Fotosensori La luce di scintillazione prodotta in un mezzo dal passaggio di una radiazione può essere raccolta da opportuni fotosensori, per produrre un segnale elettrico e dare informazioni sulla radiazione originaria. Esempi di fotosensori attualmente usati: Fotomoltiplicatori Avalanche photodiodes (APD) Silicon photomultipliers (SiPM) …. I fotomoltiplicatori Schema di funzionamento di un fotomoltiplicatore tradizionale: Raccolta di luce Emissione di elettroni dal fotocatodo Moltiplicazione di elettroni tra i dinodi Segnale elettrico finale I fotomoltiplicatori: il fotocatodo Fotocatodo: - Produce elettroni per effetto fotoelettrico generato dalla luce incidente - Energia fotoni luce scintillazione: circa 3 eV - Fotocatodo rivestito da materiale semiconduttore, con lavoro estrazione 1.5-2 eV - Emissione spontanea per effetto termico (energia media elettroni a T ambiente = 0.025 eV) Il fotomoltiplicatore: emissione spontanea e dark current Emissione spontanea di elettroni dal fotocatodo per effetto termico Energia media degli elettroni a T ambiente = 0.025 eV La distribuzione in energia degli elettroni fa sì che una certa frazione possa avere energia sufficiente a sfuggire Rate di emissione a T ambiente: Nei metalli: circa 100/s m2 Nei semiconduttori: circa 106-108 /s m2 Effetto di questa emissione: dark current (corrente di elettroni anche in assenza di radiazione incidente) Il fotomoltiplicatore: Quantum efficiency e Spectral Response Parametri che definiscono un fotomoltiplicatore: Quantum Efficiency (QE) = N. fotoelettroni emessi/N. fotoni incidenti Valori tipici nei fotomoltiplicatori: circa 20-30% QE fortemente dipendente dalla lunghezza d’onda Ottimizzazione tra emissione da parte dello scintillatore e sensibilità del PMT Il fotomoltiplicatore: emissione secondaria e processo di moltiplicazione -Elettroni emessi con energie di circa 1 eV -Differenza di potenziale tra dinodi: dell’ordine di 100 V -Energia richiesta per creare un elettrone secondario: 2-3 eV -Fattore di moltiplicazione: N.elettroni emessi/elettrone incidente (circa 30) -Di questi, solo una frazione δ (circa 5) contribuisce alla resa complessiva -Per n dinodi, fattore di guadagno complessivo G =α δn, dove α è circa 1. - Per n=10, α=1 e δ=5, G=510 = 107 Il fotomoltiplicatore: fluttuazioni statistiche -Il fattore δ tuttavia non è costante da evento a evento - Le fluttuazioni statistiche possono essere descritte in prima approssimazione da una distribuzione di Poisson, con media δ e deviazione standard √ δ - Dopo n stadi di amplificazione (n dinodi), il valor medio del numero di elettroni secondari è δn - Quando l’evento è iniziato da un grande numero (decine/centinaia) di fotoelettroni, il segnale è molto più grande del rumore, prodotto in genere da singoli fotoelettroni, altrimenti può confondersi con il rumore. Il fotomoltiplicatore: risposta temporale - Tempo caratteristico emissione fotoelettroni: <0.1 ns - Tempo di transito attraverso i dinodi, da fotocatodo ad anodo: decine di ns - Dispersione nel tempo di transito (TTS= Transit Time Spread): 1-3 ns Parametro importante ai fini della risposta temporale complessiva Migliorabile con opportuna geometria dei dinodi Diminuisce con il numero di fotoelettroni - Rise time: valori tipici 1-10 ns Il fotomoltiplicatore: noise - Sorgente di rumore principale in un PMT: emissione termoionica di elettroni - Tipicamente un solo fotoelettrone alla volta emesso - Il contributo di questo rumore può non essere trascurabile se il valore medio del numero di fotoelettroni dal segnale «vero» è piccolo - Il rumore può essere diminuito abbassando la temperatura - Un fotomoltiplicatore non deve essere esposto alla luce, neppure quando non è alimentato. Se succede, la dark current può aumentare di molto, anche per diverse ore (causa: emissione di luce da fosforescenza del vetro) - Altra causa di dark current: radioattività del vetro (40K, Th), oppure radiazione cosmica secondaria (muoni, elettroni) - Afterpulses: segnali prodotti da luce emessa negli stadi successivi e che raggiunge il fotocatodo. Tempi caratteristici simili al tempo di transito (decine di ns). Importanti specialmente in misure di timing - Il fotomoltiplicatore: alimentazione - Alimentazione del PMT: usualmente distribuita tra i vari dinodi mediante partitori di tensione, con condensatori o diodi zener in parallelo. - In genere tra fotocatodo e primo dinodo è applicata una tensione maggiore, allo scopo di focalizzare meglio gli elettroni emessi dal fotocatodo - La polarità può essere stabilita in 2 modi equivalenti, con il fotocatodo a –HV e l’anodo a zero, oppure fotocatodo a zero e anodo a +HV Il fotomoltiplicatore: schermo magnetico - Poiché gli elettroni all’interno del PMT hanno energie molto basse (pochi eVcentinaia di eV), possono essere deviati facilmente da un campo magnetico - In presenza di campi magnetici un PMT deve essere schermato con schermi in mu-metal (lega metallica ad alta permeabilità magnetica) - Anche il campo magnetico terrestre può influenzare il comportamento di un PMT (guadagno differente a seconda dell’orientazione rispetto al campo magnetico) - In rivelatori di particelle, posti all’interno di grandi magneti, l’uso di fotomoltiplicatori è precluso, e bisogna utilizzare altri tipi di fotosensori Il fotomoltiplicatore: forma e dimensioni In genere di forma cilindrica, con diametri da pochi cm ad alcune decine di cm. Il fotomoltiplicatore: applicazioni Data l’estrema sensibilità ai fotoni, sono adoperati in tutte le applicazioni in cui è necessario rivelare luce di bassa intensità: - luce di scintillazione da scintillatori - luce Cerenkov prodotta nell’atmosfera - luce raccolta da telescopi ottici, in astronomia - in medicina (diagnostica per immagini) e biologia (bioluminescenza),.. -… Una galleria di immagini/1 L’esperimento Super-Kamiokande impiega oltre 10000 fotomoltiplicatori in una miniera abbandonata piena di acqua, per rivelare i neutrini Una galleria di immagini/2 L’esperimento Auger impiega oltre 10000 fotomoltiplicatori per rivelare la luce di fluorescenza prodotta nell’atmosfera dai cosmici Galleria di immagini/3 L’esperimento WA98 al CERN impiega oltre 10000 fotomoltiplicatori per rivelare la luce di scintillazione prodotta nei cristalli del calorimetro elettromagnetico Non solo PMT: Fotosensori di altro genere Galleria di immagini/4 Anche nell’esperimento AMS (AntiMatterSearch) a bordo della Stazione Spaziale Internazionale si impiegano fotomoltiplicatori. Galleria di immagini/5 In bioluminescenza si misura mediante fotomoltiplicatori la debole emissione di luce prodotta da organismi viventi Non solo PMT: altri fotosensori In molte applicazioni, i tradizionali fotomoltiplicatori presentano dei problemi: - Dimensioni talvolta troppo grandi rispetto all’area sensibile - Influenzati dai campi magnetici - Risposta spettrale non sempre adatta alla luce da rivelare - Efficienza quantica non elevata - Stabilità del guadagno non sempre ottimale - Tensioni di alimentazione elevata (kV) In tempi più recenti sono stati sviluppati fotosensori più compatti a stato solido, in particolare: - Avalanche photodiodes (APD) - Silicon photomultipliers (SiPM) Avalanche photodiodes - Primi prototipi di APD sviluppati circa 40 anni addietro - Inizialmente molto piccoli (1 mm2), sensibili solo all’infrarosso, di basso guadagno e ad elevato costo - In tempi più recenti, disponibili devices di area più elevata (decine di mm2), sensibilità spettrale nel blu e ultravioletto, basso costo e relativamente alto guadagno, con tensioni più basse dei PMT - Usati adesso in molte applicazioni con scintillatori per rivelatori di particelle ad alta energia APD: cosa sono? Componenti a stato solido che sfruttano l’effetto fotoelettrico per creare cariche, le quali vengono poi moltiplicate da un opportuno campo elettrico APD: parametri operativi - A causa di uno strato anti-riflesso in superficie, la maggior parte dei fotoni è convertita in segnale, con efficienze dell’ordine dell’80% - La tensione di alimentazione è di alcune centinaia di volt - Guadagni non elevatissimi, dell’ordine di 50-100 - Alta sensibilità alla temperatura, necessitano di correzioni (qualche % per ogni grado di variazione) - Proprietà temporali buone - Particolarmente adatti a convertire la luce proveniente da fibre WLS o da piccoli scintillatori - Dimensioni da 1x1 a 5x5 mm2 e oltre Uso di APD in calorimetri elettromagnetici I calorimetri elettromagnetici dell’esperimento ALICE@LHC utilizzano circa 20000 APD per leggere la luce di scintillazione prodotta nei moduli di rivelazione, attraverso fibre WLS Silicon photomultipliers (SiPM) - Costituiti da una matrice di fotodiodi a valanga su un substrato comune - Dimensioni di ogni cella: da decine a centinaia di micron (densità dell’ordine di 1000/mm2 ) - Ogni cella lavora in modo (quasi) indipendente. Un fotone dà segnale in una cella, ma non (in prima approssimazione) nelle altre Silicon photomultipliers (SiPM) - Lavorano a tensione molto bassa (30-70 V) - Efficienza quantica: 20-30% - Guadagni elevati, fino a 106 - Risoluzione temporale molto buona (<< 1ns) - Indipendenti dal campo magnetico - Tuttavia: dimensioni ancora molto piccole, circa 10 mm2 dark count rate molto elevati Silicon photomultipliers (SiPM) Conosciuti anche con altri nomi: MRS-APD MPPC … Alcuni modelli Hamamatsu Silicon photomultipliers (SiPM) - Prendendo la somma di tutte le celle colpite, si può valutare quante celle sono state interessate, e quindi quanti fotoni sono stati rivelati. - Tutte le celle sono lette in parallelo, quindi la matrice genera un segnale analogico, proporzionale entro certi limiti al numero di fotoni che la colpiscono SiPM: Photon Detection Efficiency (PDE) - La PDE è il risultato di 3 fattori: 1) Il fill factor geometrico 2) La quantum efficiency (QE), dipendente dalla lunghezza d’onda 3) La probabilità di trigger della valanga (dipende dalla tensione) SiPM: Fill factor Rapporto tra area attiva e area totale - Dipende dal design - Celle più piccole danno fill factor minori Ad esempio celle piccole da 20 micron danno Fill factor dell’ordine del 30%, mentre celle da 100 micron possono arrivare a fill factor dell’80% SiPM: Quantum Efficiency - La quantum efficiency intrinseca può essere anche molto elevata, dell’ordine dell’80-90%. SiPM: Trigger probability La probabilità di triggerare una valanga dipende dalla posizione in cui è stata creata la carica, dal tipo di carica (elettrone/lacuna) e dalla tensione di alimentazione. SiPM: possibili strutture Readout of light from WLS fibers In molte applicazioni, i SiPM sono usati per la lettura della luce trasportata da fibre WLS poste all’interno di scintillatori SiPM: applicazioni tipiche Lettura luce di scintillazione prodotta in scintillatori e trasportata da fibre WLS (calorimetri) SiPM: applicazioni tipiche/2 Test di prototipi per PET a tempo di volo mediante correlazione gamma-gamma da 22Na: cristalli scintillanti di LYSO letti da SiPM Confronto tra fotosensori