Il carcinoma squamoso del muso del gatto

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International Congress of
the Italian Association of Companion
Animal Veterinarians
May 19 – 21 2006
Rimini, Italy
Next Congress :
62nd SCIVAC International Congress
&
25th Anniversary of the SCIVAC Foundation
May 29-31, 2009 - Rimini, Italy
Reprinted in IVIS with the permission of the Congress Organizers
53° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC
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Il carcinoma squamoso del muso del gatto:
quale trattamento?
Marina Martano
Med Vet, PhD, Torino
Il carcinoma squamoso del gatto (CS) è la neoplasia
cutanea maligna più frequente in questa specie animale,
rappresentando circa il 15% dei tumori cutanei.15 Poiché la
radiazione solare è coinvolta nella sua patogenesi, l’incidenza ha una distribuzione geografica variabile, tanto da
costituire circa il 50% dei tumori cutanei del gatto in
Australia e Nuova Zelanda9, percentuale decisamente più
elevata rispetto a quanto riscontrato in nord Europa e in
gran parte degli Stati Uniti. Anche per quanto riguarda l’Italia, sebbene dati epidemiologici non siano riportati in letteratura, le segnalazioni sono molto più frequenti al Sud e
nelle regioni costiere.7 Il rischio di sviluppare la neoplasia
per soggetti a mantello bianco o con aree bianche soprattutto sul muso e sulla testa è 5-13 volte superiore rispetto a
soggetti a mantello scuro9; per lo stesso motivo il siamese
è poco rappresentato. L’età media di insorgenza è 12 anni
e probabilmente anche in questo caso l’esposizione cronica ai raggi solari può rappresentare una spiegazione. Non
esiste una predisposizione di sesso, mentre è stato osservato che in circa il 7-20% dei casi vi è positività per il virus
dell’immunodeficienza felina (FIV), anche questo più
facilmente associato a gatti che conducono vita all’aperto,
poiché più soggetti all’esposizione al contagio.
Si tratta di una neoplasia localmente aggressiva, caratterizzata dall’insorgenza lenta e subdola, ma dalla progressiva erosione della cute e dei tessuti sottostanti, fino alla formazione di ampie e profonde erosioni che deformano il
muso del gatto e ne determinano la morte. La forma erosiva, infatti, è quella prevalente nel gatto. La localizzazione
più frequente è a carico di padiglioni auricolari, palpebre,
piano nasale e labbro, ma qualsiasi area cutanea può esserne colpita. In circa il 30% dei casi si osserva la presenza di
lesioni multiple già alla prima presentazione. La lesione
preneoplastica, sotto forma di aree eritematose o crostose15, può essere presente per mesi o anni prima della sua
trasformazione maligna, che si manifesta dapprima come
erosioni superficiali, poi come vere e proprie ulcere. La
diffusione metastatica a linfonodi regionali e polmone è
poco frequente e si riscontra generalmente nelle fasi avanzate della malattia.
Se la chirurgia radicale può essere curativa per lesioni
localizzate ai padiglioni auricolari, più difficile è intervenire quando viene colpito il piano nasale, o quando sono presenti lesioni multiple. In questi casi le alternative possibili
sono rappresentate dalla criochirurgia6, dalla terapia fotodinamica11, o dal trattamento con retinoidi9 (isotretinoina e
derivati). Tutte queste modalità hanno fornito buoni risultati su lesioni di piccole dimensioni (inferiori al cm) e mol-
to superficiali, corrispondenti agli stadi Tis e T1 della classificazione WHO. Su stadi più avanzati o forme più estese
migliori risultati si ottengono solo con la chirurgia o la
radioterapia, sia con apparecchi a ortovoltaggio, sia con
quelli a megavoltaggio.4,6,12 Gli effetti collaterali di questa
terapia a breve e lungo termine non sono generalmente gravi e di solito autolimitanti. In generale, quando fattibile, la
chirurgia rimane la terapia di scelta. A questo proposito va
detto che interventi quali la nosectomia offrono generalmente risultati cosmetici migliori nel gatto rispetto al cane.
Si tratta di una chirurgia semplice e poco onerosa che, sebbene possa apparire mal tollerata nei primi giorni post-chirurgia a causa della crosta che si forma attorno alle narici,
porta a buoni risultati anche funzionali a lungo termine. Si
tratta però di un intervento chirurgico da riservarsi alle
lesioni limitate al piano nasale in cui si ritiene possibile
eseguire delle escissioni “a margini puliti”. Anche lesioni a
carico delle palpebre possono essere trattate mediante una
chirurgia aggressiva, ricorrendo all’esecuzione di plastiche
per la ricostruzione di ampie soluzioni di continuo risultanti dall’asportazione completa della palpebra superiore o
inferiore. Il limite, in questi casi, è il coinvolgimento tumorale di una sola delle due, in quanto l’asportazione completa delle palpebre implica necessariamente l’enucleazione del bulbo oculare. Un altro limite della chirurgia è rappresentato dalle lesioni multiple, come spesso accade in
alcuni gatti che vivono all’aperto e presentano coinvolgimento di palpebra e regione temporale. Una chirurgia
aggressiva in questi casi non è proponibile per l’impossibilità di una adeguata ricostruzione, pertanto vanno prese in
considerazione altre opzioni terapeutiche.
La chemioterapia sistemica da sola non ha invece fornito
risultati significativi con nessuno dei farmaci utilizzati (bleomicina, carboplatino, mitoxantrone). Sebbene la bleomicina
sia un farmaco piuttosto maneggevole e possa fornire effetti
incoraggianti a breve termine, l’efficacia è generalmente
limitata nel tempo e la recidiva locale si ripresenta in fase
molto precoce. 1
Il trattamento intralesionale con cisplatino o carboplatino13 sembra, per contro, fornire migliori possibilità di controllo a lungo termine o di cura, soprattutto se associato a
radioterapia. In questo caso il farmaco, somministrato poco
prima del trattamento radiante, ne potenzia l’efficacia.2
L’inoculazione intralesionale, inoltre, consente l’impiego
del cisplatino, farmaco non utilizzabile nel gatto per via
sistemica a causa dell’estrema tossicità. Per diminuire la
dispersione nel torrente circolatorio e prolungare la permanenza del farmaco a livello locale, i composti del platino
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sono somministrati in associazione a olio di sesamo sterile,
siero autologo dell’animale o gel proteici a base di collagene bovino5,7, e vasocostrittori (epinefrina) ai quali queste
sostanze (il cisplatino in particolare) si legano. Studi clinici e di farmacocinetica condotti a tal fine su questo e altri
tipi di neoplasia hanno effettivamente dimostrato la validità di tale metodo di somministrazione.3,8,10,12,14 Sebbene
anche per questo trattamento occorra l’anestesia generale
del gatto a causa della stimolazione algica indotta dalla
manualità, il numero complessivo di cicli (4-8, una volta
alla settimana) è inferiore a quello necessario per la radioterapia e più dilazionato nel tempo, cosa che permette al
soggetto una migliore ripresa ed è generalmente meglio
accettato dal proprietario. Gli effetti collaterali sono solitamente limitati all’eritema locale e all’edema, che può rendere necessaria l’applicazione di un collare Elisabetta per
evitare autotraumatismi. Nei casi più gravi si può arrivare
alla comparsa di aree necrotiche nel punto di inoculazione.
Come per la radioterapia, l’effetto è autolimitante e si risolve con la fine del trattamento. Anche in questo caso i risultati migliori sono stati ottenuti per le forme più lievi (stadi
T1-T2 del WHO). La positività per il FIV non rappresenta
un fattore prognostico negativo, ma aumenta l’incidenza e
la gravità degli effetti collaterali. Gli studi condotti su tale
metodica riportano la risposta completa nel 73,3% dei soggetti, con un tempo libero da malattia mediano di 16
mesi13, mentre l’associazione con l’ortovoltaggio ha portato alla remissione della lesione nel 100% dei 6 soggetti
trattati; lo studio in questione era comunque basato su un
follow-up non a lungo termine.2
In conclusione, il CS del muso del gatto rappresenta
un’entità complessa, per la quale la terapia va scelta in base
al singolo soggetto, alle sue condizioni generali e all’estensione e alla localizzazione della/e lesione/i. Come spesso
accade in oncologia, il trattamento multimodale fornisce i
risultati migliori, così come lesioni in fase precoce hanno
una prognosi decisamente migliore, anche con trattamenti
poco invasivi. La comparsa di nuove lesioni in punti diversi
del muso non è da interpretare come disseminazione metastatica del tumore (peraltro poco frequente) quanto piuttosto
come nuove masse primarie, per le quali il trattamento può
essere ripetuto. Trattandosi di una forma per la quale le
radiazioni solari giocano un ruolo importante, inoltre, la
prevenzione della patologia è possibile (almeno entro certi
limiti), sebbene non semplice in alcuni casi; sarebbe infatti
sufficiente evitare l’esposizione diretta ai raggi solari dei
gatti a mantello chiaro.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Marina Martano - Dipartimento di Patologia Animale
via Leonardo da Vinci 44, Grugliasco (TO)
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