PSICOLOGIA DEL CONSUMATORE (Pubblicato nel libro “Frammenti di mondo” a cura di Clementina Gily Reda – Anno 1999) La pubblicità agisce sui tre livelli di coscienza, quello della consapevolezza e razionalità, quello subconscio (non vi è consapevolezza ma può emergere attraverso attività di pensiero legate ad impulsi emotivi), quello inconscio, che, come è noto, riguarda ciò che è latente nella vita mentale ed è legato alle pulsioni istintuali. Si può dire, come affermava Smith, che i pubblicitari operano sui tre livelli di coscienza, un diverso tipo di suggestione. Si può addirittura arrivare a pensare con Miller che siamo creature dai riflessi condizionati, una specie di cani pavloviani dove al posto della ciotola c'è l'uso della parola chiave, del simbolo chiave o azione chiave. Così si manipolano i nostri bisogni ed i nostri desideri, anzi si creano bisogni e desideri a cui non avevamo mai pensato. Quali tecniche usano i pubblicitari per arrivare a tanto? Proprio quelle che si usano in psichiatria ed in psicanalisi, a cominciare dal colloquio in profondità, dalla disinibizione verbale. Si scandagliano cosi piaceri, gioie, entusiasmi, incubi, paure che provocano nel consumatore i vari prodotti e ci si regola dunque di conseguenza. Frequente anche l'uso delle fantasticherie collettive. E sufficiente che un componente del gruppo evochi desideri e debolezze e nasce l'effetto imitativo e disinibitorio. Molte aziende svolgono inchieste di tipo psicanalitico e giungono anche ad usare strumenti della psicodiagnostica come i test di proiezione T.A.T., il Roschach, i cosiddetti test a fumetti o strumenti come il biofeedback. E si giunge anche all'uso di effetti subliminali che trasmettono messaggi aggirando le difese frapposte dalla coscienza (immagini o scritture che interrompono per una frazione di secondo il contesto di un film o di un programma televisivo). Insomma si è stabilita quasi un'osmosi di tecniche e strumenti tra mondo pubblicitario ed esperti di psicologia e massmediologi. Ed è un discorso che prescinde sempre da questioni morali o etiche. Lascio ad altri approfondire questo aspetto. Mi preme qui solo rilevarlo. E rilevare anche come molto spesso la pubblicità acquisti suggestioni di carattere artistico. E sono proprio questi messaggi pubblicitari quelli più pericolosi per la forza di attrazione che esercitano nel profondo, il coinvolgimento che ne risulta è altissimo. Vediamo ora quali sono le categorie di bisogno sulle quali più frequentemente agiscono i persuasori occulti, rilevando subito, come ho potuto constatare nel corso della mia attività di psicologa e psicoterapeuta, che essi in molti casi suscitano o aggravano vari stati patologici. Il bisogno di stima oggi viene esteso al mondo della famiglia, del lavoro, all'identità sessuale. Il tempo dell'uomo e della donna per rispondere appieno alle aspettative che si pongono viene ad essere un tempo fantasmatico che si scontra con quello reale che, legato al principio di realtà, finisce per creare frustrazioni e sensi di colpa. Nella pubblicità si esalta la donna che «crea», è in cucina a fare manicaretti e torte, la donna che si «cura» usa bagnoschiuma, sali, latte da bagno, si cosparge di crema dopo bagno, crema dimagrante e rassodante, fa ginnastica e tanti altri sport, ma se è anche una professionista deve tener fede al suo ruolo ed impegnarsi al massimo nel lavoro per sentirsi stimata. L'uomo d'altro canto deve essere il papà che condivide la nutella, presente nel gioco del sapientino inglese, nell'aggiusto della bicicletta, ma anche l'uomo aggiornato, che fa sport, che ha potere, che guadagna molto per potersi permettere macchine, telefonini, alcolici, vacanze di sogno. Oggi gli è calata addosso anche un'immagine di virilità legata alla cura del corpo e dell'abbigliamento. Insomma povere donne e poveri uomini che vivono in costante conflitto tra vari ruoli e valori. Ma addirittura il conflitto a volte è insito anche in un solo ruolo, in un'azione, nell'uso di un nuovo bene. Come dice Alberoni un nuovo bene all'inizio è vissuto come pericoloso, si vive un'ambivalenza di base nei confronti di beni strumentali che si tiene a freno mediante meccanismi riparativi. Ad esempio lavare, attività sadica (strofinare, battere, bollire) e riparativa (accarezzare, curare, stirare). Adottare un nuovo prodotto che fa risparmiare tempo significa inconsciamente cedere alla propria tendenza di non amore, in definitiva prendere coscienza del proprio odio per lavare. Parliamo ora proprio della presa di coscienza che spesso attraverso il mio lavoro rilevo come sbalorditiva nei pazienti nevrotici. Alla frase «io dovrei» vengono fuori tante risposte che evidenziano i ruoli, i conflitti e le frustrazioni. Il soggetto dice queste frasi lentamente, interiorizzandole e rilevando le sensazioni provate. Rileggendo le stesse frasi aggiungendovi però «e posso scegliere», con le stesse modalità di prima, sbalordisce e si compiace della possibilità finalmente riscontrata di poter scegliere. La possibilità di scegliere include l'accettazione delle responsabilità. «Io dovrei» include invece il senso di colpa che deriva dai messaggi genitoriali, dal sociale, dalla pubblicità. «Io posso scegliere» può lasciare o una sensazione di libertà o di costrizione. Nel secondo caso si tratta della paura che la scelta possa rompere l'equilibrio esistente, cioè la paura di assumersi la responsabilità della scelta. Questo esercizio porta al raggiungimento della consapevolezza. La scelta può essere vissuta o differita in un momento successivo della vita. La consapevolezza di poter fare delle scelte risveglia la volontà di attivarle e rompe il condizionamento ambientale che prima le aveva compresse. La consapevolezza tende ad annullare i conflitti di ruolo. Tutto questo può continuare con la consapevolezza dell'«io sono», «Io posso», «Io non sono», «Io non riesco». Ciò porta all'accettazione di se stessi ed al superamento dello stato nevrotico. Ma dopo un bel lavoro di consapevolezza e accettazione il soggetto si reimmerge nel mondo della pubblicità con la sua carica di pervasività e di persuasività. Gli annunci pubblicitari, come dice Mc Luhan, sono pillole subliminali per il subconscio che cercano di esercitare una magia ipnotica. Il consumatore, dal punto di vista psicologico, è colui che visto che il consumo individuale lascia insoddisfatta l'intera area del bisogno umano, associa al consumo il magico, ossia associa il suo consumo a desideri umani con i quali esso non ha alcun rapporto reale. Non si compra solo un oggetto. Si compra rispetto sociale, distinzione, salute, bellezza, successo, capacità di controllo sul proprio ambiente. Isoliamo ora gli aspetti perversi di alcuni di questi paradigmi. Anoressia e bulimia ad esempio sono patologie del rapporto con il cibo. E non a caso riguardano soprattutto le donne. Sono malattie tipiche del consumismo e della pubblicità. La donna è sottoposta a sollecitazioni di segno opposto. Da un lato gli input derivanti dalla propaganda relativa ai più svariati generi alimentari, il cui possesso rappresenta stabilità e sicurezza emotiva, dall'altro quelli relativi all'esaltazione della donna magra, in linea, come si dice ora, che apre prospettive di seduzione, dinamicità, efficienza. Sesso e bellezza. La donna è bombardata da molteplici messaggi che inneggiano al benessere fisico, alla bellezza, alla perfezione delle forme. Il modello tracciato è quello superficiale di un rapporto sessuale fine a se stesso, espressione non di amore ma di erotismo. Di converso allo stesso risultato portano i messaggi pubblicitari del pianeta maschio, che esaltano la virilità e la potenza sessuale. Ne risulta uno stravolgimento del rapporto tra i sessi. Che può spianare la strada verso forme di perversione, come il sadismo, il masochismo, l'esibizionismo, la pedofilia, l'omosessualità. Si prenda la famosissima pubblicità di un noto aperitivo La donna seduttiva, l'arancia simbolo sessuale, il coltello altro simbolo sessuale che la colpisce, il succo-sangue che schizza, l'aggressività, la violenza, il sadismo. Si prenda ancora l'altra celebre pubblicità di Max. La Marini, simbolo della donna oggetto di piacere, è inseguita da un'orda di ammiratori, ambigui, che la ghermiscono, la legano al tetto dell'auto, altro simbolo di potenza fallica, lei si libera e poi indica dove è Max, complice ed ammiccante. Come si vede, la casistica è ricca e si potrebbe continuare all'infinito. Vorrei concludere con Baudrillard. Viviamo in un'epoca, egli dice, in cui tutti i modi virtuali d'espressione sono assorbiti dalla pubblicità. E’ il trionfo della forma superficiale, il minimo comune denominatore di ogni significazione, il grado zero del senso.