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15/02/2012 - PAG. 7
Record di freddo in pianura, la Regione ha annunciato di voler chiedere lo stato di calamità
Il gelo mette a rischio la frutticoltura pinerolese
Colpiti kiwi e ulivi, ma solo il disgelo svelerà l’entità dei danni - Emergenza anche negli allevamenti
Le temperature polari
di questi giorni stanno
mettendo a dura prova i
frutteti, gli uliveti e i vitigni di tutto il Piemonte.
Nel Pinerolese, mentre si
danno già irrimediabilmente perse le coltivazioni orticole in pieno campo
(cavoli, verze e broccoli),
ora si teme per i kiwi e
molte speci di “Rosaceae”.
Solo nella pianura compresa tra Campiglione,
Cavour e Pinerolo, sono
a rischio “gelo” oltre 600
ettari adibiti alla coltivazione dell’actinidia, il 30
per cento della frutticoltura totale. Solo tra qualche
settimana si capirà l’entità
del danno sul raccolto del
prossimo autunno. Ma si
teme anche per le piante.
«A patire di più saranno i
fusti più giovani - spiega il
tecnico frutticolo Sergio
Bunino di Cavour, in ricognizione nei frutteti dei
Comuni del Cifop, dove le
brutte sorprese a primavera potrebbbero investire
anche altre coltivazioni -.
Per quanto riguarda gli albicocchi e i peschi precoci,
questi avevano avuto un
risveglio anticipato: l’inverno, fino a metà gennaio,
era stato eccezionalmente
mite. Le gemme si erano
già ingrossate; addirittura, gli albicocchi avevano
rotto le gemme e la linfa
si era già messa in movimento». Prosegue Bunino:
«Ecco perché il precipitare
delle temperature a -20°
sta facendo un disastro: si
teme che, in molti frutteti,
le gemme buone rimaste
siano meno del 20 per cento». Sono protette solo le
gemme rimaste sotto la
neve. Bunino: «Ma sono
per lo più gemme interne
alla pianta; quelle sui rami
esterni dei kiwi, ad esempio, hanno riportato gravi lesioni». Così come in
molte cortecce: e sarà da
queste ferite che, in primavera, probabilmente andranno ad annidarsi vere
e proprie colonie di bat-
teri. E i kiwi, già devastati
dalla batteriosi, avranno
il colpo finale? Bunino: «Il
rischio c’è: le piante che
sopravviveranno, soprattutto quelle più giovani,
arriveranno a primavera
più indebolite». Mai avuto minime così basse, da
quando sono iniziate le
coltivazioni dei kiwi in
Piemonte. Bunino: «L’ultima gelata simile risale al
1956. Il kiwi arrivò molti
anni dopo».
Nel caso della vite, invece, la compromissione
sta avvenendo soprattutto sui giovani impianti,
proprio al di sopra del
manto nevoso dove si dipartono i tralci da frutto.
Situazione simile anche
per gli ulivi. Giuseppe Arbrile, tecnico Coldiretti
che segue gli uliveti del
territorio, spiega, tuttavia,
che gli ulivi hanno capacità di cicatrizzare velocemente le ferite sulle cor-
Un’immagine di una piantagione di kiwi immersa nel gelo di questi giorni. La neve
riuscirà a proteggere le piante?
tecce procurate dal gelo.
«La morte della pianta è
difficile. Ma solo in primavera capiremo l’entità dei
danni causati da questo
gelo. Probabile che, se a
patire sia stata soprattutto
la chioma, la produzione
sarà persa per almeno due
anni, perché occorrerà potare i rami secchi; ma sarà
salvata la pianta. Solo per
gli ulivi più giovani potrà
esserci qualche rischio».
Dalle colline di Bricherasio a Barge, da Cumiana
alla Valle Susa, sono oltre
20mila gli ulivi a dimora.
Arbrile: «La neve protegge
e l’ulivo stupisce: speriamo
che la primavera ci porti
buone notizie».
Situazione di emergenza anche nelle aziende zootecniche (circa 200 solo
nel Comune di Cavour):
tubazioni e abbeveratoi
sono ghiacciati da una
decina di giorni; agli allevamenti arriva acqua
solo con botti di fortuna
o dopo ore di lavoro con
il pompaggio di acqua
calda nelle stalle. I circa
3.000 allevamenti bovini
presenti sul territorio subalpino (i dati sono della
Confagricoltura) producono in media 2,5 milioni
di litri di latte al giorno.
Con le attuali condizioni
climatiche (le mucche
producono meno) si perdono quotidianamente
oltre 375.000 litri di latte:
questo significa che il gelo
costa al Piemonte all’incirca 170.000 euro al giorno
solo per la mancata produzione lattiera.
Confagricoltura e Confagricoltura («Senza creare allarmismi, la situazione è comunque preoccupante») fanno pressione
sulla Regione, che ha
annunciato di chiedere lo
stato di calamità. L’entità
del danno totale al settore
primario potrà essere determinata con maggiore
certezza soltanto tra qualche settimana.
Manuela Mié
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