = f(UCE, IB). Nel
tratto di funzionamento normale le curve sono quasi orizzontali, appunto perché le Ic sono circa
costanti, cioè indipendenti da UCE, quando si tenga costante IB.
In prima approssimazione questo funzionamento può essere rappresentato da un circuito
equivalente costituito da un generatore ideale di corrente comandato da IB così come nella parte
destra della Fig.17, in cui IC=β IB.
Fig.15
Fig.16
Fig.17
Al di sotto del ginocchio invece non si ha più questo funzionamento; UCE è bassa, inferiore a UBE,
a)
si inverte la polarizzazione della giunzione B-C, entrambe le giunzioni conducono. In Fig.16 sono
Fig.1 – Caratteristiche del transistor di potenza
riportate le caratteristiche di base o di ingresso. Rappresentano la corrente di base IB in
funzione della tensione base-emettitore UBE. Le curve sono parametrate dalla tensione
collettore-emettitore UCE. In realtà esse dipendono poco da UCE e spesso viene fornita una sola
curva. In prima approssimazione, allora, poiché la corrente IB dipende solo dalla tensione UBE,
nel circuito equivalente di Fig.17 si dispone la resistenza RBE. Questa figura nel suo complesso
rappresenta quindi il circuito equivalente semplificato del transistore BJT.
Transistore bipolare di potenza - Il transistore bipolare (bipolar junction transistor: BJT) è un
componente a semiconduttore a tre strati e, quindi, due giunzioni n-p generalmente noto come
amplificatore di segnale. In questo contesto se ne illustra l'impiego come interruttore statico di
potenza (power switch). Per descrivere le condizioni operative di un transistore di potenza
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funzionante da interruttore statico si faccia riferimento alla Fig.1 a) ove è mostrato un circuito
in cui un transistore di potenza è utilizzato come interruttore per connettere o no un carico
resistivo R ad una sorgente di f.e.m. Us. La Fig.1-b) illustra le caratteristiche UCE - IC del
transistore assieme alla retta di carico definita dall'equazione IC = (US - UCE)/R. Si supponga
dapprima che l'interruttore S sia aperto cosicché nessuna corrente interessa la base del
transistore: IB = 0. Il punto di lavoro corrisponde pertanto al punto B nella Fig.1-b)
corrispondente all'intersezione fra la curva del transistore a corrente di base nulla con la retta
di carico. Si dice in questo caso che il transistore è in condizioni di blocco (OFF) ed esso è
assimilabile ad un interruttore aperto essendo molto piccola la corrente di collettore che lo
percorre mentre la tensione UCE è praticamente pari alla tensione US della sorgente di
alimentazione. Esiste un limite superiore alla tensione che un transistore di potenza è capace di
sostenere in condizioni di blocco, superato il quale si hanno effetti distruttivi della sua struttura
interna (breakdown). Se ora s’invia una corrente di base IB non nulla come la IB1 il punto di lavoro
si sposta in A che si trova nella regione di funzionamento lineare o regione attiva del transistore.
Essa corrisponde al settore che sta fra l'asse orizzontale e la retta a ed è la regione di
funzionamento tipicamente impiegata nelle applicazioni del transistore come amplificatore di
segnale, ma accuratamente da evitare nei transistori di potenza. Infatti, le correnti e le tensioni
usualmente in gioco sono tali che la dissipazione di potenza nel transistore operante in A non è
assolutamente sopportabile, neanche per tempi brevissimi. Inviando invece una corrente di base
come la IB3 il punto di lavoro si sposta in S ove si manifesta la minima tensione UCE possibile per
quella corrente di collettore, quest'ultima essendo circa pari a US/R. Il regime di funzionamento
descritto da punti come S che stanno sulla linea s prende il nome di funzionamento in saturazione
e la tensione fra collettore ed emettitore corrispondente è indicata con UCEsat. In virtù della
piccola caduta di tensione la potenza dissipata dal transistore è in questo caso modesta anche
con correnti notevoli e quindi il funzionamento in saturazione è adatto alle applicazioni di
potenza. Si afferma che il transistore è in conduzione (ON) ed esso è ora assimilabile ad un
interruttore chiuso. I passaggi dal funzionamento in blocco a quello in conduzione e viceversa non
sono in pratica istantanei, ma, con adeguate correnti di base, sono comunque estremamente
rapidi. Per contenere le durate di tali transizioni e l'energia dissipata ad esse connessa, il punto
di funzionamento in conduzione può essere portato in Q, nel settore fra le linee s ed a, detto di
quasi saturazione, caratterizzato comunque da una ridotta caduta di tensione. Lo studio del
comportamento fin qui fatto è stato limitato a tensioni UCE e correnti IC maggiori di zero. Sono
queste in effetti le sole condizioni di pratica utilità: i componenti BJT non ammettono, per la loro
struttura interna, correnti collettore-emettitore negative e la tensione di blocco inversa non
supera i 20 V. Le perdite di potenza dei BJT possono esser distinte in perdite per conduzione e
perdite per commutazione. Le prime sono dovute alle già citate cadute di tensione e correnti di
conduzione come in un qualsiasi conduttore. Le seconde si manifestano durante i cambiamenti di
stato, dipendono dalle modo di comando del transistore e dal circuito nel quale è inserito oltre ad
essere proporzionali alla frequenza con cui si ripetono le commutazioni. I transistori di potenza
oggigiorno disponibili sono capaci di sostenere tensioni di blocco che vanno da 100 V a 1000 V
con correnti di conduzione comprese rispettivamente fra qualche centinaio e qualche decina di
ampere. I tempi di transizione dallo stato ON a quello OFF e viceversa sono in genere di 10-20
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µs e la frequenza di commutazione arriva a qualche KHz. I transistori di potenza hanno avuto
grandissima diffusione, ma ad essi sono attualmente quasi sempre preferiti i transistori IGBT.
Insulated Gate Bipolar Transistor (IGBT).
La capacità del FET di condurre corrente è severamente limitata dalla intrinseca elevata
resistenza dello strato attivo. Per evitare dissipazioni eccessive la densità di corrente deve
essere quindi limitata ad un basso valore. Pertanto per raggiungere correnti elevate sono
necessarie ampie aree di silicio. I transistori bipolari, costruttivamente diversi, permettono
densità di corrente maggiori. L'ibridazione di tecnologia FET e BJT costituisce un passo avanti
fondamentale nella moderna elettronica di potenza, e forma la base tecnologica degli IGBT .
Tecnologia: L 'IGBT è un dispositivo a quattro strati i cui componenti essenziali sono un
MOSFET ed un transistore bipolare del tipo PNP. Il suo circuito equivalente è rappresentato in
Fig.8.
Fig.8
Fig.9
La base del transistore PNP è alimentata direttamente dal MOSFET. Quindi la connessione di
gate dell'IGBT è isolata dalla base del bipolare attraverso il MOSFET. Di qui l'origine del
termine Insulated Gate Bipolar Transistor (IGBT). Il transistor NPN presente è un elemento
"parassita", che in determinate condizioni di corrente di emettitore può causare la perdita di
controllo da parte del gate. Questo fenomeno, abbastanza complesso, prende il nome di latch-up
("chiavistello").
Caratteristiche dell'IGBT: La caduta di tensione dell'IGBT è la somma della caduta di un diodo
della giunzione PN (base-emettitore del transistor PNP) e di quella del MOSFET di comando. La
Fig.9 illustra la caduta di tensione di due IGBT e di un MOSFET di uguale area di chip ed a pari
corrente. La maggiore limitazione dell'IGBT è rappresentata dalla bassa velocità di turn-off,
dovuta al tempo di vita delle cariche minoritarie della base del PNP. Tale base non è accessibile
per cui non è possibile agire dall'esterno per ridurre il tempo di commutazione. La tecnologia
attuale consente comunque tempi di ON e di OFF inferiori al microsecondo, per dispositivi di
media potenza (decina di ampere). Per quanto riguarda la capacità di sopportare sovracorrenti, è
da ricordare che questa è determinata da sole considerazioni termiche e che è possibile che un
semiconduttore non possa sopportare una corrente elevata poiché, ad elevate correnti, il suo
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guadagno scende a valori molto bassi. Questo comporta un aumento della corrente di pilotaggio e
della relativa tensione base-emettitore, con riscaldamento della giunzione. Il guadagno degli
IGBT raggiunge un massimo a valori di corrente molto superiori a quelli di un bipolare e di un
MOSFET, per i quali il guadagno diminuisce già al limite della corrente nominale. La migliore
situazione dell'IGBT lo rende dunque in grado di sopportare transitoriamente anche correnti
molto elevate. Esse provocano la desaturazione del componente, che deve essere prontamente
rivelata con appositi circuiti di misura, per evitare la distruzione del componente.
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