Per vivere un grande amore
C’era una volta la dichiarazione d’amore, quella solenne, con l’uomo in ginocchio e l’immancabile
anello, pegno di fedeltà, presentato con l’animo in trepidante attesa…
C’era e sospetto che sotto sotto ci sia ancora, perché, diciamoci la verità, quale donna non sentirebbe il
fascino di una dichiarazione fatta con tutti i crismi? Però, inutile negarlo, mentre nei film resta sempre un
luogo comune, nella vita succede che spesso ci si deve accontentare di una proposta molto al di sotto delle
proprie aspettative.
Leggevo qualche tempo fa un sondaggio secondo cui Il 33% delle fanciulle lamentava
una location casuale e non appropriata all’occasione, il 58% non ha apprezzato il fatto che il proprio
ometto non abbia domandato prima il permesso ai genitori e il 17% ha detto che avrebbe voluto che il
momento fosse più personale e intimo. Inoltre più della metà si è lamentata di non aver visto il fidanzato
in ginocchio al momento della richiesta, e addirittura un quarto delle ragazze intervistate
avrebbe cambiato volentieri l’anello di fidanzamento.
Questo dice qualcosa sull’amore? Sì, eccome. La dichiarazione dovrebbe essere come una vetrina in cui
l’uomo espone il proprio amore e il modo con cui viene fatta dice quindi molto su ciò che si cerca in
effetti nel rapporto.
Nel medesimo sondaggio si lamentava un calo del romanticismo nell’amore e questo è secondo me una
gran disgrazia perché il romanticismo è compagno naturale del pudore e insieme i due hanno lo scopo di
custodire l’amore, di preservarlo da derive egoistiche.
Un po’ è una questione di carattere, lo ammetto. Per esempio io, con il mio gusto per la tetralità e la
liturgia, se fossi fidanzato sono sicuro che farei mediamente una dichiarazione solenne al giorno, però c’è
qualcosa nella dichiarazione che è universale e va assolutamente conservato.
Intanto la forma, la forma è importante perché è plasmata dal contenuto e lo esprime, non è vero che le
forme sono secondarie, come potrò arrivare al contenuto senza le forme?
Così la forma tradizionale della dichiarazione con l’uomo in ginocchio mi sembra bellissima, mi sembra
figlia dell’antropologia cristiana del matrimonio e la esprime molto bene in base all’assioma: “La donna
si consegna all’uomo che per primo si è consegnato a lei”.
È, se volete, la traduzione simbolica di quella sottomissione reciproca che è il cuore paolino dell’amore.
Nessuno è più umile di un uomo che si dichiara. In quel momento sta letteralmente consegnando la sua
vita ad un altra persona, sta dichiarando pubblicamente “Non posso vivere senza te”, cosa c’è di più
umile di questo? E proprio per questa ragione quell’umiltà ottiene il premio che non si può vincere in
altro modo che con la sottomissione, il premio dell’amore che non si può estorcere nè rubare, che non si
può prendere, ma solo ricevere, perché come dice Emily Dickinson: “La bellezza non ha causa/ Esiste e
basta./ Inseguila e sparisce/ Non inseguirla e rimane”.
No, non sono solo parole, sono promesse e le promesse sono importanti perché quelli che si amano si
fanno promesse, perché vogliono legarsi, perché l’amore dice futuro, porta il futuro con sé e il futuro è
promessa. Quanto soffro a vedere i ragazzio sempre più esitanti ed incerti nel farsi promesse!
Sarà anche vero che, come dice Ligabue, sono promesse “oneste, ma grosse”, ma se non si accende in
cuore il desiderio di esagerare, di andare oltre l’ostacolo, di presumere e pretendere tanto da sé, che amore
è poi?
Tante delusioni? Si certo, tante, è normale, ma se smetto di credere all’amore ho perso tutto, se smetto di
attendere questo incontro ho smesso di vivere perché alla fine tutti, ma proprio tutti, lattai, carabinieri,
casalinghe, avvocati, piloti di formula uno, paracadutisti, preti e suore, proprio tutti tutti, è per questo che
viviamo e tiriamo avanti la carretta, per vivere un grande amore.
E allora non venitemi a dire che il Grande Amore non c’è, che è un’illusione e un’inganno oppure io non
vivo più e se vivo mi annoio.
Don Fabio Bartoli,
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