MinutiScientifica 181 28-02-2008 14:38 Pagina 17 Farmacogenetica: come utilizzare il DNA per ottimizzare la terapia farmacologica DAVID E. LANFEAR, HOWARD L. MCLEOD, Henry Ford Hospital, Detroit La farmacogenetica è un campo di ricerca in espansione che si interessa delle interazioni tra genetica e terapia farmacologica. Rapporti tra variazioni genetiche ed effetti dei farmaci vengono descritti per un numero sempre maggiore di farmaci frequentemente utilizzati. Studi di convalida dovrebbero presto definire le possibilità di applicazione della farmacogenetica a livello di pratica clinica, con l’obiettivo finale di un’applicazione di routine di queste metodiche. Sono attualmente disponibili solo alcuni test diagnostici basati sulla farmacogenetica. Mancano, inoltre, linee-guida per terapie adattate alla farmacogenetica. Nel corso dei prossimi anni dovrebbero diventare disponibili delle linee-guida riguardanti la definizione del “dosaggio farmacogenetico” di alcuni farmaci frequentemente utilizzati, come warfarin, codeina e beta-agonisti somministrati per via inalatoria. U no dei principali motivi per cui la farmacologia può essere considerata un’arte, perlomeno tanto quanto una scienza, risiede nella straordinaria variabilità della risposta dei pazienti ai farmaci. È evidente che diversi fattori nongenetici (es. età, funzione di organi, interazioni tra farmaci) influenzano gli effetti dei farmaci. La variabilità genetica sembra tuttavia responsabile di una percentuale pari al 95% della variabilità del metabolismo e degli effetti dei farmaci.1 Esistono numerosi esempi di differenze interindividuali di risposta ai farmaci causate da alcune frequenti variazioni genetiche (dette polimorfismi) riguardanti geni che codificano enzimi che metabolizzano i farmaci, molecole di trasporto dei farmaci, o bersagli degli effetti dei farmaci.2-4 L’analisi dei determinanti genetici di risposta ai farmaci può essere utilizzata per definire dei fattori predittivi della risposta al trattamento farmacologico. Questi fattori presentano il vantaggio di rimanere stabili per tutta la durata della vita del paziente; ciò li rende interessanti dal punto di vista dell’impostazione di strategie razionali di prescrizione dei farmaci. La frequente presenza di diversi farmaci che possono essere utilizzati nel trattamento di una determinata condizione patologica, associata alla difficoltà di definire una singola strategia terapeutica che possa essere definita con certezza migliore rispetto alle altre, rende queste nuove possibilità di definizione razionale del trattamento particolarmente interessanti.5 Differenze trasmesse per via ereditaria degli effetti dei farmaci vennero descritte per la prima volta negli anni ‘50 del secolo scorso.6,7 Queste osservazioni fecero nascere un nuovo campo di ricerca, riguardante le interazioni tra terapia farmacologica e variazioni genetiche (farmacogenetica). Dal momento che la maggior parte degli effetti farmacologici ap- pare determinata dall’interazione di prodotti genetici multipli, che possono intervenire lungo l’intera via metabolica del farmaco, il campo di interesse della farmacogenetica si è oggi esteso fino a comprendere tutti gli aspetti riguardanti la farmacocinetica (cioè l’assorbimento, la distribuzione e l’escrezione),8 i bersagli dell’azione dei farmaci, così come gli effetti di mediatori localizzati ancora più “a valle”. La farmacogenetica suscita oggi l’interesse di un ampio spettro di centri di ricerca accademici ed industriali, e l’evoluzione delle conoscenze in questo campo ha portato alla creazione del termine “farmacogenomica”. Tale definizione si applica quando per identificare variazioni genetiche che governano la risposta ai farmaci vengono utilizzati approcci che riguardano l’intero genoma, e non solo 1-2 geni di interesse. Variazioni di interesse della sequenza genetica possono manifestarsi in molte forme: le più comuni sono i polimorfismi di un singolo nucleotide; il numero di questi polimorfismi, per l’intero genoma umano, è potenzialmente pari a 15 milioni. I polimorfismi di un singolo nucleotide sono attribuibili ad una modificazione di una coppia di basi nella sequenza del DNA. In base al tipo ed alla localizzazione della modificazione nucleotidica tale differenza può determinare o meno una modificazione della funzione o della quantità della proteina codificata da quella porzione del genoma. I recenti avanzamenti delle tecnologie e delle conoscenze riguardanti il genoma hanno consentito di espandere e di affinare le nostre conoscenze sulla farmacogenetica. Sono stati ad esempio identificati i geni umani coinvolti in molti tratti farmacogenetici, ed i polimorfismi descritti a livello di questi geni sono attualmente in stadi diversi lungo il processo di diventare mezzi di diagnosi molecolare (Tabella 1).9-16 17 - febbraio 2008 - Minuti MinutiScientifica 181 28-02-2008 14:38 Pagina 18 Tabella 1. Esempi di tratti farmacogenetici con possibili conseguenze cliniche Gene Farmaco(i) Tiopurina metiltransferasi (TPMT)* Mercaptopurina o azatioprina CYP2D6* Codeina Vitamina K epossidoreduttasi (VKORC1)* CYP2C9* Warfarin Warfarin Conseguenze di un genotipo variante Necessari dosaggi più bassi; aumento del rischio di tossicità midollare9,10 Mancata risposta o sovradosaggio tossico, in base all’allele11,12 Necessari dosaggi più elevati13 Necessari dosaggi più bassi; aumento del rischio di livelli sopraterapeutici di Rapporto Internazionale Normalizzato (INR)14 Non risponde alla stimolazione cronica, potenzialmente dannoso15,16 Recettore Beta-agoadrenerginisti co beta2 (ADRB2)§ CYP = citocromo P * Analisi del genotipo attualmente disponibile § Analisi del genotipo presumibilmente disponibile nel prossimo futuro Informazioni tratte dalle referenze bibliografiche da 9 a 16 Attualmente le possibilità di applicazione clinica sono in larga misura limitate a farmaci con indici terapeutici ristretti (es. farmaci anticancro, alcuni antidepressivi, il warfarin). La scoperta di nuove relazioni farmacogenetiche amplierà presumibilmente il range dei farmaci interessati. Metabolismo dei farmaci Quasi tutti i membri delle oltre 30 famiglie di enzimi che governano il metabolismo dei farmaci sono polimorfi; molte delle varianti genetiche si traducono in modificazioni funzionali delle proteine codificate.3 Uno dei migliori esempi di farmacogenetica applicata alla pratica clinica riguarda l’enzima tiopurina metiltransferasi (TPMT).9,10,17 TPMT è responsabile della degradazione dell’azatioprina e della mercaptopurina, farmaci comunemente utilizzati nel trattamento delle leucemie acute, di patologie infiammatorie intestinali, dell’artrite reumatoide, nonché per inibire le risposte 18 - febbraio 2008 - Minuti immunitarie in pazienti sottoposti a trapianti. Il medico di base prescrive raramente questi farmaci, ma ha frequentemente a che fare con pazienti che li assumono.6 I pazienti con deficit completo ereditario di TPMT (cioè con due alleli non-funzionali) sono esposti ad un rischio elevato (pari quasi al 100%) di sviluppare una grave e potenzialmente letale tossicità ematologica all’azatioprina ed alla mercaptopurina,9,10,18,19 mentre i pazienti eterozigoti sono esposti ad un rischio intermedio (35%).10 L’analisi del genotipo TPMT fa parte dei metodi di diagnosi molecolare disponibili presso laboratori di riferimento. Sulla base dell’analisi del genotipo TPMT sono state messe a punto delle linee-guida riguardanti i dosaggi dei farmaci in questione.10 CYP2D6 è probabilmente l’enzima di metabolizzazione dei farmaci caratterizzato da polimorfismo maggiormente studiato nell’uomo.6 Più di 30 farmaci, comprendenti analgesici, antidepressivi ed antiemetici, rappresentano dei substrati per questo enzima. Il polimorfismo genetico di CYP2D6 può determinare un’accentuazione o una diminuzione degli effetti dei farmaci in questione, in dipendenza dal fatto se il farmaco viene inattivato (es. nortriptilina, fluoxetina, inibitori della 5-idrossitriptamina) o attivato (es. codeina) dall’enzima.20 Circa il 10% dei pazienti, ad esempio, non ottiene alcun sollievo dal dolore in seguito alla somministrazione di codeina a causa dell’assenza dell’enzima CYP2D6 funzionante; in questo caso l’enzima è responsabile della sintesi del farmaco attivo a partire dal profarmaco.11,12,20,21 Osservazioni di questo tipo consentono di ipotizzare una prescrizione razionale dei farmaci basata sull’analisi del genotipo del paziente: la somministrazione di un farmaco, ad esempio, sarebbe sconsigliabile in pazienti che in conseguenza del polimorfismo di determinati geni lo metabolizzano poco oppure troppo rapidamente. Per la determinazione del genotipo di CYP2D6 è disponibile in commercio un test (Amplichip) che ha ricevuto l’autorizzazione della Food and Drug Administration degli Stati Uniti. In quel paese il test è già disponibile presso alcuni laboratori. Benché non siano state ancora pubblicate delle linee-guida specifiche al riguardo, i costi per l’esecuzione del test vengono rimborsati dal sistema di assicurazione sanitaria pubblica Medicare, che lo fa rientrare nella categoria dei test diagnostici basati sull’analisi del DNA. Le compagnie private di assicurazione sanitaria hanno invece assunto posizioni diverse: alcune autorizzano infatti il rimborso caso per caso, mentre altre in nessun caso MinutiScientifica 181 28-02-2008 14:38 Pagina 19 autorizzano il rimborso.22,23 Mancano, peraltro, delle linee-guida diffusamente accettate riguardanti la definizione del dosaggio di un determinato farmaco in base ai risultati dell’analisi del genotipo, o più in generale la stessa analisi del genotipo. Polimorfismo genetico dei bersagli dei farmaci Anche il polimorfismo genetico dei bersagli dei farmaci (ad esempio dei recettori) può influire in maniera significativa sull’efficacia della terapia farmacologica.2,4,24 Un esempio di questo genere, che si sta avvicinando all’ambito di utilizzazione clinica, riguarda il gene dei recettori adrenergici beta2 (ADRB2, o beta2-adrenoreceptor gene). ADRB2 interagisce con le catecolamine e con diversi altri farmaci, compresi i beta-agonisti somministrati per via inalatoria. Per quanto riguarda ADRB2 sono stati identificati numerosi polimorfismi di un singolo nucleotide, associati ad alterazioni del “traffico metabolico” e ad una regolazione verso il basso del recettore.25-28 Studi clinici hanno dimostrato l’esistenza di effetti diversi della terapia con beta-agonisti in conseguenza del polimorfismo 46 G>A (46 indica la localizzazione della variazione a livello del gene, mentre G>A indica i due nucleotidi presenti alternativamente a livello di quel sito). In un paziente con genotipo 46 AA la somministrazione cronica per via inalatoria di farmaci betastimolanti determina una diminuzione progressiva del picco di flusso espiratorio determinato al mattino; questi effetti non vengono invece descritti in pazienti con genotipo 46 GG. 29 Nell’ambito di un successivo studio randomizzato è stato confermato che le modificazioni del picco di flusso espiratorio, in seguito a somministrazione cronica di beta-agonisti per via inalatoria, dipendono dal genotipo del paziente. Gli autori hanno concluso che in pazienti con genotipo 46 AA potrebbe essere appropriata la decisione di non somministrare albuterolo.15 Queste osservazioni suggeriscono che il genotipo 46 AA di ADRB2 possa identificare i pazienti a rischio di effetti deleteri o non benefici derivanti da una terapia con beta-agonisti per via inalatoria. È probabile che in un prossimo futuro saranno disponibili delle linee-guida riguardanti specificamente questo aspetto. Ulteriori studi clinici sono necessari per definire delle strategie razionali riguardanti i pazienti eterozigoti a livello del locus (ad esempio i pazienti con genotipo GA). Valutazione complessiva L’esempio del warfarin illustra la necessità, quando si procede alla prescrizione, di valutare l’intera via metabolica del farmaco, e di integrare nell’analisi fattori genetici e non-genetici. Numerosi fattori clinici e demografici, come età, genere, interazioni farmacologiche e dieta influenzano il dosaggio del warfarin.30 Esistono inoltre chiare evidenze che anche variazioni genetiche possano contribuire alla variabilità interindividuale nel dosaggio del warfarin. CYP2C9 è il principale enzima di metabolizzazione dei farmaci in grado di inattivare il warfarin; il bersaglio primario dell’enzima è costituito dal complesso epossido riduttasi - vitamina K (VKORC1, vitamin K epoxide reductase complex). CYP2C9 è stato associato allo sviluppo di tossicità in seguito alla somministrazione di warfarin, nonché a modificazioni del dosaggio del farmaco necessari per ottenere l’effetto terapeutico. Ciò avviene anche se per il warfarin esiste la possibilità di aggiustare il dosaggio in base ad un chiaro end point (cioè lo International Normalized Ratio, INR [Rapporto Internazionale Normalizzato, RIN]). Rispetto a pazienti con genotipo wild type, pazienti con genotipo CYP2C9 necessitano una variante di 95 giorni (valore mediano) in più per la definizione di un dosaggio stabile del farmaco.31 Questi pazienti presentano anche un rischio più elevato di complicanze emorragiche acute.30-32 Pazienti con le due varianti alleliche più comuni necessitano di dosaggi di mantenimento del 15-30% più bassi per ottenere il valore di INR desiderato.14,30,32 Quando viene aggiunta ai fattori clinici che possono influenzare il dosaggio del warfarin, l’analisi del genotipo CYP2C9 migliora in maniera significativa la capacità di stimare il dosaggio di mantenimento del farmaco.33 È stato recentemente dimostrato che VKORC1 rappresenta il bersaglio terapeutico del warfarin.13 In uno studio successivo la presenza di polimorfismi a livello di VKORC1è stata associata a significative differenze nei dosaggi di warfarin (6,2 mg versus 3,5 mg; P<0,001).34 L’importanza rivestita dalle varianti genetiche di VKORC1, anche dopo aver preso in considerazione l’influenza esercitata dal polimorfismo di CYP2C9, è stata recentemente confermata da un altro studio, condotto su di un numero più elevato di pazienti.32 Una valutazione complessiva di tutti questi fattori dovrebbe consentire di definire un metodo clinicamente utile per migliorare la terapia con warfarin. Le variabili cliniche e demografiche sarebbero responsabili all’incirca del 20% della variabilità interindividuale del dosaggio del warfarin, 19 - febbraio 2008 - Minuti Dep. presso il Min. Sal. in data 16/12/2004 MinutiScientifica 181 28-02-2008 14:38 Pagina 21 mentre il genotipo CYP2C9 sarebbe responsabile del 15-20% della variabilità,13,30,34,35 ed il genotipo VKORC1 di un altro 14%.14 In altre parole, una valutazione complessiva di questi tre fattori consentirebbe, ancor prima di iniziare la somministrazione del farmaco, di prevedere il 50-60% della variabilità totale del dosaggio del warfarin. È evidente l’utilità clinica di questo tipo di approccio. Diversi autori hanno già proposto delle formule per determinare il dosaggio iniziale del warfarin in base all’analisi del genotipo CYP2C9.36,37 Sono in corso studi di confronto tra terapie in cui il dosaggio iniziale di warfarin viene determinato sulla base dell’analisi del genotipo, rispetto a terapie in cui il dosaggio viene definito utilizzando criteri standard. Questi studi dovrebbero chiarire in maniera definitiva se l’utilizzazione di un metodo farmacogenetico consente o meno di raggiungere più rapidamente e con minore tossicità gli obiettivi di INR. Gli studi dovrebbero consentire anche di definire delle linee-guida riguardanti la scelta dei dosaggi e gli esami da eseguire. Limitazioni attuali e sfide future I recenti avanzamenti tecnologici hanno contribuito a rendere l’analisi del genotipo sempre più rapida ed economicamente sostenibile.24 Le sfide maggiori, in futuro, non riguarderanno tanto la tecnologia per l’analisi del genotipo quanto piuttosto l’individuazione, mediante studi dotati di una potenza adeguata, di fenotipi di risposta clinica ai farmaci. Occorrerà inoltre incorporare la terapia guidata dall’analisi genetica nella pratica clinica di routine. Esistono infine fattori sociali (es. accettazione da parte dei pazienti di sottoporsi agli esami, problemi di privacy) che non sono stati ancora completamente esplorati. La sicurezza delle informazioni raccolte sul paziente rappresenta già ora un aspetto importante e delicato, che diventerà ancora più significativo una volta che verranno raccolte anche informazioni di tipo genetico. Prima che le terapie basate sull’analisi genetica possano diventare più diffuse occorrerà migliorare l’educazione e l’informazione dei pazienti, allo scopo di favorire l’accettazione dei test genetici. Nell’era della postgenomica occorrerà prendere in considerazione anche altri aspetti, come ad esempio le politiche di rimborso degli esami da parte delle compagnie di assicurazione sanitaria, nonché i problemi riguardanti le responsabilità civili e penali. Tutti questi problemi dovranno essere affrontati prima che l’idea di una pratica medica adattata alla genetica possa diventare una realtà. Gli Autori Il Dr. Lanfear è Assistant Professor of Medicine presso la Wayne State University, di Detroit, Michigan (Stati Uniti), e lavora presso lo Heart and Vascular Institute dello Henry Ford Hospital. Il Dr. McLeod è Fred N. Eshelman Distinguished Professor e Direttore dello Chapel Hill Institute of Pharmacogenomics and Individualized Therapy, presso la University of North Carolina, Chapel Hill, North Carolina (Stati Uniti). Note bibliografiche 1. Kalow W, Tang BK, Endrenyi L. Hypothesis: comparisons of inter- and intra-individual variations can substitute for twin studies in drug research. Pharmacogenetics 1998;8:283-9. 2. Evans WE, McLeod HL. Pharmacogenomics-drug disposition, drug targets, and side effects. N Engl J Med 2003;348:538-49. 3. Evans WE, Relling MV. Pharmacogenomics: translating functional genomics into rational therapeutics. Science 1999;286:487-91. 4. Evans WE, Johnson JA. Pharmacogenomics: the inherited basis for interindividual differences in drug response. Annu Rev Genomics Hum Genet 2001;2:9-39. 5. 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