Greenchallenge Ricerca, tecnologia e divulgazione Articolo a cura di Elena Menichini IL RUOLO DEI MICRORGANISMI NEL PROCESSO DI BIOREMEDIATION decomposizione della sostanza organica disponibile nell’ambiente e dai nutrienti inorganici presenti. Nel caso in cui sulla matrice sia avvenuto uno sversamento di natura organica, i microrganismi sfruttano tali sostanze come substrato nutritivo rompendo i legami molecolari e riducendo tali composti in sostanze più semplici. Cosa significa Bioremediation e perché fare riferimento ai microrganismi? La Bioremediation o Biorisanamento è un processo che ha lo scopo di rimuovere le specie contaminanti da una matrice inquinata. Il concetto che sta alla base di questa tecnica è lo stesso, sia che si tratti di suoli, di sedimenti, di fanghi derivanti da impianti di depurazione, o di matrici acquose. I prodotti finali della biodegradazione sono: anidride carbonica ed acqua. Questa tecnica si basa su un processo naturale promosso da microrganismi che, attraverso l’attivazione di una serie di reazioni bio‐chimiche, producono come esito finale il disinquinamento dell’area. Quali sono i microrganismi coinvolti nel processo di bioremediation? Quando si parla di microrganismi si fa riferimento principalmente a: L’utilizzo di processi naturali per la bonifica di aree inquinate, rende la Bioremediation una tecnica poco impattante dal punto di vista ambientale (in quanto richiede un intervento minimo sul sito) e relativamente economica. • • Batteri Lieviti (funghi attinomiceti) Quali sono le limitazioni di questa tecnica? In che modo i microrganismi attuano la degradazione biologica? L’implementazione di questa tecnica è piuttosto complessa e non sempre attuabile. Vi sono infatti numerosi fattori che ne limitano le possibilità di impiego. I microrganismi ricavano l’energia necessaria per la loro sopravvivenza dalla 1 WWW.GREENCHALLENGE.IT/ARTICOLI/BIOREMEDIATION_MICRORGANISMI.PDF IL RUOLO DEI MICRORGANISMI NEL PROCESSO DI BIOREMEDIATION ‐2008 I microrganismi adattandosi all’ambiente, hanno acquisito nel tempo la capacità di decomporre i composti chimici comunemente reperibili nel loro habitat. Hanno quindi evoluto i propri complessi enzimatici, responsabili della biodegradazione delle specie contaminanti, in funzione della disponibilità di substrati nutritivi. In questo modo hanno acquisito anche la capacità di degradare le specie xenobiotiche ossia le sostanze di sintesi prodotte dall’uomo. Tuttavia il metodo non è applicabile nel caso di concentrazioni troppo elevate di sostanze inquinanti, in quanto in tal caso le condizioni divengono tossiche per i microrganismi. intermedi che possono potenzialmente pericolosi. essere Un esempio è il cloruro di vinile, comunemente prodotto come intermediario della biodegradazione di vari solventi organici clorurati. Il cloruro di vinile è un composto cancerogeno ed è considerato molto più pericoloso dei solventi originali di partenza. Quali sono i vantaggi di questa tecnica di bonifica? L’interesse per il biorisanamento si è intensificato negli ultimi anni, dato il crescente sforzo di adottare misure più sostenibili per il trattamento di siti contaminati. Il trattamento, inoltre, può risultare inefficacie quando i contaminanti sono specie metalliche ad elevata massa atomica (metalli pesanti). I microrganismi infatti non sono in grado di assorbire od immobilizzare tali specie con il conseguente rischio che possano diffondersi nell’ambiente. Nel caso di inquinamento da sostanze xenobiotiche o da metalli pesanti, si rivela invece molto utile la Fitorimediazione. Le piante a differenza dei microrganismi, hanno infatti la capacità di bioaccumulare queste sostanze tossiche. Il suo impatto ambientale ridotto ed i costi contenuti ne fanno uno dei metodi di bonifica più vantaggiosi. Esistono diverse bioremediation? applicazioni Innanzitutto possiamo fare una prima distinzione tra tecniche in­situ ed ex­situ. Queste due categorie si differenziano tra loro unicamente per il luogo in cui avviene il trattamento. Nel processo in­situ, area contaminata e luogo di trattamento coincidono, contrariamente alla tecnica ex­situ nella quale il materiale contaminato viene rimosso e trattato altrove. L’efficacia dell’impiego di microrganismi come agenti di bioremediation, dipende quindi dal tipo di contaminazione. Il processo di Bioremediation in‐situ può: Infine altri aspetti limitativi del metodo sono i tempi di trattamento, mediamente lunghi (dell’ordine di alcuni anni) e la potenziale produzione di composti intermediari nocivi. I. Non comportare alcun intervento aggiuntivo rispetto all’azione biodegradativa svolta dai microrganismi autoctoni (naturalmente presenti nella matrice da risanare) II. Prevedere l’aggiunta di ossigeno o di nutrienti (forme inorganiche dei composti del fosforo e dell’azoto) Infatti le reazioni di degradazione, che portano alla produzione finale di anidride carbonica ed acqua, passano attraverso la produzione di una serie di composti 2 WWW.GREENCHALLENGE.IT/ARTICOLI/BIOREMEDIATION_MICRORGANISMI.PDF IL RUOLO DEI MICRORGANISMI NEL PROCESSO DI BIOREMEDIATION ‐2008 di necessari per la sopravvivenza ed il mantenimento dell’attività metabolica dei microrganismi. III. Prevedere un intervento di estrazione delle specie microbiche endogene e successiva reintroduzione nel sito di origine, dopo aver indotto l’adattamento allo specifico contaminante. IV. Prevedere l’introduzione di specie alloctone, ovvero di altri microrganismi dei quali si conservano colture in laboratorio. Se necessario vengono addizionati anche nutrienti come azoto e fosforo. In generale uno dei requisiti per il successo di un processo di bioremediation, è la disponibilità di ossigeno. I suoli normalmente contengono un ampio numero di microrganismi tra cui: batteri, alghe, funghi, protozoi e attinomiceti. In suoli ben areati, i più adatti per il bioventing, questi microrganismi sono generalmente aerobi. Tra questi organismi i batteri sono i più numerosi ed i più attivi biochimicamente. La tecnica di Bioventing è applicabile nei casi di contaminazione da parte di specie degradabili aerobicamente, ovvero in presenza di ossigeno. Questa tecnica ha dimostrato di essere molto efficace nella bonifica di siti in cui è avvenuto lo sversamento di sostanze petrolifere, prodotti contenenti gasolio, kerosene, combustibili e carburanti diesel. Che cosa è il Bioventing? Nel caso in cui il processo di Bioremediation avvenga in­situ utilizzando microrganismi autoctoni la tecnica prende il nome di Bioventing. I batteri necessitano di una fonte di carbonio per la crescita cellulare e di una sorgente di energia per lo svolgimento delle funzioni metaboliche necessarie alla crescita. I nutrienti compresi il fosforo e l’azoto sono anch’essi necessari per la crescita cellulare. I batteri aerobici che degradano gli idrocarburi utilizzano l’ossigeno per metabolizzare i materiali organici producendo anidride carbonica ed acqua. Un processo comunemente denominato respirazione aerobica. Per degradare una grande quantità di idrocarburi petroliferi è richiesta una popolazione microbica sostanziosa che a sua volta necessita di ossigeno sia per lo svolgimento dei processi metabolici sia per la crescita della biomassa batterica stessa. L’attività dei batteri indigeni viene potenziata insufflando aria attraverso pozzi di iniezione. L’ossigeno è un elemento indispensabile per la sopravvivenza dei microrganismi e per il mantenimento dei processi metabolici. 3 WWW.GREENCHALLENGE.IT/ARTICOLI/BIOREMEDIATION_MICRORGANISMI.PDF IL RUOLO DEI MICRORGANISMI NEL PROCESSO DI BIOREMEDIATION ‐2008 I più importanti fattori che controllano la fattibilità del bioventing sono: Quando il biorisanamento è compiuto ex­situ vi sono invece due alternative: il terreno o è scavato e poi trattato nella stessa area, oppure viene trasportato in un impianto esterno al sito contaminato. La permeabilità del suolo contaminato. Da questa dipende la facilità con cui l’ossigeno può penetrare e circolare nel terreno ed essere disponibile per i microrganismi • Tra le tecniche di biorisanamento ex situ vi sono il compostaggio, il landfarming ed i bioreattori. • Il vantaggio principale dei sistemi ex­situ risiede nella possibilità di tenere sotto controllo i parametri di processo. La biodegradabilità delle specie contaminanti dalla quale dipende il livello di degradazione raggiungibile. Non si possono trascurare però alcuni aspetti negativi dell’applicazione di queste tecniche tra cui: i costi sostenuti ed il notevole impatto derivante dalla rimozione, dal trattamento e dalla riimmissione del mezzo contaminato. Per quanto riguarda la biodegradabilità gli idrocarburi sono generalmente degradabili in relazione al loro peso molecolare ed alla disponibilità di ossigeno e nutrienti necessari per la sopravvivenza dei microrganismi indigeni. Anche nella scelta delle tecniche di bonifica ex­situ, intervengono gli stessi fattori che influenzano le tecnologie di biorisanamento in situ ovvero: • • • Tipo di contaminante (proprietà, volume, localizzazione, esposizione a fattori di rischio); Caratteristiche del sito (tipo di suolo, permeabilità, superficie e caratteristiche della falda acquifera, clima, ecc); Costi Fonti: http://www.on.ec.gc.ca/pollution/ecnpd/intro_e.ht ml http://www.cluin.org/techfocus/default.focus/sec/ Bioventing_and_Biosparging/cat/Overview/ http://www.novambiente.it/index.htm http://www.on.ec.gc.ca/pollution/ecnpd/tabs/tab2 3‐e.html http://www.epa.gov/ http://www.novambiente.it/ 4 WWW.GREENCHALLENGE.IT/ARTICOLI/BIOREMEDIATION_MICRORGANISMI.PDF IL RUOLO DEI MICRORGANISMI NEL PROCESSO DI BIOREMEDIATION ‐2008