Newsletter Giuridica di Filodiritto - Numero 307 - 22 giugno 2009
Tribunale di Bologna, Registro della stampa, 24 luglio 2007, n.7770
Direttore responsabile Antonio Zama
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PUBBLICITA' SULLA NEWSLETTER - COLLABORA CON FILODIRITTO
LA NEWSLETTER IN SINTESI
APPROFONDIMENTI IN EVIDENZA SU FILODIRITTO
- Giuseppe Febbo:
SULLA NATURA PERENTORIA DEI TERMINI STABILITI IN RELAZIONE AGLI
ADEMPIMENTI PRESCRITTI PER L'AMMISSIONE AI CAMPIONATI
PROFESSIONISTICI
- Giampaolo Cervelli:
CASSA GEOMETRI: COEFFICIENTI DI RIDUZIONE E TOTALIZZAZIONE
William Shakespeare
CORIOLANO
RASSEGNA DI NOTIZIE
- CASSAZIONE LAVORO:
CONDIZIONI PER LA CONTESTAZIONE DISCIPLINARE AL LAVORATORE
- MINISTERO LAVORO:
LA RICERCA DI AGENTI DI COMMERCIO DEVE ESSERE SVOLTA DA SOGGETTI
AUTORIZZATI
- AGENZIA ENTRATE:
NON DEDUCIBILE ASSEGNO MENSILE A TEMPO DETERMINATO DA DIVORZIO
- TAR LECCE:
IMPUGNAZIONE PROVVEDIMENTO DI ESCLUSIONE DI UNA LISTA ELETTORALE
Jeremy Blachman
ANONIMA AVVOCATI
FOCUS
- CORTE DI GIUSTIZIA UE:
TUTELA DELLA NOTORIETÀ DEL MARCHIO E ILLICEITÀ DELLA PUBBLICITÀ
COMPARATIVA
Albert Jay Nock
IL NOSTRO NEMICO, LO STATO
CONTRIBUTI DOTTRINARI DALL'ARCHIVIO DI FILODIRITTO
- LAVORO SUBORDINATO ED AUTONOMO: INDICI RIVELATORI E
CERTIFICAZIONE - Anna Rita Caruso
- L'ANATOCISMO DOPO LA DELIBERA CICR DEL 9/2/00: FATTA LA PENTOLA IL
DIAVOLO C'È CASCATO DENTRO - Roberto Marcelli
- COMUNIONE LEGALE E PARTECIPAZIONI SOCIALI - Antonio Piccolo
Secondo congresso di Filadelfia - 4 luglio 1776
DICHIARAZIONE DI INDIPENDENZA
APPROFONDIMENTI IN EVIDENZA SU FILODIRITTO
- Diritto dello sport:
SULLA NATURA PERENTORIA DEI TERMINI STABILITI IN RELAZIONE AGLI
ADEMPIMENTI PRESCRITTI PER L'AMMISSIONE AI CAMPIONATI
PROFESSIONISTICI
Giuseppe Febbo
- Diritto della previdenza e delle assicurazioni:
CASSA GEOMETRI: COEFFICIENTI DI RIDUZIONE E TOTALIZZAZIONE
Giampaolo Cervelli
William Shakespeare
(1564-1616)
CORIOLANO
Atto III, Scena III
Sicinio. Avvicinatevi, o voi del popolo.
Edile. Ascoltate i vostri Tribuni: attenzione, silenzio, dico.
Coriolano. Prima ascoltatemi.
Tribuni. Bene, parlate. Silenzio, oh!
Coriolano. Sarò io accusato ancora oltre al momento presente o tutto deve decidersi qui?
Sicinio. lo vi chiedo se voi vi sottomettete ai suffragi del popolo, se riconoscete i loro
magistrati e se consentite a subire la pena legale per quelle colpe che saranno provate
contro di voi?
Coriolano. lo consento.
Menenio. Udite, cittadini, egli dice che consente; considerate i servizi militari che egli ha
reso: pensate alle ferite che reca il suo corpo e che appaiono come tombe nel santo
cimitero.
Coriolano. Sgraffiature di spine: cicatrici che farebbero ridere.
Menenio. Pensate inoltre che quando egli non parla come un cittadino, voi ritrovate in lui
il soldato. Non scambiate i suoi rudi accenti per accenti malevoli: ma, come dicevo,
considerateli quali si convengono a un soldato, anziché ispirati da odio per voi.
Cominio. Bene, bene, non più.
Coriolano. Per quale motivo, essendo io stato nominato console a voti unanimi, sono
stato disonorato al punto che nella stessa ora mi togliete di nuovo il consolato?
Sicinio. Rispondete a noi.
Coriolano. Parlate dunque: è vero, è mio dovere il rispondere.
Sicinio. Noi vi accusiamo di aver cospirato per togliere a Roma tutte le magistrature
costituite, e per salire tortuosamente fino al potere tirannico: per la qual cosa siete un
traditore del popolo.
Coriolano. Come: traditore?
Menenio. Ma no, calmo: la vostra promessa.
Coriolano. Che le fiamme del più profondo inferno avvolgano il popolo: chiamarmi loro
traditore! Tu, insolente Tribuno: se nei tuoi occhi si annidassero non una, ma ventimila
morti, e altrettanti milioni serrati nelle tue mani, e nella tua lingua bugiarda entrambi
questi numeri, io direi a te ugualmente, con voce sincera come quando prego gli dei: «tu
menti».
Sicinio. Sentite questo, o voi del popolo? Cittadini. Alla rupe; alla rupe!
Sicinio. Silenzio! non abbiamo bisogno di aggiungere nuovi elementi a sua accusa: quello
che gli avete visto fare e quello che gli avete sentito dire; battere i vostri ufficiali,
maledire voi, opporsi alla legge colla violenza, e qui sfidare quelli il cui grande potere
deve giudicarlo, tutto questo è un tal crimine e un crimine così capitale, che merita
l'ultimo supplizio.
Bruto. Ma dacché egli ha servito Roma bene ...
Coriolano. Cosa ciarlate voi di servizio?
Brillo. lo parlo di ciò che conosco.
Coriolano. Voi?
Menenio. E' questa la promessa che avete fatta a vostra madre?
Cominio. Sappiate, vi prego ...
Coriolano. Non voglio saper altro: che essi mi condannino alla precipite morte tarpea,
all'errabondo esilio, allo scorticamento, a esser rinchiuso per languire con un solo chicco
di grano al giorno, io non comprerò la loro pietà al prezzo di una sola parola adulatoria:
né frenerò il mio animo per tutto quello che possono darmi, anche se dovessi ottenerlo
col dire semplicemente: buon giorno.
[da Shakespeare Teatro, Volume III, Sansoni Firenze, 1961, sotto la direzione di Mario
Praz, versione di Guido Ferrando, pagine 588-590].
RASSEGNA DI NOTIZIE
Diritto
CASSAZIONE
CONDIZIONI PER
del
lavoro
diritto
LA
CONTESTAZIONE
processuale
DISCIPLINARE
AL
civile:
LAVORO:
LAVORATORE
La Sezione Lavoro della Cassazione si è pronunciata su un interessante caso che
coinvolge diverse questioni relative alla contestazione disciplinare da parte del datore di
lavoro. In particolare, il direttore di banca, contestando il proprio licenziamento rilevando,
ha chiesto alla Corte di pronunciarsi sul seguente motivo di ricorso: "se il datore di lavoro
possa attendere tre mesi per contestare al dipendente fatti già precisamente accertati
mediante relazione ispettiva giustificando tale lasso di tempo con la sola esigenza di
valutare tali fatti, come erroneamente ritenuto dalla sentenza impugnata, oppure se un
intervallo di tre mesi tra la precisa conoscenza dei fatti accertati con la definitiva
relazione ispettiva e la contestazione dei fatti stessi renda tardiva tale contestazione a
prescindere dalla quantità e qualità degli illeciti, che può incidere sulla durata
dell'ispezione ma non sulla tempestività della successiva contestazione, come sostenuto
nel
ricorso".
La
Cassazione
ha
elaborato
i
seguenti
principi
di
diritto:
"La contestazione disciplinare per essere considerata legittima deve presentare
il carattere della “immediatezza” e tale carattere essenziale trova fondamento
nell'art. 7, terzo e quarto comma, della legge n. 300/1970 che riconosce al
lavoratore incolpato il diritto di difesa da garantirsi nella sua effettività al fine di
consentirgli l'allestimento del materiale difensivo (pronto riscontro delle accuse
con eventuali testimonianze e documentazione) in tempi ad immediato ridosso
dei fatti contestati ed in modo che lo stesso lavoratore possa contrastare più
efficacemente il contenuto delle contestazioni mossegli dal datore di lavoro,
dovendosi anche considerare (nella valutazione del rilievo del cennato
carattere) il “giusto affidamento” del prestatore, nel caso di ritardo nella
contestazione, che il fatto incriminabile possa non avere rivestito una
connotazione “disciplinare”, dato che l'esercizio del potere disciplinare non è,
per
il
datore
un
obbligo,
bensì
una
facoltà.
Nell'esercizio del potere disciplinare il datore di lavoro deve comportarsi “secondo buona
fede”, specie per evitare che sanzioni disciplinari irrogate senza consentire all'incolpato
un effettivo diritto di difesa si pongano, appunto, quale trasgressione in re ipsa della
“buona fede”, che è la matrice fondativa dei doveri oneri sanciti dall'art. 7 cit. e, anche,
dall'art. 2106 cod. civ. per cui l'affidamento legittimo del lavoratore non può venire
vanificato da una tardiva contestazione disciplinare, comportando l'esercizio in tal senso
viziato dal potere disciplinare una preclusione per l'espletamento di detto potere e,
conseguentemente, rendendo invalida la sanzione irrogata in contrasto con il principio
dell'immediatezza.
L'applicazione in cd. “senso relativo” del principio dell'immediatezza non può svuotare di
efficacia il principio stesso dovendosi, infatti, tenere conto di quanto statuito dall'art. 7
cit. e della esigenza di una razionale amministrazione dei rapporti contrattuali secondo
“buona fede”. Pertanto, tra l'interesse del datore di lavoro a prolungare le indagini senza
uno specifico motivo obiettivamente valido (da accertarsi e valutarsi rigorosamente) e il
diritto del lavoratore ad una pronta ed effettiva difesa, deve prevalere la posizione (ex
lege
tutelata)
del
lavoratore.
Parimenti l'applicazione di una sanzione disciplinare - quando si tratti di
licenziamento “in tronco” per giusta causa - deve avvenire alla stregua del
principio dell'immediatezza e, di conseguenza, non può essere ritardata con la
giustificazione
della
complessità
dell'organizzazione
aziendale".
(Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, Sentenza 8 giugno 2009, n.13167:
Contestazione disciplinare al lavoratore - Immediatezza - Buona fede).
Diritto
del
lavoro,
diritto
commerciale:
MINISTERO
LAVORO:
LA RICERCA DI AGENTI DI COMMERCIO DEVE ESSERE SVOLTA DA SOGGETTI
AUTORIZZATI
Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro ha chiesto al Ministero del
Lavoro di pronunciarsi in merito alla sussistenza, in capo ai soggetti che svolgono attività
di ricerca e selezione di agenti di commercio per conto di un'azienda mandante,
dell’obbligo di rispettare i requisiti e di effettuare gli adempimenti previsti dal D.Lgs. n.
276/2003
per
l’esercizio
di
tale
attività.
Il Ministero ha ricordato che lo svolgimento dell’attività di ricerca e selezione del
personale è riservato solo ed esclusivamente ai soggetti individuati nel D.Lgs. n.
276/2003 ed in particolare agli operatori pubblici e privati espressamente autorizzati da
questo Ministero (artt. 4, 6 del D.Lgs. n. 276/2003), dalle Regioni e dalle Province
autonome con esclusivo riferimento al proprio territorio (art. 6, comma 6, D.Lgs. n.
276/2003), previo accertamento del possesso degli specifici requisiti giuridici e finanziari
di
cui
all’art.
5
del
D.Lgs.
citato.
Secondo il Ministero, il Legislatore, utilizzando le generiche locuzioni
“personale” e “posizioni lavorative” intende individuare, quali destinatari
dell’attività di ricerca e selezione, tutti i soggetti in cerca di lavoro, in possesso
delle specifiche competenze richieste dall’organizzazione committente, a
prescindere dalla natura subordinata, autonoma o parasubordinata del rapporto
di lavoro che le parti contrattuali concorderanno di instaurare. Tra questi
soggetti rientrano, pertanto, anche gli agenti di commercio di cui all’art. 1742
c.c. che svolgono la propria attività nell’ambito di un rapporto di lavoro
parasubordinato di collaborazione coordinata e continuativa (art. 409, comma 1,
n.
3
c.p.c.).
In conclusione, anche l’attività di ricerca e selezione di agenti di commercio deve essere
svolta
esclusivamente
da
soggetti
autorizzati.
(Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali - Direzione generale
per l'attività ispettiva, Interpello 12 giugno 2009, n.53: art. 9 D.Lgs. n.
124/2004 – attività di ricerca e selezione di agenti di commercio – applicabilità
della disciplina dettata dal D.Lgs. n. 276/2003).
- Diritto tributario, diritto della famiglia e delle successioni:
AGENZIA ENTRATE:
NON DEDUCIBILE ASSEGNO MENSILE A TEMPO DETERMINATO DA DIVORZIO
L'Agenzia delle Entrate si è pronunciata sulla richiesta del trattamento fiscale da applicare
all'assegno mensile o collegato ad altra cadenza periodica, per un periodo di tempo
definito (es: 5.000 euro per ventiquattro mesi) che l'istante potrebbe essere chiamato a
versare al coniuge dalla sentenza di divorzio.
In particolare, l'istante, ricordando che con circolare 12 giugno 2002, n. 50, punto n. 3.1,
l’amministrazione finanziaria ha precisato che la deduzione dal reddito complessivo
prevista per gli assegni periodici corrisposti al coniuge, in conseguenza di separazione
legale ed effettiva, non spetta nell’ipotesi in cui il versamento sia effettuato in unica
soluzione, ritiene che solo le somme corrisposte al coniuge in unica soluzione non
possono essere dedotte dal reddito complessivo, concludendo che, qualora la sentenza di
divorzio preveda a proprio carico l’obbligo di versare al coniuge, entro un determinato
arco temporale, degli assegni con cadenza periodica, tali assegni possono essere dedotti
dal reddito complessivo.
L'Agenzia delle Entrate ha concluso diversamente, rilevando che non hanno natura
reddituale gli assegni corrisposti in unica soluzione, che rappresentano sostanzialmente
una transazione in ordine alle pregresse posizioni patrimoniali dei coniugi. La possibilità di
rateizzare il pagamento costituisce solo una diversa modalità di liquidazione dell’importo
pattuito tra le parti, il quale mantiene comunque la caratteristica di dare risoluzione
definitiva ad ogni rapporto tra i coniugi e non va quindi confuso con la corresponsione
periodica dell’assegno, il cui importo è invece rivedibile nel tempo. Per detti assegni, non
è prevista alcuna tassazione in capo al beneficiario, né alcuna deduzione per il soggetto
che li corrisponde.
(Agenzia delle Entrate - Direzione Centrale Normativa e Contenzioso,
Risoluzione 11 gugno 2009, n.153/E: Istanza di interpello – assegni corrisposti
al coniuge inconseguenza di separazione legale – art. 10, comma 1, lett. c) del
Tuir).
- Diritto amministrativo, diritto pubblico:
TAR LECCE:
IMPUGNAZIONE PROVVEDIMENTO DI ESCLUSIONE DI UNA LISTA ELETTORALE
Deve ritenersi immediatamente e autonomamente impugnabile il provvedimento
di esclusione di una lista elettorale. E' questo il principio con cui il TAR Puglia ha
stabilito, contrariamente a quanto affermato dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato,
che deve ritenersi immediatamente e autonomamente impugnabile il provvedimento di
esclusione di una lista elettorale, attesa la sua idoneità a ledere il bene della vita
costituito dalla partecipazione ad una tornata di voto caratterizzata da un preciso
contesto temporale e ambientale.
Per il TAR Lecce, infatti, una tutela giurisdizionale accordata in un momento
successivo allo svolgimento delle elezioni e, quindi, in un contesto anche
politicamente ormai mutato non sarebbe coerente con i principi, anche
costituzionali, sul giusto processo (principalmente: effettività e tempestività della
tutela, riferibile ad un bene della vita che pare essere la partecipazione a "quella" tornata
di voto caratterizzata da un preciso contesto temporale e ambientale).
Sempre per il TAR adito, in relazione agli artt. 49 e 51 della Costituzione, va sollevata
questione di legittimità costituzionale degli artt. 30 e 33 del D.P.R. 16 maggio 1960, n.
570 (T.U. delle leggi per la composizione e l'elezione degli organi delle Amministrazioni
comunali), nella parte in cui, in sede di presentazione delle liste elettorali, non prevedono
il sindacato, da parte dell'Ufficio elettorale centrale, in ordine al rispetto, da parte dei
presentatori delle liste, delle disposizioni statutarie e di legge per la presentazione delle
candidature ed la partecipazione del partito politico ad una competizione elettorale.
Ha aggiunto ancora il T.A.R. Puglia - Lecce che la tesi che ammette il sindacato autonomo
ed immediato del provvedimento di ammissione delle liste e dei candidati risponde, con
maggiore efficacia, all'esigenza di una maggior tutela dei ricorrenti ed in definitiva,
dell'interesse alla corretta esplicazione della competizione elettorale.
Ha osservato in particolare il T.A.R. Puglia-Lecce, con la sentenza in commento, che,
secondo l'attuale formulazione degli artt. 30 e 33 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, la
verifica in ordine al rispetto delle previsioni statutarie o di legge in materia di formazione
delle liste elettorali è del tutto preclusa, proprio nel delicato momento della presentazione
delle liste elettorali; si giunge, pertanto, al sostanziale paradosso per cui una decisione in
ordine alla presentazione di un lista assunta in violazione delle previsioni statutarie
potrebbe essere sindacata dal giudice ordinario in sede di impugnazione della delibera
dell'associazione irregolarmente adottata, ma non potrebbe costituire oggetto di alcuna
valutazione in sede di presentazione delle liste, dando così vita ad una sistematica che, in
assenza di un filtro adeguato da parte dell'Ufficio elettorale centrale, può dare vita ad una
competizione elettorale viziata dalla presentazione di una lista che non costituisce
corretta espressione della volontà degli aderenti alla stessa formazione politica (per
effetto della violazione delle norme statutarie in materia).
(Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Lecce, Sezione Prima,
Sentenza 2 giugno 2009, n.1296).
[Avv. Alfredo Matranga]
DAL 2001 FILODIRITTO PUBBLICA LE NOTIZIE DEL GIORNO - VISITA
L'ARCHIVIO
Jeremy Blachman
ANONIMA AVVOCATI
Martedì 30 maggio
Crisi.
Tutto lo studio ha appena ricevuto una mail dal Presidente.
«Mi serve qualcuno che sia disposto a darmi il cambio per la causa Consolidated. Ci ho
lavorato un po' su ma penso che mi stia venendo un infarto e prevedo che potrei essere
morto prima della conclusione della causa. C'è ancora in ballo un buon numero di ore
fatturabili, e voglio che per il cliente la transizione sia più fluida possibile. Il
fascicolo è nel primo cassetto, e cercherò di salvare il file su cui sto lavorando prima di
essere sopraffatto dal dolore. Non dimenticherò facilmente la vostra disponibilità a farvi
avanti e a sacrificarvi per la squadra. Vi prego di mandare una mail a Barbara se
siete interessati, e sentitevi liberi di addebitare al cliente le eventuali spese per
il funerale. Per favore qualcuno chiami il 911. Avrei dovuto passare più tempo in ufficio.
Che Dio vi assistaaaaaaaaaaaaa.»
C'è chi dice che non può avere scritto lui la mail, ma è stata inviata dal computer del
Presidente qualche minuto prima che arrivasse l'ambulanza e lo portasse via. A quanto
pare, stamattina è arrivato tardi ed era un po' giù di corda, ha iniziato a lavorare e circa
un'ora dopo ha cercato sull'interfono Barbara, la sua segretaria, e le ha detto di chiamare
l'ambulanza. Lei è corsa nel suo ufficio e lo ha trovato riverso sulla sedia, con
ancora in mano il fascicolo della causa Consolidated lndustries, un'azienda che
stiamo guidando attraverso i meandri della procedura fallimentare contemplata
dal Capitolo 11. Ha gridato aiuto ma non ha risposto nessuno. Così è tornata di corsa
alla sua scrivania, ha telefonato al 911 e poi si è precipitata alla ricerca del defibrillatore
di emergenza.
C'è un defibrillatore su ogni piano, gentile omaggio di un nostro cliente (produce articoli
medicati; ci ha anche fornito un'ampia scorta di garze e bende). Ma al piano del
Presidente nessuno è stato addestrato a utilizzarlo, quindi Barbara non sapeva cosa fare.
Ha solo aspettato accanto a lui fino all'arrivo dell'ambulanza, assicurandosi di controllare
l'orologio per sapere quanto fatturare al cliente. I paramedici sono riusciti a rianimarlo, e
lo hanno sistemato su una barella con una maschera di ossigeno in faccia. Intorno a lui si
è radunata una piccola folla. Mentre lo portavano via, ha detto, debolmente: «Tornate al
lavoro, tutti quanti».
[Baldini Castoldi Dalai Editore, 2008, pp.158-9]
FOCUS
- Diritto comunitario, diritto della concorrenza, diritto commerciale, diritto industriale:
CORTE
DI
GIUSTIZIA
UE:
TUTELA DELLA NOTORIETÀ DEL MARCHIO E ILLICEITÀ DELLA PUBBLICITÀ
COMPARATIVA
In un complesso caso che vede opposte L’Oréal SA, Lancôme parfums et beauté & Cie
SNC, e Laboratoires Garnier & Cie contro Bellure NV, Malaika Investments Ltd e Starion
International Ltd per contraffazione di marchi la Court of Appeal (England & Wales) (Civil
Division) ha chiesto alla Corte di Giustizia di pronunciarsi pregiudizialmente fornendo
l’interpretazione dell’art. 5, nn. 1 e 2, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre
1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di
marchi d’impresa, nonché dell’art. 3 bis, n. 1, della direttiva del Consiglio 10 settembre
1984, 84/450/CEE, in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità comparativa, come
modificata dalla direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 6 ottobre 1997,
97/55/CE.
La Corte si è pronuciata in senso largamente contrario a quanto proposto dall'Avvocato
Generale Mengozzi con conclusioni del 10 febbraio 2009.
In generale la Corte di Giustizia ha ricordato: "il pregiudizio arrecato al carattere
distintivo del marchio, detto anche «diluizione», «corrosione» o «offuscamento», si
manifesta quando risulta indebolita l’idoneità di tale marchio ad identificare i prodotti o i
servizi per i quali è stato registrato, per il fatto che l’uso del segno identico o simile fa
disperdere l’identità del marchio e della corrispondente presa nella mente del pubblico.
Ciò si verifica, in particolare, quando il marchio non è più in grado di suscitare
un’associazione immediata con i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato" ...
mentre il "pregiudizio arrecato alla notorietà del marchio, detto anche «annacquamento»
o «degradazione», si verifica quando i prodotti o i servizi per i quali il segno identico o
simile è usato dal terzo possono essere percepiti dal pubblico in modo tale che il potere di
attrazione del marchio ne risulti compromesso. Il rischio di un tale pregiudizio può
scaturire, in particolare, dalla circostanza che i prodotti o servizi offerti dal terzo
possiedano una caratteristica o una qualità tali da esercitare un’influenza negativa
sull’immagine del marchio", infine la "nozione di «vantaggio indebitamente tratto dal
carattere distintivo o dalla notorietà del marchio», detto anche «parassitismo» e «freeriding», non si ricollega al pregiudizio subito dal marchio, quanto piuttosto al vantaggio
tratto dal terzo dall’uso del segno identico o simile. Essa comprende, in particolare, il
caso in cui, grazie ad un trasferimento dell’immagine del marchio o delle caratteristiche
da questo proiettate sui prodotti designati dal segno identico o simile, sussiste un palese
sfruttamento parassitario nel tentativo di infilarsi nella scia del marchio notorio".
Posto che è sufficiente che ricorra anche uno solo di questi tre tipi di violazione perché
vada applicato l’art. 5, n. 2, della direttiva 89/104, secondo la Corte "Ne discende che il
vantaggio tratto da un terzo dal carattere distintivo o dalla notorietà del
marchio può rivelarsi indebito, anche quando l’uso del segno identico o simile
non arreca pregiudizio né al carattere distintivo né alla notorietà del marchio o,
più in generale, al titolare di quest’ultimo".
La Corte ha pertanto dichiarato che:
1) L’art. 5, n. 2, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul
ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa,
dev’essere interpretato nel senso che l’esistenza di un vantaggio indebitamente tratto dal
carattere distintivo o dalla notorietà del marchio, ai sensi di tale disposizione, non
presuppone né l’esistenza di un rischio di confusione, né quella di un rischio di pregiudizio
arrecato al carattere distintivo o alla notorietà del marchio o, più in generale, al titolare di
quest’ultimo. Il vantaggio risultante dall’uso da parte di un terzo di un segno simile ad un
marchio notorio è tratto indebitamente da detto terzo dal carattere distintivo o dalla
notorietà quando egli, con siffatto uso, tenta di porsi nel solco tracciato dal marchio
notorio al fine di beneficiare del potere attrattivo, della reputazione e del prestigio di
quest’ultimo, e di sfruttare, senza compensazione economica, lo sforzo commerciale
effettuato dal titolare del marchio per creare e mantenere l’immagine del marchio in
parola.
2) L’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 deve essere interpretato nel senso che il
titolare di un marchio registrato è legittimato a esigere che sia vietato l’uso da parte di un
terzo, in una pubblicità comparativa rispetto alla quale non ricorrono tutte le condizioni di
liceità enunciate all’art. 3 bis, n. 1, della direttiva del Consiglio 10 settembre 1984,
84/450/CEE, [relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed
amministrative degli Stati membri] in materia di pubblicità ingannevole e di pubblicità
comparativa, come modificata dalla direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 6
ottobre 1997, 97/55/CE, di un segno identico a detto marchio per prodotti o servizi
identici a quelli per cui il marchio in parola è stato registrato, anche quando siffatto uso
non sia idoneo a compromettere la funzione essenziale del marchio, consistente
nell’indicare l’origine dei prodotti o servizi, purché tale uso arrechi pregiudizio o possa
arrecare pregiudizio ad una delle altre funzioni del marchio.
3) L’art. 3 bis, n. 1, della direttiva 84/450, come modificata dalla direttiva 97/55, deve
essere interpretato nel senso che un operatore pubblicitario il quale menziona in modo
esplicito o implicito, in una pubblicità comparativa, che il prodotto da lui commercializzato
costituisce un’imitazione di un prodotto protetto da un marchio notorio, rappresenta «un
bene o un servizio come imitazione o contraffazione», ai sensi del medesimo art. 3 bis, n.
1, lett. h). Il vantaggio realizzato dall’operatore pubblicitario grazie ad una siffatta
pubblicità comparativa illecita deve essere considerato «indebitamente tratto» dalla
notorietà connessa a tale marchio, conformemente al suddetto art. 3 bis, n. 1, lett. g).
(Corte di Giustizia CE, Sentenza 18 giugno 2009: Direttiva 89/104/CEE – Marchi
– Art. 5, nn. 1 e 2 – Uso in una pubblicità comparativa – Diritto di inibitoria di
detto uso – Vantaggio indebitamente tratto dalla notorietà – Pregiudizio
arrecato alle funzioni del marchio – Direttiva 84/450/CEE – Pubblicità
comparativa – Art. 3 bis, n. 1, lett. g) e h) – Condizioni di pubblicità comparativa
lecita – Vantaggio indebitamente tratto dalla notorietà connessa ad un marchio
– Presentazione di un bene come imitazione o riproduzione).
Albert Jay Nock
(1870-1945)
IL NOSTRO NEMICO, LO STATO
Il potere statale si è dimostrato sempre incapace di fare alcunché in modo efficiente,
economico, disinteressato od onesto; e tuttavia quando nasce la minima insoddisfazione
nei confronti di un qualsiasi esercizio del potere sociale, viene immediatamente richiesto
l'aiuto dell'agente meno qualificato a prestare soccorso. È accaduto che il potere
sociale abbia gestito male qualche banca? - Allora facciamo intervenire lo Stato
per "supervisionare" o "regolamentare" l'intero mondo delle istituzioni
creditizie, o perfino per assumerne il controllo diretto e totale; lo Stato che non
si è mai mostrato capace di impedire alle proprie finanze di affondare
repentinamente nel pantano degli abusi di potere, dello spreco e della
corruzione. Forse che in qualche caso il potere sociale si è macchiato di colpe nella
gestione delle ferrovie? - E allora facciamo intervenire lo Stato al fine di "regolamentare"
il funzionamento delle ferrovie, lo Stato che si è dimostrato incapace in ogni affare che
abbia mai intrapreso. Il potere sociale manda di tanto in tanto verso il disastro una nave
non in condizioni di navigare? - E allora lasciamo che allo Stato, che ha ispezionato e
autorizzato la Morro Castle, sia data maggiore libertà nel controllo della marina
mercantile. Il potere sociale esercita qua e là un opprimente monopolio sulla produzione e
la distribuzione di corrente elettrica? - Allora facciamo arrivare lo Stato, che assegna e
mantiene il monopolio, perché intervenga con uno schema generale di prezzi fissi che
causa più sofferenze di quante ne sani, oppure lasciamolo entrare in concorrenza diretta;
o, come esortano i collettivisti, facciamogli rilevare l'intero monopolio. "Fin da quando è
esistita la società" dice Herbert Spencer, "l'esperienza negativa ha predicato
"non fidarti della legislazione"; e tuttavia la fiducia nella legislazione non
sembra essere affatto diminuita."
Ma, ci si può chiedere, a chi ci dobbiamo rivolgere per essere salvati dall'abuso
del potere sociale, se non allo Stato? A cos' altro possiamo fare ricorso? Pur
ammettendo che sotto la nostra attuale forma di organizzazione politica non c'è
nessun altro a cui rivolgersi, bisogna pur tuttavia mostrare che questa domanda
si basa sull'inveterato malinteso riguardo la natura dello Stato. Si presume cioè
che lo Stato sia una istituzione sociale, laddove si tratta invece di una istituzione
antisociale; la domanda cioè si basa su di una assurdità.
È certamente vero che compito del governo, nel mantenere "la libertà e la sicurezza" e
nell'"assicurare questi diritti", sia quello di rendere l'accesso alla giustizia gratuito,
agevole ed informale; ma lo Stato, al contrario, è interessato principalmente alla
ingiustizia, e la sua funzione è quella di mantenere un regime di iniquità.
[Liberilibri, Macerata, 1994, pp.128-129]
CONTRIBUTI DOTTRINARI DALL'ARCHIVIO DI
FILODIRITTO
- Diritto del lavoro, diritto dei contratti e delle obbligazioni:
LAVORO SUBORDINATO ED AUTONOMO: INDICI RIVELATORI E
CERTIFICAZIONE
Anna Rita Caruso
- Diritto bancario:
L'ANATOCISMO DOPO LA DELIBERA CICR DEL 9/2/00: FATTA LA PENTOLA IL
DIAVOLO C'È CASCATO DENTRO
Roberto Marcelli
- Diritto della famiglia e delle successioni, diritto societario:
COMUNIONE LEGALE E PARTECIPAZIONI SOCIALI
Antonio Piccolo
Secondo Congresso di Filadelfia
4 luglio 1776
DICHIARAZIONE DI INDIPENDENZA
When in the course of human events, it becomes necessary for one people to dissolve the
political bands which have connected them with another, and to assume the Powers of
the earth, the separate and equal station to which the Laws of Nature and of Nature's
God entitle them, a decent respect to the opinions of mankind requires that they should
declare the causes which impel them to the separation.
We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal, that they are
endowed by their Creator with certain unalienable rights, that among these are Life,
Liberty, and the pursuit of Happiness. That to secure these rights, Governments are
instituted among Men, deriving their just powers from the consent of the governed. That
whenever any Form of Government becomes destructive of these ends, it is the Right of
the People to alter or to abolish it, and to institute new Government, laying its foundation
on such principles and organizing its powers in such form, as to them shall seem most
likely to effect their Safety and Happiness. Prudence, indeed, will dictate that
Governments long established should not be changed for light and transient causes; and
accordingly all experience hath shown, that mankind are more disposed to suffer, while
evils are sufferable, than to right themselves by abolishing the forms to which they are
accustomed. But when a long train of abuses and usurpations, pursuing invariably the
same Object evinces a design to reduce them under absolute Despotism, it is their right,
it is their duty, to throw off such Government, and to provide new Guards for their future
security. -- Such has been the patient sufferance of these Colonies; and such is now the
necessity which constrains them to alter their former Systems of Government. The
history of the present King of Great Britain is a history of repeated injuries and
usurpations, all having in direct object the establishment of an absolute Tyranny over
these States. To prove this, let Facts be submitted to a candid world. He has refused his
Assent to Laws, the most wholesome and necessary for the public good.
He has forbidden his Governors to pass Laws of immediate and pressing importance,
unless suspended in their operation till his Assent should be obtained; and when so
suspended, he has utterly neglected to attend to them.
He has refused to pass other Laws for the accommodation of large districts of people,
unless those people would relinquish the right of Representation in the Legislature, a
right inestimable to them and formidable to tyrants only.
He has called together legislative bodies at places unusual, uncomfortable and distant
from the depository of their public Records, for the sole purpose of fatiguing them into
compliance with his measures.
He has dissolved Representative Houses repeatedly, for opposing with manly firmness his
invasions on the rights of the people.
He has refused for a long time, after such dissolutions, to cause others to be elected;
whereby the Legislative powers, incapable of Annihilation, have returned to the People at
large for their exercise; the State remaining in the mean time exposed to all dangers of
invasion from without, and convulsions within.
He has endeavoured to prevent the population of these States; for that purpose
obstructing the Laws of Naturalization of Foreigners; refusing to pass others to encourage
their migrations hither, and raising the conditions of new Appropriations of Lands.
He has obstructed the Administration of Justice, by refusing his Assent to Laws for
establishing Judiciary powers.
He has made Judges dependent on his Will alone, for the tenure of their offices, and the
amount and payment of their salaries. He has erected a multitude of New Offices, and
sent hither swarms of Officers to harass our People, and eat out their substance. He has
kept among us, in times of peace, Standing Armies without the Consent of our
legislature.
He has affected to render the Military independent of and superior to the Civil Power.
He has combined with others to subject us to a jurisdiction foreign to our constitution,
and unacknowledged by our laws; giving his Assent to their Acts of pretended Legislation:
For quartering large bodies of armed troops among us:
For protecting them, by a mock Trial, from Punishment for any Murders which they
should commit on the Inhabitants of these States: For cutting off our Trade with all parts
of the world:
For imposing taxes on us without our Consent:
For depriving us of many cases, of the benefits of Trial by Jury: For transporting us
beyond Seas to be tried for pretended offences:
For abolishing the free System of English Laws in a neighbouring Province, establishing
therein an Arbitrary government, and enlarging its Boundaries so as to render it at once
an example and fit instrument for introducing the same absolute rule into these Colonies:
For taking away our Charters, abolishing our most valuable Laws, and altering
fundamentally the Forms of our Governments: For suspending our own Legislatures, and
declaring themselves invested with Power to legislate for us in all cases whatsoever. He
has abdicated Government here, by declaring us out of his Protection and waging War
against us.
He has plundered our seas, ravaged our Coasts, burnt our towns, and destroyed the lives
of our people.
He is at this time transporting large armies of foreign mercenaries to compleat the works
of death, desolation, and tyranny, already begun with circumstances of Cruelty & perfidy
scarcely paralleled in the most barbarous ages, and totally unworthy the Head of a
civilized nation.
He has constrained our fellow Citizens taken Captive on the high Seas to bear Arms
against their Country, to become the executioners of their friends and Brethren, or to fall
themselves by their Hands.
He has excited domestic insurrections amongst us, and has endeavoured to bring on the
inhabitants of our frontiers, the merciless Indian savages, whose known rule of warfare,
is an undistinguished destruction of all ages, sexes, and conditions.
In every stage of these Oppressions We have Petitioned for Redress in the most humble
terms: Our repeated Petitions have been answered only by repeated injury. A Prince,
whose character is thus marked by every act which may define a Tyrant, is unfit to be the
ruler of a free people.
Nor have We been wanting in attention to our British brethren. We have warned them
from time to time of attempts by their legislature to extend an unwarrantable jurisdiction
over us. We have reminded them of the circumstances of our emigration and settlement
here. We have appealed to their native justice and magnanimity, and we have conjured
them by the ties of our common kindred to disavow these usurpations, which, would
inevitably interrupt our connections and correspondence. They too must have been deaf
to the voice of justice and of consanguinity. We must, therefore, acquiesce in the
necessity, which denounces our Separation, and hold them, as we hold the rest of
mankind, Enemies in War, in Peace Friends.
We, therefore, the Representatives of the United States of America, in General Congress,
Assembled, appealing to the Supreme Judge of the world for the rectitude of our
intentions, do, in the Name, and by Authority of the good People of these Colonies,
solemnly publish and declare, That these United Colonies are, and of Right ought to be
free and independent states; that they are Absolved from all Allegiance to the British
Crown, and that all political connection between them and the State of Great Britain, is
and ought to be totally dissolved; and that as Free and Independent States, they have
full Power to levy War, conclude Peace, contract Alliances, establish Commerce, and to do
all other Acts and Things which Independent States may of right do. And for the support
of this Declaration, with a firm reliance on the Protection of Divine Providence, we
mutually pledge to each other our Lives, our Fortunes, and our sacred Honor.
John Hancock.
GEORGIA, Button Gwinnett, Lyman Hall, Geo. Walton.
NORTH-CAROLINA, Wm. Hooper, Joseph Hewes, John Penn.
SOUTH-CAROLINA, Edward Rutledge, Thos Heyward, junr., Thomas Lynch, junr., Arthur
Middleton.
MARYLAND, Samuel Chase, Wm. Paca, Thos. Stone, Charles Carroll, of Carrollton.
VIRGINIA, George Wythe, Richard Henry Lee, Ths. Jefferson, Benja. Harrison, Thos.
Nelson, jr., Francis Lightfoot Lee, Carter Braxton.
PENNSYLVANIA, Robt. Morris, Benjamin Rush, Benja. Franklin, John Morton, Geo.
Clymer, Jas. Smith, Geo. Taylor, James Wilson, Geo. Ross.
DELAWARE, Caesar Rodney, Geo. Read.
NEW-YORK, Wm. Floyd, Phil. Livingston, Frank Lewis, Lewis Morris.
NEW-JERSEY, Richd. Stockton, Jno. Witherspoon, Fras. Hopkinson, John Hart, Abra.
Clark.
NEW-HAMPSHIRE, Josiah Bartlett, Wm. Whipple, Matthew Thornton.
MASSACHUSETTS-BAY, Saml. Adams, John Adams, Robt. Treat Paine, Elbridge Gerry.
RHODE-ISLAND AND PROVIDENCE, C. Step. Hopkins, William Ellery.
CONNECTICUT, Roger Sherman, Saml. Huntington, Wm. Williams, Oliver Wolcott.
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