Alma Mater Studiorum · Università di Bologna FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE, FISICHE E NATURALI Corso di Laurea in Fisica STUDIO DI FOTOMOLTIPLICATORI AL SILICIO (SiPM) Tesi di Laurea in Fisica Relatore: Chiar.mo Prof. LUISA CIFARELLI Presentata da: MARTINA PERANI Correlatore: Dr. ROSARIO NANIA Sessione II Anno Accademico 2008/2009 2 Introduzione L’uso di fotodiodi al Silicio per la lettura di scintillatori ha attirato di recente un forte interesse grazie all’introduzione dei Silicon Photomultiplier, matrici di fotodiodi che permettono non solo la rivelazione dei fotoni, ma anche una buona linearità di risposta. Interessante potrebbe essere anche il loro utilizzo in rivelatori di posizione, fibre scintillanti o scintillatori di piccole dimensioni, dove potrebbero sostituire i fotomoltiplicatori tradizionali grazie alla loro maneggevolezza e operatività. Lo scopo di questa tesi è quello di caratterizzare ed effettuare delle misure di rumore ed efficienza su due tipi diversi di fotomoltiplicatori al Silicio (SiPM). Sono stati pertanto realizzati alcuni prototipi di piccoli scintillatori accoppiati direttamente ai SiPM ed esposti ai raggi cosmici. I risultati ottenuti possono essere riassunti nei seguenti punti: • È fondamentale tenere sotto controllo il rumore. • Piccole variazioni di tensione producono effetti sensibili sui SiPM. • È possibile ottenere buoni segnali e alte efficienze anche con scintillatori di piccole dimensioni accoppiati direttamente ai SiPM. L’ultimo punto, in particolare, permette il loro utilizzo in piccoli rivelatori di posizione, con i quali risulta possibile effettuare test di calibrazione di altri rivelatori di maggiori dimensioni. 3 4 Capitolo 1 Scintillatori Gli scintillatori sono dei rivelatori che emettono un segnale di luce al passaggio di una particella. Vengono di solito accoppiati a un fotomoltiplicatore che sia sensibile alla luce emessa e dia come risposta un segnale elettrico. L’accoppiamento tradizionale viene effettuato mediante una guida di luce, che serve talvolta a modificare la lunghezza d’onda dei fotoni per migliorare la lettura da parte del fotomoltiplicatore e ad incanalarli verso lo stesso. Alcuni materiali, quando esposti a radiazione o particelle ionizzanti, assorbono energia e la riemettono sotto forma di luce visibile. Quando questo fenomeno, detto luminescenza, avviene dopo un periodo di 10−8 s viene detto fosforescenza o afterglow, mentre se avviene in un intervallo di tempo minore viene detto fluorescenza. Entrambi i fenomeni hanno un andamento esponenziale, dunque, poiché sono entrambi presenti nel meccanismo di scintillazione, il modo più semplice di descrivere il segnale dello scintillatore è il seguente N (t) = A · e(−t/τf ) + B · e(−t/τs ) dove N (t) è il numero di fotoni emessi al tempo t, mentre τf e τs sono le costanti di decadimento della componente veloce e di quella lenta. Le costanti A e B variano per i diversi materiali, tuttavia la componente veloce è quella dominante, come si vede in figura 1.1. Un buono scintillatore deve soddisfare alcuni requisiti fondamentali come un’alta efficienza e una costante di decadimento piccola, deve emettere a una lunghezza d’onda che sia compatibile con i fotomoltiplicatori utilizzati e deve essere quanto più possibile trasparente alla radiazione che emette. Gli scintillatori si dividono in organici e inorganici, a seconda del materiale scintillante utilizzato; diverso risulta anche il meccanismo di emissione di luce. Gli scintillatori plastici sono un particolare tipo di scintillatori organici composti da una soluzione di scintillatore in un solvente plastico. Viene di solito aggiunta della fluorite che funge da wavelength shifter per ampliare 5 Figura 1.1: Rappresentazione dell’andamento esponenziale dell’emissione di luce di un fotomoltiplicatore nelle sue due componenti veloce e lenta e della loro somma [1]. la lunghezza di attenuazione dei fotoni. I tempi tipici di decadimento sono dell’ordine di 2 − 3 ns. Il meccanismo di scintillazione avviene tramite l’eccitazione e il successivo ritorno allo stato fondamentale degli elettroni di valenza liberi delle molecole, dislocati nell’orbitale molecolare π. Per una migliore comprensione del meccanismo di scintillazione, si osservi la figura 1.2, dove sono stati separati i livelli energetici del singoletto e del tripletto. Con S0 è indicato lo stato fondamentale, mentre con S ∗ , S ∗∗ etc. . . gli stati eccitati di singoletto; T0 è il primo livello del tripletto e T ∗ , T ∗∗ . . . i suoi livelli eccitati; il salto energetico da compiere per eccitare la molecola è di alcuni eV . Le linee sottili indicano uno sdoppiamento nei livelli vibrazionali, che implicano un salto di alcuni decimi di eV dallo stato fondamentale. Quando un elettrone nello stato di singoletto viene eccitato, decade in un tempo molto breve (< 10 ps) nello stato S ∗ senza l’emissione di radiazioni, per poi decadere in uno degli stati vibrazionali di S0 in pochi ns con emissione di luce, tipicamente nell’intervallo dell’UV. La trasparenza alla propria radiazione è dovuta proprio al decadimento in uno stato vibrazionale: in questo modo i fotoni emessi non hanno sufficente energia per eccitare le altre molecole dello scintillatore (effetto conosciuto come quenching). Come si può intuire dai tempi tipici, questo fenomeno spiega la componente veloce dell’emissione in luce. La componente ritardata si spiega invece con il decadimento dello stato di tripletto. Per raggiungere lo stato T0 avvengono decadimenti senza emissione 6 Figura 1.2: Livelli energetici all’interno di una molecola di uno scintillatore plastico [1]. di luce e il decadimento diretto da questo stato al S0 è fortemente proibito dalle regole di selezione. Per avere l’emissione di radiazione bisogna invocare l’interazione T0 + T0 = S ∗ + S0 + f ononi1 da cui lo stato S ∗ ripete l’andamento spiegato sopra. I tempi tipici dipenderanno dalle interazioni degli stati T0 e saranno generalmente ritardati rispetto alla componente veloce. Altre caratteristiche di uno scintillatore sono la linearità rispetto all’energia depositata e il rapido tempo di risposta. Per ciò che concerne il primo punto è necessario sottolineare che gli scintillatori danno una risposta lineare al deposito di energia solo in prima approssimazione, per una trattazione più completa è necessario utilizzare la formula di Birks A · dE/dx dL = dx 1 + kB · dE/dx dove dE/dx è l’energia depositata per unità di lunghezza mentre dL/dx è la risposta in luce per unità di lunghezza. L’approssimazione lineare si ottiene per grandi dE/dx dove dL ' kAB integrata sulla distanza percorsa dalla pardx ticella nello scintillatore dà come risultato L = 1 A·R(E) . kB In queste condizioni, I fononi sono quanti di radiazione acustica; la distribuzione delle vibrazioni elastiche dovute all’eccitazione termica di un solido può essere dedotta applicando la dualità ondacorpuscolo alla radiazione acustica. Il concetto è analogo a quello di fotone visto come quanto della radiazione elettromagnetica [2]. 7 se il fotomoltiplicatore è a sua volta lineare, il segnale elettrico in uscita sarà proporzionale all’energia depositata dalla particella. Gli scintillatori sono strumenti molto veloci e con un tempo morto molto piccolo. La prima caratteristica permette di poterli utilizzare in rivelatori che necessitano di una risoluzione temporale molto buona, come ad esempio i sistemi che misurano il tempo di volo (Time Of Flight, abbreviato TOF), mentre la seconda li rende adeguati ad esperimenti che contemplano un alto rate di conteggio. Lo scintillatore emette generalmente nell’UV, radiazione caratterizzata da una breve lunghezza di attenuazione: nonostante le considerazioni fatte sopra, infatti, non si può trascurare il fenomeno dell’autoassorbimento, causato dalla sovrapposizione della banda di assorbimento con quella di emissione; la differenza tra le lunghezze d’onda del picco di emissione e del picco di assorbimento è chiamata Stokes’ shift. Per avere un buon scintillatore è necessario avere un ampio Stokes’ shift. La fluorite viene aggiunta per spostare le lunghezze d’onda verso una regione con lunghezza di attenuazione maggiore, in modo tale da incrementare l’efficienza dello scintillatore. Questa infatti assorbe la luce emessa dallo scintillatore e la riemette nella zona del blu. In figura 1.3 è mostrato un esempio degli spettri di emissione di uno scintillatore plastico. Gli scintillatori plastici sono i più diffusi grazie alla facilità di realizzare diverse forme e alla loro maneggevolezza. 8 BC-408/BC-412/BC-416 Scintillators Emission Spectra Figura 1.3: Picco di emissione dello scintillatore plastico BC-408 [3]. 9 10 Capitolo 2 SiPM 2.1 Fotodiodi Un fotodiodo è un particolare tipo di giunzione p-n con drogaggio fortemente asimmetrico: tipicamente la zona p è molto più drogata (p+) di quella n. Un fotodiodo polarizzato direttamente non si distingue in alcun modo da un diodo normale; interessante è invece la polarizzazione inversa che provoca la formazione di una regione di svuotamento, detta depletion region, dalle dimensioni lineari date dalla formula W = q 2ε · (V + Vbi )/N e = q 2ρµε · (V + Vbi ) [4] dove V è la polarizzazione applicata esternamente, Vbi è la cosiddetta tensione built in, creata internamente, N è la concentrazione di drogaggio, e la carica elettrica, ε la costante dielettrica del materiale, ρ è la resistività e µ la mobilità dei portatori di carica. La figura 2.1 schematizza quanto descritto. - P+ N + Depletion region Figura 2.1: Rappresentazione schematica di un fotodiodo. 11 Se l’energia hν del fotone incidente nella depletion region è maggiore del salto tra banda di valenza e banda di conduzione del materiale, avviene la creazione di una coppia elettrone-lacuna (e-h in breve) e, a causa del campo elettrico presente, l’elettrone si sposterà verso la regione n e la lacuna verso la zona p. La mancanza della coppia nella regione di svuotamento produce una fotocorrente inversa che viene letta come segnale elettrico. È molto importante la geometria dello strumento, che deve essere progettata per massimizzare la probabilità di incidenza del fotone nella regione di svuotamento. Le caratteristiche tecniche principali di un fotodiodo in termini di risposta ed efficienza sono la quantum efficiency e la responsivity. La prima si definisce come il numero di coppie e-h generate per ciascun fotone incidente, mentre la seconda rappresenta il rapporto tra la fotocorrente prodotta e la potenza ottica incidente. Il guadagno interno dei fotodiodi in polarizzazione inversa è pressoché nullo. Per le applicazioni nella Fisica delle Alte Energie è più comune l’utilizzo dei fotodiodi a valanga (Avalanche PhotoDiode, APD), che si differenziano per alcuni aspetti dai precedenti. Un fotodiodo a valanga può essere costituito da quattro strati di semiconduttore drogati in maniera differente: • Una zona p+ con grande concentrazione di accettori (numero di accettori/cm3 > 1017 ). • Una zona di semiconduttore intrinseco, ovvero non drogato, che serve a mantenere quasi costante il campo elettrico all’interno della giunzione e a diminuirne la capacità. • Una zona p drogata meno intensamente della precedente. • Una zona n+, dove la concentrazione di donatori è grande (numero di donatori/cm3 > 1017 ). La struttura di un APD è schematizzata in figura 2.2. Le cariche primarie prodotte attraversano la zona drogata p e producono delle cariche secondarie, che daranno luogo alla fotocorrente. Cruciale è dunque l’inserimento di tale strato, poiché la generazione a valanga è dovuta alla sua presenza. I parametri indicativi del fotodiodo a valanga sono il random multiplicator factor o guadagno e il noise factor. Il primo, indicato con la lettera M , rappresenta il numero di coppie secondarie e-h generate per ciascuna coppia primaria, mentre il fattore di rumore, indicato con F è definito come hM 2 i . F = hM i2 12 - P+ ND P N+ + Figura 2.2: Rappresentazione schematica di un APD. Il guadagno di un APD cresce con la polarizzazione inversa e raggiunge tipicamente il valore di 102 − 103 . Per raggiungere un regime di maggiori guadagni è necessario operare a tensioni maggiori del cosidetto breakdown voltage (tensione di rottura), oltre il quale si vede nella caratteristica del diodo un incremento esponenziale della corrente. Per evitare danneggiamenti dello strumento vengono utilizzate tecniche di contenimento della valanga dette di quenching, in modo tale da poter aumentare la tensione. Un APD che lavora nel modo appena descritto è detto in Geiger mode e può raggiungere guadagni compresi fra 104 e 107 . 2.2 SiPM: una matrice di fotodiodi Un Silicon PhotoMultiplier (SiPM) è una matrice di APD operanti in modalità Geiger, ciascuno in serie a una resistenza (quenching passivo), e collegati in parallelo tra di loro nello stesso substrato di Silicio. La tensione operativa è del 10 − 20% superiore al valore di breakdown e non può essere incrementata a piacimento poiché il rumore di fondo è proporzionale alla tensione di polarizzazione inversa delle giunzioni. I valori operativi si aggirano intorno ai 40 − 70 V . Il segnale in uscita da un SiPM è la somma analogica dei segnali degli APD; in questo senso la matrice può essere considerata uno strumento analogico: mentre un APD è un dispositivo binario, il SiPM fornisce un segnale elettrico proporzionale al numero di fotoni incidenti se questi sono in numero minore del numero di microcelle di APD, che chiameremo pixel (altrimenti si raggiunge la saturazione). In questo senso è molto importante valutare le dimensioni dei pixel e l’area morta che li circonda a seconda dell’uso che si vuole fare dello strumento e dell’illuminazione prevista. Ulteriori considerazioni sul cosidetto fill factor (ossia fattore di riempimento) verranno fatte nel corso del paragrafo. In figura 2.3 si può osservare il segnale in uscita da un circuito di am13 plificazione di un fattore circa 10 del SiPM. Il valore tipico per il tempo di salita, dovuto alla scarica Geiger, si aggira intorno a 1 ns, mentre il tempo di discesa assume valori tipici di alcune decine di ns. Da questi valori si evince che lo strumento è caratterizzato da un basso valore di tempo di recupero, che lo rende appropriato per applicazioni con alte frequenze di conteggi. Figura 2.3: Coincidenza dei segnali in uscita da un circuito di amplificazione di due SiPM; i segnali vengono amplificati di un fattore circa 10. Sull’ascissa si trova la scala temporale e una divisione equivale a 50 ns, mentre in ordinata troviamo le tensioni, dove una divisione equivale a 20 mV . Il guadagno tipico di un fotomoltiplicatore al Silicio è comparabile a quello dei PM tradizionali e assume un valore di circa 105 − 106 . Tuttavia è stata riscontrata una dipendenza dalla temperatura e dalla tensione di polarizzazione inversa applicata che segue approssimativamente il seguente andamento: dV dG '7 G V dG dT ' 1.3 G T [5]. Il rumore di questo strumento è principalmente dovuto alla cosidetta dark current (corrente oscura), provocata dalla creazione termica di portatori di carica nella depletion region del fotodiodo, che innescano la scarica Geiger esattamente come un fotone incidente e non possono pertanto essere distinti da un segnale reale. È molto importante, dunque, conoscere l’andamento specifico del rumore per poterlo minimizzare mediante la scelta dei parametri di lavoro. Il rumore è proporzionale alla tensione e alla temperatura: poiché il guadagno ha un andamento simile è necessario bilanciare i valori a cui lavorare per ottenere le condizioni ottimali. 14 L’efficienza dei SiPM viene ridotta dallo spazio morto tra i pixel che compongono la matrice: un fotone incidente in questa zona, infatti, viene perso e non provoca alcuna reazione nello strumento. Il parametro fondamentale in questo senso è il fill factor che è dato dal rapporto tra l’area attiva di un pixel e la sua area totale, compresi gli elementi circuitali. Maggiore è il fattore di riempimento, maggiore sarà l’efficienza dello strumento. Importante in questo senso è anche il cosiddetto fenomeno di crosstalk tra le celle della matrice; durante la scarica Geiger, infatti, vengono prodotti dei fotoni che possono migrare verso una cella adiacente e provocare in essa una scarica spuria. I rimedi possibili sono due: la riduzione del guadagno oppure l’isolamento ottico dei singoli pixel. In questa seconda scelta è tuttavia necessario evitare la riduzione del fill factor per non intaccare ulteriormente l’efficienza dello strumento. I valori tipici di un SiPM sono riportati in tabella 2.1. Da un confronto fra i SiPM e i fotomoltiplicatori tradizionali (PM) emergono le seguenti considerazioni: • La tensione di lavoro dei SiPM è un aspetto fortemente favorevole: tensioni di alcune decine di Volt si contrappongono infatti ai valori nominali di circa 800 V per i PM. • Le dimensioni delle matrici di fotodiodi sono molto minori, si aggirano intorno al mm2 e li rendono pertanto più maneggevoli. • Al contrario dei PM tradizionali, i SiPM non sono disturbati dai campi magnetici. Ulteriori informazioni possono essere trovate in [6]-[14]. Tabella 2.1: Parametri tipici dei SiPM [7] . Parametri Area sensibile N. di APD per mm2 Area attiva per il singolo pixel Efficienza per la modalità single photon Tensione di polarizzazione Guadagno Tempo di recupero per il singolo APD Tasso di rumore tipico a temperatura ambiente 15 Valori (1x1) mm2 . . . (5x5)mm2 ∼100 . . . ∼10000 10% . . . 50% 20% . . . 30% 30V . . . 100V 104 . . . 107 ∼ 1µs 105 . . . 106 conteggi mm2 ·s 16 Capitolo 3 Misure preliminari 3.1 Strumenti utilizzati Gli strumenti utilizzati per lo svolgimento delle prove oggetto di questa tesi sono quattro SiPM della ditta Photonique, del tipo SSPM-050701-GRTO18, che nei paragrafi che seguono saranno identificati con un numero da uno a quattro. Le tensioni nominali fornite dalla ditta sono le seguenti: • SiPM ]1: 41.4 V • SiPM ]2: 37.9 V • SiPM ]3 e ]4: 39.8 V . Il guadagno nominale è di 0.8·106 [6]. In figura 3.1 si può vedere un’immagine di un SiPM utilizzato. Figura 3.1: SiPM Photonique SSPM-050701-GR-TO18. 17 Figura 3.2: Scintillatore Bicron BC-408 e supporto plastico per il SiPM. Gli scintillatori utilizzati sono dei Bicron BC-408 delle dimensioni di 30x10x3 mm3 , che emettono nella regione del blu, con un picco di emissione a 425 nm; la lunghezza di attenuazione fornita dal costruttore è di 210 cm. Questi sono stati successivamente impacchettati nel mylar 1 , come si può vedere in figura 3.2, per ridurre al minimo la dispersione dei fotoni prodotti al passaggio di una particella. Sul mylar è stato praticato un foro circolare del diametro di 3 mm per permettere l’accoppiamento ottico fra lo scintillatore e il SiPM. Infine è stato realizzato un supporto plastico per mantenere il contatto tra i due strumenti. È stato inoltre utilizzato un SiPM Hamamatsu, del tipo MPPC S10984025P(X) contenente quattro matrici di pixel indipendenti. I quattro canali saranno identificati con la lettera H seguita dal numero progressivo del canale; tutti e quattro i canali sono in contatto ottico con lo scintillatore e saranno studiati separatamente. Le tensioni fornite dal costruttore sono le seguenti: • H-1 e H-2: 70.46 V • H-3: 70.43 V • H-4: 70.41 V . Il guadagno indicato dal costruttore per lo strumento e di 2.76·105 ; lo scintillatore utilizzato è dello stesso tipo descritto in precedenza, dalle dimensioni di 28x10x3 mm3 , con un’estremità sagomata a imbuto, grazie alla quale è 1 Foglio di resina termoplastica, con le facce riflettenti. 18 stato possibile fissarlo al supporto di connessione col SiPM come si può vedere in figura 3.3. Sono stati presi gli stessi accorgimenti discussi in precedenza riguardo al mylar per diminuire la perdita di fotoni. Figura 3.3: Scintillatore BC-408 e SiPM Hamamatsu S10984-025P(X). Per alimentare i SiPM è stata usata la stessa elettronica di amplificazione, visibile in figura 3.4, alimentata a 5 V e caratterizzata da un guadagno di un fattore circa 10. Figura 3.4: Scheda elettronica per l’amplificazione del segnale in uscita dal SiPM. 19 3.2 SiPM Photonique Per la prima parte di misure preliminari il SiPM Photonique ]2 è stato posto in una scatola buia dalle dimensioni di 20x10x5 cm3 insieme a un diodo a emissione luminosa (LED, Light Emitting Diode) come mostrato in figura 3.5. Sulla sinistra si possono vedere il LED, gli ingressi per le alimentazioni e l’uscita per la lettura dei dati, sulla destra si trova il SiPM con il suo circuito di amplificazione del segnale. Per diminuire le riflessioni interne alla scatola, questa è stata ricoperta da materiale nero non riflettente. Figura 3.5: Apparato sperimentale utilizzato per le misure preliminari. Lo scopo di queste misure preliminari è quello di avere una stima del rumore di fondo dello strumento, a LED spento, in funzione delle diverse soglie di discriminazione e delle diverse tensioni applicate. In seguito è stata fatta una misura di efficienza mettendo a rapporto i conteggi effettuati dal SiPM con il numero di volte in cui il LED si è acceso. A questo scopo è stato montato un circuito esterno riassunto in figura 3.6. Il segnale di output del SiPM è stato mandato a un discriminatore mediante il quale è stato possibile selezionare la soglia e la larghezza del segnale in uscita, registrato mediante il contatore. Per le misure di efficienza anche il segnale del generatore di funzioni che alimentava il LED è stato discriminato e mandato sia al contatore che a un’unità logica che ne facesse l’AND con il segnale del SiPM. Con il software di analisi dati ROOT sono stati elaborati dei grafici per presentare i risultati delle misure effettuate sul SiPM]2. In figura 3.3 si può osservare l’andamento atteso per i conteggi di fondo: questi infatti aumentano 20 Misure di rumore Uscita dell’amplificatore del SiPM Discriminatore Contatore Misure di efficienza Uscita del SiPM Discriminatore Contatore Generatore di funzioni Discriminatore Contatore LED Figura 3.6: Rappresentazione schematica dell’elettronica utilizzata: discriminatori, moduli di coincidenza e contatori situati su crate con standard NIM. al crescere della tensione applicata e calano all’aumentare della soglia. Attorno al valore nominale possiamo osservare un conteggio molto alto, compreso fra 103 e 105 al secondo. Per effettuare le misure di efficienza è stato acceso il LED ad una frequenza di 1300 Hz ed è stata registrata la risposta del SiPM. In figura 3.8 sono stati riportati i dati. L’andamento ottenuto è quello previsto: l’efficienza cresce all’aumentare della tensione applicata e cala al crescere della soglia. Si può osservare ad esempio che per la soglia di 25 mV l’efficienza supera l’80% già a 38 V . Tutte le curve superano il 90% a 39 V . Da notare inoltre che l’intervallo di tensioni nel quale opera il SiPM è molto ristretto: è dunque necessario determinare la tensione con grande precisione. Mediante l’utilizzo dell’oscilloscopio si è cercato infine di osservare lo spettro dei segnali del SiPM. La funzione MATH dell’oscilloscopio Le Croy LT334 utilizzato ha permesso di integrare sul tempo i segnali ricevuti dal sistema di amplificazione del SiPM formando così i picchi corrispondenti a uno, due o più APD colpiti. Il risultato può essere visto in figura 3.9 dove i picchi di colore rosa rappresentano la frazione di eventi con uno, due o più APD, rendendo più comprensibile il funzionamento di questi rivelatori. 21 Rumore SiPM Photonique a diverse soglie 10 5 10 4 Soglie: 12 mV Conteggi/s 10 25 mV 3 35 mV 10 45 mV 2 10 1 10-1 10 -2 36 37 38 39 Alimentazione del fotomoltiplicatore (V) Figura 3.7: Risultati sulle misure di rumore; la freccia indica in questo grafico e nei seguenti la tensione nominale fornita dal costruttore. Efficienza del SiPM Photonique alle diverse soglie 100 Efficienza (%) 90 Soglie: 80 6.3 mV 70 15 mV 25 mV 60 35 mV 50 45 mV 40 30 20 10 0 37 38 39 Alimentazione fotomoltiplicatori (V) Figura 3.8: Risultati sulle misure di efficienza sul SiPM ]2. 22 Figura 3.9: Picchi che rappresentano l’utilizzo nella modalità single photon del SiPM. 3.3 Rumore del SiPM Photonique in confronto con quello dell’Hamamatsu In questo paragrafo si vuole fare un confronto tra le misure di rumore prese nelle stesse condizioni sperimentali del SiPM Hamamatsu e dei SiPM Photonique ]3 e ]4. I dati sono stati presi dopo aver messo in contatto ottico lo scintillatore e il fotomoltiplicatore. I conteggi di rumore sono stati effettuati alla tensione nominale, ad alcune tensioni nel suo intorno e a diverse soglie dello strumento. L’uscita della scheda di amplificazione è stata dapprima collegata direttamente all’oscilloscopio per avere una prima idea sull’altezza dei segnali di rumore e, tramite la funzione analog persist dell’oscilloscopio è stato possibile ottenere le immagini mostrate nelle figure 3.10, 3.11 e 3.12. Da queste foto si evince che il rumore del SiPM Hamamatsu fornisce un segnale minore di 23 10 mV mentre i SiPM Photonique arrivano anche a 20 mV , pertanto con i primi si potranno effettuare prove anche a 15 mV di soglia, mentre con i secondi non si potrà scendere al di sotto dei 30 mV , o al massimo 25 mV , come si evince anche dalla figura 3.13. Figura 3.10: Rumore del canale H-3; in ascissa una divisione indica 50 ns, in ordinata ogni divisione vale 10 mV . Figura 3.11: Rumore del SiPM]2; in ascissa una divisione indica 50 ns, in ordinata ogni divisione vale 10 mV . Lo schema utilizzato per effettuare i conteggi di rumore è del tutto analogo a quello mostrato in figura 3.6 e le misure sono state prese a diverse tensioni e a diverse soglie. I risultati riportati in figura 3.13 e in figura 3.14 mostrano l’andamento dei conteggi in funzione della tensione applicata a diverse soglie rispettivamente per i SiPM Photonique e Hamamatsu. In figura 3.15 si può 24 Figura 3.12: Rumore del SiPM]3; in ascissa una divisione indica 50 ns, in ordinata ogni divisione vale 10 mV . vedere l’andamento dei conteggi in funzione della soglia a diverse tensioni e in figura 3.16 il rumore in funzione della tensione alla stessa soglia per i vari canali del SiPM Hamamatsu. Dai risultati ottenuti si possono fare le seguenti affermazioni: • Alla tensione nominale il rumore del SiPM Hamamatsu è inferiore di circa due ordini di grandezza a quello del SiPM Photonique a parità di soglia. • Il livello medio di rumore, inteso come ampiezza media del segnale, dei Photonique è circa il doppio di quello degli Hamamatsu, fatto che non permette per i primi l’uso di soglie basse che aumenterebbero l’efficienza. • I SiPM Hamamatsu si rivelano più sensibili alla variazione di tensione: per una variazione dell’1% sulla tensione nominale, infatti, la variazione nei conteggi è di circa due ordini di grandezza, mentre a parità di variazione di tensione, i SiPM Photonique presentano un aumento del rumore di circa un ordine di grandezza. • Non ci sono differenze significative nelle risposte dei diversi canali del SiPM Hamamatsu. 25 Rumore SiPM Photonique 3 a diverse soglie 105 Soglie: 104 35 mV 45 mV Conteggi/s 103 55 mV 65 mV 102 10 1 10-1 10-2 38 39 40 41 Alimentazione del fotomoltiplicatore (V) Rumore SiPM Photonique 4 a diverse soglie 105 104 Soglie: 35 mV 45 mV Conteggi/s 103 55 mV 65 mV 102 10 1 10-1 10-2 38 39 40 41 Alimentazione del fotomoltiplicatore (V) Figura 3.13: Risultati sulle misure di rumore dei SiPM Photonique ]3 e ]4. 26 Rumore del canale H-1 a diverse soglie Conteggi/s 104 10 3 10 2 Soglie: 11.1 mV 20 mV 30 mV 40 mV 10 50 mV 1 10-1 10 -2 10 -3 70 70.5 71 Alimentazione fotomoltiplicatori (V) Rumore del canale H-3 a diverse soglie Conteggi/s 104 10 3 10 2 Soglie: 11.1 mV 20 mV 30 mV 40 mV 10 50 mV 1 10 -1 10 -2 10 -3 70 70.5 71 Alimentazione fotomoltiplicatori (V) Figura 3.14: Risultati sulle misure di rumore dei canali H-1 e H-3 del SiPM Hamamatsu. 27 Rumore del canale H-1 a diverse tensioni 104 10 3 10 2 Tensioni: Conteggi/s 69.9 V 70.1 V 70.4 V 70.7 V 10 70.9 V 1 10-1 10-2 10 -3 10 20 30 40 50 Soglie (mV) Figura 3.15: Risultati sulle misure di rumore del canale H-1 in funzione della soglia a diverse tensioni di alimentazione. 28 Soglia 20 mV 3000 2500 H-1 H-2 Conteggi/s 2000 H-3 H-4 1500 1000 500 0 70 70.5 71 Alimentazione fotomoltiplicatori (V) Soglia 30 mV 300 250 H-1 H-2 Conteggi/s 200 H-3 H-4 150 100 50 0 70 70.5 71 Alimentazione fotomoltiplicatori (V) Figura 3.16: Risultati sulle misure di rumore dei canali del SiPM Hamamatsu a 20 mV e 30 mV di soglia in funzione dell’alimentazione. 29 30 Capitolo 4 Misure di efficienza 4.1 Apparato sperimentale Per effettuare le misure di efficienza sul SiPM ]4 Photonique sono stati realizzati due supporti in plexiglass su cui sono stati montati gli scintillatori e le schede elettroniche di amplificazione del segnale. I SiPM sono stati messi in contatto diretto con gli scintillatori mediante l’utilizzo di grasso ottico e con la scheda di amplificazione del segnale mediante gli appositi piedini. La scheda fornisce anche l’alimentazione al SiPM. Dalle misure preliminari è risultato un malfunzionamento del SiPM ]1 che è stato pertanto escluso dal progetto per la misura di efficienza. I supporti sono stati sovrapposti come si può vedere in figura 4.1; la sovrapposizione in area degli scintillatori è di circa l’80%. L’apparato utilizzato è riportato in figura 4.2. SiPM #4 SiPM #3 SiPM #2 Scheda di amplificazione elettronica Scintillatori Figura 4.1: L’apparato sperimentale (non in scala). 31 Figura 4.2: Apparato utilizzato per le misure di efficienza: al centro gli scintillatori in contatto ottico con i SiPM, ai lati le schede elettroniche di amplificazione. Per alimentare i SiPM e l’elettronica è stata realizzata una scheda che potesse ricevere tre alimentazioni indipendenti prese da tre generatori differenti. Per collegare la scheda ai circuiti di amplificazione sono stati realizzati cavetti dotati di connettori a pin. La stessa soluzione è stata adottata per portare alle schede elettroniche i 5 V necessari al loro funzionamento. Le schedine realizzate sono visibili in figura 4.3. Figura 4.3: Schede di alimentazione. Nella realizzazione dell’intero strumento si è dovuto tener conto delle ridotte dimensioni della scatola: 20x10x5 cm3 ; per questo motivo le lunghezze 32 dei cavi e le loro dimensioni sono state ridotte all’essenziale, anche per diminuire il livello di rumore elettronico che si è rivelato talvolta elevato. In questo senso fondamentale è stata la corretta messa a terra di tutti gli strumenti. 4.2 Misure di efficienza di un SiPM Photonique Per effettuare le misure di efficienza sul SiPM ]4 sono state utilizzate delle unità montate in un crate NIM1 , riassunte in figura 4.4. Il segnale dei SiPM viene discriminato e mandato ad una unità di coincidenza. I SiPM ]2 e ]3 sono stati utilizzati come trigger, pertanto è stato fatto un AND logico dei loro segnali e il risultato è stato messo in coincidenza con il segnale discriminato del SiPM ]4. Per vedere le coincidenze casuali e dunque spurie, il segnale del ]4 è stato ritardato di 360 ns e mandato in coincidenza con il trigger. SiPM #2 Discriminatore Contatore CH#1 Trigger SiPM #3 SiPM #4 Discriminatore Contatore CH#3 Coincidenze spurie Ritardo Discriminatore Contatore CH#2 Coincidenze Figura 4.4: Schema della logica utilizzata per effettuare le misure di efficienza. 1 Un crate NIM (Nuclear Instrumentation Module) è uno chassis standard per il montaggio di vari tipi di moduli elettronici. 33 Per calcolare l’efficienza e il relativo errore sono state usate le seguenti formule: s η · (1 − η) ch]2 η= δη = ch]1 − ch]3 ch]1 − ch]3 dove η è l’efficienza, δη il suo errore e con ch]i si intende l’i-esimo canale del contatore. L’errore è stato calcolato assumendo che i conteggi presentino l’andamento tipico della distribuzione di Poisson. Sono state prese misure alle soglie di 25 mV , 30 mV , 40 mV e 50 mV e a diverse tensioni. I SiPM ]2 e ]3 di trigger sono stati impostati rispettivamente a 37 V e 38.8 V , con soglia di 50 mV per entrambi. I risultati sono riportati in figura 4.5. Efficienza del SiPM 4 Photonique alle diverse soglie 100 90 80 Soglie: Efficienza (%) 70 50 mV 40 mV 60 30 mV 50 25 mV 40 30 20 10 0 38 38.5 39 39.5 40 Alimentazione fotomoltiplicatori (V) Figura 4.5: Risultati delle misure di efficienza effettuate sul SiPM Photonique ]4. La freccia sull’asse orizzontale indica la tensione nominale. Dal grafico riportato si può evincere che l’andamento dell’efficienza rispetto alla soglia è il seguente: a parità di tensione l’efficienza cala al crescere della soglia. Per ovviare a questo problema si potrebbe scendere in soglia, ma così facendo si aumenta il rumore e dalle misure presentate nella sezione 3.3 34 si vede che non è opportuno scendere al di sotto dei 30 mV di soglia. Va segnalato inoltre che un’efficienza vicina a quella ideale massima del 100% non potrà mai essere raggiunta a causa della non completa sovrapposizione tra gli scintillatori (figura 4.1): effettuando le opportune misure è stata valutata una massima efficienza raggiungibile pari a (80 ± 5)%. Dal grafico si vede che le misure sono compatibili con il valore massimo atteso entro gli errori e che con le soglie di 30 mV e 40 mV si raggiungono alte efficienze alla tensione nominale. Le curve a 30 mV e 40 mV raggiungono l’80% a tensioni leggermente superiori alla nominale. Si è deciso di non aumentare troppo la tensione applicata rispetto a quella nominale per non far crescere troppo i conteggi di rumore. 4.3 Secondo apparato sperimentale Figura 4.6: Supporto del SiPM Hamamatsu. Le misure di efficienza sono state effettuate anche sul canale H-3 del SiPM Hamamatsu. Si è deciso di prendere uno dei canali centrali per ottimizzare la superficie esposta ai fotoni provenienti dallo scintillatore. Per procedere con la prova è stato realizzato un supporto plastico mobile visibile in figura 4.6 e sono stati inseriti degli spessori per permettere la sovrapposizione tra i tre scintillatori come nell’apparato descritto nella sezione 4.1. Al posto del SiPM ]4 è stato collocato il SiPM Hamamatsu. Lo strumento è stato messo quindi nella scatola buia come si può vedere in figura 4.7. Anche per questo fotomoltiplicatore è stato realizzato un contatto diretto tra scintillatore e 35 SiPM mediante grasso ottico. Per l’amplificazione dei segnali in uscita sono state utilizzate le stesse schedine elettroniche descritte in precedenza. Figura 4.7: Apparato sperimentale per le misure di efficienza del SiPM Hamamatsu. 4.4 Misure di efficienza sul canale H-3 del SiPM Hamamatsu Per effettuare le misure di efficienza sul canale H-3 è stato utilizzato uno schema logico analogo a quello usato in precedenza; il trigger è composto dai fotomoltiplicatori ]2 e ]3 e il loro AND logico viene mandato al contatore, così come la coincidenza con il canale H-3 e la coincidenza con il segnale ritardato. Le formule utilizzate per calcolare l’efficienza sono le stesse descritte nel paragrafo 4.2. I risultati sono mostrati in figura 4.8. Dalla figura si evince che è stato trovato un plateau intorno alla tensione di lavoro; in questa zona si raggiunge una buona efficienza senza che un eccessivo rumore entri in gioco. È stata raggiunta un’efficienza compatibile con il dato atteso in queste condizioni sperimentali: a causa della non completa sovrapposizione fra gli scintillatori bisogna introdurre un fattore geometrico che limiti l’efficienza. Dalle misure effettuate si stima che la massima efficienza ottenibile sia del (55 ± 10)%. 36 Efficienza del canale H-3 alle diverse soglie 100 90 Soglie: 80 15 mV 20 mV 30 mV Efficienza (%) 70 60 50 40 30 20 10 0 69.5 70 70.5 Alimentazione fotomoltiplicatori (V) Figura 4.8: Risultati delle misure di efficienza del canale H-3 del SiPM Hamamatsu. 37 38 Conclusioni Dal confronto tra le misure effettuate sui SiPM Photonique e Hamamatsu si possono trarre le seguenti conclusioni: • Per ciò che concerne le misure di rumore si può affermare che il SiPM dell’Hamamatsu alla tensione nominale registra un rumore inferiore di due ordini di grandezza rispetto al Photonique a parità di soglia; il livello medio di rumore, inoltre, è minore per il SiPM Hamamatsu, fatto che consente l’uso di soglie più basse. • Non ci sono differenze significative nelle misure di rumore sui diversi canali del SiPM Hamamatsu. • Durante le misure di rumore, il SiPM Hamamatsu è risultato più sensibile a una variazione della tensione nominale. • Il plateau corrispondente alla zona di lavoro ottimale è meglio visibile per il canale H-3 del SiPM Hamamatsu rispetto al SiPM ]4 della ditta Photonique. Questi risultati indicano che è possibile usare SiPM accoppiati direttamente a piccoli scintillatori per effettuare misure di posizione. È comunque necessario fare attenzione al rumore di questi rivelatori e alla loro forte dipendenza dal valore di tensione applicato. 39 40 Ringraziamenti Vorrei ringraziare in primis il Chiar.mo Prof. Luisa Cifarelli che mi ha permesso di svolgere questo lavoro di tesi, sia per l’opportunità che mi ha dato, sia per i suoi preziosi consigli. Un grazie speciale al Dott. Rosario Nania che mi ha guidata nei meandri del lavoro di laboratorio con infinita pazienza e al Dott. Anselmo Margotti per la sua grandissima disponibilità. Ringrazio il Dott. Giuseppe Levi per avere fornito i SiPM della ditta Photonique e le schede di amplificazione. Grazie grazie e ancora grazie a Cristiano Gessi per la pronta realizzazione di ogni tipo di supporto meccanico che la nostra mente potesse immaginare e a Daniele Cavazza e Mirko Zuffa per le loro competenze tecniche e il loro aiuto nella parte di elettronica. Un ringraziamento particolarmente sentito va al Prof. Graziano Servizi, non solo per l’aiuto informatico, ma soprattutto per quello personale. Grazie alla mia Mamma, che mi sostiene sempre in un modo meraviglioso. Grazie a Mimmi, è sempre buffo provare a spiegare pagine piene di conti a quel faccino assorto. Grazie ai nonni, sono felicissima di avervi vicino. Last but not least, un Giga, anzi, un TeraGrazie a Massimo, per l’aiuto e il sostegno dentro ma soprattutto fuori dal laboratorio, per le risate anche quando tutto sembra andare per il verso sbagliato, per sapermi calmare quando mi faccio prendere dall’agitazione. Per essermi stato vicino, grazie. 41 42 Bibliografia [1] W.R. Leo. Techniques for Nuclear and Particle Physics Experiments. Springer-Verlag, second edition, 1994. [2] R. Eisberg and R. Resnick. Quantum Physics of Atoms, Molecules, Solids, Nuclei, and Particles. John Wiley and Sons, 1985. [3] BC-400/BC-404/BC-408/BC-412/BC-416 Premium Plastic Scintillators. [4] W M Yao et al. Review of particle physics. J. Phys. G: Nucl. Part. Phys., 33:1–1232, July 2006. [5] P. Buzhan et al. An advanced study of Silicon Photomultiplier. [6] Data sheet SSPM-050701GR-TO18. [7] A. N. Otte et al. Status of Silicon Photomultiplier Developments as optical Sensors for MAGIC/EUSO-like Detectors. 2005. [8] MPPC Multi-Pixel Photon Counter Hamamatsu. Data sheet. [9] A. Akindinov et al. START as the detector of choice for large scale muon triggerin systems. Nuclear Instruments and Methods in Physics Research, A 567:74–77, 2006. [10] A. Stoykov and R. Scheuermann. Silicon avalanche photodiodes. [11] H. Gast et al. A high resolution scintillating fiber tracker with SiPM readout. 2007. [12] G. Laurenti et al. Time Of Flight Detectors: From phototubes to SiPM. Nuclear Instruments and Methods in Physics Research, A 588:267–271, 2008. 43 [13] N. Dinu et al. Development of the first prototypes of Silicon PhotoMultipliers (SiPM) at ITC-irst. Nuclear Instruments and Methods in Physics Research, A 572:422–426, 2007. [14] David P. McElroy et al. Evaluation of silicon photomultipliers: A promising new detector for MR compatible PET. Nuclear Instruments and Methods in Physics Research, A 571:106–109, 2007. 44 Elenco delle figure 1.1 1.3 Rappresentazione dell’andamento esponenziale dell’emissione di luce di un fotomoltiplicatore . . . . . . . . . . . . . . . . . Livelli energetici all’interno di una molecola di uno scintillatore plastico [1]. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Picco di emissione dello scintillatore plastico BC-408 [3]. . . . 2.1 2.2 2.3 Rappresentazione schematica di un fotodiodo. . . . . . . . . . 11 Rappresentazione schematica di un APD. . . . . . . . . . . . . 13 Coincidenza dei segnali in uscita dall’amplificazione di due SiPM 14 3.1 3.2 3.3 3.4 SiPM Photonique SSPM-050701-GR-TO18. . . . . . . . . . . Scintillatore Bicron BC-408 e supporto plastico per il SiPM. . Scintillatore BC-408 e SiPM Hamamatsu S10984-025P(X). . . Scheda elettronica per l’amplificazione del segnale in uscita dal SiPM. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Apparato sperimentale utilizzato per le misure preliminari. . . Rappresentazione schematica dell’elettronica utilizzata . . . . Risultati sulle misure di rumore; la freccia indica in questo grafico e nei seguenti la tensione nominale fornita dal costruttore. Risultati sulle misure di efficienza . . . . . . . . . . . . . . . . Picchi che rappresentano l’utilizzo nella modalità single photon del SiPM. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Rumore del canale H-3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Rumore del SiPM]2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Rumore del SiPM]3 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Risultati sulle misure di rumore dei SiPM Photonique ]3 e ]4 . Risultati sulle misure di rumore dei canali H-1 e H-3 del SiPM Hamamatsu. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Risultati sulle misure di rumore del canale H-1 in funzione della soglia a diverse tensioni di alimentazione. . . . . . . . . . Risultati sulle misure di rumore dei canali del SiPM Hamamatsu a 20 mV e 30 mV di soglia in funzione dell’alimentazione. 1.2 3.5 3.6 3.7 3.8 3.9 3.10 3.11 3.12 3.13 3.14 3.15 3.16 45 6 7 9 17 18 19 19 20 21 22 22 23 24 24 25 26 27 28 29 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7 4.8 L’apparato sperimentale (non in scala). . . . . . . . . . . . . . Apparato utilizzato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Schede di alimentazione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Schema della logica utilizzata per effettuare le misure di efficienza. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Risultati delle misure di efficienza effettuate sul SiPM Photonique Supporto del SiPM Hamamatsu. . . . . . . . . . . . . . . . . . Apparato sperimentale per le misure di efficienza del SiPM Hamamatsu. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Risultati delle misure di efficienza del canale H-3 del SiPM Hamamatsu. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46 31 32 32 33 ]4. 34 35 36 37 Indice Introduzione 3 1 Scintillatori 5 2 SiPM 11 2.1 Fotodiodi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11 2.2 SiPM: una matrice di fotodiodi . . . . . . . . . . . . . . . . . 13 3 Misure preliminari 17 3.1 Strumenti utilizzati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17 3.2 SiPM Photonique . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20 3.3 Rumore del SiPM Photonique in confronto con quello dell’Hamamatsu . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23 4 Misure di efficienza 4.1 Apparato sperimentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.2 Misure di efficienza di un SiPM Photonique . . . . . . . 4.3 Secondo apparato sperimentale . . . . . . . . . . . . . . 4.4 Misure di efficienza sul canale H-3 del SiPM Hamamatsu . . . . . . . . . . . . 31 31 33 35 36 Conclusioni 39 Ringraziamenti 41 Bibliografia 43 47