Ecosistemi delle scogliere coralline, praterie di fanerogame e

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Ecosistemi delle scogliere coralline, praterie di fanerogame e mangrovieti ■
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Fig. 10.20
La stella di mare Corona di spine (Acanthaster plancii) mentre preda un corallo folioso. Si noti (in basso a destra) la parte predata che è stata completamente
sbiancata.
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Biologia Marina
10.1.13
ConsUmatori terZiari
I consumatori terziari sono i principali predatori carnivori dei reef. Si
cibano predando tipicamente i consumatori secondari (Fig. 10.21).
Molti organismi si cibano di coralli e gorgonie e pesci. Sparidi,
serranidi, carangidi, barracuda (Sphyraena sp.), e cernie (Epinephelus sp.) sono predatori che insistono su prede di taglie diverse. La
presenza di questi predatori ed in particolare di barracuda, cernie
e carangidi indica condizioni di buona salute dell’ecosistema. La
presenza degli squali di piccole dimensioni (mesopredatori) e di
grande taglia (predatori apicali) forniscono indicazioni di elevata
qualità ambientale e salute dei reef. Raramente lo squalo caccia di
giorno. Lo squalo pinna bianca non scende mai sotto i 20 metri, insieme al pinna nera, è un tipico abitante del reef. Lo squalo grigio
si trova poco più in profondità. Fra le specie più comuni dei reef
corallini si possono elencare lo squalo a pinna grigia (Carcharhinus
amblyrhynchos), a pinna bianca (Triaenodon obesus) e a pinna nera
(Carcharhinus melanopterus).
10.1.14
la CompetiZione per lo spaZio
nei reef Corallini
Nei reef esiste fortissima competizione per lo spazio, che significa
possibilità di esporsi a condizioni ottimali di luce e quindi di alimentazione per le zooxantelle simbionti. Sono note tre strategie
principali da parte degli organismi sessili per conquistare lo spazio
vitale: 1) crescita rapida in spazi liberi; 2) aggressione degli spazi
già occupati; 3) rilascio di sostanze tossiche. Quando due diverse
Fig. 10.21
Esempi di grandi predatori delle scogliere coralline. I top predators (grandi squali) predano anche i mesopredatori (da sinistra verso destra: lutianidi, carangidi e barracuda).
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Ecosistemi delle scogliere coralline, praterie di fanerogame e mangrovieti ■
EFFEttI DELL’ACIDIFICAZIoNE
oCEANICA SuI CoRALLI tRoPICALI
I coral reef sono riconosciuti a livello globale come gli ecosistemi
più vulnerabili dall’acidificazione degli oceani. Le variazioni nelle
caratteristiche chimiche dell’acqua di mare, risultanti in un aumento dell’assorbimento di Co2, impediscono le funzioni di base della
produzione di carbonato di calcio che è caratteristico di molti organismi dei reef, e che costituiscono le fondamenta della struttura
del coral reef. L’acidificazione degli oceani, quindi, influenza sia le
componenti biologiche sia quelle geologiche. La formazione dello
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Impatto dei
cambiamenti
globali
sulle scogliere
coralline
scheletro in molti organismi che secernono uno dei vari materiali
di carbonato di calcio (aragonite e calcite anche ad alto contenuto
di magnesio) varia quando vengono esposti a condizioni ad elevata
Co2. Sui coral reef, i due gruppi maggiormente calcificanti – coralli
e macroalghe calcificanti. Anche gli organismi non calcificanti sono
influenzati dall’acidificazione (Fig.10.22). L’acidificazione provoca la
diminuzione della crescita dello scheletro del corallo e delle alghe
coralline. La risposta sembra essere reversibile.
Fig. 10.22
L’acidificazione oceanica è un fenomeno più volte predetto da modelli
come questo che mostra come già per il 2050, a livelli di Co2 previsti di
550 ppm rispetto alle 386 attuali, vi sia una riduzione globale dello stato
di saturazione dell’aragonite nelle acque superficiali. Serie storiche di dati
confermano che la riduzione del pH dell’acqua marina è un fenomeno
già in corso ed iniziato con l’era industriale. Sotto: esempio di coralli più
minacciati da questo tipo di impatto.
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CREME SoLARI E cOrAl bleAching
Negli ultimi 20 anni, gli eventi di sbiancamento (bleaching) di massa
sono drasticamente aumentati sia nella frequenza sia nell’intensità.
Questo fenomeno è stato associato con le anomalie positive di temperatura, l’eccesso di uV o alterazione della disponibilità di radiazione
fotosintetica, presenza di batteri patogeni e inquinanti. Poiché le creme solari sono lipofiliche, i loro filtri uV possono bioaccumularsi negli
animali acquatici e producono effetti simili a quelli di altri composti
xenobiotici. Recentemente è stato anche dimostrato che diversi agenti
presenti nelle creme solari possono aumentare significativamente la
produzione virale nell’acqua attraverso l’induzione del ciclo litico nei
Inquinamento
dovuto ai prodotti
perlacurapersonale
nelle scogliere
coralline
procarioti con l’infezione lisogenica. un fenomeno simile accade nei
coralli. Dopo l’aggiunta di creme solari, l’abbondanza virale nell’acqua
circostante i rami del corallo aumenta significativamente, raggiungendo
valori 15 volte più alti che nei controlli. Poiché i coralli sono stati lavati
prima del trattamento con acqua virus-free, con tutta probabilità i virus
incontrati fossero rilasciati dai simbionti dei coralli. Prove di laboratorio
per escludere altri fattori inducenti il ciclo litico hanno portato alla conclusione che le creme solari causino il bleaching dei coralli (Fig. 10.23)
attraverso l’induzione del ciclo litico nelle zooxantelle simbiotiche con
infezioni virali latenti, molto comuni nelle zooxantelle simbiotiche.
Fig. 10.23
Esempio di un corallo sbiancato (a destra) a seguito dell’infezione virale (corallo sano prima dell’esperimento a sinistra).
specie di coralli entrano in contatto una delle due o entrambe le
specie estrudono dei filamenti mesenterici (organi digestivi) che
in poche ore entrano in contatto con la specie contigua a ucciderne
i polipi (digestione in situ dei tessuti). I coralli dei generi Favia,
Favites, Scolymia, Pavona e Cynarina possiedono tutti queste caratteristiche. Altri polipi attaccano il bordo del corallo adiacente
con potenti nematocisti che causano la necrosi tissutale dei polipi
limitrofi (come ad esempio, Goniopora). Altri ancora hanno sviluppato tentacoli con cui aggrediscono i coralli limitrofi. I coralli
più aggressivi includono i fungidi isolati mentre i meno aggressivi
includono Porites sp.
10.1.15
interaZioni tra sCogliere Coralline
Con gli eCosistemi adiaCenti
I due ecosistemi associati alle scogliere coralline sono le foreste
di mangrovie e le praterie di fanerogame. Come abbiamo visto, le
mangrovie hanno la funzione di barriere fisiche contro le tempeste,
esportano energia e materiale organico (si tratta di ecosistemi altamente produttivi) agli ecosistemi adiacenti: una grande percentuale
(30-80%) della biomassa è consumata sotto forma di detrito (foglie
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morte, fiori) direttamente da invertebrati e batteri. Le mangrovie
più produttive sono quelle in bassa salinità, clima umido, influsso
di acqua dolce. Sono inoltre ottime aree nursery, ovvero costituiscono l’habitat ideale per le forme giovanili di molte specie di pesci
e crostacei. Le praterie di fanerogame sono spesso associate a scogliere coralline (Fig. 10.24), comunque in sedimenti fangosi, ricchi
di materia organica e spesso anossici. Si sono adattate all’ambiente
di reef grazie a radici e rizomi e adattamenti fisiologici. Le praterie
contribuiscono a: 1) stabilizzare i sedimenti, 2) proteggere gli ambienti terrestri e l’erosione delle coste, 3) filtrazione dei sedimenti
terrigeni per le scogliere coralline. Proprio come le mangrovie, sono
altamente produttive e rappresentano un’area nursery ottimale per
molte specie di pesci di barriera.
10.2
praterie di fanerogame
Le praterie di fanerogame marine sono costituite da angiosperme
(piante superiori) che si stabiliscono in habitat a fondi mobili lungo
le coste, le baie e gli estuari. Alcune specie (Phyllospadix spp.) e Amphibolis spp. crescono sui substrati duri e Posidonia oceanica riesce
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Ecosistemi delle scogliere coralline, praterie di fanerogame e mangrovieti ■
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Fig. 10.24
Ecosistemi associati alle barriere coralline e loro interconnessioni: le mangrovie, nella porzione più superficiale del reef, aiutano a prevenire l’erosione,
producono nutrienti e rappresentano un’area nursery, così come le praterie di fanerogame, che si trovano in una parte meno superficiale e incrementano
la stabilizzazione del sedimento. Più in profondità troviamo esclusivamente le formazioni coralline.
ad insediarsi tra gli anfratti dei fondi rocciosi. Le fanerogame marine
si sono evolute da piante superiori terrestri che hanno conquistato
l’ambiente marino nel Cretaceo, circa 120 milioni di anni fa (epoca
a cui risalgono i primi fossili di Posidonia, la Posidonia cretacea). Il
culmine del loro sviluppo si è avuto nell’Eocene (Era Cenozoica, 30
milioni di anni fa). Si tratta di piante che hanno colonizzato l’ambiente marino grazie a graduali adattamenti di acclimatazione alle acque
salmastre e poi all’immersione totale nelle acque marine. La tesi
più attendibile della loro migrazione nell’ambiente marino è quella
sviluppata da Den Hartog, secondo la quale le angiosperme terrestri
si sono evolute in specie capaci di sopportare brevi immersioni nelle
acque salate lungo la zona di marea. Una volta che si è evoluta l’impollinazione, passata da anemofila a idrofila, queste piante sono state
in grado di vivere completamente sommerse in mare.
Le fanerogame marine comprendono meno dello 0.02% delle
angiosperme, rappresentando un numero piccolissimo di specie ri-
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spetto al numero totale di specie vegetali marine. Esistono al mondo
58 specie di fanerogame marine, appartenente a 13 generi, e più
della metà di queste si trovano lungo le coste australiane. Negli
Stati Uniti, più del 90% delle fanerogame è nel Golfo del Messico. La comunità più estesa al mondo si trova a largo della Florida
meridionale. Tre generi, Halophila, Zostera e Posidonia includono
circa il 55% delle specie, mentre Enhalus, il genere che si è differenziato più recentemente, è rappresentato da una singola specie, Enhalus acoroides. Dei 13 generi esistenti, sei (Amphibolis,
Heterozostera, Phyllospadix, Posidonia, Pseudalthenia e Zostera)
sono principalmente ristretti ai mari temperati, mentre gli altri sette
(Cymodocea, Enhalus, Halodule, Halophila, Syringodium, Thalassia e Thalassodendron) sono presenti soprattutto nei mari tropicali.
Molte praterie sono monospecifiche, in particolare negli ambienti
temperati dell’emisfero settentrionale in cui le praterie tendono ad
essere dominate da un singolo genere (Zostera nei sedimenti mobili
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Biologia Marina
e Phyllospadix nei sedimenti rocciosi). Tuttavia, in Mediterraneo e
negli ambienti subtropicali e tropicali, si possono sviluppare praterie
plurispecifiche, comprendenti da 2 fino a 12 specie.
Presentano le caratteristiche delle piante terrestri, ovvero la differenziazione della pianta in radici, fusto (denominato rizoma) e foglie,
ma anche caratteristiche peculiari per vivere negli oceani: si accrescono in un mezzo salino da cui traggono i nutrienti, presentano forti
sistemi di ancoraggio necessari a contrastare l’azione delle onde. Tutte
le fanerogame marine hanno le seguenti caratteristiche comuni: 1) sono adattate a vivere in un ambiente salato; 2) sono in grado di vivere
completamente immerse; 3) hanno un vero sistema di ancoraggio nel
sedimento; 4) hanno un sistema di impollinazione idrofilo (svolgono
il loro intero ciclo vitale in mare); 5) sono in grado di competere con
successo con gli altri produttori primari marini, in particolare con le
alghe. Le fanerogame marine sono tutte specie clonali e rizomatose,
un adattamento necessario alla crescita in ambiente marino. Il rizoma è responsabile dell’estensione dei cloni nello spazio, così come
della connessione di rami vicini. I tassi di crescita dei rizomi possono
variare da pochi centimetri all’anno nelle specie di più grandi e a crescita più lenta, fino a più di 5 metri all’anno nelle specie più piccole.
Le fanerogame marine tendono a crescere formando delle praterie,
che possono costituire un habitat preferenziale per molte specie, che
possono utilizzarle anche solo come area di nursery. Le fanerogame
marine sono in grado di assorbire nutrienti mediante le radici e i germogli. I nutrienti fissati da queste piante vanno a costituire detrito che
viene poi rilasciato mediante la mineralizzazione microbica. Le praterie di fanerogame svolgono diverse funzioni ecologiche importanti:
a) forniscono cibo e habitat per molte specie, anche in pericolo di
estinzione (per esempio alcune tartarughe e lamantini; b) supportano
una ricca biodiversità; c) le comunità associate sono costituite principalmente da molluschi, gasteropodi, insetti, pesci e altri organismi
vegetali; d) mostrano un’elevata produzione primaria; e) esportano
carbonio, azoto e fosforo alle reti alimentari costiere; f) stabilizzano
il sedimento sul fondale e possono incrementare la qualità dell’acqua.
Le fanerogame sono infatti particolarmente importanti sia per la
stabilizzazione dei fondali (hanno una capacità di dissipazione per
attrito del 30-40% del moto ondoso e del 60-70% delle correnti) e
per la costituzione di ecosistemi (praterie) costieri, specifici dell’infralitorale. Per la loro capacità di creare paesaggi sottomarini tridimensionali le fanerogame marine sono considerate degli ecosystem
engineers. Le praterie di macrofite possono estendersi anche nella
zona intertidale ma si sviluppano principalmente nel subtditale, nella
zona più superficiale dell’ambiente marino, da 0 fino a circa 40 m
di profondità (in zone particolarmente luminose possono arrivare
fino a 60 m di profondità).
I fattori che maggiormente ne influenzano la distribuzione sono la trasparenza (luminosità), la salinità, l’esposizione all’aria e
all’idrodinamismo, la presenza di fondali idonei (in rapporto alla
loro struttura le fanerogame colonizzano ambienti diversa granulometria), la quantità di nutrienti disponibili e la concentrazione di
inquinanti (le fanerogame marine sono molto sensibili ai fenomeni
di contaminazione da idrocarburi e metalli pesanti).
Le fanerogame marine si trovano in tutte le aree costiere del
mondo, ad eccezione delle coste antartiche (Fig. 10.25).
Al genere Posidonia appartengono 9 specie, che hanno una distribuzione bipolare: la P. oceanica è una specie endemica (esclusiva)
del Mar Mediterraneo, mentre le altre si trovano in Australia. La distribuzione mondiale della Posidonia mostra che probabilmente le
specie derivano da un antenato ancestrale comune per un processo
di speciazione allopatrica. La distribuzione era in un’unica zona del
Mediterraneo nella Tetide, dall’Oceano Indiano fino all’Oceania. Gradualmente la Posidonia si è estinta nella zona centrale e il genere si è
evoluto per speciazione allopatrica: nelle due zone la Posidonia è stata
sottoposta a condizioni diverse, hanno dato luogo ad un’unica specie
in Mediterraneo (la Posidonia oceanica) e ad altre specie in Australia.
La Posidonia oceanica si riproduce sia per via sessuale sia asessuale. La modalità asessuale avviene per stolonizzazione. Con questo processo un’intera pianta è costituita da un rizoma tracciante
orizzontale, denominato plagiotropo, da cui possono originarsi altri
rizomi sia verticali o ortotropi sia orizzontali, portanti i ciuffi (Fig.
10.26). Questo processo di sviluppo viene detto «stolonizzazione»
e rappresenta la riproduzione vegetativa della pianta.
Fig. 10.25
Distribuzione su scala globale delle fanerogame marine.
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Ecosistemi delle scogliere coralline, praterie di fanerogame e mangrovieti ■
a)
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b)
Fig. 10.26
a) Struttura di un ciuffo di Posidonia e sue componenti. Si evidenziano le
foglie, l’infiorescenza con la brattea, il peduncolo, il frutto (detto anche oliva di mare), il seme, le scaglie del rizoma, il rizoma e le radici. b) Immagine
di un’infiorescenza di fanerogama marina.
Si possono avere fino a 700 ciuffi di Posidonia in un solo m2 di
sedimento, ognuno composto da almeno 6 foglie dalla lunghezza che
può superare il metro. La prateria non si considera più tale quando la
densità dei ciuffi scende sotto i 200 per m2 ed è ridotta o compromessa
quando si hanno meno di 50 ciuffi al m2. I ciuffi sono nastriformi e
distribuiti a ventaglio: le foglie più vecchie e lunghe si trovano nella
parte più esterna. Le foglie sono costituite da una base e da un lembo
(la parte fotosintetizzante) separati da una linea concava denominata
«ligula» in corrispondenza del quale le foglie si staccano nel periodo
autunnale. Le foglie si accrescono dal basso verso l’alto e dall’interno
Le praterie
dei mari
LE FANERoGAME IN MEDItERRANEo
Le specie di fanerogame presenti in Mediterraneo sono solo sei, ma
nel loro insieme contribuiscono a formare una cintura molto estesa
lungo la fascia costiera. tra queste, la specie endemica del nostro bacino, Posidonia oceanica (Fig. 10.27) costituisce uno degli ecosistemi
più produttivi della fascia costiera, proprio per questo soggetto a forti
impatti antropici. La grande importanza delle praterie di Posidonia
oceanica risiede nella loro estensione, nella loro elevata produttività
e nella loro stabilità, potendo infatti persistere per migliaia di anni.
L’elemento cruciale di tale ecosistema è da individuare nella pianta
stessa: infatti questa, con le sue caratteristiche fenologiche, la sua
dinamica di crescita e la sua ripartizione della biomassa, costituisce il
supporto fisico e trofico per le comunità vegetali e animali associate
che si presentano molto diversificate. In aggiunta, anche il detrito
fogliare e le scaglie rappresentano un microhabitat unico e preferenziale per molti organismi detritivori e perforatori. Il crescente impatto
antropico (pressione demografica, urbanizzazione, industrializzazione, inquinamento, cambiamenti climatici globali) ha fatto sì che gli
ecosistemi litorali, e quelli a Posidonia oceanica in particolare, siano
tra i più minacciati e soggetti a fenomeni di forte degrado.
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Fig. 10.27
La fanerogama Posidonia oceanica costituisce delle foreste così fitte da ridurre del 99% la penetrazione della luce dalla superficie delle foglie ai rizomi.
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di ogni ciuffo verso l’esterno. Il frutto, commestibile, denominato
«oliva di mare», presenta un pericarpo poroso e ricco di sostanze oleose (galleggia per aumentare la dispersione). L’apertura del pericarpo
libera il seme, una volta depositatosi sul fondale. L’infiorescenza è
solitamente nel periodo autunnale con fiorellini bianchi (Fig. 10.26).
La Posidonia oceanica ha una distribuzione che va tipicamente da 0
a 40 metri di profondità predilige acque oligotrofe, che permettono di
sfruttare al meglio la penetrazione della luce alle profondità maggiori.
Le praterie di Posidonia costituiscono un ecosistema particolarmente
complesso, che produce grande quantità de materia organica e di ossigeno. È l’habitat ideale per la vita di moltissimi organismi acquatici
compresi quelli animali: dai più semplici ai pesci, che vi trovano un
habitat consono alla deposizione delle uova e allo sviluppo larvale. Vi trovano le condizioni ottimali una quantità rilevante di epifiti
(vedi paragrafo sulla biodiversità). Una peculiarità della Posidonia
oceanica è quella della formazione di matte (Fig. 10.28), ovvero di
un blocco di sedimento compattato da un fitto intreccio di rizomi e
detriti vegetali. La matte è quindi costituita da rizomi, radici, sabbia,
detrito organogeno e foglie in decomposizione. Le matte si formano
per effetto del seppellimento progressivo dei rizomi da parte del se-
Fig. 10.28
Rappresentazione schematica di una matte. Sono riportati in evidenza i
rizomi ortotropi verticali, quelli plagiotropi orizzontali e il sedimento intrappolato tra i rizomi.
Fig. 10.29
Immagine di una prateria di fanerogama frammista a macroalghe (in alto) ed esempi di banquette (banco) costituito da foglie di Posidonia spiaggiate e
seccate (in basso).
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Ecosistemi delle scogliere coralline, praterie di fanerogame e mangrovieti ■
dimento che si deposita per effetto della presenza della fanerogama.
Questo processo da origine ad una formazione «a terrazza», che in
francese prende il nome di «matte», che può accrescersi di 1 m al
secolo. Si tratta di un processo in continua, anche se lenta, evoluzione in cui il rizoma che si sviluppa in direzione verticale (ortotropo)
permette alla pianta di avere sempre accesso alla luce mentre sono
seppellite le porzioni basali per effetto della sedimentazione. Ogni
tratto di rizoma può produrre altri rizomi. I rizomi ortotropi, crescendo verticalmente permettono alla pianta di raggiungere la luce.
Inoltre, a livello della radice le foglie tendono ad attenuare la quantità
di luce che arriva alle radici fino a 100 volte rispetto alla superficie
delle stesse. Il ritmo di innalzamento della matte dipende dal tasso di
accrescimento della pianta e dall’idrodinamismo. Nelle aree molto
riparate, dove l’idrodinamismo è particolarmente scarso, la prateria
si può innalzare tanto da far emergere le foglie e formare con la matte
una barriera naturale. In aree molto esposte, la matte può venire erosa,
con conseguente regressione della prateria. Se le piante muoiono, la
matte persiste, e può essere colonizzata da alghe o altre fanerogame
come Cymodocea nodosa e Nanozostera noltii.
La quantità di foglie prodotte è tale che buona parte di esse può
essere spiaggiata e può accumularsi sulla spiaggia formando delle
banchine di foglie (Fig. 10.29) dette anche banquette. Queste strutture forniscono un habitat unico che viene colonizzato da molte
specie di invertebrati e in particolare da crostacei.
I cloni della fanerogama Posidonia oceanica potrebbero essere l’organismo più antico sulla terra. Alcune praterie del Mediterraneo, infatti, hanno
fino a 15 km di larghezza e potrebbero avere un’età di oltre 100.000 anni.
317
La Cymodocea nodosa (Fig. 10.30) è ampiamente diffusa, anche su fondali con acque meno trasparenti e oligotrofe rispetto
a quelli richiesti dalla Posidonia oceanica. Cymodocea è distribuita in Mediterraneo (in particolare in Adriatico Settentrionale,
nelle Isole Canarie), in Centro Atlantico (a largo del Senegal, che
rappresenta il suo limite di distribuzione meridionale), in Nord
Atlantico (il suo limite di distribuzione settentrionale è l’estuario
del Sado in Portogallo). È una tipica specie pioniera che con il
suo insediamento «prepara» il substrato ad altre piante più esigenti come la Posidonia. Può tollerare l’anossia e la presenza di
Idrogeno solforato nel suolo. Le sue foglie ospitano una comunità
epifita ricca quasi quanto quella della Posidonia. Tra le sue foglie
si riproducono molte specie di pesci. È la specie di fanerogama
maggiormente diffusa in Mediterraneo dopo la Posidonia oceanica. Forma estesi prati tipicamente fino a 20 m di profondità, in
zone con scarso idrodinamismo e a granulometria fine, sopporta
elevati carichi organici.
Thalassia testudinum è la specie più grande e più robusta fra
le macrofite presenti in Florida e nei Caraibi. Cresce in acque
particolarmente pulite e ha una distribuzione spaziale piuttosto
ristretta: fino a 10 m di profondità (ma può arrivare fino a 25
m). Si stabilizza su diverse tipologie di strati, anche su coralli,
materiale roccioso, sabbia e sedimenti a granulometria molto
grossolana (Fig. 10.30). Una volta che la specie si è insediata,
il sedimento diventa meno importante, soprattutto in aree in cui
c’è una corrente molto lenta. Le foglie morte e i rizomi si accumulano fra le porzioni vive della pianta per un considerevole
periodo di tempo.
Fig. 10.30
una prateria di fanerogame con cymodocea e Thalassia sp. in ambiente tropicale.
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10.2.1
biodiversità assoCiata
alle fanerogame
Gli organismi appartenenti a questi sistemi possono essere suddivisi in differenti gruppi a seconda del microhabitat che occupano:
a) organismi mobili e fissi dello strato fogliare; b) organismi che
occupano la colonna d’acqua sovrastante la prateria e tra le foglie;
c) organismi mobili e fissi che vivono tra i rizomi; d) fauna della
matte composta sia da organismi sessili (in cui dominano idrozoi,
briozoi e policheti serpulidi) e da organismi vagili (dominati da
molluschi gasteropodi quali Rissoa, Gibbula e Bittium, crostacei
anfipodi, Isopodi come Idothea hectica e decapodi come il Palemon
xiphias. Alla base della piante vivono specie sciafile (foraminiferi,
Miniacina miniacea), ricci (Paracentrotus lividus), policheti, crostacei decapodi, tra cui Upogebia pusilla che scava gallerie nella
matte (Fig. 10.31). Notevole è anche l’abbondanza di organismi
filtratori, come la Sabella spallanzani, pascolatori, come ricci e
ascidie e di carnivori. Gli organismi detritivori (isopodi e anfipodi,
per esempio) vivono al di sotto delle foglie in decomposizione, ricavando protezione dai predatori e alimento, nutrendosi delle foglie
e portando alla degradazione delle foglie. Alcune forme animali si
sono adattate in maniera specifica alle prateria e diversi sono i casi
di omocromia e omomorfia come nel caso del gamberetto Palemon
xiphias verde come le foglie di Posidonia. Alcuni policheti che
riescono a vivere esclusivamente alla base delle scaglie di Posidonia, trovando qui nutrimento (dalle scaglie) e protezione dalla
predazione (scavando gallerie); l’aspetto interessante è che questi
policheti scavano gallerie anche nella parte basale della foglia viva, che arriva ad essere erosa anche del 50%, accelerando così il
processo naturale di erosione.
Tra le componenti del necton dominano il pesce ago, pesce pavone (Thalassoma pavo) la castagnola (Chromis chromis), il pesce
donzella (Coris julis) e pesci erbivori come la Salpa salpa. All’interno delle praterie troviamo quindi una quantità straordinaria
di componenti dell’iperbenthos (cefalopodi, decapodi, signatidi,
misidacei, opistobranchi ecc.) e alcuni gasteropodi che si cibano della parte apicale delle foglie coperta da epifiti. Pochissimi
sono gli organismi che si nutrono direttamente delle foglie delle
fanerogame, poiché sono molto ricche di tannini. Nelle praterie
vivono molti organismi sessili tra cui spugne che epifite sui rizomi, idroidi su rizomi e foglie, crostacei e briozoi che crescono
sulle foglie. Molte specie non si svilupperebbero in assenza del
Fig. 10.31
Esistono diversi organismi invertebrati che popolano le praterie di fanerogame. Sulle foglie crescono idrozoi, briozoi e policheti serpulidi, sopra di queste
pascolano i gasteropodi, le oloturie e le stelle di mare e nell’acqua tra le foglie possiamo trovare diverse specie di crostacei.
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Ecosistemi delle scogliere coralline, praterie di fanerogame e mangrovieti ■
substrato creato dalla fanerogama, tra questi i tunicati (soprattutto
alla base della prateria), e una comunità di pesci con una diversità
che non ha pari nell’ambiente sabbioso. Ciò è dovuto al fatto che
questo ambiente è un importante area di nursery per i giovanili
di moltissime specie di pesci, e attrae quindi anche moltissimi
predatori. Le praterie sono un luogo ottimale per l’accrescimento
dei giovanili di molte specie per due ragioni fondamentali: 1) la
notevole abbondanza di materia organica, derivante sia dalla produzione primaria che da quella secondaria (epifiti e macroinvertebrati), e 2) l’effetto rifugio dovuto alla possibilità di ripararsi tra
le foglie. Le fanerogame producono continuamente nuove foglie,
radici e rizomi, mentre le porzioni vecchie della pianta «cadono»
ed entrano nella catena trofica del detrito. Per molte specie, l’alto turnover del materiale fogliare rappresenta il maggior input
organico al pool detritale nei sedimenti, mentre parte di questa
materia organica viene dispersa e finisce a profondità maggiori.
Il detrito delle fanerogame marine può contribuire anche alla materia organica presente sulle spiagge, che viene quindi utilizzata
da organismi che vivono in questi ambienti di transizione. La
Posidonia è una risorsa trofica: esistono organismi che la «usano»
direttamente, organismi si nutrono degli epifiti, ed organismi consumatori secondari che, come i crostacei che si cibano del detrito
o degli organismi ad esso associati. Uno dei maggiori pascolatori
è il riccio Paracentrotus lividus, seguito dagli isopodi del genere
Udotea e della Salpa salpa (Fig. 10.32).
In ambienti tropicali, dove le fanerogame crescono rigogliose
queste offrono nutrimento a organismi marini anche di grandi dimensioni come i dugonghi e le tartarughe marine (Fig. 10.33).
319
Fig. 10.32
Schema semplificato di rete trofica di una prateria di Posidonia oceanica
del Mediterraneo. Sono riportati: erbivori (E), carnivori (C), detritivori (D)
e filtratori (F).
10.2.2
fUnZionamento
Le praterie di fanerogame, come le foreste di macroalghe, sono altamente produttive e supportano un’alta biomassa vegetale (Fig. 10.34).
Si tratta di hotspot di produzione primaria che raggiunge valori fino
a 10 volte più elevata rispetto alle aree circostanti prive di praterie
(Box «Metodologie di campionamento e di studio della Posidonia
Fig. 10.33
Esempio di rete trofica associata a
praterie di fanerogame in ambiente tropicale.
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320
Biologia Marina
Fig. 10.34
La macrofite mostrano una elevatissima produzione primaria durante la quale sviluppano ossigeno,
che come si può vedere viene rilasciato appena
viene sfiorata; a sinistra una fanerogama del Mar
Rosso (halophila stipulacea), a destra un feltro
macroalgale dominato da cystoseira ssp.
oceanica»). I valori di produzione primaria in praterie con densità di
ciuffi superiore a 200 ciuffi per m2 variano tra meno di 300 a 3.000
gCm2 anno–1, un valore molto superiore a quello delle microalghe
bentoniche che dominano i fondi sabbiosi in assenza di macrofite ed
i cui valori di produzione primaria sono tipicamente inferiori a 100
gCm–2 anno–1. In Mediterraneo, la produzione media netta è circa
400 gCm–2 anno–1 e la biomassa media è circa 180 gCm–2. A volte la
biomassa degli epifiti è superiore a quella delle foglie; deve essere
quindi considerata non solo produzione primaria della Posidonia (o
della fanerogama in generale), epigea delle foglie ed ipogea di rizomi e radici, ma anche la produzione primaria degli epifiti costituiti
da micro e macroalghe, che può anche essere più alta di quella della
Posidonia stessa, la produzione di queste macroalghe può essere talmente alta che in condizioni di acque calme e stabilità di condizioni
chimico-fisiche sfiorando la superficie fogliare della Posidonia vengono liberate bollicine di aria che vengono incorporate da filamenti
fogliari. Queste stime di produzione rappresentano, quando scalate
dalle stime di copertura globale delle fanerogame, un contributo alla
produzione primaria di circa 1.1% alla produzione primaria marina
globale. Poiché i tassi di erbivoria sono bassi nella maggior parte delle
praterie di fanerogame, la maggior parte della produzione primaria è
immagazzinata nei sedimenti o esportata agli ecosistemi circostanti.
Le praterie di fanerogame intrappolano circa 27 gTc anno–1, ovvero circa il 12% del carbonio totale immagazzinato negli ecosistemi
marini. Le fanerogame marine sono quindi importanti componenti
del ciclo del carbonio marino, essendo responsabile dell’uptake di
un’importante frazione di CO2 da parte del biota marino.
10.3
mangrovieti
Il termine «mangrovia» identifica sia un tipo di pianta sia delle vere
e proprie foreste costiere, che molto spesso vengono indicate con il
termine di «mangals» o «mangales» (Fig. 10.35). Il gruppo include
MEtoDoLoGIE DI CAMPIoNAMENto
E DI StuDIo DELLA POSidOniA OceAnicA
Le praterie vengono identificate con apposite boe ancorate a corpi morti vengono visitate periodicamente per il conteggio dei fasci
(espresso per m2) e dei rizomi ortotropi e plagiotropi. La marcatura
dei fasci può essere effettuata con apposite forature che permettono
di quantificare l’accrescimento in lunghezza della foglia. Il prelievo
di alcuni fasci permette poi di tarare la lunghezza con misure di biomassa effettuate per gravimetria. In questo modo è possibile studiare
biomassa e produzione (come variazione della biomassa nel tempo)
delle praterie di Posidonia. Le caratteristiche di questa pianta permettono anche di effettuare studi di ricostruzione dei cambiamenti
nel tempo tramite un’analisi lepidocronologica (dal greco lepidos che
significa «scaglie»). La lepidocronologia studia i cambiamenti delle
ligule e delle scaglie alla base delle foglie della pianta. Dato che le
ligule cambiano di spessore con le stagioni in funzione della temperatura e dei tassi di accrescimento della pianta con l’analisi del loro
spessore si può determinare l’età della pianta. L’accrescimento infatti
è lento in tarda estate – autunno e ed inverno mentre è massimo in
primavera: possiamo quindi distinguere tra le foglie estive e quelle
Biologia_10.indd 320
Studiare
le praterie
di fanerogame
invernali e da quest’informazione dedurre l’età della prateria. ogni
foglia è costituita da una parte inferiore, detta base, alla quale è
attaccato il lembo fogliare, fotosintetizzante; il punto in cui la base
si attacca al lembo fogliare detto ligula ed è proprio da qui che la
foglia, terminato il proprio ciclo di crescita, si staccherà lasciando la
base attaccata al rizoma che viene quindi viene denominata scaglia e
può persistere sul rizoma per moltissimo tempo. Questa caratteristica,
insieme alle variazioni cicliche di spessore che le scaglie presentano,
consente di applicare un metodo cronologico, la lepidocronologia,
che permette di datare le piante esaminate. Seguendo l’ordine di
inserzione delle scaglie sul rizoma, si osservano infatti delle variazioni
di spessore delle scaglie: da valori via via decrescenti si raggiunge un
minimo di spessore a cui fanno seguito valori via via crescenti fino
a raggiungere un valore massimo. Queste variazioni sono cicliche
ed hanno un significato cronologico poiché ogni ciclo, inteso come
il passaggio tra due minimi successivi, corrisponde al periodo di un
anno. La lepidocronologia viene effettuata normalmente su rizomi
ortotropi, in cui questa periodicità è nettamente evidente.
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Ecosistemi delle scogliere coralline, praterie di fanerogame e mangrovieti ■
321
Fig. 10.35
Alcune immagini di mangrovie dell’Indonesia e del Mar Rosso. Dall’alto al basso e da sinistra verso destra sono riportate le immagini di un albero con i semi
allungati pronti ad essere rilasciati; la pianta in fase di germoglio e in diverse fasi di crescita con lo sviluppo di radici pneumatofore. Immagini di mangrovie
in condizioni di bassa e alta marea e di albero cresciuto su piattaforma carbonatica di precedente scogliera ora emersa. Infine immagine d’insieme con
mangrovia e radici pneumatofore visibili che emergono dalla spiaggia sabbiosa.
12 famiglie ed oltre 70 specie; la diversità dei taxa e famiglie che sono comprese nelle mangrovie indicano che frequenti e indipendenti
fenomeni adattativi si sono verificati in diverse famiglie di angiosperme negli ambienti tropicali. Le mangrovie sono il prodotto di
una evoluzione convergente delle angiosperme ove piante di diverse
famiglie hanno evoluto adattamenti simili. Le mangrovie includono
arbusti e alberi che si trovano nell’intertidale e nel subtidale poco
profondo in aree tropicali e subtropicali. Dominano il 75% delle coste comprese tra le latitudini 25°N e 25°S e occupano una superficie
totale di 170.000 km2 (Fig. 10.36). Si tratta di un ecosistema caratterizzato da alofite, ovvero piante che vivono in sedimenti ricchi di
sali, che si sviluppano in alberi e arbusti. L’ecosistema a mangrovie
è un mosaico di differenti tipi di foreste, ognuna delle quali fornisce
Biologia_10.indd 321
differenti habitat, topologie, nicchie, microclimi e risorse alimentari
per diverse comunità animali. La mangrovia è un albero presente nel
piano mesolitorale sulle coste tropicali e subtropicali caratterizzano fondi fangosi ed argillosi, in prossimità di ambienti di estuario.
È una pianta estremamente tollerante che può vivere sia in acque
dolci sia in mare, ed in questo modo non subisce la competizione
delle altre piante che non tollerano alte concentrazioni saline. Le
mangrovie infatti presentano delle ghiandole del sale mediante le
quali avviene l’escrezione dalle foglie.
La distribuzione latitudinale delle mangrovie è di solito limitata all’isoterma 24°C, che corrisponde in moltissimi casi con quella dei coralli tropicali e delle fanerogame marine tropicali. Hanno
una distribuzione bimodale, con due centri di diversità: il centro
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322
Biologia Marina
Fig. 10.36
Mappa di distribuzione globale delle mangrovie.
occidentale comprende Africa, coste atlantiche del Sud America,
Caraibi, Florida, Bermuda, America Centrale, e coste Pacifiche del
Nord e Sud America; il centro orientale occupa l’emisfero orientale,
dall’est Africa al Pacifico occidentale e contiene oltre 40 specie di
mangrovie. Le vaste foreste di mangrovie del Sudest Asiatico sono
tra le più ricche in specie del mondo, con la regione Indo-Malese
riconosciuta come il centro di diversità.
Le foreste a mangrovie sono rappresentate da popolamenti spesso
caratterizzati da diverse specie che dominano a distanze differenti
dalla costa (Fig. 10.37). Gli alberi di mangrovie rosse (Rhizopho-
Fig. 10.37
Zonazione delle mangrovie dalla porzione più marina (verso l’esterno) a quella più terrestre (al centro) anche in relazione alla struttura e zonazione delle
strutture coralline.
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Ecosistemi delle scogliere coralline, praterie di fanerogame e mangrovieti ■
ra mangle), nere (Avicennia germinans) e bianche (Languncularia
racemosa), seguite dalla mangrovia bottone (Conocarpus erectus),
possono crescere lungo la stessa linea di costa. Quando queste specie coesistono, ognuna è confinata ad un’area della zona di marea.
Questa zonazione è determinata in primo luogo dalle variazioni di
marea e dalla salinità dell’area. La Rhizophora mangle che vive
nella zona di marea, è dotate di evidenti radici aeree, che formano
una fitta barriera. La Avicennia germinans si trova su terreno solo
periodicamente bagnato da marea ha foglie di colore verde scuro
(lunghe fra 6 e 10 cm) ed è in grado di produrre cristalli di sale,
alcune radici sono specializzate nella respirazione (pneumatofore)
e si riproduce mediante semi molto piccoli (4-5 cm). Languncularia racemosa mostra una densità meno fitta rispetto alle altre ed è
di dimensioni più piccole, spesso cresce a cespuglio, associata ad
altre piante, in sedimenti più asciutti e possiede due ghiandole di
escrezione del sale per ogni foglia.
Le mangrovie vivono in prossimità degli ambienti di estuario:
sono tipiche di ambienti con sedimenti fini (fango, argille e limo),
che derivano sia dall’apporto dell’estuario, ma soprattutto dalla modifica del sistema di tessitura sedimentaria apportato proprio dal
sistema di radicamento. Si tratta infatti di piante che trattengono il
materiale sedimentario grazie al loro sistema di radici, che possono
crescere anche in verticale, e che tendono ad avere una notevole
complessità, contribuendo quindi a rendere particolarmente fine e
fangoso il sedimento che viene a depositarsi. Molte specie di mangrovie possono sopravvivere anche in acque dolci, poiché sopportano ampie variazioni di salinità: questi adattamenti permette loro di
essere esclusive dell’ambiente tropicale di transizione, poiché non
esistono altre fanerogame di ambiente superficiale che sopportano
salinità pari a quella marina. Le mangrovie possiedono una serie di
adattamenti biologici per sopravvivere a questo ambiente, dalla biologia riproduttiva, la tolleranza ad alti valori di salinità, e la forma di
crescita. La riproduzione avviene mediante semi che si sviluppano
direttamente attaccati alla pianta. Sopra il livello dell’acqua, le mangrovie sono tipici arbusti terrestri, con tronchi, fusti, foglie, e fiori.
Le radici, tuttavia, sono adattate a sedimenti anossici, con estensioni
che si proiettano verso l’aria per ottenere ossigeno. Gli apparati radicali possono essere di diverse tipologie (ancoranti, aeree, a gomito e
di propagazione) a seconda dell’habitat in cui si trova la pianta (Fig.
10.38). Le mangrovie costituiscono la vegetazione tipica delle isole
coralline e alcune di queste possono crescere radicandosi a microatolli preesistenti e scogliere coralline fossili che sono riemerse.
10.3.1
biodiversità assoCiata
alle mangrovie
Le foreste a mangrovie sono caratterizzate da una successione di
popolamenti di diverse specie con un gradiente che si allontana
progressivamente dalla costa o man mano che si va da ambiente
a maggior o minor salinità, o se passiamo da ambienti che hanno
caratteristiche di circolazione, temperatura, salinità, masse di acqua
diverse. Ogni specie è adattata a determinate condizioni specifiche
e sopporta, oltre alla forte escursione di salinità, anche condizioni
particolari, ovvero alte concentrazioni di acido solfidrico e condizioni riducenti, proprio perché il materiale fangoso che si accumula è
molto ricco di materia organica, quindi tende a diventare sub-ossico
al di sotto degli strati sub-superficiali.
Le mangrovie rappresentano un habitat per almeno 1.300 specie
di animali, incluse 628 specie di mammiferi, uccelli, rettili, pesci
e anfibi, poiché forniscono aree di riproduzione, foraggiamento e
rifugio. Le foreste di mangrovie forniscono moltissimi sub-habitat
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323
a)
b)
c)
Fig. 10.38
Diverse tipologie di radici di mangrovie: a) Avicennia (in alto); b) rhizophora
(al centro) e c) bruguiera (in basso).
per organismi residenti, stagionali e transienti che derivano da habitat terrestri e marini adiacenti. Molte delle specie vagili di maggiori dimensioni non sono ristrette solo alle mangrovie, ma si tratta
molto spesso di «visitatori» stagionali o opportunisti. Comunque,
molte specie di invertebrati e alcune specie di vertebrati residenti
sono totalmente dipendenti dalle mangrovie per la sopravvivenza e
per il completamento di importanti funzioni del ciclo vitale. Pesci e
invertebrati dall’ambiente marino sono «visitatori» frequenti delle
comunità delle mangrovie, così come mammiferi, rettili e uccelli dei
sistemi terrestri adiacenti. Straordinario, in analogia con le fanerogame, è l’aspetto della diversificazione del substrato e la possibilità
di inserimento di altri invertebrati o vertebrati che possono vivere
associati ai rizomi. Le mangrovie forniscono sia substrati duri che
mobili che possono quindi ospitare una grande diversità di specie di
invertebrati. L’esteso sistema radicale e i fondi fangosi sono habitat
facilmente colonizzabili da invertebrati eurieci. Questi invertebrati
si nutrono di foglie cadute, detrito, plancton e altri piccoli animali.
Gasteropodi, balani, briozoi, tunicati, molluschi, spugne, policheti,
isopodi, anfipodi, gamberi e meduse vivono sia in prossimità che
all’interno del sistema radicale delle mangrovie. Alcuni invertebrati
prosperano nel baldacchino delle mangrovie, i più abbondanti sono i
granchi della specie Aratus pisoni, che si nutre principalmente delle foglie della mangrovia rossa; altri granchi vivono nella pianura
fangosa intertidale, utilizzando le foglie cadute e il detrito come
risorsa alimentare. I limuli (Limulus sp.) sono scavenger e possono
essere frequentemente trovati nei mangrovieti, in cui si nutrono di
alghe, invertebrati e cadaveri. Alcune specie di vertebrati utilizzano
le mangrovie per anni e sono in grado di seguire le variazioni nella
disponibilità di cibo, durante la fioritura, la produzione di frutti, e
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324
Biologia Marina
le popolazioni di invertebrati e piccoli vertebrati che variano in risposta alle variazioni delle risorse di cibo. Le radici delle mangrovie
rosse rappresentano uno specifico microhabitat per specie residenti
(tunicati, crostacei, molluschi e pesci) che spendono il loro intero
ciclo vitale aderendo o muovendosi all’interno del sistema radicale.
Il sistema radicale di propagazione rappresenta anche un importante
habitat di nursery per organismi quali crostacei, molluschi e pesci
che si sviluppano qui e spendono la loro vita adulta altrove. Le specie di pesci dominanti nelle foreste di mangrovie sono gli appartenenti alla famiglia dei Poeciliidae e in particolare: Gambusia spp.,
Heterandria formosa e Mollienesia latipinna. Questi organismi sono
il link fondamentale fra i produttori primari e i più alti livelli della
catena trofica. L’ittiofauna dei mangrovieti è solitamente rappresentata da specie marine mescolate a specie d’acqua dolce. Cinque specie di anfibi utilizzano l’habitat a mangrovie per nutrirsi e riprodursi:
le più frequenti sono le rane appartenenti al genere Hyla e i rospi
(Bufo marinus). Ventidue taxa di rettili sono stati finora trovati nei
mangrovieti. Andando dalle zone di bassa alle zone di alta marea,
troviamo una grande abbondanza di gasteropodi che in condizioni di bassa marea si aggregano al fine di mantenere alta l’umidità
(Metopograpsus) e di granchi nella zona dei rizomi. Le mangrovie
costituiscono anche un habitat importante per molte specie di uccelli
come Vireo aliloquus, Coccoyzus minor, Dendroica petechia e D.
discolor sa per la nidificazione sia per il foraggiamento. Considerando la porzione che si affaccia verso l’ecosistema terrestre di una
tipica foresta di mangrovie, i granchi appartenenti ai generi Sesarma
e Uca risultano essere molto abbondanti. Nelle foreste a Bruguiera,
i granchi sono «ovunque» ed in molte località le aragoste di fango
(appartenenti al genere Thalassina) vivono nelle tane. Nella zona a
Rhizophora il sedimento è più mobile e il granchio blu appartenente
al genere Metopograpsus vive fra le radici di propagazione, associati
a comunità abbondanti di gamberetti che si muovono nel fango. Nei
canali e nella porzione che si affaccia sull’ecosistema marino, sono
molto abbondanti i gobidi, pesci caratterizzati da occhi posizionati
nella porzione apicale del capo.
I Perioftalmi presentano delle pinne pettorali modificate per la locomozione sulla terraferma. Sono quindi adattati alla vita terrestre; presentano
labbra sviluppate e altamente vascolarizzate, così come tutte le altre superfici che entrano in contatto con aria e acqua (vescica natatoria, stomaco, intestino). La coda funge da organo respiratorio supplementare come
nel caso di Periophtalmodon schlosseri (un dipnoo, Fig. 10.39).
10.3.2
fUnZionamento degli eCosistemi
a mangrovia
Le foreste di mangrovie espletano importantissimi ruoli ecologici:
1) attuano protezione delle coste contro le tempeste; 2) aiutano la
formazione del suolo intrappolando il detrito; 3) filtrano le acque
piovane che giungono da terra e rimuovono la materia organica;
4) servono da habitat per molte specie di pesci, invertebrati, e una
ricca epiflora ed epifauna, insetti e uccelli; 5) contribuiscono notevolmente alla produzione primaria; 6) sono tra i maggiori produttori
di detrito che costituisce la base per un complesso e diversificato
ecosistema. Consiste nella produzione del detrito fogliare che costituiscono in parte cibo per molti consumatori (come ad esempio,
granchi) e supportano la catena del detrito.
Le mangrovie svolgono un ruolo importante nelle reti trofiche
di estuario, producendo una grande quantità di detrito fogliare. Insieme alle praterie di fanerogame, le macrofite, il fitoplancton, le
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Fig. 10.39
Il pesce polmonato Periophthalmodon sp. (appartenente ai dipnoi o perioftalmi) presentano delle pinne pettorali modificate per la locomozione sulla
terraferma con piccole ventose per poter aderire alle radici lisce. Presentano
labbra sviluppate e altamente vascolarizzate, così come tutte le altre superfici che entrano in contatto con aria e acqua (vescica natatoria, stomaco,
intestino). Presentano adattamenti particolari del sistema respiratorio (la
coda funge da organo respiratorio supplementare) e del sistema visivo: gli
occhi sono in posizione apicale ed hanno una mobilità a 360°, per sfuggire
alla predazione. Hanno un comportamento sociale.
microalghe bentoniche e le salt marshes, le mangrovie sono alla
base delle reti trofiche dei sistemi di transizione tropicali. I valori di
produzione primaria delle mangrovie a livello globale indicano che
la biomassa media di materia organica secca è compresa fra 100 e
200 tonnellate per ettaro (ovvero 10-20 kg m–2), con i valori maggiori a livello dell’Equatore. Il trasporto medio di detrito organico è
dell’ordine di 5-10 tonnellate per ettaro per anno; considerando che
il contenuto di carbonio come il 40% della materia organica, questo
si traduce in un trasporto di detrito dell’ordine di 200-400 gCm–2
anno–1. L’ammontare del detrito trasportato dai flussi di marea nelle
foreste di mangrovie è funzione dell’altitudine, che a sua volta determina la frequenza di inondazione della foresta da parte delle acque
marine. Circa il 95% del detrito viene esportato ad ogni evento di
marea, rimane così poco materiale da decomporre in prossimità
della foresta. Dal 30 all’80% della materia organica viene consumato sotto forma di «scarti» (foglie morte, fiori) da invertebrati e
batteri. Il 30% della biomassa vegetale prodotta dalle mangrovie
viene trattenuta nel sistema ad opera dei granchi, il cui ruolo è fondamentale per il riciclo della materia organica nel sistema (vedi Box
«Il ruolo dei granchi nella degradazione del detrito di mangrovia»).
In generale si ha un’elevata diversificazione della fauna ed elevata
produzione secondaria associata a questo sistema in cui motore sono
le foglie, mediatori della degradazione sono i granchi, utilizzatori
finali sono tutte queste componenti tra cui grazers e decompositori.
Le foglie che cadono dagli alberi di mangrovie sono velocemente
decomposte da funghi e batteri. Questa materia decomposta fluisce
nell’estuario grazie ai movimenti dell’acqua influenzati dalle maree. Questo detrito rappresenta una risorsa trofica per molte specie
marine incluse specie economiche come gamberi, granchi e pesci.
Anche le alghe svolgono un ruolo primario nelle reti alimentari
delle mangrovie. Molti organismi si nutrono direttamente di micro
e macroalghe che prosperano all’interno delle comunità di mangrovie. Il sistema di radici aeree fornisce un substrato duro ideale per
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Ecosistemi delle scogliere coralline, praterie di fanerogame e mangrovieti ■
l’insediamento di alghe epifite come diatomee e cianobatteri. Anche
il fitoplancton può essere una componente importante nel sistema di
mangrovie, che è portato in questo habitat dagli ambienti adiacenti
(oceano aperto, acqua dolce ed ambienti estuarini). I frutti vengono sfruttati da uccelli e insetti, ma le foglie, ricche di tannini, sono
difficilmente utilizzabili in modo diretto dai consumatori.
La notevole produzione di materiale detritale da parte di questi
ecosistemi fa sì che i nutrienti rilasciati in questo modo possano
essere utilizzati da altri produttori primari (fanerogame marine e
macroalghe), e che le foglie frammentate vengano esportate agli
325
ecosistemi adiacenti, in particolare alle barriere coralline. Le scogliere coralline funziona infatti molto frequentemente anche grazie
al materiale esportato dai mangrovieti, questi due sistemi quindi,
così diversi e così apparentemente separati sono invece strettamente interagenti: le barriere coralline formano frangenti che riducono
l’idrodinamismo che permette una migliore stabilizzazione del substrato e quindi migliori radicamento e crescita delle mangrovie, le
quali a loro volta mediante la produzione primaria forniscono alla
barriera corallina un surplus di nutrienti, detrito e materiale organico fondamentale.
IL RuoLo DEI GRANCHI NELLA DEGRADAZIoNE
DEL DEtRIto DI MANGRoVIA
Funzionamento
degli ecosistemi
a mangrovie
Sono stati fatti degli esperimenti in caging, grazie ai quali è stata
vista l’importanza dei granchi in questo ecosistema (Fig. 10.40):
i granchi sono fondamentali nella decomposizione del materiale
organico esportato. L’esperimento ha previsto l’utilizzo di pacchetti
di foglie posizionati in zone (protette da gabbie) a cui i granchi
non avevano accesso e di pacchetti di foglie in zone non protette.
Nel primo caso c’è una diminuzione elevata della degradazione,
dimostrando così il ruolo nell’accelerazione del riciclo della materia
organica, poiché l’elaborazione del detrito da parte dei granchi
lo rende più facilmente utilizzabile da parte dei microrganismi. I
granchi brachiuri svolgono un ruolo fondamentale anche nella produzione di biomassa secondaria poiché sono i maggiori consumatori
diretti delle foglie.
Fig. 10.40
Effetto della presenza di granchi del genere Uca sui tassi di decomposizione
del detrito vegetale (foglie di mangrovia). La presenza di granchi è responsabile della degradazione di oltre il 90% del detrito vegetale.
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SCoGLIERE VS PRAtERIE VS MANGRoVIEtI
326
Biologia Marina
ecoSIStemI coStIerI temperAtI-cALdI
A conFronto
CARATTERISTICHE
PRINCIPALI
HABITAT / ECOSISTEMA
Scogliere coralline
Praterie di fanerogame
Mangrovieti
Estensione
Sono le strutture biogeniche più grandi ed
estese del pianeta
Ancora non quantificata ma potrebbe
essere superiore a quella dei mangrovieti
137.760 km²
Localizzazione
Tutti gli oceani tra 20°N e 20°S
Tutti gli ambienti costieri sia di fanghi sia
di sabbie
Ambienti tropicali e subtropicali. Generalmente tra 30°N e 25°S
Profondità
Da 0 a oltre 60 m di profondità Da 0 a 70 m di profondità
Da 0 a 1-2 m
Tipologia di substrato
Fondi duri costituiti dai coralli della barriera
Tipicamente su fondi mobili (sabbie) ma
alcune specie possono crescere anche su
fondi duri
Fondi mobili in ambienti di estuario o costiero, possono crescere anche su vecchie
piattaforme carbonatiche
Biodiversità
È uno degli ecosistemi più ricchi di specie del pianeta potrebbe ospitare oltre
100.000 specie
Molto elevata quella di invertebrati e vertebrati associati
Elevata biodiversità dovuta alla presenza
di radici di mangrovie che sono habitat per
organismi sessili e rifugio dalla predazione
Endemismi
Elevatissimo numero di forme endemiche,
la maggiore numerosità del pianeta Numerose specie endemiche
Non numerosi
Funzionamento
Produzione secondaria molto elevata derivante da uso produzione primaria simbionte
Alta produzione, alto export di materia
Elevatissima produzione primaria e secondaria, forte export (foglie di mangrovie)
Reti trofiche
Molto complesse, basate sulla simbiosi
zooxantella-corallo ma vedono forte presenza di erbivori (corallivori) e predatori
Rete trofica basata sulla produzione di
detrito
Sistemi molto arricchiti in nutrienti e detrito organico che si basano principalmente
sulla presenza di detritivori e filtratori (insediati sulle radici)
Peculiarità
Sistema ad elevatissima complessità, altamente diversificati e relativamente isolati
che offrono condizioni di interazioni biologiche forse senza pari negli ecosistemi
marini
Sistemi dipendenti da una o poche specie
di fanerogame che fungono da ecosystem
engeneer
Si basano sull’interazione di specie di
piante terrestri, fungono da ecosystem
engeneer, con il mare, vedono un forte
apporto delle componenti di terra Stato delle conoscenze
Molto buono, ma larga parte delle barriere
coralline deve ancora essere censita
Molto studiate storicamente, uno degli
habitat più noti al mondo
Sono sistemi ancora poco studiati nella
maggior parte delle aree in cui sono distribuiti
rIpASSo
1.Come possono essere così produttive le scogliere coralline
in ambienti limitati nella concentrazione di nutrienti?
2.Che cos’è il bleaching dei coralli? Quali sono i fattori che
causano il degrado delle barriere coralline?
3.Quali sono i principali fattori limitanti per la crescita delle
scogliere?
4.Quali sono gli adattamenti che le mangrovie hanno sviluppato per vivere negli ecosistemi tropicali?
5.Quali sono le principali caratteristiche ecologiche dei sistemi
a fanerogame?
6.Quali sono le principali caratteristiche ecologiche delle forese di kelp?
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7.Quali sono le principali caratteristiche ecologiche delle praterie di macroalghe?
8.Dare una definizione di: rizoma, matte, banquette e descriverne il ruolo ecologico?
9.Quali sono le interazioni fra le scogliere coralline e gli ecosistemi adiacenti?
10.Quali sono le principali similitudini e differenze tra scogliere
coralline, ambienti macroalghe, foreste di kelp, praterie di
fanerogame e mangrovieti?
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