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FRONTIERA DI PAGINE
RECENSIONI
IL CUORE DI FRANCESCO NUTI
DI
ANDREA GALGANO
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PRATO, 7 OTTOBRE 2011
Un
I taccuino dell’anima. Frammenti che si fanno fitta borsa di
viaggio. Ecco si potrebbe definire così il libro “Sono un
bravo ragazzo, andata, caduta e ritorno” di Francesco Nuti, a
cura del fratello Giovanni. Ha il colore dei suoi occhi questo lungo appunto di
vita, come quelli che si portano in tasca nelle stazioni piene di vento. Un viaggio
nel cuore che si racconta, che dispiega le pieghe e ne fa trama semplice. Uno
scialle appoggiato su una panchina. Francesco Nuti si racconta come una pagina
di occhi tremanti e ironici. L’infanzia pratese, i primi passi nel Cabaret, il grande
successo cinematografico delle sue pellicole, il biliardo, il calcio, la pittura, le
figure importanti della sua vita presente e quella più antica e poi non per ultime,
ma forse il centro nevralgico della sua esistenza: le donne. E l’infinito amore per
la più importante: sua figlia Ginevra.
Sin dal titolo, sagacemente ironico e poggiato sulla sua identità, egli ha
attraversato tutte le stagioni dell’anima, come quel sottotitolo che è un percorso
ripido e sottile dentro la materia vivente.
Quando un uomo si racconta si mette a nudo e se non lo fa del tutto, semina
indizi per andarlo a trovare. C’è tutto Nuti in questo libro: la sua ironia toscana,
condita da aneddoti mai distanti dalla trama filmica, la sua malinconia, il suo
amato tappeto verde e il suo silenzio di geometria.
Anche questo è un testo a cui si assiste, come in una pellicola, fatta di vertigine
di gioia che smaga un po’ il sorriso, e di dolore di schermi vuoti e indolenza
cupa.
Francesco Nuti è un uomo di grande talento e di genio. Anche quando descrive
quell’ora che si assomiglia continuamente, quando la luce di ciò che vive si
appanna dietro ai vetri degli occhiali.
Il pubblico gli ha voluto bene e continua ad amarlo, sorridendo e piangendo di
fronte a quelle strade bagnate come il pianto di Pinocchio, a quei bui così vicini
al colore del mare. Nuti ci fa stare lì con le mani nella notte, lo ha fatto nel film
Stregati, lo descrive nell’ora che pesa.
Non è solo un’autobiografia, è un frammento che si impadronisce della pagina,
abitando gli angoli dell’infanzia che abbraccia le strade di Prato e il mondobottega di suo padre Renzo “il Casanova”, che ha conosciuto deportazione e
profumo forte e solenne che lasciano le donne.
Nuti ha conosciuto il successo, vivendo la sua portata di esagerazione picaresca
e di vortici di sole, ma è un uomo che parla agli occhi che vogliono parlare.
Ha calcato con le scarpe da calcio i campi soleggiati e li ha colorati di verde più
intenso intessendo i biliardi: «è il biliardo che mi ha insegnato a fare il cinema,
perché nel biliardo ogni colpo è il risultato della scelta di infinite triangolazioni.
Fra le triangolazioni del biliardo e le “angolazioni” dell’inquadratura
cinematografica non c’è differenza». Il silenzio e la geometria sono visione e
annuncio di un miracolo di figura. E poi l’amore.
L’amore di Nuti si gioca sulla soglia e sul confine, proprio come quegli occhiali
scuri. Graffio e ed estasi, intimità totale, solitudine e abbandono: «Quegli occhi /
dolore / il colore degli occhi / le gambe lunghe / più degli occhi/ che mi fanno
perdere / il passo». Quell’amore che frisa le figure e rimane ombra di luce.
Destino. Le dipinge le donne e si fa dipingere come un sogno di attesa. Rivive il
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© articolo stampato da Polo Psicodinamiche S.r.l. P. IVA 05226740487 Tutti i diritti sono riservati. Editing MusaMuta www.polopsicodinamiche.com http://polopsicodinamiche.forumattivo.com Andrea Galgano. IL CUORE DI FRANCESCO NUTI. 7 OTTOBRE 2011
II suo cuore ogni istante che la pronuncia dei nomi abbraccia la realtà, ora che il
tocco di Ginevra ha dato riposo al Lovelorn man.
Dicono che il successo, come la fama siano un alito di vento e che impossibile
stare al vertice, senza essere schiacciati. Forse è vero, ma è anche vero che
Cecco conosce ogni sponda di nudità, anche di fronte ad esso. La critica mal
digeriva i suoi film guasconi e teneri, le lune del paradiso, i voli e i profumi
velati e quel desiderio di attesa ricambiata che c’è dietro ai suoi personaggi, in
cui egli lascia le tracce del suo scrigno, come un viandante che deposita i sassi
per trovare la strada di casa, appeso a un muro di stelle «Io sono il tema
dell’abbandono, l’asprezza dell’abbandono. Ora che ho più di cinquant’anni
conosco ancora il dolore dell’abbandono. Non è vero che ho cercato il successo,
è vero il contrario (…) Ho fatto finta di per anni di essere un Don Giovanni e
sono ancora qui a leccarmi le ferite. È vero. Ho avuto tante donne, tante
macchine, tanti soldi, ma tutto si è bruciato in un baleno e tutto ciò che mi è
rimasto addosso è quella malinconia che qualcuno dice».
Nel 2006 la caduta nel buio più grande della depressione o dei bicchieri. Ma
anche l’apertura degli occhi. Quegli stessi sempre uguali a quando era piccolo
con i ricci biondi. Gli occhi di Nuti sono occhi bambini che guardano gli angoli
del mondo e sono al casello, proprio come quel soggetto ora legato al cassetto
ma pronto a volare.
Ora non parla la sua voce, rimane un soffio di tastiera che riposa nello stupore e
nella commozione. Uomo che porta il vento della sua figura con gli occhi. Il
silenzio della voce non è il silenzio dell’anima … «ah, dimenticavo. Chi si
vergogna di me, si vergogni di sé. Ciao»
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III IV Francesco Nuti, Sono un bravo ragazzo – andata, caduta e ritorno, a cura di Giovanni Nuti, Rizzoli 2011. ®
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A FRANCESCO NUTI
Io non imparo più
il sapore delle tue gemme, Francesco
si inventano
al flettersi dei cocomeri
sulle spelonche della pioggia
occhi in ginocchio
dischiusi sul buio
conobbero porti rapiti
mani di donna colpire treni
e farsi capelli
dogane sgualcite di amori
e cappotti illuminati
marmo bagnato di terra
quale colore fissano
volti ai lumi dei tram
il paradiso cobalto
e le mareggiate sui fari
lembi di sposa in piena
ti vedono i tuoi occhi accesi
biliardo di onde
dove ho visto la tua luna
nei gelsi delle cascine
resta qui, Francesco
riempi di seta la mia valle d’alba.
V Andrea Galgano
2011
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