Maggio `76. Un compleanno e troppa Garalghia.

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Undicesimo Capitolo.
Maggio 1976.
***
James viene svegliato precisamente alle settee ventidue della mattina del 12 Maggio da Sirius Black che
sta saltando sopra la sua testa come una scimmia.
"Mnghh!" urla, e si mette di scatto in posizione eretta, sbattendo così il cranio sulla colonna del letto e
aggrovigliandosi completamente tra le lenzuola. Qualcosa è sopra la sua testa. Qualcosa è sulla sua testa
e non può respirare e ha un vago ricordo di Tremotino che sta cercando di insegnargli come fare il pane
di budino, e oh Dio sto affogando! Si agita convulsamente e poi, all'improvviso, viene liberato con un
grande sibilo d'aria nella luce del venerdì di inizio estate. La faccia di Sirius, capovolta, maniaca, e troppo
vicina, fa capolino.
"Aiuto!" grida James terrorizzato.
"Buongiorno, birthday boy," tuba Sirius, e lo bacia sonoramente e molto sciattamente sulla bocca. "Di chi
è questo piccolo provolone tanto cresciuto? Di chi è, eh?"
“Non sono il provolone di nessuno prima delle dieci del mattino,” dice James, cercando di decifrare
attraverso la foschia del sonno qual è il sopra e il sotto e qual è la via di fuga. "Togliti dalle mie gambe!
Aghhh pesi una tonnellata."
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"Sei così ingrato." Sirius fa il broncio, mettendosi a sedere e perciò mettendo tutto il suo peso sulle
ginocchia di James. "Ti ho preso un regalo!"
"È un bacio?" chiede James, diffidente.
"Vorresti che lo fosse?" Sirius sbatte le ciglia.
"Che ne dici se alziamo la posta in gioco a un pompino," suggerisce James, arrendendosi, "com'è d'uso?
Hai già fatto colazione? C'è della marmellata sul tuo naso."
"Oh amoruccio, noti sempre le piccole cose di me," dice Sirius. Fa scorrere le dita sul petto di James in un
modo che potrebbe essere descritto come seducente se non fosse così appiccicoso. “Ecco perché il nostro
matrimonio è durato così a lungo. Sei dannati anni; uccidimi. Comunque, no, non sono favori sessuali.
Non sono dell’umore, con il nuovo bambino e tutto il resto. È questo.” Dà a James un pacchetto molto
mal confezionato, e poi si rimette a sedere sui talloni -- gli stivali estremamente sporchi ancora
aggrovigliati tra le lenzuola di James – e lo guarda con quegli occhi speranzosi e entusiasti da cagnolino:
aprilo aprilo aprilo.
E bisogna ammettere che Sirius fa sempre i regali migliori.
"Allora che ne dici," dice Sirius radiosamente. "Chi è il tuo Portiere? Eh? Eh?" James inizia a ridacchiare,
togliendosi i capelli dagli occhi e cercando a tastoni con la mano libera gli occhiali. "Sei senza parole?
Faresti meglio ad essere senza parole. Fa al tuo paparino una bella faccia da baccalà – ecco, che bravo
birthday boy."
"Garalghia," dice James. "Sirius. Dove hai preso così tanta Garalghia?"
Sirius fa le spallucce. "L'ho coltivata io stesso." Dimena le dita davanti a James. "Dita verdi, tutte quante.
Non solo i pollici. Non essere così sconvolto." Posa la fronte su quella di James, occhi scuri, allegri e
stranamente inquietanti. "Non conoscerai mai i miei segreti, signor Potter. Gioisci solo dei risultati."
"Niente gioia fino alla fine delle lezioni," insiste James, ma a malincuore. "Dev'essere costato una
fortuna!"
"Si compie sedici anni una volta sola."Sirius si getta contro il letto. Anche i suoi occhi stanno facendo un
gran sorriso che va da un orecchio all'altro: una cosa che, pensa James, mentre si sistema gli occhiali sul
naso, è dannatamente difficile da realizzare. "I festeggiamenti sono un momento importante nella vita di
un giovane uomo che non ricorderà mai e poi mai il giorno seguente." James fissa la Garalghia e il sottile
foglietto di carta arrotolato sul suo grembo e non dice nulla. "Oh, andiamo," brontola Sirius. "Non mi dire
che tutto quello che volevi per Natale erano i tuoi due denti davanti?"
"Lily," sospira James.
"Beh non te la potevo confezionare e fattela fumare," mormora Sirius. "Dovrai solo festeggiare con la
Garalghia e con gli errori provocati da essa che ti piaccia o no. Ti diverterai." Sirius si mette in posizione
eretta per conficcare un dito appuntito ed eloquente nel petto di James. "Che ti piaccia o no. Ma,"
aggiunge, di nuovo allegro, "ti piacerà. Fidati."
"Questa," dice James, "è la richiesta più ridicola che tu mi abbia mai fatto."
"Avrai un compleanno fantastico," e quel malefico sorriso cazzuto si allarga fino agli occhi scintillanti di
Sirius, e James non sa se essere terrorizzato o molto, molto eccitato.
***
2
***
"Mi passi l'accendino, Pettigrew?" mormora Sirius con il piccolo cilindro bianco tra i denti. Sembra così
innocuo, medita Remus; come i piccoli pezzetti di carta che qualche volta Sirius rosicchia quando le sue
unghie sono troppo corte o troppo sporche da mordere. Ma Remus ha prestato davvero attenzione a
Erbologia, ed è abbastanza sicuro che innocuo sia l’ultimo aggettivo con cui può essere definito.
Senza distogliere lo sguardo, Peter glielo passa. L'accendino è un grosso, lucido, mostruoso, vecchio
macinino babbano con un leone d'oro sopra, che Sirius insiste di aver preso in un club babbano da una
ragazza carina con i capelli rosa ma Remus pensa che se lo sia fatto fare su ordinazione, quando ancora
aveva i soldi per farsi fare qualunque cosa volesse. “Dove hai preso tutta quell’erba? Non costa una
fortuna?” Peter ha gli occhi sgranati, ma si appoggia contro le merlature della Torre di Astronomia con
una grande nonchalance forzata.
"Ho corrotto mia madre." Sirius guarda in alto, occhi scuri con divertimento. "Come credi che i Black
abbiano così tanti soldi? Toujours Pur -- hai dannatamente ragione. Come la neve calpestata. E non
hanno mai tagliato male niente."
Peter lo guarda a bocca aperta.
Sirius rotea gli occhi. "Stavo scherzando, stupido fesso." Apre l'accendino con un colpetto, in modo che la
fiamma brilli d'arancio sopra il suo viso e sopra le ombre dei suoi zigomi. La punta si infiamma; Sirius
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chiude gli occhi, incava le guance, e inala. Tiene pigramente lo spinello tra due dita per un momento, e
poi esala lentamente con pura evidenza di soddisfazione, finendo in una sorpresa risatina. "Whuff! Mi
mancava questo."
"Dovrei fare io la prima tirata," James fa il broncio. "È il mio compleanno."
"E così sarà," dice Sirius placidamente. "Stavo solo controllando che non ci fossero veleni e/o maledizioni.
Dio." Emette una risata di gola con un singhiozzo, un lento e piccolo sorriso sul suo viso. "Non ci sono più
abituato. Ecco." Passa lo spinello abilmente nelle dita impazienti di James; la sua altra mano è già
occupata con il pacchetto. "Questo qua è tutto tuo. Ne rotolerò un altro per il resto di noi, essendo il tuo
compleanno, ne dovresti avere uno solo tutto per te. Ehi." Ride di nuovo, come se il suono gli stesse
traboccando fuori, lento e pesante come il fumo che si sta ora spargendo dalla bocca di James. "Ti ricordi
quella volta in estate dopo il quarto anno, quando abbiamo fumato per la prima volta e tu continuavi a
dire che non ti stava facendo niente, che non ti stava facendo niente e poi hai mangiato l'intera torta e
poi tua madre -- ahahah--"
James ride in modo stridulo, soffiando un pennacchio di fumo sopra il bordo della torre. "Ah, Gesù, sì -era proprio persa, e Sirius fa--"
"--'Ha solo avuto un improvviso impulso di crescere!' Genio--"
"--ed entrambi abbiamo pensato che fosse la cosa più divertente dell'universo, ed eccoci lì, a puzzare, e
avevo della torta nei capelli, ed eravamo isterici, sul pavimento, quattordici anni, e mia mamma fa, 'Beh,
dovresti mangiare più verdure allora, sto coltivando alcune piante fresche in giardino ma non so se riesci
a trovarle sotto tutta quell'erba--"
"--pensavo che stessi per soffocare. Non ho mai riso così tanto. Ecco, Moony, tu per primo, io ho già
dato."
Ci siamo, pensa Remus, il Prefetto in lui leggermente isterico: quattro delinquenti minorenni che fumano
qualcosa di orribilmente illegale in quello che è uno spazio per le lezioni. È un uomo morto.
Chi è in ballo deve ballare, pensa, e allunga la mano per prendere lo spinello dalla mano di Sirius.
Ha fatto questo prima d’ora, quando non era un prefetto, e si rese conto di essere probabilmente l'unica
persona sul pianeta che riuscisse ad essere così tesa con un rotolo di Garalghia. Il rilassamento pigro e in
qualche modo disossato dei suoi amici, Peter che sembra un calzino pieno di grasso e Sirius che sembra
un cane che ha bevuto del whisky incendiario versato e James che ricorda un pesce gigante tirato a
secco, è qualcosa che, suppone Remus, il suo metabolismo non permette o che i contraddittori
meccanismi basilari della sua mente semplicemente non riescono a comprendere. Mette sempre lo
spinello tra le labbra ad ogni modo, e impressiona Sirius per la prima volta perché non tossisce
nemmeno, guarda solo con occhi incrociati lo spinello tra le labbra da una parte e il pollice e l'indice
dall'altra, e si domanda perché non sta succedendo nulla. Francamente, nel profondo, è felice: felice di
rimanere sotto controllo, felice di nascondere le improvvise linee rigide della sua spina dorsale come se
l'effetto funzioni solo dietro, e felice di badare ai suoi confusi e farfuglianti amici mentre le grandi
profondità dell'era moderna si sono completamente perse su di lui perchè non riesce a tradurre la lingua
della Garalghia. Il basso tavolino rotondo che circondano con le loro gambe incrociate è l'anatema per il
prefetto dentro di lui, ma per il ragazzo, è semplicemente sviante.
"Passamelo," dice Peter. Dà una gomitata a Remus.
"Pensa di meno alla Garalghia," aggiunge Sirius. "Fuma più Garalghia."
Remus fa due lunghe tirate e sta a guardare, con nuova e nervosa contemplazione, come la luce sulla
punta si accende con una profonda inalazione. Espira due linee di fumo uguali attraverso il naso, e passa
lo spinello a Peter.
Forse è un nuovo tipo di rituale, pensa Remus rimettendosi a sedere, qualcosa che i ragazzi devono fare.
Essere nascosti e appartati è parte del suo fascino, il che significa che è un'altra di quelle cose che Remus
non capirà mai.
"Stai ancora pensando," dice Sirius. Agita un dito sotto il naso di Remus, ammonendolo. "Smettila. Ecco,
fatti un altro tiro."
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"Ehm," dice Remus. Ha la sensazione che anche il cerimoniale della Garalghia sia sprecato con lui, per
sempre, amen. "Grazie." Sirius rotea gli occhi. James inizia a ridere alla destra di Remus e Peter, alla
sinistra di Remus, ha uno sguardo vitreo e attonito, di intensa devozione. Dall'altro lato del tavolo, Sirius
ha arrotolato il quarto e ultimo spinello. Uno per tutti loro, e Garalghia di riserva per il birthday boy, se se
ne farà un'altro. Sirius soffia una scia di fumo dall'altra parte del tavolo negli occhi di Remus.
"Esatto," dice Sirius. Indica Remus con un dito pigro, sguardo strabico. "Tu."
Sarà una lunga notte.
***
***
"Avete mai pensato... tipo, se guardaste da molto vicino la pelle di qualcuno, di riuscire a, tipo, vedere le
loro molecole? Che ronzano in giro, no? Perché c'è... c'è un sacco di spazio vuoto, ma non è che puoi
vederlo. Dovresti essere molto vicino, diciamo. Qualcuno può mettere su quel disco?"
"Quale disco? Sirius, stai dicendo cose insensate."
"Quello... babbano, sai. Il... Bob come-si-chiama. Dickens. Scrooge. Marley. È proprio lì – proprio - uff.
Ahahah. Non ci arrivo. No, amico, non stai ascoltando – non voglio dire, tipo, le loro letterali molecole.
Voglio dire, le cose che, tipo, ti fanno. Lo vedi? È accanto al tuo piede."
"Le molecole letterali di Moony sono accanto al suo piede?"
"Non penso che stesse dicendo quello, Peter."
"No, no, l'ho capita. L'ho capita. Vedo le tue molecole, Sirius. Hai un sacco di molecole, amico. Whoa."
"Grazie, Pete. Vedete, l'uomo sa di che cosa sta parlando. Senti, se non riesci a trovarlo mettine un altro,
non sono così schizzinoso ora. C'è quel tipo indiano, e i quattro maschietti che piacciono alla Evans. Che
c'è, birthday boy, sei terribilmente silenzioso. Hai bisogno di un altro tiro?"
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"Continuo a pensare ai suoi capelli."
"Hai detto che volevi 'Bob come-si-chiama,' quindi sto cercando di trovarti Bob come-si-chiama. Inoltre, a
me piacciono i Beatles."
"A Lily piacevano i Beatles. Ha detto che assomigliavo a quel -- quel Paul. Buffi capelli hanno. Continuo a
pensare ai suoi capelli."
"Sono solo capelli, amico. Guarda il lato positivo. Vedi quante stelle ci sono? Su. Guarda."
"... sì. Oh. Hai ragione."
"Ce ne sono un sacco."
"Ti fa sentire un po' come... come se i tuoi problemi non siano così importanti, vero? Paragonati a, tipo, i
problemi di una stella?"
"Esatto. Ecco il mio ragazzo."
"È solo che Lily... lei è come... lei è come una stella, Sirius, tutta scintillante, e--"
"Le stelle non ti lanciano del succo di pompelmo in faccia, Prongsie. Nemmeno metaforicamente. Guarda
di nuovo. Là. C'è bellezza, amico."
"Beh, sono stelle carine."
"Ahahah. Ah. Ah. Cosa? Oh, niente. Ho solo pensato a una barzelletta."
"Continuo a pensare ai suoi capelli. Le stelle non sono né soffici né rosse né delicate quando le tocchi."
"Come fai a saperlo?"
"La verità è che sono palle di gas che brucia, quindi dubito che siano delicate--"
"Le stelle possono essere qualsiasi cosa tu voglia, amico. Sono come -- sono tue. Tutte tue. Se le guardi
abbastanza a lungo."
"No, non possono, Sirius, saranno sempre idrogeno... oh, non importa."
"È metaforico. Non hai un'anima. O poesia o altro. Prongs -- ahahah --"
"Cos--"
"La tua faccia, amico... la tua faccia... io... io..."
"Smettila di ridere, piccolo idiota immaturo, è... sono le pene di... oh Dio. Non mi posso credere. È molto
divertente, vero... oh..."
"Smettila -- non riesco a respirare -- oh Gesù, ahahahahah--"
"Che c'è di divertente?"
"Non lo so, è -- beh, stanno ridendo. Ahahahah. Ah. È quella barzelletta di nuovo."
"Continuo a pensare ai suoi capelli. Voglio dire. Ma tu – ahahah – ma tu ti ascolti quando – ahio! Mi hai
fatto male."
"Il mio amore per lei--"
"È come le stelle?"
"Il tuo amore è una palla che brucia di idra -- idro--"
"Idrogeno."
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"Idrogeno? Il tuo amore è gassoso?"
"C'è qualcosa di James che non sia gassoso? -- Ahio. Vaffanculo."
"Lo sapete cosa mi piace del fumare, è come tu ti senta tutto galleggiante, e come se andassi in su.
Come... chiudete gli occhi. Mi sento come se stessi andando... in su!"
"Pete."
"Cosa?"
"Senti. Insomma. Non dire a tutti quanto sei fatto. È stupido."
"Perché nient'altro in questa conversazione è stato stupido. Grazie a Dio che sei qui a mantenere alto il
nostro standard."
"Oh Dio, ascoltate il Prefetto. Perché non vai a fare la spia se stai per imporre il tuo metabolismo su tutti
noi? Merda, quella è la parola più divertente in assoluto. Metabolismo. Metaaaaaaabolismo. Metab.
Olizmo."
"Lo sapete cosa mi piaceva veramente di lei, i suoi polsi avevano delle ossicine graziosissime. Tipo...
ossicine molto piccole."
"Ti piaceva più quello di -- oh aspetta, ce l'ho sulla punta della lingua -- bene, ci siamo, ce l'ho -- diciamo
-- del suo seno?"
"È -- beh -- Sirius--"
"I suoi capezzoli? Capezzoli. Ahahah! Capezzoli."
"Stavo parlando dei suoi polsi -- aveva dei polsi minuti adorabili, e le dita--"
"Mio Dio, uomo, non le hai mai visto le tette."
"Quello non è--"
"Non gliele hai mai toccate, vero? Ah! Ahahah!"
"Il mio metabolismo non è qualcosa che posso controllare, sai."
"Chiudi il becco sul tuo metaboliz-iz-izmo, stiamo parlando dei seni della Evans. Li hai mai visti? Erano
brutti? Erano appuntiti? Avevano delicate ossa?"
"I seni non hanno--"
"Erano come due stelle gemelle che ti facevano l'occhiolino dall'aldilà?"
"Che cazzo di seni hai visto?"
"Ero poetico."
"Wormtail ha visto un sacco di tette. Non tutte in una volta, ovviamente."
"Oh, andiamo. Le abbiamo viste tutti. Chi è qui che ha toccato veramente i seni a una ragazza?"
"Io so tutto di Sirius--"
"Sirius, hai il seno?"
"No! Ahahah, vaffanculo. No. Vuole dire che sa tutto di ogni ragazza con cui sono uscito. Si tiene
aggiornato. Perché è geloso. Vero?"
"No, so tutto di loro perché mi racconta ogni dannato giorno, come se non l'avessi mai sentito, di lui e
Alice Prewett nel capanno delle scope sette milioni di dannate volte."
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"Lei ce le ha enormi."
"È il tuo tipo, Peter?"
"Sapete la cosa buffa sui seni? Ce ne sono di due tipi: seni ad acqua e seni a budino."
"Oh, Cristo."
"Shh, Moony! Lascia parlare il ratto."
"No, sul serio! Ha senso. Tipo, fondamentalmente ci sono le tette che sembrano fatte d'acqua, o quelle
fatte di budino. Non mi interessa quanto grandi sono, ma penso che quelle a budino siano le migliori."
"Questo è... non so nemmeno cosa dire."
"Allora qual era la Evans, eh, Jamesie? Acqua o budino?"
"Budino fatto con l'acqua?"
"State zitti, tutti voi. Non stiamo facendo questa conversazione. Non mi piaceva per i suoi seni. Voglio
dire, mi piacevano. Moltissimo. Ma--"
"Ma provi dei sentimenti per lei, no? Lei e le ossicine dei suoi polsi e i suoi capelli che non riesci a toglierti
dalla testa. E le sue molecole? Ti sei mai avvicinato così tanto alla sua pelle da poter vedere le sue
molecole?"
"Aveva delle molecole adorabili."
"Certo che le aveva. Di una forma graziosa, da come ho potuto vedere da sotto quei maglioni, e solo un
po' eccitate nel vedermi--"
"Sei sconveniente."
"Non era la tua ragazza, no? Vorresti che lo fosse?"
"L'ha baciato! L'ha baciato! Sotto il vischio quella volta, proprio questo Natale. Ahahahah -- ascoltate,
amici -- dovete sentire questa barzelletta, è fantastica."
"Pete. Le tue molecole si stanno movendo."
"Davvero? Dove?"
"Sei ti concentri abbastanza si fermeranno."
"Oh Dio. Le mie molecole. Oh Dio. Si stanno movendo. Remus. Remus, aiutami."
"Scusa, Peter. Credo che tu possa cavartela da solo. Era il vischio, per amor di Merlino, mi lascerai mai in
pace?"
"Beh? Che pensi delle sue molecole, Remus?"
"Stai usando le molecole come un sorta di riferimento indiretto a--"
"Le sue tette, amico. Cosa ne pensi? Ahio! Smettila di picchiarmi, fatti un altro tiro."
"Non le ho mai guardate."
"Brav'uomo."
"Prefetto."
"Le piaceva giocare con i miei capelli. Lo adoro fottutamente quando le ragazze giocano con i miei capelli.
Con le loro unghie sulla mia testa."
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"Perché, ti risparmia lo sforzo di giocarci da solo? Ahahah."
"Giocherò io con i tuoi capelli se ti va."
"Grazie, Pettigrew, un'altra volta."
"Oho! Vedi, il vischio non mente mai. Remus, guarda, il Vero Amore che sboccia proprio sotto il nostro
naso. Due Malandrini, divisi dalle forze della... forza. Di che stavo parlando?"
"James e Peter e la loro storia d'amore funesta."
"Darò a entrambi un sacco di botte una volta che mi ricordo come muovere le braccia. Sapete una cosa,
sono contento di averla baciata."
"Quello è praticamente Tennyson, sai. È meglio aver amato e aver perduto, eccetera."
"Amo questa canzone. State zitti tutti quanti, ascoltate questa canzone. Is this love is this love is this
love is this love that I'm feeling?"
"No, penso sia la Garalghia, a dire la verità."
"Ti sentirò."
"Bene, chi è che ha detto quello?"
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La fronte di Peter si corruga in concentrazione, seguendo le ombre sul soffitto. Prima James aveva deciso
che odiava le stelle ma che gli piaceva, moltissimo, il soffitto, e si è gettato sulla schiena. Peter, che
aveva capito che James aveva molto talento e una folta capigliatura ed era molto divertente e aveva dei
bei zigomi ed era il perfetto modello di comportamento, ha fatto lo stesso.
"Il soffitto," sospira James. "Mi piace il soffitto. Non luccica. Non è bello o lontanissimo. Non ti scarica un
giorno perché pensa che tu abbia fatto uno scherzo a Severus Schifoso Piton. Non ti piace il soffitto,
Pete? Il soffitto è così grazioso."
"Ehm," dice Peter. "Aspetta, non stai più parlando del cielo. Vero?"
"Odio questo compleanno," gli confida James. "Amo la Garalghia. Odio questo compleanno."
"Hai sedici anni," dice Peter. "Non è emozionante?"
"Tu hai sedici anni da secoli e non sei così emozionante," fa notare James. Peter deve ammettere che è
vero. "Non è questo. È che – tutti ci stanno provando così tanto. Sirius ci sta provando ma è un totale
ebete. È il mio migliore amico ma è un ebete, e non si è mai innamorato di nessuno tranne che della sua
faccia nello specchio e della torta al formaggio di mia madre. E Remus – beh, sai. È Remus. Sai cosa ha
fatto dopo che Lily ha rotto con me?"
"No," dice Peter solidalmente, anche se lo sa, perché era là.
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"Mi ha dato un libro," dice James, e scuote la testa. "Un libro. Non me l'ha nemmeno dato, me l'ha
prestato, e ha detto--" James adotta una quasi perfetta imitazione del tenore snob, lieve ed accurato di
Remus-- "mi ha detto, 'Ahhh, James, senti, se riuscissi ad evitare di sporcare di melassa le pagine mi
piacerebbe, ehmm, prestarti questo, è veramente utile qualche volta trovare conforto nella, ehmmm,
letteratura.' Cazzate!"
"Hai provato a leggerlo?"
James fa un suono sprezzante. "Per favore, Wormtail. Sai perfettamente bene che sono un ignorante."
"No che non lo sei," deride Peter. "Sei la persona più colta che io conosca! Beh, senza contare Remus.
Beh, Remus non conta. Beh, sai che intendo. Remus è una biblioteca con una testa e due gambe."
"E nessuno nota la testa e le due gambe," concorda James. "Lo so. Voglio dire. Suppongo che ci stesse
provando, che darmi un libro è come darmi un bambino e prestarmi un libro è come prestarmi un
bambino, nel suo mondo comunque, e nemmeno io mi fiderei con un bambino."
"E ti piace tanto la melassa," aggiunge Peter.
"Infatti," sospira James, lanciando le braccia in aria. "Deve sembrare molto stupido, a tutti voi, che io non
riesca smettere di parlare ancora e ancora--"
"E ancora e ancora," aiuta Peter.
"--giusto, quello, ancora e ancora di lei. È solo che mi piace, mi piace davvero, non solo le sue molecole o
qualcos'altro di sciocco come quello. Mi piace tutto di lei. È meravigliosa. Voglio dire, è assolutamente
meravigliosa. Non penso che tu sappia come sia, parlare a una ragazza che è disposta a baciarti dopo,
che è solamente meravigliosa quando parli con lei, come -- come un'amica."
"Le ragazze possono essere nostre amiche?" Peter sbatte gli occhi.
"Così è anche come perdere un'amica. Per qualcosa di incredibilmente stupido – mi fa venire voglia di
strapparmi i capelli."
"Avrai un punto calvo," dice Peter. "Non sarebbe molto attraente."
"No." James si morde il labbro inferiore. "Non voglio avere un punto calvo, i miei capelli sono già strani
così come sono. Sebbene sembri che le piacciano i calvi, quella grande e grossa testa lucida di Kingsley
dove ci può controllare i denti dopo ogni pasto. Dannata grossa, calva e lucida mezza sega."
"Ma a te piaceva Kingsley."
"Piaceva. Passato. Ora no. Ora voglio ridurlo a fettine."
"Buona fortuna," dice Peter. "Probabilmente morde. Fino all'osso. Comunque, non ci esce nemmeno."
"Si sono baciati," bisbiglia James. "Li ho visti. Li ho visti oggi, veramente. Il che è il motivo maggiore del
perché questo, sebbene la colpa non sia di nessuno se non la mia, sia il peggiore compleanno del mondo.
Non posso nemmeno arrabbiarmi perché non mi sento le gambe. Dove diavolo è Sirius? Dovrebbe
ascoltare questo."
"Non voleva lasciare le stelle," dice Peter. "Ricordi, ha insistito molto."
"Bene," bisbiglia James. Per un momento rimane lì immobile, un braccio gettato sul petto che sembra
debole e impotente. Peter lo fissa e gli viene questo bisogno strano e quasi protettivo di mettere la testa
sullo stomaco di James. E così lo fa. Perché è molto fatto.
"Uff," brontola James. "Pete, Cristo. La tua testa è come un peso piombo. Non può assolutamente essere
il cervello. Che hai sui capelli?"
"Ho usato, uh, un po' del tuo Lisciariccio. Perché? Stava lì e volevo vedere come sembravo. Ma -- aspetta
un minuto. È anche il cervello!"
"Uff," ripete James. "Sei fatto. Ecco perché stai facendo questo. Sì?"
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"Il tuo stomaco è soffice come un cuscino," sospira Peter.
"Brav'uomo, Pete," dice James, e gli dà un buffetto sulla testa. "Bravo testone."
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"Hai mai pensato... tipo, se guardassi da molto vicino il cielo, di riuscire a, tipo, vedere le molecole delle
stelle? Che ronzano in giro, no? Perché c'è... c'è un sacco di spazio vuoto, ma non è che puoi vederlo.
Dovresti guardare per un tempo davvero lungo. E forse dovresti volare per stare più vicino."
"L'hai già detto quello," dice Remus. "Solo che era sulle molecole della pelle, non delle stelle. Ma
apprezzo il fatto che tu stia ancora cercando di conversare."
"La Garalghia è andata," geme Sirius. "Andata, andata, andaaaaata."
"Meglio così," dice Remus. "Avresti ucciso le poche cellule celebrali che ti sono rimaste."
Sirius lo osserva. "S... tu... hai un metabolismo," dice, molto sagacemente. "Pericoloso. Ingiusto.
Processi chimici."
"Spero proprio di sì," dice Remus. "Chi si prenderebbe cura di te se non fossi qui in giro ad essere -essere metabolistico? Oh Dio, guarda, mi stai facendo parlare come te."
"Tu," dice Sirius, fissandolo con uno sguardo molto serio e un dito puntato decisivamente oltre il suo
orecchio destro, "tu sei. Tu. Tu ti prendi troppa cura delle persone. Non è divertente."
"Non ne posso fare a meno, è una cosa da lupo mannaro," spiega Remus. "Voglio dire, non la parte del
prendersi cura delle persone, perché non è affatto una cosa da lupo mannaro, se parliamo dell'evoluzione
e così via, ma la -- il non essere divertente. Chimicamente, comunque."
"Verrai," dice Sirius vagamente, "a trovarmi questa estate? Che disco è questo?"
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"Beatles," dice Remus. Non solleva lo sguardo. "Quei maschietti che piacciono alla Evans? Quei maschietti
che mi piacciono, evidentemente. Beh, più che altro il loro lavoro più recente."
"La la la la la la meaningless," canticchia Sirius. "Re-e-mus. Verrai? Peter potrebbe venire, e io starò con
James per tutto il tempo. Puoi insegnarmi qualcosa sulla grammatica e sul metabolismo invece di
scriverlo nelle lettere. Che ne dici? Dai."
"Non lo so," risponde Remus finalmente. "Non lo so, è -- è difficile da dire, ora."
"Non l'hai nemmeno chiesto ai tuoi genitori." Sirius guarda Remus cupamente da sotto i capelli
scompigliati, fronte aggrottata in confusione ferita. "Non stiamo solo seduti a fumare Garalghia tutto il
giorno, sai. La mamma di James è come – beh, fa delle torte incredibili ma non sopporta il baccano. E il
papà di James, ti ricordi, con i dischi! Ti lascerò parlare con lui qualche volta, comunque. Forse un'ora
ogni due giorni così potremmo tutti evitare la tua agitazione e la tua saliva e altre cose quando ti
emozioni. E ti conosco, io ti conosco, ti piacciono le torte. Giusto? Lei fa tutte queste torte di cioccolato.
Perlomeno, le farà perché le darò le ricette."
"Sirius," dice Remus, "non è che non voglio venire. Voglio sempre venire."
"La la la la la la meaningless," mormora Sirius di nuovo, un po' stonato. "Odio che non mi piaccia l'estate.
È la dannata estate. Non ci sono compiti da fare e niente lezioni da frequentare e niente Pitocchio che si
nasconde ad ogni angolo -- che mette dell'argento nella tua marmellata, aggiungerei, ed è difficile badare
a te perché lui è melmoso e si contorce, come un serpente -- e odio che non mi piaccia! Non è valido."
"I serpenti non sono melmosi," dice Remus.
"E le stelle sono palle di gas che brucia e i lupi mannari hanno dei metabolismi che funzionano così
velocemente che tu sei sempre quello intelligente mentre il resto di noi sta sbavando sulle molecole," dice
Sirius bruscamente. "Bene. Bene. Non venire a trovarci."
"È solo che non credo che potrò," tenta di dire Remus. "Non è che non voglia."
"Se lo volessi, verresti."
"Sei ingiusto."
"Io sono sempre giusto. Sono la giustizia in persona. Bilance e toga drappeggiata e occhi bendati e il
resto."
"Sirius, te l'ho detto, io voglio venire--"
"Non ho mai pensato che l'avresti fatto, comunque." Sirius sbuffa forte per il naso. "Hai un appuntamento
di tre mesi con una stanza scura e una piccola lampada e tutti i tuoi libri estivi. Ti do il mio completo
permesso. Fatti una sega con quello che ti pare, con la corretta grammatica e con i giambi. Giambi molto
sexy. Posso capire da dove vieni. Ah! L'hai capita? Da dove vieni?"
"Non ho i dannati soldi," sibila Remus. "Vuoi chiudere il becco?"
"Ti darò io i soldi," dice Sirius, con sgarbatezza elefantesca. "Non fare la testa di cazzo."
"Mi dispiace," mormora Remus. "Non volevo essere rude. È solo che -- non prenderò i tuoi soldi.
Comunque, anche se li prendessi, tu non ne hai. Sei l'erede detronizzato. È tutto molto romantico,
davvero."
"Ho vinto sette falci," dice Sirius sognante, "da James, per la partita dei Tassorosso."
"Non posso arrivare nel Devonshire con sette falci," dice Remus. "Ma sono profondamente commosso. Un
gesto assoluto di generosità che sfortunatamente--"
"Non fare così." Sirius scuote le spalle contro la pietra. "Mmf. Notti estive, sai, quando è caldo ma è
anche un po' freddo ed è come se non ci fosse una temperatura? Ecco cosa mi piace."
"Fare cosa? Cosa sto facendo?"
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"Come ti comporti, proprio ora, e quando le persone fanno cose carine per te, o dicono qualcosa, e tu ti
comporti – beh – lo sai." Sirius fa un vago e leggero gesto con la mano, in modo che il suo braccio si alzi
nell'aria e poi collassi sulla pietra. "Ahio. Tutto irritabile e – intelligente. E lo sei. Intelligente. Grandi
parole. Ma, sai, non penso che abbiamo mai avuto una vera conversazione."
"Sirius, sei così fatto che non saresti capace di distinguere una conversazione da una giraffa," dice
Remus. "Andiamo. Penso che dovresti andare a letto."
"Ecco, vedi." Sirius getta il braccio all'indietro come per puntare un dito accusatorio ma oscilla alla
sinistra di Remus per un po' e poi crolla. "Proprio così. Date all'uomo un trofeo. È tutta astuzia finché
qualcuno non perde un occhio."
"Sei incoerente," dice Remus intensamente.
"Tu sei come un cavolo," dice Sirius. Remus lo guarda stupito. "Come un cavolo, con... foglie sopra più
foglie. Soltanto che tu sei come un cavolo che si rigenera continuamente. Ogni volta che qualcuno
mangia una foglia te ne ricresce un'altra. Se vuoi avere una conversazione con qualcuno, non si può
essere cavolosi. Pensi che se qualcuno scoreggiasse abbastanza potrebbe fare una stella? È tutto gas,
no?"
"Abbiamo avuto conversazioni," insiste Remus nel suo petto. "Abbiamo avuto molte conversazioni."
"Dimmene una dove non hai corretto il mio uso de 'il quale' e 'del quale.'" Remus sussulta. "O una che
non coinvolgeva te che saltavi fuori con un fatto o una citazione o un rifiuto della tua partecipazione o
qualche numero della tua biblioteca di ammon –admo– ammonimenti, è dannatamente difficile parlare
con così tanta Garalghia in corpo, ma tu non lo sapresti. Sai sempre riconoscere il tuo ammo dal tuo
admo e sempre lo saprai."
"Abbiamo avuto conversazioni," ripete Remus, "che non coinvolgevano--"
"Due," dice Sirius. "Le ho contate. Le conto. Due. In primo anno. Era così. 'Ciao, Remus, mi passi il pane.'
'Sì, Sirius, e vorresti un po' di latte?' 'Sì, grazie.' È la mia preferita. L'altra è un po' più confusa perché
penso – penso – fossi ubriaco. Fine Marzo. Era così. 'Ciao, Sirius, sei ubriaco?' 'Certo che sì, Monsieur,
credo proprio di esserlo.' 'Ecco, bevi un po' di cioccolata calda.' 'Fnrfhgh.'"
"Mi ricordo la seconda," dice Remus. "Il 'Fnrfhgh' è stato quando sei crollato sul mio grembo."
"Il tuo grembo è soffice come un cuscino," fa notare Sirius. "Ma non parliamo di quello ora. Stiamo
parlando della tua incapacità di comunicare."
"La mia incapacità di comunicare?" farfuglia Remus. "La mia incapacità? Sirius, sei tu che stai teorizzando
sulla possibilità di creare una stella scoreggiando!"
"Perché stavo pensando sulla possibilità di creare una stella scoreggiando." Sirius fissa Remus con uno
sguardo ragionevole, un po' dilatato. "E ho deciso di condividere i miei pensieri con te. Questa è
comunicazione."
"Questo è parlare a vanvera" dice Remus, "a dire la verità."
"Nooooo," protesta Sirius, "tu pensi che sia parlare a vanvera, perché pensi che i pensieri servano per
pensare."
"Certo," dice Remus. "I pensieri non servono per pensare. Mio Dio, la tua introspezione è accecante."
"Tu pensi," continua Sirius a stento, incurvando la schiena per stendersi, "tu pensi che i pensieri servano
solo per il tuo pensare. Davvero molto egoista." Ondeggiando da qualche parte nella visibilità delle sue
pupille, c'è Remus, ma Remus continua a disperdersi come fumo ogni volta che cerca di metterlo a fuoco,
e tutto sembra leggero e distante, e Sirius si gratta distrattamente l'interno coscia e guarda le stelle che
volteggiano sopra la sua testa perché è molto più facile che guardare Remus disperdersi.
"Non sento il bisogno di condividere ogni piccolo insensato dettaglio che passa per il mio febbrile cervello,
se è questo che vuoi dire," dice Remus alla fine. Sirius si rotola sopra di lui per guardarlo. È difficile farlo
restare in un attendibile campo visivo, così Sirius si inclina in avanti per vedere meglio. Il suo maglione è
molto verde e Sirius glielo dice.
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"Grazie," dice Remus. "Perché il tuo naso è nel mio stomaco?"
"Mi piace. Il tuo maglione, non il tuo stomaco. Verde è il mio colore preferito. Guarda, ho voglia di
coccole. Tu hai il tuo metabolismo e io ho il mio bisogno di essere coccolato, noi tutti abbiamo il nostro -gli amici dovrebbero -- tu mi gratti la schiena, io gratto la tua, qualcosa del genere."
"Mi hai chiamato cavolo."
"In francese è una parola affettuosa molto comune," dice Sirius sapientemente. "Mon p'tit chou, mi
sembra."
"La tua governante ti chiamava cavolo? È una specie di trauma infantile?"
"No, la mia governante mi chiamava son enfant satanique. Poteva essere un tipo cavoloso di satanique,
immagino. Tu parli francese?"
"Non molto bene." Quella risata breve e auto-disapprovante. "Ci ho provato, così potevo leggere Voltaire
ma mi confondevo con il tedesco e allora ho..." Sirius ha già dimenticato di che stavano parlando e
considera la cosa più vicina ai sui occhi: le pietre. Le persone costruiscono cose con le pietre. Torri e quel
tipo di cose. Ma una pietra non dice mai, 'vorrei far parte di una torre,' giusto? No, è solo una pietra. Le
pietre non possono parlare. Quante pietre avrebbero voluto essere qualcos'altro, come un'enorme statua
di Buddha, o un piccolo... qualcos'altro fatto di pietra? Oppure niente, forse solo una pietra sulla sponda
di un fiume a raccogliere fango. Forse non è meglio della schiavitù.
Non si rende conto di aver detto tutto questo ad alta voce finché Remus non dice, "ehm, forse?"
"Quello poteva essere parlare a vanvera," ammette Sirius. "Ma era anche affascinate e avvincente e ti è
piaciuto."
"Ma non potrei mai farlo," dice Remus. "Non è quello che faccio."
"Allora." Sirius si rotola contro le gambe di Remus, spostandosi per guardarlo attentamente. "C'era
qualche errore grammaticale nei miei pensieri sulle pietre?"
"Non stavo facendo attenzione alla grammatica; ero troppo occupato ad essere sconvolto, in generale,
per la premessa di base." Remus sorride teneramente. "Era un momento molto filosofico per te, Sirius.
Peccato che non ti ricorderai nulla."
"Sto cercando di parlare con te," insiste Sirius.
"Avrei potuto giurare che stavi cercando di masticare il mio maglione." Remus gli dà un buffetto sulla
testa. "Ti piace dietro le orecchie? Vuoi che ti gratto lì? O vuoi solo -- sai. Movimenti lenti."
"Questo è il mio posto felice," sospira Sirius. Remus fa scorrere le dita sulla testa di Sirius, movimenti
pigri, sentendosi dentro stupido e non molto da Club dei Ragazzi. Si è sempre sentito stupido e non molto
da Club dei Ragazzi, specialmente di fronte a Sirius Black, che potrebbe essere il padre fondatore della
dinamica del Club dei Ragazzi, e James Potter, che potrebbe essere il primo vice-presidente, e Peter
Pettigrew, che potrebbe indossare un cartello del Club dei Ragazzi intorno al collo. Remus non vuole
sempre correggere la grammatica di Sirius -- è una battaglia persa, in ogni caso – ma qualche volta gli
scappa. Come le rane o le perle da una favola. Remus scuote la testa. "Dovresti pensarlo ad alta voce,"
suggerisce Sirius. "Sai perché? Così forse un giorno la tua testa non esploderà, e penso che ti piacerebbe.
Niente casino che gli elfi domestici dovranno pulire. Niente mutande sporche. Niente cervello sui tuoi
capelli."
"Non voglio sempre correggere la tua grammatica," dice Remus, imbarazzato. "La tua grammatica è in
realtà molto buona. Meglio di come spesso la fai sembrare, e così sto sempre a cercare di far venir fuori il
piccolo Lord Fauntleroy che c'è in te. È stupido, davvero."
Sirius sembra serio per un momento. "Beh, va bene. Aveva senso. Ma quali sono i tuoi pensieri sulle
pietre?"
"Sono pietre," risponde Remus. "Non sentono niente. Sono forse le cose più inerti sul pianeta. Non gli
importa di nulla."
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Sirius dà una carezza a una pietra accanto alla sua testa. "Va tutto bene, baby. Non diceva sul serio. Ha
solo una Ricordella su per il culo."
"Non ce l'ho!" protesta Remus.
"Mi dispiace," dice Sirius. "Non ce l'ha. Non diceva sul serio. Non ti fermare. Le mie orecchie si sentono
sole." Afferra il polso di Remus e lo trascina sulla testa, fissando Remus -- o, almeno, ci prova a fissarlo - con enormi occhi riprovevoli. "Non puoi iniziare e poi fermarti. Cosami la nuca."
"Qui?" tenta Remus, piuttosto imbarazzato, sfregando il posto dove termina la spina dorsale di Sirius, da
sotto il colletto largo della sua maglietta. Sirius emette un debole rumore soddisfatto nel profondo della
gola e rotea la testa sulle spalle, affondando la pelle contro le unghie di Remus.
"Mmf. Sì. Non sei bravo come una ragazza, perché non hai le unghie, però... continua. Bene... oh."
"Questo è allarmante," dice Remus, perché lo è. Gli occhi di Sirius sono pesanti e scuri, ha un mezzo
sorrisino sul volto e il corpo rilassato dalla droga. "Ti conosco troppo bene. Avremo questa notte, e poi
non mi chiamerai più con la Polvere Volante."
"Ti prego, non fermarti," geme Sirius in esasperazione, e urta la testa sul diaframma di Remus. "Senti,
fallo come se stessi lavando i capelli a qualcuno."
"Non ho mai lavato i capelli a qualcuno," mormora Remus, ma coraggiosamente ci prova comunque.
Sirius si scioglie completamente.
"Oh Dio. Hai delle mani enormi. La loro enormità è anomala. Non hai mai... mm, sì. Sei un dio, Moony,
un dio tra gli uomini. Oh, amo le droghe; voglio vivere in una fumeria d'oppio. Una fumeria d'oppio con
massaggi alla testa. Mmm. Ohh, proprio lì. Sì."
"Sento che dovrei indossare dei guanti," dice Remus. "Chissà quanti non professionisti ti hanno strofinato
la testa?"
"Nessuno mi strofina la testa," sospira Sirius. "Beh, non questa te--"
"Non voglio sentire altro." Remus fa scorrere il pollice dietro l'orecchio di Sirius. "Nelle fumerie d'oppio
non ci sono massaggi alla testa."
"Ne inventerò una che ne ha," si lamenta Sirius. "La necessità aguzza i massaggi alla testa."
"C'eri quasi," dice Remus. "Quasi."
"È quello che stai pensando ora? 'Oh, guarda quello scemo di Schmirius Schmack, ha fumato troppa
Garalghia e ora tutto quello che vuole nella schua schtupida vita è un massaggio alla teschta ed è felice?'
Lo stavi anche pensando con quella voce, perché ho pensato che fosse un'imitazione stupefacente della
tua soave riprovazione." Sirius fa un suono brontolante nel profondo della gola. "Beh puoi pensare tutto
quello che ti pare -- solo non fermarti."
"Non mi sto fermando. Non sto pensando quello e non ho quella voce e non prendere in giro la mano che
ti gratta. Sei fuori di testa."
"Smettila di essere così affettuoso con me o mi farò un'idea sbagliata." Sirius spinge la gamba di Remus,
con il naso nel suo fianco. "È piacevole. Oh, sì. È molto piacevole."
"È praticamente pornografico," borbotta Remus, "ecco cos'è."
"Sei così pudico," mormora Sirius. "Siamo entrambi completamente vestiti e nessuno si sveglierà con un
po' di pancetta. A meno che non ci sia pancetta a colazione: in questo caso, è un problema degli elfi
domestici, non tuo."
"Non pensare che non mangerei la pancetta," dice Remus. "Non pensare che non mangerei la tua
pancetta per questo."
"Sei indecente," brontola Sirius. "E Dio, le tue dita. Hai la minima idea di quanto -- quanto le tue dita
siano lunghe? E agili? Le pietre ti perdonano. Io ti perdono. Che stai pensando ora?"
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"I tuoi capelli danno una bella sensazione anche se non sembra," dice Remus.
"E non solo quella parte," dice Sirius maliziosamente, e poi lo riconsidera. "In verità, credo che quasi
tutto di me dia una bella sensazione. Che vuoi dire, anche se non sembra? Perché, come sembra?"
"Mi rifiuto di discutere di questo con te," dice Remus.
"No, stiamo facendo pratica. Tu dici quello che pensi, come lo pensi. È pratica. Quindi continua. A sinistra
-- oh. Sì."
"Intendi," inizia Remus, sistemando le dita, "intendi che vuoi che io faccia uno di quei folli monologhi, una
specie di flusso di coscienza, come fai tu, quando ti rifiuti completamente di filtrare le cose che non
hanno un senso, o sono completamente non correlate, o sono profondamente, profondamente sbagliate-"
"Sì," dice Sirius serenamente. "È esattamente quello che intendo. Quindi... vai."
"Non posso... andare."
"Perché no? Stai avendo dei pensieri, no?" Sirius allunga la mano per prendere la cravatta di Remus e la
tira distrattamente. Remus fa un rumore soffocato e gliela strappa via.
"Va bene. Sto pensando a... perché non mi sono tolto la cravatta, quando a) è molto caldo e molto tardi,
quindi è troppo tardi o troppo presto per essere vestiti e b) so che Sirius Black non riesce a togliere le
mani dagli oggetti vivacemente colorati quando è affetto da sostanze, perché la sua durata di attenzione
è nulla e ha l'autocontrollo di un neonato pazzo."
"... è perché sei un prefetto, suppongo. Priorità in ogni momento. Cravatte."
"E – va bene. Sto pensando... sto pensando a – sto pensando a quanto questo sia stupido, Sirius, mi
dispiace, non ne posso fare a meno, non può essere fatto. Ci ho provato."
Sirius fa le spallucce e così le punte delle scapole affondano piuttosto dolorosamente nella coscia di
Remus. "Ti sei sforzato. Sei irrecuperabile. Sei un cavolo in tutto e per tutto."
Remus considera questo. Considera Sirius, steso come se fosse senz'ossa lungo il suo grembo, con i
capelli simili all'erica aggrovigliati nelle dita di Remus e quell'aspetto di contentezza inebetita sulla faccia;
considera le analogie molto mediocri di Sirius e la sua grammatica pasticciata e la sua cronica diarrea
verbale e la sua tendenza a calpestare delicate situazioni senza pensarci.
"Sto pensando ai dischi," dice per esteso. Sirius diventa immobile per un momento sotto le sue dita, e poi
si rilassa di nuovo, curvandosi come un gatto al tocco di Remus. "Sto pensando a... questa canzone." Il
disco si è cambiato e sta girando la seconda parte: Listen to the pretty sound of music as she flies. "Mio
padre mi ha preso quest'album per i miei... dieci anni, mi pare. È uscito nel '68? Ed era già usato quando
l'ha comprato. Non era veramente per me. Lui conosce tutti i testi. Ed è stato lo stesso anno in cui mi
aveva regalato la Victrola, quindi avevo già il mio grande regalo."
Per il suo decimo compleanno, Sirius ha ricevuto un cavallo arabo nero di razza pura e una spada vecchia
di trecento anni con rubini di rosso acceso nell'elsa; il maestro di scherma era considerato un accessorio.
Si ricorda queste cose – il cavallo si chiamava Altair finché Regulus non lo cavalcò fino a farlo impazzire,
e così è stato soppresso. Si ricorda sua madre che lo chiamò per la colazione quel giorno, e la sua
governante che gli abbottonava il vestito nuovo. Si ricorda che si mise a sedere a capotavola in qualità di
Erede, calciando le gambe troppo corte contro la sedia, e la fredda pressione delle labbra di suo padre
sulla fronte.
"Hai ricevuto un disco per il tuo decimo compleanno?" dice Sirius. Spera di non aver detto tutto quello
che stava pensando ad alta voce questa volta, ma lo sguardo accigliato di Remus, insolito e lontano, gli
suggerisce che non ha detto nulla. O quello o l'ha fatto, ma Remus non stava ascoltando.
"Due dischi. Il White Album -- sono due dischi. In uno. Più costoso. Ero contento, perché papà lo adorava
e a mamma piaceva, e non era swing ma ci andava bene lo stesso. Era utile. Era pratico. È stato usato
bene. Se ti sedevi tra due altoparlanti in salotto durante 'Back in the USSR', ti sembrava come se
l'aeroplano dell'inizio della canzone stesse volando proprio sopra di te, è una specie di magia babbana.
Cosa hai ricevuto per il tuo decimo compleanno, una casa?"
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"Sei di nuovo ingiusto."
"Scusa. Un paese del terzo mondo?"
"Quella è stata la prima idea di mia madre," mormora Sirius. "Ma poi hanno deciso per una spada che mi
piaceva veramente, ma non ce l'ho più perché sono andato a, lo sai, Hogwarts e mi sono fatto smistare a
Grifondoro e ho rovinato le loro vite e oh, tra parentesi, li odio, pazzoidi purosangue."
"Sirius," dice Remus. "Tu sei un pazzoide purosangue."
"Ma non per scelta," replica Sirius. "Ci sono i pazzoidi purosangue per scelta; io sono un pazzoide
purosangue per caso. C'è una grandissima differenza."
"Ti sei mai seduto tra due altoparlanti e ascoltato un aero che vola sopra la tua testa?" chiede Remus,
capendo la delicatezza dell'argomento e sapendo dalle nuvole temporalesche negli occhi di Sirius di aver
esagerato. "È veramente bello. Soprattutto se sei da solo e se il disco è leggermente graffiato
dall'utilizzo. Sembra reale, ma poi non lo è. Ma sembra davvero sopra la tua testa."
"Amo la Garalghia," dice Sirius. "Penso che il tuo metabolismo da lupo mannaro non sia tutto come mi
avevi promesso, dolcezza."
"Non sto parlando di scoreggiare stelle o dei sentimenti delle pietre," protesta Remus. "Sto parlando delle
esperienze che nella mia vita hanno significato qualcosa."
"È quello che pensi?" Sirius allunga il braccio dietro la testa, prende la mano di Remus, e la sposta su un
punto solitario. "Ecco -- proprio lì -- perfetto. Mmngh. Che stavi dicendo? Oh sì. Momenti. Vita.
Significato. La maggior parte della gente non pensa a quella roba, Remus."
"No, non lo fa. Ecco perché tengo la bocca chiusa la maggior parte del tempo. Per quello, e perché mi
divertono i tuoi monologhi sul cavolo, e le tue tangenti sulle molecole, e la tua abilità di parlare per dodici
minuti, senza prendere fiato, delle virtù di una banana veramente buona." Remus appallottola i capelli
sotto le dita e poi li liscia, contento delle sue unghie tagliate e delle sue dita aggraziate sotto pressione.
"Suoni il piano?" chiede Sirius. "Il sassofono? La tuba? Queste sono mani da musicista, amico mio. Hai
delle dita magiche."
"Non volevo scherzare," dice Remus. "Su quello che hai ricevuto per il tuo compleanno. Hai ricevuto un
pony però, no?"
"Regulus ha ucciso Altair." Sirius tira su con il naso. "E questo è il perché non rivivo i miei momenti, vita,
significato, costantemente. Perché allora ammazzerei mio fratello."
"Era un bel pony?" domanda Remus, cercando di essere giovevole. "Era soffice?"
"Era nero." Sirius fa un enorme sbadiglio e si accoccola ancora di più contro il corpo di Remus. "Mordeva
le persone. Era il mio migliore amico, il che è deprimente. Quando ho provato a dargli da mangiare una
mela, lui mi ha attaccato alla giugulare."
"Non gli piacevano le mele?"
"Gli piaceva la carne," dice Sirius, con freddo orgoglio. "Dovresti iniziare a suonare la tuba, ecco cosa
dovresti fare, se non la suoni ora. Oppure la fisarmonica. Non puoi passare tutta la tua vita a fabbricare
momenti e a metterli da parte per dopo, no? Impazziresti. Devi vivere il momento e non pensarci. Il
cavolo, o la banana, questo è il momento che trascorre. Esperienze significative con i giradischi e la
discrepanza socioeconomica -- beh, quella è pazzia incipiente. Quante grandi parole ho appena usato?"
"Devo contare ‘significative’?"
"Socioeconomico. Incipiente. Non riesco a usare simile parole quando sono sobrio." Sirius tossisce. La sua
voce è rauca e cupa ed è abbastanza sicuro che, quando si sveglierà, la gola gli farà terribilmente male.
"Qual è la tua canzone preferita?"
"Non riesco a sceglierne una," dice Remus.
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"Risposta cavolosa," dice Sirius. "Squalificato! Senti, ti devo incollare le mani alla mia testa, o cosa? Puoi
fare dei cerchi, tipo, con i pollici? Proprio -- buon Dio. Proprio così..."
"Non riesco a sceglierne una. Senti, dici di me che cerco di fabbricare momenti, giusto? Beh, non mi
piacciono nemmeno i momenti. Mi piacciono... le cose complete, credo. Mi piacciono questi due dischi
insieme. Mi piacciono le canzoni, tutte quante, da sole. Ma mi piacciono i due dischi. Mi piace suonarli
entrambi in giardino, mentre mio padre canta molto fuori tempo 'Sexy Sadie' a mia madre e c'è un
aeroplano in cielo. Quello non è un momento, è... quello che è. L'intera immagine. Se scegliessi una
canzone dovrei farla a pezzi, e poi ne perderei il senso." Sirius, per una volta, non dice nulla. "Ho suonato
il violino per tre anni, se lo vuoi sapere. Molto scarsamente." C'è un silenzio pacifico, però bizzarro, che
proviene dal suo grembo. "Sirius?" Remus guarda giù sorpreso, e Sirius emette un ronfo enorme e si
sposta pesantemente sul suo stomaco, rannicchiandosi vicino alla gamba di Remus mentre lo fa.
"Hrooooghnh," russa Sirius.
"Mi piace ricordare tutto," dice Remus, molto dolcemente, per non svegliarlo. "Com'è stato. Perché i
momenti da soli non sono abbastanza; sono solo -- sono come fotografie. Si muovono un po', ti salutano,
ma non sono tutto. Puoi guardare indietro a un momento e dire 'In quel momento ero felice' o, più
spesso che non, 'In quel momento ero a disagio' o 'In quel momento ero triste' o 'In quel momento
eravamo tutti dei cretini' ma puoi guardare indietro a tutto e pensare 'È stato bello.' Perché quando tutti i
momenti si conciliano, quando tutte le canzoni si uniscono, ottieni qualcosa di intero e completo e
fantastico, persone che hai amato e persone che hai odiato e un affetto per loro che forse non sarai
capace di ricatturare, e tutto quello che ricordi di loro è, in qualche modo, di più di quello che realmente
erano, perché è quello che fanno i ricordi. Quando sarò vecchio, penso che guarderò indietro a questo e
non ricorderò 'Quella volta Sirius ha pensato che se avesse dato fuoco a una scoreggia, avrebbe fatto
uscire una stella dal suo culo' ma probabilmente ricorderò solo le stelle. Non penserò 'Mi ha quasi
strangolato quando mi ha afferrato per la cravatta' ma penserò a quei stupidi rumori da cane che stai
facendo, proprio adesso, anche mentre stai dormendo. Probabilmente significa ricordare tutto e non
saltare da un momento a un altro come se la vita fosse il gioco della cavallina, e fare acchiappa-la-talpa
con le esperienze è stupido, perché non ricorderò che tu sei spesso un cretino, e che James è spesso un
cretino, e che Peter sa essere uno sciocco in un modo impressionante, e che io sono un tale guastafeste
con un simile naso grosso che è un miracolo che tu non mi odi. Mi ricorderò solamente di aver parlato per
cinque minuti a un amico che stava già dormendo, ed ero comunque felice." Remus si sofferma, sospira,
e tocca con il pollice il lato della mascella di Sirius, senza notare il cammino delle dita. "Non ti ricorderai
nulla di questo. Il che è probabilmente un bene dato che questo, amico mio, è sicuramente parlare a
vanvera. Odio la Garalghia. Ti fa pensare che tutto è profondo quando, in realtà, stai parlando a te stesso
e nessun altro può tradurre il linguaggio che sei Tu."
"Huuuuroooooghnh," concorda Sirius.
"E tu ti addormenti dappertutto," sbuffa Remus. "È irritante."
Un lungo, pesante, quasi-silenzio.
"Buona notte," dice Remus, e chiude gli occhi. Le stelle scintillano -- o, perlomeno, per un momento.
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