BIOETICA ED UMANIZZAZIONE DELLA SANITA’
INTRODUZIONE
Il progresso scientifico ha subito negli ultimi anni un’incredibile accelerazione ma l’enorme
ampliamento delle acquisizioni tenico-scientifiche applicabili all’uomo ha ignorato in troppe
occasioni la riflessione etico-morale; in alcuni casi la ricerca scientifica risulta addirittura dominata
da centri di potere politico, finanziario e militare che la utilizzano per dominare la natura,
prevaricando le regole morali e la dignità stessa dell’uomo.
In passato era la morale a guidare la ricerca mentre ora, al contrario, lo scienziato è guidato e
spinto dalla sete di sapere e di scoprire ad ogni costo, ponendosi solo secondariamente gli
interrogativi sulle conseguenze etico-morali.
Tutto ciò coinvolge soprattutto il medico, che trova sempre più arduo stabilire se alcune recenti
possibilità tecnologiche siano coerenti e compatibili con il rispetto della Vita e della dignità
dell’uomo; tuttavia in diverse occasioni esse vengono tranquillamente praticate sull’uomo,
addirittura ancor prima che ne sia stata stabilita la loro liceità morale
L ’UMANIZZAZIONE DELLA SANITA’ MODERNA
Secondo i dati del Ministero della Sanità ogni anno in Italia vengono ricoverati 8 milioni di
persone, il numero di quelle che accedono ai pronto soccorso è di circa 15 milioni, mentre più del
90% della popolazione ha un qualche contatto con il servizio sanitario nazionale (SSN). La sanità e
la salute rappresentano quindi un impatto inevitabile nel corso della nostra vita; spesso questo
impatto determina nella psiche umana riflessi emotivi rilevanti ed imprevedibili.
E questo perché il paziente, affetto da una patologia di una certa importanza e quindi bisognoso di
cure e assistenza specialistica ospedaliera, si sente spesso a disagio, come in una terra straniera e,
almeno inizialmente, ha quasi la sensazione di un rapporto spersonalizzato.
Un ospedale è tanto più umano, quanto più sa rispettare e difendere la personalità dell’ammalato, e
l'ospedale infatti rappresenta un organismo complesso e articolato, la cui efficienza dipende
prevalentemente dalla capacità e dalle possibilità di ciascuna delle sue componenti di interagire
con le altre a tutti i livelli: tra i servizi, tra le équipes che operano nei vari servizi, tra gli operatori
delle singole équipes, ma anche tra la dirigenza politica, quella sanitaria e quella amministrativa.
Inoltre un’eccesso di specializzazione può determinare una frammentazione della prestazione
sanitaria, ma anche del rapporto interpersonale tra medico e paziente, con una vera e propria
separazione di due concetti che tradizionalmente erano uniti in simbiosi: il concetto di assistenza
e il concetto di terapia.
Assistenza come incontro del soggetto nella sua totalità, come capacità di alleviare il dolore, di
confortare, di essere vicini al malato inteso come persona.
Terapia come capacità puramente scientifica di intervenire su un determinato organo
ripristinandone la funzionalità.
Il problema medico tende così a ridursi sempre più all’applicazione di freddi protocolli per la cura
di un organo malato, la cui funzionalità va ripristinata; il medico oggi cura meglio la malattia ma
meno l’uomo, inteso della sua globalità: spesso si parla di organo critico e non di paziente critico.
Alla base della maggior attenzione per la Bioetica. ci sono quindi tre fattori principali:
1.
l’enorme - e spesso incontrollato - sviluppo del progresso scientifico e tecnologico.
2.
il progressivo deteriorarsi del rapporto tra medico e paziente
3.
una crescente limitazione delle risorse economiche in campo sanitario
Di drammatica attualità sono proprio i nuovi ed inediti condizionamenti economici, che le varie
strategie diagnostiche e terapeutiche subiscono sempre più da parte degli organi amministrativi e
quindi il medico, tra i tanti elementi su cui deve basare le proprie scelte ed indicazioni
diagnostico/terapeutiche, è sempre più sollecitato a tener conto della limitazione della spesa e ad
esserne sempre maggiormente condizionato. Ne derivano nuovi ed inediti problemi etici relativi
proprio ad un razionale utilizzo delle risorse economiche (sempre più limitate rispetto ai reali
fabbisogni): la salvezza di una persona può costare finanziariamente tanto quanto curarne altre
dieci.
MA COME UMANIZZARE LA SANITA’?: Un primo obiettivo, che ci si deve porre è quello di
organizzare un'assistenza umanizzata nei reparti ospedalieri e nel territorio. In questo contesto si
devono ricercare la qualità dei risultati, ma anche qualità delle attività, dei mezzi materiali e
soprattutto la qualità etico-professionale del personale (medici ed operatori sanitari).
Gli ospedali e i reparti devono fondare la loro notorietà e prestigio non tanto privilegiando la
realizzazione di interventi eccezionali e spettacolari ottenendo magari quei cosiddetti miracoli
della medicina oltretutto riservati ad una parte limitata di pazienti, ma al contrario devono poter
garantire a tutti i ricoverati le cure che rispondano ai loro reali bisogni ed i risultati che migliorino
in modo significativo il loro stato e che possano concretizzarsi in un reale beneficio psico-fisico.
Si deve innanzitutto tener conto delle esigenze e dei diritti degli ammalati e quindi: la competenza
e la professionalità degli operatori, la qualità e l'adeguatezza dell'assistenza, un miglior utilizzo
delle risorse attraverso una riduzione degli sprechi di tempo e di denaro, il rispetto della dignità e
dei diritti della persona, la protezione dei soggetti deboli e il rispetto della morte. L'obiettivo, in
questo contesto, è quello di poter quantificare delle misure di salute e di qualità di vita nella
maniera più oggettiva possibile per uniformare e valutare trattamenti.
Le domande che a questo punto ci poniamo sono:
1. come un trattamento rispetto ad un altro (o rispetto al non trattamento) incide nell'autonomia del
paziente?
2. quale cumulo di sofferenze (in termini di dolore fisico, di disabilità e di disagio psicologico) imponiamo al
paziente trattandolo in un certo modo piuttosto che in un altro?
Ma il concetto di qualità della medicina - inteso anche come accoglienza in ospedale, i cosiddetti
servizi alberghieri ed le strutture architettoniche (si parla sempre di più di barriere architettoniche)
sempre più adeguate alle esigenze degli ammalati - è stato recentemente introdotto nella Carta dei
servizi pubblici sanitari presentata nell'aprile 1995. Si cercano inoltre nuove regolamentazioni ed
ulteriori indicazioni etico-morali attraverso la costituzione dei Comitati Etici (CE)
I COMITATI ETICI
Un documento dell'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa del 2 febbraio 1989 invitava i
Governi degli Stati membri a istituire "istanze nazionali interdisciplinari, incaricate di informare la
collettività' ed i pubblici poteri dei progressi scientifici e tecnici compiuti in embriologia, nella
ricerca e sperimentazione biologica, valutarne i risultati, i vantaggi e gli inconvenienti anche sotto
il profilo dei diritti e della dignità' dell'uomo e degli altri valori morali ".
A seguito di questa raccomandazione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri Italiana istituiva,
con decreto del 28 marzo 1990, il Comitato Nazionale per la Bioetica ed il 2 febbraio 1995
l'Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa ha approvato la "convenzione sul rispetto dei
diritti umani nell'applicazione della biologia e della medicina " che rappresenta la prima
normativa che regoli i limiti etici dell'ingegneria genetica e in generale nella sperimentazione
avanzata in medicina e biologia.
Il progresso scientifico, ormai giunto alla conoscenza delle basi molecolari della vita e alla
possibilità di manipolarla, impone sempre più una regolamentazione dell'intera ricerca biologica e
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medica sottoponendola ad un controllo e giudizio esterno da parte di una struttura autonoma e
qualificata. E tuttavia in una società complessa e pluralistica come la nostra non esiste un
magistero etico che possa raccogliere i consensi unanimi ed è stata quindi proposta l’istituzione
dei Comitati Etici.
I C.E. sono stati proposti da più parti come strutture multidisciplinari composte da esperti di etica
qualificati e le loro funzioni principali sono:
1) Fornire, con raccomandazioni e linee guida, un supporto per le decisioni etico-morali della
medicina: sempre più difficili e talora drammatiche .
2) Consultiva: soprattutto in relazione a questioni etiche connesse con le attività di ricerca, di
assistenza e di gestione (ancora più complessa e problematica dopo l’introduzione dei DRG)
3) Di revisione dei protocolli di sperimentazione clinica, in relazione ai presupposti etici della
stessa sperimentazione, le condizioni e le modalità con cui viene programmata, i soggetti in cui si
applica e ogni altra circostanza rilevante.
Queste funzioni del CE vengono esplicate, autonomamente e con l’eventuale cooptazione di altri
esperti (di volta in volta), attraverso la formulazione di pareri etici motivati su questioni specifiche
ovvero con l’impostazione di vere e proprie linee guida inerenti a problemi di più ampia
rilevanza.
Per i comitati di etica locali, regionali e nazionali c’è il bisogno di una certa indipendenza dei
membri dei C.E. dagli enti che li ha nominati, e questo proprio perché il C.E. abbia una grande
autorevolezza e non diventi solo l’ennesimo timbro. Il rischio è infatti che la medicina moderna
sempre più formale (e talvolta senza umanità) possa cercare una propria legittimazione dal C.E.
I pareri del C.E. devono essere pertanto autorevoli ma mai vincolanti perché non deve esistere
alcuna responsabilità giuridica da parte dei membri dei C.E. ad esprimere un parere.
Inoltre non ci devono essere gerarchie tra i vari C.E. locali ed il regionale o Nazionale, che hanno
solo delle funzioni di coordinamento; inoltre non ci possono essere più di un C.E. per ogni USL o
azienda ospedaliera. Il C.E. Nazionale ha solo funzioni teorico-formativo, ma non
raccomandazioni dettagliate su composizione, ruolo e regolamento di ogni singolo C.E.;
l’autoregolamentazione deve avvenire tra i vari C.E. confederati (autocontrollo tra pari); molto
importante è il collegamento tra i vari C.E. per uno scambio di esperienze e di informazioni, anche
per poter avere dei punti di riferimento per una collaborazione reciproca senza gerarchie e senza
vincoli.
Risulta importante la presenza del Direttore Sanitario ed inoltre da parte del C.E. non ci sono
pareri vincolanti tuttavia visto che non si possono sperimentare dei farmaci senza il parere
positivo del C.E. nel caso specifico il parere diventa di fatto vincolante.
Il problema etico è di per sé insito in ogni singolo caso clinico e allora quando e perché si chiede il
parere del C.E.? In pratica quando ci si trova di fronte a casi particolarmente complessi e quindi il
C.E. può dare una consulenza al processo decisionale del medico in ordine a casi clinici eticamente
rilevanti; questo rappresenta di fatto la funzione più caratteristica e più importante dei C.E. ed in
questi casi si può anche dover procedere a convocazioni urgenti del Comitato Etico stesso. Come
prassi la richiesta del parere del C.E. necessita di essere corredata di tutte le varie informazioni che
il C.E. deve conoscere, per una valutazione etica e per esprimere il proprio parere.
CONCLUSIONI:
Attualmente emergono due aspetti rilevanti per l’umanizzazione della sanità: culturale ed
etico/economico.
Le scienze, le loro scoperte, le loro interpretazioni e le loro applicazioni, coinvolgono ormai nel
bene e nel male la vita di tutti, è quindi indispensabile che tutti ne siano informati; risulta molto
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importante una maggiore sensibilizzazione dei mezzi di informazione affinchè tutti abbiano
maggiori possibilità di "dire la loro". E' giusto perciò che, attraverso ad una cultura scientificofilosofica più diffusa, si allarghi il numero di chi può sapere, valutare e proporre.
Le strutture sanitarie sono state trasformate in vere e proprie aziende, con budget da rispettare e si
parla sempre più di "razionamento delle risorse" e addirittura vi sono economisti, filosofi e anche
medici i quali propongono non come rendere meno dispendiose o più efficaci le cure, o come
distribuirle più equamente, bensì come scegliere chi curare e chi no. Ma per noi medici ed
operatori sanitari questo non può essere accettabile: non possiamo e non dobbiamo restare
neutrali, non si può pensare solo a far quadrare i conti e vorrei così citare un’affermazione molto
significativa del sociologo Sabino Acquaviva: “Se una società si pone il problema della felicità dell’uomo
in maniera globale, nei suoi aspetti materiali, psicologici, politici e religiosi, allora è una società capace di
vivere; se invece si muove sul piano strettamente economico e giuridico, si autodistrugge”.
Note Bibliografiche:
1. Congregazione per la Dottrina della Fede: lI rispetto della vita umana nascente e la dignità'
della procreazione, Edizioni Paoline, Milano 1989.
2. Sgreccia E.: Bioetica, ed. Vita e Pensiero 1987.
3. Berlinguer G.: Questioni di via. Etica, scienza salute, Einaudi, Torino 1991.
4. Bompiani A.: Bioetica in Italia. Lineamenti e tendenze. Ed. Dehoniane, Bologna 1992.
5. Tettamanzi D.: Bioetica, ed. Piemme 1996.
6. Evangelium vitae: Lettera Enciclica di Giovanni Paolo II, Edizioni Paoline, Milano 1995.
7. Spinsanti S.: Etica bio-medica Ed. Paoline, pag.218, 1988
8. Buttiglione R., "Sistemi di valori e cultura della salute", in I comitati etici, Ed. Franco Angeli,
pag.178-181, 1988
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