EFSA: agenzia per la sicurezza alimentare o studio notarile? Il caso del mais MON863 di Pino Lauria Il MON863 è un mais GM resistente ai coleotteri ed in particolare alla Diabrotica prodotto per trasformazione di una coltura cellulare tramite la tecnica biolistica. Nel suo genoma sono state introdotte due regioni codificanti: una per la neomicina fosfotransferasi II (NPTII), che conferisce resistenza all’antibiotico kanamicina usato per la selezione delle cellule trasformate, e l’altra per una variante della tossina Bt Cry3Bb1 molto nociva per i coleotteri. Il 13 agosto del 2002 la Monsanto sottopone all’Autorità Competente (AC) tedesca la richiesta di autorizzazione per l’importazione e l’uso nell’Unione europea di granella e prodotti derivati dal mais MON863 e dal Mais MON863x MON810, ai sensi della direttiva 90/220/EEC e della direttiva 18/2001/EC. Gli usi proposti nella notifica sono quelli previsti per ogni altro mais, esclusa la coltivazione nel territorio UE. Il dossier tecnico comprende uno studio tossicologico su ratti alimentati per 90 giorni con mangimi contenenti due diverse percentuali di mais MON863 (11% e 33%), condotti per conto della Monsanto presso i laboratori Covance. Il disegno sperimentale prevede, oltre ai gruppi di animali test, i gruppi di controllo alimentati con mais isogenico e sei gruppi di riferimento alimentati con tipi diversi di mais convenzionali. Nell’edizione del 23 aprile 2004, il quotidiano francese Le Monde rende pubblici i dubbi sollevati da una parte degli esperti della commissione francese sull’ingegneria genetica (CGB) relativi alla sicurezza del mais MON863, derivanti da alcuni dati e da anomalie metodologiche e interpretative riscontrabili negli studi tossicologici sui ratti. La conseguente polemica ha subito vasta eco nell’opinione pubblica europea anche perché, nonostante le ferme obiezioni di molti stati membri, sia l’AC tedesca (8 aprile 2003) sia l’EFSA (2 aprile 2004) avevano già rilasciato, i propri pareri favorevoli sulla sicurezza per l’uso alimentare del mais MON863. Al centro delle critiche è proprio lo studio tossicologico sui ratti, poiché presenta una serie di anomalie, indizi di rischio sanitario considerati irrilevanti dal notificante, dall’AC tedesca e dall’EFSA. La polemica si riaccende quando Greenpeace, dopo una lunga battaglia legale, riesce ad ottenere lo studio completo e lo pubblica on-line. Grazie alla disponibilità dei dati, alcuni esperti indipendenti, tra cui il famoso dott. Pustzai, possono valutare i protocolli sperimentali, i dati grezzi e le metodologie di analisi. Un gruppo di esperti francesi del CRIIGEN evidenzia, in un rapporto preliminare, l’erronea interpretazione delle molte anomalie presenti nello studio tossicologico prodotto dal notificante, nonché l’inadeguatezza del disegno e dell’analisi statistica. Pertanto si propone di rifare l’analisi statistica utilizzando tecniche ritenute più idonee. Nonostante le numerose critiche di esperti scientifici, l’EFSA mantiene inalterata la sua opinione e quindi, il 13 gennaio 2006, la Commissione europea approva la commercializzazione per uso alimentare del MON863 e del MON863 x MON810. Nel marzo 2007, un'autorevole rivista scientifica peer reviewed, “Archives of Environmental Contamination and Toxicology”, pubblica la rielaborazione statistica dei dati grezzi, relativi agli studi di alimentazione dei ratti con mais MON863, prodotta dagli esperti del CRIIGEN. La nuova analisi è stata condotta applicando tecniche statistiche più appropriate allo specifico disegno sperimentale. Ad esempio, è stata utilizzata l’analisi multivariata per il confronto delle curve di crescita e dei parametri biochimici tra ratti nutriti con i mangimi contenenti mais MON863 (11% e 33%) e quelli alimentati con una dieta normale equivalente. Degno di nota è il fatto che i ricercatori, seguendo una prassi scientificamente più rigorosa, abbiano effettuato separatamente il confronto del gruppo test con i sei gruppi di riferimento, alimentati con altrettante varietà di mais convenzionale. I risultati ottenuti mostrano chiaramente che i ratti di ambedue i sessi alimentati con mais MON863 subiscono leggere ma significative variazioni nella crescita: i maschi subiscono un decremento in peso del 3,3% mentre le femmine un incremento del 3,7%. I valori dei parametri chimici mostrano segni di tossicità epatica e renale. Nelle femmine i trigliceridi aumentano del 2440%, mentre nei maschi diminuisce l’escrezione renale di sodio e fosforo. Pertanto, gli autori dello studio suggeriscono che sono necessari ulteriori studi di lungo periodo per comprendere la reale natura e dimensione dei possibili effetti patologici. Si può quindi concludere che in base ai dati disponibili non è possibile affermare che il mais MON863 sia un prodotto sicuro. Le osservazioni di CRIIGEN riconfermano precedenti obiezioni mosse alle valutazioni favorevoli del notificante e delle autorità pubbliche e riaprono, di fatto, la partita sulla sicurezza del mais MON863. In particolare, si ripropongono all’attenzione dell’opinione pubblica alcuni interrogativi circa l’operato dell’EFSA (European Food Safety Authority): su quali basi ha considerato sicuro l’uso alimentare del mais MON863 nel suo parere rilasciato il 2 aprile 2004 su richiesta della Commissione europea ? in che modo il GMO Panel, il gruppo di esperti sugli OGM dell’EFSA, è giunto a conclusioni completamente opposte sulla sicurezza del mais GM, pur avendo avuto a disposizione gli stessi dati analizzati dal gruppo del CRIIGEN? Il parere sul MON863 rilasciato dall’EFSA nel 2004 contiene un lungo paragrafo dedicato alla valutazione degli studi tossicologici sui ratti alimentati per 90 giorni con mangimi contenenti MON863. In esso vengono discusse una serie di anomalie, indizi di possibili rischi sanitari, peraltro già evidenziate nella valutazione del rischio fatta dal notificante e nel rapporto di valutazione rilasciato dell’AC tedesca. Più o meno le stesse anomalie che erano alla base di numerose obiezioni sollevate da parte di diversi stati membri e studiosi indipendenti. La prima anomalia riguarda alcune differenze osservate nei parametri ematologici, compreso il numero totale di globuli bianchi, linfociti e basofili, che era leggermente aumentato nel gruppo di maschi alimentati con mangimi contenenti il 33% di mais MON863, rispetto al gruppo di controllo ed ai gruppi di riferimento. Però, secondo gli esperti dell’EFSA, queste differenze non sono biologicamente significative poiché ricadono nel campo di variazione casuale della popolazione di controllo e di riferimento (“reference control population” cosa vuol dire? Gruppo di controllo o l’insieme dei gruppi di riferimento?). La seconda consiste in differenze statisticamente significative osservate per il numero di reticolociti tra le femmine alimentate con 33% di mais MON863 e i gruppi di controllo e di riferimento. Nel gruppo test è più basso sia il numero assoluto sia quello relativo, ma poiché ricadono pienamente all’interno del campo di variazione dei gruppi di controllo e di riferimento, per gli esperti dell’EFSA non hanno significatività biologica. La terza si riferisce al fatto che i pesi dei reni nei ratti maschi alimentati con razione al 33% di mais MON863 risultano più bassi in modo statisticamente significativo. In ogni caso, la conclusione complessiva dell’EFSA, è che tali differenze non sono biologicamente significative siccome ricadono nel normale campo di variazione della “reference control population”. La quarta anomalia riferisce di una più bassa incidenza statisticamente significativa di tubuli renali mineralizzati osservata nei ratti alimentati con razione contenente mais MON863 al 33%. Comunque, secondo l’EFSA questi risultati non mettono in discussione la sicurezza dell’uso alimentare del mais MON863 poiché si riferiscono solo alle femmine e non sono correlati al trattamento. Al termine della sua analisi, il gruppo di esperti sugli OGM dell'EFSA conclude che, nel complesso, i risultati di questi studi con roditori alimentati per 90 giorni non indicano effetti negativi derivanti dal consumo di mais MON863. Inoltre, alle richieste di una migliore valutazione tossicologica avanzate da alcuni stati membri, gli esperti dell’EFSA rispondono che gli studi tossicologici contenuti nel dossier tecnico sono ben fatti, con le specie di animali pertinenti e un'organizzazione statisticamente ben disegnata. Salta subito agli occhi che gli esperti dell’EFSA possono giungere alle loro conclusioni solo rinunciando di proposito al sano esercizio del “dubbio metodico”, caratteristico della razionalità scientifica e sicuramente sollecitato in modo incalzante dalle numerose e preoccupanti anomalie sopra considerate. In effetti, hanno accettato senza sollevare dubbi l’artificio, scientificamente poco ortodosso per non dire scorretto, di utilizzare nel disegno sperimentale i sei gruppi di riferimento, in modo da ampliare il campo di variabilità dei dati e poter considerare “biologicamente irrilevanti” le suddette differenze statisticamente significative. Inoltre, hanno trascurato il fatto che effetti specifici per i singoli sessi possono essere biologicamente plausibili. Per quanto ci è dato sapere, tutto ciò è stato fatto in un quadro di totale assenza di studi pertinenti e indipendenti cui far riferimento per sostenere le tesi adottate. Per inciso ricordiamo che modi di ragionare deduttivi, fatti di approssimazioni successive basate su metodi e dati dichiaratamente limitati, sono stati applicati anche all’analisi e alle interpretazioni dei dati molecolari, pur essi pieni di anomalie e situazioni poco chiare, per arrivare a concludere (con scarsa credibilità) che comunque non destano preoccupazioni per la salute e l’ambiente. Potrebbe trattarsi di casualità, ma questo modo di argomentare è molto simile a quello utilizzato sia nella valutazione favorevole dell’autorità competente tedesca che, ancor prima, nella valutazione del rischio presentata dal notificante. Di nuovo, anche per il mais MON863, l’EFSA riconferma un atteggiamento sostanzialmente favorevole alle tesi prodotte dal notificante e di ferma chiusura rispetto alle obiezioni provenienti dagli stati membri e da esperti indipendenti. Così facendo, l’EFSA sembra voler rinunciare a svolgere in pieno il proprio ruolo scientifico ed istituzionale. Ruolo che dovrebbe indurre, a nostro avviso, ad un atteggiamento rigorosamente critico, più propenso ad approfondire l'esame delle situazioni anomale presenti nella valutazione dei rischi, piuttosto che tentare di considerarle “biologicamente irrilevanti”. A maggior ragione se si tratta di differenze statisticamente significative e si deve ricorrere a modi di argomentare impropri, perché più attinenti all’arte della retorica che al rigore dubitante della razionalità scientifica. In ogni caso, solo su formale richiesta della Commissione europea, l’EFSA dichiara ufficialmente, nella riunione del 22-23 marzo 2007, di voler valutare attentamente lo studio del CRIIGEN. Quindi, il 28 giugno 2007 l'EFSA rende noti i risultati della sua valutazione. In essa si afferma che le conclusioni dello studio degli esperti del CRIIGEN sono inattendibili perché si basano su ipotesi scorrette. Al contrario, le analisi statistiche rifatte dall'EFSA riconfermano la valutazione favorevole precedentemente espressa nel parere del 2004. Ricorrendo ad una metafora, è come se l’EFSA abbia scelto di comportarsi più da notaio, che si limita a sottoscrivere valutazioni altrui, piuttosto che da garante autorevole, filtro scientifico eretto dal potere pubblico a prevenzione e salvaguardia della salute e dell’ambiente. Indipendentemente dall'atteggiamento dell’EFSA, nelle procedure di valutazione della sicurezza degli alimenti derivanti da OGM ci sono degli elementi di criticità intrinseca molto insidiosi: uno è la riproducibilità degli esperimenti di fatto non verificata e l’altro attiene alla reale efficacia dei protocolli standard utilizzati nella valutazione dei rischi. In genere, gli unici studi pertinenti considerati nella valutazione dei rischi per autorizzare nuovi OGM sono quelli prodotti dal notificante. La domanda è, cosa sarebbe successo se gli studi e le elaborazioni presentati dalla Monsanto a corredo della sua richiesta per l’autorizzazione del MON863 fossero stati formalmente corretti ma basati su tabelle di dati grezzi opportunamente aggiustati? Sarebbe stato difficile fare critiche e, forse, l’autorizzazione del mais GM sarebbe passata senza polemiche. La falsificazione delle sperimentazioni (organizzare opportunamente il disegno sperimentale, selezionare i dati desiderati, ritoccare oppure omettere quelli difformi, ecc.) con lo scopo di ottenere i risultati stabiliti a priori è, purtroppo, un fenomeno abbastanza diffuso nella pratica di laboratorio. Spesso, la mancanza di integrità si verifica per venire incontro agli interessi del committente/finanziatore della ricerca. Inoltre, è già accaduto diverse volte che lavori basati su dati falsificati hanno passato il filtro dei sistemi di revisione di autorevoli riviste scientifiche internazionali e sono stati pubblicati prima che venisse scoperto l’inganno. Di conseguenza, se il revisore non si deve limitare ad essere notaio della correttezza formale degli studi proposti dal notificante nell’ambito della valutazione dei rischi, ma svolgere realmente il ruolo istituzionale di elemento fondamentale nella tutela della salute pubblica, dovrà necessariamente poter considerare nelle sue valutazioni i risultati di studi indipendenti finalizzati anche a verificare la riproducibilità dei dati forniti dal notificante. Per approfondire: Sèralini, G-E Collier, D. & Spiroux de Vendomois, J. 2007. New analysis of a rat feeling study eith a genetically modified maize reveals signs of hepatorenal toxicity. Archives of Environmental Contamination and Toxicology DOI: 10.1007/s00244-006-0149-5 Preliminary report by CRIIGEN on the first public investigation of the crude data in MON 863 toxicity test on rats Greenpeace, Mais MON863, storia di un sistematico inganno http://www.efsa.europa.eu/en/press_room/press_statements/mon863.html http://www.efsa.europa.eu/en/science/gmo/statements0/gmo_statement_mon863_ratfeeding.html