parte quinta - Dipartimento di Scienze Chimiche

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Chimica Fisica
Cinetica chimica
AA 2013-2014
Antonino Polimeno
Dipartimento di Scienze Chimiche
Università degli Studi di Padova
Capitolo 1
Cinetica chimica: definizioni e metodi
Quanto tempo impiega una sistema chimico a raggiungere l’equilibrio? In altri termini, qual è la cinetica
di una (o più) reazioni chimiche? Queste domande trovano delle risposte dallo studio della velocità di
reazione o reattività chimica. Per comodità, l’argomento è diviso in tre parti: definizioni e metodi (1),
applicazioni (2), calcolo di costanti cinetiche (3).
1.1
Velocità di reazione e legge cinetica
Iniziamo con alcune definizioni. Definiamo prima di tutto, in modo non troppo rigoroso per ora, una
reazione chimica elementare o processo chimico elementare come una reazione chimica che avvenga
in un solo passaggio chimico, coinvolgendo contemporaneamente alcune specie chimiche. In generale, le
reazioni chimiche osservate sperimentalmente sono la combinazione di vari processi elementari (successivi o contemporanei) che danno luogo nel loro complesso ad un meccanismo di reazione (vedi oltre), e
che possono anche coinvolgere specie chimiche non direttamente osservabili, almeno con metodi semplici.
Per esempio, consideriamo la reazione di sintesi dell’ossido di azoto, che avviene in fase gas. Sperimentalmente si osserva la seguente reazione complessiva: 2NO + O2 → 2NO2 . Questa è però il risultato di
un meccanismo di reazione formato da tre reazioni elementari distinte
2NO → N2 O2
N2 O2 → 2NO
(1.1)
N2 O2 + O2 → 2NO2
dove compare la specie transiente N2 O2 .
In generale la velocità di formazione/scomparsa di una specie chimica è semplicemente la derivata
temporale del numero di moli della specie stessa (o della sua concentrazione)
v=
dn(t)
(1.2)
dt
La velocità di una reazione chimica elementare, che scriviamo nella consueta forma compatta (per M
specie chimiche Ci , i = 1, . . . , M )
X
ν i Ci → 0
(1.3)
i
1
2
CAPITOLO 1. CINETICA CHIMICA: DEFINIZIONI E METODI
è data in funzione del grado di avanzamento ξ precedentemente definito, come
v=
dξ
dt
=
1 dn1
1 dni
= ...
= ...
ν1 dt
νi dt
(1.4)
In un sistema a volume costante V , dividendo il numero di moli ni del componente i-esimo per V
otteniamo semplicemente
v=
1 dci
νi dt
(1.5)
dove ci è la molarità della specie i-esima. Data una reazione chimica, è quindi sempre possibile scrivere
la definizione della velocità corrispondente. Per esempio, nella reazione tra trietilammina e bromuro di
etile, si ha che
(C2 H5 )3 N + C2 H5 Br → (C2 H5 )4 NBr
v
=
−
d[(C2 H5 )3 N]
dt
(1.6)
=−
d[C2 H5 Br]
dt
=
d[(C2 H5 )4 NBr]
dt
(1.7)
La misura sperimentale della velocità di una reazione chimica richiede apparati di diversa complessità,
che dipendono sostanzialmente dalla scala temporale della reazione stessa. È di importanza fondamentale assicurare un buon controllo delle condizioni delle condizioni sperimentali, e soprattutto della
temperatura, perchè come vedremo in seguito la dipendenza della velocità di una reazione chimica
dalla temperatura è spesso molto rilevante. È necessario inoltre disporre di metodologie che permettano di campionare in modo quantitativo la concentrazione di una o più specie in funzione del tempo.
Sperimentalmente, sono disponibili in pratica varie classi di metodi:
• per reazioni chimiche che decorrono in tempi relativamente lunghi (ore, giorni) etc. può essere
sufficiente prelevare ad intervalli regolari campioni dal sistema, sottoporli a raffreddamento per
bloccare il decorso della reazione e procedere ad un’analisi chimica quantitativa
• per reazioni che decorrono in tempi relativamente veloci (da minuti fino a millisecondi) si possono
impiegare semplici tecniche fisiche per seguire il decorso della reazione nel tempo, come per esempio
1. spettri di assorbimento
2. misure di costanti dielettriche
3. misure di conducibilità elettrica
4. misure dell’indice di rifrazione
5. metodi dilatometrici
6. misure di variazione di pressione (in fase gas)
• infine nel caso di reazioni rapide (microsecondi) si possono usare metodi basati su sistemi a flusso
o metodi di rilassamento (vedi oltre)
1.1. VELOCITÀ DI REAZIONE E LEGGE CINETICA
3
Soprattutto nel caso di reazioni rapide in soluzioni di interesse biologico (come per esempio le reazioni
enzimatiche), il controllo delle condizioni iniziali, la termostatazione del sistema etc. richiede apparati
e metodi ad hoc. Una parziale soluzione è data dal metodo di flusso interrotto: i reagenti vengono fatti
fluire insieme e mescolati in un tempo molto rapido. Il flusso viene interrotto in modo estremamente
veloce e i reagenti o i prodotti presenti nella camera di mescolamento sono analizzati con metodologie
appropriate, di solito spettroscopiche. La determinazione esatta del tempo di inizio della reazione è
Figura 1.1: Schema di un apparato a flusso interrotto per lo studio di cinetiche enzimatiche.
di difficile determinazione, perchè deve tenere conto del tempo di mescolamento dei reagenti e del
tempo di eliminazione delle turbolenze nel reattore. L’analisi del dato sperimentale è particolarmente
difficile poichè per esempio un rapido mescolamento comporta un maggior tempo di eliminazione delle
turbolenze (cioè il raggiungimento di un equilibrio meccanico) e viceversa.
4
CAPITOLO 1. CINETICA CHIMICA: DEFINIZIONI E METODI
1.2
Ordine di reazione
Fin qui, è stato definito un oggetto di studio sperimentale - la velocità di reazione - vale a dire una
quantità misurabile sperimentalmente e soggetto ad interpretazione, cioè un’osservabile. I dati sperimentali a nostra disposizione, quando si voglia svolgere uno studio di cinetica di reazione, sono di solito
di questo tipo: un insieme di specie chimiche note è presente in un ambiente controllato (reattore) e
le loro concentrazioni variano nel tempo; sono noti (per esempio sotto forma di tabelle o grafici) gli
andamenti delle concentrazioni o delle loro derivate temporali (velocità).
Supponiamo di sapere che in un reattore esistono (sono osservabili) le sostanze chimiche C1 , C2
etc., legate da una reazione chimica, che può corrispondere a vari processi elementari. Una serie di
misure sperimentali accurate permettono di ricavare la seguente legge cinetica per la velocità di
formazione/scomparsa della specie i−esima Ci 1
dci
dt
= Fi (c1 , c2 . . . , cM )
(1.8)
la legge cinetica è quindi la relazione, osservata sperimentalmente, tra la velocità di una specie e le
concentrazioni di tutte od alcune specie presenti.
In molti casi - ma non sempre - la legge cinetica relativa ad una specie chimica può essere scritta
nella forma
dci
dt
= kca11 ca22 . . . caMM
(1.9)
Si dice in questo caso che la reazione chimica complessiva del sistema è di ordine a = a1 + a2 + . . . + aM
rispetto alla specie Ci , con una costante cinetica k. Per esempio, nel caso visto in precedenza della
sintesi di NO2 , si osserva sperimentalmente che
d[NO]
dt
= −k[NO]2 [O2 ]
(1.10)
e quindi si dice che la reazione è del terzo ordine ordine rispetto al monossido di azoto, con una costante di
velocità pari a k; le dimensioni delle costanti di velocità dipendono dalla definizione della concentrazione
e dall’ordine: per esempio, se si usano le molarità, per una reazione del primo ordine [k] = s−1 , per una
reazione del secondo ordine [k] = mol−1 dm3 s−1 etc.; per una reazione di ordine generico a, le dimensioni
sono [k] = s−1 (mol/dm3 )1−a .
L’ordine di una reazione chimica è un dato sperimentale, e può anche non essere definibile. Consideriamo per sempio la sintesi dell’acido bromidrico H2 + Br2 → 2HBr. Un’analisi accurata della velocità
di formazione dell’acido bromidrico porta a definire la seguente legge cinetica
[H2 ][Br2 ]1/2
(1.11)
[HBr]
dt
k2 +
[Br2 ]
e quindi non è possibile definire un’ordine di reazione rispetto all’acido bromidrico. Nella maggior parte
dei casi, tuttavia, le reazioni chimiche sono descritte da cinetiche apparentemente semplici di primo o
secondo ordine.
d[HBr]
1
= k1
D’ora in avanti, in mancanza di altri chiarimenti, impieghiamo il simbolo Ci per indicare una sostanza chimica e ci
per indicarne la concentrazione, di solito intesa come molarità [Ci ]
1.2. ORDINE DI REAZIONE
1.2.1
5
Molecolarità
A differenza dell’ordine di reazione, la molecolarità è definita esclusivamente per una reazione elementare. Data infatti una reazione elementare con M reagenti, che scriviamo ora nella sua forma
reagenti → prodotti
r1 R1 + r2 R2 + . . . → p1 P1 + p2 P2 + . . .
(1.12)
la molecolarità è data dal numero totale di molecole di reagenti, m = r1 + r2 + . . . + rM che
partecipano alla reazione elementare. La molecolarità è importante perchè coincide con l’ordine di
reazione della reazione elementare,. In altre parole, per una reazione elementare possiamo sempre
scrivere
v=−
1 d[Ri ]
1 d[Pj ]
=
= k[R1 ]r1 . . . [RM ]rM
ri dt
pj dt
(1.13)
Per esempio, per la reazione elementare di sintesi dell’ossido di azoto da monossido di azoto e ozono
NO + O3 → NO2 + O2 la velocità di reazione è esattamente
v = k[NO][O3 ]
(1.14)
con una molecolarità pari a due. Il motivo dell’identità ordine di reazione/molecolarità per una reazione
elementare è nella natura stessa di una reazione elementare, che si deve interpretare come un evento
concertato in cui le molecole dei reagenti si incontrano e reagiscono (generando di solito un complesso
attivato o stato di transizione, vedi oltre); la velocità di scomparsa di un reagente o di formazione di
un prodotto dipende perciò dalla probabilità che le molecole di reagenti si incontrino per dare luogo
alla reazione, proporzionale al prodotto delle rispettive concentrazioni elevate ai rispettivi coefficienti
stechiometrici. È abbastanza evidente che reazioni di molecolarità superiori a tre sono molto rare (in
pratica inesistenti): maggiore è il numero di molecole coinvolte in una reazione, minore è la probabilità
che si incontrino contemporaneamente. La maggior parte delle reazioni elementari sono monomolecolari
o bimolecolari, in pochi casi trimolecolari.
1.2.2
Esempi
Analizziamo i questa sezione, con alcuni esempi, varie reazioni (elementari e non) di primo, secondo
e terzo ordine. La discussione di meccanismi di reazione più o meno complessi è riservata al capitolo
successivo, insieme all’analisi di alcuni esempi specifici (reazioni a catena, catalisi).
Primo ordine
Una reazione chimica al primo ordine rispetto ad una specie chimica è caratterizzata da ordine pari ad
uno. Consideriamo una reazione monomolecolare generica, che indichiamo con
R → p1 P1 + p2 P2 + ...
(1.15)
in cui la molecola di reagente R genera i prodotti P1 , P2 etc. La reazione è del primo ordine. La legge
cinetica è perciò
v=−
d[R]
dt
=
1 d[P1 ]
1 d[P2 ]
=
. . . = k[R]
p1 dt
p2 dt
(1.16)
6
CAPITOLO 1. CINETICA CHIMICA: DEFINIZIONI E METODI
Consideriamo una reazione generica del tipo R → prodotti che segue una legge al primo ordine v = k[R].
Siano per semplicità x(t) = c0 − [R] le moli per decimetro cubo di reagente che si sono consumate al
tempo t, con la condizione iniziale che al tempo t = 0 la concentrazione del reagente valga c0 = [R]t=0 . La
legge cinetica può essere scritta come un’equazione differenzanziale lineare di primo ordine ai cofficienti
costanti:
dx
= k(c0 − x)
dt
(1.17)
x(0) = 0
(1.18)
L’equazione (1.17) si risolve separando le variabili x e t ed integrando
dx
= kdt ⇒
c0 − x
Z
0
x
(c0 − u)du = k
⇒ − ln
c0
c0 − x
Z
t
dτ
0
= kt ⇒ x = c0 (1 − e−kt ) ⇒ [R] = [R]0 e−kt
(1.19)
La dipendenza dal tempo, in forma integrata, della concentrazione di una specie che segue una legge
cinetica del prima ordine, è esponenziale.
Una grandezza utile per caratterizzare una cinetica chimica è il cosidetto tempo di dimezzamento
t1/2 , cioè il tempo necessario perchè la specie chimica sotto esame raggiunga una concentrazione pari alla
metà di quella iniziale. Nel caso di una cinetica al primo ordine, ponendo [R] = [R]0 /2 nella relazione
precedente, si ottiene un valore di t1/2 pari a
t1/2 =
ln 2
k
(1.20)
In una reazione al primo ordine il tempo di dimezzamento è indipendente dalla concentrazione iniziale.
Per esempio per una reazione al primo ordine con k = 5.0 × 10−4 s−1 , il tempo necessario per dimezzare
una qualunque concentrazione iniziale di reagente è sempre ln 2/5.0 × 10−4 = 1.4 × 103 s.
La maggior parte delle reazioni monomolecolari sono isomerizzazioni o decomposizioni: es. isomerizzazione del ciclopropano a propano, ionizzazione di un alogenuro alchilico e cosı̀ via. Più in generale,
cinetiche al primo ordine sono osservate spesso in natura per numerose reazioni chimiche non elementari.
Per esempio nelle reazioni di sostituzione nucleofila di un alogenuro ad un carbonio alifatico secondo il
meccanismo SN 1, alla reazione complessiva
k
RX + Y → RY + X
(1.21)
corrisponde la cinetica al primo ordine
v=−
d[RX]
dt
= k[RX] ⇒ [RX] = [RX]0 e−kt
(1.22)
che però è il risultato di un meccanismo di reazione formato da tre reazioni elementari. Un altro caso
molto importante di reazioni al primo ordine, in questo caso senz’altro monomolecolari, è dato dai
decadimenti di nucleotidi radioattivi, come per esempio
k
Ra → Rn + α
(1.23)
7
1.2. ORDINE DI REAZIONE
cui corrisponde la legge
v=−
d[Ra]
dt
=
d[Rn]
dt
= k[Ra] ⇒ [Ra] = [Ra]0 e−kt
(1.24)
mentre il prodotto segue la legge (ricordando che [Ra] + [Rn] = [Ra]0 )
[Rn] = [Ra]0 1 − e−kt
(1.25)
Figura 1.2: Decadimento radio/radon
Il diagramma del logaritmo della concentrazione di una specie che segua un decadimento del primo
ordine contro il tempo è un diagramma lineare, la cui pendenza è la costante di decadimento con il
segno cambiato (per esempio nell’esempio generico iniziale, che ln[R] = ln[R]0 − kt).
Secondo ordine
In una reazione cinetica caratterizzata da una legge al secondo ordine la somma degli esponenti è due.
Consideriamo una reazione bimolecolare generica, che indichiamo con
R1 + R2 → p1 P1 + p2 P2 + ...
(1.26)
in cui le molecole di reagente R1 e R2 generano i prodotti P1 , P2 etc. La reazione è del secondo ordine.
La legge cinetica è perciò
v=−
d[R1 ]
dt
=−
d[R2 ]
dt
=
1 d[P1 ]
2 d[P2 ]
=
. . . = k[R1 ][R2 ]
p1 dt
p2 dt
(1.27)
R1 ed R2 possono anche ovviamente essere due molecole della stessa specie
2R → p1 P1 + p2 P2 + ...
(1.28)
8
CAPITOLO 1. CINETICA CHIMICA: DEFINIZIONI E METODI
in cui due molecole di reagente R generano i prodotti P1 , P2 etc. La legge cinetica è sempre del secondo
ordine
v=−
1 d[P1 ]
1 d[P2 ]
1 d[R]
=
=
. . . = k[R]2
2 dt
p1 dt
p2 dt
(1.29)
Proviamo a trovare le leggi cinetiche integrate di due reazioni chimiche che seguano rispettivamente
la legge (1.27) e (1.28). Nel primo caso, R1 + R2 → prodotti, sia x(t) le moli per decimetro cubico
di reagente 1 che hanno reagito, pari evidentemente alle moli di reagente 2 che hanno reagito; come
condizioni iniziali abbiamo c10 = [R1 ]0 e c20 = [R2 ]0 per i due reagenti. La legge cinetica è
dx
dt
= k(c10 − x)(c20 − x)
x(0) = 0
(1.30)
(1.31)
Separando le variabili x e t si ottiene la legge integrata
c20 (c10 − x)
1
= kt
= ln
c10 − c20
c10 (c20 − x)
(1.32)
Nel secondo caso, un po’ più semplice, siano x(t) = c0 − [R] le moli per decimetro cubo di reagente
che si sono consumate al tempo t, con la condizione iniziale che al tempo t = 0 la concentrazione del
reagente valga c0 = [R]t=0 . La legge cinetica è (ponendo k′ = 2k per semplicità)
dx
dt
= k(c0 − x)2
x(0) = 0
(1.33)
(1.34)
che risolta permette di ottenere l’andamento di x
x
1
1
= kt ⇒
−
= kt
c0 (c0 − x)
[R] [R]0
(1.35)
In questo caso possiamo per esempio calcolare facilmente il tempo di dimezzamento, che vale
t1/2 =
1
k[R]0
(1.36)
e dipende quindi dalla concentrazione iniziale. Gli esempi di reazioni elementari bimolecolari sono
moltissimi, ed anche di più sono i casi di meccanismi molecolari o reazioni complesse che esibiscono
cinetiche dl secondo ordine. Per sempio le sostituzioni nucleofile SN 2 sono caratterizzate da cinetiche
del secondo ordine: la reazione osservata è ancora la (1.21), per la sostituzione di un gruppo alogenuro
ad un carbonio alifatico, ma la cinetica osservata è
v=−
d[RX]
dt
= k[RX][Y ]
(1.37)
Le cinetiche di secondo ordine corrispondono spesso a meccanismi di reazione complessi; nel caso, visto
in precedenza, della sintesi del biossido di azoto, la cinetica è del secondo ordine, ma corrisponde ad un
meccanismo di reazione con tre passaggi elementari.
9
1.2. ORDINE DI REAZIONE
Reazioni di ordine superiore a due
Reazioni di ordine superiore a due sono piuttosto rare, e sono praticamente sempre il risultato di un
meccanismo di reazione complesso, piuttosto che di una singola reazione elementare che comporti il
contemporaneo ’incontro’ reattivo di tre o più corpi. È piuttosto complicato, e di utilità minima, considerare esplicitamente tutti i casi possibili, che comunque sono risolvibili con i metodi semplici di analisi
matematica accennati in precedenza. Consideriamo come esempio un’ipotetica reazione elementare del
tipo 2R1 + R2 → prodotti; siano [R1 ]0 = c10 e [R2 ]0 = c20 le concentrazioni iniziali dei reagenti; siano
x le moli per decimetro cubo di reagente 2 che si sono consumate al tempo t (e quindi 2x le moli per
decimetro cubo che si sono consumate di reagente 1); la legge cinetica in forma differenziale è
dx
dt
= k(c10 − 2x)2 (c20 )
(1.38)
con la solita condizione x(0) = 0. Integrando, otteniamo
2x(2c20 − c10 )
c20 (c10 − 2x)
1
+ ln
= kt
2
(2c20 − c10 )
c10 (c10 − 2x)
c10 (c20 − x)
(1.39)
Per una reazione generica R → prodotti che segua la legge
d[R]
dt
= −k[R]n
(1.40)
con [R]0 concentrazione iniziale ed n ≤ 2, la legge cinetica integrata è semplicemente
1
1
−
= (n − 1)kt
n−1
[R]
[R]0n−1
(1.41)
cui corrisponde un tempo di dimezzamento pari a
t1/2 =
1
1 n−1
2
−1
n−1
k[R]0n−1
(1.42)
10
CAPITOLO 1. CINETICA CHIMICA: DEFINIZIONI E METODI
Capitolo 2
Applicazioni
2.1
Esempi di meccanismi di reazione
L’analisi della cinetica di una reazione chimica non elementare è uno studio complesso, che però fornisce
molte informazioni indirette sul meccanismo della reazione stessa, (cioè sull’insieme di reazioni elementari che sono responsabili della reazione effettivamente osservata). Lo studio della cinetica chimica da
un punto di vista teorico è profondamente correlato ai principi della meccanica statistica. In questa
raccolta di appunti non considereremo queste problematiche in modo approfondito, limitandoci a descrivere alcuni esempi comuni di ’meccanismi’ di reazione che si incontrano comunemente, soprattutto
in ambito biochimico. Nel seguito quindi defineremo un insieme di reazioni elementari e commenteremo
le leggi cinetiche risultanti per le varie specie chimiche coinvolte, discutendo brevemente alcuni esempi.
2.1.1
Equilibrio
Il primo caso che intendiamo analizzare è quello di un semplice equilibrio chimico. Consideriamo due
reazioni bimolecolari, una opposta all’altra, che coinvolgano per semplicità due reagenti e due prodotti
R1 + R2 ⇀
↽ P1 + P2
(2.1)
l’espressione precedente deve essere letta come l’affermazione che avvengano contemporaneamente sia
la reazione diretta che la reazione inversa
k
R1 + R2 →d P1 + P2
(2.2)
ki
P1 + P2 → R1 + R2
(2.3)
con due costanti di velocità kd e ki . La velocità di formazione/scomparsa delle varie specie è calcolata,
in un meccanismo di reazione, come la somma delle velocità ottenute da ciascuna reazione elementare.
Cosı̀ per esempio, le velocità relativa alla concentrazione di R1 ed R2 sono
d[R1 ]
dt
=
d[R2 ]
dt
= −kd [R1 ][R2 ] + ki [P1 ][P2 ]
(2.4)
11
12
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI
la velocità relativa alla concentrazione di P1 e P2 sono uguali ed opposte etc. In condizioni di equilibrio le
concentrazioni delle varie specie devono restare costanti, quindi le loro velocità di formazione/scomparsa
devono essere pari a zero. ne consegue che
d[R1 ]
=
dt
d[R2 ]
dt
= −kd [R1 ][R2 ] + ki [P1 ][P2 ] = 0 ⇒
[P1 ][P2 ]
kd
=
[R1 ][R2 ]
ki
(2.5)
Se consideriamo la reazione chimica (2.1) come un processo stechiometrico indpendente in una soluzione
ideale in condizioni di equilibrio termodinamico, vale la relazione1
K=
[P1 ][P2 ]
[R1 ][R2 ]
(2.6)
da cui consegue l’identità
K=
kd
ki
(2.7)
che correla direttamente le costanti di velocità e la costante di equilibrio. Sia pure con una certa
cautela, e tenendo conto in casi più generali della deviazione dall’idealità, dalla presenza di altre reazioni
elementari etc., è quindi spesso possibile mettere in relazione costanti di equilibrio e costanti cinetiche.
Spesso per esempio la misura della costante di velocità diretta è relativamente semplice, mentre quella
della costante di velocità è di difficile attuazione; l’ uso della relazione (2.1), insieme alla conoscenza
della costante di equilibrio (che può essere nota a partire da dati termochimici) consente di determinare
ki .
2.1.2
Reazioni consecutive
Uno schema di reazione molto importante è dato dalle reazioni consecutive. Discutiamo nel seguito
in dettaglio il caso di tre specie chimiche R1 , R2 ed R3 legate da due processi chimici elementari
monomolecolari
k
k
a
R2 →b R3
R1 →
(2.8)
Siano x1 , x2 ed x3 le concentrazioni al tempo t delle tre sostanze. Valgono le tre equazioni differenziali
dx1
dt
dx2
dt
dx3
dt
= −ka x1
= ka x1 − kb x2
(2.9)
= kb x3
Si può notare che
dx1
dt
1
+
dx2
dt
+
dx3
dt
(2.10)
Esprimendo le molalità o le frazioni molari, impiegate per descrivere solitamente la soluzione, in termini di molarità
2.1. ESEMPI DI MECCANISMI DI REAZIONE
13
che non è altro che l’affermazione che non si possono creare nuove molecole, ma solo, in base al meccanismo dato, trasformare 1 in 2 e 2 in 3. Come condizione iniziale, assumiamo che al tempo t = 0 sia
presente solo la specie 1, con una concentrazione c0 . La soluzione di questo insieme di equzioni lineari
a coefficienti costanti è relativamente semplice. Si ottiene
x1 = e−ka t
i
ka c0 h (kb −ka )t
x2 =
e
− 1 e−kb t
kb − ka
!
kb e−ka t ka e−kb t
−
x3 = c0 1 −
kb − ka
kb − ka
(2.11)
Con un po’ di attenzione si può notare come gli andamenti di x1 , x2 e x3 corrispondano ad una scomparsa
esponenziale di 1, alla formazione e successiva scomparsa dell’intermedio 2, ed alla formazione di 3. Tra
le reazioni che seguono il meccanismo appena illustrato troviamo per esempio la pirolisi dell’acetone
(CH3 )2 CO → CH2 = CO + CH4
1
CH2 = CO →
C2 H4 + CO
2
La concentrazione del chetene intermedio aumenta fino ad un massimo e poi diminuisce fino a scompari-
Figura 2.1: Reazioni consecutive: kb /ka = 0.5.
re. In generale la concentrazione dell’intermedio è tanto più piccola quanto maggiore è il rapporto tra kb
(che misura la rapidità con cui l’intermedio scompare) e ka (che misura la rapidità con cui l’intermedio
si forma). Nelle due Figure è riportata la concentrazione delle tre specie per c0 = 1 e kb /ka = 0.5 e
10, rispettivamente: nel secondo caso la concentrazione dell’intermedio è molto bassa. In questo caso la
reazione può esser descritta in pbuoina approssimazione da una reazione del primo ordine con costante
di velocità pari al valore del passaggio più lento (ka ): la formazione dell’intermedio agisce da ’collo di
bottiglia’ della reazione complessiva e controlla la cinetica. Il meccanismo delle reazioni consecutive
può essere anche adottato per sequenze di reazioni elemenatri superiori a due: nel caso del decadimento
radioattivo da 238 U a 206 Pb troviamo ben quattordici decadimenti successivi.
14
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI
Figura 2.2: Reazioni consecutive: kb /ka = 10.
2.1.3
Reazioni parallele
Consideriamo infine il caso di una sostanza che possa partecipare a varie reazioni chimiche elementari,
generando diversi prodotti; esempi numerosi sono dati per esempio da reazioni di decomposizione di
composti organici che generano più prodotti contemporaneamente. Per semplicità supponiamo di avere
due prodotti ottenuti dallo stesso reagente mediante due reazioni monomolecolari:

k1
 →
R
k2
 →
P1
(2.12)
P2
Se inizialmente la concentrazione del reagente è c0 , le concentrazioni dei prodotti, che indichiamo con
x1 e x2 , seguono la legge
dx1
dt
dx2
dt
= k1 (c0 − x1 − x2 )
(2.13)
= k2 (c0 − x1 − x2 )
(2.14)
e sotto la condizione che le concentrazioni iniziali dei due prodotti siano nulle otteniamo:
x1 =
x2 =
k1 c0
k1 + k2
k2 c0
k1 + k2
h
1 − e−(k1 +k2 )t
h
1 − e−(k1 +k2 )t
i
i
(2.15)
(2.16)
da cui possiamo osservare che x1 /x2 = k1 /k2 : il rapporto tra le concentrazioni resta costante e pari al
rapporto tra le costanti di velocità (ma nel caso di reazioni elementari di ordine superiore la relazione
non è cosı̀ semplice). Un esempio semplice è dato dalla disidratazione di alcol etilico ad etilene ed
aldeide acetica

k1
 →
C2 H5 OH
k2
 →
C2 H4 + H2 O
CH3 CHO + H2
2.1. ESEMPI DI MECCANISMI DI REAZIONE
Figura 2.3: Decadimento dell’uranio 238.
15
16
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI
La composizione della miscela dei prodotti è determinata dal rapporto tra le costanti di velocità delle
reazioni parallele, che competono fra loro: l’uso di opportune condizioni (temperatura, impiego di
catalizzatori etc.) permette di aumentare la concentrazione dell’uno o dell’altro prodotto.
2.2
Reazioni a catena
Passiamo ora a discutere due esempi molto importanti di meccanismi di reazione che trovano molte
applicazioni nell’intepretazione di sistemi complessi, anche di natura biologica. Il primo eszempio che
analizzremo nel dettaglio è dato dalle reazioni a catena.
Una reazione a catena è una sequenza di eventi reattivi elementari che è descrivibile con il seguente
schema, abbastanza generale
1. Inizio della catena: una o più reazioni elementari che producono molecole in grado di iniziare la
catena
2. Propagazione della catena: una o più reazioni che producono intermedi di reazione che propagano
in modo ciclico la catena, e prodotti
3. Inibizione della catena: reazioni che producono intermedi di propagazione ed altre specie, non
prodotti
4. Terminazione della catena: reaazioni che provocano la scomparsa dei propagatori
Le reazioni a catena possono dare luogo a leggi cinetiche piuttosto complesse, e rappresentano meccanismi di reazione abbastanza diffusi in natura. Come esempio consideriamo la sintesi dell’acido bromidrico
a partire dagli elementi, in fase gas. La reazione chimica complessiva è
H2 + Br2 ⇀
↽ 2HBr
(2.17)
Sperimentalmente, la velocità di formazione dell’acido bromidrico segue la legge, piuttosto strana a
prima vista:
d[HBr]
dt
=
ka [H2 ][Br2 ]1/2
[HBr]
kb +
[Br2 ]
(2.18)
quando la costante empirica kb è molto maggiore di [HBr]/[Br2 ], la legge cinetica approssimata che
risulta è di ordine 3/2; all’inizio della reazione, quando la concentrazione di acido bromidrico è bassa,
prevale quindi questa legge semplificata. Successivamente l’acido bromidrico che si accumula agisce da
inibitore, cioè diminuisce la velocità di reazione. L’interpretazione della legge (2.18) è possibile con il
seguente meccanismo a catena
k
Br2 →1 2Br
k
Br + H2 →2 HBr + H
k
H + Br2 →3 HBr + Br
k
H + HBr →4 H2 + Br
k
2Br →5 Br2
2.2. REAZIONI A CATENA
17
La prima reazione elementare produce atomi di bromo, che propagano la catena insieme agli atomi di
idrogeno nella seconda e terza reazione; la quarta reazione inibisce la catena e la quinta la termina.
Per dedurre dal meccanismo la legge cinetica, invece di ricorrere ad una soluzione esatta che è impossibile da ottenere (anche se si può ricorrere ad una soluzione numerica), adottiamo un’approssimazione
di grande utilità, anche successivamente, detta approssimazione dello stato stazionario (SS): nel
caso in un meccanismo di reazione siano presenti specie transienti, che non compaiono cioè tra i reagenti
ed i prodotti osservati a concentrazioni apprezzabili sperimentalmente, assumiamo che la loro concentrazione sia costante, cioè che la loro velocità di formazione/scomparsa sia nulla. La giustificazione
formale dell’ipotesi dello stato stazionario esula dai limiti di questo corso, e trova le sue basi più solide
nella trattazione della termodinamica dei processi di non-equilibrio. Qui possiamo limitarci a considerare
lo SS come una generalizzazione dell’osservazione che abbiamo fatto nel caso delle tre reazioni consecutive al primo ordine: in quell’occasione abbiamo visto che in condizioni opportune la concentrazione
della specie intermedia poteva essere trascurata, o meglio, era possibile trascurare la sua variazione
tranne che negli istanti iniziali. Analogamente, nella maggior parte dei casi di interesse, l’ipotesi SS può
essere applicata alle specie chimiche labili o transienti di un meccanismo complesso.
Nel caso in questione, applichiamo l’ipotesi dello SS alle specie atomiche H e Br. Segue dalla defizione
delle loro velocità di reazione
d[Br]
dt
d[H]
dt
= 2k1 [Br2 ] − k2 [Br][H2 ] + k3 [H][Br2 ] + k4 [H][HBr] − 2k5 [Br2 ] = 0
(2.19)
= k2 [Br][H2 ] − k3 [H][Br2 ] − k4 [H][HBr] = 0
(2.20)
da queste due equazioni possiamo ricavare le concentrazioni di bromo e idrogeno che sostituiamo
nell’espressione per la velocità di reazione del prodotto, HBr:
d[HBr]
dt
= k2 [Br][H2 ] + k3 [H][Br2 ] − k4 [H][HBr]
(2.21)
Il risultato è:
d[HBr]
dt
1/2
=
−1/2
[H2 ][Br2 ]1/2
[HBr]
k3 k4−1 +
[Br2 ]
2k1 k2 k3 k4−1 k5
(2.22)
che ha la stessa forma della (2.18), ma che ci permette di esprimere le costanti empiriche ka e kb in
funzione delle costanti delle reazioni elementari della catena.
2.2.1
Reazioni di polimerizzazione e reazioni esplosive
Una delle applicazioni più importanti del meccanismo delle reazioni a catena è l’interpretazione delle
reazioni di polimerizzazione, in cui una molecola (polimero) si forma per accrescimento assorbendo
unità molecolari (monomeri). Le reazioni di polimerizzazione sono di grande importanza per varie
produzioni industriali, per lo più di materie plastiche: ricordiamo per esempio la sintesi del polistirene
dallo stirene, del teflon dal tetrafluoroetilene, del PVC dal cloruro di vinile e cosı̀ via. Ma le reazioni
di polimerizzazione sono anche fondamentali per la biochimica: le proteine sono fondamentalmente
18
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI
polimeri formati da unità fondamentali monomeriche (gli amminoacidi); da un certo punto di vista il
DNA può essere visto come un polimero di quattro molecole fondamentali etc.2
Le reazioni di polimerizzazione possono essere ricondotte ad un meccanismo generale della forma
Reazione
Tipologia
Velocità
? → R′
Iniziazione
ri
′
R + M → R1
...
...
...
Ri + M → Ri+1 Propagazione kp [M ][Ri ]
...
...
...
Ri + Rj →?
Terminazione kt [Ri ][Rj ]
Il propagatore di catena in questo caso è proprio il polimero in fase di accrescimento, che ingloba un
monomero dopo l’altro, fino a subire una terminazione che dipende dalla concentrazione del monomero,
dalle condizioni di temperatura e pressione etc. È evidente che in una reazione di polimerizzazione il
prodotto può essere costituito da catene di diversa lunghezza, con una conseguente distribuzione di pesi
molecolari. Si noti che le polimerizzazioni possono avvenire per via radicalica (in cui il meccanismo di
propagazione avviene, come nel caso della sintesi dell’acido bromidrico, mediante radicali liberi) o per
via ionica mediante ioni (sia cationi - polimerizzazione del vinilbenzene in presenza di acidi forti - che
anioni - polimerizzazione dello stirene in ammoniaca liquida).
Infine, la teoria delle reazioni a catena permette di interpretare varie caratteristiche delle reazioni
esplosive: si tratta di reazioni che decorrono in modo molto rapido, spessa con una notevole liberazione
di calore (reazioni esotermiche), cosa che può contribuire ad aumentare ulteriormente la velocità di
reazione (vedi oltre). In effetti, lo sviluppo di calore ed il conseguente aumento delle costanti di velocità
è solo uno dei possibili motivi per cui alcuni reazioni esibiscono un comportamento esplosivo. In molti
casi, infatti, una reazione esplosiva avviene a causa della formazione di catene ramificate, con il seguente
schema
k
R →1 P1
k
P1 + A →2 P2 + αP1
k
P1 →3 prodotti vari
Se il parametro α è maggiore di 1 la produzione di P1 aumenta in modo considerevole (il propagatore
di catena P1 assume il ruolo di pseudo-catalizzatore della reazione). L’influenza di fattori esterni,
come la pressione, può fare cambiare drammaticamente l’andamento di una reazione esplosiva; nel caso
della sintesi dell’acqua a partire da idrogeno ed ossigeno, per esempio, esistono due limiti di pressione,
inferiore e superiore, che delimitano zone di pressione a cui la reazione avviene oppure non avviene
in modo esplosivo. La corretta comprensione di questi meccanismi complessi dipende da vari fattori,
tra i quali la definizione di tutti i processi elementari e la dipendenza delle costanti di velocità dalla
temperatura.
2
Anche se la biochimica della sintesi naturale delle macromomolecole biologiche è del tutto diversa da quella discussa
brevemente in questa sezione
2.2. REAZIONI A CATENA
Figura 2.4: Limiti di esplosione di una miscela stechiometrica idrogeno-ossigeno.
19
20
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI
2.3
2.3.1
Catalizzatori ed inibitori
Catalisi omogenea ed eterogenea
Secondo Wilhelm Ostwald (premio Nobel 1909, docente di Arrhenius, van’t Hoff e Nerst) ”un catalizzatore è una sostanza che fa variare la velocità di una reazione chimica, senza comparire essa stessa nel
prodotti finali”. Un catalizzatore ha la caratteristica di abbassare l’energia richiesta alle molecole di
reagenti per trasformarsi in prodotti: come si potrà capire meglio in seguito, il catalizzatore abbassa
l’energia di attivazione di una reazione elementare. Se l’unico effetto di una catalizzatore è di cambiare
la velocità di una reazione chimica (elementare), riducendone l’energia di attivazione, anche la reazione
opposta subisce lo stesso effetto. Un catalizzatore non cambia però la natura (l’energia libera) dei
reagenti e dei prodotti: di conseguenza l’equilibrio chimico resta lo stesso.
Il complesso di fenomeni e processi chimici generati da un catalizzatore va sotto il nome generale di
catalisi. Si possono distinguere catalisi eterogenee ed omogenee. Le prime avvengono in corrispondenza
delle interfacce tra fasi diverse, tipicamente solido//liquido o solido/gas. Le seconde avvengono in fasi
omogenee (soluzioni). Esempi di catalisi eterogenea sono la sintesi di Haber (sintesi dell’ammoniaca
a partire dagli elementi), che è catalizzata da ferro metallico, o l’idrogenazione dei legami insaturi
carbonio-carbonio, catalizzata dal nichel. I fenomeni di catalisi eterogenea sono complessi; sono fattori
discriminanti:
1. la diffusione dei reagenti sulla superficie del catalizzatore
2. l’adsorbimento ed il deadsorbimento dei composti di reazione sulla superficie del catalizzatore,
3. la reazione chimica vera e propria, che avviene tra le molecole vincolate
4. il deadsorbimento dei prodotti e la loro successiva diffusione
Lo studio delle catalisi eterogenee è molto importante per la maggior parte delle applicazioni industriali
(per esempio il cracking degli idrocarburi, la sintesi di materiali plastici etc.).
Le catalisi omogenee hanno invece luogo all’interno di una fase (di solito liquida o gassosa). Gli
esempi sono moltissimi, e comportano sempre la realizzazione di un meccanismo di reazione alternativo
(alla singola reazione chimica elementare od al meccanismo che si verifica in assenza di catalizzatore).
Un’esempio istruttivo è dato dalla decomposizione dell’acqua ossigenata
H2 O2 (aq) + I− (aq) → OI− (aq) + H2 O(l)
H2 O2 (aq) + OI− (aq) → H2 O(l) + O2 (g) + I− (aq)
L’anione iodio catalizza la reazione di decomposizione generando l’intermedio IO− , che rigenera successivamente l’anione.
2.3.2
Reazioni enzimatiche
La natura fa ampio uso di catalizzatori altamente specifici, i cosidetti enzimi. Può apparire banale,
ma è bene ricordare che non esistono laboratori chimici che funzionino con l’efficienza, la velocità e il
controllo dei processi di una cellula vivente. In buona misura ciò è dovuto al fatto che ogni reazione
2.3. CATALIZZATORI ED INIBITORI
Figura 2.5: Catalisi eterogenea: idrogenazione del legame -C=C-.
21
22
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI
Figura 2.6: Schema generale del meccanismo di una catalis enzimatica.
chimica è controllata da un catalizzatore ad hoc, un enzima appunti, formato da una proteina più o
meno complessa (che può essere un oligopeptide od avere il peso molecolare di migliaia di Dalton).
Senza pretendere di iniziare una trattazione approfondita delle catalisi enzimatiche (che deve essere
affrontata da un punto di vista chimico, biochimico, fisico e matematico), questa sezione è dedicata
ad un’analisi del più semplice meccanismo di reazione per interpretare una tipica catalisi enzimatica: il modello o meccanismo di Michaelis-Menten (MM). Il modello spiega come inizialmente,
all’aumentare anche di poco della concentrazione del substrato disponibile all’enzima, la velocit della
reazione aumenti fino al raggiungimento di un massimo. In queste condizioni il substrato satura completamente l’enzima presente, e quindi un ulteriore aggiunta di substrato non cambia apprezzabilmente
la velocità. Indichiamo l’enzima libero con E il substrato S ed il complesso enzima-substrato con ES;
il complesso si scompone liberando l’enzima e generando il prodotto P . Lo schema MM è dunque dato
da una coppia di reazione opposte (non un pre-equilibrio) seguito da una reazione monomolecolare:
k1
k2
E+S ⇀
↽ ES → E + P
(2.23)
k−1
Applicando l’ipotesi SS all’intermedio ES, otteniamo:
d[ES]
dt
= k1 [E][S] − k−1 [ES] − k2 [ES] ≈ 0
(2.24)
quindi la concentrazione di complesso enzima-substrato è data dall’espressione:
[ES] =
[E][S]
k1 [E][S]
=
k−1 + k2
Km
(2.25)
dove si definisce la costante di Michaelis
Km =
k−1 + k2
k1
(2.26)
2.3. CATALIZZATORI ED INIBITORI
23
Figura 2.7: Velocità di reazione di una catalis enzimatica.
La velocità della reazione (formazione del prodotto, ovvero scomparsa del substrato) è ottenuta come
v=−
d[S]
dt
= k2 [ES] =
k2 [E][S]
Km
(2.27)
Sperimentalmente è nota la sola concentrazione iniziale dell’enzima [E]0 , ed è conveniente esprimere la
velocità in funzione di questo parametro. Dato che vale il bilancio di massa [E] + [ES] = [E]0 , si trova
che:
[ES] =
[E0 ][S]
Km + [S]
(2.28)
e quindi si ottiene l’equazione di Michaelis-Menten
v=
k2 [E0 ][S]
Km + [S]
(2.29)
La velocità massima di reazione si raggiunge per [S] ≫ Km :
Vmax = k2 [E]0
(2.30)
È conveniente convertire l’equazione di Michaelis-Menten in una relazione lineare tra l’inverso della
velocità di reazione e l’inverso della concentrazione del substrato
Km 1
1
1
=
+
v
Vmax [S] Vmax
(2.31)
La relazione cosı̀ ottenuta permette di rappresentare la cinetica enzimatica sotto forma di un diagramma
di Lineweaver-Burk.
24
CAPITOLO 2. APPLICAZIONI
Capitolo 3
Calcolo delle costanti cinetiche
3.1
Dipendenza della costante di velocità dalla temperatura
La dipendenza delle costanti cinetiche dalla temperatura è uno dei fenomeni più studiati della chimica
fisica, sia da un punto di vista sperimentale, dato che ovviamente la variazione della costante di velocità
di una reazione al variare della temperatura consente di controllare in qualche misura l’andamento della
reazione stessa, che teorico: la comprensione delle cause, a livello atomico-molecolare, delle variazioni
delle costanti cinetiche è in pratica al centro dello studio teorico delle reazioni chimiche.
Lo studio sperimentale delle costanti cinetiche in funzione della temperatura è stato iniziato da
Svante Arrhenius, che già nel 1889 propone la seguente relazione generale per descrivere la dipendenza
dalla temperatura di una costante cinetica k per una reazione elementare
k = A exp −
Ea
RT
(3.1)
dove A è il fattore preesponenziale o fattore di frequenza, ed Ea è l’energia di attivazione. Il diagramma
logaritmico della costante di velocità contro 1/T è una retta, la cui pendenza è pari a −Ea /R e la cui
intercetta è il logaritmo di A: la verifica della legge di Arrhenius è quindi relativamente semplice, ed
è possibile verificare che, purchè la reazione sia effettivamente elementare, la legge descrive piuttosto
bene l’andamento di k rispetto a T .
L’interpretazione intuitiva ma sostanzialmente corretta della legge di Arrhenius è la seguente: una
reazione chimica avviene solo quando le molecole di reagente hanno una energia superiore ad una data
reazione di soglia, l’energia di attivazione. Il numero di molecole con un’energia superiore ad un valore dato Ea è proporzionale al fattore di Boltzmann (vedi la parte VII di questa serie di dispense)
exp(−Ea /RT ); la costante di velocità dipenderà quindi da questo termine e da altri fattori (legati
essenzialmente alle proprietà steriche delle molecole), cumulativamente riassunti dal termine A. Una
visualizzazione grossolana ma utile di una reazione chimica è data da un diagramma energia/coordinata
di reazione. Supponendo di visualizzare il decorso di una reazione chimica come il moto di una particella lungo una curva di potenziale, la rappresentazione dell’evento reattivo è data dal superamento
della barriera energetica presente (la ’collina’ da superare) tra i reagenti (la ’valle’ in cui la particella
risiede inizialmente) e i prodotti (la ’valle’ in cui la particella si viene a trovare alla fine). La coordinata di reazione che rappresenta l’evoluzione della particella può essere pensata come una coordinata
25
26
CAPITOLO 3. CALCOLO DELLE COSTANTI CINETICHE
Figura 3.1: Diagramma schematico energia/coordinata di reazione.
molecolare di qualche tipo (per esempio la distanza tra due atomi od un angolo di legame) oppure come
una combinazione complessa di coordinate; in casi semplici possiamo individuare una grandezza geometrica molecolare assimilabile ad una coordinata di reazione (per esempio una lunghezza di legame);
nella maggior parte dei casi la coordinata di reazione è una funzione di più parametri geometrici. La
descrizione della dinamica di una reazione consiste quindi, in questa visione ’intuitiva’, nel prevedere
i) la frequenza con cui la particella esce dalla buca (i reagenti raggiungono la cima della collina che li
separa dai prodotti), ii) la frequenza con cui la particella supera la collina, proporzionale al fattore di
Boltzmann. La legge di Arrhenius, pur essendo sostanzialmente corretta, è però un’approssimazione
della dipendenza complessiva di k da T : sia l’energia di attivazione che il fattore preesponenziale presentano in realtà, sperimentalmente, una debole dipendenza dalla temperatura; inoltre la relazione
dell’espressione (3.1) con le caratteristiche elettroniche delle molecole reattive deve essere chiarita. La
necessità di rispondere a queste e ad altre domande ha portato ad un grande sviluppo delle metodologie
teoriche per il calcolo delle costanti cinetiche, la più nota delle quali è discussa ad un livello molto
semplice nelle sezioni che seguono. Lo studente dovrebbe però però essere consapevole che saranno impiegati alcuni concetti (livelli energetici ed orbitali di una molecola, distribuzioni di probabilità, funzioni
di ripartizione) che dovranno essere approfonditi in seguito.
3.2
Teoria dello stato di transizione
In realtà una teoria delle velocità di reazione non può essere generale. Le reazioni monomolecolari per
esempio devono essere in qualche modo essere trattate come casi a parte, ed dovrebbe essere chiaro che
27
3.2. TEORIA DELLO STATO DI TRANSIZIONE
la reattività delle molecole è in generale diversa se considerata in fase gas o in soluzione. Nel seguito,
concentremo la nostra attenzione su una reazione bimolecolare, e molte delle considerazioni che faremo
saranno sostanzialmente valide in fase gas.
k
Consideriamo dunque una reazione bimolecolare A + B → P . Storicamente, il primo tentativo di
prevedere la costante cinetica di una reazione è stato fondato sulla teoria delle collisioni : si tratta in
pratica di un approccio statistico che tenta di valutare separatamente l’importanza dei vari fattori che
influenzano la costante k, vale a dire
• le caratteristiche di forma (fattore sterico) delle molecole A e B
• la velocità media con cui le molecole A e B si possono incontrare
• l’energia minima (energia di attivazione) che le molecole devono possedere per dare luogo alla
molecola P quando si incontrano
L’approccio statistico è di grande interesse, ma è di difficile applicazione a molecole complesse, ed
in soluzione, anche se ha il pregio di essere un metodo rigoroso. Da un punto di vista applicativo,
oggigiorno è considerato invece come paradigma un approccio più ’chimico’ nelle sue ipotesi di partenza,
il cosiddetto modello dello stato di transizione (ST) o del complesso attivato. Per quanto sia il
metodo correntemente più applicato, deve essere chiaro che l’approccio ST è aperto a molte critiche,
ed in realtà non è applicato nella sua formulazione originale, che qui seguiremo in modo abbastanza
stretto, dovuta ad Eyring nel 1935. Tuttavia il metodo ST resta una teoria sufficientemente agile ed
accurata per fornire almeno una interpretazione dell’ordine di grandezza delle costanti cinetiche, ed è
utile per un’interpretazione sensata dei dati sperimentali.
Alla base di qualunque interpretazione teorica delle proprietà delle costanti cinetiche è comunque,
oggigiorno, una visione molecolare. Le molecole di reagenti e prodotti devono essere descritte come
un sistema che evolve in modo continuo lungo una superficie di potenziale multidimensionale, che
dipende da alcune coordinate nucleari del sistema stesso: l’equivalente cioè del semplice diagramma
energia/coordinata di reazione di cui abbiamo parlato in precedenza. La reazione è vista come la
trasformazione degli stati legati degli atomi costituenti le molecole di reagenti (minimo iniziale) negli
stati legati costituenti le molecole di prodotti (minimo finale) seguendo un cammino di reazione; le
reazioni che avvengono su un’unica superficie di potenziale sono dette reazioni adiabatiche. Esistono
naturalmente reazioni, dette non-adiabatiche, in cui la reazione chimica coinvolge più di una superficie di
energia potenziale: in questo caso l’evento reattivo comporta il passaggio da una superficie potenziale
all’altra. Ricordiamo a questo proposito gli studi seminali di R.A. Marcus per l’interpretazione dei
fenomeni di trasferimento elettronico (1950). Ulteriori complicazioni sorgono, naturalmente, quando si
considerino reazioni in soluzione in cui il sistema reattivo è fortemente influenzato dall’accoppiamento
con il solvente, ed in cui quindi il ’cammino di reazione’ non è definito dalla sola energia potenziale.
Consideriamo dunque il caso di una reazione bimolecolare adiabatica, e non consideriamo esplicitamente l’effetto dell’intorno. In altri termini, consideriamo una reazione che avvenga in una fase gassosa
perfetta. L’ipotesi fondamentale dello ST formulata da Eyring è la seguente: la reazione decorre con la
formazione di un intermedio non direttamente rilevabile, ma in equilibrio con i reagenti, che decade a
prodotti. L’ipotesi ST postula quindi che la formazione dell’intermedio, ovvero dello stato di transizione,
28
CAPITOLO 3. CALCOLO DELLE COSTANTI CINETICHE
Figura 3.2: Cammino di reazione.
possa essere descritta come un pre-equilibrio, seguito dalla trasformazione vera e propria in prodotti.
Lo schema della reazione è dunque
K‡
‡
ν
A+B ⇀
↽ AB ‡ → P
(3.2)
dove K ‡ è la costante di equilibrio per la formazione dello ST, mentre ν ‡ è la frequenza di passaggio
sopra la barriera da parte del complesso, per dare i prodotti:
K‡ =
pA pB
pAB ‡ p⊖
⇒ pAB ‡ = K ‡ ⊖
pA pB
p
(3.3)
Esprimendo le pressioni parziali in funzione delle concentrazioni molari (come deriva dalla legge dei gas
perfetti, pA = RT [A] etc.) si ottiene:
[AB ‡ ] =
RT ‡
K [A][B]
p⊖
(3.4)
La velocità di formazione dei prodotti è data dal prodotto di ν ‡ per la concentrazione dello ST:
v=
d[P ]
dt
= ν ‡ [AB ‡ ] = ν ‡
RT ‡
K [A][B]
p⊖
(3.5)
3.2. TEORIA DELLO STATO DI TRANSIZIONE
29
Figura 3.3: Formazione dello stato di transizione (pre-equilibrio) ed evoluzione a prodotti.
e poichè per una rezione bimolecolare abbiamo posto v = k[A][B], ne consegue che
k = ν‡
RT ‡
K
p⊖
(3.6)
Valutiamo ora, impiegando alcuni strumenti della termodinamica statistica1 il prodotto ν ‡ K ‡ : in effetti,
il grande vantaggio della teoria di Eyring consiste proprio nella possibilità di valutare, da proprietà
molecolari, la costante di pre-equilibrio di formazione dello stato di transizione. La costante K ‡ è infatti
ottenibile in funzione delle funzioni di ripartizione molecolari per unità di volume per le molecole A, B
e per il complesso AB ‡ :
K‡ =
N q‡ −∆E0 /RT
e
qA qB
(3.7)
dove ∆E0 rappresenta l’energia di una mole di stato di transizione meno le energie di una mole di
reagenti nel loro stato più basso: ∆E0 = E0 (AB ‡ ) − E0 (A) − E0 (B); N è il numero di Avogadro.
Le funzioni di ripartizione standard molari q sono somme pesate con i fattori di Boltzmann dei livelli
energetici accessibili alle molecole, e come tali dipendono dalla struttura elettronica e nucleare delle
molecole stesse. Nel caso dei reagenti A e B, il calcolo delle funzioni di ripartizione è sostanzialmente
possibile, noti che siano i livelli energetici elettronici, vibrazionali e rotazionali delle molecole. Nel
caso dello stato di transizione, è possibile separare un grado di libertà rilevante, di solito di natura
vibrazionale. L’evoluzione di questo grado di libertà rappresenta la rottura di un legame chimico, cioè
il passaggio sopra la barriera di potenziale, ed il decadimento dello stato di transizione a prodotti. La
frequenza del grado di libertà vibrazionale è in pratica coincidente, secondo l’ipotesi di Eyring, con la
1
vedi parte VII di questa serie di dispense
30
CAPITOLO 3. CALCOLO DELLE COSTANTI CINETICHE
frequenza di formazione dei prodotti, ν ‡ . Per un grado di libertà vibrazionale:
qv =
1
(3.8)
−hν ‡ /kB T
1−e
e poichè si tratta di una vibrazione anomala, che si sta trasformando in una traslazione (rottura di
legame), si può supporre che (hν ‡ << kB T ); espandendo in serie l’esponenziale segue che
qv =
1
1 − e−hν
‡ /k
BT
kB T
kB T
=1− 1−
+ ... ≈
‡
hν
hν ‡
(3.9)
La funzione di ripartizione per il complesso attivito viene quindi scritta come il prodotto della funzione
di ripartizione per la sola coordinata di vibrazione speciale e della funzione di ripartizione ridotta del
complesso attivato, senza la vibrazione:
q‡ = qv q̄‡ =
kB T
q̄‡
hν ‡
(3.10)
da cui deriva che la costante di pre-equilibrio è ottenuta come
K‡ =
K̄ ‡ =
kB T ‡
K̄
hν ‡
N q̄‡ −∆E0 /RT
e
qA qB
(3.11)
(3.12)
In realtà la precedente derivazione deve essere considerata come un interpretazione estremamente semplificata di un processo complesso. L’aggiunta di fattori correttivi (e fatte salve le ipotesi fortemente
limitanti di adiabaticità e disaccoppiamento con il solvente) è fondamentale. Si utilizza questo proposito
un fattore di trasmissione κ, di solito compreso tra 0.5 e 1, che almeno in linea di principio dovrebbe
tener conto in maniera cumulativa del discostamento dalla condizione di pre-equilibrio nella formazione
dello stato di transizione. L’equazione (3.6) si scrive pertanto come
k = κν ‡
RT ‡
K
p⊖
(3.13)
e da questa discende l’equazione di Eyring:
k=κ
kB T ‡
kB T RT ‡
K̄ = κ
K̄c
⊖
h p
h
(3.14)
dove la costante K̄c‡ è semplicemente (RT /p⊖ )K̄ ‡ .
3.2.1
Interpretazione termodinamica
Se consideriamo K̄ ‡ come una vera costante di equilibrio chimico (anche se questa ipotesi non è del tutto
corretta poichè una coordinata dello stato di transizione è stata eliminata dalla definizione statistica di
K̄ ‡ ), possiamo scrivere:
∆‡ G = −RT ln K̄ ‡
(3.15)
e quindi l’equazione (3.14) assume la forma
k=κ
kB T RT −∆‡ G/RT
e
h p⊖
(3.16)
3.2. TEORIA DELLO STATO DI TRANSIZIONE
31
Dalla definzione di energia libera, possiamo scrivere ∆‡ G come la somma di un contributo entalpico e
di un termine entropico:
∆‡ G = ∆‡ H − T ∆‡ S
(3.17)
le grandezze ∆‡ G, ∆‡ H e ∆‡ S sono dette energia libera, entalpia ed entropia di attivazione.
È conveniente riscrivere l’equazione di Eyring nei termini delle grandezze di attivazione, includendo il
fattore di trasmissione nel fattore entropico:
k = Ae∆S
‡ /R
e−∆
‡ H/RT
(3.18)
dove A = N (kB T )2 /hp⊖ . Se ora torniamo alla legge di Arhhenius, notiamo che in generale, per un
fattore pre-esponenziale ed un’energia di attivazione anche dipendenti dalla temperatura, vale l’identità
k = Ae−Ea /RT ⇒ Ea = RT 2
∂k
∂T
(3.19)
da cui segue, per confronto con la relazione (3.18)
Ea = ∆‡ H + 2RT
2+∆‡ S/R
A = Ae
(3.20)
(3.21)
L’impiego delle grandezze di attivazione per descrivere una cinetica chimica è oggi molto diffuso. Il valore
sperimentale dell’entropia di attivazione fornisce infatti informazioni importanti sulla natura dello stato
di transizione: se è maggiore di zero, l’entropia del complesso è maggiore di quella dei reagenti (per
esempio, in un reazione di apertura di una struttura ad anello è possibile attendersi un’entropia di
attivazione maggiore di zero) e viceversa, se ha il segno negativo, l’entropia del complesso è minore di
quella dei reagenti (aumento di ordine).
Il confronto diretto tra le grandezze di attivazione e le grandezze di equilibrio (energia libera, entalpia
ed entropia di reazione) va sotto il nome di analisi di correlazione: per esempio spesso esiste una relazione
approssimativamente lineare tra ∆‡ G e ∆⊖ G, con l’implicazione che la reazione chimica aumenta la
propria velocità quando divenga termodinamicamente più favorita. Varie relazioni empiriche lineari tra
∆‡ G e ∆⊖ G sono oggi note, con il nome di relazioni lineari di energia libera, per serie omologhe
di reazioni chimiche.
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