IMPIANTISTICA DI BORDO
§1
ELEMENTI DI ELETTROTECNICA
§2
MAGNETISMO ED ELETTROMAGNETISMO
§3
PRODUZIONE,TRASFORMAZIONE E DISTRIBUZIONE DELL’ENERGIA
ELETTRICA A BORDO
§4
ALTERNATORI E MOTORI SINCRONI
§5
MOTORI ASINCRONI
§6
DINAMO E MOTORI A CORRENTE CONTINUA
§7
DIODO, TRANSISTOR E STRUMENTI DI MISURA
§8
§9
CAVI ELETTRICI, ISOLAMENTI E GUASTI
SISTEMI ED APPARECCHIATURE DI PROTEZIONE
§10 SISTEMA GENERALE DEGLI IMPIANTI ELETTRICI DI BORDO
CENTRALE ELETTRICA PRINCIPALE E DI EMERGENZA
2
§1- ELEMENTI DI ELETTROTECNICA
1.1 - Struttura elettrica della materia
Ogni corpo in natura è formato da particelle elementari detti atomi la cui struttura si diversifica per i vari
elementi.
Nella sua schematizzazione più generale, un atomo, alla stregua di un sistema solare, è formato da una parte
centrale detta nucleo e da un insieme di elettroni orbitanti attorno ad esso.
Il nucleo, a sua volta, è formato da protoni e neutroni. I protoni hanno carica elettrica positiva, gli
elettroni carica elettrica negativa, mentre i neutroni hanno carica elettrica nulla.
Si deduce, da quanto detto sopra, che il nucleo ha, nel suo complesso, carica elettrica positiva ed attrae a sé
gli elettroni in quanto dotati, come si è detto, di carica elettrica negativa. Infatti, cariche elettriche dello stesso
segno si respingono mentre cariche elettriche di segno contrario si attraggono.
La carica elettrica complessiva degli elettroni è uguale a quella dei protoni per cui l’atomo è elettricamente
neutro.
Gli elettroni sono distribuiti intorno al nucleo su diversi strati ognuno dei quali può contenerne un numero
massimo ben determinato.
Se il numero degli elettroni è minore o superiore al numero dei protoni, l’atomo non è più elettricamente
neutro e si chiama ione.
Uno ione può essere quindi positivo (elettroni in numero inferiore ai protoni) o negativo (elettroni in numero
superiore a quello dei protoni).
La fig. 1 rappresenta schematicamente la struttura di un atomo.
Fig. 1 - Struttura schematica di un atomo
Gli ioni possono quindi essere sia positivi che negativi e si comportano quindi come cariche elettriche.
Una carica elettrica, sia positiva che negativa, genera un campo elettrico che si definisce come la forza alla
quale è soggetta la carica positiva di un coulomb posta nel punto considerato.
E = newton/coulomb
1.2 - La differenza di potenziale
Ponendo una carica positiva q in un campo elettrico generato da una carica Q, pure essa positiva, la carica q
viene respinta fino ai limiti del campo. Ciò comporta un certo lavoro che evidentemente viene fatto dalle forze
del campo.
3
In conclusione, una carica elettrica, posta in un campo elettrico, possiede una certa energia di posizione la
quale viene detta energia potenziale elettrica.
E’ evidente l’analogia con l’energia potenziale gravitazionale. Per sollevare un corpo dal suolo fino ad una
certa altezza si spende una certa energia la quale però si ritrova nel corpo sotto forma di energia gravitazionale
e viene restituita quando il corpo, se lasciato libero, torna al suolo sotto l’azione delle forze del campo
gravitazionale.
I1 lavoro che si compie quando una carica si sposta tra due punti del campo non dipende dalla traiettoria
seguita, ma esclusivamente dai valori dell’energia di posizione che la carica possiede nei due punti considerati.
I1 potenziale elettrico in un punto di un campo elettrico misura il lavoro necessario per portare la carica
positiva di un coulomb da tale punto ai limiti del campo.
Si misura in volt. Un volt si definisce quindi colme il lavoro di 1 joule per portare la carica di 1C da tale punto
fino ai limiti del campo.
I1 potenziale elettrico assume il segno, positivo o negativo della carica che l’ha generato.
Si definisce differenza di potenziale tra due punti A e B di un campo elettrico generato da una carica Q il
lavoro per portare la carica di 1C dal punto A al punto B.
Q(VA -VB) LAB
La differenza di potenziale tra due punti A e B è pari a 1 volt se per spostare la carica di 1C da A a B è
necessario il lavoro di 1 joule.
Definita l’unità di misura del potenziale, il campo elettrico può essere misurato anche con il rapporto
E - V/d
(volt/m)
Esercizio
In un punto posto a d = 2.5m da una carica elettrica positiva vi è il potenziale di 20V. Trovare
l’intensità del campo in tale punto.
E = V/d =
20/2.5
8 V/m
1.3 - Il condensatore
I1 condensatore è un dispositivo costituito da due conduttori (armature) A e B separati da un materiale
isolante (dielettrico).Una delle armature, ad esempio la A, viene elettrizzata mentre l’altra, collegata a
terra, si elettrizza di segno contrario.
Si definisce capacità del condensatore il rapporto tra la carica fornita ad A e la differenza di potenziale tra A
e B. Dato che l’armatura B è collegata a terra allora il potenziale VB = 0 e quindi tale differenza di
potenziale è uguale a VA.
In formule si ha
C = Q/V
La capacità si misura in coulomb/volt cioè in farad (F)
4
Un conduttore ha la capacità elettrica di un Farad se dandogli una carica elettrica di un coloumb
assume il potenziale di un volt.
Se d è la distanza tra le armature di un condensatore ed la costante dielettrica del mezzo interposto, la
capacità si calcola con la seguente formula:
C = e S/d
Poiché il farad è una unità di misura enorme, in pratica si usano sempre i suoi sottomultipli, i più comuni dei
quali sono:
il millifarad, il microfarad, il millimicrofarad, il picofarad
I condensatori possono essere collegati
a) in parallelo. In tal caso, la capacità dell’intero sistema è pari alla somma delle capacità
dei singoli condensatori.
C = C1 + C2 + C3 +
+ Cn
b) in serie. In tal caso, l’inverso della capacità dell’intero sistema è pari alla somma degli inversi della
capacità dei singoli condensatori.
I/C = l/C1 + 1/C2 + 1/C3 + l/Cn
Se i condensatori sono tutti di uguale capacità CO allora
l/C = n/Co
e quindi
C = Co/n
1.4 - Generatore elettrico
Se si congiungono due punti a diverso potenziale allora nel filo che li collega si ha il passaggio di una corrente.
Se si vuole che il flusso delle cariche elettriche abbia una durata ragionevole, tale cioè da consentirne l’utilizzazione pratica (illuminazione, riscaldamento ecc.) è necessario realizzare dei dispositivi (generatori elettrici)
capaci di pompare continuamente le cariche da un polo all’altro, in modo da mantenere costantemente tra di
essi una differenza di potenziale.
Facciamo le seguenti considerazioni:
a) un conduttore A possiede elettroni in eccesso e costituisce quindi un polo negativo. Come polo
positivo si assume il conduttore B.
b) collegando i due poli mediante un conduttore metallico C, gli elettroni fluiscono attraverso di esso
da A verso B (corrente elettrica).
c) ad un certo punto, i due conduttori A e B raggiungono l’equilibrio elettrico: la differenza di
potenziale tra di essi si annulla ed attraverso C non passa più corrente.
d) l’inserimento di un generatore cioè di un dispositivo capace di pompare elettroni travasandoli da
B ad A attraverso dei conduttori interni al generatore stesso consente di ristabilire una certa
differenza di potenziale tra A e B.
e) il generatore, funzionando con continuità, ripristina ad ogni istante la differenza di potenziale la
quale altrimenti tenderebbe ad annullarsi. Il generatore garantisce quindi un flusso ininterrotto di
5
- Disposizione degli elementi in accumulatore per autoveicoli.
1 - Piastra positiva
2 - Separatori.
3 - Piastra negativa.
elettroni da A verso B attraverso C (circuito esterno) pompando ininterrottamente elettroni da B verso A
attraverso propri conduttori (circuito interno).
Un generatore di tensione continua è l’accumulatore, spesso usato come gruppo di continuità di emergenza il
cui compito è quindi quello di intervenire in caso di mancanza di alimentazione primaria. I tipi di accumulatori
più diffusi nelle piccole imbarcazioni sono quelli al piombo. Questi danno tensioni di circa 2 volt per coppia di
elettrodi.
Essenzialmente un accumulatore consta di:
•
•
•
una vasca (cella elettrolitica) contenente una soluzione di acido solforico (30%) e acqua distillata.
una serie di piastre che fungono da separatori.
due elettrodi. L’uno è realizzato in minio (biossido di piombo) che costituisce il polo positivo. l’altro
in piombo grigio scuro che costituisce l’elettrodo negativo.
L’acido si dissocia in acqua formando ioni H++ ed SO4 —. In seguito a fenomeni elettrochimici le
cariche positive tendono a separarsi da quelle negative. Le prime si dirigono verso il polo (+) le altre al
polo (-) generando una tensione agli elettrodi.
Nel caso di accumulatori al piombo la tensione per cella è di circa 2 volt. Pertanto, per avere 12V si devono
mettere 6 celle elettrolitiche in serie.
I dati caratteristici di targa sono:
•
la capacità, espressa in ampere.ora (Ah). Essa rappresenta la quantità di carica prelevabile da una
batteria, come corrente. Ad esempio, se la targhetta dell’accumulatore indica 45Ah significa che esso è
in grado di erogare 45A per un’ora. La sua durata sarà tanto più elevata, quanto minore sarà la corrente
richiesta.
6
•
corrente massima erogabile che esprime il numero massimo di ampere prelevabili pena la rottura dei
collegamenti interni della batteria.
Gli accumulatori devono essere posti in locali aerati in quanto, durante la carica oppure in condizioni di
non utilizzazione liberano idrogeno, gas nocivo ed infiammabile. Esistono particolari tipi di accumulatori al nichel-cadmio che sono ermetici, non sviluppano gas, non necessitano di manutenzione e trovano
applicazione sempre crescente.
Durante la scarica dell’accumulatore si verificano fenomeni elettrochimici per cui entrambe le piastre
risultano rivestite di solfato di piombo. L’acido è combinato nelle piastre e il liquido diventa meno denso.
Risulta quindi opportuno eseguire un frequente controllo sia della densità (con un densimetro) che del
livello dell’elettrolita, facendo in modo che esso superi di almeno 5 mm i separatori.
Lo stato di ossido sui morsetti funge da isolante nei collegamenti. Bisogna quindi provvedere alla sua
rimozione e al successivo ricoprimento con vaselina non grassa.
La ricarica deve essere regolare e va interrotta quando:
-
la temperatura degli elementi supera 45°
si osserva lo sviluppo di bollicine
la misura densimetrica è costante
la corrente dell’amperometro segna una corrente costante, la minima.
All’atto pratico, gli accumulatori sono protetti da relé in fase di carica e scarica e vengono disinseriti
automaticamente dall’impianto.
1.5 - La corrente
Se agli estremi A e B di un filo metallico si stabilisce una differenza di potenziale, il conduttore sarà
allora percorso da una corrente, che va dal punto a potenziale maggiore a quello a potenziale minore, la
cui intensità [i] è data dal rapporto tra la quantità di carica [q] e il tempo [t]:
i = q/t
L’unità di misura dell’intensità di corrente è l’ampere che si definisce come l’intensità di una corrente
che trasporta la carica di un coulomb in un secondo.
Per misurare l’intensità di corrente che percorre un conduttore si usano strumenti detti amperometri.
Il circuito della corrente è sempre chiuso. Si ha perfetta analogia tra un circuito elettrico ed un circuito
idraulico nel quale una pompa, grazie alla differenza di pressione che genera agli orifizi di entrata e
uscita, genera una corrente liquida continua.
L’intensità della corrente che percorre un conduttore metallico è direttamente proporzionale alla differenza di potenziale applicata ai suoi estremi.
VA = VB = R.i
La quantità R è una costante di proporzionalità che prende il nome di resistenza elettrica del conduttore.
La resistenza elettrica si misura in Ohm, che è quindi la resistenza R di un filo che viene percorso dalla
corrente di un ampere A quando ai suoi capi è applicata la differenza di potenziale pari a 1 volt V
7
La resistenza elettrica di un filo conduttore è direttamente proporzionale alla sua lunghezza e inversamente proporzionale alla sua sezione. Essa dipende inoltre anche dalla sostanza di cui è costituito il filo
e dalla sua temperatura.
R - r l/s
ρ è la resistività o resistenza specifica ed è uguale alla resistenza eletticca di un conduttore il quale abbia
lunghezza [l] e sezione [s] pari all’unità.
Si dice che due o più conduttori sono collegati in serie quando la corrente li percorre uno dopo l’altro
ossia quando il secondo estremo del primo conduttore è collegato al primo estremo del secondo, il
secondo estremo del secondo con il primo estremo del terzo e così via
E’ facile dimostrare che la resistenza di un conduttore formato da più conduttori posti in serie è uguale
alla somma delle resistenze dei singoli conduttori.
R = R +R +R +.........
1
2
3
Si dice che due o più conduttori sono collegati in parallelo quando essi hanno in comune sia il primo che il
secondo estremo; in tali condizioni, la corrente che giunge al loro primo estremo comune si
suddivide fra di essi e, dopo averli percorsi, si riunisce nuovamente in un’unica corrente; agli estremi
dei vari conduttori è applicata evidentemente la stessa differenza di potenziale.
In questo caso si ha:
i = i + i + i +.......
1
2
3
8
E’ facile dimostrare che se si hanno più conduttori disposti in parallelo, l’inverso della loro resistenza
complessiva è uguale alla somma degli inversi delle resistenze dei singoli conduttori.
1/R = 1/R + 1/R + 1/R +……
1
2
3
Se i conduttori hanno tutti la stessa resistenza R° allora si ha:
R R°/n
cioè se si pongono in parallelo n conduttori aventi tutti la stessa resistenza, la resistenza complessiva si
riduce a un ennesimo della resistenza di un singolo conduttore.
Il passaggio di corrente attraverso un conduttore si accompagna a un riscaldamento del conduttore stesso. Il lavoro compiuto nel tempo t risulta dato da:
W = Ri2t
[joule]
e il calore sviluppato, tenendo conto che 1 joule = 0,24 calorie:
Q = 0,24 Ri2t
[calorie]
La quantità di calore che si sviluppa in un circuito percorso dalla corrente elettrica è proporzionale alla
resistenza del circuito, al quadrato dell’intensità di corrente che lo percorre e al tempo.
La potenza P dissipata in calore per effetto Joule è data da:
P = Ri2= (VA-VB)2 /R
La potenza si misura in Watt quando la differenza di potenziale è misurata in volt e la resistenza in ohm.
9
§2. MAGNETISMO ED ELETTROMAGNETISMO
Alcuni corpi, come la magnetite, hanno la proprietà di attirare la limatura di ferro e si dicono magneti o
calamite.
Una calamita di forma parallelepipeda attira la limatura soprattutto verso gli estremi che si dicono poli: i
due poli non sono identici e si distinguono in nord e sud.
Campo generato da una carica puntiforme + q
Campo generato da una carica puntiforme - q
Campo generato da due cariche puntiformi uguali + q e +q
Campo generato da due cariche puntiformi opposte + q e - q
In vicinanza di un conduttore sferico elettrizzato il Campo è radiale
10
I poli di due magneti dello stesso nome si respingono e di segno contrario si attraggono
Le forze che si esercitano tra due poli sono dovute al magnetismo.
Un filo percorso da corrente elettrica genera un campo magnetico
Tra due conduttori percorsi da corrente elettrica si esercitano delle forze di attrazione o di repulsione a
seconda che le correnti siano concordi o discordi.
Un solenoide percorso da corrente e un ago magnetico si comportano alla stessa maniera.
Elettrocalamita è un dispositivo costituito da ferro dolce attorno al quale sono avvolte delle spire
conduttrici, ricoperte da materiale isolante, nelle quali circola una corrente elettrica.
Ogni spira percorsa da corrente, immersa in un campo magnetico è soggetta a forze elettromagnetiche che
tendono a farla ruotare. Su questo principio sono fondati i motori elettrici.
Viceversa, agli estremi di un conduttore in movimento in un campo magnetico si desta una differenza di
potenziale. Su questo principio si fondano i generatori di corrente.
Ogni variazione di flusso d’induzione abbracciato da un circuito genera in esso una f.e.m. indotta.
La corrente indotta generata in un circuito chiuso tende ad opporsi con i suoi effetti magnetici alle cause
che la producono.
11
§3. PRODUZIONE, TRASFORMAZIONE E DISTRIBUZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA
3.1 - Produzione dell’energia elettrica a bordo
Dagli inizi del secolo, gli impianti elettrici navali hanno avuto uno sviluppo notevolissimo ed oggi tutte
le funzioni vitali di una moderna nave dipendono dell’energia elettrica. Di queste si ricordano le principali:
- il governo e la navigazione
- i macchinari ausiliari di macchina, di scafo e di coperta
- gli apparati di telecomunicazione e di comunicazione interna
- l’illuminazione
- la ventilazione e il condizionamento.
Un impianto elettrico navale deve essere caratterizzato da:
-
-
-
affidabilità cioè sicurezza di funzionamento di ciascuna delle appareccchiature elettriche, anche nelle condizioni più sfavorevoli dovute al particolare ambiente marino, caratterizzato da salinità, umidità, temperature elevate e vibrazioni. Le vibrazioni richiedono in particolare che le apparecchiature siano collegate allo
scafo con sistemi smorzanti.
-continuità di servizio che consiste nella possibilità di garantire anche e soprattutto in condizioni di emergenza, l’alimentazione elettrica e quindi il funzionamento delle apparecchiature elettriche o almeno di
quelle essenziali alla sicurezza della nave. La continuità di servizio dipende essenzialmente dalle protezioni
scelte per l’impianto.
semplicità dì condotta e di manutenzione
Produzione dell’energia
A bordo, l’energia viene prodotta da un impianto ausiliario che risulta composto da:
- un sistema di produzione che comprende le centrali termiche (principali, di porto e di emergenza) con gli
elettrogeni e i quadri elettrici principali
- un sistema di distribuzione che comprende una rete che collega i quadri di centrale alle sottostazioni e ai
sottoquadri , una rete per la distribuzione agli utenti luce e forza; una rete per il controllo, il comando e la
regolazione della distribuzione.
La produzione di energia elettrica a bordo avviene associando a motori primi (motori diesel o turbine)
delle macchine elettriche in grado di trasformare l’energia meccanica ricevuta in energia elettrica (generatori).
I motori diesel nei confronti con le turbine presentano i seguenti:
12
Le macchine elettriche producono corrente continua o alternata (sia monofase che trifase) a seconda
della loro costituzione. In entrambi i casi si ha a che fare con macchine rotanti in quanto una delle
parti costitutive ruota attorno al proprio asse.
La tabella riassume le considerazioni appena fatte.
Confronto tra corrente alternata e corrente continua
Vediamo quali sono i motivi fondamentali che hanno favorito l’affermarsi a bordo della corrente alternata.
-
maggiore semplicità nella costruzione e manutenzione delle macchine sia generatrici che motrici
( mancanza del collettore a lamelle)
maggiore semplicità nelle apparecchiature (assenza del reostato di avviamento)
minore ingombro, peso (-30%) e costo (anche dei cavi)
possibilità di avere una vasta gamma di tensioni mediante trasformatori
maggiore sicurezza dei generatori contro i cortocircuiti
Frequenza e tensione negli impianti navali
Oggi la corrente alternata ha praticamente soppiantato la corrente continua su tutte le navi di nuova
13
costruzione perché, rispetto ad essa, presenta i seguenti vantaggi:
-
maggiore affidabilità dell’impianto
assoluta superiorità del motore a corrente alternata rispetto a quelli in corrente continua
possibilità di ottenere, tramite trasformatori, qualsiasi valore di tensione
minor costo, peso e ingombro dell’impianto.
Gli impianti elettrici di bordo sono per la maggior parte a 60 Hz. La tensione di produzione negli impianti
a corrente alternata è a 440 V, trifase.
14
15
3.2 - Trasformazione dell’energia elettrica - I Trasformatori
Applicata agli estremi di un conduttore. una differenza di potenziale V, esso sarà percorso da una corrente i; la potenza P sviluppata da questa corrente sarà data dal prodotto della tensione V per l’intensità di
corrente i cioè:
P=V*i
E’ chiaro che possiamo avere un’altra corrente che sviluppi la stessa potenza P della precedente pur
avendo intensità e tensione diverse. Molte volte si presenta il problema di trasformare una corrente
alternata di alta intensità e di bassa tensione in una corrente di bassa intensità e di alta tensione conservando possibilmente inalterata la potenza disponibile. Questo problema si risolve con i trasformatori
statici, apparecchi che non hanno organi in movimento.
Un trasformatore statico è essenzialmente costituito da un nucleo di materiale magnetico, di forma generalmente rettangolare, sul quale sono avvolti due circuiti costituiti da diversi numeri di spire: sia n1 il
numero delle spire del primo circuito (primario) ed n2 il numero di spire del secondo (secondario).
Se colleghiamo i due morsetti del primario con i poli di un alternatore esso sarà percorso da una corrente
alternata che genera un campo magnetico la cui intensità varia nel tempo come la corrente che lo genera.
Le linee di forza di tale campo magnetico si concatenano con il secondario dove si genera una forza elettromotrice
alternata della stessa frequenza della corrente che percorre il circuito primario.
Risulta verificata la seguente relazione:
V2 = n2
V1 n1
la quale dice che la differenza di potenziale fra i morsetti del secondario sta alla differenza di potenziale
applicata ai morsetti del primario come il numero delle spire del secondario sta al numero di spire del
primario.
Il rapporto n2/nl si chiama rapporto di trasformazione.
La potenza sviluppata al secondario è uguale alla potenza spesa nel primario.
16
Riassumendo, un trasformatore è una macchina capace di trasformare l’energia elettrica di bassa tensione e alta intensità in energia elettrica di alta tensione e bassa intensità in modo tale che la potenza rimanga
costante.
E’ inoltre evidente che un trasformatore statico funziona soltanto con corrente alternata. Ciò rende in
molti casi necessario l’uso della corrente alternata al posto della corrente continua.
I trasformatori trifasi hanno lo stesso principio di funzionamento del monofase ma dovendo trasformare
tre tensioni ha bisogno di 6 avvolgimenti disposti come in figura.
17
Un’applicazione interessante di trasformatore è costituita dal dispositivo di accensione del motore a
benzina.
Quando le puntine del ruttore sono a contatto tra loro, il circuito primario si chiude ed in esso circola
corrente che genera un flusso di campo magnetico nella bobina primaria. All’apertura delle puntine,
mediante l’alberino a camme, si ha una rapida interruzione della corrente primaria e di conseguenza una
variazione rapidissima di flusso di campo magnetico nella bobina secondaria. Si determina pertanto ai
suoi capi una tensione elevata (1200018000)V che, mediante un contatto rotante, è trasportata alle varie
candele secondo un ordine di accensione stabilito.
Le puntine sono soggette a deterioramento dovuto:
- alle scariche elettriche di interruzione della corrente e per questo motivo sono coperte di platino,
materiale molto resistente all’usura per scariche elettriche.
- ai depositi di materiale che sporcano i contatti e riducono la conducibilità.
- al fenomeno distruttivo della scarica che viene ottenuta con un condensatore in parallelo alle puntine.
Per questi motivi sono state sostituite nei motori attuali con un transistor elettronico che ha la stessa
funzione di interrompere il circuito primario (transistor EBC). Viene comandato mediante una corrente
che entra alla base del transistor. Interrompendo tale corrente si interrompe anche la corrente del circuito
primario.
L’apertura della corrente di base può essere effettuata o con puntine come nello schema 2 o con un impulsore
magnetico.
Anche se il sistema a puntine potrebbe riproporre i problemi dello schema iniziale, in realtà esse devono
interrompere la corrente di base cioè la corrente di pilotaggio del transistor che, essendo dell’ordine di qualche mmA dà luogo a scariche praticamente inesistenti.
1) Generatore di tensione ( es. accumulatore); 2) Bobbina primaria di bassa tensione; 3) Ruttore; 4)
Condensatore; 5) Bobbina secondaria per elevate tensioni; 6) Distributore tensione alle candele; 7)
Candela
18
3.3 - Distribuzione dell’energia elettrica
L’energia elettrica di solito non viene prodotta negli stessi luoghi in cui è consumata. Sorge quindi il
problema di trasportarla.
Ricordiamo che il passaggio di corrente nei conduttori è accompagnato da sviluppo di calore che è
proporzionale al quadrato dell’intensità di corrente qualunque sia la tensione applicata alla linea.
P = Ri2 = (VA-VB)2 /R
Quindi, per ridurre al minimo l’energia dissipata lungo la linea, conviene mandare lungo di essa, a parità
di potenza, una corrente che abbia una intensità molto bassa e una tensione molto alta.
I poli dell’alternatore della centrale che produce la corrente alternata sono perciò collegati ai morsetti del
primario di un trasformatore statico, il quale alza la tensione e abbassa corrispondentemente l’intensità
della corrente; i due morsetti del secondario del trasformatore sono collegati agli estremi di due conduttori filiformi che costituiscono la cosiddetta linea ad alta tensione. Tale linea giunge fino al luogo di
utilizzazione e, attraverso un altro trasformatore, alimenta gli utenti.
Impulsore magnetico
Consiste in una bobina collegata ad un circuito elettronico che agisce sulla corrente di base del transistor di
accensione, ed un rotore a denti magnetizzato, ciò è un magnete con delle sporgenze “denti”, in numero
uguale al numero di candele. E’ portato in rotazione dall’albero a camme.
Quando un dente magnetizzato passa davanti alla bobinetta genera nella stessa, a causa della rapida variazione di flusso magnetico, una tensione impulsiva che provoca l’interruzione della corrente di base nel transistor e di conseguenza la corrente nel circuito primario.
Impulsore
19
§4 - ALTERNATORI E MOTORI SINCRONI
Per esaminare il principio su cui si basa un alternatore si consideri il circuito [1] entro il quale si vuole
produrre la corrente alternata. Dinanzi alla spira che ne fa parte si faccia girare una ruota R sui cui raggi
siano disposte tante calamite i cui poli, rivolti verso l’esterno, siano alternativamente un polo nord e un
polo sud. Quando un polo nord si avvicina alla spira, in questa nasce una corrente indotta la quale
cambia verso quando questo polo se ne allontana; anzi, questa seconda corrente indotta viene
rinforza dal fatto che, continuando la ruota a girare, c’è un polo: sud in arrivo e che si avvicina
ad essa. Quando questo polo sud oltrepassa il
punto P, la corrente indotta si inverte di nuovo,
rinforzata dall’avanzare di un nuovo nolo nord e
così di seguito.
Nella spira si genera. quindi una corrente indotta
alternata la cui intensità ha andamento
sinusoidale, caratterizzata da una frequenza e da
una ampiezza.
Fig 4/1
Gli alternatori monofase usati nell’industria e di
cui si è appena mostrato il principio di funzionamento, hanno, invece di una semplice spira, molte spire disposte tutte intorno alla ruota, con gli avvolgimenti collegati in serie in un unico circuito.
Questa parte fissa della macchina costituisce lo statore dell’alternatore. La parte rotante, che si chiama
rotore, porta, invece dei magneti permanenti, degli elettromagneti percorsi da una corrente continua che
viene generata a parte.
Il rotore, che può avere anche il diametro di qualche metro e che gira alla velocità di molti giri al secondo. è tenuto in movimento da una turbina o da un motore a scoppio o da una macchina a vapore.
Oltre alle correnti alternate monofase si usano
molto spesso nell’industria le correnti alternate
trifasi, le quali sono prodotte da alternatori trifasi.
Supponiamo ora che lo statore sia formato da
tre circuiti indipendenti, costituiti da tre bobine
identiche.
La distanza tra due di queste bobine sia uguale
ad un terzo della distanza che c’è tra due poli
nord successivi del rotore. Quando ora il rotore
gira, in ogni bobina si genera una corrente indotta identica a quella che si produceva nel caso
dell’alternatore monofase. Quindi le tre correnti hanno lo stesso periodo però, dato che il polo
nord non passa contemporaneamente davanti
alle tre bobine, l’intensità delle tre correnti indotte non assumerà contemporaneamente il valore zero.
Rappresentando sullo stesso diagramma queste
intensità in funzione del tempo, si vede che le
tre correnti hanno lo stesso periodo ma ognuna
passa per il valore zero con un ritardo, rispetto
alla precedente, di un terzo di periodo.
Fig 4/2
Fig 4/3
20
L’insieme di queste tre correnti alternate, eguali ma sfasate di un terzo di periodo si chiama corrente
trifase.
Per trasmettere una corrente alternata trifase sarebbero quindi necessari sei conduttori, dato che per ogni
bobina si ha un conduttore di andata e uno di ritorno. Se però si esamina la fig. 4/3 si può riconoscere che
in ogni istante la somma delle intensità delle tre
correnti alternate costituenti la corrente trifase è
uguale a zero. Se quindi i tre fili di ritorno della
fig. 4/2 sono uniti in modo da diventare uno solo,
in questo passerà una corrente nulla.
Per questa ragione un alternatore trifase ha solo
4 morsetti: tre sono collegati ad altrettanti estremi delle bobine mentre il quarto, detto neutro,
raggruppa gli altri tre estremi delle tre bobine.
Una corrente trifase può quindi essere trasportata a distanza con solo 4 fili invece che 6.
Fig 4/4a
Nella fig. 4/4a è rappresentato il modo con cui
vengono inseriti i tre utilizzatori A,B,C’ nel circuito alimentato da un alternatore, di cui 1, 2, 3
sono i tre avvolgimenti; dato che la corrente che
passa nel neutro è nulla, esso può anche essere
soppresso. Una disposizione di questo tipo si
chiama a stella. Talvolta si usa anche la disposizione detta a triangolo (fig. 4/4b).
La frequenza f nelle macchine bipolari coincide
con il numero di giri n al secondo dell induttore
(perché nella spira considerata si ha un’alternanFig 4/4b
za di flusso dopo un intero giro della ruota polare); nelle macchine con p paia di poli il periodo
elettromagnetico si compie dopo che l’induttore
ha ruotato di l/p di giro.
Ne consegue che nella macchina multipolare si verificano p alternanze di flusso ad ogni giro per cui si
ha
f = p.n
Lo schema di fig. 4/3 rappresenta il principio costruttivo dell’alternatore, costituito dalle sue due parti
essenziali, cioè:
• l’induttore, cui spetta la produzione del campo magnetico
• l’indotto, provvisto di spire che, opportunamente collegate fra di loro, formano l’avvolgimento indotto
che diventa sede di f.e.m. se si varia il flusso induttore con esse concatenato.
La variazione di flusso è ottenuta dalla rotazione dell’induttore (rotore) che, calettato sull’albero, porta i
poli.
La variazione di flusso è ottenuta dalla rotazione dell’induttore (rotore) che, calettato sull’albero, porta i
poli.
Nel suo funzionamento pratico il rotore di un alternatore viene mosso da un motore primo che può essere
un diesel o una turbina.
Si evita il motore a benzina perché i vapori di questo tipo di combustibile sono altamente infiammabili.
L’accoppiamento diretto tra il diesel e l’alternatore avviene tramite giunto elastico. Se il motore primo è
21
una turbina allora si interpone un riduttore ad ingranaggi.
Per quanto attiene al generatore, è importante la presenza di elementi riscaldanti all’interno della macchina che servono per eliminare l’umidità che si deposita durante le fasi di inattività della macchina. Ciò al
fine di evitare scariche elettriche che, in fase di avviamento, possono deteriorare gli isolamenti.
Parallelo degli alternatori
Quando la potenza richiesta in un impianto supera quella erogabile da un singolo generatore della centrale, bisogna inserirne uno o più in parallelo.
Oggi questa operazione viene eseguita automaticamente ma si possono trovare imbarcazioni in cui essa
debba essere effettuata manualmente.
Mentre in corrente continua il parallelo si esegue solo controllando la polarità dei generatori, in corrente
alternata si deve verificare che le due tensioni:
• abbiano la stessa ampiezza
• siano in fase
• abbiano la stessa frequenza
Per il controllo della tensione si usano due voltmetri che sono fissi in un quadro elettrico. Per la frequenza, si deve controllare che i giri delle macchine coincidano. Per la seconda condizione si devono inserire
dei voltmetri tra le tre fasi. Se le tensioni non sono in fase, tali voltmetri misureranno la differenza delle
due tensioni e pertanto bisognerà agire sul motore primario dell’alternatore in ritardo per portarlo in fase.
I1 parallelo potrà avvenire quando i 3 voltmetri delle tre fasi segnano zero; il che corrisponde all’eguaglianza, perfetta delle tre tensioni.
Frequenza
E’ il numero di oscillazioni al secondo. Si misura in Hz (hertz). Due grandezze sono in fase se assumono
i valori massimi e minimi negli stessi istanti; in caso contrario si dicono sfasate.
Potenza
La potenza viene espressa dal prodotto della tensione per la corrente, solo che in questo caso quella
realmente utilizzabile è tanto minore quanto più la tensione V e l’intensità di corrente I sono sfasate. Tale
sfasamento dipende dal carico.
§ 5 - MOTORI ASINCRONI
I motori asincroni sono macchine a corrente alternata che, in contrapposto alle sincrone, ruotano a velocità diversa da quella di sincronismo, sempre però molto prossima a questa anche a pieno carico.
Queste macchine presentano una grande semplicità di costruzione, una eccezionale robustezza, non
richiedono manovre di avviamento e sopportano notevoli sovraccarichi.
Un motore asincrono trifase è schematicamente costituito da una parte fissa (statore) formata da tre
avvolgimenti disposti a 120°.
A1 centro degli avvolgimenti è situato il rotore, costituito da un circuito chiuso in se stesso.
Ogni avvolgimento statorico è alimentato da una diversa fase di un sistema trifase.
E’ evidente che, invertendosi il senso della corrente ogni mezzo periodo, come avviene in corrente
22
alternata, si inverte pure la direzione del campo magnetico.
Alimentando contemporaneamente e con la stessa corrente i tre avvolgimenti, si formeranno tre campi
magnetici sfasati tra di loro di 120°.
Se colleghiamo i tre avvolgimenti e li alimentiamo con una corrente trifase, otterremo un solo campo
magnetico che ruota con velocità uniforme (velocità di sincronismo) e pari alla frequenza della corrente
Vediamo come il campo magnetico rotante è in grado di porre in rotazione il rotore.
Il campo magnetico rotante induce nel circuito chiuso del rotore delle forze elettromotrici indotte che
danno origine a delle correnti che interagiscono con il campo magnetico rotante dando luogo a forze che
tendono a far girare il rotore in modo che questo, seguendo nella rotazione il campo, non è più soggetto
a variazioni di flusso.
Da queste considerazioni emerge che:
-
il motore asincrono trifase si avvia da sé senza bisogno di essere portato preventivamente in velocità
con mezzi ausiliari;
il funzionamento avviene per la reazione di corrente generata per induzione nel rotore.
Occorre notare che la velocità del rotore non potrà mai raggiungere la velocità sincrona ossia la velocità
del campo statorico. Infatti qualora ciò avvenisse non ci sarebbe più per tali conduttori variazione di
flusso e il fenomeno dell’induzione elettromagnetica non potrebbe aver luogo. Pertanto il rotore ruoterà
sempre ad una velocità prossima a quella sincrona ma non la potrà mai raggiungere. La differenza tra la
velocità sincrona [ns] e la velocità effettiva di rotazione del rotore [n] viene definita scorrimento che
aumenta con l’aumentare della coppia resistente applicata al motore.
L’avvolgimento del rotore può essere a gabbia o ad anelli.
Si noti che un motore di 20 kW, previsto per una tensione di 380 V a 50 Hz, può funzionare regolarmente dal punto di vista elettrico anche a 60 Hz se alimentato a 456 V (=380*60/50) sviluppando 24 kW
(=20*60/50).
23
24
25
§ 6 - DINAMO E MOTORI A CORRENTE CONTINUA
Dal punto di vista schematico, la dinamo è costituita da una
spira che si muove in un campo magnetico generato da una
calamita fissa. Naturalmente è necessario che la spira si
muova in questo campo magnetico in modo che il numero
delle linee di forza concatenate con essa vari continuamente.
Siano N ed S i due poli di una calamita (in pratica, una
elettrocalalmita) tra i quali poniamo un anello di ferro (nucleo) che può ruotare attorno al suo asse 0.
Disegniamo ora le linee di forza del campo magnetico generato dalla calamita.
Se non ci fosse l’anello di ferro esse andrebbero dal polo
nord al polo sud, tutte parallele tra loro; il nucleo di ferro
invece costringe le linee di forza ad attraversarlo.
Avvolgiamo attorno al nucleo di ferro una spira S1, di metallo isolato, chiusa su se stessa.
Attraverso di essa passa la metà delle linee di forza del campo magnetico della calamita.
Quando l’anello di ferro gira, la spira passa nella posizione
S2 e in essa non passa alcuna linea di forza, poi passa nella
Fig 6/1
posizione S3 dove è di nuovo attraversata da linee di forza e
infine nella posizione S4 nella quale non è di nuovo attraversata da linee di forza.
Dato quindi che il flusso magnetico, concatenato con la spira, varia continuamente, in essa si genera una corrente indotta la quale, dato che il flusso magnetico cresce e decresce alternativamente, è una corrente alternata.
Si tratta ora di trasformarla in una corrente continua.
Sullo stesso asse della ruota di ferro sia montato un cilindro
isolante che porti sulla superficie laterale due mezzi anelli di
rame i quali costituiscono il collettore; questo, al ruotare
del nucleo, ruota anch’esso. La spira S1, invece di essere
chiusa su se stessa abbia i due estremi collegati ai due settori
A e B del collettore (fig. 6/1); al ruotare della spira, tra questi due settori si stabilisce una differenza di potenziale indotta alternata che si inverte ogni volta che la spira compie un
mezzo giro.
Poniamo ora a contatto del collettore due pezzi di carbone 1
e 2 (spazzole) che sono fissi in modo che, quando la ruota
di ferro e quindi il collettore gira, ogni spazzola è per metà
giro a contatto con il settore A e per mezzo giro con il settore B (fig. 6/2 e 6/3).
Fig 6/2
A un certo istante, il settore A sia a potenziale positivo e sia
a contatto con la spazzola 1; quando, dopo mezzo giro, passa a potenziale negativo esso non è più a contatto con la spazzola 1 ma con la spazzola 2
mentre la spazzola 1 è ora a contatto con il settore B che è a potenziale positivo. Se le due spazzole
vengono unite attraverso un conduttore in questo passerà una corrente che va dalla spazzola positiva a
quella negativa.
26
Fig 6/3
Questa corrente non può proprio chiamarsi corrente continua perché (fig. 6/4) pur avendo sempre la
stessa direzione, subisce forti variazioni periodiche di intensità.
Fig 6/4
L’anello di Pacinotti permette di ottenere una corrente quasi costante.
Esso è sostanzialmente una dinamo a corrente continua nella quale, invece di una sola spira vi sono
diversi gruppi di spire collegati in serie fra loro (fig.
6/5). Il filo che congiunge ogni avvolgimento con
il successivo è collegato a uno dei settori isolati di
un collettore il quale è formato da tanti settori quanti
sono i gruppi di spire. Due spazzole toccano il collettore in punti diametralmente opposti e vengono
successivamente a contatto con i suoi settori.
Ogni gruppo di spire dà luogo a una corrente pulsante e per mezzo di un tale collettore tutte queste
correnti pulsanti essendo sfasate danno come somma una corrente la cui intensità è pressoché costante.
Fig 6/5
27
Collegamento in parallelo di due dinamo
Per effettuare tale collegamento
a)
b)
-
devono essere rispettate le seguenti condizioni:
uguale polarità rispetto al circuito esterno
uguale valore delle tensioni
devono effettuarsi le seguenti operazioni:
avviare il motore primo e portare la dinamo alla velocità normale
regolare, mediante il reostato di campo, la tensione della dinamo fino ad un valore uguale alla tensione delle sbarre.
chiudere l’interruttore che collega la dinamo al quadro
§ 7 - DIODO, TRANSISTOR E STRUMENTI DI MISURA
DIODO
Componente elettronico che funge da valvola di interruzione della corrente. E’ costituito da un materiale di base che è il silicio.
Si divide una basetta di silicio in due parti, una ricca di elettroni, zona negativa(-), l’altra povera di
elettroni, zona positiva(+). Collegando un diodo ad un generatore esso si comporta come una valvola elettrica. Infatti, se la polarità del diodo coincide con quella del generatore, si ha conduzione di
corrente; viceversa, se le polarità sono opposte, il diodo blocca il passaggio di corrente. Questo
componente viene usato nei raddrizzatori, infatti se colleghiamo un diodo ad un generatore di tensione
alternata si avrà passaggio di corrente solo nel periodo in cui le polarità diodo generatore coincidono e
pertanto avremo corrente solo in un verso, come in corrente continua.
TRANSISTOR
Componente elettronico che funge da interruttore comandato.
Il transistor ha tre morsetti uno di comando e due per lo scorrimento della corrente. Inviando un
impulso di tensione al morsetto di comando si apre la via al flusso di corrente.
Normalmente molte operazioni quali l’apertura e la chiusura di elettrovalvole vengono effettuate da
circuiti di controllo in cui sono presenti diodi e transistor.
STRUMENTI DI MISURA
Qualsiasi tipo di circuito elettrico necessita dei controlli periodici, specialmente quando tali circuiti
sono disposti in ambienti con condizioni non ottimali. Si devono verificare per esempio cavi soggetti a
vibrazioni meccaniche o frequenti piegature, oppure si deve verificare lo stato di isolamento di una
macchina elettrica. Queste operazioni vengono effettuate con degli strumenti di misura che possono
essere fissi nei quadri elettrici, per misure continuative come la tensione di un generatore di centrale,
oppure mobili per verifiche periodiche o misure locali.
Gli strumenti più comuni sono:
VOLTMETRO per la misura della tensione. Esso deve essre inserito in parallelo alla linea di alimentazione o ai capi del componente di cui si vuole misurare la tensione.
AMPEROMETRO strumento per la misura della corrente. Per poterla misurare esso deve esserne
attraversato e quindi deve essere messo in serie al carico di cui si vuole misurare l’assorbimento.
OHMETRO strumento che serve per misurare le resistenza elettrica.
Viene utilizzato per controllare lo stato della resistenza degli isolamenti dei cavi verso massa, oppure
lo stato dei conduttori di una mcchina elettrica.
WATTMETRO strumento che serve per misurare la potenza elettrica assorbita da un carico elettrico.
28
§ 8 - CAVI ELETTRICI, ISOLAMENTI E GUASTI
-Per distribuire l’energia elettrica a bordo si impiegano cavi, cioè conduttori elettrici ricoperti con guaine isolanti e rivestimenti protettivi Conduttori nudi sono ammessi soltanto per le sbarre all’interno dei
quadri elettrici.
Un cavo elettrico è costituito dalle seguenti parti:
- conduttori elettrici, di norma in rame, costituito da molti fili avvolti ad elica per avere flessibilità.
La sezione è circolare.
- isolamenti (gomma naturale, gomma, tela, siliconi)
- rivestimenti protettivi, hanno il compito di proteggere il cavo dall’umidità e dalle offese meccaniche. Si usa piombo o neoprene.
- materiali riempitivi eventuali.
Le caratteristiche dei cavi elettrici devono corrispondere alle norme del Registro Italiano Navale.
La scelta del tipo di cavo si basa su:
• valore della tensione di esercizio, per evitare elevate cadute di tensione
• valore della potenza o della corrente da trasmettere
• tipo di posa che corrisponde alla scelta dell’ambiente dove deve essere collocato il cavo.
La durata del cavo coincide con la durata dell’isolamento. Particolare attenzione deve essere dedicata ai
cavi che passano in locali umidi o troppo caldi (sala macchine) oppure quelli in cui vi sono vapori e
agenti corrosivi.
Un fattore di degradazione dei cavi è l’invecchiamento cioè il progressivo cambiamento della struttura
molecolare del materiale col tempo.
Si ricordi infine che quando si ha il cedimento dell’isolamento in un punto è necessario sostituire tutto
l’isolannento del circuito in avaria perché la sostituzione parziale porta al cedimento del vecchio isolamento in un altro punto.
Le navi, essendo costituite da metallo, buon conduttore, favoriscono i guasti e la conduzione della corrente. Un’operazione che viene svolta è il controllo della resistenza degli isolamenti tra i conduttori e la
massa dello scaSo.
Se si rovina l’isolamento di un conduttore, l’eventuale contatto con lo scafo fa si che questo entri in
tensione.
29
30
§ 9 - SISTEMI ED APPARECCHIATURE DI PROTEZIONE
Negli impianti a corrente continua ed in generale in tutti i circuiti luce e controllo anche degli impianti in
corrente alternata la protezione contro le sovracorrenti di corto circuito è affidata alle valvole fusibili.
Sono elementi di protezione semplici come struttura, poco costosi e di facile sostituzione in caso di
guasto.
Il funzionamento delle valvole fusibili si basa sul raggiungimento della ternperatura di fiusione nella
sezione tarata di un fusibile, racchiuso entro una protezione tubolare di bachelite.
Il dispositivo di interruzione dei circuiti di piccola potenza è costituito da interrutori a coltello bi o tripolari,
azionati a Inano, provvisti di valvole fusibili per la protezione contro le sovracorrenti.
Si hanno interruttori, telenuttori e teleinterruttori.
Nella protezione dei circuiti un ruolo importante viene giocato dai relè che costituiscono la parte sensibile dell’interruttore di protezione. Essi eseguono la misura della grandezza elettrica e sentono quando
questa assulme valori anormali.
A bordo si usano maggiormente i relè elettromagnetici e i relè termici, che dovendo misurare delle
correnti, sono inseriti in serie.
Esistono relè di massima corrente, di minima tensione e di cortocircuito.
I relè di massima corrente sono interruttori rapidi di apertura dei circuiti in caso di elevate correnti di
corto circuito. Constano essenzialmente di un nucleo di ferro laminato a forma di U, di una bobina
awolta su un lato e di un’ancora mobile, posta nel lato aperto del nucleo. In caso di guasto, la corrente
supera il valore limite ammesso e quindi l’ancora viene attratta verso il nucleo. Lo spostamento di tale
ancora, essendo collegata a un sistema di leve, provoca l'apertura del circuito.
I relè di minima tensione vengono usati quando si ha un calo di tensione della rete e ci sono carichi che
non possono sopportarlo. Per esempio, i grossi motori elettrici che per qualche motivo rimangono senza
alimentazione, al loro rinnesco sarebbero attraversati da correnti troppo elevate. Un altro caso si ha nella
carica degli accumulatori perché questi, una volta esaurita la carica devono essere staccati. Se questa
operazione non venisse eseguita si avrebbe uno sviluppo di vapori nocivi ed infiammabili.
Hanno la stessa conformazione dei relè di massima, solo che lavorano al contrario, cioè l’ancora è
sempre inserita e quando cala la tensione si stacca aprendo il circuito.
31
RELE’ MAGNETOTERMICI
Sono relè che vengono usati quando le correnti di guasto non sono le massime che si possono verificare. Sono costituiti da un relè e da una lamina composta da due metalli. La parte costituita dal relè
funziona come nei precedenti casi. La lamina bimetallica è percorsa dalla corrente, ed in caso di guasto, questa,che è più elevata di quella normale fa incurvare la lamina stessa, quindi - attraverso meccanismi di leve - interrompe il circuito. La caratteristica di questa parte è che la lamina prima di interrompere il circuito deve scaldarsi e questo non è immediato, ma impiega tempo.
32
RELE’ DIFFERENZIALE
Questo tipo di relè serve come protezione per le persone nel caso ci siano contatti verso massa di un
conduttore in qualche apparato elettrico.
Costituito essenzialmente da un nucleo di materiale magnetico di forma circolare, sul quale sono avvolte tre bobine, due delle quali corrispondono ai conduttori di andata e ritorno, la terza è una bobina
ausiliaria. Fintantochè nei due conduttori circolano correnti uguli, le due bobine principali generano
flussi uguali ed opposti, siamo in funzionamento normale. Quando, invece, si verifica un contatto verso massa, cioè verso la cassa, dell’apparato elettrico, si ha una fuga di corrente verso terra, le correnti
non sono più uguali, di conseguenza anche il flusso nel nucleo che agisce nella bobina ausiliaria,
quindi questa si comporta come un relè interrompendo il circuito.
33
§ 10 - SISTEMA GENERALE DEGLI IMPIANTI ELETTRICI DI BORDO, CENTRALE
ELETTRICA PRINCIPALE E DI EMERGENZA.
Schema radiale composto
Schema radiale composto con sottostazioni ed anello di riserva.
34
Tale schema nasce dalla necessità di garantire continuità e sicurezza di esercizio a quegli utenti che
sono di vitale importanza per la nave, si può vedere quindi che essi sono alimentati con due linee indipendenti. Partendo dalla centrale di generazione dell’energia si ha un primo sistema di alimentazione
radiale ed un altro ad anello che collega gli stessi.
Gli utenti importanti sono:
- stazione radio-telegrafica (R.T) alimentata dal quadro principale e dalla centrale di emergenza,
- impianto dei motori del timone,
- i motori per la manovra dei verricelli di tonneggio e per le ancore,
- i motori per le pompe olio del sistema delle porte stagne, i motori per le pompe del sistema
antincendio,
- il motore della pompa S.O.S.,
- l’impianto dei fanali di navigazione,
- gli impianti dei servizi vari del ponte di comando, comprendenti bussola giroscopica, radar,
avvisatori di incendio, sono alimentati dalla centrale di emergenza e dalla centrale normale.
Tensioni negli impianti elettrici di bordo
A seconda dell’utenza si possono avere diversi valori di tensione, che vanno dai 50 V per gli impianti
telefonici ai 500 per la grossa forza motrice. La frequenza è di 60 Hz.
Sistemi di distribuzione dell’energia elettrica a bordo
Si hanno sistemi trifasi a tre o quattro fili .
35
36
CENTRALI ELETTRICHE DI BORDO
Sulle navi sono installate più centrali a seconda dello scopo e sono: centrale principale, centrale secondaria, centrale di emergenza.
Centrale di emergenza
La centrale di emergenza ha lo scopo di fornire energia agli impianti che non possono più essere alimentati dalla centrale principale. La centrale è del tutto autonoma è situata al di sopra del ponte delle
paratie stagne, è fornita di tutti gli ausiliari, delle riserve di carburante per il funzionamento autonomo
per almeno 36 ore a pieno carico.
La centrale si innesca automaticamente al venir meno della tensione del quadro principale. In altri casi
si può trovare un sistema combinato di emergenza costituito da un gruppo elettrogeno e un gruppo di
accumulatori, i quali devono sopperire alla mancanza di tensione nel periodo di avviamento
dell’elettrogeno di emergenza. Infine si può avere un unico sistema di accumulatori che garantiscono
l’energia per almeno 36 ore.
IMPIANTO LUCE DI EMERGENZA
Deve illuminare l’interno della nave in maniera sufficiente a permettere la circolazione nei locali.
All’esterno della nave deva illuminare le zone dei ponti dove si effettua la manovra di messa in
mare delle imbarcazioni di salvataggio e le zone dei fianchi della nave in corrispondenza del
percorso di tali imbarcazioni quando vengono messe in mare.
Vengono illuminati inoltre:
- fanali di navigazione;
- fanali di segnalazione,come telegrafo morse luminoso;
- fanali di ancoraggio e di fonda;
- fanali di non governo;
- fanali di rimorchio;
- fanali di imbarco nafta.
37