EUNOMIA E RELAZIONE. Considerazioni sparse sull’ ethos del Terzo Settore Dario Rei Università di Torino, Dipartimento Culture Politica Società 1 Premessa Giacomo Leopardi 1 , nel “Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli Italiani”, chiamava società stretta quella che consiste “in un commercio degli individui tra loro, dove ciascun fa conto degli uomini e desidera di farsene stimare e li considera per necessari alla propria felicità". Una società siffatta richiede individui che partecipino intenzionalmente gli uni degli altri, instaurando fra loro relazioni di senso positivo, non per calcolo o scambio, responsabile. impotenza o dipendenza, ma per reciprocità ed impegno 2 Alla base etica dei sistemi di welfare, riposta nell'idea di universalizzare le relazioni civili nella comunità, il pensiero neoconservatore ha opposto la convinzione che la modernizzazione liberi "in massa" l'individualismo delle scelte, sganciandole dalle appartenenze di interessi, classi o territori; sicché solo le comunità di legame volontariamente fondate mantengono il "calore" delle relazioni intersoggettive e le pongono al riparo da poteri esterni intrusivi. Gli individui sarebbero, da una parte, più emancipati da vincoli tradizionali, dall'altra più liberi di scegliere e mantenere (e di scegliere “se” mantenere) i loro impegni di legame. In tal modo questo pensiero ha preso le distanze da prepotentemente protettivo, che "si fabbrica" i suoi un apparato statale-politico cittadini come " individui solitari al servizio dell' apparato pubblico". Verrebbe da ironizzare sui tanti svalutatori dello stato e delle istituzioni politiche, che non lo sono mai fino al punto di non essere robusti estimatori del potere, che,in esse e per loro tramite, giungono ad esercitare. Occorre tuttavia riconoscere come l’ individualizzazione soggettiva di ogni connessione allarghi la distanza fra solidarietà e tutela, competizione ed efficienza produttiva, e corroda un vecchio modello sociale fondato su asseriti valori di solidarietà e di integrazione perseguiti per via politica e civile. 3 2. Il posto dell’ economia civile L’emergere di una economia civile, nel suo funzionamento che “dà senza perdere e prende senza togliere”, facendo della reciprocità relazionale la cornice di senso e il fondamento valoriale dell’agire economico4, sembra auspicare una robusta correzione di quel “disinalvearsi ” ( disembedding) dell’ 1 “La sua immaginazione sociologica era pari al suo genio letterario e filosofico”:R. Simone, Il paese del pressappoco,”Micromega”,n.2, 2004, p.146. 2 D.Rei, Possiamo ancora produrre beni comuni? Quando le relazioni consentono una vita sociale a misura dell’umano,”Animazione sociale”, n.251, marzo 2011,pp.13-21. 3 In L’azione volontaria Beveridge scriveva : «La formazione di una buona società dipende non dallo Stato, ma dai cittadini, che agiscono individualmente o in libere associazioni…. La felicità e l’infelicità della società in cui viviamo dipende da noi stessi quali cittadini, non dallo strumento del potere politico che noi chiamiamo Stato. Lo Stato deve incoraggiare l’azione volontaria di ogni specie per il progresso sociale». 4 P.L.Sacco, S.Zamagni,a cura di, Complessità relazionale e comportamento economico. Materiali per un nuovo paradigma di razionalità, il Mulino, Bologna 2002; L.Bruni, V.Pelligra , a cura di, Economia come impegno civile. Relazionalità, ben-essere ed Economia di Comunione, Città Nuova, Roma 2002; S. Zamagni, Avarizia, Il Mulino,Bologna 2009; L. Bruni , L’ethos del mercato. Un’ introduzione ai fondamenti antropologici e relazionali dell’ economia,Bruno Mondadori, Milano 2010; L. Bruni, Le nuove virtù del mercato,Città Nuova Editrice,Roma,2012. economico dal sociale e dall’ istituzionale, descritto da Karl Polanyi nella sua grande trasformazione5 economia civile L’ non si limita a “reagire “ ai problemi generati dai fallimenti del mercato e dello stato nel soddisfare i bisogni umani, ma si auto-propone come fattore propulsivo generatore di cambiamento, in quanto fa leva sulle risorse sociali della partecipazione, della transazione sociale, della relazione. Di conseguenza l’economia civile occupa un posto peculiare all’interno di una tipologia che consideri: i, la posizione rispettiva degli attori che partecipano alla produzione/distribuzione dei beni e ii la qualità dei beni coinvolti dalla relazione (Tabella) Posizione degli attori Stock Convergente, simmetrica La distribuzione Lo scambio autoritativa mercantile di capitale sociale preesistente e Valore dei beni Divergente,asimmetrica accumulato Effetti emergenti generati La donatività dal processo libera L’imprenditività condivisa relazionale La differenza più rilevante è fra una dimensione distributiva dei beni (i beni sussistono e la relazione poi li alloca) ed una concezione emergentista (i beni derivano dalla relazione e la relazione che li ha generati è la stessa che li alloca ). E’ chiaro che i tipi di relazione non presentano la stessa probabilità di occorrere socialmente ; che le formazioni sociali complesse (comunità, mercato, imprese , istituzioni) possono ospitare al loro interno relazioni di tipo diverso, fra loro coesistenti e confliggenti ; che mondi sociali come il welfare, il volontariato, la famiglia, la politica, storicamente partecipano di – e transitano fra - tipi diversi di Sensibili ad istanze analoghe: E.Berselli,L’economia giusta, Einaudi,Torino 2010; B. Bertolotti, Crescere insieme.Per un’ economia giusta,Laterza,Roma-Bari 2013 5 Si rilegge una tradizione del pensiero economico che dal Settecento va all’Umanesimo italiano e al francescanesimo del XIV secolo e che non ignora il problema della vita buona e della società giusta: A. Genovesi, Delle Lezioni di Commercio o sia di Economia Civile. Con Elementi del Commercio,a cura di M. L. Perna, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli, 2005; Id., Se sieno più felici gl’ignoranti che gli scienziati. Lettere accademiche, Sugarco, Varese 1993. Intorno al concetto di povertà in Francesco e nei francescani e sul diritto di usare le cose senza farne possesso: M.Cacciari, Doppio ritratto.San Francesco in Dante e Giotto,Adelphi,Milano,2012; G.Agamben, Altissima povertà,Neri Pozza, Milano 2012; sul tema della fides,nei significati di credere, fidarsi, avere credito:G. Todeschini, Come Giuda.La gente comune e i giochi dell’economia all’inizio dell’età moderna ;J.Le Goff , Lo sterco del diavolo.Il denaro nel Medioevo,Laterza, Roma-Bari 2011. “Si potrebbe concludere che il Medioevo “finisca” là dove viene meno il modello dell’economia del dono fondata sul concetto di caritas e che la modernità nasce nel momento in cui sorge un differente pensiero,radicato nel valore del profitto in quanto tale - fine e non semplice mezzo- e della sua indefinitiva dilatazione(F.Cardini recensione .a Le Goff); sicché nascita del profitto e genesi dell’individuo sono nell’ essenza stessa della modernità occidentale. relazioni, seguendo processi e cicli connessi alla scala ,ai processi decisionali, ai processi operativi e collaborativi, alla distribuzione di potere. Nondimeno un recente volume di Sociologia della Relazione qualifica la cooperazione sociale come esempio istruttivo di quelle iniziative che dalla società civile “cercano di creare una economia socialmente responsabile capace di modificare le leggi del mercato capitalistico”. Pur osservando che “spesso gli attori/agenti che si appellano a grandi valori,come la pace la giustizia la solidarietà… non vedono come dare forma alla relazione sociale che deve realizzare quel valore”6. 3- Punti salienti della teoria Per comprendere come ciò sarebbe plausibile conviene rifarsi brevemente ai presupposti della teoria relazionale della società implicata in questo giudizio: - la vita sociale è luogo di atti costitutivamente relazionali , ossia di scambi che non lasciano mutuamente indipendenti gli attori :relazione è ”una azione reciproca in cui qualcosa passa da Ego ad Alter e viceversa, il che ha a che fare con qualche legame reciproco”; - la relazione sociale non è evento puntuale ( come l’ interazione simbolica o la comunicazione contingente alla Luhmann), né semplice dialogo narrativo 7, ma è un processo dotato di storicità e durata, che genera forme sociali relativamente stabili e strutturate; - le relazioni sociali condotte a partire da soggetti riflessivamente orientati a produrre e fruire di un bene che non potrebbero né generare né fruire restando irrelati, fanno emergere dei “beni relazionali” costituiti dal fatto di condividere una relazione che nasce dal contributo dei partecipanti(alla relazione stessa)e si riversa a loro beneficio; - gli effetti “eccedenti” della relazione determinano un valore aggiunto( emergente), sociale ( relazionale) e conferito a qualcuno/qualcosa non in termini economici e politici “estrinseci”, ma in termini intrinseci di legame,capacitazione, attribuzione e riconoscimento di dignità8 ; - il capitale sociale va letto in termini sovra- funzionali :”il vero capitale sociale è quell’ insieme di relazioni sociali che non riproducono effetti strutturali- di strutture già date, ma generano effetti relazionali; reti di relazioni che creano altre reti di fiducia cooperazione e reciprocità, e che di conseguenza elaborano altre strutture sociali”.9 Non si nega che il Valore sociale aggiunto possa essere un mix composito di effetti intrinseci ed estrinseci :” come mostrano le attuali tendenze a far cooperare profit e non profit costituendo organizzazioni che li associano per produrre beni relazionali”. Ma l’identità peculiare delle OTS, e la loro autonomia quali attori P.Donati, Sociologia della relazione,il Mulino,Bologna,2012,citazioni alle pp. 141 e 121 Buber Habermas Ricoeur: Donati, op.cit. pp.83-86. 8 Donati, op.cit., p.136 6 7 9 Donati,op.cit., p.133. Sul concetto, A. Bagnasco A., F. Piselli ,A. Pizzorno , C. Trigilia , Il capitale sociale, il Mulino, Bologna 2001. Il capitale sociale territoriale è l’insieme delle relazioni fra attori sociali che favoriscono la loro cooperazione fiduciaria in un territorio: R.Putnam, Capitale sociale e individualismo. Crisi e rinascita della cultura civica in America, il Mulino, Bologna 2004; R. Cartocci, Mappe del tesoro. Atlante del capitale sociale in Italia, il Mulino, Bologna 2007; C.Carboni, a cura di, La governance dello sviluppo locale, il Mulino, Bologna 2009. Sulla rilevanza della nozione di capitale sociale fondamentale o di base, Arnaldo Bagnasco scrive nell’ introduzione alla riedizione di Edward C.Banfield, Le basi morali di una società arretrata(1958), Il Mulino,Bologna,2010:”possiamo pensare che quella parte di ragione di Banfield che sta nella necessità di una cultura cooperativa,possa essere compresa nella prospettiva non culturalista ,ma relazionale del capitale sociale fondamentale o di base di Coleman, e in progetti di azione politica orientati a generarla all’interno di più comprensivi progetti di sviluppo”(Ritorno a Montegrano,ibid,p.29): dove per culturalismo si intende il riferimento a valori sociali “profondi”, per “relazionalità” la capacità di un disegno organizzativo formale che conserva e promuove quanto permane del capitale sociale primordiale. di società civile, consiste nel far in modo che l’integrazione sociale (valori significati e norme regolative) apportata dalla loro azione riesca a rendere relazionale l’integrazione sistemica(mezzi e strumenti di azione). Operare una integrazione virtuosa fra beni relazionali e capitale sociale è la via per stabilizzare una “molecola sociale” che non sia recuperabile all’ agire di tipo capitalistico-mercantile. Donati inscrive perciò la relazione, intesa in senso forte, (morfogenesi) che eccede elementi e relazioni già date 10. nella generazione di nuove forme sociali La teoria della morfogenesi – emersa nell’ambito del cosiddetto realismo sociologico critico 11 – analizza come l’iniziativa diretta (agency) di gruppi e individui mette in movimento i rapporti routinizzati, protegge beni fragili e genera innovazione sociale non altrimenti conseguibile. contesto socioculturale “postmoderno” non basti L’assunto è che nel accettare e riprodurre modelli culturali ricevuti e trasmessi, bensì occorra saper tessere relazioni, perseguire logiche di identità e sviluppo, organizzare reticoli, nell’ambito di esperienze- familiari, territoriali, culturali- segnate da crescente contingenza. I bisogni di agency emergono dalla frammentazione stessa degli universi simbolici che danno senso all’ agire. Morfogenesi possibile, “al collasso della modernità” , è quella che fa emergere in culture e strutture l’esito di una relazionalità “dopo moderna” dei valori e delle prestazioni, in cui si esprime una domanda di senso umano del vivere sociale. Se la relazionalità più valorizzata dalla società moderna fonda l’universale equivalenza della moneta come pegno di interscambiabilità e convertibilità di ogni cosa in qualsiasi altra,e dunque la “possibilità che le relazioni sociali siano immunizzate da qualsiasi vincolo sociale”, l’umano significativo va oltre la mercificazione feticistica ed il nichilismo del denaro ( denaro che non è legato a nulla se non a se stesso) quando nega quella equivalenza nullificante e tende alla affermazione di un valore relazionale “pieno”. Passando, per così dire ,dall’ isotropia di uno spazio sociale uniforme,neutro e vuoto di legami, alla anisotropia di luoghi sociali differenziati, orientati, pieni di significati riflessivi12. 4 Vere e false relazioni Assumendo in via euristica la teoria ora sommariamente ripercorsa, una prima osservazione- per quanto ovvia- è che la relazione(se non la si intenda come un bene in sé, qualificato se non incondizionato, ) non è priva di ambivalenze. Vi sono relazioni che,essendo attivate e mantenute al fine di produrre esclusività, appropriazioni, vantaggi indebiti, determinano dei mali , eticamente e socialmente parlando. Neutra sarebbe ancora una “economia delle relazioni” tipica di una forma postindustriale, in cui la produzione di beni tangibili arretra di fronte allo scambio di valori economici immateriali. Competenza relazionale in tale società è la capacità di collocarsi all’intersezione di reticoli, di occupare posizioni strategiche, di funzionare da magneti (hub), che attraggono e diffondono flussi di scambi, con beneficio per gli attori che riescono ad agire con successo e continuità in tal senso . Nessuna arena appare più Donati, op.cit pp.25,29n1,42 T. Benton ,I. Craib, Filosofia della scienza sociale. I fondamenti filosofici del pensiero sociale, UTET, Torino 2010, pp. 125-146; M.S. Archer , La conversazione interiore. Come nasce l’agire sociale, Erickson, Trento 2006. 12 P.Donati La società dell’ umano, Marietti 1820 Genova 2009; Id., La matrice teologica della società, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010. Già Achille Ardigò collocava il senso umano dell’agire a livello dei mondi vitali dei soggetti, e indicava il vettore del mutamento sociale nella transazione riuscita fra mondi vitali e dinamiche funzionali del sistema: C.Cipolla,R. Cipriani,M. Colasanto, L.d’Alessandro ,a cura di, Achille Ardigò e la sociologia, FrancoAngeli, Milano 2010. Alasdair MacIntyre distingue fra “beni esterni”, implicanti una proprietà, e “beni interni”, di natura morale e osserva che “la modernità è l’epoca in cui la ricerca di beni esterni ha spazzato via la ricerca di beni interni” (T.Benton, I. Craib, op.cit., p. 108). 10 11 espressiva di tale economia del mercato finanziario globale, forse nessuna altrettanto indicativa della crisi generale di razionalità del sistema economico. Altre ambivalenze si diffondono nella comunicazione ubiquitaria, nella quale i social networks diffondono forme di socialità debole e neotribale “condividui” fluttuanti 14 13 e raccolgono,intorno a totem attrattori e link contingenti, dei . L’interconnessione comunicativa rende più porosi i confini della identità individuale, l’ aleatorietà di relazioni labili determina continui effetti di strattonamento. Il capitalismo connessionista15 decostruisce il mondo stabile del lavoro, erode le categorie socio professionali consolidate, indebolisce vecchie appartenenze, estende le solitudini di un pianeta di naufraghi. Ma quando nella rete relazionale siano posti in gioco assetti rilevanti di potere politico e di vantaggio economico, crescono la propensione e l’interesse ad attivare dispositivi “in penombra” di “assicurazione reciproca”, che alimentano catene di condizionamenti e favori - concessi , esigiti, attesi – orientati ad arginare le imprevedibilità ed a catturare le possibili occasioni, entro consorterie, congreghe, corti. Qui rientrano appieno anche le “ relazioni miracolose” vale a dire la rete di conoscenze personali di coloro che stanno dentro il cerchio di gesso del potere: “Il notabile doc è colui (il) quale, forte di opportune relazioni personali quasi sempre politiche…viene cooptato in un circuito di potere diffuso, al cui centro c’è sempre e comunque la politica.Per rimanervi vita natural durante..passando da un posto all’altro senza alcuna particolare competenza perché la politica rende possibile la compenetrazione/sovrapposizione di tutto e di tutti”(Galli della Loggia) .La relazione politica come moneta universale del potere, dove implicitamente si assume non solo la responsabilità morale del proprio agire, ma anche la qualità morale dell’agire degli altri con cui ci si relaziona16. 5. Relazionalità, reciprocità, reticolarità Una considerazione meno evidente riguarda il problema della non perfetta sovrapposizione, ed ancor meno armonia prestabilita, che intercorre fra la “relazionalità persone” (e generazione relazionali ) e la “ reticolarità della connessione inter e intra-organizzativa” OTS italiane mostrano come 17. dei beni Alcuni dati di ricerca sulle la crescita di complessità dei networks interorganizzativi: “attenua nel 13 “Quella che viene barattata non è altro che la relazione, il puro e semplice fatto di essere interconnessi nella promiscua e senza privacy socialità digitale… In questo nuovo panorama la relazione sembra essere una nuova forma di currency, una moneta 2.0. Dal numero di relazioni può dipendere il successo di un messaggio, di uno slogan, come di un prodotto”. M. Sidoti, Amicizie e relazioni a pagamento. Ecco la moneta di Facebooklandia, “Corriere della Sera” 24 dicembre 2010, p.50. M. Maffesoli , Il tempo delle tribù. Il declino dell’ individualismo nelle società postmoderne, Guerini e Associati, Milano,2004; G.P. Fabris Societing. Il marketing nella società postmoderna, Egea,Milano 2008 (devo a Monica Fabris il termine “ condividuo”). G. Ritzer , La globalizzazione del nulla,Slow Food Editore,Bra 2005; M. Magatti, Libertà immaginaria.Le illusioni del capitalismo tecno-nichilista, Feltrinelli, Milano 2009; M. Mancia, Narcisismo. Il presente deformato dallo specchio, Bollati Boringhieri, Torino 2010 15 L.Boltanski, F. Chiapello, Le nouvel esprit du capitalisme, Gallimard,Paris 1999 16 I codici etici e deontologici delle professioni invitano alla trasparenza delle condotte in nome della responsabilità ed elevano il merito individuale a principio che giustifica il posizionamento sociale. Tuttavia, in una scena di relazioni opache , perfino riconoscere il merito può venire a fare parte delle dipendenze personali : come quando ci si aspetta una contropartita da coloro ai quali si sia "concesso" che il loro merito “oggettivo” sia riconosciuto. Quanto a “fare incontrare le persone e saper mantenere i segreti “ come sostiene un protagonista dei mesti tempi italiani di oggi, questo modo di fare sancisce non solo potere (che di asimmetria vive), ma un pre-potere, che ostenta per dileggio la condizione servile di coloro su cui si esercita: G. Zagrebelsky, Sulla lingua del tempo presente,Einaudi, Torino 2010 ( e per un precedente da tempi non farseschi: V. Klemperer , LTI. La lingua del Terzo Reich. Taccuino di un filologo,Giuntina, Firenze,2008 3. edizione ) 14 17 Sulla logica di reticolarità e connettività: A. Laszlo Barabasi, Link. La scienza delle reti,Einaudi,Torino, 2004. contesto delle singole organizzazioni la percezione della capacità di agire su basi relazionali”18 ;che quanto più l’interconnessione si rinforza, la relazione si rarefà, sicché l’incremento della reticolarità organizzativa sostiene l’orientamento di tipo societario nella prestazione verso l’ esterno, ma sulla normatività societaria interna delle organizzazioni. In istituzionalizzazione organizzativa questa situazione incide negativamente costruire logiche di rispettose della qualità interpersonale delle relazioni comporta di mantenere in stretta connessione fra loro la componente organizzativa- imprenditoriale relazionale valoriale, non separando il codice simbolico distintivo delle organizzazioni e quella dalla realtà concreta dei loro funzionamenti. E’ dubbio tuttavia che sia sufficiente “dirsi” portatori di cultura solidaristica e relazionale preservare invariato - fuori di retorica- il proprio complessificarsi dei sistemi organizzativi, nella codice valoriale all’ estendersi delle reti , al interlocuzione con la politica istituzionale e le organizzazioni pubbliche dei servizi. Certo il partenariato ideale trova le sue condizioni milieu culturali aperti ed attivi, per supportive in dove la collaborazione pubblico-privato assume significati condivisi in ordine allo sviluppo sociale e umano che si persegue; mentre, fuori di coerenza e persistenza valoriale, tendono a prevalere le spinte al mutuo accomodamento ed alla collusione routinaria. Per converso proprio gli scarti, e le non risolte tensioni, fra relazionalità e reticolarità rendono difficile concepire la “cultura societaria” come un ambiente valoriale comune, stabile ed omogeneo, la cui matrice originaria sarebbe sufficiente a favorire sia una efficace comunicazione delle figure del Terzo Settore fra loro, sia un partenariato vitale ed efficace con le amministrazioni pubbliche di riferimento. 6. Beni relazionali e beni comuni. I beni relazionali “primari ” caratterizzano le reti informali e quelli “secondari” le reti associative di terzo settore19; ma il processo morfogenetico potrebbe(dovrebbe) produrre dei “beni pubblici relazionali” , ovvero dei beni comuni, da riconoscere e valorizzare al pari delle risorse materiali necessarie alla vita ed ai beni immateriali del patrimonio culturale e ambientale. Le ragioni che hanno condotto all’ affermarsi della nozione di beni comuni sono note: superare l’identificazione tautologica tra bene pubblico e istituzioni pubbliche, criticare la riduzione del privato alla sfera meramente appropriativo-acquisitiva20, favorire logiche di sussidiarietà. Ed evitare inesorabile corrosione a cui i commons sembrano destinati, mediante la il destino di cooperazione fra attori, che essendo prossimi ai beni stessi e famigliari ai loro problemi, siano capaci di governarli attraverso norme che risultano più efficaci, perché locali, contestuali e d’ uso concreto (e qui la pratica della cooperazione sociale fornisce ulteriori evidenze empiriche ) 21 . E ’ significativo che il rimando all’ interesse generale (come distinto dall’interesse pubblico) già contenuto nell’art.43 Cost. sia stato ripreso nell’art.118 ultimo comma di nuova formulazione sulla sussidiarietà 18 19 P.Donati, I.Colozzi, Il Terzo Settore in Italia,Franco Angeli,Milano,2004, p .279 P.Donati e R. Solci, I beni relazionali.Che cosa sono e quali effetti producono, Bollati Boringhieri,Torino 2011. Per una politica dei beni comuni, a cura di S.Zamagni , “Paradoxa”,a.v,n.4,ott-dic 2011. V.anche F. Cassano, Homo civicus. La ragionevole follia dei beni comuni, Bari,Dedalo, 2004;M.R.Marella, a cura di, Oltre il pubblico ed il privato. Per un diritto dei beni comuni,postfazione di S. Rodotà, Ombre Corte Edizioni,Venezia 2005. 21 E. Oestrom, Governing the Commons.The Evolution of Institutions for Collective Action,Cambridge University Press,1990, trad.it. Governare i beni collettivi.Istituzioni pubbliche e iniziative di comunità’,Marsilio, Padova-Venezia 2007. 20 orizzontale 22 Ciò rende a mio avviso opportuno distinguere meglio, entro l’universo dei beni comuni, fermo il loro carattere di inclusione sociale e utilità generale, fra beni “relazionali” fondati sulla reciprocità interpersonale diretta nella prossimità spazio-temporale, più personale e sociale , e beni “comunitari”, fondati su dispositivi di reciprocità più indiretta ed istituzionalizzata, più “politica” , in cui si esprime la propensione dei cittadini alla gestione sussidiaria di beni di comune interesse 23. Politica civile è appunto la determinazione di condizioni che consentono un inserimento effettivo delle iniziative sociali entro il gioco della decisione politica e la formazione di basi relazionali che sostengono una infrastruttura affettiva della democrazia, senza la quale la crisi di rappresentanza che la corrode sembra destinata a rovinosamente protrarsi .24 I rimedi sono variamente indicati: nella mobilitazione cognitiva, nel radicamento territoriale che favorisce migliore attitudine al partenariato e confidenza di persone ed organizzazioni nei propri mezzi, nelle capacità di networking strategico interno ed esterno, in un ambiente culturale supportivo, la cui formazione appare decisiva in aree territoriali dove gli spazi dell’ aggregazione sociale spontanea sono assenti o latenti25. Vorrei richiamare l’attenzione anche sulla necessità di costruire ed esercitare dei dispositivi istituzionali, che generano e mantengono fiducia come bene riflessivo ed hanno una capacità di indirizzamento e coordinamento per una pluralità di attori sia pur di diversa consistenza taglia e missione, evitando che lo sforzo di produrre socialità vada disperso nella autosufficienza presunta di piccola scala o nella routinizzazione dei problemi organizzativi e gestionali. Occorrono vere e proprie “istituzioni civili “, capaci di incardinare le dinamiche della attivazione sociale entro strutture stabili, disponibili a promuovere ed accompagnare lo sviluppo delle iniziative senza coartare la libertà delle scelte. Non v’è dubbio che il criterio dell’efficacia di siffatte istituzioni non va posto sul piano immediato del ritorno di utilità mercantile o forza politica di legittimazione e consenso , ma richiede una innovazione culturale e normativa, in cui l’ aderenza ad un orizzonte valoriale universalistico si allei- non contraddicendola ma rafforzandola- con la qualità delle relazioni fra persone, che hanno sempre volti e corpi singoli. Richiede in altri termini di perseguire, e riuscire, alla connessione fra l’astratto e generale dei principi, la funzionalità delle prestazioni ed il concreto e situato delle relazioni. 9. Il paradosso della relazione: necessaria e incerta Ritornando ad un punto che ci ricollega all’inizio, relazione, consistente nel sostenerne, vorrei notare come si avverta un paradosso della al tempo stesso, l’ inevitabilità etica ed antropologica, e l’ improbabilità sociale ed economica. 22 Dopo il 42 sulla proprietà (che è o pubblica o privata) l’art. 43 introduce il profilo delle «comunità di lavoratori o di utenti» che possono possedere e gestire in comune beni e servizi che «abbiano carattere di prominente interesse generale”. 23 G.Arena, Cittadini attivi, Roma Bari ,2006. Jean Luc Nancy suggerisce di distinguere in ciò che è comune i due estremi opposti di ciò che è “volgare”, perché potendo essere di tutti è a cura di nessuno(res nullius) e ciò che è “straordinario” perché va contro tutte le forme di dominio e appropriazione, e non essendo bene di qualcuno, permane a cura e nell’ interesse di tutti. 24 Una pluralità di soggetti: "che contribuiscono alla determinazione dei fini fondamentali, quali sono le associazioni, le organizzazioni non governative, le forze sociali variamente organizzate, tutti quei soggetti produttori di culture politiche diffuse, che a volte riescono, anch’esse, a compartecipare alla determinazione delle politiche fondamentali”: G. Azzariti, Critica della democrazia identitaria, Laterza, Roma-Bari 2005, pp. 161-162 25 L’ associazionismo civile e sociale “ può avere conseguenze più rilevanti sul terreno delle condizioni socioculturali per promuovere uno sviluppo autonomo" : C. Trigilia, a cura di , Cultura e sviluppo. L’associazionismo nel Mezzogiorno, Meridiana Libri, Catanzaro, 1995, p. 222. La necessità è proclamata ad esempio da analisi neuro scientifiche sulla attività cognitiva, che ritengono che capacità riferite solo a se stessi non abbiano potenzialità generativa.26 Esse offrono sviluppo dei sistemi viventi auto ed etero poietico , in cui la semplice una lettura dello imitazione dell’altro non è sufficiente a sviluppare competenza ed occorre relazionalità (ossia integrazione con altri) per esprimere autonomia, ossia capacità di avvalersi delle conoscenze in situazione per compiere le proprie scelte. Sul piano affettivo-comportamentale, gli psicologi riportano i comportamenti detti relazionali- altruisti al bisogno originario della natura umana di attaccamento e condivisione empatica degli stati emotivi, “ che ha nei neuroni specchio il suo fondamento neurofisiologico” 27. La socialità positiva riguarda la capacità di stabilire legami profondi e di cooperare per degli scopi comuni. Le relazioni sono necessarie alla integrità psicofisica degli individui e la stessa coesione sociale non sarebbe possibile in un mondo di persone senza vicendevole empatia. Philippe Kourilsky, scienziato immunologo dell’ Institut Pasteur, conia il termine altruità, per sostenere che l’altro è necessario a me stesso, in quanto siamo contemporaneamente soggetti autonomi e nodi di reti di persone interdipendenti. Una “devoir d’aider les autres a costruire leur liberté rete di socialità ci collega e da essa deriva il individuelle”28. Il riconoscimento dell’altro ha dunque un fondamento biologico, che la cultura, la società e la politica possono coltivare riflessivamente oppure ignorare e rifiutare. arrivano quei 29 sociologi come Touraine che osservano come la Ad un punto non razionalizzazione tecnoeconomica e la soggettivazione culturale si siano divaricati fra loro in un vertiginoso effetto principio di integrazione . Ma anziché accettare strategici fra individui, concludono che distante da questo di fuga negatore di ogni che la società lasci il posto ad un mercato di giochi “l’ odierna analisi sociologica... deve partire dall’individuo- soggetto.. per elevarsi alle relazioni interpersonali, poi alle condizioni istituzionali del riconoscimento del soggetto (istituzioni politiche e giuridiche dalle quali dipende il riconoscimento effettivo del diritto di essere soggetto ad affermare direttamente la sua libertà, per sentirsi capace di dare un senso personale alla sua esperienza di vita” . Il riconoscimento si fonda sulla coscienza che l’altro svolge “il mio stesso lavoro” di costruzione di sé, ma lo svolge “alla maniera che è sua” e che solo recuperando questo “altro” nella pratica delle relazioni sociali, sarà possibile reintrodurre una idea plausibile di società30. U. Morelli, Quali capacitazioni nella precarità , in “Animazione sociale”,feb 2013 Silvia Bonino ritiene che l’altruismo(definito come l’aiuto agli altri rinunciando a qualcosa per sé, consapevolmente o inconsapevolmente) “ fa parte della più generale capacità umana di stabilire relazioni con gli altri e si basa sulla tendenza a riconoscerli come essere umani simili a sé, nei quali rispecchiarsi e immedesimarsi”: Altruisti per natura,Laterza,Roma-Bari,2013. 28 Il manifesto dell’altruismo, Codice, Torino 2012;Il tempo dell’altruismo, Codice, Torino 2013. 29 Axel Honneth ha messo al centro della sua analisi sociale la lotta per il riconoscimento, inteso in triplice senso a)amore ed attenzione ,in cui "l'io è presso l'altro" (rapporti di cura) b) diritti soggettivi delle persone riconosciute dal sistema giuridico (rapporti di diritto) c) relazioni solidali di autorealizzazione di sé apprezzate dagli altri come contributo alla promozione di un bene comune (rapporti etici di vita):i rapporti sociali che offendono la dignità umana sono quelli che impediscono ‘sistematicamente’il riconoscimento e fanno spazio al solo disprezzo. Per Ricoeur “essere persona” implica il desiderio di realizzare sé stessi nelle scelte che implicano stima, impegno, progetto, e di creare reciprocità con l'altro, entro un ambito istituzionale che sorregge la relazione. 26 27 30 A.Touraine, Sociologia, Jaca Book,Milano,1998, p.62. “ Contro tutti i sociologismi, contro tutte le teorie che hanno voluto fare del sociale stesso il fondamento dei valori e delle norme, bisogna difendere l’idea che l’attore sociale “produce” nel senso più profondo la società, quando la sottopone a un principio non sociale di scelte e di azione che, nelle sue forme più variabili, è sempre una sfaccettatura del soggetto umano stesso, della sua riflessività, della sua capacità non soltanto di agire sulla società (che definisco la sua storicità), ma di agire su se stesso, di essere lo sguardo che si vede nello specchio, in una parola di essere coscienza: creazione di norme, di conoscenza, di bellezza e di moralità”( pp. 18-19). Temi simili svolge Alain Ehrenberg, La fatica di essere se stessi.Depressione e società,Einaudi,Torino,1999, che dà una lettura positiva dell’ individualismo come personalizzazione del compito di valorizzare se stessi: dove il valore riguarda la responsabilità dell’agente verso le sue azioni e la sua sostantiva capacità di agire. Ora come collegare questo riferimento alla socialità relazionale necessaria con la possibilità tutt’altro che remota che essa non solo non sia instaurata, come pur dovrebbe, se è “naturale”, ma venga invece ignorata contraddetta violata? Si dovrebbe ammettere che la naturalità della relazione non esclude affatto che essa sia conflitto e sfida; dire che non si vive senza gli altri significa che non si vive senza lottare con loro, perché l’altro ci impone la necessità della differenza e attraverso di essa ci sfida.Per questo preferiamo assimilarlo al noi e negarlo nella sua differenza 31 In fondo è la stessa dialettica che intercorre fra dono arcaico e dono moderno(o dopo moderno) . Per uscire dal dono arcaico, dice Mauss, “è stata necessaria la vittoria del razionalismo e del mercantilismo, perché fossero poste in vigore, ed elevate all’altezza di princìpi, le nozioni di profitto e di individuo” 32 . Ma per uscire da tali nozioni, nel senso già ricordato dalla morfogenesi dopo moderna, forse non è sufficiente la scommessa sulla fiducia e sulla generazione di legame, nel principio che nel dono “le lien importe plus que le bien”(Caillé). 33 . Occorre una più compiuta e stabile disciplina di misura e utopia- la cui sintesi definirei eunomia- che valga a costruire ed abitare dei luoghi sociali, in cui si riconosca la carne del sensibile a cui ,come diceva Merleau Ponty “ tutti apparteniamo, e in cui reciprocamente ci apparteniamo” e che rende comunicabile e partecipabile ogni nostra esperienza timorosa dell' altro 34. Passare dalla paura alla paura amorosa per l'altro è possibile, purché si prendano le distanze dall’ individualismo illimitato ed auto contraddittorio , che pretende di agire "come se gli altri non esistessero”, e dall’appartenenza immunitarie ed obbligatoria , che demarca i confini fra la società del noi e la non società degli altri, come i campi identitari di cui parlava(a proposito del nazionalismo) Paul Hazard. Se l’io dismette l'abito della illimitata affermazione di sé e si avverte intimamente fragile, riscopre peculiare dell’ umano, realizzazione35. che è il bisogno dell’altro per la sua (dell'Io) e la il tratto comune(con l’altro) La prossimità relazionale non è una proprietà originaria, già data,e garantita una volta per tutte, ma è il risultato di atti e processi di costruzione intenzionale. 36 31 “C’ è un istinto di società e di sicurezza che rifiuta la differenza” : M. De Certeau Mai senza l’altro.Viaggio nella differenza,Edizioni Qiqajon Comunità di Base,Magnano 1993,p.112 32. “Presso queste civiltà [arcaiche] la molla dell’interesse funziona diversamente che da noi” (M. Mauss , Saggio sul dono. Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, Einaudi,Torino 1965, n.ed.2002, p. 130). La doppia significazione del termine gift(dono, pharmakon, veleno)è espressiva della ambivalenza relazionale, che caratterizza il dono arcaico. V. E. Benveniste, Il vocabolario delle istituzioni indoeuropee. Vol.primo: Economia, parentela società,Einaudi,Torino 1976,2001, in part. i capp. quinto Dono e scambio e sesto Dare, prendere e ricevere. 33 Godelier per sottolineare l’insufficienza pur necessaria del dono invita a distinguere “le cose che si donano, le cose che si vendono, e quelle che non bisogna vendere né donare, ma custodire per trasmettere” : M. Godelier , Al fondamento delle società umane. Ciò che ci insegna l’antropologia, Jaca Book, Milano 2009, pp. 53-69. 34 Se la carne sociale "viene a male" , gli individui diventano inquilini di un mondo di estranei, senza empatia né reciprocità : "Sui valichi tragici /il vento porta via i cappelli/ e non c'è niente da fare-/lo spettacolo ci diverte": W.Szymborska , La realtà esige, in La gioia di scrivere. Tutte le poesie (1945-2009), Adelphi Milano, 2009,p. 513 35 E.Pulcini, La cura del mondo.Paura e responsabilità nell' età globale, Bollati Boringhieri,Torino 2009 . 36 P. Thibaud, L’altro e il prossimo.Commento alla parabola del buon Samaritano, Città Aperta Edizioni 2004 Troina Enna, or.fr.”Esprit” n.295,juin 2003 p.22. Ricordo il”farsi prossimo” nella pastorale di C.M.Martini.