ISTA V R E T L’IN IA NATALNTI BONFA La signora delle pinne Natalia Bonfanti è sul ponte di comando di Skorpio fin dalla sua creazione nel 2009. Un marchio nato sotto l’ombrello di C4 che produce pinne in carbonio facili da usare e con un interessante rapporto qualità/prezzo di Luca Laudati G rintosa e determinata dietro gli occhioni chiari. È Natalia Bonfanti, figlia d’arte nonché signora di Skorpio, il brand nato a giugno del 2009 e cresciuto in poco tempo fino a conquistarsi uno spazio importante nel mercato delle pinne in carbonio. Natalia lavora in 64 azienda da otto anni, è laureata in Pubbliche Relazioni e Pubblicità e, non poteva essere altrimenti, è del segno dello scorpione. «Come tutti in famiglia - sorride -, abbiamo un carattere forte e puntiamo diritti alla meta». ─ Perché avete deciso di creare Skorpio? «Volevamo ampliare il nostro catalogo e, di conseguenza, il target, andando a interessare le fasce di appassionati che prima avevano quasi timore di acquistare C4. Skorpio è nato come un marchio giovane, dinamico, con una linea di prodotti facili da usare e con un ottimo rapporto qualità/prezzo. Il tutto sfruttando l’enorme know how di C4. Insomma, una linea di pinne easy ma con un solido bagaglio tecnico e d’esperienza alle spalle». ─ Facciamo un gioco. Come dovrà essere il prodotto del futuro, diciamo tra cinque anni? «Parlando di pinne Skorpio, credo che bisognerà cercare non tanto la prestazione in termini assoluti quanto la facilità di utilizzo. Qualsiasi che compra, provarlo nel caso di un vestito, e poi decidere. Detto questo è anche vero che i negozi stanno attraversando un momento delicato a causa della crisi e della concorrenza dell’on-line. E quindi dovranno per forza adeguarsi per non rischiare di scomparire. Serve dinamismo, capacità di fidelizzare il cliente organizzando serate, eventi, incontri. Il negozio deve diventare una sorta di circolo, di ritrovo dove l’appassionato va quando ha una mezz’ora libera dal lavoro e dalla famiglia. Occorre poi oculatezza negli acquisti. Una volta si comprava tutto e di tutte le marche e il magazzino aumentava. Adesso non è più possibile. Bisogna scegliere prodotti mirati e vendere solo quelli». ─ Chi è il cliente Skorpio? Natalia «C’è di tutto, dal raBonfanti gazzo al sessanè laureata in tenne. Tanti soPubbliche Relazioni no alla loro prima e Pubblicità. A esperienza con un modello in carbosinistra, un paio nio e scelgono le nodi Skorpio. stre pinne proprio per la semplicità di utilizzo e la qualità». appassionato dovrà essere in grado di usare al meglio i nostri prodotti. Un tempo si pensava che il carbonio fosse appannaggio solo dei professionisti, dei pescatori più forti ed esperti, e non solo per una questione di costi. C’era quasi un timore reverenziale verso questi oggetti. Ora non è più così. Le Skorpio sono pinne facili, per tutti. Le metti e ti tro- vi subito a tuo agio, senza per questo essere scesi a compromessi con le prestazioni. Questa è la nostra strada da seguire negli anni a venire». ─ Cambiamo argomento. In futuro i negozi continueranno a esistere? «Sì, sicuramente. Ma dovranno adeguarsi alle nuove realtà, e a internet in particolare. Quando un appassionato decide di comprare una nostra pinna vuole vederla, toccarla con mano, verificare l’elasticità della pala. È quasi un oggetto di culto e diventa difficile acquistarla on-line. È un po’ come se andassi a comprare un vestito o un’automobile sul web. Si può fare, ma la maggior parte della gente vuole prima guardare dal vero ciò ─ Credi nei testimonial e nelle gare? «Iniziamo dai testimonial. Penso che abbiano meno presa sul pubblico rispetto a una volta. Almeno quelli classici, gli atleti. Quando gareggiavano i vari Mazzarri, Molteni, Ramacciotti, Bellani la gente li conosceva, voleva emulare le loro gesta; erano idoli. Adesso molto è cambiato e l’agonista, seppur bravo, ha meno seguito. E qui mi ricollego alla seconda parte della domanda, quella sulle gare, che secondo me hanno ormai poco senso, almeno per come sono strutturate. Credo che i testimonial del futuro non saranno più solo gli agonisti ma chi saprà rappresentare una pesca moderna, nel rispetto delle leggi, compatibile con i cambiamenti di questi ultimi anni. È difficile fare adesso un preciso identikit, ma i prossimi testimonial saranno comunque persone svincola- 65 R L’INTE VISTA IA NATALNTI A F N O B te dalle gare, capaci di far sognare l’appassionato». ─ Cosa pensi dei parchi? «Che sono necessari. Così strutturati, però, hanno poco senso e sono penalizzanti soprattutto per le categorie più deboli, pescatori subacquei in testa. Il problema non è quello di realizzare o meno nuove aree protette, come qualcuno vorrebbe, ma gestire al meglio quelle che già ci sono. Purtroppo, mancano le risorse per riuscire a controllare queste aree con il risultato che i bracconieri di ogni genere, da chi pesca con il fucile a chi mette le reti a due passi dalla costa, agiscono quasi indisturbati. Capisco che non ci sono soldi, non ci sono mezzi e che dunque si fa quel che si può, ma allora bisognerebbe pensare ad aree piccole, che siano più facilmente controllabili, un po’ come avviene in Corsica. Lì non si sgarra, se metti una pinna in un parco puoi star sicuro che ti beccano subito. E sono dolori. Però, i risultati si vedono e di pesce ce n’è molto di più che da noi. Poi, sarei per le zone a rotazione: uno o due anni di chiusura, dopo si cambia. In questo modo si riesce a far respirare ampi tratti di costa senza penalizzare troppo chi ci vuole andare, si preserva l’economia di quella zona e non serve un esercito di guardiani per controllare tutto». ─ Il periodo non è dei migliori. Cosa bisognerebbe fare per rilanciare la subacquea? «Anche se Skorpio, a dire il vero, continua a crescere, quello che vedo intorno a noi non mi piace. Per quanto riguarda la subacquea in Italia, innanzitutto c’è un problema di immagine. Possiamo fare le leggi che vogliamo, limitare le catture, chiudere tratti di costa, tassarci, ma se non 66 si cerca di combattere veramente il bracconaggio tutto diventa inutile. Un fenomeno deleterio per l’intero movimento che purtroppo non vedo diminuire. Bisogna isolare questi personaggi che ci rendono impresentabili agli occhi della gente. C’è chi pesca di notte, nei parchi, chi vende il Natalia pesce in nero, chi Bonfanti spara alle cervorrebbe parchi niotte di mezzo piccoli e a rotazione chilo. Bisognee una lotta vera al rebbe finirla con queste cose perbracconaggio. ché, oltre tutto, i primi danneggia- ti siamo proprio noi, i pescatori subacquei. Da un lato c’è un impoverimento della costa, una delle frasi che più mi sento dire è “non c’è più pesce”; dall’altro lato c’è l’opinione pubblica che fa di tutta l’erba un fascio guardandoci male. È ovvio che l’impoverimento del nostro mare non è dovuto solo al bracconaggio dei pescatori subacquei, ma come dicevamo prima al bracconaggio in generale, reti da pesca comprese. Poi, sarebbe bene giocare tutti con le stesse regole. E qui mi riferisco all’aspetto aziendale. Mi spiego meglio. Produrre in Italia oggi ha un costo. Un costo alto. Oltre alle normali e conosciutissime tasse come Imu, Tares, Irap e altro ancora, come azienda siamo obbligati dal nostro Stato a pagare una serie di veri e propri oboli che si aggiungono, cambiano, aggiornano sempre più velocemente. Sono consulenze o servizi esterni o corsi da frequentare obbligatoriamente, hanno un loro costo e spesso, mi spiace dirlo, non servono assolutamente a nulla se non a batter cassa. Il sistema Sistri ne è un esempio eclatante. Trovo giusto il libero mercato, ma non è forse il caso se non di proteggere, almeno di tutelare il nostro lavoro italiano da quello concorrenzialmente sleale, ma economicamente molto con- veniente per le aziende che lo utilizzano, proveniente da altri Paesi?». ─ Parliamo della licenza di pesca. Favorevole o contraria? «Intanto non si sa ancora se verrà introdotta. Sono comunque contraria a pagare per non ricevere nulla in cambio. E temo che sarà così. Ma allora non chiamiamola licenza, sarà un’altra tassa, l’ennesimo balzello escogitato per raccattare un po’ di soldi. Confesso che se rimanesse tutto come adesso non mi dispiacerebbe. Di soldi ne stiamo pagando già troppi… Detto questo, nessuna licenza, tassa o altro potrà mai toglierci le emozioni che un tuffo nel blu può re galarci».