le relazioni tra franchi e saraceni prof . marcello pacifico

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“LE RELAZIONI TRA FRANCHI E
SARACENI”
PROF. MARCELLO PACIFICO
Università Telematica Pegaso
Le relazioni tra Franchi e Saraceni
Indice
1
L’AVVICENDARSI DI GOVERNI MUSULMANI E CRISTIANI IN TERRA SANTA ----------------------- 3
2
I PULLANI E IL SINCRETISMO CULTURALE IN TERRA SANTA --------------------------------------------- 7
3
PROSOPOGRAFIA DELLA TERRA SANTA ------------------------------------------------------------------------- 11
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 16
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Le relazioni tra Franchi e Saraceni
1 L’avvicendarsi di governi musulmani e cristiani in
terra santa
Nei trent’anni di governo musulmano della città santa (1187-1217), le relazioni tra Franchi e
Saraceni sono regolate da una pace che regge anche all’arrivo dei nuovi pellegrini in Palestina,
come ci racconta Giacomo di Vitry, predicatore della crociata in Occidente e nuovo vescovo di Acri
in Oriente dal 1216.1 Dopo la creazione dei principati cristiani in Siria e prima del disastro di
Hattîn, «il califfo e il sultano d’Egitto non potendo resistere agli attacchi impetuosi dei nostri o alle
incursioni a mano armata nei loro regni pagavano annualmente dei tributi considerevoli al re di
Gerusalemme, soprattutto, quando gli Egiziani erano in inimicizia col sultano di Damasco che, a
sua volta, si affrettava a pagare grandi somme di denaro per ottenere la tregua e la tranquillità». Ma
a causa dei peccati dei Franchi d’Oltremare e delle divisioni tra il principe di Lusignano e il conte di
Tripoli, nominato balivo dal moribondo Baldovino IV per tutelare il figlio avuto dalla sorella Sibilla
e dal defunto marchese Guglielmo di Monferrato,2 Gerusalemme cade nelle mani del Saladino che
riunifica l’Oriente musulmano e lo riporta all’obbedienza del califfo abbasside di Bagdad. Il sultano
ayyûbita, a differenza dei primi crociati giunti in Terra santa, si mostra clemente verso i vinti, tutela
la popolazione cristiana residente nella città santa (11.000 uomini) e consente la libera evacuazione
della povera gente; anzi, in segno di misericordia, libera mille schiavi su desiderio del fratello al‘Adîl, e altrettanti su preghiera del patriarca gerosolimitano e del signore d’Ibelin, lasciando a
1
2
Sebbene si affrontino gli stessi temi nella Historia damiatina e nella Historia orientalis, non si ritiene di poter
concordare con la B. Bombi nell’addurre a Oliviero di Paderbon un preciso prestito nei confronti di Giacomo di
Vitry che, nelle lettere scritte dalla Terra santa prima della crociata, dimostra di affrontare gli stessi contenuti da
più prospettive, pur nello stesso topos messianico della crociata, cfr.: Bombi, Introduzione, 10-11.
Alla morte di Sibilla e dell’infante Baldovino, l’ultimo consorte, Guido di Lusignano, rivendica la corona e
offende il conte di Tripoli, sposo della signora di Tiberiade, che si allea con il Saladino, cfr.: Ivi, 196-203.
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presidio d’ogni via due cavalieri e dieci sergenti per garantire la sicurezza di chi non vuole
abbandonare la dimora.3
Fallito l’obiettivo della terza crociata di recuperare la città santa e morto il suo
conquistatore,4 il rapporto tra cristiani e musulmani in Palestina, al di là di episodiche spedizioni
militari, è segnato dalla proroga della tregua siglata il 29 agosto 1192 tra Riccardo Cuor di Leone e
Saladino, che segna la carta politica dell’Oriente cristiano e musulmano fino alla spedizione
federiciana in Palestina del 1228-1229. Dopo l’assassinio di Corrado di Monferrato,5 balivo del
regno gerosolimitano,6 il sultano e il re crociato firmano una tregua generale di tre anni e tre mesi a
partire dal 1 settembre 1192, che è ratificata dal nuovo balivo, Enrico di Champagne,7 dagli
influenti baroni d’Oltremare, Umfrone IV di Torone e Baliano II d’Ibelin, e dai principi musulmani
al-‘Adîl, al-‘Afdâl, al-Zâhir,8 al-Mansûr (di Hama). Tutti i contraenti presenti nella tenda del
Saladino si impegnano a rispettare la pace in Terra santa e nelle terre degli Ismaeliti, nel principato
di Antiochia e nella contea di Tripoli, a lasciare Giaffa, Cesarea, Arsûf, Hayfa, Acri e Ascalona in
rovina ai Franchi, a dividere Lidda e Ramla a metà,9 con grande dispiacere dei Cristiani, delusi
anche dall’affrettato ritorno del re inglese in Europa e seguito alla ripresa della guerra con il re
francese.10 Nel 1197, la tregua regge alla campagna militare dei tedeschi dell’imperatore Enrico
VI, che conquistano Beirut e Giaffa11prima di ripiegare su Tiro,12 e a quella dei nuovi pellegrini
3 Estoire, 96-98.
4 4 marzo 1193, cfr.: Abou’l-Feda, 68-69.
5 Giunto da Costantinopoli, difende Tiro dagli attacchi del Saladino ed è ucciso da un saraceno convertito della sua
casa, cfr.: Jacques de Vitry, 208.
6 Dopo il matrimonio con la regina Isabella, sorella di Baldovino IV. La principessa sposa successivamente
Umfrone IV di Torone (Ivi, 215).
7 Nipote del re inglese e suo luogotenente in Siria, sposa la vedova Isabella di Boulogne, si rifiuta di farsi
incoronare re perché vuole ritornare a casa, ma dopo esser rimasto qualche anno, pronto per la traversata, cade da
una finestra e si fracassa il cranio ad Acri (Ivi, 222).
8 Rispettivamente il fratello e i figli del sultano.
9 Abou’l-Feda, 66.
10 «Si dice che Saladino ci avrebbe reso tutto il territorio che avevamo prima, se soltanto i re avessero fatto credere
di essere in comune accordo e non fossero stati rovinati dalla pazzia del nemico dell’uomo» (Jacques de Vitry,
218).
11 Giaffa era stata lasciata in rovina dai Saraceni.
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giunti dalla contea di Champagne,13 che sono catturati dal principe di Aleppo senza alcun
intervento dei baroni d’Oltremare. La pace, confermata nel 1200 dal sultano al-‘Adîl che caccia il
nipote per governare l’Oriente musulmano14 e combina il matrimonio dei figli al-Kâmil15 e Dayfa
Khâtûn16 con quelli del Saladino, è rinegoziata, nel 1204, da Amerigo di Lusignano, re di Cipro e
di Gerusalemme,17 che approfitta dei cavalieri di Simone e Guido di Montfort e della contessa di
Fiandra18 per ottenere la rinuncia definitiva del sultano a Giaffa, a Ramla e a Lidda;19 ed è
ratificata, nel 1208, da re Giovanni di Brienne20 che si limita a bruciare alcuni campi per impedire
ai Saraceni del monte Thabor di attaccare Acri, con grave disappunto del cronista:21 «ancora oggi, i
nostri, gemono e piangono per le tribolazioni subite e invocano il soccorso dall’Alto attendendo da
un giorno all’altro le consolazioni e il soccorso di Dio e della Santa Romana Chiesa».22
Il Dio degli eserciti, clemente e misericordioso è pronto a sorreggere il Suo popolo,
specialmente nelle difficoltà, e a sostenere la missione dei suoi rappresentanti in questa terra, tesa
ad avverare la stagione di pace; ma i continui rimandi alla Bibbia non devono ingannare il lettore
moderno per l’uso di una propaganda che è finalizzata a spronare gli uomini a compiere l’opera
divina della salvezza; e ciò spiega perché nel testo le lodi ai principi musulmani si alternano alla
critica a quei cristiani, laici o religiosi, che in Terra santa hanno intrapreso la larga via della
perversione, della corruzione e della ricchezza, si sono allontanati dal favore di Dio e hanno
meritato la perdita di Gerusalemme: al-Mu‘azzam, signore di Damasco e della città santa di
12 Abou’l-Feda, 74-75. Gibelet è riscattata ai Saraceni dai precedenti signori Cristiani.
13 Jacques de Vitry, 223.
14 Eccetto il principato iracheno del califfo di Bagdad o maladiat, il sultanato dei Rûm e il regno dei Carismiani.
15 Il Merimechet delle fonti franche.
16 Nato dal matrimonio di Dayfa Khâtûn e al-Zâhir (1212), il giovane al-‘Azîz succede al governo di Aleppo alla
morte del padre (1216), all’età di due anni sotto l’eunuco atabek, Shihab al-Dîn Toghril, a dispetto del fratello
maggiore, al-Salîh, di docici anni, mentre il sultano d’Egitto è ad Acri, cfr.: Al-Makin ibn al-‘Amîd, 23-25;
Abou’l-Feda, 86-88; Bar Hebraeus, 469-470.
17 Sposo della regina Isabella e fratello del defunto Guido, cfr.: Jacques de Vitry, 223.
18 Partita per seguire il marito che è incoronato a Costantinopoli.
19 Abou’l-Feda, 82-83.
20 Sposo nel 1208 della regina Maria, figlia d’Isabella di Boulogne e di Corrado di Monferrato.
21 Nell’ottobre 1216, conferma agli amici l’elezione e il prossimo viaggio in Terra Santa, cfr.: RRH, I, 239.
22 Jacques de Vitry, 224.
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Gerusalemme, è apprezzato perché rinnova «la tregua con il patriarca e i maestri dell’Ospedale e del
Tempio fino al nuovo gran passaggio»; gli altri principi Ayyûbiti, perché vogliono «rimettere la
Terra Santa ai Cristiani [e] per la celebrazione del nostro culto in cambio della sicurezza
permanente dei territori conquistati», ancora, il sultano al-‘Adîl, perché vuole obbedire alla sede
apostolica o i suoi figli perché custodiscono la porta del Santo Sepolcro insieme a cinque Latini.
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2 I Pullani e il sincretismo culturale in terra santa
Mentre i primi cavalieri di Cristo hanno espulso valorosamente «i nemici della fede» da
martiri e amici di Dio, nuovi maccabei, rivestiti della potenza dall’Altissimo, ora i discendenti
scellerati e degeneri di quei pellegrini religiosi, privi delle virtù dei padri, prevaricatori della legge
divina ed effeminati, lussioriosi e spergiuri, dediti più ai bagni che ai combattimenti, abbigliati
sfarzosamente come un tempio, pusillanimi e timidi contro i nemici di Cristo - della cui pace
gioiscono -, litigano tra loro per futili motivi, disperdono le preziose risorse della cristianità,
chiedono spesso aiuto contro i Cristiani «agli stessi nemici della nostra fede», più intenti a
concludere trattati di pace con i Saraceni che guerre, più inclini a segregare le proprie donne nelle
case piuttosto che ad accompagnarle in chiesa. Anche Guido di Lusignano è disprezzato per essersi
allontanato da quella stirpe di re che aveva dato la salvezza a Israele, così come abati, priori, monaci
e cappellani, accusati di sacrilegio nel celebrare matrimoni clandestini, nel legare o sciogliere senza
il rispetto per Dio, nel visitare gli infermi per cupidità. Per questa ragione, gli uomini nativi della
terra d’Oltremare sono chiamati Pullani,23 puledri di sangue misto, bastardi: corrotti nello spirito,
seppure riconoscono l’autorità della chiesa, soltanto uno su mille conservano un matrimonio
legittimo; non reputano la fornicazione un peccato mortale, si abbandonano ai piaceri della carne e
si dimenticano della parola di Dio. Con loro si mischiano uomini stranieri che, disperati, hanno
abbandonato la terra d’origine per i delitti commessi, corrompono con scribi e farisei la capitale
provvisoria del regno, Acri, dove impervesano omicidi di notte e di giorno, circolano uxoricidi e
venditori di veleni di ogni tipo, pullulano i bordelli frequentati da ecclesiastici. «Persino, tra gli
uomini della nostra chiesa vi è una certa resistenza all’obbedienza, specialmente tra Genovesi,
23 Sia che si riferisca alla parola «pulcini», nuovi venuti rispetto ai Siriani, sia che si riferisca all’orgine Pugliese
delle loro madri, contrada più vicina alla Terra Santa dopo la riconquista, cfr.: Jacques de Vitry, 109. Il nome francese è
Poulains.
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Veneziani, Pisani che rispettano soltanto quanto detto dai loro cappellani»:24 gli Italici saggi e
prudenti, giusti consiglieri ed eloquenti oratori, zelanti negli affari pubblici e previdenti, necessari
alla Terra santa per i combattimenti, per i servizi in mare e per il trasporto di merci, di pellegrini e
di viveri, si rifiutano di cedere le loro libertà e osservano fedelmente i diritti e le istituzioni che si
sono dati all’interno delle comunità sotto l’autorità di un eletto capitano (console);25 ma anch’essi,
una volta giunti in Siria, presi da una gelosia e da un’insaziabile avidità che li fa scontrare l’un
l’altro e mantenere in pace ««««con i nostri nemici», hanno dimenticato quei padri che hanno
trionfato gloriosamente proprio sui nemici di Cristo, hanno rese immortali le loro imprese e hanno
acquisito una corona eterna.
La propaganda è funzionale al progetto di glorificare e di tramandare le magnifiche imprese
del Re dei re, del Dio vivente che opera nella storia, nel clima escatologico del tempo: l’invenzione
di un nemico metafisico26 segue la severa condanna del peccato, la costante ricerca della purezza,
l’attesa per la crociata della Cristianità occidentale, la ricerca di una Gerusalemme celeste, e svela il
carattere multiculturale della società d’Outremer.
I Poulains, nati dall’unione di Franchi e donne siriane, saracene, armene, greche risentono
degli influssi culturali dei territori vicini e dei popoli conquistati in un crogiuolo d’usi e di lingue a
cui si sottraggono in parte soltanto i cittadini dall’idioma italico di Genova, Pisa, Venezia,
«invincibili nel mare, intelligenti nel commercio, affrancati da ogni tributo e da ogni autorità
giudiziaria».27 Di contro, in Oriente, i nuovi crociati giunti dall’Occidente sono accusati dagli
abitanti d’Oltremare di essere enfants d’Hernaude, uomini stolti e volgari,28 ostinati e senza
cultura, insensibili alle profonde dinamiche della società del regno gerosolimitano o agli astuti
24 Lettres de Jacques de Vitry, a cura di R. C. B. Huygens, Leiden 1960, 85-87.
25 Jacques de Vitry, 108-109.
26 Cardini, L’invenzione del Nemico, 21.
27 Itinera Hierosolymitana crucesignatorum, a cura di S. De Sandoli, Gerusalemme 1983, 169.
28 Jacques de Vitry, 109, 118.
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giochi diplomatici della politica mediorientale.29 Questa diversità spiega, a volte, la naturale
diffidenza o l’aperto contrasto che regna nel campo cristiano quando è condotta una crociata in
Palestina, al di là dell’interesse personale delle grandi famiglie baronali,30 ed alimenta la visione
mitica del carattere corrotto o eroico dei custodi del Santo Sepolcro, che nasconde quello peculiare
della società mista orientale, frutto di un sincretismo culturale che si è sedimentato nel corso di tre
generazioni. La precedente struttura bizantina e la continuità della presenza cristiana agevolano
l’insediamento franco, ma l’esiguità delle fortezze occupate e della popolazione immigrata
dimostrano un parziale cambiamento dell’equilibrio demografico e culturale dei territori del nuovo
regno latino, e confermano uno straordinario adattamento sociale e una speciale commistione tra
costumi e istituti locali, ereditati o importati dai Paesi d’origine.31 Nel regno cristiano di
Gerusalemme la prefettura per l’ordine pubblico del sâhib al-shurta è affidata ad un barone con
l’ausilio di sergenti,32 e l’amministrazione del quartiere del ra’is a un cristiano orientale senza
alcuna funzione militare. La sovrintendenza del muhtasib dei mercati coperti o di piazza (fundûq) è
ristretta alla sola dogana, e alcune tribù di Beduini delle terre di confine continuano a essere
inquadrate in milizie familiari (ahdâth). Le terre, inoltre, divise in feudi ideali di cinquecento
bisanti,33 sono distribuite sul modello delle iktâ musulmane - da cui si distinguono per il carattere
ereditario e perpetuo, mentre sono ripresi l’ufficio bizantino della secrezia e l’accusa di lesa maestà
per i baroni ribelli al sovrano,34 come l’esazione delle imposte fondiarie o pubbliche, dalla decima
(zakât) agli affitti del suolo.35 I crociati, di fatto, amministrano i nuovi territori riprendendo gli
29 Flori, Le crociate, 103-104.
30 Bresc, Les chocs des reconquêtes et de la Croisade, in ESC. MMM., 188.
31 Bresc, Les chocs des reconquêtes et de la Croisade, 196. La popolazione europea di quel periodo dovrebbe
essere di 140.000 unità (Flori, Le crociate, 102), mentre la percentuale di territorio palestinese occupato dai
crociati, 70.000-80.000 Km2 (R. Fossier, Les relations des pays d’Islam avec le monde latin du milieu du Xe
siècle au milieu du XIIIe siècle, Paris 2000, 54).
32 Nel 1240, ve ne sarebbero 500 a Gerusalemme e ad Acri, 300 a Nablûs, 100 ad Ascalona e a Gaza.
33 500 grammi d’oro, ovvero 20 once - 600 grammi d’oro in Sicilia.
34 Bresc, Les chocs des reconquêtes et de la Croisade, 190-191.
35 R. Mantran, L’Islam découronné, in Le Moyen Age. L’Eveil de l’Europe, a cura di R. Fossier, Paris 1982, 436.
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istituti preesistenti, ottenendo una pace sociale che non è violata dalla popolazione musulmana,
insensibile alla retorica della jihâd, e libera di celebrare il proprio culto: nelle cappelle d’alcune
chiese elevate su antiche moschee è conservato in direzione del mezzogiorno il mirhâb per indicare
la Qaaba di La Mecca, e nelle scuole di Acri e di Tiro continua l’insegnamento rabbinico, mentre
nuove moschee sono costruite ancora a Ramla intorno al 1176/77.36
Cristiani, Ebrei e Musulmani convinvono nella Palestina di Franchi e Saraceni in un costante
incontro tra società savantes, che sopravvive all’impatto guerresco della prima crociata come della
prima espansione dell’islam, e segna la storia delle crociate e dei rapporti tra Oriente e Occidente.
36 Riley-Smith, Les croisades, trad. fr. di F. Deléris, Paris 1990, 72.
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3 Prosopografia della Terra santa
Durante la visita pastorale nella nuova diocesi, Giacomo di Vitry sottolinea la libera
professione di culto concessa dai Franchi a una popolazione che, per lo più, parla in arabo e coltiva
la legge musulmana per colpa di una politica locale che scoraggia le conversioni, e impedisce
l’affrancamento di uomini-schiavi, a dispetto dei richiami del clero sulla salvezza delle loro anime e
sui segni inequivocabili del cielo.
Nel viaggio da Acri a Sarepta Sidonorum, il vescovo constata quanto nelle terre franche di
confine «l’influenza della legge corrotta e fraudolenta di Maometto divenga ancora più pressante
per la vicinanza della saracena Sidone, tanto da far vacillare nella fede molti Cristiani». Fuori le
mura di Sidone, nella terra musulmana Giacomo di Vitry incontra l’arcivescovo siriano lì residente,
mentre ad Antiochia incontra il principe Boemondo IV e predica con l’aiuto di alcuni interpreti
(dorgemani) perché i fedeli comprendono soltanto l’arabo, come quelli delle terre vicine non
cristiane. A Tortosa, 37 dove Pietro edificò la più antica delle chiese dedicate alla Vergine, oggi
visitata da tutti i popoli del mondo per i miracoli sugli infermi, il vescovo annota i battesimi frutto
di superstizione, impartiti, su preghiera, da sacerdoti siriani ai figli dei Saraceni nella speranza di
una vita sana e longeva, 38 dimostrando una notevole conoscenza dei riti e delle etnie degli stessi
Musulmani distinti in osservanti e non, praticanti o meno la circoncisione: dai fedeli che ritengono
Alì superiore a Maometto tanto da separarsi in Egitto dagli altri Saraceni orientali, a quelli del re dei
credenti (Miramolin) che rifiutano nel Marocco e in Occidente l’obbedienza al califfo di Babilonia
(Bagdad); dai Beduini che portano un velo, lance, spade e non fuggono la morte davanti agli archi e
alle frecce, ai Turcomanni discendenti dei Turchi e dei Cumani, originariamente nomadi.
37 Antarados, di fronte Arados, un’isola vicino al mare, presa dai conti del Poitou e di Blois durante il loro
pellegrinaggio dopo la conquista di Gerusalemme, è affidata al conte di Tripoli.
38 Jacques de Vitry, 27, 74.
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Il vescovo riserva una menzione particolare al Vecchio della Montagna 39 per i suoi rapporti
con i Franchi, il maestro o abate dell’Ordine religioso dei «Fratelli del coltello» o setta degli
Assassini 40 perché questi su suo ordine, incuranti della morte, uccidono Cristiani e Musulmani.
40.000
adepti fidâ’i 41 credono nell’attesa rinnovata dell’imâm e al loro maestro
,
,
I
, mangiano porco, bevono vino e pagano
un tributo annuale di 10.000 dinari ai Templari; di recente, si sarebbero pure convertiti al
cristianesimo se il loro ambasciatore, di ritorno da un incontro con il re di Gerusalemme, non fosse
stato ucciso da un traditore cristiano. 42
Se nella Galilea musulmana, il frate annota con piacere una cappella vicino il Monte del
Precipizio 43 e una chiesa a Cana, nell’abbazia fortificata benedettina, occupata dai Musulmani con
una torre sulla parte più alta del Monte Thabor, 44 si stupisce perché incontra il castellano, un nobile
saraceno riccamente vestito, che caccia allo sparviero, s’informa ed è ben informato sull’Occidente
e sui suoi sovrani. Nei dintorni della città di Tiberiade in rovina, maestro Thietmar rimarca la
convivenza tra Cristiani e Musulmani, mentre nella strada per Damasco, in una delle due fonti del
Giordano, nel territorio di Dan, 45 visita la tomba piramidale di Job venerato ogni anno da Arabi,
Parti, Idumeni, Siriani e Turchi. Penetrando sempre più nell’interno, prende delle precauzioni e si
traveste da monaco georgiano dalla lunga barba, essendo sprovvisto di salvacondotto. A Sanamein,
39 Hudjdja o guida dei fedeli. Durante la crociata di Damietta, Djalâl al-Dîn al-Hassan III (1210-1221) ristabilisce
la sharî’a avvicinandosi al califfo, ottenendo l’aiuto dei signori d’Aleppo per la fortezza d’al-Hawâbî, attaccata
dai Franchi, dopo l’uccisione del figlio maggiore di Boemondo IV, nel 1213. Il successore, ‘Alâ al-Dîn
Muhammad III (1221-1256), si allontanerà di nuovo dall’ubbidienza sunnita e contratterà direttamente con
Federico II e San Luigi, cfr.: J. Shatzmiller, Récits de voyage hébraïques au Moyen Âge, in Croisades et
pèlerinages, Croisades et pelerinages. Récits, chronique et voyages en Terre Sainte XIIe-XVIe siècle, a cura di
D. Régnier Bohler, Paris 1997, 1312.
40 Fondata all’inizio dell’XI secolo da Hassan i Sabbah nella fortezza d’Alamût sul Capsio e appartenente alla
comunità sciita. Sugli assassini, anche I Cristiani e il favoloso Egitto, 52.
41 Per le dicerie sul consumo di droga sono nominati hashîshiyyin.
42 Jacques de Vitry, 42-44, 137. E vi sono altri Musulmani detti «della legge segreta» che è tramandata soltanto da
padre in figlio, cfr.: N. Bériou, Les différentes confessions religieuses en Orient d’après Jacques de Vitry, in
Pays d’Islam, 217.
43 Monte del Salto del Signore.
44 Non lontano da Nazaret sopra il torrente di Cison, tra le montagne di Gelboé e il mar di Galilea, dove vi sono
diversi conventi di Citeaux e di Premontré (Jacques de Vitry, 82-83).
45 Il Giordano prende il nome da due fonti, l’Oro e il Dan, entra nel mar di Galilea da cui esce unito per centoventi
miglia bagnando la valle Illustre o de Salines, si getta sul mar Morto o del Diavolo e si perde in un luogo
profondo chiamato Segor, oggi volgarmente Palmeto (Ivi, 80).
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in una casa d’accoglienza a pagamento del sultano, vede un Musulmano coricarsi nello stesso letto
con sette donne e, dopo aver dormito gratuitamente in un villaggio a tre miglia da Damasco in
un’altra casa del sultano, si reca nella capitale siriana pagando la decima d’oro all’entrata. 46 La città
gli si presenta come un paradiso terrestre, non ben fortificata ma incredibilmente popolata, 47 con un
territorio coltivabile, ricchissima d’artigiani, giardini, uccelli, fiori, fontane e canali artificiali
favolosi, dagli abitanti gentili ed educati come lo vuole il clima, aperta a diversi riti religiosi
compreso quello cristiano celebrato in diverse chiese. Una di queste è il santuario di Seidnaya detto
Monastero della Vergine, 48 oggetto di pellegrinaggio per i Saraceni nella festa della Natività e
dell’Assunzione di Maria, per via di un’icona 49 che trasuda un liquido miracoloso, raccolto dai
Templari quando vengono per ringraziare la tregua siglata con i Saraceni. La santità di
quest’immagine ha guarito il sultano di Damasco dalla cecità, e lo ha convinto a disporre
annualmente sessanta misure d’olio per il lucernaio della chiesa, sede vescovile, abitata da otto
monache, dodici religiose e una badessa. Il frate minore descrive brevemente anche luoghi non visti
come Bagdad, dove risiede il califfo o papa dei Saraceni: questo guardiano immensamente ricco e
potente della legge coranica, che deve essere osservata rigorosamente per non cadere nel peccato,
esce soltanto di notte per non essere riconosciuto, vive con moltissime donne vergini a palazzo ed è
adorato in ginocchio dai suoi visitatori. 50
Durante il soggiorno a Damasco, maestro Thietmar osserva la vita quotidiana dei Saraceni,
le loro leggi e abitudini che ritiene ignobili perché corrotte da piaceri leciti e illeciti: dal coito
svergognato con diverse donne al digiuno tradito al crepuscolo «quando mangiano fino al richiamo
46 Diffusa l’idea che il Musulmano possa sposarsi con sette mogli, cfr. I Cristiani e il favoloso Egitto, 60.
47 Nel Tractatus è fornita di una doppia cinta di mura, cfr. Ivi, 51.
48 A Nord della città, Nostra Signora in arabo o Sardaigne, cfr.: Jacques de Vitry, 265. I Cristiani e il favoloso
Egitto, 52.
49 Fatta a Costantinopoli e donata dal patriarca di Gerusalemme, attribuita a san Luca.
50 Che gli abbracciano le gambe o le spalle, se nobili, cfr.: Le Pèlerinage de Maître Thietmar, 937-940.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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di una voce da una torre». Come il vescovo di Acri, 51 il frate Minore utilizza il topos del carattere
lascivo per opporre la legge del Vangelo all’avarizia, ai desideri della carne e alle voluttà, ma nutre
un’ammirazione per gli usi dei Musulmani devoti, apprezzando le abluzioni fatte, prima di pregare
Dio nel monastero costruito dai Bizantini in onore di san Paolo e trasformato in moschea: «recitano
quattro preghiere durante il giorno e una di notte, richiamati solennemente dalla voce di un
messaggero non prima di aver purificato all’ora stabilita con l’acqua, e in assenza con la sabbia, il
proprio corpo cominciando dalla testa e proseguendo per le singole parti del corpo». Si prosternano
rivolti verso il mezzogiorno, colpendosi il petto davanti a tutti, pregando ad alta voce e toccando
con la testa il tappeto quadrato che portano nella cintura.
Nei pressi di Gerusalemme, Thietmar è vittima di un’imboscata: catturato dai Saraceni e
portato nella città santa, è esposto per due giorni nel luogo della lapidazione di santo Stefano - la cui
chiesa è stata distrutta - ed è liberato per l’intervento di alcuni amici, convertiti all’islam, di un suo
compagno ungherese. 52 La liberazione miracolosa permette, finalmente, al pellegrino di visitare
Gerusalemme, città ben fortificata, munita di mura e possenti torri, dove tutti i più importanti luoghi
di culto sono custoditi dai Cristiani, eccetto il Tempio del Signore mirabilmente ornato, trasformato
in moschea e visitato dai soli Musulmani. 53 Come afferma Giacomo di Vitry, quando questo luogo
santo è visitato da uomini devoti, il cuore contrito e umiliato può fare colare dagli occhi soltanto
lacrime di compassione: 54 costruito da Salomone nel monte Moriah e distrutto dai Babilonesi e dai
Romani, il Tempio è ripreso da uomini fedeli e religiosi in forma rotonda sulla roccia ancora
visibile dove l’angelo sterminatore s’arrestò davanti a Davide; è chiamato dai Saraceni il Duomo
51 Jacques de Vitry, 29-30.
52 Le Pèlerinage de Maître Thietmar, 941-943.
53 I Saraceni al tempo della conquista del Saladino, senza un suo ordine, tirarono giù la grande croce d’oro della
cupola e la trascinarono con le corde fino alla Torre di Davide, riducendola in brandelli (Estoire, 104).
54 Jacques de Vitry, 91.
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della Roccia (Rocher), adorato come nessun altro luogo nel tempo e dagli angoli più remoti. 55 E’ il
luogo dove Josia ordinò di nascondere l’arca del Signore fino ai giorni nostri, Salomone ottenne da
Dio il beneplacito per le preghiere di tutti i veri credenti, Zaccaria ricevette dall’angelo la notizia
della fertilità della moglie, Maria salì le scale per essere presentata a Dio, Gesù parlò ai dottori della
Legge, cacciò i venditori ambulanti e fu tentato dal demonio. Squarciato in due alla morte di Cristo,
oggetto del martirio dell’apostolo Giacomo, 56 è venerato nell’islam in segno di profondo rispetto
per il Signore, come tutta l’al-Quds, che è santa per i Musulmani come La Mecca, adorata in
religioso pellegrinaggio e riempita d’offerte anche durante il governo cristiano, perché si oppone
alla maledetta Babilonia.
55 Templum Domini, Moschea d’Omar o Saqra, è distinto dall’altro Tempio d’enorme grandezza, propriamente
detto di Salomone, da cui prendono il nome i frati cavalieri Templari.
56 Jacques de Vitry, 92-95.
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Bibliografia
• Giacomo di Vitry, Lettres de Jacques de Vitry, a cura di R.B.C. Huygens, Leiden 1960
• Bresc H., Les chocs des reconquêtes et de la Croisade, in ESC.MMM.
• Mantran R., L’Islam découronné, in Le Moyen Age. L’Eveil de l’Europe
• Le Pèlerinage de Maître Thietmar, a cura di C. Deluz, in «Croisade et pèlerinage»
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