Teoria di una linea di trasmissione

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Teoria di una linea di trasmissione
Un sistema elettrico costituito, nella sua versione più elementare, da due fili conduttori paralleli di
lunghezza indefinita è detta linea di trasmissione. Vediamo ora di studiarne il comportamento nella
ipotesi di perdite nulle. Consideriamo due conduttori metallici posti a distanza costante e di
lunghezza indefinita. Tale linea sia caratterizzata da una induttanza L e da una capacità C per unita
di lunghezza:
consideriamo
due
punti
lungo la linea di ascissa x e
x+dx rispettivamente. Poichè
la corrente I varia nel tempo,
tra i due punti x e x+dx, in
seguito alla presenza di una
induttanza elementare, si
∂V
∂I
stabilirà una differenza di potenziale (legge di Faraday) data da:
= −L
d’altronde se c’è una
∂x
∂t
variazione di tensione nella cella considerata, anche la carica accumulata nella capacità elementare
∂I
∂V
dovrà variare; quindi possiamo scrivere:
= −C
che corrisponde alla variazione di corrente nel
∂x
∂t
tratto elementare dx ; derivando la prima delle due equazioni rispetto a x e la seconda rispetto a t,
∂ 2V
∂ 2I
∂ 2I
∂ 2V
e
otteniamo: 2 = − L
= −C 2
. Sostituendo allora la seconda nella prima si
∂x∂t
∂t∂x
∂x
∂t
∂ 2V
∂ 2V
=
LC
.Analogamente derivando la prima delle due equazioni rispetto
ottiene alla fine:
∂x 2
∂t 2
a t e la seconda rispetto a x si ottiene:
∂ 2V
∂ 2I
= −L 2
∂x∂t
∂t
2
∂ I
∂ 2V
= −C
2
∂x∂t
∂x
∂ 2I
∂ 2I
= LC 2 Abbiamo così ottenuto una coppia di
2
∂x
∂t
equazioni differenziali nelle variabili Ve I, e cioè le seguenti due equazioni:
e da queste, analogamente a prima, si ottiene:
 ∂ 2V
∂ 2V
=
LC
 2
 ∂x
∂t 2
 2
2
 ∂ I = LC ∂ I
2
∂t 2
 ∂x
ciascuna di queste due è l’equazione unidimensionale delle onde elettromagnetiche e implica la
1
propagazione per onde della tensione V e della corrente I con velocità costante v data da: v =
LC
dall’analogia con l’equazione delle onde elettromagnetiche in cui si ricava:
v=
1
µε
risulta alla fine che LC = µε , cioè che il prodotto della induttanza e della capacità per unità di
lunghezza è uguale al prodotto della permeabilità e della costante dielettrica del mezzo.
2
E’ facile verificare questo risultato per un caso pratico come il cavo coassiale: cioè per un sistema a
costanti distribuite costituito da due conduttori cilindrici coassiali di raggi a per quello interno e b
per quello esterno.
l’induttanza
uguale a:
L' =
si
ricava
essere
1
b
⋅ µh ⋅ ln 
2π
a
mentre la capacità:
C' =
2πεh
b
ln 
a
da cui il prodotto LC per unità di lunghezza dà il seguente risultato: LC = µε
E’ da notare che la velocità di propagazione è indipendente dalla geometria del cavo e dipende solo
dalle caratteristiche del mezzo utilizzato come isolante. Poiché, come abbiamo dimostrato, la
tensione V e la corrente I si propagano nella linea come un’onda elettromagnetica, la soluzione
generale dell’equazione sarà del tipo:
V ( x, t ) = f ( x − vt ) + g ( x + vt )
1
I ( x, t ) =
[ f ( x − vt) − g ( x + vt)]
R0
la ragione del segno meno nella soluzione della corrente I(x,t) ha motivazioni fisiche e verrà spiegata
più avanti, ora ci interessa rilevare che nella linea possono coesistere onde di tensione o di corrente
di tipo progressivo e di tipo regressivo. Occorre dare una espressione esplicita alla Ro, che viene
V(x,t)=f(x-vt)
detta “impedenza caratteristica” della linea. Per fare ciò poniamo per semplicità:
cioè consideriamo solo un’onda progressiva intendendo che la dimostrazione è valida anche per
quella regressiva. Riscriviamo allora le equazioni della linea:
∂I
 ∂V
 ∂x = − L ∂t

 ∂I = −C ∂V
∂t
 ∂x
se, come abbiamo posto, si ha che V(x,t)=f(x-vt), allora otteniamo che :
∂V ∂f
=
∂x ∂x
∂V
∂f
1
∂f
= −v
=−
⋅
∂t
∂t
LC ∂t
che sostituite nel sistema scritto prima danno il seguente risultato:
∂I
 ∂f
 ∂x = − L ∂t


 ∂I = C ⋅ 1 ⋅ ∂f = C ⋅ ∂f
 ∂x
L ∂t
LC ∂t
C
⋅ f ( x − vt ) ; infatti se noi andiamo
L
a derivare questa ultima espressione rispetto a x e rispetto a t, otteniamo il seguente risultato:
ora, queste equazioni sono verificate se, e solo se:
I ( x, t ) =
3
∂I
=
∂x
C ∂f
⋅
L ∂x
∂I
C
1
∂f
1 ∂f
=−
⋅
⋅
=− ⋅
∂t
L
L ∂t
LC ∂t
che, sostituite nella precedente coppia, ci danno:
 ∂f ∂f
 ∂x = ∂t

 C ∂f =
 L ∂x
C ∂f
⋅
L ∂t
quindi si è dimostrato che, se V(x,t)=f(x-vt), ovvero nella linea si propaga solo un'onda progressiva,
C
C
⋅ f ( x − vt ) ovvero:
I ( x, t ) =
⋅ V ( x, t ) dalla quale otteniamo
allora si ha che : I ( x, t ) =
L
L
V ( x, t ) =
L
⋅ I ( x, t )
C
L
C
E’ da notare che il rapporto tra la tensione V(x,t) e la corrente I(x,t) non dipende né da x né da t.
Attenzione : questo risultato è stato ricavato nel caso di sola onda progressiva di tensione, che
significa linea di lunghezza infinita o, come è evidente, terminata su una impedenza pari a R0. In
particolare questo è valido anche per x=0, cioè all’origine della linea (dove è in generale posta
l’eccitazione). Tale riflessione ci permette di escogitare un semplice, quanto ovvio, metodo per la
determinazione sperimentale di R0.Nel caso più generale il rapporto V(x,t)/I(x,t) è una funzione di x
e di t in quanto all’onda progressiva di V(x,t), si somma quella regressiva, mentre all’onda
progressiva di I(x,t) si sottrae la relativa regressiva. Se così non fosse, cioè se la V(x,t) e la I(x,t)
fossero entrambe somma o differenza di funzioni di argomenti x ± vt , il rapporto sarebbe sempre,
cioè per qualsiasi carico, uguale a R0. La realtà è diversa, cerchiamo allora di darne una spiegazione
fisica.Supponiamo che la linea sia terminata con una impedenza qualsiasi diversa da R0 ed eccitiamo
ad una estremità la linea con un gradino di tensione positiva che produca nella linea un’onda di
tensione progressiva, di conseguenza il potenziale di punti via via più lontani dalla sorgente si
innalza all’arrivo dell’onda, le cariche necessarie a ciò sono portate da una corrente che è anch’essa
progressiva. Se sulla linea è presente un’onda regressiva di tensione positiva (ciò che accade con
carico
0 ), i punti della linea ad ascissa via via minore
e quindi risulta definita l’impedenza caratteristica della linea R0 :
R0 =
all’arrivo dell’onda questo è fatto ad opera di una corrente che risulta avere verso opposto
precedente. Possiamo dunque concludere che onde di tensione progressive o regressive ma di
polarità sono accompagnate da onde di corrente di polarità
.La situazione si può
schematizzare nel modo seguente:
4
Coefficiente di riflessione
Consideriamo una linea terminata con una impedenza R qualsiasi e di lumghezza h, possiamo allora
schematizzarla come segue:
all’estremo chiuso su R si dovrà verificare che per ogni t: R =
V (h, t ) f (h − vt ) + g (h + vt )
=
⋅ R0
I (h, t )
f (h − vt ) − g (h + vt )
da cui otteniamo che: R ⋅ f (h − vt ) − R ⋅ g (h + vt ) = R0 ⋅ f (h − vt ) + R0 ⋅ g (h + vt )
e svolgendo ulteriormente questa espressione:
g (h + vt ) ⋅ ( R + R0 ) = f (h − vt ) ⋅ ( R − R0 )
R − R0
g (h + vt ) =
⋅ f (h − vt )
R + R0
quest’ultima si può anche scrivere come:
g (t + h v ) =
R − R0
⋅ f (t − h v )
R + R0
abbiamo così ottenuto che l’onda regressiva si può ricavare da quella progressiva moltiplicando per
R − R0
un fattore che viene detto coefficiente di riflessione e che ha la seguente espressione: ρ =
R + R0
se ora facciamo una sostituzione di variabile ponendo: ϑ = t +
a questo punto:
h
.La relazione scritta prima diventa
v
g (ϑ ) = ρ ⋅ f (ϑ − 2h v ) ; cioè l’onda riflessa si ottiene da quella incidente
calcolando questa per l’argomento diminuito del tempo 2t d = 2h / v e attenuata del fattore ρ . Come
dire che la linea introduce un ritardo pari td nella propagazione del segnale.
Campo di variazione del coefficiente di riflessione
Dalla formula già esaminata e che qui riscriviamo:
casistiche:
1) linea in corto circuito (R=0)
2) linea aperta (R= ∞ )
⇒ ρ = −1
⇒ ρ = +1
3) linea adattata ( R = R0 )
⇒ ρ=0
Caratteristiche del cavo RG58
C = 90 pF m
R0 = 50Ω
1
t d = = 5 ns
m
v
ρ=
R − R0
R + R0
possiamo analizzare le seguenti
5
Semiconduttori (Cenni)
In generale si intende con questa denominazione un vasto gruppo di sostanze comprendenti elementi
inorganici ed organici, cristallini e non, che presentano una resistività intermedia tra i conduttori e
gli isolanti. Questa definizione fu data verso la metà dell‘ottocento, quando gli scienziati iniziarono
ad occuparsi di questo tipo di materiali. Un‘altra caratteristica che caratterizza questi materiali,
messa in luce per la prima volta da Faraday (1833), fu la dipendenza della resistività dalla
temperatura : la resistività diminuisce all‘aumentare della temperatura T.
Per molti anni, dopo Faraday, non successe quasi nulla, finché, nel 1879, F.Braum e W.Smith
osservarono, rispettivamente, le proprietà rettificanti del solfuro di piombo, e il fenomeno della
fotoconduzione del selenio ( Se ); quasi contemporaneamente (1879) fu evidenziato l‘effetto Hall.
Le basi per la comprensione della natura dei processi osservati furono poste da A.H.Wilson nel 1931,
che sviluppò la teoria delle bande dei livelli elettronici. La successiva applicazione della meccanica
quantistica ( 1930 - 1940 ) alla fisica dei solidi fece fare il “ salto “ dall’era Faraday alla vera fisica
dei semiconduttori. L’invenzione poi del transistor da parte di W.Shockley, J.Bardeen, W.H.Brattain
nel 1948, diede un nuovo vigoroso impulso alla ricerca di nuovi dispositivi con queste proprietà.
Essa si concentra sui composti organici ad anello benzenico, come l’antracene ( che è anche un
ottimo scintillatore ), perilene, ... , e in sistemi molecolari che entrano nella costituzione degli
organismi viventi ( clorofilla, emoglobina, DNA , ... ). I semiconduttori più noti ed anche più usati
attualmente per le applicazioni pratiche sono : il silicio (Si) e il germanio (Ge) e altri composti
ottenuti da elementi del 3° e del 4° gruppo del sistema periodico.
Le proprietà più importanti di tali elementi si possono sintetizzare nei seguenti punti:
1) resistività tra 10 −5 e 10 4 Ω ⋅ m , cioè intermedia tra un conduttore e un isolante.
2) diminuzione della resistività con l’aumento della temperatura T.
3) fotoconduzione :grande efficienza quantica nell’effetto fotoelettrico.
4) grande potere termoelettrico.
5) grande sensibilità al drogaggio : poche p.p.m. variano fortemente la conduttività.
6) possibilità di pilotare con un campo elettrico il comportamento da conduttore a isolante.
Struttura a bande (Cenni)
Usando la schematizzazione a bande di livelli elettronici, si nota che la differenza tra un isolante e
un semiconduttore non è poi così essenzi ale.Infatti, essi, a temperatura sufficientemente bassa sono
caratterizzati da una banda di valenza completamente piena, con al di sopra una banda non occupata
da elettroni detta di conduzione.
Le due bande sono separate da una banda di livelli proibiti ( banda proibita ).
6
La differenza sostanziale risiede nell’ampiezza della banda proibita che è molto minore nei
semiconduttori rispetto agli isolanti: E Gap (Semiconduttori ) << EGap (Isolanti)
Inoltre il fatto che a temperatura ambiente ( T ≈ 300K ) si ha kT ≈ 26 ⋅ 10 −3 eV implica che già a
questa temperatura, in seguito all’energia termica, una frazione degli elettroni dalla banda di
valenza, superando la gap, va a popolare i livelli nella banda di conduzione nei semiconduttori
( E Gap (Semiconduttori ) ≈ kT ), mentre negli isolanti ciò non avviene perché : E Gap (Isolanti ) >> kT .
Ad esempio ecco alcuni valori :
E Gap (Si ) ≈ 1.12 eV
E Gap (Ge ) ≈ 0.66 eV
La struttura cristallina del germanio (e del silicio) è simile a quella del diamante : disposizione
tetraedrica degli atomi che sono legati in legame covalenti con i quattro atomi primi vicini per
costituire un doppietto elettronico.
Allo zero assoluto gli elettroni riempiono completamente la
banda di valenza. In seguito all’agitazione termica alcuni di
questi legami si spezzano e i corrispondenti elettroni
rimangono liberi nel cristallo ( ovvero vanno a popolare la
banda di conduzione ).Il legame rotto si presenta come una
lacuna nel legame covalente ( ovvero una buca nella banda
di valenza ). Quindi riassumendo : alla transizione di un
elettrone dalla banda di valenza a quella di conduzione
corrispondeuna buca in quella di valenza.
Il legame rotto può essere però ristabilito da un elettrone che fa parte di un atomo adiacente che in
seguito a ciò manifesta una lacuna. Ciò equivale allo spostamento della buca dal primo, al secondo
atomo vicino. Ovvero : anche le buche ( con carica positiva ) possono muoversi nella banda di
valenza.
Volendo riassumere diremo che :in un semiconduttore puro ( intrinseco ) esiste un moto caotico di
elettroni liberi e buche, quindi i portatori della carica elettrica sono di due tipi : elettroni (carica
negativa ) e buche (carica positiva ).
Applicando la statistica di Fermi - Dirac al sistema si ottiene la legge dell’azione di massa :
n ⋅ p = ni 2 = A ⋅ T 3 ⋅ e
− EGAP
K ⋅T
dove le lettere usate hanno il seguente significato:
n = densità degli elettroni nella banda di conduzione
p = densità delle buche nella banda di valenza
E GAP = energia del gap
A = costante
Sperimentalmente si vede che il valore di ni =
A ⋅T
3
2
⋅e
E
− GAP
2 KT
≈ 1016 ⋅ m −3 (@ T ≈ 300 K )
Questo valore della densità delle cariche in un semiconduttore intrinseco se confrontato con il
numero di atomi per unità di volume ( circa 1029 m-3 ) ci fa capire come solo una frazione molto
piccola degli atomi è ionizzata. Vale a dire che la concentrazione degli elettroni nella banda di
conduzione e delle lacune in quella di valenza è molto bassa.
Ricordiamo chiaramente che per un semiconduttore intrinseco deve essere n=p
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Semiconduttori estrinseci o drogati
Quando un semiconduttore contiene atomi di impurezze si hanno livelli di energia che cadono anche
nella banda proibita.
Queste impurezze possono essere :
- donatrici di elettroni
- accettrici di elettroni
Se si introducono atomi del 5° gruppo come As (arsenico) o Sb (antimonio), nel cristallo del
semiconduttore, essi vanno a sostituire nel legame covalente quelli del Ge (germanio) o Si (silicio).
Dei 5 elettroni di valenza, 4 formano legami covalenti con i 4 atomi primi vicini, mentre il 5° rimane
debolmente legato al suo atomo che può quindi essere facilmente ionizzato per agitazione termica. In
questo modo l’elettrone viene ad aggiungersi alla banda di conduzione .
I semiconduttori che contengono tali impurezze si chiamano di tipo N . Essi contengono più elettroni
nella banda di conduzione che buche in quella di valenza. Quindi gli elettroni sono considerati
portatori maggioritari.Se invece le impurezze sono del 3° gruppo come Al (alluminio), Ga (gallio) o
In (indio), che hanno solo 3 elettroni di valenza, si ha un legame covalente non saturato.Questo stato
non saturato corrisponde nella banda di valenza all’aggiunta di buche a quelle presenti.
I semiconduttori che contengono tali impurezze si chiamano di tipo P. Essi contengono più buche
nella banda di valenza che elettroni in quella di conduzione. Quindi le buche sono considerate
portatori maggioritari.
-La legge dell’azione di massa è ancora valida e la condizione di neutralità della carica si può
esprimere nella forma : n − p = N D − N A
Essendo:
N D = numero di atomi donori e N A = numero di atomi accettori ; che variano da 10 21 a 10 26 m −3 nei
semiconduttori drogati appositamente. Allora nei semiconduttori di tipo N si avrà :
N A = 0 e poichè N D >> p dato che N D = 10 21 e p = 1016
Risulta : n ≈ N D vale a dire la concentrazione degli elettroni è circa uguale a quella dei donatori . Le
cariche minoritarie sono le p e si avrà: p =
ni2
ND
Nei semiconduttori di tipo P si ha invece:
N D = 0 N A >> n risulta p ≈ N A (portatori maggioritari) n ≈
ni2
(portatori minoritari)
NA
Giunzione p-n
Quando due materiali semiconduttori drogati in modo diverso (P-N) vengono messi a contatto in
modo da formare una giunzione, la diversa concentrazione dei portatori di carica (P o N) nei due
materiali promuove una diffusione delle cariche dalla zona dove sono maggioritarie verso quella in
cui sono minoritarie.
Il risultato di questo processo è quello di creare una zona di carica spaziale (ioni senza la carica
vicino) positiva nel materiale N e negativa in quello P a ridosso della superficie di contatto. Questa
zona viene perciò detta di svuotamento (depletion layer )
Il campo elettrico che si viene a formare di conseguenza ostacola una ulteriore diffusione dei
portatori maggioritari ma favorisce una corrente di portatori minoritari, detta corrente di drift.
Quando la carica totale che attraversa la giunzione è nulla si raggiunge l’equilibrio e il processo si
arresta.
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Barriera di potenziale
Polarizzazione della giunzione
Polarizzazione diretta:
→
Il campo E dovuto alla sorgente esterna V B ha verso opposto a quello creato dallo svuotamento,
quindi l’effetto è quello di abbassare la barriera e favorire la corrente dei portatori maggioritari o di
diffusione e diminuire quella dei portatori minoritari o di drift. Quindi la corrente di diffusione o
diretta dipende dalla tensione VB applicata. Essa è ben rappresentata dall’equazione di Shockley:
V
KT 1.38 ⋅ 10 −23 ⋅ 300
I = I R (e ηVT − 1)
con VT =
=
≈ 26 ⋅ 10 −3 Volt
e
1.6 ⋅ 10 −19
η = coefficiente dipendente dal tipo di semiconduttore
(1 ≤ η ≤ 2 )
(Ge, Si) e dalle caratteristiche cos truttive
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Polarizzazione inversa
→
In questo caso il campo E dovuto all’alimentazione esterna Vb è tale da aumentare la barriera di
potenziale, quindi la corrente di diffusione tende rapidamente ad annullarsi, mentre quella di drift
tende ad aumentare. Essa però essendo data dai portatori minoritari, cioè dalle cariche intrinseche
determinate fortemente dalla temperatura, tenderà rapidamente alla saturazione. Aumentando
ulteriormente la Vb si arriva ad un potenziale che determinerà la rottura della giunzione.
Caratteristica corrente-tensione
Per piccoli valori di tensione di polarizzazione diretta ( V B ≤ 0.2 V per Ge e VB ≅ 0.6 V per Si ) la
caratteristica ha un andamento esponenziale ( formula di Shockley ), oltre, il comportamento è
all’incirca lineare perché la barriera di potenziale è già ridotta al minimo possibile e entra in gioco la
resistenza diretta statica del semiconduttore.Allora una giunzione a semiconduttori P-N si comporta :
n come un sistema non lineare per piccoli valori di tensione diretta applicata
( V B ≤ 0.2 V per Ge e V B ≅ 0.6 V per Si )
n come un interruttore a stato solido in quanto ha una bassa resistività per tensioni dirette mentre
ha un’altissima resistività per tensioni inverse. Cioè si comporta come un dispositivo
rettificatore ( un diodo).
Resistenza dinamica
Dall’equazione di Shockley possiamo ricavare :
I + IR
V = ηVT ln(
)
IR
I
V ≈ ηVT ln
IR
∂V
per cui si ha :
Definiamo resistenza dinamica rd =
∂ I
I
1 ηVT 26 ⋅10 −3
rd = ηVT R ⋅
=
≈
Ω
I IR
I
I
Per I = 1mA → rd ≈ 26Ω
Dipendenza dalla temperatura
La temperatura, come abbiamo visto, cambia la popolazione della banda di conduzione attraverso
l’eccitazione termica KT . Quindi ne conseguirà una variazione della corrente IR . Essa può essere
espressa ricordando la legge di azione di massa :
3
I R = BT 2 e
E
− GAP
2 KT
10
Se ricaviamo la
d IR
dT
≈ 27
T
IR
d IR
dT
≈ 45
T
IR
∂ IR
e mettiamo i valori delle EGAP (0.66 V per Ge, 1.12 V per Si) otteniamo
∂T
per il Ge
per il Si
Cioè per variazione dell’1 % della temperatura si ha un incremento della corrente del 30 % nel Ge e
del 50 % nel Si. La variazione della corrente dei portatori minoritari con T porterà un conseguente
variazione della caduta di potenziale V ai capi del diodo:
d V d V d IR
dV
=
sviluppando i calcoli si arriva ad una semplice espressione :
≈ −C
d T d IR d T
dT
Dove C è circa costante e vale circa 2.5 mV/°C per il silicio per una corrente media di circa 1 mA.
Valori inferiori si ottengono per il germanio. E’ importante notare la proporzionalità inversa tra
temperatura e tensione ai capi del diodo
All’aumentare della temperatura diminuisce la tensione ai capi del diodo.
Questo fenomeno si può spiegare dal punto di vista fisico considerando che l’aumento di T provoca
un aumento della corrente dei portatori minoritari che contribuisce alla corrente diretta totale. Questo
vuol dire che per ottenere la stessa corrente totale è ora sufficiente una tensione di polarizzazione
minore. Da un punto di vista circuitale possiamo far riferimento al circuito tipico elementare di
polarizzazione di un diodo :
VB è un alimentatore di tensione costante.
All’aumentare di T la corrente totale I
aumenta, quindi poiché VB = Cost., VD deve
diminuire.
Ricordiamo che V B = I ⋅ R + V D .
Quadro riassuntivo
Grandezza Fisica
Ge (germanio)
dI R
dT
dV
dT
IR
1 − 100 µA
dT
T
mV
− 2.6 o
C
10 − 100 nA
T jM
120 °C
200 °C
VBR
Minore
Maggiore
≈ 27
dT
T
Si (silicio)
Minore
≈ 45
In generale le ultime 3 righe della tabella evidenziano i punti più rilevanti nella maggior parte delle
applicazioni, e quindi solitamente si preferisce il silicio.
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Transistor
Se realizziamo una doppia giunzione con criteri opportuni otteniamo un dispositivo detto transistor
(abbreviazione dell’inglese trans(fer-re)sistor). I criteri essenziali sono semplici :
1. il semiconduttore intermedio deve avere un spessore molto minore degli altri due.
2. il semiconduttore intermedio deve avere una concentrazione di portatori maggioritari molto
inferiore degli altri due.
Le polarizzazioni possibili sono 3:
n entrambe dirette
n entrambe inverse
n una diretta , l’altra inversa
L’unica cosa che può stabilire una interazione ragionevole è la terza.
L’abbassamento della barriera di potenziale della giunzione E-B ( polarizzazione diretta ), promuove
una corrente di portatori maggioritari di tipo P dall’emettitore verso la base.
Poiché la concentrazione di elettroni ( N ) nella base è molto minore di quella delle lacune P
nell’emettitore ( e nel collettore ) e poiché lo spessore della base è piccolo rispetto a quello
dell’emettitore ( e del collettore ) il tempo di permanenza nella base dei portatori maggioritari di tipo
P provenienti dall’emettitore è molto minore della loro vita media nella stessa. Allora la maggior
parte ( ≈ 99 %) delle buche provenienti dall’emettitore raggiungono la giunzione base-collettore .
Questa, essendo polarizzata inversamente sollecita le lacune a raggiungere il collettore.
In altri termini le lacune provenienti dall’emettitore, una volta superata la base, trovano un campo
r
E concorde che le sospinge oltre, verso il terminale negativo della batteria .
Solo una piccola frazione di lacune si ricombina in base e vengono reintegrate dall’alimentazione.
Risulta evidente l’azione di “controllo” della polarizzazione E-B sulla corrente che “fluisce”
dall’emettitore verso il collettore.
Equazione fondamentale del transistor
Si assume , per convenzione , come verso della corrente quello delle cariche positive .
Da quanto detto risulta che le cariche provenienti dall’emettitore debbono eguagliare la somma di
quelle che si ricombinano nella base e vengono reintegrate dalla batteria , e di quelle che giungono
sul collettore . Quindi si avrà: IE = IB + IC con ovvio significato dei pedici.
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D’altronde se indichiamo con α la frazione di cariche che giungono al collettore dall’emettitore e
consideriamo che nel collettore esiste una corrente inversa di portatori minoritari ( elettroni ) ,
possiamo scrivere la corrente di collettore: IC = α IE + I CBO I CB O = corrente inversa di elettroni nel
collettore. Quindi:
IC = α IB + α IC + I CBO da cui si ha IC =
α
1
risulta β + 1 =
1 −α
1−α
Dato che α ≈ 0.99 ⇒ β ≈ 100
Ponendo β =
α
1
IB +
I CB O
1−α
1−α
e quindi si ottiene :IC = β ΙΒ + ( β + 1 ) I CBO
Risulta allora evidente la caratteristica di amplificatore di corrente propria del transistor.
Polarizzazione del transistor
Potendo realizzare due diversi tipi di giunzioni , possiamo classificare i transistor come:
P-N-P ; N-P-N.
Il funzionamento è identico , ma in pratica sono più diffusi gli N-P-N.
Diversi tipi di polarizzazione
In generale essendo VBB e VCC due alimentatori in corrente continua, se ne può risparmiare uno:
Si tratta quindi di un quadripolo con un terminale comune tra ingresso ( base-emettitore ) e uscita (
collettore-emettitore ) .Ovviamente uno qualsiasi dei tre terminali può essere messo in comune .i
parlerà allora di configurazione a:
n base comune
n collettore comune
n emettitore comune
Quest’ultima essendo la più diffusa e potendo da ognuna passare all’altra attraverso opportune
trasformazioni, sarà quella studiata.
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Caratteristiche di uscita in configurazione EC (EMETTITORE COMUNE)
n saturazione: VCE ≤ VBE la giunzione base collettore risulta polarizzata direttamente e la base
perde il controllo sulla IC .Il transistor si comporta in modo resistivo e la caduta VCE aumenta
all’aumentare della IC .
n interdizione : per I B = 0 ⇒ I C = ( β + 1)I CB0 bisogna applicare una -VBE per annullare la IC .
n attiva : zona normale di funzionamento come amplificatore di corrente.
Punto di lavoro e retta di carico statica
Consideriamo il circuito più generale nella configurazione E.C.
Scriviamo l’equazione di Kirchoff per la maglia di uscita :
VCC = IC RC + VCE + ( IC + IB ) RE
Poiché IC >> IB si ha VCC = IC ( RC +RE ) + VCE da cui si
VCE
V CC
+
nota con il nome di
ricava : I C = RC + R E
RC + R E
Retta di carico
statica relativa
al circuito.
L’intersezione
tra la retta di
carico e una
delle caratteristiche determina il punto di lavoro statico
individuato dalle coordinate (VCQ, ICQ) nel piano VCE, IC. La IB è deducibile dall’equazione della
maglia di ingresso: VBB = IB RB + VBE + ( IC + IB ) RE
Stabilizzazione del punto di lavoro
Il punto di lavoro è dipendente dai parametri β, VBE, I CB O . Poiché essi sono funzione della
temperatura e della dispersione delle caratteristiche ( questa
soprattutto agisce su β ), può accadere che, una volta trovato il
punto di lavoro, questo possa spostarsi lungo la retta di carico
fino ad uscire dalla zona attiva. Quindi è importante analizzare
le condizioni per la migliore stabilità . Il circuito più generale è
quello riportato di seguito .
VBB = IB ( RB + RE ) + VBE + IC RE
V − (V BE + I C R E )
da cui I B = BB
R B + RE
14
Questa espressione per IB sostituita nell’equazione fondamentale IC = β IB + ( β + 1 ) I CB O dà :
IC = β
V BB − V BE
I R
− β C E + (β + 1)I CBO
RB + RE
RB + R E
⇒

R E  β (V BB − V BE ) + (β + 1)I CBO (R B + R E )
=
I C 1 + β
⇒
R B + R E 
RB + RE

 R + (β + 1)R E  β (V BB − V BE ) + (β + 1)I CBO (R B + R E )
 =
I C  B
RB + RE
 RB + RE

Dalla quale si ricava IC : I C =
β (V BB − V BE ) + (β + 1)I CBO (R B + R E )
R B + (β + 1)R E
Quindi possiamo determinare la stabilità rispetto ai tre parametri ICB0, VBE, β:
∂ IC
(β + 1)(R B + R E )
= S I CB =
O
∂ I CB O
R B + (β + 1)R E
(
)
V BB − V BE + I CBO R B (R B + R E )
∂ IC
= Sβ =
∂ β
[R B + (β + 1)R E ]2
∂ IC
β
= SVBE = −
∂ V BE
R B + (β + 1)R E
Analizziamo i risultati :
1) Se realizziamo il circuito in modo tale che (β + 1)R E >> RB risulta :
a) S I CBO ≈ 1 +
RB
RE
Ovvero la stabilità del punto di lavoro rispetto alle variazioni della I CB O dipendono solo dal valore
delle resistenze esterne e non dai parametri del transistor ( caso ottimale) .
1
b) SVBE ≈ −
RE
Quindi anche la stabilità del punto di lavoro rispetto alle variazioni della VBE dipendono solo dal
valore della resistenza posta in serie all’emettitore e non dai parametri del transistor.
2) Se invece realizziamo il circuito in modo tale che RE = 0 ( in questo caso l’emettitore risulta essere
in comune sia al circuito di ingresso che a quello di uscita, cioè in comune), risulta :
S I CB ≈ β + 1
O

caso pessimo
β 
SVBE ≈ −

RB 
Quindi le condizioni migliori di stabilità si ottengono con R E ≠ 0
Il circuito ora analizzato è l’equivalente secondo il teorema di Thevenin applicato ai punti A-B del
circuito a sinistra nella figura ( a destra è disegnato quello equivalente)
15
V BB =
VCC
R2
R1 + R2
RB =
R1 R2
generatore di tensione equivalente e sua resistenza interna
R1 + R2
In questa configurazione è conveniente che I1+I2>> IB affinché le eventuali variazioni di IB non
influiscano sulla VBB.
VCC
VCC
Infatti se IB = 0 cioè IB <<
R2 ovvero proprio quella equivalente di
la V BB =
R1 + R2
R1 + R 2
Thevenin.
Quadripoli a Piccoli Segnali
Il transistor può essere rappresentato tramite un quadripolo una volta che si consideri uno qualsiasi
dei tre terminali in comune tra l'ingresso e l'uscita.
Cambiando la disposizione dei tre terminali E, B e C si ottengono le tre configurazioni possibili, e
cioè:
- emettitore comune (nel disegno)
- base comune
- collettore comune
Poiché, come abbiamo visto, per sua natura il transistor manifesta delle interazioni tra le "parti"
costituenti , dobbiamo considerare che le variabili di "ingresso" e di "uscita" del quadripolo siano
interdipendenti, e quindi possiamo scrivere che in generale la V1 e la I2 saranno date da:
V1 = f 1 ( I 1 , V2 )
I 2 = f 2 ( I 1 , V2 )
ora, dato che siamo interessati a determinare un "circuito equivalente" del transistor valido per
piccole variazioni delle variabili, è lecito considerare il differenziale totale delle funzioni che
descrivono il sistema e quindi scrivere:
∂f
∂f
dV1 = 1 dI 1 + 1 dV2
∂I 1
∂V 2
∂f
∂f
dI 2 = 2 dI1 + 2 dV2
∂I 1
∂V 2
la scelta più elementare che si possa fare delle funzioni è che esse rappresentino direttamente,
rispettivamente la tensione V1 e la corrente I2, cioè poniamo f1 ≡ V1 ; f 2 ≡ I 2 ,allora si ottiene:
∂V
∂V
dV1 = 1 dI1 + 1 dV2
∂I 1
∂V 2
∂I
∂I
dI 2 = 2 dI1 + 2 dV2
∂I 1
∂V 2
indicando ora i valori incrementali con le lettere minuscole :
v1 = h11 ⋅ i1 + h12 ⋅ v 2
i 2 = h21 ⋅ i1 + h22 ⋅ v 2
avendo indicato :
∂V
∂V
h11 = 1 V2 = cos t ; h12 = 1
∂I 1
∂V2
∂I
∂I
h21 = 2 V2 =cos t ; h22 = 2
∂I 1
∂V 2
I1 = cos t
I1 =cos t
16
le due equazioni sopra scritte rappresentano relazioni tra i valori incrementali delle variabili
tensione e corrente del quadripolo e quindi ci permettono di "costruire" il circuito equivalente
dinamico (per piccole variazioni, intese rispetto ai valori statici) del quadripolo.
i parametri differenziali h vengono detti "parametri ibridi" in quanto rappresentano grandezze
fisiche non omogenee, infatti:
- h11 ha le dimensioni di una resistenza
- h12 non ha dimensioni
- h21 non ha dimensioni
- h22 ha le dimensioni di una conduttanza
inoltre i generatori dello schema sono generatori "dipendenti" in quanto, pur appartenendo ad una
maglia, dipendono dalle variabili dell'altra, infatti:
- h12 * V2
rappresenta la frazione (h12) della tensione d'uscita riportata in ingresso
- h21 * I1
rappresenta la frazione (h21) della corrente di ingresso trasferita in uscita
seguendo questa nomenclatura, è conveniente scrivere i parametri ibridi come :
h11 → hix ; h21 → h fx
h12 → hrx ; h22 → hox
in cui
- "i" sta per "input"
- "r" sta per "reverse"
- "f" sta per "forward"
- "o" sta per "output"
- "x" sta per E, B, C cioè per il tipo di configurazione, rispettivamente, emettitore, base e collettore
comune.
Grandezze fisiche rilevanti nella configurazione ad emettitore comune
Il circuito equivalente dinamico a parametri ibridi è, in questo caso, il seguente:
cominciamo dunque a calcolare le grandezze rilevanti di questo circuito:
1)Amplificazione di corrente Ai
L'amplificazione di corrente Ai è definita come rapporto tra le due correnti i2 e i1; ora, dalla maglia
di uscita noi sappiamo che la corrente i2 è data dalla seguente relazione: i 2 = h fe ⋅ i1 + v 2 ⋅ hoe
h
e quindi otteniamo per l'amplificazione di corrente la seguente espressione:
Ai = h fe + v 2 ⋅ oe
i1
17
per avere una corrente in uscita occorre che la resistenza di collettore Rc sia connessa e poiché la
caduta ai suoi capi è "opposta" alla tensione Vce , risulta: v 2 = −i 2 ⋅ Rc .Se andiamo dunque a
sostituire nella espressione di Ai, otteniamo:
Ai =
Ai = h fe −
i2
⋅ Rc ⋅ hoe = h fe − Ai ⋅ Rc ⋅ hoe
i1
h fe
1 + hoe ⋅ Rc
in generale si ha che un valore tipico per hoe è dell'ordine di 10 −5 Ω −1 quindi questo ci porta a dire
che la disuguaglianza hoe ⋅ Rc << 1 è in buona approssimazione verificata , dunque possiamo scrivere:
Ai ≈ h fe
2) Resistenza di ingresso
Essa va considerata dai terminali di ingresso avendo chiuso l'uscita sul carico (Rc). Il circuito da
studiare è dunque il seguente:
Si ottiene dunque:
v
h ⋅i + h ⋅v
Ri = i = ie 1 re 2
ii
i1
ma d'altronde noi sappiamo che : v 2 = −i 2 ⋅ Rc
e quindi, andando a sostituire, arriviamo alla seguente espressione:
i
Ri = hie − hre ⋅ Rc ⋅ 2 = hie − hre ⋅ Rc ⋅ Ai
i1
se, come è spesso verificato, hre ⋅ Rc ⋅ Ai << hie , si ottiene: Ri ≈ hie
e questo in generale è sempre vero, infatti, tipicamente:
hre ≈ 10 −4 ; Ai ≈ 100; Rc ≈ 1KΩ
hre ⋅ Rc ⋅ Ai ≈ 10Ω
mentre: hie ≈ 1KΩ
3) Amplificazione di tensione Av
E' chiaramente definita come il rapporto tra V2 e V1, e dal circuito schematizzato nella fig. 3
otteniamo la seguente relazione:
Rc ⋅ i2
Rc ⋅ i 2
v
=−
Av = 2 = −
v1
hie ⋅ i1 + hre ⋅ v2
hie ⋅ i1 − hre ⋅ Rc ⋅ i2
con semplici passaggi, questa relazione può essere espressa in funzione della amplificazione di
corrente, infatti si ha:
i
Rc ⋅ 2
i1
Rc ⋅ Ai
Av = −
=−
i2
hie − hre ⋅ Rc ⋅ Ai
hie − hre ⋅ Rc ⋅
i1
ora, come al solito, se hre ⋅ Rc ⋅ Ai << hie , abbiamo la seguente approssimazione:
18
Rc
⋅ Ai
hie
inoltre, come abbiamo visto nel paragrafo della amplificazione di corrente, una ulteriore
approssimazione viene dal fatto che in generale si ha Ai ≈ h fe , e quindi alla fine otteniamo:
R
Av ≈ −h fe ⋅ c
hie
Av ≈ −
4)Resistenza di uscita
In questo caso, nel grafico del circuito equivalente a parametri ibridi (fig. 3), dobbiamo unire i
terminali di ingresso al generatore Vs e cortocircuitare quest'ultimo, a quel punto vediamo dai
terminali in uscita la resistenza del circuito così costituito.
La resistenza di uscita è definita come il rapporto tra la v2 e la i2.
Si ha allora che: i 2 = h fe ⋅ i1 + v 2 ⋅ hoe
ora, dalla maglia di ingresso possiamo ottenere la seguente relazione:
i1 ⋅ ( Rs + hie ) + hre ⋅ v 2 = 0
dalla quale ricaviamo la i1 che, sostituita nella i2 dà :
h fe ⋅ hre ⋅ v2
i2 = −
+ v 2 ⋅ hoe
Rs + hie
e quindi:
h fe ⋅ hre
i2
1
=
= hoe −
v 2 Ruscita
Rs + hie
poiché il termine
h fe ⋅ hre
R s + hie
è dello stesso ordine di grandezza, seppure minore, di hoe stesso, risulta
che la resistenza di uscita in questa configurazione è molto alta ed è dell'ordine di:
1
Ruscita ≈
[ 10 4 − 105 Ω]
hoe
Circuito equivalente semplificato
Dal calcolo delle grandezze fisiche tipiche della configurazione ad emettitore comune abbiamo
imparato che è ragionevole, nella maggior parte dei casi pratici ricorrenti, apportare le seguenti
approssimazioni:
hoe ⋅ Rc << 1
hre ⋅ Rc ⋅ Ai << hie
il loro significato è abbastanza evidente, infatti vediamo bene che cosa esse rappresentano:
- hoe ⋅ Rc << 1
significa che la resistenza interna del transistor è molto maggiore della resistenza che tipicamente si
pone sul collettore e quindi nel circuito equivalente può essere sostituita con un circuito "aperto";
- hre ⋅ Rc ⋅ Ai << hie
il termine a sinistra della disuguaglianza rappresenta una sorta di "resistenza equivalente" del
generatore dipendente nella maglia di ingresso. Allora se essa risulta essere molto minore della hie
19
, che rappresenta all'incirca la Ri, può essere sostituita, nel circuito equivalente, da un
"cortocircuito".
Possiamo allora disegnare un nuovo circuito equivalente semplificato che dia tutti i risultati
approssimati già ottenuti.
che può anche essere ridisegnato, per capire meglio il senso dell'approssimazione, nel seguente
modo:
se adesso andiamo a rifare direttamente su questo circuito i conti per trovare le grandezze fisiche
rilevanti del circuito stesso, otteniamo chiaramente i risultati già trovati prima avendo imposto le
approssimazioni di cui si è già parlato; infatti si ottiene:
R
Ri = hie , Ai = h fe , Av = −h fe ⋅ c , R u = Rc
hie
Inoltre è interessante notare che il generatore di corrente dipendente tende a disaccoppiare l'ingresso
dall'uscita per quanto riguarda le resistenze relative.
Con questo circuito equivalente è possibile esprimere le caratteristiche delle altre configurazioni in
funzione di quelle ad emettitore comune cambiando solo la disposizione dei componenti a seconda
della configurazione desiderata.
Configurazione a base comune
Il circuito relativo è il seguente:
ricordiamo che un circuito semplificato di questo tipo corrisponde ad avere il transistor collegato nel
seguente modo:
possiamo dunque calcolare i parametri caratteristici di questa configurazione che saranno dati da:
20
AI =
h fe ⋅ I b
h fe
I c h fe ⋅ I b
=
=
=
≈1
I e I c + I b h fe ⋅ I b + I b h fe + 1
RI =
Veb
h ⋅I
hie
= ie b =
Ie
I c + I b h fe + 1
AV =
Vcb I c ⋅ Rc h fe ⋅ I b ⋅ Rc
R
=
=
= h fe ⋅ c
Veb I b ⋅ hie
I b ⋅ hie
hie
RU =
Vc I c ⋅ Rc
=
= Rc
Ic
Ic
(molto bassa)
(come nell’E.C. a parte il segno)
(come nell’E.C.)
Configurazione a collettore comune
In questo caso il circuito è il seguente:
per un circuito di questo tipo i parametri fondamentali sono dati dalle seguenti espressioni:
I
I + Ib
= h fe + 1 (come nell’E.C.)
AI = e = c
Ib
Ib
RI =
AV =
Vbc I b ⋅ hie + I e ⋅ Re I b ⋅ hie + I b ⋅ Re + h fe ⋅ I b ⋅ Re
=
=
= hie + (h fe + 1) ⋅ Re (molto grande)
Ib
Ib
Ib
(h fe + 1)⋅ Re ≈ 1
Re ⋅ (h fe + 1)⋅ I b
Vec
I e ⋅ Re
=
=
=
Vbc I b ⋅ hie + I e ⋅ Re hie ⋅ I b + (h fe + 1)⋅ Re ⋅ I b hie + (h fe + 1) ⋅ Re
(
)
(perché h fe +1 ⋅ Re >>h ie )
RU =
Ve I b ⋅ (Rs + hie ) R s + hie
=
(h fe + 1)⋅ I b = h fe + 1
Ie
(molto bassa)
Relazione tra β, hFE ed hfe
La relazione che tra β ed hFE può essere ricavata dalla seguente espressione (che viene dalla
teoria sui transistor): I C = β ⋅ I B + (β + 1) ⋅ I CBO
quindi, esplicitando il valore di β , si ottiene:
I − I CBO
β= C
I B + I CBO
d’altronde noi sappiamo che hFE =
IC
, e quindi possiamo affermare che se I CBO << I B (condizione
IB
questa che è in generale sempre verificata), allora β ≈ hFE .
Per quanto riguarda invece la relazione tra β ed hfe , partiamo dalla definizione di quest’ultima:
h fe =
∂I C
∂
=
[β ⋅ I B + (β + 1) ⋅ I CBO ] = β + I B ⋅ ∂β + ∂I CBO + I CBO ⋅ ∂β + β ⋅ ∂I CBO
∂I B ∂I B
∂I B
∂I B
∂I B
∂I B
quest’ultima espressione può essere riscritta nel modo seguente:
∂I
∂β
h fe = (β + 1) ⋅ CBO + (I B + I CBO ) ⋅
+β
∂I B
∂I B
21
d’altronde la prima derivata è nulla in quanto ICB0 non dipende da IB, e quindi alla fine possiamo
scrivere che:
∂β
∂β ∂I C
∂β
h fe = β + (I B + I CBO ) ⋅
= β + (I B + I CBO ) ⋅
⋅
= β + (I B + I CBO ) ⋅
⋅ h fe
∂I B
∂I C ∂I B
∂I C
raccogliendo hfe, arriviamo al seguente risultato:
β
h fe =
∂β
1 − (I B + I CBO ) ⋅
∂I C
I
ora, dato che I B + I CBO ≈ C possiamo scrivere che:
β
e quindi possiamo concludere che hfe = β solo se
h fe =
β
1−
I C ∂β
⋅
β ∂I C
∂β
= 0 , cioè nella curva β = β ( I C ) si ha che
∂I C
β = h fe solo nel massimo, quindi abbiamo un grafico di questo tipo:
Circuito equivalente a parametri π
Con i parametri h non abbiamo tenuto in considerazione la reale configurazione fisica del transistor
ma piuttosto un circuito equivalente dinamico del tutto generale applicabile a qualsiasi quadripolo.
La sola interdipendenza tra le variabili V1 e I2 era stata scelta in modo tale da ottenere uno schema
equivalente che rappresentasse il transistor.
Ora vogliamo costruire un circuito equivalente che abbia un significato più fisico cioè che sia più
aderente alla realtà fisica.
Nella sua versione a emettitore comune esso si presenta così costituito:
Descriviamo bene i componenti di questo circuito:
1. B’ è la “vera” base del transistor : partendo dal terminale B che rappresenta l’accesso reale,
“pratico”, alla base, occorre considerare l’esistenza di una resistenza, Rbb’ , che tiene conto delle
perdite superficiali e di collegamento fisico con il semiconduttore.
2. La Rb’e è la resistenza d’ingresso e Ce la capacità del diodo base-emettitore (polarizzato
direttamente) detta capacità di diffusione ; essa è funzione della corrente di emettitore Ie .
22
3. Rb’c e Cb’c sono la resistenza e la capacità del diodo collettore-base (polarizzato inversamente); il
valore di Cb’c dipende dalla tensione di polarizzazione Vcb in modo inverso.
4. Rce è la resistenza collettore-emettitore.
5. Vb’e è la tensione tra B’ e l’emettitore.
∂I c
6. gm , detto “transconduttanza” , è definita da: g m =
, quindi la quantità
∂Vb 'e
7. g m ⋅ Vb 'e rappresenta un generatore di corrente dipendente.
Cerchiamo ora una equivalenza tra i parametri h e i parametri
π.
- Prima equazione
dalla maglia d’ingresso del circuito a parametri π otteniamo la seguente relazione:
Rb 'e
Vb 'e = I b ⋅ Rb 'e + V2 ⋅
Rb 'c + Rb 'e
e quindi da questa relazione possiamo ricavare il valore di Vbe che sarà dato da:
Rb 'e
Vbe = I b ⋅ (Rbb ' + Rb 'e ) + V2 ⋅
Rb 'c + Rb 'e
dalla stessa maglia del circuito a parametri h abbiamo invece che:
Vbe = I b ⋅ hie + hre ⋅ V2
e quindi dal confronto tra le due otteniamo:
hie = Rbb ' + Rb 'e
Rb 'e
R
hre =
≈ b 'e
Rb 'c + Rb 'e Rb 'c
essendo Rb 'c >> Rb 'e , infatti valori tipici di queste due resistenze sono i seguenti:
Rb ' c ≈ 5 ⋅ MΩ ;
R b 'e ≈ 1KΩ
- Seconda equazione
partendo dall’espressione del generatore di corrente dipendente nel circuito a parametri
scrivere:
 ∂I 
 ∂I
∂I 
g m ⋅ Vb 'e = g m ⋅I b ⋅ Rb 'e =  c  ⋅ I b ⋅ Rb 'e =  c ⋅ b  ⋅ I b ⋅ Rb 'e
 ∂Vb 'e 
 ∂I b ∂Vb 'e 
d’altronde noi sappiamo che h fe =
 1
g m ⋅ Vb 'e = h fe ⋅ 
 Rb 'e
π possiamo
∂I c
e quindi otteniamo:
∂I b

 ⋅ I b ⋅ Rb 'e = h fe ⋅ I b


- Terza equazione
la resistenza Rb’e è definita come Rb 'e =
∂Vb 'e
, essa è la resistenza differenziale del diodo d’ingresso
∂I b
e può essere approssimata dalla seguente espressione:
V
V
Rb 'e ≈ T = hFE ⋅ T
Ib
Ic
- Quarta equazione
gm =
∂I c
∂I
∂I
Ic
I
1
= c ⋅ b = h fe ⋅
= h fe ⋅
≈ c
∂Vb 'e ∂I b ∂Vb 'e
Rb 'e
hFE ⋅ VT VT
questa relazione è vera sotto l’ipotesi che h fe ≈ hFE
23
- Quinta equazione
Rb 'c ≈
Rb 'e hFE ⋅ VT
=
hre
hre ⋅ I c
- Sesta equazione
questa ultima equazione ci dà un’espressione per la resistenza Rce ; dalla definizione di Vb’e abbiamo
la seguente relazione:
g m ⋅ Vb 'e = g m ⋅ (I b ⋅ Rb 'e + hre ⋅ V2 )
quest’ultima relazione è stata ricavata dalla maglia d’ingresso del circuito a parametri π insieme
alla prima equazione che è stata trovata per hre .
Dalla maglia d’uscita del circuito a parametri π abbiamo che:
V
V
I 2 = g m ⋅ Vb 'e + 2 = g m ⋅ I b ⋅ Rb 'e + g m ⋅ hre ⋅ V2 + 2
Rce
Rce

1 

I 2 = h fe ⋅ I b + V2 ⋅  g m ⋅ hre +
Rce 

d’altronde, nel circuito a parametri h, la corrente I2 era definita come:
I 2 = h fe ⋅ I b + hoe ⋅ V2
e operando qualche semplice calcolo, si ha:
e quindi dal confronto tra le due relazioni si deduce che:
1
1
hoe = g m ⋅ hre +
⇒
= hoe − g m ⋅ hre
Rce
Rce
che può essere riscritta nel seguente modo:
I
1
≈ hoe − c ⋅ hre
VT
Rce
La capacità Ce in genere non viene fornita dal costruttore il quale invece dà la frequenza di taglio
fαε del transistor . Questa viene data per l’uscita in corrente continua, quindi nel circuito a parametri
π è possibile trascurare Rb’c e Cb’c , abbiamo cioè un circuito del seguente tipo:
1
rappresenta la frequenza di taglio del filtro passa-basso d’ingresso, essa
2π ⋅ Rb 'e ⋅ C e
h fe ⋅ I b g m ⋅ Vb 'e
è infatti ricavabile dalle seguenti espressioni:
AI (ω ) =
=
= gm ⋅ Z I
Vb ' e
Ib
RI
allora la f αe =
d’altronde l’impedenza d’ingresso è data da:
1
Rb ' e ⋅
jωC e
Rb ' e
ZI =
=
1
1 + jωC e Rb 'e
Rb ' e +
j ωC e
allora andando a sostituire nell’espressione di AI (ω ) otteniamo:
e quindi il suo modulo sarà dato da:
dove abbiamo posto τ = Rb ' e ⋅ C e .
AI (ω ) =
h fe (0)
1 + ω 2 ⋅τ 2
AI (ω ) =
g m ⋅ Rb 'e
1 + jωC e ⋅ Rb 'e
24
L’espressione che abbiamo appena ricavato può anche essere scritta nel seguente modo:
h fe (0)
AI (ω ) = h fe (ω ) =
2
 ω 

1 + 
 ω αe 
allora si ha che quando h fe (ω ) = 1 la frequenza ω è uguale a una certa frequenza di taglio ω
T
e da
questo possiamo dunque ricavare una espressione per hfe (0), che sarà quindi data da:
2
ω 
h fe (0) = 1 +  T 
 ω αe 
questa relazione, dato che hfe (0) >> 1, può essere riscritta nel seguente modo:
è poichè abbiamo già trovato che
h fe (0) = g m ⋅ Rb 'e
e che
ω T = h fe (0) ⋅ ω αe
ω αe = (C e ⋅ Rb 'e )−1
arriviamo alla
seguente espressione finale:
g
Ic
1
= m ≈
ω T = g m ⋅ Rb 'e ⋅
Ce ⋅ Rb 'e Ce VT ⋅ C e
quindi da una relazione di questo tipo è possibile ricavare il valore di Ce .
L’andamento di hfe in funzione della frequenza è schematizzato nel seguente grafico:
Teorema di Miller
- Primo caso
consideriamo i seguenti due circuiti:
per avere l’equivalenza tra le due reti dobbiamo imporre che V sia identica nei due casi, cioè si deve
avere che:
V = R ⋅ (I1 + I 2 ) = I 1 R1
V = R ⋅ ( I 1 + I 2 ) = I 2 R2
e quindi ricaviamo le seguenti relazioni:
 I 
 I 
R1 = R ⋅ 1 + 2  ,
R 2 = R ⋅ 1 + 1 
 I1 
 I2 
25
- Secondo caso
anche qui consideriamo i seguenti due circuiti:
in questo caso l’equivalenza si ha per l’identità delle correnti:
V − V2 V1
I= 1
=
⇒ (V1 − V2 ) ⋅ R1 = V1 ⋅ R
R
R1
V1
⋅R =
V1 − V 2
R
V
1− 2
V1
R
analogamente si può ottenere che: R2 =
V
1− 1
V2
e quindi otteniamo: R1 =
Se adesso ripetiamo questo discorso per una impedenza generica, come ad esempio l’impedenza
legata ad un condensatore, otteniamo delle espressioni analoghe a quelle appena scritte, e cioè:


(V1 − V2 ) ⋅ jωC = V1 ⋅ jωC1 ⇒ C1 = C ⋅ 1 − V2 
 V1 

e, analogamente: C 2 = C ⋅ 1 −

V1
V2



Tagli alle alte frequenze
Applicando il teorema di Miller al circuito a parametri π si ottiene:
gli ordini di grandezza dei parametri sono:
A ≈ −100 ;
C e ≈ 150 pF
Rb 'e ≈ 1KΩ ;
C b ' c ≈ 10 pF
Rb 'c ≈ 5 ⋅ MΩ ;
R c ≈ 1KΩ
R ce ≈ 10 Ω
5
dati questi valori, il circuito sopra disegnato può essere semplificato, e quindi alla fine otteniamo il
seguente circuito :
26
dove abbiamo definito:
Ci = Ce + Cb 'c ⋅ (1 − A)
C 0 = C p + Cb 'c
R0 ≈ Rc
( Cp rappresenta le capacità parassite esterne : cavo, ecc...)
dal grafico si vede dunque che esiste un taglio dovuto al circuito d’ingresso (passa-basso) con la
(R + Rbb ' ) ⋅ Rb 'e
1
seguente frequenza di taglio:
ω T1 =
dove Req = s
Req ⋅ Ci
Rs + Rbb ' + Rb 'e
e c’è anche un taglio dovuto al circuito di uscita (passa-basso), la cui relativa frequenza di taglio è:
1
ωT2 =
R0 C 0
tutto quello che abbiamo trovato può essere riassunto nel seguente grafico:
Amplificatore ad emettitore comune
Il circuito relativo è il seguente:
a frequenze molto basse la CE non influisce apprezzabilmente sulla RE , possiamo dunque
considerare il seguente circuito semplificato:
dove la resistenza Ri ha la seguente espressione:
Ri = hie + (1 + h fe ) ⋅ R E
27
abbiamo dunque a che fare con un circuito passa-alto che ha un taglio alla frequenza
1
ωi =
C B ⋅ ( R B / Ri )
l’amplificazione a queste frequenze, quando cioè la CE non può essere considerata un corto circuito,
R
è data dalla seguente espressione: AV = − C
RE
deducibile osservando le espressioni ricavate per le configurazioni ad emettitore comune ed a
collettore comune. Quindi il filtro passa-alto tende a questa amplificazione AV.
Aumentando la frequenza comincia però ad intervenire l’effetto della CE , si possono allora
h + RS
presentare due tagli a seconda dei valori relativi di RE e di RE1 definita come: R 1E = ie
1 + h fe
resistenza di uscita a collettore comune.
le espressioni delle frequenze di taglio sono quindi le seguenti:
1
1
ω E2 =
ω E1 =
CE ⋅ RE
C E ⋅ R E // R 1E
(
)
oltre questi due tagli, l’amplificazione tende a quella ad emettitore comune: AEC ≈ −h fe ⋅
RC
hie
possiamo riassumere il tutto con il seguente grafico:
Amplificatori a retroazione
Lo schema di un amplificatore a retroazione è il seguente:
le ipotesi che si fanno in un circuito di questo tipo sono le seguenti due:
1) ciascun blocco è unidirezionale , cioè il segnale percorre la catena solo nel verso delle frecce;
2) i blocchi non interagiscono tra loro, cioè A non dipende da β né dalla sorgente e β non
dipende da A né dalla sorgente.
Ad anello aperto abbiamo che ( β disconnesso):
A=
Y (t )
X (t )
28
Y (t )
X (t )
allora, dato che dal nodo di ingresso noi abbiamo che:
invece ad anello chiuso si ha: AR =
si ottiene dunque:
AR =
e(t ) = X (t ) + βY (t )
Y (t ) e(t )
Y (t )
Y (t )
=
=
X (t ) e(t ) − βY (t ) 1 − β Y (t ) e(t )
e quindi alla fine possiamo scrivere che:
A
AR =
1 − βA
ora, noi sappiamo che sia β che A sono una funzione di iω , e questo ci porta a concludere che
1 − βA è un numero complesso quindi AR differisce in modulo e fase da A.
Se esiste una frequenza ω per la quale quel fattore 1 − βA è uguale a zero, il sistema entra in
oscillazione in quanto AR → ∞ il che significa che si ha una risposta del sistema anche senza alcuna
sollecitazione.
E’ da notare che l’espressione di AR si trova spesso indicata con il termine 1 + βA perchè nel nodo si
opera una differenza anzichè una somma come abbiamo fatto noi. Questa convenzione è spesso usata
nella teoria dei controlli automatici dove è considerata più importante la reazione negativa. Questa
diversa scelta comporta solo una diversa definizione di βA relativamente ai casi di reazione positiva
o negativa.
Diagrammi di Nyquist
Se si rappresenta la K (iω ) nel piano complesso, si ottiene un vettore K:
s
al variare di ω tale
vettore descrive una curva che prende il nome
di diagramma di Nyquist; ad esempio la K(p)
di un sistema passa-basso che è data da :
1
≡n cK p =)o
;(
= 0) ; invece un
1 + pτ
sistema “passa alto” ha una K(p) data da:
pτ
K ( p) =
. I relativi diagrammi di
1 + pτ
Nyquist sono i seguenti:
Stabilità della retroazione
Nel senso più restrittivo si suole definire la stabilità di un sistema nel modo seguente:
un sistema si dice stabile, nel dominio del tempo, quando l’ampiezza della risposta al gradino tende
a zero per t → ∞ , oppure quando, nel dominio delle frequenze, la K (iω ) non abbia poli nel
semipiano “destro” (cioè si hanno solo poli con parte reale negativa).
29
Uno dei metodi più usati nei sistemi retroazionati per stabilire se un sistema è stabile è quello di
Nyquist:
Criterio di Nyquist
E’ essenzialmente un metodo grafico: esso richiede la conoscenza del diagramma di Nyquist per la
funzione βA del sistema retroazionato per −∞ < ω < +∞ .
La K (iω ) non deve avere poli nel semipiano destro (cioè il sistema deve essere stabile a catena
aperta); se ciò è verificato allora il criterio di Nyquist afferma che:
un sistema a catena chiusa è stabile solo se il diagramma di Nyquist non contiene il punto 1 + i 0
detto punto critico.
E’ da notare che un punto o una regione si dicono racchiusi entro una curva quando si trovano alla
sinistra di un osservatore che percorre la curva chiusa in senso antiorario.
In realtà questo è il criterio ristretto o particolare, infatti quello generale ammette anche sistemi che a
catena aperta possono essere instabili.
Simmetria del diagramma di Nyquist
poichè la K (iω ) ha poli reali o complessi coniugati, e K (iω ) = K * (−iω ) , risulta che il diagramma
di Nyquist di βA(−ω ) è l’immagine speculare di quello calcolato per βA(ω ) , cioè il diagramma di
Nyquist gode della proprietà di simmetria rispetto all’asse reale.
Alcuni diagrammi di Nyquist
Configurazionifondamentali per la retroazione
Facciamo riferimento allo schema a blocchi di un sistema retroazionato:
e distinguiamo il sistema A e la rete di reazione β la quale campiona la variabile in uscita da A e
determina un segnale di errore in ingresso.
30
La variabile di campionamento e quella di errore possono anche essere diverse; nei sistemi
elettronici, ad esempio, esse possono essere corrente e tensione, e quindi le possibili configurazioni di
retroazione sono quattro, e cioè:
1) campionamento di corrente con errore di tensione
2) campionamento di tensione con errore di corrente
3) campionamento di tensione con errore di tensione
4) campionamento di corrente con errore di corrente
queste configurazioni possono essere graficate nel seguente modo:
1) detto anche SERIE-SERIE
(dove con questo nome si
intendono le modalità di
ingresso e di uscita)
2) detto anche SHUNT-SHUNT
3) detto anche SERIE-SHUNT
4) detto anche SHUNT-SERIE
Proprietà della retroazione negativa
1) Impedenza d’ingresso
a) Errore di corrente
Possiamo
schematizzare
questo caso tramite il seguente
circuito: l’ingresso di A e
l’uscita di β sono in parallelo
quindi hanno la stessa V; invece
parte della corrente I del
generatore è assorbita da β,
quindi si ha che I > Ie , il che
significa che a parità di tensione
31
in ingresso circola una corrente maggiore cioè l’impedenza d’ingresso risulta diminuita, infatti
V
l’impedenza d’ingresso dell’amplificatore è data da: Z I =
Ie
d’altronde noi abbiamo che: Ir = βA ⋅ I e
quindi alla fine possiamo scrivere che:
ZI
V
V
V
Z IR = =
=
=
I
I r + I e (1 + βA) ⋅ I e 1 + βA
b) errore di tensione
in questo caso la corrente I è sempre la stessa
con e senza retroazione mentre si ha che :
Ve < V quindi l’impedenza d’ingresso sarà
V
ZI = e
maggiore, infatti si ha che:
I
d’altronde Vr è definita come: V r = βA ⋅ Ve
e quindi alla fine si ottiene che:
V V + Ve Ve ⋅ (1 + βA )
Z IR = = r
=
= Z I ⋅ (1 + βA)
I
I
I
2) Impedenza di uscita
a) campionamento di tensione
A parità di V in uscita la corrente che
circola in R0 è maggiore e quindi la Z0
V
è minore, infatti si ha che: Z 0 =
I
dunque l’impedenza di uscita con la
retroazione è data da:
Z0
V
V
Z 0R =
=
=
I + βA ⋅ I I ⋅ (1 + βA) (1 + βA)
b) campionamento di corrente
In questo caso a parità di I la V è maggiore e
quindi la Z0 è anch’essa maggiore, infatti,
data la solita espressione di Z0 come rapporto
tra V e I, si ha la seguente espressione:
V + βA ⋅ V V
= ⋅ (1 + βA) = Z 0 ⋅ (1 + βA)
Z 0R =
I
I
32
Vediamo ora qualche esempio:
Sensibilità di un amplificatore a retroazione
Quello che vogliamo determinare in questo paragrafo sono le variazioni dell’amplificazione a
retroazione AR in funzione delle variazioni di A. Tutto questo può essere fatto calcolando la derivata
di AR rispetto ad A. Si ottiene dunque:
d  A  1 − βA + βA
1

=
=
dA  1 − βA 
(1 − βA)2 (1 − βA)2
e quindi possiamo scrivere che:
A
dA
1
dAR =
= R⋅
⋅ dA
2
(1 − βA) A (1 − βA)
dAR
1
dA
=
⋅
AR
1 − βA A
arriviamo dunque alla seguente relazione:
abbiamo trovato dunque che la variazione percentuale di AR è ridotta di un fattore
1
se la
1 + βA
reazione è negativa ( βA < 0 ), mentre è aumentata se la reazione è positiva ( βA > 0 ).
Retroazione in un amplificatore a più stadi
Condideriamo n amplificatori con una amplificazione a e un fattore β, abbiamo quindi un sistema
del tipo:
in un circuito di questo tipo noi abbiamo che l’amplificazione totale At è data da At = An e quindi
n
 A 
An
 =
troviamo la seguente espressione:
A = A = 
(1 − βA)n
 1 − βA 
se invece consideriamo un circuito del tipo seguente:
1
r
n
r
33
Ar2 =
abbiamo che in questo caso l’amplificazione è data da:
At
An
=
1 − β t At 1 − β t A n
la variazione percentuale di A1r nel primo caso è data da:
n
 A 
dA1r
d  A 

 = n ⋅ 

=
dA dA  1 − βA 
 1 − βA 
n −1
1 − βA + βA 
⋅
2 
 (1 − βA) 
con qualche passaggio otteniamo dunque:
 A 

n ⋅ 
 1 − βA 
n−1
⋅
1
1
1
1
1
= nAn −1 ⋅
⋅
= n⋅
⋅
⋅ An−1 =
2
n−1
2
n
(1 − βA)
(1 − βA) (1 − βA)
(1 − βA) (1 − βA)
n
= n⋅
 A 
1
1
1
1
An
 ⋅
⋅
⋅
= n ⋅ 
⋅
n
β
β
β
−
−
1
1
1
−
(
A
)
A
A
A
A
(1 − βA)


d’altronde nell’ultima espressione il termine tra parentesi tonda non è altro che A1r e quindi alla fine
dAr1
1
1
possiamo scrivere che:
= nAr1 ⋅ ⋅
dA
A (1 − βA )
arriviamo dunque alla seguente espressione finale:
dAr1
1
 dA 
= n⋅
⋅ 
(1 − βA)  A 
Ar1
Passiamo ora all’espressione della variazione percentuale di Ar nel caso del secondo circuito, questa
si può ricavare tramite i seguenti passaggi:
dAr2
d  A n  nA n −1 ⋅ 1 − β t A n + A n ⋅ nβ t A n −1

=
=
=
2
dA dA  1 − β t A n 
1 − βt An
(
=
n −1
nA
1 − β t An
(
)
2
= n⋅
)
(
(
)
)
n
1
1
1
n
A
⋅
⋅ =
⋅ Ar2 ⋅
n
n
n
A
A 1 − βt A
1 − βt A
1 − βt A
(
)(
)
(
)
e quindi alla fine troviamo la seguente espressione:
dAr2
n
 dA 
=
⋅

2
n 
Ar
1 − βt A  A 
se ora imponiamo che le amplificazioni reazionate nei due casi siano uguali, cioè che A1r = A2r si ha
che: (1 − βA)n = 1 − β t A n
e facendo il rapporto tra il caso II e il caso I si ottiene:
casoII
n
dA 1 − βA A
(1 − βA) =
1
=
⋅
⋅
⋅
=
casoI 1 − β t A n A
n
dA (1 − βA)n (1 − βA )n −1
abbiamo trovato dunque che:
dAr2
dA1
1
=
⋅ 1r
2
n −1
Ar
Ar
(1 − βA)
risulta quindi evidente che la variazione relativa dell’amplificatore reazionato totalmente dAr2 Ar2 è,
nel caso di reazione negativa ( βA < 0 ) minore, rispetto alla versione con reazione per ogni singolo
stadio dA1r Ar1 , di un fattore 1 (1 − βA )
n −1
.
E’ quindi conveniente retroazionare l’intero amplificatore piuttosto che i singoli stadi.
E’ da notare che il risultato ottenuto è indipendente dalla variazione relativa dell’amplificazione
interna di ogni singolo stadio dA A .
Influenza della retroazione sul noise
In un sistema come l’amplificatore elettronico le sorgenti di disturbo (noise) sono molteplici, e le
elenchiamo qui di seguito:
1. Ripple o ondulazione residua degli alimentatori in corrente continua.
2. Variazioni della tensione di alimentazione.
34
3 Variazioni del punto di lavoro (deriva termica)
4 Rumore termico.
5 Distorsione non lineare.
Schematizziamo allora la presenza del noise in ingresso tramite il seguente circuito:
dove XN sta proprio ad indicare il noise introdotto all’ingresso; tipiche cause di questo noise sono la
2, la 3 e la 4. Vediamo dunque come varia il rapporto segnale-rumore a seconda della presenza o no
della retroazione:
a) senza retroazione
Y = A ⋅ X mentre il rumore in uscita è
S
Y
X
dunque il rapporto segnale rumore sarà dato da:
=
=
N YN
XN
in questo caso abbiamo che il segnale in uscita è dato da:
dato da: YN = A ⋅ X N
b) con retroazione
il segnale in uscita è dato da : YR =
A
A
⋅ X R mentre il rumore in uscita sarà YRN =
⋅XN
1 + βA
1 + βA
e quindi anche in questo caso abbiamo che il rapporto segnale-rumore è dato dall’espressione:
Y
X
S
= R = R
N YRN
XN
Quindi con o senza retroazione il rapporto segnale-rumore rimane invariato. Il confronto va però
fatto in due condizioni diverse:
1. a parità si segnale di ingresso, cioè con XR = X la retroazione non migliora il rapporto segnalerumore, infatti la minore amplificazione agisce allo stesso modo sul segnale e sul disturbo;
2. a parità si segnale di uscita, cioè con YR = Y si ha che:
A
⋅ X R = AX ⇒ X R = X ⋅ (1 + βA)
1 + βA
X
X
S
S
e quindi il rapporto segnale-rumore sarà dato da:   = R =
⋅ (1 + βA) = ⋅ (1 + βA)
XN
N
 N R X N
cioè il rapporto segnale-rumore viene migliorato di un fattore (1 + βA)
Quindi la retroazione negativa è conveniente nella misura in cui è possibile aumentare il segnale in
ingresso per ottenere lo stesso segnale in uscita senza che ciò produca una maggiore distorsione.
Per quanto riguarda invece il noise introdotto in uscita, questo può essere schematizzato tramite il
seguente circuito:
35
i noise tipici introdotti in uscita sono, nell’elenco iniziale, il numero 1 e il numero 5; la differenza
fondamentale con il rumore introdotto in ingresso è il fatto che mentre in quest’ultimo caso vengono
amplificati sia segnale che rumore, nel caso di noise in uscita è solo il segnale ad essere amplificato;
vediamo dunque l’espressione del rapporto segnale-rumore nei due casi di assenza o presenza di
retroazione:
a) senza retroazione
dato che il rumore non è amplificato mentre il segnale viene amplificato in maniera analoga a quella
trovata nel caso di noise in ingresso, si trova per il rapporto segnale-rumore la seguente espressione:
S
Y
AX
=
=
N YN
XN
b) con retroazione
in questo caso si ottiene:
A
⋅XR
Y
AX R
+
βA
1
S
 
R
=
=
  =
1
XN
 N  R YN
⋅XN
1 + βA
dunque come nel caso precedente i due rapporti segnale-rumore risultano uguali. Però a parità di
segnale di uscita si ha anche qui un miglioramento del fattore (1 + βA) .
Conclusione
Se il segnale in ingresso rimane invariato la reazione negativa non migliora il rapporto segnalerumore.
Se invece il segnale d’ingresso può essere aumentato di un fattore (1 + βA) senza che ciò
comporti un aumento del disturbo (la distorsione sicuramente non varia perchè il segnale in uscita
rimane costante), allora il rapporto segnale-rumore migliora di un fattore (1 + βA) .
Op-amp ideale
Supponiamo di avere un sistema del
tipo amplificatore con retroazione
negativa, con una impedenza di
ingresso Z I = ∞ ed una impedenza
di uscita Z U = 0 , e con un
guadagno ad anello aperto uguale a
-A: possiamo schematizzare questo
circuito come segue: dove con ε
abbiamo indicato la tensione (molto piccola in ampiezza) presente all’ingresso di A. Scriviamo la
somma delle correnti nel nodo d’ingresso:
V I − ε VU − ε ε
+
−
=0
R1
R2
R3
d’altronde noi sappiamo che VU = − A ⋅ ε , e quindi andando a sostituire nell’equazione scritta
VU
V
VU + U
A +
A + VU = 0
R1
R2
AR3
VI +
otteniamo che:
e con semplici passaggi quella espressione diventa:
VI
V
V
V
V
+ U + U + U + U =0
R1 AR1 R2 AR2 AR3
36
possiamo dunque ricavare da questa equazione il valore della amplificazione reazionata, che sarà
dato da:
V
1 R1
AR = U = −
VI
1
1  1
1
1 

+ ⋅ +
+
R2 A  R1 R2 R3 
da questa espressione si può notare che, se A cresce ( A → ∞ ) il guadagno con retroazione negativa
R
tende al seguente valore: AR ≈ − 2
R1
VU
ε
il valore della tensione ε tende a zero, e questo giustifica il nome di “massa virtuale” dato
all’ingresso di un OP-AMP.
Prescindendo dal segno di A, ma considerando che il segnale di uscita ha segno opposto a quello di
ingresso, avremmo potuto scrivere:
in questo caso dunque, se
riscriviamo la somma delle correnti
al nodo d’ingresso, abbiamo:
V I − ε ε ε − VU
=0
−
−
con
R1
R3
R2
inoltre, se A → ∞ questo vuol dire che, dato che A è definito come: A = −
VU = Aε
eliminando dunque ε , si ha:
VI
V
V
V
V
− U − U − U + U =0
R1 AR1 AR3 AR2 R2
anche in questo caso possiamo dunque trovare il valore dell’amplificazione reazionata raccogliendo
la due quantità VI e VU , e quindi si ottiene:
 1
VI
1
1
1 

= VU ⋅ 
+
+
−
R1
 AR1 AR3 AR2 R2 
1
VU
R1
=
VI

1
1
1
1  1
−
⋅  +
+
A  R1 R2 R3  R2
in questa espressione si vede che se A → ∞ allora si ha che AR ≈ − R2 R1 , come in precedenza.
dunque l’amplificazione reazionata è data da:
AR =
Facciamo ora un altro calcolo, consideriamo un cicuito come il seguente:
calcoliamo il valore di ε dovuto al contributo di VU :
RR
VU ⋅ 1 3
R1 + R 3
RR
R1 + R 3
ε=
= VU ⋅ 1 3 ⋅
R1 R3
R1 + R3 R 2 ⋅ (R1 + R 3 ) + R1 R3
R2 +
R1 + R3
37
ε = VU ⋅
R1 R 3
R1
= VU ⋅
R1 R 2
R1 R 2 + R 2 R 3 + R1 R3
+ R1 + R 2
R3
dalla quale possiamo fare l’interessante osservazione che se R3 =0, allora anche ε = 0 che coincide
con il significato di “massa virtuale”. In realtà R3 è assolutamente ininfluente, come si deduce dalla
espressione di AR , in quanto è l’unica resistenza che compare solo nella parentesi moltiplicata per
1/A. Se quindi possiamo prescindere dal valore di R3 , la si può porre uguale a ∞ (cioè toglierla). In
R1
tali condizioni si ottiene: ε ≈ VU ⋅
R1 + R2
da questa espressione possiamo ricavare:
R1
ε
≈
= β1
VU R1 + R2
il fattore β1 rappresenta la frazione di tensione che dall’uscita viene riportata in ingresso (lo
abbiamo chiamato β1 per distinguerlo dal coefficiente di retroazione β ).
Se invece consideriamo la relazione generale per sistemi controreazionati (retroazione negativa), noi
A
1
avevamo trovato che: AR =
=
1 + βA 1 + β
A
allora, se A → ∞ , si ha che AR ≈ 1 β , relazione questa che, confrontata con quella specifica da noi
R
R
ricavata, e cioè: AR ≈ − 2 ci porta a dedurre il seguente valore per β :
β ≈− 1
R1
R2
Caratteristiche fondamentali di un OP-AMP ideale
1. A → ∞
2. Z I → ∞
3. Z U → 0
Amplificazione ad anello aperto
Impedenza d’ingresso
Impedenza d’uscita
4. CMRR → ∞
5. B → ∞
Rapporto di reiezione al modo comune
Banda passante (seconda frequenza di taglio f2 )
Caratteristiche generali di un OP-AMP reale
1. A ≈ 10 4 ÷ 10 6
2. Z I ≈ 1MΩ
3. Z U ≈ 1Ω
4. CMRR ≈ 80 ÷ 100dB
5. B ≈ MHz ÷ GHz
Definiamo poi la seguente quantità:
dVU
I
V 
slew-rate :
=
 µs 
dt
C
la rapidità di risposta nel tempo è limitata dalla capacità di uscita (interna); nel dominio delle
frequenze noi possiamo scrivere che VU = VM sinωt e quindi derivando rispetto al tempo abbiamo
che:
dVU
dt
MAX
d

=  (V M sinωt )
= ωV M
 dt
 MAX
38
Esempio:
dVU
= 1V
= 10 6
µs
dt
questo significa che il prodotto ωV M = 10 6 quindi possiamo avere al più un segnale in uscita dato da
se
10Vω = 10 6 e quindi abbiamo che ω = 10 5 s −1 .
Taglio alle alte frequenze
Abbiamo che l’amplificatore in realtà ha una sua capacità intrinseca che può essere rappresentata
C ≈ Ce + ( A + 1) ⋅ C h 'C
tramite l’espressione:
se mettiamo C nella formula
1
1
→
+ jωC , si ricava che:
R3
R3
della
A
dell’amplificatore controreazionato,
A0
A= −
(circuito passa-basso)
1 + jωτ 2
dove ω 2 è definita come:
1 (1 + A ) 1
+
+
R1
R2
R3
1
ω2 =
=
τ 2 C e + ( A + 1) ⋅ C b 'C
d’altronde, se R3 → ∞ , l’espressione appena scritta diventa:
sostituendo
1 (1 + A )
+
R1
R2
ω2 =
( A + 1) ⋅ C b'C
dove abbiamo posto, come si verifica poi in realtà, che C e << C h 'C ⋅ ( A + 1) , e questo è dovuto
semplicemente al fatto che A >> 1 ; trascurando dunque, per la medesima ragione, il termine 1/R1 ,
1
otteniamo la seguente espressione finale:
ω2 ≈
R 2 ⋅ C b 'C
Circuiti Lineari con OP-AMP
Si suppone che la rete di reazione sia composta da elementi passivi lineari come ad esempio
resistenze o condensatori, in tale ipotesi il circuito è sicuramente lineare purché il segnale di ingresso
non sia tale da far saturare l’uscita. Consideriamo di seguito alcuni tipi di configurazioni:
1) Amplificatore invertente
definiamo allora l’amplificazione A come, ovviamente, il rapporto tra V2 e V1 , inoltre abbiamo le
seguenti caratteristiche:
1) poiché Ringresso = ∞ ⇒ I1 = I 2
2) poiché Aopamp = ∞ ⇒ v a = vb = 0
il punto v a viene perciò detto punto di massa virtuale;
allora possiamo ricavare le seguenti espressioni per V1 e V2:
39
V1 = I 1 R1
V2 = − R2 I 2
il segno meno nella espressione di V2 sta ad indicare che la corrente I2 scorre in un verso opposto
rispetto a quello che la tensione ai capi di R2 vorrebbe. Troviamo dunque alla fine la seguente
R
espressione per l’amplificazione: A = − 2
R1
2) Amplificatore non invertente
anche in questo caso l’amplificazione è definita come il rapporto tra V2 e V1 . Otteniamo dunque le
seguenti relazioni per questo tipo di circuito:
v a = V1
V1 = − I1 R1 ⇒ I1 = −
V1
R1
inoltre dato che Va =V1, possiamo ottenere la seguente espressione per I2:
V − V1
V 2 − V1 = − I 2 R 2 ⇒ I 2 = − 2
R2
d’altronde deve essere I1=I2 dato che l’opamp si assume avere impedenza d’ingresso infinita, e
V1 V2 − V1
quindi, uguagliando l’espressione delle due correnti, si ricava:
=
R1
R2
e quindi, svolgendo l’equazione sopra scritta, si arriva al risultato finale:
V1 V1 V 2
+
=
R 2 R1 R 2
 1
1  V2
=
V1 ⋅  +

 R1 R 2  R 2
 R + R2
V1 ⋅  1
 R1 R 2
 V2
 =
 R2
e quindi l’amplificazione è data da:
A=
V2
R
= 1+ 2
V1
R1
3) Inseguitore di tensione
si tratta di un circuito di tipo non invertente nel quale si ha che R1 = ∞ e/o R2 = 0 e quindi
otteniamo per l’amplificazione la seguente espressione: A = 1 +
R2
=1
R1
40
4) Circuito sommatore
Lo schema del circuito sommatore è rappresentato nella pagina seguente:
dal fatto che l’impedenza d’ingresso dell’opamp è infinita, si ha che deve essere:
I1 + I 2 + I 3 = I 4
sostituendo dunque in questa equazione le espressioni delle varie correnti, si ottiene:
V1 V2 V3
V
+
+
=− 0
R1 R2 R3
R4

R
R
R 
V0 = −V1 ⋅ 4 + V2 ⋅ 4 + V3 ⋅ 4 
R1
R2
R3 

ora, se ci mettiamo nel caso in cui R1 = R2 = R3 = R4 = R , allora possiamo scrivere che:
V0 = −(V1 + V2 + V3 )
e quindi in definitiva possiamo scrivere:
e quindi in questo caso il circuito assume le caratteristiche di un sommatore.
5) Circuito integratore (ideale)
analizziamo questo tipo di circuito sia nel regime dei tempi sia in quello delle frequenze:
a) regime dei tempi
sempre per il fatto che l’impedenza di ingresso dell’opamp è infinita, noi abbiamo che le due correnti
I1 e I2 devono essere uguali, inoltre il potenziale Va è nullo, abbiamo cioè un punto di massa virtuale.
V
Possiamo allora scrivere che: 1 = I 1 = I 2
R
q 1 t
1 t
e quindi si ha: V2 − Va = V2 = = ⋅ ∫ − I 2 dt ' = −
∫ V1 dt '
C C −∞
CR −∞
abbiamo dunque trovato l’espressione della tensione di uscita e, come si vede, essa è proporzionale
all’integrale della tensione d’ingresso. Un problema fondamentale di questo tipo di circuito è il fatto
che per tempi lunghi, a causa dell’integrale, l’OPAMP arriva alla saturazione; questo problema si
risolve nel circuito integratore reale, che viene trattato di seguito;
b) regime delle frequenze
l’impedenza dovuta al condensatore C è data dalla seguente espressione:
Zc =
1
j ωC
41
possiamo allora scrivere la seguente espressione, che corrisponde a eguagliare tra di loro le due
V1
V
Z
1
correnti I1 e I2:
= − 2 ⇒ V2 = − c ⋅ V1 = −
⋅ V1
R
Zc
R
jωCR
si vede anche qui che abbiamo un problema uguale a quello che avevamo incontrato nel regime dei
tempi, infatti se ω → 0 e V1 rimane finito l’OPAMP satura.
6) Circuito derivatore (ideale)
anche per questo circuito, come per l’integratore ideale, facciamo una analisi nel regime dei tempi ed
una nel regime delle frequenze:
a) regime dei tempi
come al solito dobbiamo imporre l’uguaglianza delle due correnti I1 e I2; per quanto riguarda allora
dq
dV
la corrente I1, questa è data da:
I1 = 1 = C 1
dt
dt
dV
V
allora se andiamo ad uguagliare questa espressione alla corrente I2, ricaviamo: C 1 = I 2 = − 2
dt
R
dV1
si ottiene allora per V2 la seguente espressione: V2 = − RC
dt
anche qui si presenta un problema simile a quello che si aveva nell’integratore ideale, e cioè il fatto
che, in questo caso, se dt → 0 , l’OPAMP satura;
b) regime delle frequenze
in questo caso, uguagliando le due correnti, si ottiene:
e quindi V2 è data da: V 2 = −
V1
V
=− 2
Zc
R
R
V1 = − jωCRV1
Zc
e, come si vede dalla espressione di V2, se ω → ∞ , l’opamp satura. Dagli ultimi due circuiti
presentati abbiamo visto che abbiamo problemi di saturazione dell’OPAMP che risolveremo nelle
prossime due configurazioni, e cioè il circuito integratore reale e il derivatore reale.
7) Circuito integratore (reale)
Per evitare i fenomeni di
saturazione che abbiamo visto
nei due circuiti precedenti,
occorre fare in modo che il
condensatore C presente sia nel
derivatore che nell’integratore,
si scarichi, in questo modo la V2
non raggiunge la saturazione,
come vedremo meglio in
seguito.
42
L’equazione del nodo che sta a massa virtuale, ci dice che deve essere:
I1 = I C + I 2 ⇒ I C = I1 − I 2
q 1
= ⋅ ∫ − I C dt
C C
ma allora, sostituendo ad IC il valore che abbiamo ottenuto nella equazione di prima, ed esprimendo
le due correnti I1 ed I2 in funzione delle tensioni e delle resistenze, otteniamo il seguente risultato:

V
1
1  V
V2 = ⋅ {∫ − I 1 dt + ∫ I 2 dt} = − ⋅ ∫ 1 dt + ∫ 2 dt 
C
C  R1
R2 
ora, per la tensione V2, possiamo scrivere la seguente equazione: V2 =
ponendo allora τ 1 = CR1 e τ 2 = CR2 , possiamo scrivere: V2 = −
1
1
⋅ ∫ V1dt − ⋅ ∫ V2 dt
τ1
τ2
se adesso andiamo a derivare ambo i membri di quest’ultima equazione otteniamo:
dV2 V1 V2
+ +
=0
dt τ 1 τ 2
questa è una equazione differenziale del tipo:
Y '+ P ( x ) ⋅ Y + Q( x) = 0
e la soluzione generale di una equazione di questo tipo è la seguente:
Y ( x) = e − ∫ P ( x ) dx ⋅ c − ∫ Q ( x ) ⋅ e ∫ P ( x ) dx dx
{
}
tornando dunque al nostro caso specifico, si ha che la soluzione generale per il nostro potenziale


1
V2 (t ) = e −t τ 2 ⋅ c − ⋅ ∫ V1 (t ) ⋅ e t τ 2 dt 
V2(t) è la seguente:
 τ1

se adesso ci mettiamo nel caso particolare in cui V1 è costante come può essere un gradino di
 V

potenziale, allora l’equazione generale diventa in questo caso: V2 (t ) = e −t τ 2 ⋅ c − 1 ⋅ ∫ e t τ 2 dt 
 τ1

andando a risolvere quell’integrale otteniamo:
V
V ⋅τ
V 2 (t ) = e − t τ 2 ⋅ c − 1 τ 2 ⋅ e t τ 2 ⋅ e − t τ 2 = c ⋅ e − t τ 2 − 1 2
τ1
τ1
all’istante iniziale t=0 facciamo a questo punto l’ipotesi che V2=0, questo ci porta a determinare il
Vτ
Vτ
valore della costante c, infatti si ha: V2 (t = 0) = 0 = c − 1 2 ⇒ c = 1 2
τ1
τ1
e quindi alla fine possiamo scrivere che :
V 2 (t ) =
(
V1τ 2 − t τ 2 V1τ 2
VR
⋅e
−
= − 1 2 ⋅ 1 − e −t τ 2
τ1
τ1
R1
)
verifichiamo ora la correttezza di questa espressione andando a vedere i limiti per t → 0 e per
t →∞:
a) per t = 0 risulta V2 (t = 0) = 0 in accordo con le ipotesi iniziali;
b) per t = ∞ risulta V2 (t → ∞) = −V1 ⋅
R2
R1
che è corretto in quanto per un tempo infinito la
capacità è sicuramente carica e quindi l’amplificatore si comporta come un semplice OPAMP in
configurazione invertente.
Confrontiamo ora la risposta di questo circuito reale con la risposta del circuito analogo ideale; nel
1
caso di quest’ultimo avevamo visto che la tensione di uscita era data da: V2 (t ) = −
⋅ ∫ V1dt
R1C
se allora consideriamo per V1 un valore costante, otteniamo la seguente tensione di uscita:
t
V2 (t ) = −V1 ⋅
CIRCUITO IDEALE
τ1
mentre per il circuito reale abbiamo ottenuto la seguente espressione:
43
R2
⋅ (1 − e − t τ 2 )
CIRCUITO REALE
R1
t
nell’ipotesi allora che
<< 1 possiamo sviluppare in serie l’esponenziale ed otteniamo quindi:
τ2
V2 (t ) = −V1 ⋅
V2 (t ) ≅ −V1 ⋅

R2  
t
t2
⋅ 1 − 1 − + 2 − ......
R1   τ 2 2τ 2

e con semplici calcoli si ha:

R  t
R t
t2
V2 (t ) ≅ −V1 ⋅ 2 ⋅  − 2 + ...... = −V1 ⋅ 2 ⋅
R1  τ 2 2τ 2
R1 τ 2



t
⋅ 1 −
+ ......
 2τ 2

arriviamo dunque alla seguente espressione:

t 
t
V2 (t ) ≅ −V1 ⋅ ⋅ 1 −
+ ....
CIRCUITO REALE
τ 1  2τ 2

dunque tramite lo sviluppo al primo ordine dell’esponenziale otteniamo che la differenza con il
circuito reale sta solamente nel fattore t
che rappresenta il cosiddetto errore di linearità’ da
2τ 2
tenere presente nella progettazione circuitale , cioè si deve avere che t << τ 2 , quindi in genere la
resistenza che si aggiunge R2 deve essere molto grande, dell’ordine dei MΩ , affinchè il circuito si
comporti ancora da integratore.
8) Circuito derivatore (reale)
Per ottenerlo occorre aggiungere
in serie alla capacità in ingresso
una resistenza in genere, come
vedremo, molto piccola. Il grafico
del circuito è così il seguente:
dobbiamo
come
al
solito
uguagliare le due correnti I1 e I2;
la corrente I2 è data da:
dV
I2 = C ⋅ C
dt
ora, la tensione ai capi del
condensatore è data dalla tensione V1 alla quale dobbiamo togliere la tensione ai capi della
resistenza, questo sempre perchè il nodo successivo a R1 è a tensione zero; possiamo dunque scrivere
dV R1
dV
dV
dI
= C ⋅ 1 − CR1 ⋅ 2
che: I 2 = C ⋅ 1 − C ⋅
dt
dt
dt
dt
dI 2
1
1 dV
otteniamo quindi la seguente equazione differenziale:
+
⋅ I2 − ⋅ 1 = 0
dt CR1
R1 dt
questa è una equazione differenziale analoga a quella che avevamo incontrato nel caso del circuito
integratore reale, passiamo dunque a scrivere direttamente la soluzione generale per la corrente I2,

1  dV1  t τ1 
I 2 = e −t τ 2 ⋅ c +
che sarà data da:
⋅∫
 ⋅ e dt 
R
 dt 
1


se allora applichiamo in ingresso un segnale a rampa, cioè della forma seguente: V1 (t ) = V1 ⋅
otteniamo:


1 V1
I 2 = e −t τ1 ⋅ c +
⋅ ⋅ ∫ e t τ1 dt 
R
τ
1


t
τ
44
I 2 = e − t τ 1 ⋅ c + e − t τ1 ⋅
e quindi, risolvendo l’integrale:
V1
Vτ
⋅ τ 1 ⋅ e t τ 1 = e − t τ1 ⋅ c + 1 1
τR1
τR1
se adesso poniamo che per t=0 la corrente I2 deve essere nulla questo ci porta a determinare il valore
Vτ
Vτ
della costante c, infatti deve essere:
I 2 (t = 0) = 0 = c + 1 1 ⇒ c = − 1 1
τR1
τR1
possiamo dunque scrivere l’espressione finale per la corrente I2:
Vτ
Vτ
Vτ
I 2 = − 1 1 ⋅ e − t τ1 + 1 1 = 1 1 ⋅ 1 − e − t τ1
τR1
τR1
τR1
(
)
e quindi, dato che V2 = − I 2 R2 , da questa soluzione possiamo risalire alla espressione della tensione
di uscita, che è dunque data da:
CR
V2 (t ) = −V1 ⋅ 2 ⋅ 1 − e −t τ1
CIRCUITO REALE
τ
verifichiamo ora che cosa succede se mandiamo il tempo a zero oppure all’infinito:
(
a)
)
per t = 0 si ha che V2 (t = 0) = 0 in accordo con le ipotesi iniziali;
CR2
;
τ
quindi il circuito tende esponenzialmente a questo valore costante; esso ci tende tanto più
rapidamente quanto più piccola è la costante di tempo dell’esponenziale τ 1 = R1C ; dal che si deduce,
b) per t → ∞ si ha che V2 (t ) = −V1 ⋅
come avevamo osservato dall’inizio, che per ottenere un buon derivatore dovevamo aggiungere in
serie una resistenza molto piccola.
Se confrontiamo la risposta del derivatore reale con quella del derivatore ideale abbiamo:
τ
V2 (t ) = −V1 ⋅ 2
CIRCUITO IDEALE
τ
τ
V2 (t ) = −V1 ⋅ 2 ⋅ 1 − e −t τ1
CIRCUITO REALE
τ
quindi il circuito si comporta come un buon derivatore per t >> 1 , che vuol dire per tempi lunghi
τ1
e/o per τ 1 piccola.
(
)
9) Amplificatore differenziale
L’amplificatore differenziale è costituito
dal seguente circuito: consideriamo un
amplificatore differenziale che per ipotesi
ha due amplificazioni diverse per i due
canali
d’ingresso.
Sia
A1
l’amplificazione del canale 1 e A2 quella
del canale 2, allora la tensione d’uscita
sarà data da: Vu = A1V1 − A2V 2
riscriviamo allora questa
dimezzando
tutti
i
A1V1 A1V1 A2V2 A2V2
Vu =
+
−
−
2
2
2
2
aggiungiamo e togliamo le stesse quantità:
AV
AV A V
AV
AV
AV
AV AV
Vu = 1 1 + 1 1 − 2 2 − 2 2 + 1 2 − 1 2 + 2 1 − 2 1
2
2
2
2
2
2
2
2
A 
A
A A 
A A A
 A
Vu = V1 ⋅  1 + 1 + 2 − 2  + V2 ⋅  − 2 − 2 − 1 + 1 
2
2
2 
2
2
2 
 2
 2
formula
prodotti:
ora
45
e quindi, raccogliendo:
 A + A2 
 A − A2 
 A + A2 
 A − A2 
Vu = V1 ⋅  1
 + V1 ⋅  1
 + V2 ⋅  − 1
 + V2 ⋅  1

2 
 2 
 2 

 2 
 A + A2   V1 + V2 
Vu = (V1 − V2 ) ⋅  1
+
 ⋅ ( A1 − A2 )
 2   2 
se adesso chiamiamo:
A + A2
AS = 1
e AD = A1 − A2
2
 V + V2 
otteniamo quindi: Vu = AS ⋅ (V1 − V2 ) + AD ⋅  1

 2 
se allora A1 = A2 allora noi abbiamo che AD = 0 e quindi l’amplificatore differenziale è perfetto,
cioè si ha che: Vu = A ⋅ (V1 − V2 )
Dopo questa breve introduzione sugli amplificatori differenziali, andiamo ad esaminare il nostro
circuito: per il principio di sovrapposizione degli effetti la tensione al terminale invertente è data
R2
R1
da: V1 ⋅
+ V3 ⋅
R1 + R2
R1 + R2
invece quella al terminale non invertente è data da:
V2 ⋅
R4
R3 + R4
e, poiché le due devono essere uguali, arriviamo alla seguente equazione:
R2
R1
R4
V1 ⋅
+ V3 ⋅
= V2 ⋅
R1 + R2
R1 + R2
R3 + R4
da questa espressione possiamo esplicitare il valore di V3 che risulta essere uguale a:

R2  R1 + R2
R4
⋅
− V1 ⋅
V3 = V2 ⋅
R1 + R2 
R1
R3 + R4

e ancora, svolgendo il prodotto:
V3 = V2 ⋅
R4 R1 + R2
R
⋅
− V1 ⋅ 2
R1 R3 + R4
R1
ora, se le resistenze nei due rami hanno lo stesso rapporto, cioè se
seguente espressione:
V3 =
R2 R4
=
si ottiene per V3 la
R1 R3
R2
⋅ (V2 − V1 )
R1
e quindi finalmente possiamo scrivere l’espressione per l’amplificazione definita come:
V3
R
AS =
= 2
V2 − V1 R1
definiamo ora un nuovo parametro che è il CMRR =
AS
( Common Mode Reiection Ratio) in un
AD
V1 + V2
2
il CMRR serve per quantificare quando vengono amplificati diversamente i due segnali in ingresso,
infatti se si hanno due segnali uguali ci aspettiamo in uscita un segnale nullo che in realtà non si
trova, e questa deviazione da zero che si ha in realtà è proprio quantificabile tramite questo fattore;
calcoliamo ora l’espressione del CMRR per il nostro amplificatore differenziale; partiamo dalla
R + R2 R4
R
espressione di V3 che avevamo già scritto, e cioè: V3 = 1
⋅
⋅ V2 − 2 ⋅ V1
R3 + R4 R1
R1
amplificatore differenziale in cui: VS =
se adesso aggiungiamo e togliamo al secondo membro la quantità V2 ⋅ R2
R1
otteniamo:
46
V3 =
R2
R
R + R2 R4
R
⋅ V2 − 2 ⋅ V2 + 1
⋅
⋅ V2 − 2 ⋅ V1
R1
R1
R3 + R4 R1
R1
 R
R2
R + R2 R4 
⋅ (V2 − V1 ) + V2 ⋅  − 2 + 1
⋅ 
R1
 R1 R3 + R4 R1 
R
R R − R2 R3
V3 = 2 ⋅ (V2 − V1 ) + V2 ⋅ 1 4
R1
R1 ⋅ (R3 + R4 )
V3 =
ricordando ora che in un amplificatore differenziale si ha:
essendo poi AS =
 V + V2 
V3 = AS ⋅ (V1 − V2 ) + AD ⋅  1

 2 
A1 + A2
e AD = A1 − A2 , se facciamo l’ulteriore ipotesi che V1 ≅ V2 e quindi che
2
V1 + V2
≅ V2 , otteniamo che, dal confronto delle due ultime equazioni, si deve avere:
2
R
R R − R2 R3
AS = 2
e AD = 1 4
R1
R1 ⋅ (R3 + R4 )
otteniamo dunque per il CMRR la seguente espressione:
dalla quale si deduce che con la posizione
R2  R4
⋅ 1 +
R1  R3
AS
CMRR =
=
R4 R2
AD
−
R3 R1



R4 R2
=
il CMRR → ∞ , cioè si ha la massima reiezione
R3 R1
del segnale spurio.
10) Circuito generatore di tensione di riferimento
Dall’uguaglianza delle due
correnti otteniamo che deve
 R 
essere: V 2 = V R ⋅ 1 + 2 
 R1 
dove VR è la tensione inviata
nel circuito dal generatore
disegnato. Cambiando i valori
di R1 e R2 si può ottenere un
grande intervallo di tensioni di
riferimento. Ovviamente la stabilità di V2 dipende da quella di VR, R1 ed R2. In genere nelle pratica
si usano dei diodi zener per avere la VR. Si possono avere allora dei circuiti come quelli
schematizzati qui di seguito:
47
In ambedue i circuiti la R va scelta in modo tale da far circolare nello zener una corrente che
∂V
minimizza il coefficiente di temperatura ( z ). Altri tipi di circuiti con zener sono i seguenti:
∂T
la tensione al morsetto + è data da V = V 2 ⋅
tensione: V z = V 2 − V 2 ⋅
R3
e quindi ai capi dello zener c’è la seguente
R 2 + R3
R3
R2
= V2 ⋅
R 2 + R3
R 2 + R3
questo circuito va bene per tensioni di riferimento positive; per quanto riguarda invece le tensioni di
riferimento negative abbiamo un circuito analogo al precedente in cui però il diodo zener è invertito,
l’alimentazione relativa al morsetto - è V=0 mentre quella relativa al morsetto + è -V, in questo caso
R2
come per il circuito precedente ma con segno opposto.
si ottiene allora: V z = V2 ⋅
R2 + R3
In entrambi i circuiti cambiando il rapporto R2
R3
con il potenziometro si può cambiare il valore

R 
della tensione di riferimento in uscita che è infatti data da: V2 = V z ⋅ 1 + 3 
 R2 
la corrente di polarizzazione dello zener I z è la stessa che scorre in R1 ed è data da:
V2 R2
Iz =
R1 ⋅ (R 2 + R 3 )
11) Circuito stabilizzatore di tensione
Un circuito di questo tipo
converte tensioni lentamente
variabili nel tempo in tensioni
costanti. Lo schema del circuito
è quello a sinistra .
Il transistor T, in genere di
potenza, connesso ad emettitore
comune serve solo come
amplificatore
di
corrente
qualora l’OPAMP non avesse la
potenza sufficiente per pilotare
il carico. Come al solito la tensione tra i due morsetti dell’OPAMP deve essere nulla, quindi:
 R 
R1
V z = Vu ⋅
da cui si ricava che: Vu = V z ⋅ 1 + 2 
R1 + R2
R1 

Le resistenze R4 e R5 servono come protezione contro il cortocircuito rispettivamente per l’OPAMP
e per il transistor.
48
Sistemi del 2° ordine
Def: i sistemi del 2° ordine sono quelli la cui k(p) presenta 2 poli.
Nel caso più generale allora la funzione di trasferimento k(p) si potrà scrivere:
KO
K ( p) =
2
a p +b p+c
Con Ko = Cost. e i coefficienti a, b, c, numeri reali positivi.
L’equazione del II ordine al denominatore ha come soluzioni p1 e p2 e com’è noto, tra di loro esistono
le seguenti relazioni :
p1 + p 2 = −b / a
p1 ⋅ p 2 = c / a
e poichè i poli, affinchè la k(p) non sia divergente, devono essere contenuti nel semipiano di
“sinistra” (v. tab. pag. 243b) , ovvero:
p1 < 0 

p 2 > 0
se sono reali oppure con parte reale negativa
questo implica che a, b, c devono avere lo stesso segno.
f(t)
F(p)
δ (t )
à
1
à
σ (t )
à
à
t
à
1
p
1
p2
à
e αt
à
1
;α > 0
p −α
à
e −αt
à
1
;α > 0
p +α
à
Sin(ωt )
à
à
Cos (ωt )
à
à
eαt Sin(ωt )
à
ω
p +ω2
2
p
p +ω2
2
ω
[( p + α )
2
+ω2
]
49
Dall’analisi della tabella si possono dedurre le seguenti osservazioni:
1) I poli sono reali o complessi coniugati
2) Ad un polo singolo non nell’origine corrisponde una funzione esponenziale
3) A due poli c.c. sono associate funzioni armoniche (sin, cos,)
4) Se i poli si trovano nel semipiano “destro” (I e IV quadr.) la funzione f(t) diverge!!
5) Se i poli si trovano nel semipiano di “sinistra” (II e III quadr.) la funzione f(t) converge.
- Inoltre: maggiore è la distanza dall’asse reale dei poli c.c., più elevata è la frequenza della
armonica.
Ovviamente i poli potranno essere :
1) reali e distinti
p1 < 0 ; p2 > 0
2) reali coincidenti
p1 = p 2 < 0
3) complessi coniugati
Costruiamo il diagramma di Bode:
Poli reali e distinti
Poli coincidenti
Pulsazione di taglio:
Poli reali e distinti : la pulsazione di taglio coincide con p1 se p2 >> p1, viceversa se p1 ≈ p 2 allora la
pendenza raddoppia in prossimità di p1 e quindi la pulsazione di taglio diventa inferiore a p1.
Fase : per valori di p molto piccoli ϕ ≈ 0 , subisce poi una variazione , verso il basso , al primo polo
( −π/2 ) e ancora di altri ( −π/2 ) al secondo polo per arrivare a ( −π ) .
Quando i poli sono coincidenti la variazione totale (−π) si ha nel punto della coincidenza dei due poli
.
50
Poli complessi coniugati
Scriviamo i poli nella forma generica :
p1 = −α + i β
p2 = −α − i β
possiamo scrivere la K(p) come : K(p) =
Supponendo per semplicità che
K(p) =
Ko
a( p − p1 )( p − p 2 )
Ko
= 1 e sostituendo i valori assunti per p1 e p2 :
a
1
( p + α − iβ )( p + α + iβ )
Ponendo ora p = i ω , facendo cioè riferimento ad un punto sull’asse immaginario ; scriviamo il
modulo quadro di K(p)
1
K (iω ) =
[α + i(ω − β )][α + i(ω + β )]
1
2
K (i ω ) = 2
2
2
α + (ω − β ) α 2 + (ω + β )
[
][
Se facciamo la derivata della K (iω )
]
2
rispetto a ω:
d K (i ω )
=0
dω
troviamo il valore di ω per il quale si ha il massimo della funzione di trasferimento cioè ωΜΑX
Si ottiene allora :
ω2ΜΑX = β2 − α2
ωΜΑX esiste ed è reale solo se β > α .
Pertanto la K (iω ) ha un massimo cioè un picco , solo se
l’ordinata del polo è maggiore della sua ascissa . Se
vogliamo rappresentare graficamente β è l’ ipotenusa di
un triangolo rettangolo di lati α e ωMAX .
ωMAX è interpretabile come il punto di intersezione tra un
cerchio con centro in −α e raggio β nel piano complesso (
α , iω ) .
Se non esiste intersezione, la funzione di risposta K (iω )
non ha alcun picco.
Indicando con ωο la distanza dei poli dall’ origine :
Allora : ωο2 = α2 + β2
Confrontando ωο con ωMAX si vede che :
ωMAX < ωο
ωMAX = ωο solo se α = 0 .
Cioè ωο è il limite di ωMAX .Quando i poli sono molto vicini all’
asse delle ordinate ( iω ) e lontani dall’ origine : β >> α
Tanto più i poli si avvicinano all’ asse ( iω ) tanto più il picco è
accentuato.
51
Curva di risposta normalizzata
Il diagramma di Bode della funzione di risposta K(p) con due poli complessi coniugati viene in
generale data utilizzando dei parametri :
ω
ωο = pulsazione dell’ oscillazione non smorzata
Qo = o fattore di merito.
2α
KO
c
Riscrivendo la K(p) : K(p) =
a 2 b
p + p +1
c
c
e ricordando che :
p1 = −α + i β ; p2 = −α − i β si ha:
ω
b
− ( p1 + p 2 ) = = 2α = o
a
Qo
c
p1 ⋅ p 2 = = α 2 + β 2 = ω o2
a
Quindi si ottiene:
b
1
=
c ω o Qo
La funzione di risposta normalizzata risulta allora :
Ao
K ( p) =
avendo posto Ao = Ko /c .
2
 p 
1

 + p
+1
Qoω o
 ωo 
Poiché il picco nella K( iω ) si ha per β > α allora effettuando qualche passaggio si ha :
ωο2 = α2 + β2
β2 = ωο2 − α2
⇒
β2 > α2
ω
α= o
2Qo
⇒
⇒
ωο2 − α2 > α2
ω
ωo > 2 o
2Qo
⇒
⇒
ωο >
Qo >
2α
1
≅ 0.707
2
Quindi il picco si ha per valori di Qo elevati . Il limite inferiore per Qo si ha quando β = 0 , cioè i poli
ωo 1
sono coincidenti. Allora ωο2 = α2 e si ha : Qo =
=
Il limite superiore è teoricamente
2α 2
infinito. Se valgono :
ω
1
β=α ⇒
ωο2 = 2α2
⇒
ωο = 2 α ⇒
ωo = 2 o
⇒
Q=
2Qo
2
Allora K (iω ) diventa per ω = ωο
K (i ω ) =
Ao
2
Quindi ωο , distanza dei poli dall’ origine, coincide con la
pulsazione di taglio se i poli sono a 45°.
52
53
Sistemi del 2° ordine . alcune configurazioni .
Un sistema del 2° ordine ha due poli quindi deve anche essere costituito da due elementi reattivi
distinti ( cioè elementi di tipo C capacità e di tipo L induttanza ).Ovviamente in un tale sistema si
può avere :
elementi di tipo identico(2C , 2L )
elementi di tipo diverso (1C , 1L )
Inoltre i due elementi reattivi che costituiscono il sistema possono essere :
interagenti
non interagenti
Cominciamo a vedere il caso più semplice :
Elementi reattivi non interagenti
Ciò si verifica se ogni elemento reattivo appartiene ad un sotto sistema distinto.
Allora i poli sono sicuramente reali e si trovano , separatamente per ogni sotto sistema nel modo già
visto :
Esempio.
Essendo A un sistema con impedenza Z IN → ∞ e Z OUT → 0 , i due sotto sistemi risultano
completamente disaccoppiati , ossia non interagenti , e i poli saranno:
1
1
1
1
p1 = − = −
=−
; p2 = −
τ1
R1 ⋅ C1
τ2
R2 ⋅ C 2
Possiamo dare una regola generale :
gli elementi di un sistema sono non interagenti se , una volta annullate le sorgenti indipendenti
ciascun elemento “vede” una resistenza pura e non una impedenza.
Elementi reattivi interagenti
Se i due elementi appartengono allo stesso sottosistema essi interagiscono tra loro e quindi ciascun
polo ( due ) dipende da ambedue gli elementi.
I poli naturalmente si determinano risolvendo l’equazione di 2° grado ottenuta ponendo uguale a
zero il denominatore della K(p).
In generale vale la seguente regola:
Se, una volta annullate le sorgenti indipendenti, l’ elemento “vede” una impedenza e non una
resistenza pura...
Due elementi dello stesso tipo
In questo caso si può dimostrare che i poli sono sicuramente reali e distinti.
Non può quindi verificarsi un polo doppio.
54
Esempio
Elementi reattivi di tipo diverso
Si possono avere poli reali o complessi coniugati a seconda del valore degli elementi stessi.
Esempio.
Infatti cortocircuitando il generatore di tensione e annullando l’ ammettenza totale si ottiene:
1
pC +
=0
⇒
p 2 LC + pCR + 1 = 0
R + pL
Si hanno quindi tre casi:
1) poli reali e distinti se :
(CR )2 > 4 LC
ossia se
L
1
<
R 2C 4
L
1
=
R 2C 4
L
1
3) poli complessi coniugati se :
>
2
R C 4
Non ci sono zeri in quanto la K(p) va a zero (per p che tende a infinito) come un polinomio di ordine
due,
2) poli reali e coincidenti se :
55
Comparatori
Il comparatore è un sistema che permette di stabilire l’istante t in cui un segnale arbitrario raggiunge
un predeterminato livello di riferimento. Esso deve quindi confrontare il livello del segnale in esame
con uno di riferimento, ed assumere in uscita un valore diverso a seconda che l’ampiezza del segnale
in esame sia inferiore o superiore al livello di riferimento. Normalmente l’uscita assume solo due
livelli realizzando quindi una funzione binaria (low-high). Possiamo quindi schematizzare la
funzione di trasferimento nel grafico seguente :
V2
INVERTENTE
V2H
VR
V1
Per V1>VR l’uscita è saturata a -V2L . Al
diminuire di V1, quando si raggiunge il
valore di riferimento VR, avviene la
commutazione al livello +V2H.
-V2L
V2
NON INVERTENTE
V2H
VR
V1
Per V1>VR l’uscita è saturata a +V2H. Al
diminuire di V1 ,quando raggiunge il valore
di soglia (V1=VR) avviene la commutazione
al livello -V2L.
-V2L
Se si desidera una diversa dinamica di uscita piuttosto che quella tra -Vcc e +Vcc di alimentazione,
occorre inserire nella rete di reazione un dispositivo limitatore come , ad esempio ,un diodo zener.
56
V2
VZ
-Vγγ
V1
E’ necessario inserire in serie
all’ingresso una resistenza ( R ) affinchè
la tensione V1 possa assumere un valore
diverso da VR (indipendente), anche
quando agisce il circuito limitatore.
ESEMPIO
Poichè la rete limitatrice è formata da un diodo zener (D) ,l’escursione della tensione di uscita sarà
compresa tra -Vγ (tensione di conduzione diretta) e VZ (tensione di breakdown del diodo).
Il circuito di ingresso è quello di un sommatore :
V V1
I=
+
R 2 R1
La commutazione avviene quando il diodo passa dalla conduzione alla interdizione , quindi quando
si annulla la corrente nel nodo : I=0 : condizione di commutazione
V1
V
=−
R1
R2
Il corrispondente valore di V1 costituisce la tensione di riferimento VR
R
V1 = VR = − V ⋅ 1
R2
57
Comparatori con isteresi
A
VR
t
In generale qualsiasi segnale ha
sovrimposto delrumore (noise) di tipo
stocastico.
Questo significa che un comparatore con
soglia unica (singola) di commutazione ,
può dar luogo a commutazioni
indesiderate provocate da rumore e non
dal segnale.
V1
VRH
VRL
t
A
ß Comparatore con soglia singola.
t
A
ß Comparatore con isteresi.
t
58
V2
V2H
VRL
VRH
V1
-V2L
Occorre quindi che il comparatore
abbia
due
livelli
separati
di
commutazione
VRH e VRL
VH
In generale si ottiene l’isteresi facendo in modo che:
A)Quando il livello di uscita è al suo valore inferiore, -V2L ,il comparatore deve commutare se il
segnale di ingresso è V1= VRL.
B)Quando il livello di uscita è al suo valore superiore,V2H il comparatore deve commutare se il
segnale di ingresso è V1=VRH.
Per ottenere questo modello di funzionamento occorre che il valore della tensione di
riferimento,VR, sia dipendente dal valore della
tensione in uscita, come schematizzato di seguito:
Con riferimento allo schema e dal principio di
sovrapposizione si ha:
V2 L
V
R1
R2 +
VRL =
R1 + R 2
R1 + R 2
V2 H
V
R1
VRH =
R2 +
R1 + R 2
R1 + R 2
Quando V1=0 la V2=V2H perché la V>0 applicata
all’ ingresso non invertente “forza” l’ uscita a tale
livello.In corrispondenza la tensione di riferimento
dovrà essere al suo livello superiore VRH.
Quando V1>VRH l’ uscita commuta al suo valore inferiore V2=V2L e la tensione di riferimento
assume il suo valore inferiore VRL. Affinchè si possa avere una nuova commutazione il segnale di
ingresso dovrà scendere sotto VRL cioè V1<VRL.
L’ ampiezza dell’ isteresi VH si ricava :
V − VRL
VH = VRH − VRL = 2 H
R
1 + 2 R1
Il valore centrale o “baricentro” dell’ isteresi si ottiene:
VRH + VRL
R2
V + V2 L
R1
=V
+ 2H
⋅
2
R1 + R 2
2
R 2 + R1
Si può notare che l’ isteresi, VH, non dipende dalla tensione V ma dai livelli di uscita e dal rapporto
delle resistenze di uscita R2/R1.
Notare ancora che la retroazione è positiva e questo comporta una “accelerazione” nella rapidità di
commutazione.
59
ESEMPIO:
Supponiamo di voler progettare un “rivelatore di zero” con dinamica di uscita 5.5V/0.5V e
ampiezza dell’isteresi 3V .
Il rivelatore di zero (zero-crossing) si avrà quando il baricentro dell’isteresi è nullo :
VRH + VRL
=0
2
3v
5.5v
L’ ampiezza dell’isteresi è voluta :
VH=3V
I livelli di uscita :
V2H=5.5V
V2L=0.5V
-0.5v
PROGETTO :
Dall’equazione di
VH = VRH − VRL =
V2 H − VRL
1 + R 2 R1
si ricava
R 2 V2 H − V2 L
55
. + 0.5
=
−1 =
−1 = 1
R1
VH
3
Dalla equazione del baricentro :
VRH + VRL
R2
V + V2 L
R1
=V
+ 2H
⋅
2
R1 + R 2
2
R 2 + R1
si ricava V :
R V + V2 L
55
. − 0.5
V = − 1 ⋅ 2H
= −1⋅
= −2.5V
R2
2
2
Il fatto che risulta V≠0 pur volendo l’isteresi simmetrica , dipende dal fatto che i livellin di uscita
desiderati non sono simmetrici.
60
Teoria di una linea di trasmissione ........................................................................................1
Coefficiente di riflessione ..............................................................................................4
Semiconduttori (Cenni) .................................................................................................5
Struttura a bande (Cenni) ..............................................................................................5
Semiconduttori estrinseci o drogati ................................................................................7
Giunzione p-n ...............................................................................................................7
Caratteristica corrente-tensione .....................................................................................9
Resistenza dinamica......................................................................................................9
Caratteristiche di uscita in configurazione EC (EMETTITORE COMUNE) ................13
Quadripoli ..........................................................................................................................15
Grandezze fisiche rilevanti nella configurazione ad emettitore comune..........................16
1)Amplificazione di corrente Ai ...................................................................................16
2) Resistenza di ingresso .............................................................................................17
3) Amplificazione di tensione Av.................................................................................17
4)Resistenza di uscita..................................................................................................18
Circuito equivalente semplificato.....................................................................................18
Configurazione a base comune ........................................................................................19
Configurazione a collettore comune.................................................................................20
Relazione tra β, hFE ed hfe...............................................................................................20
Circuito equivalente a parametri π...................................................................................21
- Prima equazione .......................................................................................................22
- Seconda equazione....................................................................................................22
- Terza equazione........................................................................................................22
- Quarta equazione......................................................................................................22
- Quinta equazione ......................................................................................................23
- Sesta equazione ........................................................................................................23
Teorema di Miller ...........................................................................................................24
- Primo caso................................................................................................................24
- Secondo caso............................................................................................................25
Tagli alle alte frequenze ..............................................................................................25
Amplificatore ad emettitore comune ................................................................................26
Amplificatori a retroazione .................................................................................................27
Diagrammi di Nyquist.....................................................................................................28
Stabilità della retroazione ................................................................................................28
Criterio di Nyquist ......................................................................................................29
Simmetria del diagramma di Nyquist ...........................................................................29
Alcuni diagrammi di Nyquist.......................................................................................29
Proprietà della retroazione negativa .................................................................................30
1) Impedenza d’ingresso..............................................................................................30
2) Impedenza di uscita.................................................................................................31
Sensibilità di un amplificatore a retroazione .....................................................................32
Retroazione in un amplificatore a più stadi ..................................................................32
Influenza della retroazione sul noise ................................................................................33
a) senza retroazione.....................................................................................................34
b) con retroazione .......................................................................................................34
a) senza retroazione.....................................................................................................35
b) con retroazione .......................................................................................................35
Conclusione....................................................................................................................35
61
Op-amp ideale ....................................................................................................................35
Caratteristiche fondamentali di un OP-AMP ideale..........................................................37
Caratteristiche generali di un OP-AMP reale ...................................................................37
Esempio:.....................................................................................................................38
Taglio alle alte frequenze ............................................................................................38
Circuiti Lineari...................................................................................................................38
1) Amplificatore invertente..............................................................................................38
2) Amplificatore non invertente .......................................................................................39
3) Inseguitore di tensione ................................................................................................39
4) Circuito sommatore ....................................................................................................40
5) Circuito integratore (ideale) ........................................................................................40
a) regime dei tempi......................................................................................................40
b) regime delle frequenze.............................................................................................40
6) Circuito derivatore (ideale) .........................................................................................41
a) regime dei tempi......................................................................................................41
b) regime delle frequenze.............................................................................................41
7) Circuito integratore (reale)..........................................................................................41
8) Circuito derivatore (reale)...........................................................................................43
9) Amplificatore differenziale..........................................................................................44
10) Circuito generatore di tensione di riferimento.............................................................46
11) Circuito stabilizzatore di tensione..............................................................................47
Sistemi del 2° ordine...........................................................................................................48
Pulsazione di taglio:........................................................................................................49
Poli complessi coniugati..................................................................................................50
Curva di risposta normalizzata........................................................................................51
Sistemi del 2° ordine . alcune configurazioni . .................................................................53
Elementi reattivi non interagenti ..................................................................................53
Elementi reattivi interagenti.........................................................................................53
Due elementi dello stesso tipo......................................................................................53
Esempio......................................................................................................................54
Elementi reattivi di tipo diverso ...................................................................................54
Comparatori ...................................................................................................................55
Comparatori con isteresi .................................................................................................57