EAN– European Astrosky Network n. 10, febbraio 2012 Webzine gratuita www.eanweb.com [email protected] ASTRONOMIA & INFORMAZIONE INDICE • • • • • • • • • Editoriale Nico CAPPELLUTI, Il fondo cosmico di Raggi-X Lorenzo BRANDI, L’astronomia in Cina, una storia plurimillenaria Fabio ZUCCONI, Problematiche ottiche nella rilevazione dei transiti di pianeti extrasolari Massimo MAZZONI, Onde gravitazionali Costantino SIGISMONDI, The CLAVIUS Fourth Centennial Meeting and XXXI ESOP Giuseppe MICELLO, Annuncio della costituzione del gruppo: "Stellarum Duplicium" degli osservatori di stelle doppie Piergiorgio ODIFREDDI, “Una via di fuga”, recensione di Rodolfo Calanca Rodolfo CALANCA, Riprendiamo i transiti di febbraio di QATAR-2b nell’ambito del progetto: “Il cielo sopra di noi: osserviamolo!” Pagina 2 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 REDAZIONE Direttore editoriale: Rodolfo Calanca, [email protected] Co-direttore: Angelo Angeletti, [email protected] Redattore responsabile: Manlio Bellesi, [email protected] Redattore: Lorenzo Brandi, [email protected] Responsabile dei servizi web: Nicolò Conte [email protected] SPONSOR PROGETTI EAN ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 3 EDITORIALE A CURA DELLA REDAZIONE EAN Nel mese di febbraio riprenderanno le dirette web TV della serie: “L’esperto risponde”, con novità davvero interessanti, sono infatti previsti interventi di grande spessore. Uno degli appuntamenti più attesi è con il professore Piergiorgio Odifreddi, che terrà una conferenza/lezione sulla geometria moderna e la sua influenza sui modelli cosmologi dalla pagina delle dirette EAN: http://www.eanweb.com/dirette/ . In chat sarà possibile porre domande al professor Odifreddi; daremo notizia della data della conferenza in una prossima Newsletter. Ricordiamo che il prof. Odifreddi ha dedicato ai lettori di ASTRONOMIA NOVA un bel video, http://www.youtube.com/watch? v=lSriOMdxeMc&list=UUhapkJ_i90aBpkXt--C6ioA&index=2&feature=plcp, nel quale illustra la sua bella trilogia sulla storia della geometria, il cui ultimo volume pubblicato (il secondo della serie), Una via di fuga, è recensito in questo numero a pagina 36. E’ in programma anche un altro interessantissimo intervento in diretta web che riguarderà un tema di grande attualità: i neutrini superluminali che sarà tenuto dalla professoressa Laura Patrizii, http://www.bo.infn.it/due/ indexENG.html. La professoressa Patrizii parlerà degli esperimenti del progetto OPERA, http:// operaweb.lngs.infn.it/?lang=en ,al CERN e al Gran Sasso con le misurazioni in atto della velocità dei neutrini. In chat sarà possibile porle delle domande; anche in questo caso daremo notizia della data della diretta, sia sul sito EAN sia nelle prossime newsletter. Ora un accenno al progetto “Il cielo sopra di noi: osserviamolo!”, con le prime osservazioni in programma: le riprese dei transiti di febbraio del pianeta extrasolare QATAR-2b (si veda a pag. 38 della rivista). Questo pianeta extrasolare è stato scoperto lo scorso anno ed ha una caratteristica molto interessante: durante il massimo del transito, esso attenua la luce della sua stella (una nana di tipo spettrale K) di ben il 3,5%, il transito più “profondo” finora osservato! Ricordiamo che di solito l’attenuazione della luce stellare non supera l’1%. Per migliorare la conoscenza dei parametri del pianeta, invitiamo tutti gli appassionati a seguire almeno uno dei transiti di febbraio del pianeta. Lo stesso invito lo lanceremo in Europa, ad associazioni ed Osservatori che così potrebbero anch’essi contribuire allo studio del pianeta. I dati e le curve di luce raccolti, saranno a disposizione di tutti sulle pagine del sito EAN e del sito specializzato http://var2.astro.cz/ETD/ index.php . Infine due parole sugli articoli di questo numero della rivista. Il dott. Nico Cappelluti, vincitore, tra l’altro, del premio “B.G. Marsden 2011”, ci introduce nell’affascinante mondo delle radiazione cosmica X; mentre Lorenzo Brandi, della redazione EAN, ripercorre le tappe della storia plurimillenaria dell’astronomia cinese. L’articolo di Fabio Zucconi, sulle problematiche ottiche nell’osservazione ad alta risoluzione fotometrica dei transiti extrasolari, è sicuramente da consigliare a tutti coloro che, nelle prossime settimane, vorranno riprendere i transiti di QATAR-2b. Il prof. Massimo Mazzoni, dell’Università di Firenze, in un suo bell’articolo, affronta il problema del rilevamento delle onde gravitazionali, un argomento che sarà affrontato in una prossima diretta web TV, nella rubrica “L’esperto risponde”. Anche nell’ambito delle ricerche amatoriali qualcosa si muove: Giuseppe Micello, esperto nell’osservazione e misura di stelle doppie, propone la costituzione di un gruppo di ricerca nazionale, “Stellarum Duplicium” sulle stelle doppie, che avrà lo scopo di divulgare le ricerche in questo sempre attuale settore, con la pubblicazione di un Bollettino e la realizzazione di guide all’osservazione, indispensabili per formare nuove “leve”. LA REDAZIONE DI ASTRONOMIA NOVA Da sinistra: Rodolfo Calanca, Angelo Angeletti, Manlio Bellesi, Lorenzo Brandi, Nicolò Conte Pagina 4 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 N. Cappelluti, Fondo raggi-X IL FONDO COSMICO DI RAGGI-X Un problema scientifico-tecnologico Nico Cappelluti Una della branche più interessanti dell'astronomia è senza dubbio l'astronomia nella banda-X dello spettro elettromagnetico. Per raggi-X si intendono i fotoni con un'energia nella banda 0.1-100 keV. Data la grande energia di questi fotoni è facile capire come questi fotoni siano prodotti da fenomeni fisici decisamente energetici. Nel 1962, lo scienziato italiano Riccardo Giacconi, lancio un razzo equipaggiato con un contatore Geiger con lo scopo di osservare l'emissione di Raggi-X emessi dalla Luna per fluorescenza. Con questo esperimento Giacconi ed il suo team scoprirono casualmente la prima sorgente di raggi extra-solare Sco-X1. Assieme a questa sorgente, con grande stupore, gli scienziati si accorsero che il contatore aveva rilevato un segnale diffuso che proveniva da tutto il cielo, fú cosí che scoprirono accidentalmente il fondo cosmico di raggi-X (CRB). Il CXB é stato il primo segnale di fondo cosmologico mai scoperto, ben prima della radiazione cosmica di microonde (CMB). Nei primi anni 70 le prime osservazioni a grande campo con nuove missione spaziali per i raggi-X, come UHURU ed Ariel V, rivelarono che a causa dell'alto livello di omogeneità dell'emissione, questa avrebbe dovuto avere origine extra-galattica. Alcuni scienziati fra cui il Prof. Setti di Bologna e WoltJer fecero l'ipotesi che il CXB fosse prodotto da sorgenti punti-formi non risolte dagli strumenti del tempo e che queste fosse molto numerose. Il satellite americano HEAO-1 mostrò come il CXB avesse uno spettro tipico simile ad un plasma caldo con temperature di circa 500 Fig.1. Il satellite HEAO-1 Fig. 2. Specchi dorati per la riflessione dei raggi-X milioni di gradi Kelvin, quindi si penso subito che la nostra galassia fosse immersa in un caldissimo mezzo intergalattico. La scoperta della radiazione cosmica di microonde comunque, invalido' questa ipotesi in quanto questo plasma avrebbe lasciato un'impronta nello spettro di essa grazie all’effetto Sunyaev-Zeldovich', http:// it.wikipedia.org/wiki/Effetto_Sunyaev-Zel'dovich . La tecnologia nel frattempo fece passi da gigante e si riuscì finalmente a costruire telescopi in grado di focheggiare i raggi-X. I raggi-X infatti, non si comportano come i fotoni ottici, infatti se si usasse uno specchio classico i fotoni incidenti penetrerebbero l'alluminio dello specchio e non sarebbero quindi concentrati nello specchio secondario. I raggi-X però possono essere riflessi da specchi composti da metalli pesanti come l'oro o l'iridio a patto che questi raggiungano lo specchio in modo radente, ovvero con angoli che non superino circa i 10 gradi. Tipicamente gli specchi usati sono gli specchi di tipo Wolter-I con superficie in Oro o Iridio, con superficie iperboloide nella prima parte e paraboloide nella seconda. Questi specchi sono molto difficili da lavorare in quanto richiedono una precisione di lavorazione dell'ordine del nanometro. Lo specchio del satellite tedesco ROSAT e' entrato nel libro del guiness dei primati come la superficie piú liscia mai creata dall'uomo. In fig. 3 e' mostrato lo schema di uno specchio Wolter-I. Le osservazioni ai raggi-X inoltre sono inoltre complicate dal fatto che l'atmosfera terrestre fortunatamente assorbe tutti i raggi -X dallo spazio, quindi i telescopi devono essere messi in orbita. N. Cappelluti, Fondo raggi-X ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 5 Fig. 3. Schema di specchio di tipo WolterI. Il telescopio Wolter è un telescopio per raggi X che usa ottiche con piccoli angoli di incidenza. Questa configurazione nasce dal comportamento dei raggi X i quali possono essere deviati e concentrati solo con piccoli angoli, sino a circa 2°, diversamente da come avviene per la luce visibile. Nel 1952, Hans Wolter delineò 3 possibili configurazioni usando degli specchi finemente lavorati, denominati Wolter I, II e III. Si tratta di una combinazione di specchi parabolici e iperbolici per concentrare i raggi X in un unico fuoco. Il telescopio spaziale Einstein, fu in grado, grazie a questa tecnologia di osservare le sorgenti del CXB come singole sorgenti puntiformi e di risolverne circa il 25%. Queste sorgenti, fig. 4, furono poi successivamente identificate come nuclei galattici attivi (AGN). Gli AGN sono intense sorgenti luminose che provenienti dal centro di alcune galassie, http://it.wikipedia.org/wiki/ Galassia_attiva . Secondo il modello standard l'energia che alimenta gli AGN è generata dalla materia che cade all'interno di un buco nero supermassiccio di massa compresa tra 1 milione e 10 miliardi di volte quella del Sole. Negli anni 90 il satellite tedesco ROSAT fece la prima survey di tutto il cielo nella banda X e fu un grado di risolvere in sorgenti puntiformi circa il 75% del fondo cosmico-X. In fig. 5 il fondo cosmico X osservato da ROSAT. Nel 1999 due modernissimi telescopi furono lanciati dall'ESA e dalla NASA, XMM-Newton e Chandra grazie ai quali siamo stati in grado di risolvere fino al 95% del fondo cosmico-X. La restante parte comunque e' di per se a suo modo molto interessante e scientificamente rilevante. Si pensa infatti che questa contenga informazioni sulle sorgenti più remote dell'universo e su una forma di materia esotica ma fisicamente importantissima, il WHIM (mezzo intergalattico tiepido). Questo gas formato prevalentemente da elementi leggeri ionizzati ha una temperatura di circa un milione di gradi Kelvin ed e' il luogo dove ci si aspetta metà della popolazione di barioni dell'universo, dei quali si e' persa traccia negli ultimi miliardi di anni. Fig. 4. Immagine composita, in alta risoluzione, del core attivo della famosa galassia nei Cani da Caccia, M51, ottenuta elaborando alcuni immagini del telescopio Spaziale Hubble. Pagina 6 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 N. Cappelluti, Fondo raggi-X Fig. 5. Mappa all-Sky nei raggi X “morbidi” ottenuta dal satellite Rosat (acronimo di: Röntgensatellit) che fu lanciato il 1º giugno 1990 e rimase operativo fino al 12 febbraio 1999. Scopo principale della sua missione era di scandagliare l'universo nelle bande spettrali dei raggi X e dell'ultravioletto estremo, per un periodo stimato di 18 mesi; in realtà la sua operatività durò ben otto anni. Nei seguenti 12 anni, l'orbita del satellite è variata dagli iniziali 580 chilometri a 270 chilometri, per effetto della resistenza atmosferica, tanto da rientrare nell'atmosfera il 23 ottobre 2011 e precipitare nell'Oceano Indiano. Nico Cappelluti (a sinistra nella foto), con l’astronauta Umberto Guidoni, al IV° Convegno EAN di Concordia sulla Secchia (MO), 27-28-29 maggio 2011. I due telescopi orbitali che hanno dato un contributo fondamentale alla conoscenza della distribuzione della radiazione cosmica X: in alto, XMM-Newton, sotto, Chandra. Il dott. Nico Cappelluti, dell'Osservatorio astronomico di Bologna, ha svolto ricerca nel campo delle survey di nuclei galattici attivi. In particolare si e' dedicato allo studio del clustering di sorgenti X, nel tentativo di capire i meccanismi che legano le galassie, la materia oscura e i buchi neri supermassicci. Uno dei risultati piu' importanti e' stato trovare l'evidenza, con il satellite Swift, che i buchi neri supermassicci vengono attivati molto probabilmente dagli scontri di galassie. Inoltre ha scoperto grazie al telescopio spaziale Chandra che i nuclei galattici attivi si presentano molto più frequentemente nelle zone esterne agli ammassi di galassie che in altre regioni. Ha scoperto nel 2009 un brillamento nella banda X causato dalla distruzione mareale di una stella da parte di un buco nero supermassiccio. Nico Cappelluti si e' laureato all'università di Bologna in Astronomia, ha conseguito il dottorato in Astrofisica presso l'International Max-Planck Research School di Monaco di Baviera. Dopo avere trascorso più di sei anni al Max-Planck Institute ha vinto la prestigiosa INAF fellowship, il nuovo programma di postdottorato proposto da INAF. E’ stato insignito del Premio EAN-CPL “B.G. Marsden 2011”. L. Brandi, Astronomia in Cina ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 7 L’ASTRONOMIA IN CINA Una storia plurimillenaria Lorenzo Brandi La storia scientifica della Cina pare molto antica. La forza motrice che induceva a studiare la natura e che accomunava tutte le scienze, compresa l’astronomia, era rivolta a trovare un balsamo di lunga vita, attraverso la ricerca in tutti i campi del sapere. Dal punto di vista osservativo, al pari dei cavernicoli europei, forse addirittura in pieno neolitico (tra il 5000 ed il 4000 a.C.), e sicuramente dal 3000 a.C. in poi, gli antenati dei Cinesi sapevano ricavare il periodo dell’anno osservando la posizione delle stelle. Canxing e Shangxing (nell’attuale Orsa maggiore) si erano rivelate utili alla bisogna. A differenza dell’astronomia occidentale, solitamente molto puntigliosa nel calcolo del sorgere e del tramontare degli astri e del moto dei pianeti (comprensivi di Luna e Sole) sulla sfera celeste, l’astronomia cinese era molto più portata all’individuazione di fenomeni transienti quali le eclissi, gli sciami meteorici, le comete, la comparsa di nuove stelle (chiamate stelle ospiti). In quanto al cielo la parte sulla quale veniva data maggiore attenzione era la regione circumpolare, a differenza della regione zodiacale-equatoriale dei contemporanei mediterranei. Tuttavia, le conquiste in campo astronomico dell’ultima fase preistorica e dei primi secoli di storia (intorno al III millennio) divengono dubbie e lacunose. Il motivo principale risiede nel fatto che tali conoscenze, di competenza astrologica, venivano registrate su frammenti di osso o di testuggine. La pratica dei farmacisti Cinesi più moderni, che attribuivano alle “ossa di drago” potenti effetti analgesici ed afrodisiaci, unita forse anche al rogo dei libri confuciani ordinato da Qin Shi Huang (nel III sec. a.C.), fig. 1, potrebbe aver ridotto in fumo e polvere gran parte delle testimonianze non solo astronomiche dei tempi più antichi. In ogni caso possiamo affermare che dal 3000 a.C. avevano preso cura di calcolare la durata dell’anno, arrivando poi a calcolarne una durata pari a 365 giorni, in contemporanea con gli Egizi, e superandoli poi, fra l’ottavo ed il quinto secolo a.C., quando constatarono la necessità di aggiungere ¼ di giorno perché si mantenes- se meglio la corrispondenza tra le date ed i fenomeni naturali. I numerosi calendari che si susseguirono furono per lo più lunisolari cosicché l’accordo col ciclo solare veniva recuperato aggiungendo in maniera opportuna un mese intercalare. L’elemento di base era un doppio mese lunare, pari a 60 giorni; gli anni, a loro volta, venivano raggruppati in grandi cicli sessantennali. Alcuni studiosi hanno ipotizzato che l’uso ripetuto del numero 60 si debba attribuire a qualche influsso dell’aritmetica babilonese. Non è dato sapere quanto fossero frequenti gli scambi commerciali e quindi anche culturali con la Mesopotamia. Il ricongiungimento per via marittima appare piuttosto improbabile per quei tempi, mentre una qualche forma di scambio, magari mediata da popoli frapposti, residenti nelle regioni dell’attuale Iran e Afganistan, quanto meno possibile. Bisogna tuttavia tener presente che il 60 è un numero praticamente molto versato ad essere frazionato in sottomultipli, dato l’alto numero di divisori. La tradizione vuole che il primo calendario (nota 1) cinese sia stato steso dal leggendario imperatore celeste Huang Di (nota 2), durante il XXVII secolo a.C. (forse nel 2637 a.C. o nel 2697 a.C.). Quindi, all’altrettanto leggendaria figura del quarto imperatore della prima dinastia, l’imperatore Yao, si deve l’introduzione del mese intercalare. Fig.1. Qin Shi Huang (259-210 a.C.) fu il primo imperatore della Cina unificata. Per la sua tomba fece costruire un intero esercito di soldati di terracotta in assetto di guerra: seimila guerrieri a piedi e a cavallo a grandezza naturale. Nella tradizione cinese Qin Shi Huang è generalmente descritto come un tiranno brutale, superstizioso, ossessionato dall'immortalità e terrorizzato dagli assassini, e spesso anche come un regnante mediocre. Pagina 8 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 L. Brandi, Astronomia in Cina Fig. 2. Osso oracolare della dinastia Shang. Più realisticamente possiamo pensare che il calendario sia stato realizzato in un periodo successivo, riconducibile alla fine del secondo millennio a.C. Difatti, anche le prime testimonianze archeologiche dell’uso di un calendario appaiono negli ossi oracolari, fig. 2, realizzati durante la dinastia Shang (1766 a.C. – 1122 a.C.). La storia della Cina ci dice che, conclusa l’era Shang, il potere passò nelle mani degli Zhou. Sotto tali sovrani (1122 a.C. – 770 a.C.) il territorio era diviso in numerosi stati, organizzati secondo strutture simili a quelle feudali, sempre in lotta fra loro. Ma durante questo periodo vennero codificati i primi caratteri della lingua cinese (ci sono alcune iscrizioni su bronzi sacrificali). Con la nascita della scrittura, come ovvio, ogni disciplina ne beneficia ed anche l’astronomia può basarsi su testimonianze documentabili ed acquisire maggiore affidabilità. Ad esempio, fino al 841 a.C., la pratica del mese intercalare veniva applicata arbitrariamente, secondo necessità. In generale la regolazione del calendario era una priorità che l’imperatore si riservava per sé, le nozioni e le tecniche utilizzate per l’inserimento dei mesi intercalari erano appannaggio della casta sacerdotaleastronomica. Alle volte si rendeva necessario pure l’aggiunta di due mesi. Seguì un periodo di discreto fermento culturale. Dopo il Periodo della primavera e dell’autunno (770 a.C. – 400 a.C. circa, più o meno il tempo in cui viveva Confucio) e poi durante il periodo degli Stati combattenti (403 a.C. – 221 a.C.) in Cina si sentì l’esigenza di rivedere il calendario, in modo da accordare i ventiquattro periodi solari caratteristici con i mesi lunari. Furono così introdotti 7 mesi intercalari nell’arco di 19 anni, un abbozzo del ciclo di Metone. Il cielo fu suddiviso in 28 dimore lunari e fu introdotta una ripartizione in 12 settori per indagare il moto dei pianeti. Le scuole Gan, Shi e Wu elaboravano cataloghi stellari e mappe (un esempio di grande mappa stellare, assai più tardo, è in fig. 3). Quindi dal 484 a.C. entrò in uso per il computo del calendario un ciclo solare della durata di 365 ¼ giorni. Nel 213 a.C. Qin Shi Huang (fig. 1), il primo sovrano della dinastia Qin, l’unificatore della Cina, l’artefice della Grande muraglia, per cancellare ogni memoria del passato improntato sul confucianesimo quale ordine di stato, ordinò la distruzione di tutti i libri confuciani. Nel rogo potrebbero essere andate in fumo le vestigia soprattutto di quella parte di storia più antica, dove già di per sé le fonti saranno state meno numerose. Nonostante ciò, una più decisa padronanza dei vari cicli astronomici ebbe luogo proprio sotto le dinastie Qin (221 a.C. – 207 a.C.) prima ed Han (206 a.C. – 220 d. C.) poi, in quello che viene considerato il periodo d’oro dell’astronomia cinese, allorquando fu adottato il calendario Taichu (in uso tra il 104 a.C. e l’85 d.C.) il quale conteneva elementi fondamentali per il calcolo dei periodi solari, per prevedere il verificarsi delle eclissi e le regole per l’inserzione dei mesi intercalari. Durante la dinastia Han fu scoperta anche la non uniformità del moto lunare e si comprese la causa dell’eclissi di Luna. Il nome dell’astronomo Luo Xianhong è degno di menzione per essere stato il costruttore della sfera armillare cinese, mentre Gen Shuochang fabbricò un globo celeste e Zhang Heng ne realizzò uno mobile, connesso a degli ingranaggi, regolato da una clessidra ad acqua. Fig. 3. È stata scoperta in Cina, a Dunhuang, una mappa stellare del VI secolo d.C. caratterizzata da un'accuratezza molto elevata. Si tratta di un rotolo di cm. 390x25, individuante non meno di 1464 astri, raggruppati in 238 ammassi stellari. A fianco, un particolare della mappa, www.ianridpath.com/ startales/chinese2.htm . L. Brandi, Astronomia in Cina Fig. 4. La sfera armillare nel cortile del l'antico osservatorio di Pechino è una replica a grandezza naturale di una sfera prodotta durante il regno dell'imperatore Zhengtong (1439), della dinastia Ming. L'originale è stato spostato al Purple Mountain Observatory di Nanjing nel 1931. Nei sette secoli successivi la Cina conobbe un periodo di instabilità. L’impero si divise in tre stati. Al nord regnarono i Wei (220 – 263), gli Shu (220 – 265) nel Sichuan, i Wu (220 – 280) al sud. L’unità culturale del paese, stabilita dagli Han con la creazione di uno stato confuciano, venne minacciata dall’introduzione di una religione straniera: il buddismo. Questo avrà ripercussioni anche sulle concezioni cosmologiche cinesi. Il taoismo si trasformava da dottrina politica in sistema filosofico-religioso. Seguirà la dinastia Jin occidentale (265 – 317) e Jin orientale (317 – 420); infine le dinastie meridionali e settentrionali (che si succedettero tra il 420 ed il 581), prima della riunificazione dello stato sotto la successiva dinastia Sui, a partire dal 589. L’innovazione più significativa, dal punto di vista astronomico, di questo lungo periodo, è la scoperta della precessione degli equinozi, che permise agli astronomi di distinguere l’anno tropico da quello siderale. Il compito di redigere il calendario spettava sempre alla casta sacerdotale, direttamente sottoposta all’imperatore, tuttavia, può darsi che la popolazione, che si serviva dell’astronomia per le questioni pratiche, fosse entrata in possesso di questa conoscenza. Ad ogni modo la precessione, scoperta a poco a poco nei sette secoli precedenti, verrà impiegata nel calendario daming, in uso dal 510. Zu Chongzhi, che vi lavorò alla stesura, compì calcoli sull’anno tropico con un errore di soli 52 secondi sulle stime moderne. ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 9 Durante i periodi successivi l’astronomia conobbe altri elementi di sviluppo. Durante il periodo dei Tre regni (220 – 280) l’astronomo Chen Zhou riunì i cataloghi stellari Gan, Shi e Wu dando vita ad un’opera di intera cartografazione del cielo rimasta in vigore fino all’avvento dei Gesuiti in estremo oriente. L’opera originale è andata perduta, ma possiamo desumerla osservando il manoscritto Dunhuang (fig. 3, realizzato intorno al 940 d.C. o forse, come certi archeologi ipotizzano, intorno alla metà del VI secolo); la mappa celeste divideva l’intera volta in 238 piccole costellazioni per un totale di 1464 stelle. I nomi dati alle costellazioni, a parte il dragone, talvolta identificato con l’imperatore, erano presi dalla vita comune; c’erano gli eunuchi, il tempio celeste, la casa degli ospiti, la cucina, il suocero. L’equatore celeste era suddiviso in 28 sezioni d’arco (hsiu) che rappresentavano le divisioni politiche originarie della Cina e le dimore lunari. Fig. 5. Questo modellino in legno raffigura uno degli orologi più elaborati che il mondo abbia mai visto. Fu costruito nel 1094 dall'astronomo Su Song, che lo chiamò “Le note del ruscello dei sogni”. Impiegò più di dieci anni per progettarlo e costruirlo. Era una costruzione alta 10 metri che utilizzava l'acqua per muovere in modo preciso e costante una ruota gigante, alla quale erano collegata decine di ruote e irto di alberi e leve. Sulla piattaforma alla sommità, era collocata yn'enorme sfera armillare in bronzo all'interno della quale ruotava automaticamente un globo celeste. Pagina 10 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 L. Brandi, Astronomia in Cina Fig. 6. Una famosa mappa celeste disegnata nel 1092 dall’astronomo cinese Su Song (10201101) contiene 1350 stelle. L'equatore è rappresentato dalla retta orizzontale che attraversa la mappa, mentre la traccia curvilinea dell’eclittica è sopra di esso. La sua caratteristica saliente è costituita dalla proiezione ortomorfica cilindrica, nota in Occidente come proiezione di Mercatore, che però fu introdotta nella cartografia celeste e terrestre solamente a partire dal 1569. Durante le dinastie Sui (589 – 618) e Tang (618 – 927) l’astronomia cinese si concentrò su una serie di misure astronomiche volte a migliorare il dayan, il migliore dei tanti calendari della lunga storia cinese. Si divideva in sette parti ed illustrava come calcolare il tempo delle fasi lunari, delle case solari nonché i movimenti dei due maggiori luminari. Allo scopo, l’astronomo Yi Xing, che pose mano alla sua stesura, realizzò uno strumento eclittico (chiamato youyi) ed un orologio ad acqua (il fushihi), calcolò la lunghezza del meridiano terrestre e rideterminò le coordinate di numerose stelle. Ebbe grande influenza e tutti i calendari successivi furono rivisti secondo le indicazioni di Yi Xing. Alla dinastia Tang successe la Song (960 – 1179). In questo periodo gli astronomi si dedicarono alla costruzione di strumenti di misura, anche di dimensioni considerevoli, fra cui ricordiamo la realizzazione di quattro sfere armillari (fig. 4). Il 1088 fu la volta del pri- mo osservatorio, denominato la Torre astronomica dell’orologio (fig. 5). Gli autori furono Su Song (autore della rivoluzionaria mappa celeste di fig. 6) e Han Gongjian. Gli strumenti di alta precisione consentirono di rideterminare la posizione delle stelle ed i risultati ottenuti furono incisi sulla pietra nella mappa stellare di Su Zhou. Il periodo della dinastia Yuan (1279 – 1368) vide all’opera l’astronomo Guo Shoujing ed altri colleghi. Le loro occupazioni principali erano rivolte alla costruzione di strumenti di precisione volti alla compilazione di calendari sempre più precisi. Essi progettarono l’armilla semplificata, sulla quale si realizzavano strumenti per l’osservazione diretta del cielo, un grande gnomone ed uno strumento ad esso collegato per definire l’ombra con la massima precisione possibile. Grazie a queste Fig. 7. Una mappa stellare settecentesca, incisa su rame e rilegata, in un manoscritto in latino e in cinese. L'autore del manoscritto, Theophilus Siegfried Bayer (1726-1738), era un sinologo all’Accademia delle Scienze di San Pietroburgo. La mappa fu incisa dal gesuita Ignazio Kögler, che visse a lungo a Pechino e ricoprì l’incarico di astronomo e matematico sotto l'imperatore Kang-hsi. La mappa rappresenta l’emisfero boreale (a destra) e australe (a sinistra). Il titolo, in caratteri cinesi, significa: "Tabella dell'eclittica e di tutte le Stelle". Le viste telescopiche di Giove, il Sole, Marte, Mercurio la Luna e Venere sono rappresentati ai bordi dei due emisferi. Nel margine inferiore, i nomi delle stelle, rappresentate sulla mappa, sono elencati in colonne. Nel manoscritto Bayer traduce in latino i nomi cinese per gli emisferi, i pianeti e i segni dello zodiaco. L. Brandi, Astronomia in Cina Fig. 8: Il gesuita maceratese Matteo Ricci (1552 – 1610) che si si adoperò per introdurre presso i cinesi la scienza occidentale. Nel 1607, insieme con il matematico cinese convertito Xu Guangqi, tradusse i primi libri degli Elementi di Euclide in cinese. Inoltre Ricci si dedicò alla realizzazione di un atlante mondiale in cinese, curando personalmente la traduzione. opere Guo Shoujing determinò l’inclinazione dell’eclittica, l’ampiezza delle dimore lunari, la loro distanza dal polo nonché la distanza dal confine occidentale (l’equivalente cinese dell’ascensione retta), attribuì dei nomi alle stelle che ne erano ancora privi ed alla fine realizzò il calendario shoushi, anch’esso fra i migliori della storia cinese antica. Sotto la dinastia Ming (1368 – 1644) l’astronomia cinese continuò a svilupparsi ma mentre l’Europa stava assistendo ad un fermento culturale senza pari, la Cina era ormai da tempo in declino, cosicché all’arrivo dei Gesuiti, questi introdussero progressivamente le loro conoscenze scientifiche in quelle terre. Fra tutti merita una ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 11 menzione speciale Matteo Ricci (1552 – 1610), fig. 8, che ebbe fama e grande considerazione alla corte imperiale. Al Ricci seguiranno altri Gesuiti, tra i quali Johann Adam Schall von Bell (1591 – 1666), che con la collaborazione di astronomi cinesi, verrà incaricato di redigere un nuovo calendario, chiamato shixian. Un aneddoto racconta che, una volta entrato nell’entourage reale, per amalgamarsi con la corte, chiese la dispensa papale dal celibato, per sposarsi come ogni Mandarino. Sabatino De Ursis (1575 – 1620) acquisì notevole prestigio e fu designato astronomo ufficiale imperiale. Nel 1610 ebbe luogo un’eclissi di Sole. I Gesuiti, sotto la sua guida, organizzarono una sfida fra Cinesi, Arabi e loro stessi, quali paladini del cristianesimo, per stabilire chi avrebbe eseguito i calcoli più accurati. L’intento era di dimostrare attraverso la scienza la superiorità della cultura occidentale, un sottile mezzo di propaganda! Gli astronomi cinesi erano caduti in errore non sapendola calcolare con lo stesso grado di precisione di ciò che seppero fare i Gesuiti, giunti tra l’altro in Cina armati, tra gli altri strumenti, anche dei primi cannocchiali. Un’analoga sfida ebbe luogo nel 1669. Il compito stavolta consisteva nel determinare la lunghezza dell’ombra prodotta da un lungo bastone. Ancora una volta i Gesuiti, sotto la supervisione di Ferdinand Verbiest (1623 – 1688), risultarono i più affidabili. Di conseguenza, Verbiest ricevette l’incarico di rifondare un osservatorio, sulle fondamenta di quello preesistente e di costruire o acquistare la strumentazione atta ai metodi dell’astronomia europea (fig. 9). Possiamo dire che dopo tali eventi l’astronomia cinese, sconfitta sul campo, cessò di esistere. I Cinesi cominciarono a studiare esclusivamente l’astronomia occidentale. L’ultimo scampolo di originalità cesserà nel 1912 quando anche la Cina adotterà il calendario gregoriano (nota n. 3). Il 15 ottobre 2003 l’astronauta (o alla loro maniera il taikonauta) Yang Liwei a bordo della navicella cinese Shenzhou 5 si staccherà dal poligono di Jiuquan per divenire il primo Cinese in orbita nello spazio. Non è la resurrezione dell’astronomia cinese. Fig. 9. L’osservatorio di Pechino, progetto e costruito dal gesuita Ferdinand Verbiest. E’ curioso notare che tutti gli strumenti qui raffigurati assomigliano, in modo impressionante, a quelli, costruiti circa un secolo prima, da Tycho Brahe per il suo mitico osservatorio di Uraniborg, sulla isola danese Hven,. Per un confronto: http:// www.tychobrahe.com/UK/mechanica.html Pagina 12 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 L. Brandi, Astronomia in Cina E’ piuttosto la variante cinese di un’astronomia globalizzata, figlia della svolta epistemologica avvenuta in Europa con l’Umanesimo, il Seicento e l’Illuminismo. La documentazione astronomica cinese A differenza delle coeve cosmologie occidentali, volte a descrivere, predire e rendere conto delle posizioni e dei moti dei corpi celesti, nell’astronomia cinese si sentiva soprattutto l’esigenza di osservare, e quindi registrare, i fenomeni. Secondo le credenze, tutti i fenomeni che si verificavano sulla volta del cielo avevano un riscontro sulla Terra. Era la maniera con cui gli dei comunicavano con gli uomini. L’interpretazione dei cieli dava quindi all’imperatore, considerato egli stesso divino, la possibilità di prendere la decisione migliore. Concetti di predicibilità erano quasi completamente avulsi dalla cultura astronomica. In un certo qual senso l’acuta osservazione del cielo giocò a loro favore con la comparsa di numerose novae, supernovae e comete che nessuna legge matematica del tempo avrebbe potuto predire. Questo atteggiamento ebbe però un risvolto negativo. In Cina infatti non si sentì l’esigenza di sviluppare una matematica elaborata per descrivere i moti celesti, a differenza di quanto avvenne ad esempio in Grecia. Difatti le concezioni cosmologiche, sviluppatesi tra il 1122 a.C. ed il 313 d.C. erano piuttosto rozze. Possiamo dire che in Cina si svilupparono tre modelli cosmologici. Il primo, antecedente all’avvento di influssi esterni quali il taoismo ed il buddismo, denominato Gai Tian (fig. 10), associava al cielo una forma rotonda, simile alle tende mongole, il cui continuo movimento dava spiegazione del moto del Sole e della Luna che non vi erano incastonati ma dotati di un moto proprio, mentre la Terra era quadrata. Il cielo distava 80000 li, il che potrebbe essere un qualcosa come 40000 km. Dal fatto che da ogni luogo della Terra si veda il cielo comporta che i lati combacino perfettamente col bordo circolare della calotta semisferica del cielo. Una siffatta concezione la dice lunga sulle conoscenze geometriche primitive. Sostiene giustamente il prof. Needhman che un tale modello cosmologico poteva essere accettato solo con delle cognizioni che non andavano molto più in là del teorema di Pitagora. Intorno al IV secolo a.C., per opera prevalente- mente di Shen Dao, si sviluppò la teoria Hun Tian, che considera il cielo sferico e la Terra, che è immersa nel cielo, anch’essa sferica. Il moto della Terra verso l’alto, in prossimità del Sole e verso il basso spiega l’alternarsi delle stagioni. Infine il modello Xuan Ye (fig. 11) che negava l’esistenza di un cielo di sostanza. Esso era sconfinato, etereo e privo di colore. La tinta azzurra è dovuta agli occhi che non possono vedere oltre un certo limite. I corpi celesti sono fluttuanti nello spazio vuoto. Anche se l’avvento del buddismo aggiungerà nuovi elementi come le dimore dei morti, col paradiso e l’inferno, questa sarà la teoria fondamentalmente adottata ancora nel XVI secolo. Infatti Matteo Ricci, il celebre missionario gesuita del cinquecento, riferisce che “essi asseriscono che c’è soltanto un unico cielo e non dieci, che esso è vuoto e non solido, che le stelle si spostano nello spazio Fig. 10. Una rappresentazione artistica della concezione cosmologica denominata Gai Tian. Fig. 11. Il modello cosmologico Xuan Ye: tutti i corpi celesti galleggiano nello spazio vuoto. L. Brandi, Astronomia in Cina vuoto invece di restare attaccate al firmamento, come risulta a noi”. Anche se questa concezione può apparire di notevole modernità, tanto da appaiare gli astronomi del Celeste impero a Digges ed a Bruno, il meglio dell’astronomia cinese è senz’altro nella mole di registrazioni relative agli innumerevoli eventi celesti superiore a quella di qualunque altra popolazione. Per quanto curioso, le osservazioni non riguardavano tanto il sorgere ed il tramontare degli astri, quanto piuttosto il moto delle stelle circumpolari oltre a tutti gli altri fenomeni come l’apparire di stelle, di comete, la comparsa di macchie solari, le eclissi, gli sciami meteorici, la caduta di meteoriti, le congiunzioni, le aurore boreali. Una registrazione metodologica degli eventi celesti non ebbe luogo in Cina prima della dinastia Han. A questo periodo risalgono difatti gli shji (annali). Essi sono suddivisi in due cataloghi, il primo, più antico, il Tianuan shu contiene descrizioni sistematiche delle stelle, mentre il Li shu contiene il calendario. Sicuramente però, la pratica cinese dell’attenta osservazione e registrazione dei fenomeni celesti è di molti secoli anteriore. Curiosamente, l’ingiuria del tempo (i roghi, le “pratiche mediche” moderne) hanno fatto sì che anche se le prime osservazioni di fenomeni celesti che qui di seguito riportiamo si debbano ai Cinesi, le prime testimonianze documentabili sono tutte imputabili ai Babilonesi o agli Egizi, anche se in molti casi pare siano stati preceduti dagli astronomi dell’Estremo oriente. Pur col beneficio d’inventario, c’è chi sostiene che già nel 2608 a.C. fu costruito, per volere dell’imperatore Hoang-Ti, un osservatorio, anche se forse sarebbe più corretto parlare di torre d’osservazione, con lo scopo di correggere l’allora carente calendario. Una premura ragionevole se si pensa che nell’ottavo secolo a.C., quando le discrepanze tra il calendario ed i fenomeni terrestri divennero consistenti, non si pensò di correggere il calendario ma di sostituire l’imperatore, poiché non aveva combattuto la corruzione terrestre. La riprova era nella perdita di armonia negli accadimenti celesti. Gli imperatori avevano comunque preso delle precauzioni. Difatti, a partire dalla dinastia Zhou, intorno al 1100 a.C., ogni nuovo imperatore provvedeva a trasferire la sede dell’osservatorio astronomico nei pressi della propria reggia ed a ridefinire le scadenze calendariali. Era come se regolassero le lancette di un orologio ogni volta che questo era avanti o indietro senza aver cura però di risi- ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 13 Fig. 12. L’opera astronomica Tianyuan Fawai, in una ristampa, ampliata, del 1633, che riprende quella pubblicata nel 1461. In essa sono raccolte molte osservazioni celesti eseguite durante le dinastie Tang (618-907) e Song (9601279). In questa pagina è rappresentata anche una sfera armillare. stemare la parte meccanica per evitare il ripetersi di questo malfunzionamento per il futuro. E’ questo il motivo per cui, nella storia cinese, si susseguono un centinaio di diversi calendari. Sempre a partire dalla dinastia Zhou, fino alla seconda metà del primo millennio dell’era cristiana, era usanza seppellire i morti sotto tumuli piramidali (fig. 13). Quasi tutte queste opere sono orientate verso i punti cardinali, con errori inferiori al grado e le facce sud-est di due piramidi, risalenti al periodo Han, paiono allineate col punto di levata di Sirio, forse l’unico caso di attenzione al sorgere di un astro. Con la dinastia Han gli astronomi divennero i membri di un distaccamento dell’equivalente, per l’epoca, ministero dei sacrifici dello stato, che poi diverrà un ente governativo in piena regola. Era come dire che veniva istituito il ministero dell’astrologia, con lo scopo di osservare scrupolosamente gli accadimenti celesti e risponderne direttamente all’imperatore. Le eclissi furono un fenomeno di grande suggestione per tutte le popolazioni, ma in Cina il tutto assume delle tinte fosche. Si narra che durante il XXII secolo a.C gli astronomi Hi e Ho non seppero predire un’eclisse. Pagina 14 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 L. Brandi, Astronomia in Cina Fig. 13. Il mausoleo Maoling, eretto per l'imperatore Wudi, (156-87 a.C), della Dinastia Han, è a circa 15 km ad est del distretto di Xingping. La sua costruzione durò 53 anni. Questa è la più grande tomba imperiale della Dinastia degli Han Occidentali. Contiene un ricco corredo funebre con oggetti funerari di grandissimo valore. La piramide tronca è alta 46,5 metri, e alla base è lunga 240 metri. L’imperatore fu colto di sorpresa e non poté compiere le pratiche rituali del caso. Infuriato li condannò a morte per la loro negligenza. A parte la leggenda di Hi e Ho, la capacità di prevederne in anticipo l’evento sarà un’acquisizione tarda, tanto che gli annali Shiji nel 100 a.C. manifestano ancora una conoscenza incerta sulla cadenza. Le registrazioni sono viceversa precoci. Gli astronomi cinesi cominciarono a lasciare traccia dei tali eventi, anche se in maniera confusa e stringata, a partire dall’eclisse solare del 26 maggio 1217 a.C., almeno secondo Lin Qiao. Testimonianze di eclissi di Luna si hanno a partire dal 1311 a.C. addirittura. Queste testimonianze sono state rinvenute su frammenti di osso e di testuggine che avevano uno scopo oracolare. Come abbiamo detto in precedenza, in tempi moderni i farmacisti Cinesi erano soliti triturare finemente questi frammenti ossei per farne pozioni ed infusi. Nella scrupolosa osservazione del cielo si hanno tracce pure di fenomeni decisamente meno appariscenti come le macchie solari. Venivano osservate già dal 1000 a.C. anche se la prima registrazione documentabile risale solo, si fa per dire, al 28 a.C. Per confronto, in occidente, la prima raffigurazione, sia pure stilizzata di una macchia la si deve a John Da Worcester (8 dicembre 1128). Antichissimi documenti testimoniano la comparsa di comete. Nel Chunqiu (gli Annali della primavera e dell’autunno) è riportata la comparsa di una cometa. Si tratta del passaggio della cometa di Halley del luglio 613 a.C. Dei successivi 34 passaggi, fino al 1910, i Cinesi ne segnaleranno 31. Ma in fatto di registrazioni cometarie se ne hanno a bizzeffe. Addirittura, in una tomba del II secolo a.C. è stata rinvenuta una striscia di seta, Bóshū, risalente al IV secolo con i disegni di 29 diverse tipologie di coda (fig. 14). Si hanno registrazioni anche degli sciami meteorici più consistenti. Forse il più antico è il resoconto effettuato da Lu, relativo allo sciame delle Liridi del 684 a.C. Un resoconto di Ma-tuan-lin (ca. 1240-1280), fig. 15, è chiaramente riconducibile invece alle perseidi dell’anno 830 d.C. Nel complesso si contano 180 registrazioni di sciami, tra cui 12 attribuibili alle perseidi, 10 alle Liridi, 7 alle leonidi. Si hanno anche racconti relativi alla caduta di meteoriti. Uno fra i più antichi risale al 645 a.C. (citato ancora nei Chunqiu), ma vi sono circa 500 testimonianze del genere. Il piatto forte delle testimonianze astronomiche cinesi rimane comunque quello della comparsa di stelle nuove nel cielo, un campo che senza Fig. 14. Le Comete sono state osservate e registrate in Cina sin dalla dinastia Shang (1600-1046 aC). L'immagine è tratta da un libro su seta, Bóshū, composto durante il periodo Han occidentale. Le diverse forme e caratteristiche delle code delle comete sono state riportate e, su alcune di esse, è stata riprodotta la comparsa del nucleo. Dal periodo della dinastia Yin Shang, fino alla fine della dinastia Qing, nel 1911, le comete sono state osservate e registrate per più di 360 volte. Già nel 635 a.C. gli astronomi cinesi notarono che la coda delle comete è sempre rivolta in direzione opposta al Sole. L. Brandi, Astronomia in Cina ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 15 Da allora fino al ‘700 quando l’astronomia tradizionale cinese finirà per essere soppiantata dalle pratiche e dalla perizia occidentali, anche se le registrazioni continuarono ad essere riportate fino all’ultima dinastia nel 1911, sono state raccolte indicazioni di 90 nuove stelle. Alle volte la testimonianza di nuove stelle non è esplicitamente registrata ma si può desumere dalle carte celesti. La costellazione cinese Tianshe, nella regione dell’occidentale Vela, è rappresentata solitamente da cinque stelle. Nella carta stellare dell’astronomo di stato Gande (circa 300 a.C.) compaiono sei stelle. Fra κ e δ Fig. 15. Monumento all’astronomo Ma-Tuan-Lin (ca. 12401280), che registrò le osservazioni, anche del passato, sia di sciami meteorici sia di Novae. dubbio ha reso un grosso servizio anche all’astronomia moderna con la registrazione delle cosiddette stelle ospiti. E’ grazie alle testimonianze cinesi che si è potuto difatti, in molteplici casi, datare con precisione l’esplodere di una Nova o di una Supernova. Iscrizioni su un guscio di testuggine del XIV secolo a.C. riporterebbero (la cautela è d’obbligo su eventi tanto antichi) la registrazione dell’esplosione di una supernova. Si racconta difatti che Ho (la stella Antares) apparve in compagnia di una grande nuova stella. Il satellite ROSAT ha identificato una sorgente, denominata J1714-3939, nei pressi di Antares. La distribuzione spettrale nella banda X indica un’età compresa fra 3000 e 5000 anni, in accordo con la registrazione cinese. Se confermata sarebbe la più antica testimonianza nella storia umana di un tale evento. Velorum, più vicina alla prima, ROSAT ha identificato una sorgente, J0907-5205, riconducibile ad un’esplosione di supernova avvenuta circa 1800 anni fa, fig. 16. La data è in accordo con le indicazioni dei moderni strumenti. Nel 185 d.C. esplose una supernova nella costellazione del Centauro. Il residuo di quell’esplosione è stato identificato con RCW 86, anche questo evento è documentato dalle carte. Curiosamente, allo stesso tempo, l’Occidente pare insensibile a tali fenomeni, con l’eccezione, forse, di quella nel Toro del 1054 (si veda il commento alla fig. 17). Su una cinquantina di eventi, riportiamo i nove particolarmente luminosi: abbiamo già parlato di quello del 185 d.C., avvistato nel Centauro, poi ne abbiamo uno nel Sagittario nel 386, uno nello Scorpione nel 393, uno nel 1006 nella costellazione del Lupo, uno nel 1054 nel Toro, due in Cassiopea rispettivamente nel 1181 e nel 1572 ed uno nel 1408 nel Cigno, ed ancora nel 1604 in Ofiuco. Se il primo passò nella costellazione del Centauro (e quindi invisibile alla maggior parte dell’Europa) ed il secondo fu di modesta luminosità, così come pure il terzo, altrettanto non si può dire dell’evento associato all’esplosione di una supernova nel 1006 che pare sia stata la più luminosa della storia. Per trovare un’esplosione più eclatante bisogna risalire, secondo uno studio condotto su alcuni deboli filamenti di materia in espansione e di una pulsar distante 1500 anni luce nella costellazione australe della Vela, al 10000 a.C. Studi recenti indicano una magnitudine pari a –10, cioè una luminosità un po’ inferiore a quella della Luna piena, concentrata in un solo punto! Fig. 16. In questa immagine X, ripresa dal satellite ROSAT, nella regione della Vela, sono contrassegnate le stelle κ , δ , λ Vel, in prossimità delle quali sono indicati due resti di supernova scoperti da ROSAT. La sorgente RX J0907-5205 è il residuo che potrebbe corrispondere alla Supernova . Pagina 16 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 L. Brandi, Astronomia in Cina Fig. 17. La supernova del 1054 fu osservata dagli astronomi cinesi per ben 653 giorni, dal 4 luglio 1054 al 17 aprile 1056. Della sua scomparsa così ne parla il Sung-hui yao di Chang Te-Hsiang:" .. Il giorno Hsin-Wei [17 aprile 1056] durante il terzo mese del primo anno del Chia-yu [dal 19 marzo—al 17 aprile 1056] il Direttore dell'Ufficio astronomico ha detto che, 'la Stella Ospite è diventata invisibile, e questo è un presagio della sua partenza'. In origine, durante il quinto mese del primo anno del regno Chih-ho, è apparsa di giorno nella zona orientale di guardia T'ien-Kuan. E 'stata visibile di giorno come Venere, con i raggi che sfavillavano in tutte e quattro le direzioni". A testimonianza del fatto che anche in Occidente la Supernova fu osservata, ecco uno splendido disegno, tratto da un manoscritto del 1450, che raffigura l'imperatore del Sacro Romano Impero, Enrico III (1017-1056) mentre la indica ad alcuni dignitari di corte. Sicuramente la videro i nostri antenati africani, asiatici e forse americani, ma in quell’epoca si era ancora in piena preistoria. La Terra stava per uscire dal terzo e ultimo periodo della grande glaciazione Wurm e i primi bagliori di quella che noi chiamiamo civiltà sarebbero apparsi solo seimila anni più tardi. Ma torniamo alle altre esplosioni. Per quanto riguarda la supernova del 1181 si hanno documentazioni certe anche in Europa (probabilmente è riprodotta anche in un ciclo di affreschi nell’abbazia di S. Pietro in Valle, presso Ferentillo in Umbria), fig. 18, benché la fisica aristotelica andasse ancora per la maggiore. Torna il silenzio nel 1408, mentre le ultime due saranno addirittura intitolate ad astronomi europei, quali scopritori. La supernova del 1572 è legata a Brahe e quella del 1604 a Keplero. La supernova del 1054 Grande mistero avvolge la supernova del 1054 che apparve nella costellazione del Toro e rimase visibile per circa 8 mesi. Sapendo dove guardare la si sarebbe potuta scorgere di giorno per 23 giorni. E’ segnalata perfino in testimonianze armene, siriane e, pur col beneficio d’inventario, in graffiti dell’Arizona. Raggiunse una magnitudine di –4, –5. L’Europa allora era radicata nel concetto aristotelico dei cieli immutabili e può aver passato sotto silenzio il fenomeno per motivi filosofici, politici, psicologici, oltre a non ritenerlo di pertinenza astronomica. Appare invece singolare che anche gli Arabi però non ne facciano quasi menzione. Eppure la cultura araba non era intrisa di aristotelismo come la cultura europea dell’epoca. La maggiore apertura di vedute islamica è dimostrata dalla documentazione del fenomeno avvenuto mezzo secolo prima, in occasione dell’esplosione del 1006, quando, oltre alle testimonianze cinesi, giapponesi, coreane ed armene, c’è anche un resoconto dell’astronomo del Cairo Ali Ibn Ridwan (su questo aspetto pare che l’astronomo Pingré nella sua monumentale opera Cometographie abbia preso un abbaglio scambiandola per una cometa!). Certo che per l’apparizione di un simile oggetto, sull’eclittica, e quindi in posizione favorevole per tutto il bacino mediterraneo, di luminosità seconda solo a quella del Sole e della Luna, una così scarsa abbondanza di fonti, in Occidente, appare piuttosto singolare. L’immane esplosione darà vita a quell’inviluppo di gas noto oggi col nome di Crab nebula (distante circa 6000 anni luce) che Messier nel 1758 classificherà come il primo oggetto nebulare del proprio catalogo (è difatti classificata come M1, anche se la prima osservazione la si deve a John Bevis che la osservò nel 1731). Ma non finisce qui. La supernova dei misteri alimenta anche la storia moderna. L’aneddotica racconta che durante un’apertura pubblica di uno degli osservatori di Kitt Peak, in Arizona, una signora affermò convinta di vedere pulsare la luce della stella centrale. La scoperta della periodicità, dell’ordine di 3 centesimi di secondo, fu scoperta nel 1969, dapprima nel radio, poi anche nel visibile. Gli studi fisiologici indicano che la persistenza retinica media è ben superiore al periodo della stella e non dovrebbe esser visibile ad occhio nudo (questo non significa che eccezionalmente non nascano persone con tempi di refresh considerevolmente diversi). La signora del secolo scorso vide davvero pulsare la stella? Sembra ragionevole supporlo. Dopo la scoperta della periodica pulsazione qualcuno si ricordò dell’evento ma della signora nessuno se ne curò, così non sappiamo il nome di colei alla quale si dovrebbe attribuire la paternità, seppure inconsapevole, della scoperta. L. Brandi, Astronomia in Cina ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 17 Cenni di astronomia coreana e giapponese Parlando di estremo oriente non c’è dubbio che la parte del leone spetti alla Cina, con la sua smisurata estensione territoriale, non dobbiamo però passare sotto silenzio almeno altre due culture: la coreana e la giapponese. Anche Coreani e Giapponesi infatti svilupparono delle loro concezioni astronomiche. A parte le prime idee mitiche appare però evidente l’importazione di conoscenze di marca cinese in gran parte delle loro concezioni. Analogamente ai Cinesi anche i Giapponesi e i Coreani erano dediti alla scrupolosa osservazione del cielo, tanto da avere anche da questi popoli la documentazione della comparsa di “stelle ospiti” nel cielo. Per quanto riguarda la penisola coreana possiamo dire che attorno al 50 a.C. le varie tribù furono amalgamate in tre regni. In quello stesso periodo fu introdotta la scrittura cinese. Nonostante il coreano sia un ceppo linguistico indipendente soltanto dal 1446 ha assunto un alfabeto proprio. Ad ogni modo assieme alla scrittura arrivarono in Corea anche le concezioni astronomiche cinesi. Nel 657 d.C., durante il regno della regina Sinhgdok, fu costruita una torre (fig. 19), alta 9 m circa, con Fig. 18. Nell’affresco del XII secolo, “L’apparizione della stella ai magi”, che fa parte di un ciclo pittorico di straordinaria importanza artistica, è probabilmente raffigurata la supernova del 1181, nell’angolo in alto a destra (Abbazia di San Pietro in Valle a Ferentillo). Si ringrazia la dott.ssa Laura Tamanti, già responsabile del restauro degli affreschi e il dott. Vito Francesco Polcaro, autore di un’importante memoria sull’interpretazione astronomica del dipinto, per le preziose informazioni. Fig. 19. Torre astronomica Cheomseongdae (la Torre della Luna e del Sole) realizzata nel 657 d.C. a Kyongju a circa 100 km a nord di Pusan, nella Corea del Sud. una piattaforma sulla sommità di circa 3 m, dedicata alle osservazioni astronomiche. La torre della Luna e del Sole, come è chiamata, ha delle chiare allusioni astronomiche: 366 blocchi di granito, disposti in 28 strati (uno per ciascuna casa solare). E’ ritenuto il primo osservatorio astronomico dell’Estremo oriente, ancora oggi visitabile a Kyongju. Sul suo primato storico vi sono fondamenti maggiori rispetto a quello del leggendario Huang Di. Un analogo sviluppo si ebbe anche in Giappone, quando, intorno al 400 d.C., la scrittura cinese divenne d’uso comune. Rispetto alla Cina però il Giappone ha conosciuto una sola famiglia imperiale cosicché non è possibile creare una datazione di natura dinastica. I riferimenti astronomici sono disseminati entro le vicende private dei componenti la casa regnante. Possiamo affermare che la storia dell’astronomia giapponese comincia col sacerdote Mim, che fu inviato nel 608 d.C. in Cina a studiare astronomia e buddismo. Tornato in patria, forse in una data corrispondente al 5 febbraio 675, fondò il primo osservatorio astronomico giapponese, nella città di Asuka, oggi scomparso. L’osservatorio aveva una disposizione secondo i punti cardinali e dei solchi erano orientati verso il sorgere ed il tramontare del Sole nei giorni degli equinozi e dei solstizi. Lo scopo primario dell’osservatorio era di carattere astrologico. Nella metodologia e nella filosofia ricalcava l’astronomia cinese. Pagina 18 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Fig. 20. Incisione su legno dell’artista giapponese Hokusai che, nel 1834, illustrò, in questa tavola, l’Osservatorio dell’ufficio astronomico per il calendario, durante il periodo Edo. Qui vediamo gli astronomi che lavorano sul tetto, e il monte Fuji che fa da splendido sfondo. Alle loro spalle una sfera armillare. Analogamente ai Cinesi, anche i Giapponesi credevano che ci fosse una correlazione tra i fenomeni celesti e gli accadimenti terrestri. Infatti una sera di novembre del 1698 un incendio di immani proporzioni devastò il castello governativo e molte abitazioni di samurai. Secondo gli astronomi l’evento complementare celeste era la caduta di stelle, noto modernamente col nome di sciame delle Leonidi. Va pure riconosciuto che i Giapponesi non si svincolarono mai del tutto dalle credenze mitiche. Difatti, in occasione delle eclissi di Sole, venivano coperti i pozzi affinché non vi cadesse il veleno proveniente dal cielo oscurato. E fino alla seconda guerra mondiale la Marina imperiale era tenuta a sparare delle salve di cannone per scacciare il drago celeste divoratore. In questo si ritrova un ulteriore elemento di comunanza con i Cinesi, i quali erano soliti passare il tempo delle eclissi facendo gran frastuono con legni, bastoni per infastidire il drago celeste, divoratore del Sole o della Luna, a risputare l’astro ed andarsene. Nota 1: E’ bene precisare che col termine calendario non si deve intendere solo una successione ordinata di date, quanto un intero corpus di regole atte a prevedere i vari fenomeni celesti come le eclissi, le congiunzioni e così via, correlandole ad una serie di pratiche astrologico-religiose. Nota 2: Tutta la famiglia imperiale è avvolta nel mito. Difatti a sua moglie, Lei Zu, si attribuisce l’introduzione della coltivazione del baco da seta ed al discendente Yu, detto Yu il grande, per primo, l’uso di armi di bronzo. Questo elemento, tutt’altro che marginale, dà testimonianza dell’appropriata collocazione temporale nell’età del bronzo. Nota 3: La Cina adottò il calendario gregoriano nel 1912, inizialmente solo per le transazioni con gli altri Paesi successivamente (1929) anche per uso interno. Lorenzo Brandi si è laureato in Astronomia all’Università di Bologna, presso la stessa Università, nel 2006 ha conseguito un Master di II livello: ‘Matematica per le applicazioni’. Ha acquisito una certificazione per attività didattiche e divulgative delle scienze che gli ha permesso di collaborare per alcuni anni con l’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze. Dal 2003 è Tutor (referente scientifico) a villa Demidoff presso il Laboratorio di Didattica Ambientale. Ha tenuto lezioni al Planetario di Firenze, presso la Fondazione Scienza e Tecnica. Le effemeridi astronomiche da lui prodotte sono state fornite alle edizioni Chiaravalle e a Frate Indovino per la realizzazione dei loro almanacchi e calendari e dal 2007 collabora con la rivista 'le Stelle' e con 'la Stampa' di Torino per l’inserto 'Tutto Scienze & Tecnologia' per la pubblicazione di articoli di carattere astronomico. E' docente precario di matematica e fisica nella scuola secondaria superiore. Fig. 21. Schema dell’Osservatorio, costruito nel 1279, all'inizio della dinastia Yuan (1279-1368), da Wang Xun e Guo Shǒujìng, nelle vicinanze di Pechino. F. Zucconi, Pianeti extrasolari ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 19 PROBLEMATICHE OTTICHE NELLA RILEVAZIONE DEI TRANSITI DI PIANETI EXTRASOLARI Fabio Zucconi Durante la rilevazione di un transito di un pianeta extrasolare attraverso fotometria lo scopo è quello di misurare il calo di flusso luminoso della stella attorno alla quale orbita il pianeta. In un modello privo di qualsiasi problematica il risultato di una curva di luce della stella durante il transito studiato sarebbe quello mostrato in fig. 1. La realtà purtroppo si discosta parecchio da questa situazione per vari motivi, molti dei quali riguardano il passaggio della luce attraverso la nostra atmosfera. Questo chiaramente andrà a creare una fluttuazione nel tempo della curva di luce e renderà più difficoltosa l’analisi della curva e la stima dei parametri del pianeta (fig. 2). L’entità dell’azione della scintillazione atmosferica è molto difficile da valutare, varia con le condizioni atmosferiche, con l’altezza sul livello del mare e sul grado di equilibrio termico del telescopio e degli oggetti vicini, ci si può fare un’idea però della sua dipendenza da alcuni parametri con la formula empirica di Radu Corlan (dove con σs si intende l’errore relativo del flusso): Turbolenza atmosferica La turbolenza atmosferica ha l’effetto di increspare i fronti d’onda della luce in arrivo dalla stella che entrano nel telescopio. Questi in assenza di atmosfera sarebbero fronti piani (per l’elevata distanza della sorgente luminosa) che generano un’esatta figura di diffrazione al piano focale (il famoso disco di Airy). Gli effetti di queste perturbazioni sul piano focale e sul risultato della curva di luce sono principalmente due: il primo è uno sparpagliamento della luce maggiore rispetto alla figura di diffrazione, questo fenomeno non va a incidere negativamente sul processo di rivelazione del transito perché non cambia il flusso luminoso totale della stella entrante nel tubo del telescopio. Il secondo effetto invece è noto come scintillazione atmosferica e consiste in una variazione della convergenza dei raggi luminosi in arrivo dalla stella, quindi una variazione della quantità di flusso entrante nel telescopio. Come è facile prevedere, le fluttuazioni di scintillazione atmosferica nelle varie pose CCD aumentano con l’aumentare della massa d’aria (A) mentre diminuiscono con l’aumentare del diametro del telescopio usato (D) e con l’aumentare del tempo di 1.75 integrazione (t) delle singole A pose. σ S = 0.09 D 0.66 2t Estinzione atmosferica Il modello sopra descritto prevede una totale trasmissione dei raggi luminosi nell’atmosfera, in realtà l’atmosfera è fatta da gas con una certa densità ottica perciò una parte della radiazione luminosa non riceverà il sensore e non sarà misurata generando il fenomeno dell’estinzione atmosferica. Ci proponiamo di capire come varia macroscopicamente il flusso luminoso ricevuto in funzione della massa d’aria. Immaginiamo l’atmosfera come un guscio di spessore R con uguale densità macroscopica in ogni tratto e una Fig. 1 Pagina 20 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 F. Zucconi, Pianeti extrasolari Fig. 2 radiazione monocromatica di lunghezza d’onda λ che la attraversi. Questa è una grossa approssimazione perché sappiamo che l’atmosfera si dirada con l’aumentare della quota, ma non influisce in alcun modo sullo scopo prefissato cioè di capire la variazione di flusso luminoso, non quanto questo effettivamente sia. Se il raggio luminoso percorre un tratto l di atmosfera, il flusso ricevuto Lout si sarà abbassato di un fattore esponenziale come mostrato nella formula: dove k è una costante, con le dimensioni di una lunghezza, che quantifica la distanza da percorrere per scalare il flusso di un fattore e-1. Considerando osservazioni fatte sempre con lo stesso telescopio, quindi una visuale sempre con la stessa sezione, la lunghezza l del tratto percorso in atmosfera dal raggio è direttamente proporzionale alla massa d’aria. Considerando osservazioni fatte sempre con lo stesso telescopio, quindi una visuale sempre con la stessa sezione, la lunghezza l del tratto percorso in atmosfera dal raggio è direttamente proporzionale alla massa d’aria. Vediamo quindi la dipendenza del flusso entrante nel telescopio dalla massa d’aria (quindi dall’altezza sull’orizzonte) in un grafico, fig. 3. In realtà nell’esempio precedente abbiamo trattato dei punti sperimentali ripresi al CCD con un fit di tipo esponenziale descritto sopra, ma questo non è corretto perché il nostro CCD è esposto a radiazione non monocromatica e ha una certa banda passante ovvero è sensibile a diverse lunghezze d’onda. Il parametro k descritto prima è fortemente dipendente dalla lunghezza d’onda della luce. Per ora possiamo semplicemente trascurare il fenomeno considerando sorgenti con spettro a campana molto stretta, approssimabile a una delta di Dirac. Vedremo tra non molto che la dipendenza di k dalla lunghezza d’onda può avere ripercussioni drammatiche sulle curve di luce, specie su quelle molto protratte nel tempo per transiti lunghi. Fig. 3. Esempio di dipendenza esponenziale del flusso ricevuto a terra da una stella al variare della massa d’aria. I dati sono trattati per avere una costante spaziatura in massa d’aria. Il fit è fatto con l’esponenziale con k=5.7 (R) F. Zucconi, Pianeti extrasolari Fotometria differenziale L’estinzione atmosferica ci garantisce che la curva di luce che otterremo da una stella durante un transito avrà ben poco a che fare con quella studiata nel modello fisico, fig. 4. Un transito può durare diverse ore, inevitabilmente la stella cambierà altezza sull’orizzonte e di conseguenza le condizioni di massa d’aria producendo un risultato come quello visto in figura. Di per se questo non sarebbe un grosso problema perché conoscendo la dipendenza dell’angolo zenitale dal tempo, si potrebbe capire l’effetto dell’estinzione e rilinearizzare il grafico in un secondo tempo, ma bisogna considerare che nella durata del transito le condizioni di trasparenza del cielo possono anche solo leggermente calare per una leggera velatura nuvolosa creando una nuova variabile di difficile controllo. La procedura della fotometria differenziale ci viene in aiuto per questi problemi e ci permette di ottenere dei risultati utili cancellando quasi totalmente il problema dell’estinzione e della copertura nuvolosa. Il concetto alla base di questa procedura è questo: in ogni posa, oltre a ricavare il flusso entrante di XO-2, si ricava il flusso entrante di un’altra stella nelle immediate vicinanze. Si calcola il rapporto tra i due valori e si traccia questa variabile nella curva di luce. L’estrema vicinanza delle due stelle fa in modo che il valore di massa d’aria sia praticamente lo stesso per le due stelle in ogni momento, per cui l’estinzione atmosferica si comporterà allo stesso modo nei due casi lasciando pressoché inalterato il rapporto. Anche il problema della copertura nuvolosa è risolto: se in una certa posa una nuvola blocca una certa percentuale di flusso di una stella, la stessa cosa farà con l’altra stella e il rapporto Fig. 4. Esempio di curva di luce in funzione del tempo (XO2 del 6 febbraio durante un transito). La curva è evidentemente di difficile interpretazione… ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 21 Fig. 5. Curva di luce (sempre XO-2 del 6 febbraio) trattata con il metodo della fotometria differenziale ancora una volta rimarrà inalterato. La fotometria differenziale è utile se la stella di riferimento è il più possibile vicina a quella studiata e se non presenta una rilevabile variabilità, ovviamente si da per scontato che la stella di riferimento non subisca anche lei un transito di un pianeta extrasolare. Dalla curva di luce così ottenuta, conoscendo il valore di flusso standard costante della stella di riferimento, si ricaverà il flusso della stella studiata. La fotometria differenziale, indispensabile per questo genere di studi, ha due importanti punti deboli: il primo riguarda il fatto che dobbiamo misurare il flusso a due stelle anziché una e combinare i risultati, cosa che aumenterà l’errore fotometrico, dato che la scintillazione atmosferica dobbiamo aspettarci che non sia correlata nei due casi (fig. 5). Con lo scopo di ottenere il minor errore fotometrico possibile, sarebbe utile sfruttare non una sola stella di riferimento, ma tutte quelle possibili nel campo, considerando sempre la distanza angolare dalla stella in esame e la loro stabilità, sommandone i flussi. In questo modo si possono mediare gli effetti di scintillazione sulle diverse stelle di riferimento e ottenere un minore errore di scintillazione. Il secondo problema riguarda il colore delle stelle e sarà trattato in dettaglio nel prossimo paragrafo. Diffusione della luce Abbiamo già accennato al fatto che l’entità di estinzione atmosferica dipenda molto dalla lunghezza d’onda della radiazione considerata. Consideriamo un processo di fotometria differenziale (con una sola stella di riferimento) in cui la stella in esame e la stella di riferimento abbiano una classe spettrale diversa, perciò un colore diverso. Pagina 22 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 F. Zucconi, Pianeti extrasolari Fig. 6 Nella nostra approssimazione dobbiamo immaginarci lo spettro in arrivo da queste due stelle come due delta di Dirac centrate su valori diversi di lunghezza d’onda. L’effetto dell’estinzione atmosferica sarà quello dato dalle equazioni scritte sopra, con due valori differenti di k associati a quelle particolari lunghezze d’onda. Non è facile determinare con esattezza la relazione che lega k alla lunghezza d’onda, ciononostante è sufficiente sapere che, essendo la diffusione il fenomeno predominante, questa fa si che k cresca al crescere della lunghezza d’onda, fig. 6. In realtà le stelle hanno uno spettro di corpo nero, con un picco che dipende dalla temperatura secondo la legge di Wien. Questo spettro viene però modificato dall’atmosfera stellare, dal mezzo interstellare e dalla nostra atmosfera. Chiaramente il diverso comportamento dell’estinzione tra le due stelle renderà la curva di luce della fotometria differenziale un po’ alterata come mostrato nella figura 8. Ci aspettiamo un trend della curva in salita se la stella di riferimento è più blu di quella in esame mentre la massa d’aria sta aumentando (proprio il caso dell’esempio mostrato) oppure se la stella di riferimento è più rossa mentre la massa d’aria scende. Nei due casi opposti si avrà un trend in discesa. Ovviamente più gli spettri delle stelle si avvicinano e più questi trend diventano trascurabili. Nell’intento di fare fotometria differenziale a una stella utilizzando un gruppo di stelle di riferimento, sarebbe molto utile conoscere i valori di k di tutti gli oggetti utilizzati. Sfortunatamente spesso le stelle che bisogna utilizzare sono molto deboli, perciò la loro classe spettrale può non essere nota. Esistono alcune survey che hanno fatto fotometria (anche digitale) in diverse bande spettrali ad ampie zone di cielo sfortunatamente spesso la precisione fotometrica raggiunta da questi lavori e la scelta delle zone di spettro indagate non permettono di stabilire con sufficiente chiarezza la classe spettrale di queste stelle. Quello che rimane da fare è stimarsi da soli i valori di k. Questo è possibile con la nostra stessa strumentazione, facendo fotometria differenziale a tutte le stelle utilizzate in due condizioni di massa d’aria molto diversa. Da questi dati è possibile non solo linearizzare la curva di luce ottenuta, ma prevedere quali saranno i trend non lineari nelle condizioni di ripresa. Fig. 7. Estinzione atmosferica (flusso relativo su massa d’aria) per due stelle di diversa classe spettrale, i punti rossi sono riferiti alla stella ref A del 6 febbraio (fit con k=5.7 R), quelli blu alla stella ref B sempre del 6 febbraio (fit con k=4.3 R). Non a caso è stata scelta questa colorazione, i dati ci suggeriscono che ref B abbia una classe spettrale più spostata verso il blu di ref A. F. Zucconi, Pianeti extrasolari ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 23 Fig. 8. Curva di luce in fotometria differenziale tra due stelle (senza transiti) di diversa classe spettrale. La curva, che dovrebbe avere un andamento orizzontale, presenta un trend in salita. Confronto tra le dimensioni di Giove e del pianeta XO-2b, i cui transiti sono stati studiati in questo articolo. Fabio Zucconi è Presidente del Gruppo Astrofili Messier 42 del lodigiano. È laureato in Fisica dal 2008 e dal 2010 in Scienze Fisiche. Fin da piccolo coltiva una forte passione per l'astronomia che viene alimentata grazie alla presenza vicino casa dell'Osservatorio astronomico del lodigiano. Oggi, grazie agli studi fatti, ha la fortuna di combinare la passione e la voglia tipica dell'astrofilo all'aspetto sperimentale e di rigore della scienza. A livello astronomico si occupa di divulgazioni scientifiche nell'Osservatorio del lodigiano e di coordinare l'attività del gruppo astrofili. Pagina 24 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 M. Mazzoni, Onde gravitazionali ONDE GRAVITAZIONALI Massimo Mazzoni Università di Firenze La rilevazione di quel particolare tipo di onde che sono le onde gravitazionali, costituisce sicuramente uno dei progetti più ambiziosi e uno dei temi più importanti dell'astrofisica attuale. Questa ricerca non è certo una delle più "chiacchierate" e stimolanti, come, per esempio, quella mirata a individuare tracce di vita extraterrestri, e neppure una delle più nuove, come quella che riguarda la comprensione dell'energia oscura; tuttavia, per molti motivi, riveste un ruolo molto particolare nel panorama scientifico del III millennio. Vediamo alcuni di questi motivi nel seguito. Prima di tutto il fenomeno delle onde gravitazionali (OG, di qui in seguito) è un'eccezione nella storia della fisica e dell'astronomia. Infatti, solitamente avviene che, all'inizio, il processo naturale, o l'esperimento di laboratorio, o l'osservazione del cielo presentino delle caratteristiche inaspettate che non rientrano nelle conoscenze fisiche a disposizione e che quindi richiedono una nuova spiegazione e magari un nuovo modello per essere compresi e correttamente descritti. Talvolta si impone perfino una revisione dei modelli già accettati e consolidati. Insomma, il fatto precede e stimola la sua teorizzazione: questo è sempre stato vero, almeno per gli argomenti più importanti di queste scienze. Sorprendentemente, nel caso delle OG è avvenuto l'opposto. La teoria ha preceduto la scoperta delle OG di quasi un secolo, e ancor oggi manca la loro osservazione diretta. Ma procediamo per ordine, chiarendo intanto cosa sono queste onde. Nel quadro dei Principia di Newton, riferimento fondamentale per la fisica classica, lo spazio è considerato infinito, impalpabile e rigido. Non stiamo parlando ovviamente del solo spazio cosmologico, ma di ciò che in generale separa un oggetto da un altro, o una galassia da un'altra. Lo spazio studiato dall'astronomia, pur nella sua immensità, è un sottoinsieme di questa categoria generale (per usare i concetti di Kant) cui appartiene anche lo spazio domestico. La filosofia Albert Einstein (1879-1955) degli antichi non si era mai posta questo problema in modo esplicito, ma di fatto si basava sulla stessa visione che il grande Newton formalizza un paio di millenni più tardi. Oggi sappiamo invece che le cose non stanno così. Nel 1916 Albert Einstein pubblica sugli Annalen der Physik, la teoria generalizzata della sua precedente Teoria ristretta della Relatività: si tratta appunto della Teoria generale della Relatività. Una delle affermazioni più importanti, anzi rivoluzionarie ivi contenute, almeno per quel che ci interessa Concept di onde gravitazionali M. Mazzoni, Onde gravitazionali ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 25 La prima pagina della fondamentale memoria di Einstein: “Die Grundlage der allgemeinen Relativitätstheorie” apparsa sul n. 7 del 1916 degli Annalen der Physik. qui, è proprio il fatto che lo spazio non è una struttura tridimensionale rigida e immutabile sulla quale si collocano cose e fenomeni, ed agiscono forze fisiche. E' come dire che il palcoscenico non è un supporto passivo, ma fa parte della recita, perché si modifica a seconda di ciò che avviene al suo interno. L'attore che modifica la forma dello spazio è la presenza della massa. Va detto subito che, per parlare della Teoria e delle sue conseguenze come le OG, non è possibile utilizzare matematica elementare o ricondurre tutto a schemi semplici, come, tanto per fare un esempio, gli schemi delle reazioni nucleari nei nuclei stellari. Quindi bisogna scegliere di non far ricorso affatto alla matematica. Secondo le previsioni della Relatività, esistono due tipi di modifiche, diverse tra loro ma interconnesse, che la materia provoca nel tessuto spaziale: una di carattere statico ed una di tipo dinamico. L'effetto statico viene spesso descritto in ambito divulgativo come se lo spazio fosse una superficie elastica e vi venisse posta sopra una sfera massiccia: le due dimensioni della superficie si incurvano di conseguenza, ossia coinvolgono parzialmente la terza dimensione. Nel caso reale si deve immaginarsi qualcosa di analogo, ma con le tre dimensioni che si incurvano verso la quarta, non sperimentata dai nostri sensi ma in accordo con la Teoria della Relatività. Questo primo aspetto fu verificato già pochi anni dopo la sua pubblicazione: nel 1919 uno dei più famosi e geniali astronomi britannici, Arthur Eddington, approfittò di un'eclisse totale di Sole, osservabile nel Golfo di Guinea, per misurare le coordinate di alcune stelle di sfondo note, poste in prossimità del bordo solare. Lo spostamento apparente della loro posizione confermò che la nostra stella incurva in modo sensibile lo spazio intorno a sé; di conseguenza i fotoni provenienti dalle stelle di sfondo, che possiedono massa a causa della loro velocità, subiscono tale effetto modificando così la loro traiettoria. All'osservatore sulla Terra la radiazione sembra dunque provenire da un'altra punto del cielo. Si parla di "geometrizzazione" della gravità, e "attrazione gravitazionale” significa solo che un corpo segue questa curvatura (geodetica), avvicinandosi alla massa che l’ha prodotta. Da allora si sono avute continue conferme di questa influenza statica tra spazio e materia. Si tratta comunque di un fenomeno debolissimo, tanto che un Simulazione della curvatura dello spazio-tempo intorno ad una grande massa Pagina 26 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 M. Mazzoni, Onde gravitazionali Questa bella figura spiega chiaramente come si procedette all'osservazione fotografica dell'eclisse di Sole del 29 maggio 1919 promossa da Eddington. Essa apparve su Illustrated London News del 22 novembre 1919. La didascalia originale spiegava l'esperimento come segue: "I risultati ottenuti dalle spedizioni inglesi per osservare l'eclisse totale di sole del 29 maggio scorso hanno verificato la teoria del professor Einstein secondo la quale la luce è soggetta alla gravitazione. Scrivendo nel numero del 15 novembre [1919], il Dott. AC Crommelin, uno degli osservatori britannici, ha dichiarato: "L'eclissi è stata particolarmente favorevole ai nostri fini, non essendoci meno di dodici stelle abbastanza brillanti nei pressi del sole. il procedimento osservativo consisteva nel fotografare queste stelle durante la totalità, e confrontandole con altre lastre fotografiche della stessa regione riprese quando il sole non era nelle vicinanze. Se poi la luce delle stelle è deviata a causa dell'attrazione del sole, le immagini delle stelle durante l'eclisse sembrerebbero spostate verso l'esterno rispetto alle immagini della stessa zona riprese in precedenza. Le osservazioni si accordano con la teoria di Einstein". tempo occorrevano masse di tipo stellare per produrre effetti misurabili. Cosa succede invece se il corpo celeste non è in quiete, ma si muove, o cambia configurazione, o ne urta un'altra o addirittura esplode, come può avvenire alla fine della vita di certe stelle? Nello scenario dinamico, se sono soddisfatte certe condizioni (momento di quadrupolo non nullo, ossia l'emissione di OG ha come presupposto una distribuzione non omogenea di materia, in termini di deviazione dalla simmetria sferica e dalla densità uniforme) avviene che la deformazione dello spazio tempo, prodotta dalle rapide variazioni dalla sua geometria, si propaga quasi indisturbata attraverso l'Universo con una velocità che, secondo Einstein, è quella della luce. Questo treno di deformazioni sono, appunto, le OG. Nella chiave didattica cui si accennava prima, si usa il paragone del sasso gettato nell'acqua ferma: il punto di impatto diviene sorgente di onde che si propagano nell'acqua. Ma l'analogia tra queste onde (meccaniche, ma vale anche per quelle elettromagnetiche) e le OG si ferma qui. Ci sono fondamentali differenze. Le onde elettromagnetiche (OEM) si propagano nello spazio-tempo, che rimane inalterato, invece le OG modificano lo spazio-tempo mentre lo attraversano: questo è un punto molto interessante, perché è alla base dei metodi di rivelazione. Inoltre le sorgenti delle OEM sono corpi piccolissimi: atomi, elettroni, molecole, mentre le OG sono emesse da corpi molto massivi. Un'altra differenza è che le prime possono essere polarizzate, le seconde sono sempre polarizzate. Infine le OEM vengono assorbite, riflesse, rifratte nell'interazione con la materia, mentre le OG viaggiano senza quasi interagire con l'ambiente. Data dunque "l'impalpabilità" delle OG, come si può essere sicuri che, almeno stavolta, Einstein non si sia sbagliato? Cosa garantisce della loro esistenza? Per avere la risposta, esiste un metodo diretto ed uno indiretto. La rivelazione attraverso un metodo diretto sarà risolutiva, ma è ancora nella fase "lavori in corso", e ne parliamo oltre. Il metodo indiretto invece ha già dato la sua risposta, facendo assegnare il premio Nobel per la fisica a R.A. Hulse e J.H. Taylor nel 1993. Immagine radio, in falsi colori, della pulsar binaria 1913 + 16 . M. Mazzoni, Onde gravitazionali A partire dagli anni '70, i due astrofisici hanno studiato l'emissione radio di varie pulsar mediante il radiotelescopio di Arecibo ed hanno scoperto così la prima pulsar binaria (PSR 1913+16). I segnali provenienti da queste stelle a neutroni hanno precisioni dell'ordine degli orologi atomici, ma in questo caso ci si è accorti che le due stelle, in stretta traiettoria l'una rispetto all'altra, stavano accelerando. L'analisi di come la sequenza degli impulsi variava durante gli anni, ha permesso di capire che il sistema non è stabile e che le due pulsar stanno percorrendo traiettorie a spirale che le porteranno ad impattare una sull'altra (fenomeno di coalescenza). Tuttavia, l'energia gravitazionale persa dalla coppia nell'avvicinamento non si ritrova convertita totalmente nella loro maggior energia cinetica. La quantità mancante corrisponde, in ottima approssimazione con la Teoria della Relatività, all'energia sottratta nell'emissione di OG. Dunque non si sono propriamente rivelate queste onde, ma ci si è limitati a determinare che la pulsar binaria perde energia esattamente come deve avvenire per un sistema che rilasci OG. Una prova indiretta, appunto. Negli anni del premio a Hulse e Taylor, erano in costruzione vari nuovi laboratori finalizzati alla misura diretta di queste sfuggenti OG. I progetti erano LIGO negli Stati Uniti, Virgo in Italia, TAMA in Giappone, Geo in Germania. Precedentemente esisteva, ed esiste ancora, una vasta famiglia di rivelatori di OG basati sulle barre risonanti, giganteschi cilindri superconduttivi e ultracriogenici, nei quali il fremito meccanico indotto dal passaggio di una OG viene misurato da sensori piezoelettrici. In Italia abbiamo i sistemi Nautilus e Auriga, attivi rispettivamente presso i Laboratori di Frascati e di Legnaro. Le due barre lavorano congiuntamente, e a loro Un rivelatore per onde gravitazionali del sistema AURIGA, gestito dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare INFN, a Legnaro, Padova. ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 27 Da sinistra, Russell Hulse e Joseph H. Taylor, Premi Nobel per la fisica 1993 per i loro studi sulle pulsar nel radio e la scoperta nell’emissione di OG nella pulsar binaria 1913+16 volta fanno parte di una rete mondiale di rivelatori a barra, che costituisce un unico, sensibilissimo reticolo per le OG. Tuttavia i sistemi a risonanza, sia quelli presenti in Italia, sia quelli nel resto del mondo, non sono stati in grado di percepire, per vari motivi tecnici, l'esplosione della supernova 1987a nella Grande Nube di Magellano. La relativamente nuova famiglia di antenne gravitazionali si basa su proprietà ottiche anziché meccaniche, e la chiave sta nella polarizzazione delle OG. Il cuore della SN 1987A varia di dimensioni e di aspetto nel corso degli anni. Purtroppo, al momento della sua esplosione, per motivi tecnici, i rivelatori a terra non captarono alcuna OG dalla supernova. Pagina 28 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 M. Mazzoni, Onde gravitazionali Quando una OG raggiunge un certo punto dello spazio, quest'ultimo subisce la deformazione cui si è accennato e che quindi è comune a tutti gli oggetti che sono contenuti in quel punto. Sarebbe dunque impossibile verificare la contrazione e dilatazione di un corpo utilizzando un metro: anche il regolo subisce lo stesso fenomeno, ed il risultato della misura sarebbe che niente sta cambiando. Ben diverso, invece, il risultato che si può ottenere utilizzando la radiazione elettromagnetica. Se si riesce a misurare il tempo impiegato dai fotoni per percorrere un percorso standard, si deve osservare che questo tempo aumenta e diminuisce leggermente quando il percorso è investito dalle OG, proprio perché varia la lunghezza del tratto. Questo in teoria. In pratica il delta temporale è talmente piccolo che una misura assoluta è di fatto impossibile, anche con la migliore strumentazione oggi disponibile. Ci sono delle speranze maggiori di ottenere un responso positivo se si riesce a fare una misura relativa, cioè di confronto e, naturalmente, se si sfrutta un percorso più lungo possibile. Lo strumento per la misura relativa è un interferometro. In Italia, ne è stato realizzato uno apposta, in provincia di Pisa, a Cascina, grazie a finanziamenti dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. In nome del progetto era Virgo, poi è stato ribattezzato EGO, ma nell'uso colloquiale ancora si usa ancora la vecchia etichetta. Messo in funzione da alcuni anni, dopo una costruzione durata circa oltre un decennio, è tutt'ora operativo, ma è già stata progettata la versione avanzata dell'interferometro, Advanced Virgo. La chiave per la rivelazione è, come si diceva sopra, la polarizzazione delle OG, come sarà illustrato sotto. E' interessante no- Vista aerea dei tre chilometri di lunghezza della struttura di Advanced Virgo nei pressi di Pisa. Esso è il rivelatore più grande e più sensibile per le onde gravitazionali in Europa Schema di un interferometro, concettualmente simile a quello di Michelson e Morley, impiegato per rilevare OG, in esperimenti come l’Advanced Virgo. tare che quest'interferometro è uno strumento dello stesso tipo utilizzato da Michelson e Morley nel 1887 per dimostrare la non esistenza dell'etere. Nello schema di funzionamento, la luce di un laser altamente stabilizzato viene divisa in due percorsi, identici ed ortogonali, mediante un beam-splitter (vedi figura sopra). I due percorsi (bracci dell'interferometro) sono posti sotto vuoto e sono chiusi da uno specchio che rimanda la luce verso l'incrocio dei bracci: lì i due fasci si ricompongono otticamente, dando luogo appunto all'interferenza. Se i due bracci sono identici, i fotoni, che ovviamente si sono separati in fase, si ricombinano in fase. Un rivelatore messo in tal punto vedrebbe dunque lo spot originale del laser. Ma conviene far differire appena i due bracci, in modo da produrre le frange di interferenza e collocare il sensore su una frangia scura. Infatti la misura rispetto al buio è sicuramente più sensibile di quella rispetto all'interferenza costruttiva. Se le OG non fossero polarizzate, le deformazioni dei due bracci sarebbero isotrope e, ancora una volta, non si vedrebbe alcun segnale. Invece la teoria prevede che le OG abbiano una complessa polarizzazione, grazie alla quale un braccio si deve contrarre leggermente mentre l'altro si allunga. L'effetto allora è che all'arrivo di una OG i due fasci di radiazione dovranno coprire due tratti diversi da quelli originali, uno per eccesso e uno per difetto, e diversi tra loro. Cambia di conseguenza la figura di interferenza ed il rivelatore registra un segnale. Quest'ultimo sarà tanto più marcato quanto più è diverso il tempo di arrivo, e dunque quanto più è esteso il braccio. M. Mazzoni, Onde gravitazionali In Virgo la lunghezza è di 3 km ciascuno, ma si ha un'amplificazione ottica introducendo i cosiddetti 'specchi di ricircolo'. Su ciascun braccio è stato messo, all'inizio del tratto di 3 km, un secondo specchio semiriflettente rivolto verso quello di fondo. Lo scopo del secondo specchio è di riflettere indietro la radiazione sul percorso di ritorno, 'obbligandola' a restare confinata in questa cavità e a ripercorrerla decine di volte prima che possa uscirne e andare ad interferire con l'altro raggio. Quindi i tempi che si confrontano non sono quelli relativi a 3 km, ma a tragitti complessivi dell'ordine di 150 – 200 km. Su queste lunghezze si deve tener conto anche della curvatura terrestre e monitorare la geometria del laboratorio tramite sistema satellitare. Le OG dovrebbero avere un'ampiezza debolissima, e debole è la deformazione attesa per un'antenna gravitazionale come EGO/Virgo: confrontabile con le dimensioni atomiche. Quando si effettuano misure così critiche, ogni parametro ambientale può divenire esiziale: il traffico attorno allo strumento, il rumore antropico, il microsisma, le condizioni meteorologiche e quelle del mare... Si consideri infatti che la presenza di grosse nubi equivale ad una notevole massa in aria e ad un incremento della pressione al suolo da non trascurare, perché può deformare minimamente l'interferometro, alterando la misura. Durante le campagne di misura di microsisma, di cui il sottoscritto si è occupato collaborando con i geofisici, era possibile leggere sui sismometri perfino il 'respiro del mare' a frequenze inferiori all'Hertz. E' come dire che le onde che battono regolarmente sulla costa toscana, anche in condizioni di mare tranquillo, si ripercuotono all'interno sul terreno e queste vibrazioni si possono misurare a decine di chilometri dal litorale. L'uomo non le avverte, ma l'interferometro sì. E' impossibile e inconcepibile isolare lo strumento dal resto della Terra. Si fa del nostro meglio sostenendo tutte le componenti ottiche sia attive che passive a delle speciali torri 'a pendolo invertito' (vedi figure in questa pagina) che smorzano gli effetti meccanici ambientali attraverso una serie in cascata di pendoli, sospesi a molle di acciaio speciale super rigido di origine militare, l'ultimo dei quali sostiene lo specchio, o il laser, o il beam-splitter, o il rivelatore. La base della torre, a sua volta, non è ancorata al suolo, ma poggia su cristalli piezo-elettrici: variazioni di potenziale elettrico dovute a temporanee deformazioni di una certa torre permettono di attuare un feedback negativo per riposizionare i supporti, o quantomeno di ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 29 A sinistra, lo schema della struttura della torre a pendolo invertito, descritta nel testo. Sopra, un particolare della torre realizzata per il progetto VIRGO. tener conto di queste alterazioni nella fase di analisi del segnale. Questo quadro non è per fare un noioso e magari incomprensibile elenco di difficoltà sperimentali, ma dovrebbe servire a far capire quale è il ruolo della tecnica anche dietro alle ricerche legate a questioni di complessità teorica come la verifica completa della Relatività Generale. Bilance, cavi e bulloni sono i veri discriminanti in fisica tra raffinati modelli matematici alternativi. Eppure i problemi pratici descritti sopra sono solo una parte dell'insieme di quelli reali, cioè i più facili da descrivere tra quelli più importanti. Ma esiste, per esempio, anche la difficoltà a dissipare il calore che gli specchi tendono ad accumulare e che è dovuto al raggio incidente del laser, oppure le vibrazioni indotte negli specchi dalla natura discreta della luce, cioè dal fatto che essa è costituita di fotoni. Per ridurre gli effetti ambientali e aumentare la lunghezza dei bracci, da anni si sta lavorando al progetto di un interferometro posto nello spazio. In questo caso il sistema, chiamato LISA, non avrebbe la classica forma a L a bracci uguali degli interferometri a terra, ma sarà formato da un triangolo equilatero con bracci di 5 milioni di chilometri. La missione, che soffre dei tagli dei finanziamenti dovuti alla crisi globale, è attualmente prevista partire tra circa cinque anni. Questa gigantesca antenna gravitazionale ha notevoli vantaggi e svantaggi, proprio quelli che suggerisce anche il buon senso. Si tratta sicuramente di un progetto ambizioso, che potrebbe dare un contributo decisivo alla caccia alle sfuggenti, debolissime OG. Pagina 30 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 M. Mazzoni, Onde gravitazionali Galassie nell’ammasso della Vergine Ma è meglio aspettare, prima di descriverne i dettagli che sono comunque recuperabili in rete. Abbiamo visto quali caratteristiche fisiche generali sono necessarie per generare OG, ma quali sono, di fatto, le sorgenti astronomiche candidate? Ricordiamo il Nobel assegnato per lo studio di un sistema di Binarie coalescenti, ma poi ci sono, ovviamente, Buchi Neri che inghiottono stelle, collisioni tra Galassie, esplosioni di Supernove, forse un fondo stocastico causato dalla morte violenta di tutte le stelle precedenti, magari anche un segnale legato al Big Bang. Anche altri fenomeni, come le Pulsar, producono OG, ma troppo deboli per essere rivelate. I migliori candidati ci si aspettano nelle ultime fasi dell'evoluzione stellare, e dunque tanto più probabili in sistemi ricchi di stelle vecchie. Il nostro cielo presenta un incredibile accumulo di galassie nella costellazione della Vergine, si stima un insieme di oltre 2000 membri. Riuscire a 'puntare' un rivelatore in quella direzione permette di essere cautamente ottimisti sui risultati. In realtà, come si capisce dalla descrizione del fenomeno OG e dei suoi rivelatori, questi non sono direzionali. Quando si è progettato Virgo si sono stabiliti i parametri di qualità in modo che fosse sensibile fino a perturbazioni originate nell'ammasso della Vergine: da qui il nome, che infatti non è un acronimo. Il laboratorio, inizialmente italo-francese, è dunque in grado di rivelare segnali prodotti entro una sfera di circa 20 Mpc. La trasformazione della ricerca in un osservatorio europeo, ne ha cambiato il nome in European Gravitational Observatory, EGO appunto. Una delle prospettive è di accoppiare l'osservazione delle OG con quella ottica, per verificare se la velocità di propagazione delle OG è davvero quella della luce, e per fissare un tempo zero all'esplosione delle Supernove, le cui prime fasi sono ancora ignote. Oppure monitorare le ultime ore prima della coalescenza di un sistema binario. Purtroppo, se ancora molti sono i problemi sperimentali da risolvere, la teoria post-einsteiniana è ben lontana dal poter proporre modelli quasi definitivi del segnale da cercare per i vari fenomeni. Per adesso quindi si registrano e si accumulano Terabites di dati in attesa di un'analisi soddisfacente. E in attesa magari di un evento spettacolare, vicino ma non troppo, Maya permettendo... Massimo Mazzoni è laureato in Fisica, nell’indirizzo astronomico, ed è ricercatore dell’Università di Firenze, presso il Dipartimento di Astronomia e Scienza dello Spazio. Insegna all’ateneo fiorentino: Fisica Generale I e II alla Facoltà di Ingegneria ed Ottica per i Beni Culturali, alla Facoltà di Scienze. In passato ha insegnato anche presso università straniere come la canadese St. Francis Xavier University (NS). La sua ricerca riguarda la Fisica Atomica e la Gravitazione ed ha pubblicato circa 90 articoli specialistici su riviste internazionali, oltre ad alcuni libri di Fisica e di Storia della Fisica italiana. Organizza convegni, esperimenti scientifici pubblici e mostre sulla Storia della Scienza, e sulla strumentazione e gli archivi astronomici, approfondendo gli argomenti della Fisica e dell’Astronomia comuni con altre discipline sia scientifiche che umanistiche. Collabora con l’Istituto e Museo di Storia della Scienza. E' nei Direttivi Nazionali della Società Astronomica Italiana e della Società Italiana di Archeoastronomia. Sigismondi, Clavius, XXXI ESOP ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 31 The CLAVIUS Fourth Centennial Meeting and XXXI ESOP Costantino Sigismondi ICRA International Center for Relativistic Astrophysics Abstract The XXXI European Symposium on Occultation Projects will be celebrated in ICRANet center of Pescara from 24 to 27 August 2012 (www.icranet.org/ clavius2012). The occasion is the fourth centennial of the Jesuit astronomer Christopher Clavius (Bamberg 1538- Napoli 1612). The hybrid eclipse witnessed by Clavius in Rome (1567) and published on his Commentarius on the Sphere (1581 edition) was the first account of an annular eclipse ever published in a scientific book. To account of this eclipse a larger solar diameter for 1567 has to be considered, and the scientific debate is still open. This is the trait-d’union between Clavius and ESOP annual meeting. The city of Pescara and the region of Abruzzo are presented with an historical, climatic, religious and gastronomical outline. Clavius, the Euclid of XVI century Christopher Clavius (Bamberg 1538- Napoli 1612) was one of the greatest astronomers working at the dawn of telescopic age and contributing to the Copernican revolution. He taught mathematics and astronomy at the Fig.1. Clavius with the image of pope Gregory XIII, the reformer of the calendar. Collegio Romano for four decades, earning the title of "The second Euclid" and gave a contribution to the Gregorian reformation of the Calendar (1582) of paramount importance. The hybrid eclipse witnessed by Clavius in Rome (1567) and published on his Commentarius on the Sphere (1581 edition) was the first account of an annular eclipse ever published in a scientific book. According to Ptolemy's parameters such an eclipse was impossible because the angular solar diameter would never be larger than the lunar one. This eclipse was rediscussed by J. Eddy in 1978 in order to demonstrate a larger physical diameter of the Sun before the Maunder minimum (1645-1715). The eclipse project has been carried out by several fellows of the European Section of International Occultation Timing Association (IOTA/ ES), and by timing the Baily's beads the solar angular diameter is recovered up to a few hundredths of arcsecond of accuracy. This is the trait-d'union between Clavius, IOTA and solar diameter measurements: a project to monitor the solar diameter with drift-scan methods from ground is named Clavius. A section dedicated to Clavius will have prominent scientists and historians, ready to present this figure of very high level at the dawn of telescopic era in astronomy. Occultation astronomy and Relativity Occultation astronomy, among all classical astronomy, provides the more accurate measurements of positional and physical parameters of asteroids, TNO and stars, paving the way to all relativistic measurements. That's why the International Center for Relativistic Astrophysics Network coordinating center of Pescara welcomes this meeting. Since more three decades ESOP gathered professional and amateur astronomers to share projects and observations based on the accurate timing of the occultations (asteroidal, lunar and Baily's beads). Among the works relating Occultation Astronomy and General Relativity I can refer to the references of the following papers: Astrometry and Relativity [1]; Pagina 32 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Sigismondi, Clavius, XXXI ESOP Relativistic Implications of Solar Astrometry [2] where the topic of the solar obtaness, a possible issue of eclipse measurements, is strictly related with the Dicke’s experiments on quadrupole moment of the Sun in order to explain the anomalous precession of Mercury’s perihelion. Also the paper dealing with the occultation of 161 Rhodope over Regulus of 19 october 2005 [3] showed the possibility to observe the relativistic light bending in the gravitational field of the Sun even 48° apart. The hospitality of ICRANet, an international organism dedicated to General Relativity studies, for the ESOP meeting is therefore grounded also over solid scientific basis. Pescara and Abruzzo The yearly meetings, started before the fall of the Berlin's wall, were organized with the alternance of Eastern and Western Europe. Pescara, on the Adriatic Sea, is also a natural gate open to the Eastern Countries, and welcomes eagerly the XXXI ESOP in 2012. Pescara is facing Albania, and the harbor of Split, in the former Jugoslavia. So the influence of Eastern Countries in this city is strong, and the presence of foreign people is normal. Pescara is a young city, having celebrated its 85 years of foundation on January 2, 2012. But this city is the merge of two former villages, Castellamare and Pescara. The geographical position allowed to this city to develop rapidly. With about 300000 people leaving in its surroundings Pescara become the most populated urban area of Abruzzo, the region immediately to the East of Lazio, were Rome is. In the years 70s an highway has been realized between Rome and Pescara, the A25 branch of the national highway network, and this allows in 1 hour and half to go from the capital to that pearl of the Adriatic sea. Abruzzo is called the Green Region of Europe, because agriculture is still the major source of its economy, and was under subventions from EU in the previous decade. It maintained its medieval traditions rather unchanged until the very last years, thanks to the geographical insulation due to the horography. Appennines mountains separate Abruzzo from Rome, and from the wealthier region of Marche at North, and from Puglia at South, where the shepherds from Abruzzo travelled to spend the wither with the flock. The climate in the mountain region is severe, reaching in some closed valleys the lowest temperatures of the whole peninsula (-32°C). Moreover thanks to the barrier that the mountains offer to the western currents from Mediterranean and from Atlantic, the region is under the influence of Balcan area, with the possibility to experience cold winters (record -13°C on January 4, 1979) even in Pescara. That is for saying that the people from Abruzzo were used to face hard conditions of work in a life of sacrifices in order to obtain the food from the Earth. Religion and history Other important aspects of that region, as all regions of Italy, are the religious traditions. Now by the young generations, subjected to the globalization, these traditions are perceived more as touristic attractions, but the ancestral strength of these practices gains power as the youth matures. In the mountains of Majella and Morrone the hermit Pietro Angelerio settled himself and a community of monk flourished in the fall of XIII century. Later in 1294 while he was in the mountain monastere of Sulmona he was elected pope, and he chose the name of Celestin V. He decided to be crowned in L’Aquila on August 29, 1294 the day of the feast of St. John the Baptist. After his death he was declared saint because of his many miracles. This day become the first Jubilee, and the Jubilee of 1300 was inspired by this first event. A great ceremony was celebrated every year in L’Aquila from the evening of 28 to the evening of 29 of August: la Perdonanza. The 718th Perdonanza will occur right Fig. 3. Clavius, frontespice: “Opera Mathematica” Sigismondi, Clavius, XXXI ESOP Fig. 3. The Perdonanza Celestiniana in L’Aquila on August 28-29. ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 33 Pescara has some free beaches; one of them is 400 meter in front of the location of the congress, in the most central position of the city, very close to all hotels. Other beaches are equipped with all services, and the entrance is upon payment. Gastronomical tradition in Abruzzo is incredibly rich, and nobody can complain of food in this region, which hosts the most famous school of Chefs de Cuisine in the World: the one of Villa Santa Maria. The invitation to attend the Clavius four centennial and the XXXI ESOP meeting and to know the Green Region of Europe, where also the sea is green as the pastures of the mountains (to quote Gabriele d’Annunzio, a famous italian poet born in Pescara) is made. Please go the website www.icranet.org/clavius2012 References after the end of the ESOP meeting, and it is one occasion to visit the city of L’Aquila, the city founded by the “stupor Mundi” Frederic II of Svevia and twice destroyed by an earthquake in 1703 and in 2009. “Immota manet”, fixed stays as the motto of L’Aquila says… Summer in Pescara The month of August is the warmest of the year. The Foehn wind through the Majella mountain, called Garbino, can rise the temperature of the air up to the record of 45°C of August 30, 2007, with very low humidity. The city is comfortable and the sea breeze makes the afternoon hours rather mild. [1] C.Sigismondi, Astrometry and Relativity, Nuovo Cimento B 120 1169 (2005) http://arxiv.org/abs/astro-ph/0501319 [2] C. Sigismondi, Relativistic Implications of Solar Astrometry, Int. J. of Mod. Phys. Conference Series 3 (2011) pp. 464474 http://www.worldscinet.com/ijmpcs/03/0301/ S2010194511000985.html [3] C. Sigismondi and D. Troise, Asteroidal Occultation of Regulus: Differential Effect of Light Bending, XI Marcel Grossmann On Recent Developments in Theoretical and Experimental General Relativity, Gravitation and Relativistic Field Theories (pp 2594-2596) Berlin 2008 http:// eproceedings.worldscinet.com/9789812834300/9789812834300_046 9.html [4] C. Sigismondi, Relativistic Corrections to Lunar Occultations, Journal of the Korean Physical Society, 56, 1694 (2010) http://adsabs.harvard.edu/abs/2010JKPS...56.1694S Fig. 4. The church of Santa Maria in Collemaggio, built by saint Pietro Celestino, is one of the marvels of Abruzzo. There is the holy door opened on 28-29 August. Right, La costa dei trabocchi, seaside in the surroundings of Pescara. Pagina 34 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Sigismondi, Clavius, XXXI ESOP The poster of the meeting, with the new sea bridge (2009) and the porto-canale, harbor on the river. Costantino Sigismondi è Professore di Fisica all'Istituto Galileo Ferraris di Roma (via Fonteiana 111), insegna anche nelle Università di Roma: Sapienza, Unicampus e APRA. Le sue attività di ricerca: Misure in alta precisione del diametro solare; vita, pensiero, scienza e insegnamento di Gerberto di Aurillac. Corsi di insegnamento universitario: Laboratorio di Astrofisica - Solar Physics (2002-oggi), La Terra nel sistema solare (2005-2009), Storia dell'astronomia (2002-oggi). ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 35 ANNUNCIO DELLA COSTITUZIONE DEL GRUPPO: “Stellarum Duplicium” Degli osservatori di stelle doppie Giuseppe Micello 7mg8@ libero.it Chi scrive, insieme ad alcuni altri astrofili appassionati di stelle doppie, ha il piacere di presentarvi un ambizioso progetto che abbiamo chiamato con un esplicativo motto latino: Stellarum Duplicium e al quale stiamo pensando da tempo. Esso ha un duplice aspetto: 1. L’attivazione di un programma, su vasta scala, di misurazione sistematica e studio regolare dei sistemi doppi e multipli di stelle. Esso dovrebbe essere condotto da un gruppo di lavoro italiano analogamente a quanto già esistente in altri paesi (per esempio il gruppo di "El Observador de Estrellas Dobles" in Spagna). 2. La creazione di una serie di strumenti (un sito di riferimento, una pubblicazione periodica in formato PDF, il "Il Bollettino delle Stelle Doppie", ed altro ancora, in fase di studio, compresi tutorial e guide (presenti nel blog Dulice Sistema: http:// duplicesistema.blogspot.com/) per poter essere operativi nel minor tempo possibile e senza le difficoltà iniziali che, inevitabilmente, incontra chi non ha un punto di riferimento) per facilitarne il lavoro e il reciproco scambio di informazioni. Insomma un progetto complesso e assai ambizioso. Perchè diciamo che Stellarum Duplicium è un progetto ambizioso? Per una motivazione apparentemente semplice: perché vorremmo dare sia un carattere rigoroso alle attività di ricerca sulla stelle doppie, sia, allo stesso tempo, raccogliere intorno al progetto gli astrofili italiani (e non solo) interessati a questo settore in pieno sviluppo. In questo momento, siamo in due ad avviare il progetto, lo scrivente e Antonio Adigrat, anche se vi è già un certo numero di appassionati attivi nel settore. Tra di essi speriamo di poter coinvolgere, Alessandro Bertoglio, autore di diverse pubblicazioni di pregio sulle stelle doppie, oltre agli amici del gruppo delle Stelle Doppie su Yahoo, che saranno attivamente impegnati nelle attività del gruppo. Uno degli obiettivi primari è pure quello di allargare la partecipazione ad un maggior numero di astrofili, per ampliare la base dei ricercatori e dare contributi scientifici sempre più significativi. Chi scrive ci tiene anche a precisare che si tratta di una attività scientifica condotta però a livello hobbystico, senza la pretesa di volere competere con gli astronomi che svolgono professionalmente le loro ricerche nel campo delle stelle doppie. Il gruppo che si va formando dovrebbe condurre programmi osservativi esattamente definiti dal punto di vista degli obiettivi e della tempistica di esecuzione. Chi partecipa si dovrà assumere degli impegni definiti e precisi, compatibilmente con la propria disponibilità di tempo. Certamente i risultati ripagheranno dell'impegno profuso. Un'ultima precisazione. Poiché vorremmo raggiungere il massimo numero possibile di potenziali interessati, abbiamo chiesto di essere ospitati, con questo annuncio, in vari siti, forum e web community, con nessuno dei quali, però, abbiamo obblighi o legami condizionanti. Per aderire alla nostra iniziativa potete contattare lo scrivente ([email protected]) o Antonio Adigrat ([email protected] ) o, ancora meglio, mettendo entrambi in indirizzo via mail. In ogni caso sul sito del periodico: https://sites.google.com/site/ ilbollettinodellestelledoppie/guida-alla-pubblicazione--publication-guide ci sono le indicazioni e gli indirizzi per inviare gli articoli (in italiano e inglese) da pubblicare. Pagina 36 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Recensione Piergiorgio Odifreddi Una via di fuga Recensione di Rodolfo Calanca La lettura di questo volume del professor Odifreddi, il secondo della serie di una trilogia dedicata alla storia della geometria, riserva molte piacevoli sorprese a chi affronta, per la prima volta al di fuori di un assai datato percorso di studi, la miriade di influenze e connessioni culturali, scientifiche, biologiche ed artistiche - di una materia considerata, a torto, arida, astrusa e poco invitante. In una prospettiva rigorosamente storica, il superamento della visione fisica della geometria euclidea è sicuramente uno dei motivi centrali del libro. Ancora nel 1781, Kant, nella Critica della ragion pura, affermava che (pag. 198): “lo spazio euclideo è un a priori della nostra percezione […] se Kant aveva ragione, la geometria euclidea era un presupposto della nostra conoscenza del mondo, invece che una sua conseguenza, e persino la semplice immaginazione di geometrie non euclidee ci doveva essere preclusa”. Nella seconda metà dell’Ottocento, contro questa interpretazione della geometria della percezione Hermann von Helmholtz scrisse il saggio sull’Origine e il significato degli assiomi geometrici, nel quale affermava che “bisognava comunque lasciar cadere l’ipotesi che [lo spazio] dovesse necessariamente avere caratteristiche euclidee”. Qui l’Autore, riprendendo von Helmholtz, scrive alcune tra le pagine più suggestive ed affascinanti dell’opera. Egli afferma che le vere caratteristiche dello spazio visivo dovevano essere determinate in maniera sperimentale, “attraverso un duplice studio di come percepiamo le rette parallele e di che rette percepiamo come parallele”. Ringraziamo il professor Odifreddi per avere dedicato un bel video sul suo ultimo libro ai lettori di ASTRONOMIA NOVA: http://www.youtube.com/watch?v=lSriOMdxeMc Il racconto di Odifreddi diventa una coinvolgente escursione nell’arte di Van Gogh e Cézanne e nelle modalità di rappresentazione prospettica dello spazio che copre un arco temporale di oltre due millenni. Riemergono così le tecniche raffigurative dell’arte greco-romana, basate su di un asse di fuga, anziché da un unico punto di fuga (pag. 203): “le rette parallele, anziché convergere rettilineamente nel punto di fuga, si avvicinano asintoticamente all’asse di fuga”. L’Autore, rifacendosi agli studi di Panofsky, Lunenburg e Heelan, asserisce che, sorprendentemente, forme così diverse di rappresentazione geometrica dello spazio, nel corso della storia, sono state adottate perché implicitamente presenti nella fisiologia della visione: l’occhio funziona come un obiettivo multifocale che forma le immagini sulla superficie curva della retina. Ne consegue che, a seconda della distanza dell’oggetto, fa divergere, convergere o mantiene inalterate, la percezione delle rette parallele. Pertanto, non solamente la geometria euclidea, ma anche la sferica e l’iperbolica costituiscono degli a priori della nostra percezione. Il legame tra la struttura del mondo fisico e le geometrie non euclidee, divenne d’attualità nel 1905 con la teoria della relatività speciale di Einstein, secondo il quale la metrica dello spaziotempo è iperbolica. Il libro di Odifreddi ha tantissimi altri elementi di straordinario interesse culturale oltre a quelli qui riportati. E’ una lettura consigliata a chiunque desideri comprendere i legami tra una delle più raffinate elaborazioni della mente umana, la geometria, la vera struttura dello spazio fisico e la raffigurazione che ne dà il nostro sistema visivo. ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 37 Ecco i Video dell’installazione del telescopio REGINATO di 60 cm all’Osservatorio di Cervarezza (RE): http://www.youtube.com/watch?v=n-o6CF6RBqA http://www.youtube.com/watch?v=5HJd2VJdja0 Pagina 38 ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Il Cielo sopra di noi: Osserviamolo! Nota di Rodolfo Calanca A FEBBRAIO OSSERVIAMO I TRANSITI DI QATAR-2b Il progetto “Il cielo sopra di noi: osserviamolo!” prende l’avvio con la proposta dell’osservazione di tre importanti transiti extrasolari (osservabili alle nostre latitudini, nella seconda metà di febbraio) prodotti dal pianeta Qatar -2b , ht t p://e xoplanet .hanno-rein.d e/ system.php?id=Qatar-2+b. LA PROPOSTA DI OSSERVARE I TRANSITI DI FEBBRAIO DI QATAR-2b SARA’ RIVOLTA ANCHE ALLE ASSOCIAZIONI ASTROFILI EUROPEE I TRANSITI OSSERVABILI DI FEBBRAIO 2012 di QATAR-2b durata di ogni transito: 1h 48m circa - 17 febbraio, inizio: 01h 17m TU - 21 febbraio, inizio: 1h 34m TU - 25 febbraio, inizio: 01h 50m TU Il campo di QATAR-2b (15’x15’) ASTRONOMIA NOVA n. 10, febbraio 2012 Pagina 39 Perché sono importanti i transiti di QATAR-2b? Perché Qatar-2b è stato scoperto da poco ed ha alcune caratteristiche interessanti che qui elenchiamo: Un altro fatto interessante è che con il metodo delle velocità radiali è stata rilevata la presenza di un secondo pianeta. • Orbita in 32 ore intorno alla sua stella Gli astrofili muniti di telescopio e di camere CCD o reflex digitali (tipo Canon EOS, Sony, ecc.) osservando uno o più transiti di Qatar-2b possono dare un importante contributo alla conoscenza dei parametri orbitali di questo pianeta! • Ha una massa di 2,5 volte quella di Giove, • Soprattutto, ha una profondità di transito che non è eguagliata da nessun altro pianeta. Esso infatti attenua la luce della stella ospite, durante il massimo, del 3,5%. Ciò significa che Qatar-2 è particolarmente grande rispetto alla sua stella che è infatti una nana di tipo spettrale K. Come si riprende un transito? Per una chiara introduzione alle riprese dei transiti extrasolari potete consultare i seguenti documenti: http://digilander.libero.it/nellut/PROCEDURE%20RIPRESE%20DIGITALI%20TRANSITI%20EXTRASOLARI.pdf http://www.angeloangeletti.it/ASTRO_UNICAM/2011/lezione11_1.pdf http://win.eanweb.com/Coelum_articoli/Coelum_n_113_pp_32-37.pdf http://www.astrofilialtavaldera.it/sezioni/extrasolare/2008/Transiti_ML.pdf http://win.eanweb.com/Astrofilo_articoli/calanca_n_14_Astrofilo_1_parte.pdf http://win.eanweb.com/Astrofilo_articoli/Calanca_15_6articolo2_Astrofilo.pdf Per ulteriori informazioni, contatteci: [email protected] Alcune curve di luce di transiti di QATAR-2b