PERSONAGGI 11 28 agosto L’energia della coscienza Hadjadj: «Così ho scoperto la mia affinità con Giussani» «Leggendo il libro di don Giussani – racconta il filosofo e scrittore francese Fabrice Hadjadj («ebreo di nome arabo e confessione cattolica», come dice lui stesso di sé) - ciò che, soprattutto, io ho vissuto è la comunicazione di un’energia. Don Giussani ci dà un’energia che ci ha “impegnati”». Hadjadj sarà oggi alle 15 in auditorium (B7 della fiera) per presentare il libro di don Luigi Giussani L’io rinasce da un incontro, assieme a Emilia Guarnieri, presidente della fondazione Meeting per l’amicizia tra i popoli, e Michele Faldi, direttore Alta formazione e Alte scuole all'Università cattolica Sacro Cuore di Milano. «Il mio pensiero, il mio lavoro – sottolinea - ha molte affinità col lavoro di don Giussani». Affinità che sembra evidente anche dall’ultimo saggio dell’autore, già noto per Mistica della carne (del settembre 2009), che ha per titolo La terra strada al cielo (Lindau, 2010). «Voglio dire – spiega – che quando lo leggo non apprendo delle cose, ma riscopro delle cose che sapevo già e questo è molto più importante. Il fatto è che don Giussani ogni giorno ci riconduce a ciò che noi siamo, profondamente, e, Il filosofo e scrittore francese, Fabrice Hadjadj, sarà oggi al Meeting per presentare il libro di don Giussani L’io rinasce da un incontro dunque, io direi: piuttosto che cose nuove, nei libri di don Giussani si scopre una maggiore intensità di conoscenza». Hadjadj, quasi quarant’anni, sposato, quattro figlie, è approdato al cattolicesimo dopo un’adolescenza trascorsa tra gli ideali rivoluzionari e la lettura dei nichilisti del Novecento. Adesso, invece, insegna filosofia e letteratura a Tolone, in un liceo e (addirittura) al seminario diocesano. Per Hadjadj, come per don Giussani, il problema dell’uomo di oggi è una fiacchezza della coscien- “ Oggi presenta l’ultimo libro delle “Equipe” «Il fondatore di Cl ci risveglia riconducendoci al profondo del cuore, alla pienezza di ogni giorno» La vita è un rapporto i neuroni confermano Il neuroscienziato Giacomo Rizzolati stamattina in B7: i miei studi mostrano che il cervello non è individualista La vita è un rapporto, lo dicono anche i neuroni. Aristotele aveva già scoperto che “l’uomo è un animale sociale”, ma lo scienziato Giacomo Rizzolati, con i suoi studi nel campo delle neuroscienze approfondisce e allarga questa affermazione, con buona pace di relativisti e deterministi. L’uomo, per sviluppare il suo cervello e le sue capacità ed essere felice non può rimanere da solo; necessita non solo dell’interazione, ma proprio di un rapporto con un altro essere umano; legame, questo, che stimola l’attività dei “neuroni specchio”. Il tema sarà sviluppato in dettaglio nell’incontro dal titolo “Io e Tu: un binomio inscindibile”, che si svolge stamattina nell’auditorium B7. Lo scienziato sarà introdotto da Giancarlo Cesana, docente di Igiene all’Università Milano-Bicocca. Giacomo Rizzolati nasce a Kiev nel 1937, si laurea in medicina e chirurgia a Padova dove si specializza in neurologia. Dal 1995 è visiting scientist al Brain imaging center della University of California di Los Angeles. Nel 1999 gli è stata conferita la laurea honoris causa dall’università Claude Bernard di Lione. Oggi è direttore del dipartimento di Neuroscienza della facoltà di Medicina e chirurgia dell’università di Parma. Ieri è arrivato al Meeting nel pomeriggio, ha seguito l’incontro con José Manuel Barroso, ha visitato la mostra sulla matematica, infine ha risposto alle domande del Quotidiano Meeting. Che cosa sono i “neuroni specchio”? Qual è la loro funzione? «Sono neuroni importanti per la compren- sione delle azioni di altre persone e quindi per l’apprendimento attraverso l’imitazione. Ci rendono capaci di codificare sia il tipo di azione che la sequenza dei movimenti di cui essa è composta. Nell’uomo non è necessaria una effettiva interazione con gli oggetti: i suoi neuroni-specchio si attivano anche quando l’azione è semplicemente mimata. Anche se il loro ruolo primario rimane quello di comprendere le azioni altrui. Ad esempio, se io vedo una persona piangere partecipo del suo dolore, è come se entrassi nella sua mente. Il sistema specchio può simulare le azioni osservate e perciò contribuire a una teoria della conoscenza». Perché è venuto al Meeting? «Sono stato invitato da Giorgio Bordin (direttore dell’ospedale Piccole Figlie di Parma e presidente di Medicina e persona, ndr) che è l’ideatore dell’incontro. Credo che, parlando al Meeting, queste scoperte innovative possano trovare più ampio respiro oltre i convegni scientifici e raggiungere un pubblico più giovane». Quale impatto sociale possono avere i suoi studi scientifici? «Possono sensibilizzare i ragazzi sull’importanza del rapporto, di qualsiasi natura siano: con la mamma o la fidanzata. Vedo un prevalere dell’individualismo. I neuroni a specchio ci ricordano che siamo fatti per un rapporto. Questo è tanto più vero in un momento in cui la società invecchia: avrebbe bisogno di un cambio generazionale, ma sembra non volere fare più figli». Andrea Olezza za. «Lui stesso dice che il problema oggi giorno è una debolezza di energia di coscienza: non è che la coscienza manchi del tutto, quanto piuttosto si genera una perdita di energia, cioè noi non siamo pienamente coscienti di ciò che viviamo tutti i giorni». Don Giussani questa energia la dà. «Non è come una sorta di predicatore che annuncia qualcosa di straordinario, il suo reportage su paesi lontani, non c’è un’esotismo in don Giussani. Lui ci riconduce a quello che noi viviamo ogni giornio, al profondo del cuore, al senso di noi stessi. C’è qualcosa che ci rinvia ad Altro in don Giussani. L’appartenenza a un’altra cosa. E questo è anche quello che io ho trovato nel suo libro L’io rinasce attraverso il tema dell’incontro, dell’apertura all’altro, lo stesso tema del cuore». Dopo un lungo viaggio che lo ha condotto a Rimini da Marsiglia in auto, si è ritrovato subito catapultato nel pieno dei ritmi del Meeting. Eppure quello che traspare ad ascoltarlo e nel conoscerlo non è tanto la stanchezza quanto piuttosto la volontà di comunicare, di testimoniare la sua scoperta. Solleticato sul tema del Meeting dice che il suo «più grande desiderio è che tutti siamo salvati». Mentre il cuore è qualcosa che è nel viso della gente che incontra. «Il cuore non è guardarsi l’ombelico, ma l’apertura agli altri, l’accoglienza: il cuore è ospitalità». Hadjadj ha conosciuto il Meeting un anno fa e qualcosa da allora è cambiato. «Quando sono arrivato, lo scorso anno, guardavo il Meeting da fuori. Oggi la mia esperienza del festival di Rimini è da dentro, ormai posso dire di appartenere a questa famiglia». Filomena Armentano