NOVEMBRE STENSENIANO 2016 Bioetica, Biodiritto e Biopolitica in una società plurale Gli sviluppi delle tecnoscienze di questi ultimi decenni, le politiche economiche mondiali e la globalizzazione comunicativa hanno reso sempre più contigue e reciprocamente interferenti le diverse culture e umanità che abitano la terra. In diversi ambiti culturali e istituzionali di ricerca e riflessione, nella stessa opinione pubblica, è sempre più diffusa l’impressione che la gestione sociale e politica della crescente multiculturalità, multietnicità e multiconfessionalità che caratterizza la civiltà contemporanea rappresenti una delle più impegnative sfide e responsabilità che coinvolgerà soprattutto le nuove e future generazioni e, in particolare, i diversi operatori culturali, sociali, sanitari, economici e politici. Come è possibile affrontare questa sfida e offrire ai cittadini, in relazione ai loro diversi ruoli e responsabilità sociale e civile, dei criteri o strumenti metodologici utili per una prima qualificazione, interpretazione e comprensione delle nuove e complesse problematiche etiche, giuridiche e politiche emergenti nel contesto di una società “plurale”, sempre più caratterizzata e composta, cioè, da una molteplicità di tradizioni e di sensibilità culturali, etniche, morali e confessionali non convergenti, da un’idea di “bene”, in altri termini, non condivisa? Come ben sanno gli studiosi che da anni si dedicano alla riflessione bioetica, la complessità delle problematiche in questione non è banale complicazione o sommatoria di meccanismi causali o aleatori noti e conseguenti, ma l’esito di molteplici e intricate interrelazioni e dinamiche sociali, culturali, economiche, storiche e non solo. Piuttosto che adottare delle soluzioni immediate ai problemi etici, ricorrendo, a seconda delle circostanze, alla specificità dei sistemi valoriali della comunità civile o confessionale di appartenenza, conviene ricercare e proporre un nuovo modo e metodo di formulare i conflitti e di interpretare i problemi emergenti. Dall’insieme delle contraddizioni rilevate, associate e integrate nel loro proprio contesto, possono infatti nascere dei meta-punti di vista utili a reperire, in termini anche molto generali, dei possibili criteri unificanti e apportare delle nuove soluzioni alla gestione politica delle problematiche. La bioetica, infatti, è nata e si è sviluppata proprio in seguito all’insorgere di situazioni conflittuali sempre più complesse e, soprattutto, in conseguenza di un crescente divario tra l’estrema rapidità dei progressi della ricerca e sviluppo tecno-scientifici e la disponibilità di strumenti di valutazione etica adeguati alla novità e difficoltà dei problemi generati da prospettive e da possibilità applicative, decisamente nuove, spesso inedite e impensabili. La stessa dinamica del “divario” sta anche alla base del concomitante e successivo sviluppo del biodiritto e della biopolitica, che concernono gli aspetti giuridicolegislativi ed economico-politici delle tecno-scienze. Lo sviluppo delle tecnoscienze, infatti, non solleva solo problemi etici, ma anche problemi concettuali, giuridici e politici. Non a caso accanto alla bioetica si sono sviluppati altri ambiti di ricerca e riflessione, - la biofilosofia, il biodiritto e la biopolitica, - che affrontano rispettivamente le incertezze d’ordine concettuale, spesso soggiacenti ai dibattiti bioetici, gli aspetti giuridico-legislativi e gli aspetti economico-politici della ricerca e dello sviluppo biotecnologici e delle loro ricadute sociali. Dietro alle argomentazioni bioetiche, infatti, e dietro alla stessa portata pratica – o, se vogliamo, funzione normativa - del discorso, spesso si celano complesse questioni filosofiche e varie incertezze d’ordine concettuale. Basti solo pensare al concetto di persona, o allo stesso concetto di “essere umano”; al problema dell’inizio della vita; al concetto di morte e ai criteri di definizione della morte; alla determinazione di ciò che è naturale o artificiale; alle frontiere tra le specie biologiche e i regni del vivente; al tanto invocato concetto di “biodiversità”. Senza menzionare categorie filosofiche tradizionali e fondamentali, come il concetto di natura. La bioetica, pertanto, non è una disciplina, ma nasce e si sviluppa come metodo o, se vogliamo, - per sottolineare l’esigenza metodologica di una previa impostazione del procedimento valutativo, - come etica procedurale del discorso, in funzione di una risoluzione non violenta dei conflitti di valori, di una mediazione pacifica degli interessi in gioco, di una produzione di accordi, di consensi concernenti regole minimali che permettono di continuare una certa cooperazione e vita in comune, della realizzazione di istituzioni, di procedure (per es. di comitati di etica) che formalizzano questo modo di risolvere i conflitti, del riconoscimento di dissensi, provvisoriamente irriducibili, lasciando agli individui e alle comunità civili o confessionali di appartenenza certi aspetti della regolazione dell’esistenza morale, in relazione alla ricchezza del loro bagaglio di “valori aggiunti”. Il pericolo di questo tipo di procedura, però, è che divenga o permanga formale, ossia, una specie di tecnologia istituita della risoluzione dei conflitti etici. Se domina esclusivamente questo aspetto, si rischia di conferire autorità morale a una conclusione o decisione, semplicemente perché è stato formalmente seguito un certo cammino istituzionale, quale che sia la qualità del dibattito e degli interlocutori. Una riflessione più approfondita che vada oltre le immediate apparenze e le diverse emozioni è pertanto auspicabile. Il percorso che proponiamo costituisce una preziosa occasione per conoscere di più, interrogarci insieme e riflettere. L’intero programma può essere scaricato al seguente link: http://nuovo.stensen.org/wp-content/uploads/2016/09/NS2016.pdf P. Ennio BROVEDANI sj Presidente della Fondazione Stensen di Firenze Viale don Minzoni 25G – 055.576551 50129 FIRENZE FI www.stensen.org