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è stato un tempo in cui i cattivi
erano anche brutti e piccolini.
Ovvero i brutti erano di necessità
anche maligni e non precisamente svettanti; o ancora poteva trattarsi di piccoletti di malvagi sentimenti, per giunta non attraenti.
Insomma, c’è stato un mondo
che prevedeva una distribuzione
delle parti magari non giusta, ma logicamente
coordinata, internamente coerente, banalmente
plausibile nella condivisione di stereotipi e giudizi di valore annessi e connessi. In quel tempo
i bambini erano ingenui, le donne femminili,
gli animali naturali.
Quel mondo è tramontato da lungo tempo.
Quanto meno in comunicazione, che è come
dire dovunque. La rincorsa della distintività se vogliamo darci una spiegazione semplice -,
accanto all’entrata in una congiuntura complessa e di profondi rivolgimenti nel costume
e nel più generale rapporto con il valore, ha
mischiato le carte invitando a costruire proposizioni discorsive internamente contrastanti,
per contrarietà o addirittura contradditorietà.
Con conseguenze molto diverse. La celebrazione del valore negativo, anzitutto. Che
qualcuno scambia per cattiveria, ma che è
molto di più se si pensa più in generale al rovesciamento del modello positivante che è
stato sempre di pertinenza del discorso pubblicitario. Ecco allora i würstel che vuoi mangiare solo tu, e il malcapitato che potrebbe voler condividere è chiuso in garage con gesto
brutale; ecco i bambini furbetti di Kinder, (più
sono piccoli, ma non nel senso della statura,
più sono perfidi) che cedono l’ambito boccone
solo in cambio di molto di più. Ecco i piatti
pronti di Findus, inno all’amore finito in nome
di una più grande, fisica (edibile) passione;
ecco la bionda sposa di Telepiù, che non vuole
pagare il prezzo di una ricchezza acquisita con
inganno nuovamente passionale.
La naturalità tanto più naturale quanto più
prossima all’artificiale, poi. Vale, ad esempio,
per lo spot ammiccante di Parmigiano reggiano, con le mucchine di gomma che saltano,
chi di qua chi di là. Ma perfino per la bizzarra
Herzigova di Lancia Y, che imbroglia il codice
maschile/femminile senza retaggio femminista
alcuno, e spende con naturalezza il suo gioco
ben costruito.
E ancora: meglio un cracker oggi che una
seduzione, incerta, domani (Gran Pavesi); e a
proposito di seduzione: cosa conta l’erotismo
di un pasto - io mangio l’insalata ed è come se
divorassi te, tu mangi la fettina ed è come se
addentassi me - se poi la macchina là fuori ha
interni tanto ripugnanti da impedire un affettuoso e lieto fine…(Citroën)? Così vanno le
C
6
GIULIA CERIANI
PER
FILO&
PER
SEGNO
Dall’alto, le campagne
Kinder Pinguì (Ferrero
Pubbliregia), Telepiù (Red
Cell), Parmigiano Reggiano (Max Information),
Crackers Gran Pavesi
(Nadler Larimer & Martinelli), Lancia Y (Armando
Testa).
ANOMALIE
storie, e non si tratta semplicemente dei paradossi creativi a cui la pubblicità è consumata,
investimento di prodotto/di marca spropositatamente più forte di quanto previsto da comune buon senso, buon gusto, buon vivere, ai
fini dell’enfatizzazione del valore sotteso alla
proposta.
Al contrario, riteniamo che la comunicazione commerciale metta in gioco in questi e
in molti altri esempi una difficoltà reale di
continuare a leggere il mondo secondo criteri
tradizionalmente perbene. Se il mondo è cambiato, ne sono forzatamente cambiate anche
etica e estetica. Se il mondo è a rischio, anche
le architetture emotive e razionali che ne reggevano le precedenti sicurezze possono e debbono essere sovvertite per accompagnare le
sensibilità del presente. Un po’ di cattiveria
forse non guasta, qualche eroe non troppo aitante, qualche sentimento più simile al vero,
sapendo che quest’ultimo è più questione di
diavoli che d’acqua santa. Purché non sia tutto
qui. E dopo la negativizzazione del positivo operazione logica corrispondente a quanto notato - ci si provi anche a positivizzare il negativo, e restituire dignità (almeno pubblicitaria)
agli umiliati e offesi di una storia che gli stereotipi hanno sempre governato.