IL GIOVANE BOZZANO: DAL POSITIVISMO ALLA RICERCA PSICHICA? GIOVANNI IANNUZZO Gli scritti disponibili sulla vita e sull’opera di Ernesto Bozzano danno tutti la stessa interpretazione dei fatti che indussero il pensatore genovese ad occuparsi di ricerca psichica. Affermano, cioè, che Bozzano, sino al 1891 era un positivista-materialista convinto. Abbonato alla Revue Philosophique, diretta dal professore Th. Ribot, ricevette il primo numero di una nuova rivista, gli Annales des sciences psychiques, diretta da Richet e Darieux. Gli articoli pubblicati sulla nuova rivista non lo convinsero affatto, perché i fenomeni psichici - e soprattutto la telepatia che allora costituiva uno dei campi prioritari di ricerca della nuova scienza - erano in aperta contraddizione con la visione positivista della natura. “Caso singolare, - scrive Dèttore - fu proprio un articolo di orientamento decisamente negativo, pubblicato dal professor Rosenbach, di Pietroburgo, sulla Revue Philosophique nel 1891, a far vacillare la sua sicurezza. Il Rosenbach negava la trasmissione del pensiero fondandosi sui consueti motivi che venivano allora addotti: l’impossibilità fisica del fatto, l’intervento di coincidenze casuali, di fenomeni allucinatori, di deformazioni della realtà dovute a menti esaltate anche si in buona fede. Il suo articolo era senz’altro mediocre, debole e settario, e il giovane neofita ne rimase perplesso e deluso. Nel numero successivo della stessa rivista apparve una risposta calma e precisa del grande Richet che controbatteva autorevolmente le affermazioni del Rosenbach e stabiliva la realtà dei fatti: il Bozzano ne fu colpito a fondo e se rese conto che la nuova fenomenica doveva essere ammessa, studiata, inquadrata come fatto scientifico nella realtà della scienza”1. In un articolo biografico non più recente, De Boni - certamente il commentatore più autorevole, sostiene questa stessa interpretazione. Ecco quanto scrive: “Senonché, mentre il suo animo di indagatore si era acquietato per la persuasione di avere risolto il problema, apparve sulla “Revue Philosophique” un lungo articolo del prof. Rosenbach, di Pietroburgo: in esso l’autore si scagliava con violenza contro l’intrusione del nuovo misticismo nell’Arca Santa della psicologia ufficiale, spiegando invece i fatti nuovi con l’ipotesi allucinatoria combinata a “fortuite coincidenze”, immaginazione esaltate, ed altro del genere. 1 U. Dettore, Ernesto Bozzano, ESP, n. 3,1975. 1 “Ma tale confutuazione del prof. Rosenbach gli sembrò subito tanto deficiente e insostenibile, da produrre nel suo animo proprio l’effetto contrario a quello che si era proposto l’autore dell’articolo in parola; mentre nel fascicolo successivo della “Revue Philosophique” compariva propizio un articolo del Prof. Carlo Richet in cui si confutavano punto per punto le affermazioni e considerazioni sbagliate del Prof. Rosenbach; articolo che valse a convalidare vieppù la sua convinzione sulla realtà dei fatti e sul grande mistero che ne avvolgeva l’estrinsecazione”2. Insomma, Bozzano sino al 1891, era molto critico nei confronti della problematica della ricerca psichica; poi, dopo aver letto un mediocre articolo di Rosenbach e la brillante risposta di Richet a tale scritto, si convince della realtà dei fenomeni “psichici” e della necessità di indagarli scientificamente. Come scrive ancora De Boni : “Fu questo il “fatto” che fece comprendere a Ernesto Bozzano, che se le argomentazioni da opporre alla nascente “Nuova Psicologia”, erano quelle del prof. Rosenbach, allora avevano proprio ragione gli altri; visto che questi ultimi si valevano di “fatti”, mentre i primi ai fatti opponevano solo delle argomentazioni negativiste e null’altro”(22). A questa scelta puramente intellettuale seguì - sempre secondo il “mito” - un periodo di riflessioni, durante il quale Bozzano si procurò e studiò le principali opere disponibili in materia di ricerca psichica. “Il periodo di “crisi di coscienza” si era ormai aperto. Ma la grande scossa alle sue acquisizioni scientifiche di positivista-materialista - scrive De Boni - fu data dall’imponente trattato di Aksakoff, Animismus und Spiritismus, che fu pubbicato a Lipsia nel 1890 e apparve subito dopo tradotto in lingua francese”3. Nel 1892 un altro evento, importantissimo nella vita di Bozzano, la morte della madre, lo avrebbe indotto a dedicare la sua esistenza alla Ricerca Psichica. Ecco cosa scrive al riguardo lo stesso Bozzano: “La mia santa mamma è morta il giorno 3 luglio 1892, e in quel tempo io mi occupavo da circa due anni d’indagini psichiche, ma per quanto avessi molto letto e un pochino sperimentato, rimaneva ancora titubante, perplesso, scettico per ciò che si riferisce all’interpretazione spiritualista dei fenomeni. Le mie convinzioni di positivista materialista erano in me troppo profondamente radicate per essere facilmente sradicate per opere delle nuove indagini. Dieci anni di studi filosofici profondi e sistematici avevano, secondo me, demolita totalmente l’interpretazione spiritualista dell’universo, e la concezione meccanicista del sommo Erberto Spencer dominava sovrana il mio pensiero. (...) In tali penosi ondeggiamenti di spirito perseverai per un anno ancora dopo la morte della mamma mia, fino a quando mi avvenne di assistere 2 3 G. De Boni, Ernesto Bozzano: una vita per lo spiritismo, Gli Arcani, n. 24, 1974. G. De Boni, Prefazione a Musica trascendentale di Bozzano. Mediterranee, Roma, 1982. 2 a una sedutine medianica che travolse per sempre ogni mia dubbiezza. “Io facevo parte di un piccolo gruppo di sperimentatori che si riunivano settimanalmente a casa del segretario comunale della città di Genova: Luigi Montaldo. Fungeva da medium la di lui consorte, signora Attilia, forbita scrittrice di fiabe per bimbi e di raccontini per giovanette, sotto lo pseudonimo di “Fata Nix”. Aveva una medianità scrivente d’ordine superiore, in cui si manifestava un’entità che non volle mai dire chi fosse, e si firmava con lo pseudonimo di “Nemo”, la quale dettava consigli morali, sociali, filosofici elevatissimi, e di cui pubblicai qualche saggio nella rivista dell’amico Enrico Carreras di Roma, rivista ch’ebbe due anni di vita. “Nella sera di cui si tratta eravamo in cinque: io, i coniugi Montaldo, l’amico Felice Avellino e il dottore Giuseppe Venzano. Era quella la sera del giorno anniversario in cui era morta la mamma mia. D’improvviso la signora Attilia esclama: “Oh! Ma che cosa mi avviene? Mi sento come circonfusa da un’influenza di paradiso. Oh che calma, che serenità, che felicità m’invade! Indubbiamente è presente qualche entità molto elevata, purissima, angelica”. Così dicendo, essa è tratta a scrivere poche parole, che con impulso automatico sottomette a me. Io leggo, e rimango di sasso: aveva scritto i due ultimi versetti della epigrafe che in quel mattino stesso io avevo appeso inquadrata sulla tomba della mamma mia, in occasione del primo anniversario della morte! Questi i “versetti”: Ora e sempre te invocando o madre. “La mia commozione non ebbe più limiti: io sentivo, o meglio, avevo la consapevolezza assoluta che a me daccanto si trovava la mamma mia. - Ma c’è ben altro : In quel periodo io avevo l’anima oppressa da profondi dispiaceri d’indole intima; tanto intima che non era possibile ch’io li esternassi in presenza del gruppo. Eppure l’unica creatura che avrebbe potuto impartirmi un buon consiglio in proposito, era la mamma mia. Mi provai a rivolgerle una domanda mentale, ed ecco giungere fulminea la risposta, ma formulata in termini che io solo potevo comprendere. Più che mai commosso e trepidante, le rivolsi un’invocazione mentale di consiglo; e il consiglio fu subito impartito, e fu tale che valse ad appianare ogni malinteso. Dopo di che, venne dettato: “Sono contenta di te. Continua per la nobile via che ti sei messo. E’ questa la tua missione in terra. Ti bacio”. Fu questa memorabile sedutina che dissipò per sempre i miei dubbi filosofici”4. Bozzano, quindi, pervenne alla “conversione” allo spiritismo attraverso tre diverse fasi: la prima, all’inizio della quale egli era uno spenceriano convinto che accettava incondizionatamente la visione del mondo positivistica-materialistica, che culminò con i primi dubbi originati dalla lettura degli articoli di Rosenbach e Richet; la seconda nella quale Bozzano studiò la letteratura metapsichica e, pur continuando ad essere un materialista-positivista, si convinse (soprattutto dopo 4 Lettera da Savona, 3 maggio 1941, inedita. 3 la lettura di Animismus und Spiritismus di Aksakoff) dell’importanza della ricerca psichica, anche se rimaneva dubbioso in merito all’interpretazione spiritica dei fenomeni “psichici”; infine la terza, nella quale, dopo la seduta in casa Montaldo che gli permise di comunicare con l’entità della madre, tutti i suoi dubbi si dissiparono ed egli materialista, aderì al movimento spiritualista con lo stesso entusiasmo col quale aveva aderito alla filosofia positivista. Il “mito” della conversione è così completo: cronologicamente, la parabola della conversione di Bozzano allo spiritismo si snoda nell’arco di tempo che va dal 1891 (anno in cui lesse gli articoli di Rosenbach e Richet) al 1893, anno nel quale fu tenuta la seduta spiritica in casa Montaldo. Tra il 1891 e il 1893 Bozzano lesse il trattato di Aksakoff, ma fu solo dopo la seduta nella quale comunicò con la madre defunta che egli si “convertì” allo spiritismo. Il mito è perfetto: da esso si evidenzia, infatti, che Bozzano aderì al movimento spiritico soprattutto in base a considerazioni di ordine scientifico e non a motivazioni soggettive. Confrontiamo ora il mito con i fatti storici, cominciando dal presunto “materialismo” di Bozzano. Può essere interessante, per comprendere alcuni aspetti del pensiero di Bozzano, chiedersi come mai egli abbia accettato in maniera tanto entusiastica la filosofia di Herbert Spencer. E’ anche probabile che alla base dell’adesione di Bozzano allo “spencerismo” vi sia un motivo psicologico, o una “moda” culturale. Spencer ebbe un enorme successo nella seconda metà del secolo XIX, anche se la sua effettiva importanza filosofica è stata, in tempi più recenti, ampiamente rivalutata. Per quanto riguarda una possibile motivazione psicologica della simpatia di Bozzano per Spencer, è anche presumibile che lo studioso genovese provasse una sorta d’istintiva comunanza con questo filosofo che, in pratica, si era “fatto da sé”. Spencer era infatti un ingegnere delle ferrovie che aveva costituito il suo sapere filosofico al di fuori dall’ambito dell’accademismo. Insomma, era un autodidatta come Bozzano. Comune ad entrambi era - oltre alla cultura autodidattica - un’innata riservatezza e un tenore di vita modesto. Vi era, quindi, tra Spencer e Bozzano una qualche affinità biografica e caratteriale. In ogni caso, è evidente che Bozzano tende a sopravvalutare il sistema filosofico di Spencer. Alla fine del XIX secolo esistevano fermenti vivacissimi in campo filosofico e scientifico. Karl Marx morì nel 1883, e già il suo pensiero si stava diffondendo (proprio come “uno spettro che s’aggirava per l’Europa”) nel mondo. Engel era ancora vivo quando Bozzano cominciò a leggere le opere di Spencer. Né si può dire che si fosse spenta l’eco dell’hegelismo, e Bozzano aveva studiato - secondo quanto lui stesso sostiene - Hegel. E l’elenco dei grandi filosofi di quel periodo (o che comunque avevano filosoficamente influenzato quel periodo) potrebbe continuare: Shopenhauer era morto due anni prima che Bozzano nascesse, e il suo influsso sulla cultura europea era ancora evidente. Nietzsche era ancora vivi (sarebbe morto nel 1900) e così Stuart Mill il più illustre filosofo utilitarista (e positivista) inglese. 4 In quel ricchissimo panorama filosofico, il pensiero di Spencer si inserisce elegantemente, ma senza una importanza prioritaria. Non è certo paragonabile, come rilevanza, alla filosofia di Hegel o di Marx, anche se certamente lo spencerismo rappresentò un momento culturale interessante. Basti pensare che nella sua Storia della filosofia occidentale5, Bertand Russel non cita Spencer nemmeno nell’indice analitico. Ciò non implica negare ogni importanza alla filosofia di Spencer, ma semplicemente rilevare che il suo pensiero è stato sopravvalutato da Bozzano. Bozzano era una persona colta, che aveva letto le opere filosofiche. Come mai era rimasto insoddisfatto da sistemi filosofici monumentali (da quello kantiano a quello hegeliano, a lui entrambi noti) e aveva trovato la sua ideale visione del mondo proprio nella filosofia di Spencer? Si può pensare che ciò sia stato dovuto al fatto che Spencer era stato l’unico filosofo a proporre una interpretazione positivista-materialista della realtà: d’altra parte è proprio questo che sostiene il suo “mito”. Questo non è vero. Spencer fu un positivista. Fu anzi il caposcuola di quella corrente filosofica che viene denominata “positivismo evoluzionistico”, basata sulle teorie di Darwin universalizzate e applicate a tutta la realtà. Spencer, però, non fu affatto un filosofo materialista. E, a questo proposito, è da rilevare come molto spesso, in relazione a Bozzano, si parli della adesione al “positivismo-materialista”, quasi che “positivismo” e “materialismo” fossero sinonimi. Questo non è affatto vero, e per chiarire la differenza tra i due termini, può essere utile riportare le definizioni che di ambedue le correnti filosofiche dà lo Zingarelli: “Positivismo: Indirizzo filosofico della seconda metà del XIX secolo che, fondando la conoscenza sui fatti e rigettando ogni forma i metafisica, intendeva estendere il metodo delle scienze positive a tutti i settori dell’attività umana”. “Materialismo. Dottrina filosofica secondo la quale tutta la realtà si riduce alla materia intesa come principio primo del l’universo”6. Si tratta quindi di due modelli filosofici molto diversi tra loro. Il positivismo era una corrente filosofica nata alla fine del ‘700 (il termine “positivismo” fu coniato da Saint Simon) e affermandosi poi nel XIX secolo, che non era esplicitamente fondato su una concezione materialistica della realtà, bensì sulla fiducia incrollabile nel progresso della scienza come strumento per il raggiungimento di un utopistico stato di perfezione scientifica, sociale e spirituale dell’umanità. Il positivismo era, insomma la filosofia della nuova rivoluzione industriale, una filosofia politica senza alcuna espressa connotazione materialista. E’ anche vero che l’insistenza del positivismo sul valore di conoscenza assoluto della scienza 5 B. Russel, Storia della filosofia occidentale. Mondadori, Milano, 1979. 6 N. Zingarelli, Vocabolario della lingua italiana. Decima edizione. Zanichelli, Bologna, 1971. 5 suggeriva una visione materialistica del mondo, ma il materialismo non era un momento essenziale del positivismo. Ben altre - e ben più rilevanti - erano le filosofie materialiste di quel periodo storico: basti pensare al materialismo dialettico marxista. Spencer, poi, tra i positivisti era il meno “materialista”. Commentando l’opera principale di Spencer (I Primi Principi) Abbagnano così si esprime: “La prima parte di quest’opera si intitola “L’inconoscibile”. Essa tende a dimostrare l’inaccessibilità alla realtà ultima ed assoluta, nello stesso senso in cui questa tesi era stata sostenuta da Hamilton e Mansel. Ma la tesi viene fatta servire da Spencer a dimostrare la possibilità di un incontro e di una conciliazione tra la religione e la scienza. Religione e scienza infatti hanno entrambe la loro base nella realtà del mistero e non possono essere inconciliabili. Ora la verità ultima inclusa in ogni religione è che “l’esistenza del mondo con tutto ciò che contiene e con tutto ciò che lo circonda è un mistero che sempre esige di essere rilevato” (First Principles). Tutte le religioni falliscono nel dare quest’interpretazione: le diverse credenze in cui esse si esprimono non sono logicamente difendibili. (...) l’essenza della religione si può riconoscere nel convincimento che la forza che si manifesta nel’universo è completamente imperscrutabile”7. Questa forza è però imperscrutabile anche alla scienza, visto che “Le idee scientifiche ultime sono tutte rappresentative di realtà che non possono essere comprese” (27). Riguardo al presunto materialismo di Spencer, Abbagnano è ancora più chiaro: “Spencer nega che la sua dottrina possa avere un significato materialistico o spiritualistico e considera la disputa tra questi due indirizzi come una mera guerra di parole. Chi è convinto che l’ultimo mistero deve rimaner tale, sarà pronto a formulare tutti i fenomeni sia in termini di materia, movimento e forza, sia in altri termini; ma terrà fermo che solo in una dottrina che riconosca la causa sconosciuta come coestensiva con tutti gli ordini dei fenomeni vi può essere una religione coerente ed una coerente filosofia. Egli vedrà che la relazione di soggetto ed oggetto rende necessarie le concezioni antitetiche di spirito e materia; ma considererà l’uno e l’altra come segni della realtà sconosciuta che soggiace ad entrambi” (27). Se Spencer non fu mai materialista, è evidente che Bozzano, entusiastico spenceriano, non lo fu nemmeno. Fu invece un positivista. Il positivismo era però caratterizzato dal rifiuto di qualunque forma di metafisica. Se così fosse, Bozzano, decidendo di occuparsi di Ricerca Psichica, avrebbe dovuto, almeno in parte, abiurare le sue convinzioni positivistiche. In realtà il rigetto positivista della metafisica fu più apparente che reale. Ecco quanto scrive in proposito RenéAlbrecht Carriè: 7 N. Abbagnano, Storia della filosofia. Vol. III UTET, Torino, 1979. 6 “Un aspetto degno di nota di questo tipo di attività è che esso entra in conflitto con il dominio classico della filosofia; e può suscitare ironia il fatto che il nemico della metafisica, Compte e i suoi pari, in ultima analisi non eravamo altro che gente che faceva esercizio di metafisica. La filosofia é stata definita la regina delle scienze, ma non riesce sorprendente che, sotto l’impulso dei risultati raggiunti dalla scienza - intesa in senso stretto - i pensatori del diciannovesimo secolo avessero manifestato un senso di rivolta di fronte alle infondate millanterie della speculazione metafisica. Ciò che in effetti stavano facendo era di segnare una nuova svolta della filosofia, proprio mentre esprimevano disprezzo verso di essa. Il cambiamento da Hegel a Compte, Mqrx e Spencer è altamente significativo, ma in effetti non è meno importante che molti fra questi pensatori stavano cercando di realizzare vaste sintesi di conoscenze che eccedevano di molto i limiti effettivamente raggiunti in campo scientifico”8. La visione positivista del mondo sostenuta da Bozzano non era quindi necessariamente in contraddizione con i suoi interessi nel campo della Ricerca Psichica. E’ quindi infondato sostenere che Bozzano si “convertì” allo spiritismo, abiurando la sua concezione positivistica della realtà. Anzi è presumibile esattamente il contrario, che cioè dallo studio dell’opera di Spencer si siano originati i suoi successivi interessi nel campo della Ricerca Psichica. Spencer, infatti, era addirittura considerato un filosofo di tendenze decisamente spiritualiste. In occasione della sua morte (avvenuta a Brighton l’8 dicembre 1903) sulla rivista Luce e Ombra fu pubblicato un necrologio abbastanza ampio, firmato da Angelo Marzorati, che scrive: “Confrontare la filosofia positivista di Spencer con le dottrine spiritualiste che risorgono ora, un po’ anche per merito suo, a completare il concetto della vita e del mondo, sarebbe fare opera degna del grande scomparso che riassunse e fuse nel mirabile crogiuolo della sua mente, i risultati scientifici di uno dei secoli più laboriosi che, senza iattanza e senza paura, piegò il pensiero moderno alla venerazione del mistero, quando più altamente le intelligenze piccine gridavano alle ultime superbe conquiste umane”9. Per Marzorati, Spencer “portava in fondo all’anima il sentimento del divino”(29). Dello stesso parere di Marzorati sembra anche essere G.L. Massara, autore di un altro saggio sul “teismo” di Spencer, pubblicato, in quello stesso anno su Luce e Ombra: Massara, per esempio, così scrive: “... Penso che niun maggior trionfo poteva essere offerto alla causa spiritualista di quello che lo Spencer, evoluzionista e naturalista volle, involontariamente forse, fors’anche contro suo genio, darle”10. Naturalmente non è possibile che Bozzano non sapesse che Spencer non era 8 R. Albrecht Carriè, Le rivoluzioni nazionali. In "Storia universale dei popoli e delle civiltà". Vol. XIII. UTET, Torino, 1969. 9 A. Marzorati, Erberto Spencer. Luce e Ombra, 1904, pp. 1-3. 10 G.L. Massara, Il theismo in Herbert Spencer. Luce e Ombra, 1904, pp. 109-114. 7 affatto un filosofo materialista; è invece presumibile che Bozzano fosse incline ad alimentare il “mito” della sua conversione, assolutamente infondato dal punto di vista storico. Bozzano, insomma, non fu mai un materialista; fu invece sempre un positivista. Non vi fu, quindi, alcuna “conversione”. Eppure Bozzano parlò sempre di questa sua “conversione” allo spiritismo. E’ presumibile che egli preferisse far credere di essere stato un materialista convinto che, di fronte alle formidabili scoperte della Ricerca Psichica, aveva cambiato radicalmente parere. Questo suo atteggiamento gli diede sempre una possibilità in più: poteva infatti sostenere - e nel corso delle sue molte polemiche lo fece spesso - che egli proveniva proprio dai ranghi del positivismo più acceso e che quindi conosceva sia il materialismo sia lo spiritualismo e che aveva scelto lo spiritualismo in base a fatti scientifici e non a personali opinioni. I fatti lo avevano convertito; e se avevano convertito un accesso positivista-materialista come lui, essi dovevano essere davvero attendibili, probanti, indubitabili. Questa piccola “debolezza” dà una dimensione più umana alla figura di Bozzano e nulla toglie alla sua statura si studioso. Inoltre ci permette di capire alcuni veri e propri paradossi biografici. Il maggiore di tali paradossi è quello connesso al famoso episodio degli articoli di Rosenbach e Richet. Anzitutto, l’articolo di P. Rosenbach non fu pubblicato nel 1891, bensì nel 1892, il che è notevolmente importante perché cambia completamente la cronologia degli aventi connessi alle mitica “conversione” di Bozzano. Infatti, l’articolo apparve sul numero di agosto 1892 della Revue Philosophique de la France et de l’étranger, diretta da Ribot. Poiché la madre di Bozzano morì nel luglio del 1892, Bozzano lesse l’articolo dopo la morte della madre da lui adorata. Questo particolare è di grande importanza: infatti ci spiega come mai Bozzano non condivise il contenuto dello scritto dello scienziato di Pietroburgo. Non è assolutamente vero che lo scritto di Rosenbach fosse, infatti, “mediocre, debole e settario” (per dirla con Dettore, op. cit.): si tratta invece di uno scritto eccellente che analizza criticamente non il problema della “telepatia”, bensì tutti gli aspetti di quello che Rosenbach definisce il “misticimo moderno”11. Sostanzialmente si tratta di uno scritto assai equilibrato, che occupa ben quarantasei pagine della rivista. Non è questa la sede per riassumerlo, ma l’articolo di Rosenbach analizza con precisione gran parte delle ricerche “psichiche” di quel periodo storico, mettendo in evidenza la sostanziale differenza esistente tra l’approccio della psicologia “positiva” ai problemi della psiche, e l’approccio del “misticismo”. Le critiche, considerato soprattutto il periodo storico nel quale vennero elaborate, sono piuttosto appropriate e precise. Chi ha considerato “mediocre debole et settario” lo scritto di Rosenbach o non l’ha letto, oppure è egli stesso “settario”. Vista la qualità dell’articolo in questione e tenendo presente che quando Bozzano lesse lo scritto di Rosenbach 11 P. Rosenbach, Etude critique sur le mysticisme moderne. Revue Philosophique de la France et de l'étranger, Tome XXXIV, Aout 1892, pp.113-158. 8 era ancora un positivista materialista (come sostiene egli stesso) è incomprensibile il suo atteggiamento nei confronti di quanto sostenuto da Rosenbach, il cui articolo è una finissima espressione del positivismo scientifico. Non lo stesso si può dire dell’articolo pubblicato da Richet in risposta alle critiche di Rosenbach. L’articolo comparve sul numero di ottobre della Revue Philosophique e consta di sei pagine. E’ chiaro che la qualità di uno scritto non si valuta in base al numero di pagine che lo compongono, ma è altrettanto chiaro che un articolo di sei pagine che pretende di rispondere alle critiche espresse in un articolo di quarantasei pagine o è un capolavoro di sintesi, o è uno scritto impreciso, raffazzonato e superficiale. Ed è questo il caso dell’articolo di Richet12. La cosa più divertente è che Richet accusa Rosenbach di avere criticato le osservazioni e le esperienze della ricerca psichica in maniera “très superficielle”... Come mai Bozzano (che avrebbe poi scritto articoli polemici di qualità enormemente superiore a quella dell’articolo di Richet...) - che afferma che in quel periodo era ancora un convinto positivista e materialista - condivise il punto di vista di Richet e non quello di Rosenbach ? La risposta è semplice: nel 1892 Bozzano si occupava già da due anni di metapsichica. Egli aveva iniziato ad occuparsene indipendentemente da qualunque “conversione”. Quando lesse l’articolo di Richet ne condivise il punto di vista sulla ricerca psichica. E’ anche probabile, beninteso, che Bozzano inizialmente sia stato critico verso la ricerca psichica. Ciò non toglie che in lui fosse lentamente (e indipendentemente) maturata la convinzione che i fenomeni “psichici” fossero reali. Bisogna poi tenere conto del fatto che egli lesse la polemica Rosenbach-Richet dopo la morte della madre. Questo evento deve avere avuto una importanza determinante nell’ orientarlo verso la ricerca psichica. Bozzano era legatissimo alla madre: in una sua poesia dirà chiaramente che ella era stata l’unico amore della sua vita. Di fronte alla morte di una persona tanto amata (alla quale dedicherà cinque vibranti poesie) si pone, angosciosamente, il problema della sopravvivenza alla morte corporea. Ha già letto qualcosa di ricerca psichica, sa che vengono condotti studi e ricerche su fenomeni che, per la loro stessa natura, sembrano essere prove della esistenza di una realtà sovrasensibile. E’ già pronto a credere all’esistenza di questa realtà, l’unica che potrebbe rispondere definitivamente ai suoi dubbi sulla natura del mondo e potrebbe proporre alla sua anima tormentata un sistema di pensiero coerente e rassicurante. Di fronte alla morte della madre, cioè, nasce in lui, acutissimo, il desiderio di sapere che si sopravvive alla morte. E’ una semplice reazione psicologica, che in realtà ha ben poco di scientifico. Nessun sistema di filosofia ha mai assicurato all’uomo la sopravvivenza dell’anima, 12 C. Richet, A propos du mysticisme moderne. Revue Philosophique de la France et de l'étranger, Tome XXXIV, Octobre 1892, pp. 417-422. 9 fornendo una prova empirica della sopravvivenza. Spencer, con il suo concetto di “inconoscibile” sembra suggerire un principio misterioso e impercettibile della realtà, ma a Bozzano non basta. Quando, nel corso della seduta spiritica in casa Montaldo, insomma, egli ha la certezza che la madre sopravvive, e che quindi lo spiritualismo è fondato sui fatti, egli ne ha già accettato tutte le premesse filosofiche. Dopo la seduta Bozzano ha la certezza che la dottrina spiritica è in grado di rispondere ai suoi interrogativi esistenziali. Soprattutto lo spiritismo suggerisce una visione del mondo che egli aveva sempre cercato, senza trovarla - tranne, per qualche verso in Spencer nella filosofia. Che il suo interesse per lo spiritualismo fosse antecedente al 1892 è dimostrato anche da una delle quattro poesie che egli scrisse, in quello stesso anno, in ricordo della madre: “Legge è l”ignoto; ed ecco che un barlume/di scienza nova audacemente avanza,/e un nuovo credo albeggia; ivi a tal lume/pronto germoglia il fior della speranza”13. Già prima della seduta in casa Montaldo, quindi, Bozzano era convinto che la Ricerca Psichica fosse una scienza che “audacemente avanza”. E’ da questa scienza che “germoglia il fior della speranza”: la speranza, cioè, che fosse possibile dimostrare la sopravvivenza alla morte corporea. Già nel 1892, quindi, prima ancora di leggere l’articolo di Richet (pubblicato sul numero di ottobre della Revue Philosophique) Bozzano aveva intravisto nello spiritismo la dottrina filosofica in grado di rispondere ai quesiti esistenziali che egli si poneva. Ciò non implica che egli non avesse dei dubbi. Un fatto piuttosto curioso sembrerebbe dimostrarlo. La poesia citata è riportata da Bozzano in una lettera a De Boni14. Tale versione della poesia reca, invece che “audacemente avanza”, “cautamente avanza”. L’edizione “autografa” in mio possesso reca “cautamente”, cancellato da Bozzano e corretto in “audacemente”. Ciò potrebbe dimostrare un’iniziale titubanza di Bozzano, poi trasformatasi in certezza della realtà della sopravvivenza dopo la seduta in casa Montaldo. Un altro particolare biografico sul quale nessuno si è mai soffermato è quelle relativo al trattato di Aksakoff, Animismo e spiritismo. In proposito De Boni, come abbiamo visto, scrive che: “... la grande scossa alle sue acquisizioni scientifiche di positivista-materialista fu data dall’imponente trattato di A. Aksakoff, Animismus und spiritismus, che fu pubblicato a Lipsia nel 1890 e apparve subito dopo tradotto in lingua francese”15. Da quanto scrive De Boni (e altri commentatori) sembrerebbe che la lettura del 13 La poesia si intitola "Ti rivedrò?" e fa parte di un gruppo di sei poesie alle quali Bozzano appose come titolo "3 luglio 1892. In memoriam". 14 Lettera da Savona, 3 maggio 1941, inedita. 15 G. De Boni, Prefazione a "Musica trascendentale", op. cit. 10 libro di Aksakoff - che ebbe una importanza determinante nell’evoluzione del pensiero di Bozzano - sia avvenuta dopo la lettura dell’articolo di Rosenbach e prima della seduta in casa Montaldo. La cronologia, cioè, dell’evoluzione intellettuale che lo indusse a “convertirsi” allo spiritismo sarebbe stata la seguente: lettura degli articoli di Rosenbach e Richet, lettura del trattato di Aksakoff, seduta in casa Montaldo. Questa cronologia è assolutamente infondata. Bozzano lesse il trattato di Aksakoff nella traduzione francese. Se la edizione francese del libro fosse apparsa subito dopo quella tedesca (cioè al massimo nel 1892) la cronologia “leggendaria” di Bozzano potrebbe anche essere esatta: infatti Bozzano avrebbe potuto leggere nel 1892 gli articoli di Rosenbach e Richet e, successivamente, il libro di Aksakoff. Il trattato di Aksakoff fu però pubblicato in francese solo nel 189516 cioè quando Bozzano era già convinto spiritista. Infine, un altro fatto poco noto, ma determinante per sfatare il mito della “conversione” è quello relativo alla sua corrispondenza. Bozzano afferma che, durante quello che chiama “il suo decennio filosofico”, che va fino al 1892, ebbe rapporti epistolari con numerosi filosofici. L’epistolario in questione andò perso durante il conflitto mondiale, ma Bozzano ha elencato i nomi dei suoi corrispondenti: William James, Henry Bergson, Karl Du Prel17 tutti i filosofi notissimi per i loro interessi nel campo della Richerca Psichica, chiaramente antimaterialisti e certamente non-positivisti. Anche questi rapporti epistolari avvalorano l’ipotesi che Bozzano, prima del 1892, si fosse interessato ampiamente di ricerca psichica. Nel 1893, dopo la seduta spiritica in casa Montaldo, guadò con decisione quel “Rubicone intellettuale” oltre il quale si snodava la strada affascinante dello spiritismo. Il suo viaggio verso la comprensione del più grande mistero della storia dell’umanità - la sopravvivenza dopo la morte - sino ai confini di quell’Assoluto, del quale intuiva l’esistenza, era cominciato. Sarebbe durato cinquant’anni. © Giovanni Iannuzzo, giugno 2008 16 A. N. Aksakoff, Animisme et spiritisme. Leymaire, Parigi, 1895. Lettera da Savona, 7 maggio 1941, inedita. Nella lettera in questione Bozzano non afferma di essere stato in contatto epistolare con Du Prel, cosa che è invece sostenuta da qualche commentatore, che comunque non cita la fonte. Du prel, oltre ad essere favorevole alla ricerca psichica era filosoficamente idealista. 17 11