Nuove strategie per l`economia giapponese e gli investimenti diretti

Corso di Laurea magistrale
(ordinamento ex D.M. 270/2004)
in Lingue e istituzioni economiche e
giuridiche dell’Asia e dell’Africa
mediterranea
Tesi di Laurea
Nuove strategie per
l’economia giapponese e gli
investimenti diretti in
Giappone
Relatore
Ch. Prof. Marcella Maria Mariotti
Correlatore
Ch. Prof. Carlo Filippini (Università Bocconi)
Laureando
Paolo Fregonese
Matricola 822779
Anno Accademico
2013 / 2014
1 INDICE
要旨 ..................................................................................................................................................... 4
Premessa .............................................................................................................................................. 7
1. Il piano economico Abenomics: aspettative e incertezze ............................................................. 13
2. Misure non tariffarie (NTM): ostacoli alle penetrazioni commerciali estere ................................ 25
2.1 Identificazione delle NTM in Giappone ............................................................................... 28
3. Economic partnership EU-JP, stipula di un FTA tra i due Paesi ................................................... 37
3.1 Impatto del FTA Europa-Giappone ....................................................................................... 39
4. Come incentivare nuovi investimenti? .......................................................................................... 44
4.1 Ricerca e Sviluppo ................................................................................................................. 46
4.2 Settore energetico ed energie rinnovabili .............................................................................. 48
4.3 Soft power e trend setter ........................................................................................................ 51
4.4 Sanità e settore farmaceutico ................................................................................................. 53
5. Il ruolo di JETRO nella promozione degli investimenti in Giappone ........................................... 58
6. Analisi esportazioni europee in Giappone ..................................................................................... 61
7. Analisi delle esportazioni e degli investimenti italiani in Giappone negli ultimi anni .................. 68
8. Conclusioni .................................................................................................................................... 77
9. Bibliografia .................................................................................................................................... 80
2 Questo studio è stato realizzato con l’intenzione di dimostrare che il Giappone ha davanti a se varie
possibili strade per tornare a essere un attore rilevante sulla scena economica mondiale.
Analizzando l’attuale situazione economica giapponese e il recente piano economico inaugurato dal
primo ministro Abe nel 2012, si è voluto dimostrare che anche il Giappone dalla sua controparte sta
cercando di incrementare le sue capacità di reazione per uscire da una situazione di stasi economica
e che, tramite allentamento monetario, politica fiscale più flessibile e riforme strutturali che possano
modificare il rigido mercato del lavoro in Giappone, sia possibile ancora attrarre investitori esteri.
Queste nuove linee economiche, assieme al sempre più vicino trattato di libero scambio (Free
Trade Agreement, FTA) fra Giappone e Europa, sono il presupposto per poter rilanciare l’economia
del Paese e la sua competitività a livello mondiale. Il FTA poi sarà anche occasione per rivedere sia
gli oneri tariffari tuttora applicati sulle categorie merceologiche sia quelle misure non tariffarie
(Non-Tariff Measures, NTM) che, ponendo limitazioni di vario genere, impediscono o limitano i
flussi delle merci citate pocanzi. Analizzando l’attuale impatto delle MTN sull’interscambio
merceologico tra Europa e Giappone, più nello specifico nelle esportazioni europeo verso il Sol
Levante, si sono voluti studiare gli attuali picchi tariffari e capire come varierebbero gli scambi se
quest’ultimi venissero abbassati.
In questo studio sono stati presentati alcuni possibili settori i quali, sia per il fatto di essere branche
di mercato che grazie alla nuove scoperte tecnologiche e scientifiche possono fornire nuovi spunti
di riflessione e sia per gli sviluppi climatici e sociali a cui il Giappone sta andando incontro,
presentano valide possibilità di investimento.
3 要旨 この卒業論文の目的は、日本の新しい経済計画を分析しつつどうすれば経済は改善するの
かを検討することである。 本文を通して、最近の様々な出来事と処置を検討しつつ日本経済の“将来への道”を指し
示してみようと思う。 貿易とは、外国の取引相手と、商品(物またはサービス)の売買取引を行うことである。 物が日本を経由せず、第三国で移動する仲介貿易もある。近年、グローバル化の進展に伴
い、物の輸出入だけではなく、サービスの取引や海外投資も盛んに行われている。 貿易立国である日本は、多くの国と様々な商品を貿易によって取引している。 バブル崩壊の後、日本経済は少しずつ損害を取り戻したが、2008年のリーマン・ブラ
ザーズの破綻、さらに2011年の福島第一原子力発電所事故を原因に再び悪化した。 この問題を解決するために日本政府は経済政策を考案した。2012 年末安倍首相は経
済を改善するための計画を世界に提示した。アベノミクスという計画は戦国時代の大名、
毛利元就の物語にちなんで ”3本の矢”と呼ばれた。三本の矢の目的は大胆な金融政策、
機動的な政府政策と民間投資を喚起する成長戦略である。 第一の矢は金融緩和で流通するお金の量を増やし、デフレマインドを払拭すること1。 第二の矢は約10兆円規模の経済対策予算によって、政府が自ら率先して需要を創出する
こと2。 第三の矢は規制緩和等によって、民間企業や個人が真の実力を発揮できる社会を作ること
3
。少子化や男女の仕事性別などの社会的な問題を解くことが目標である。 この再興戦略は国際ビジネス発展をその重要な手段として位置付けた。 計画が施行された後、経済は徐々に好転したが、評論家は長期計画だと考えていない。 1
Abenomikusu, Sanbon no Ya (Abenomics, le 3 Frecce),Shushō Kantei,
http://www.kantei.go.jp/jp/headline/seichosenryaku/sanbonnoya.html, 28-07-2014.
2
ibidem.
3
ibidem.
4 日本市場は一般的に参入しにくいと考えられている。物やサービスを阻止するのはNTM(非
関税障壁)である。貿易と投資を制限する制度のうち、関税以外のものを指す。具体的に
は輸入にたいして数量制限、課徴金を課す、輸入時に複雑な手続きや検査を要求する。 国家間の協定があればものやサービスの売買の流れが加速し、国の利益も増加するのでは
ないか。 それゆえ、日本経済を復活させるほかの方法は日本とヨーロッパのFTA(自由貿易協定)で
ある。FTAというのは物品の関税とそのほかの制限的な通商規則、サービス貿易の障害な
ど、通商上の障壁を取り除く自由貿易地域を目的とした、二国間以上の国際協定である。
日本、ヨーロッパ共に不景気であるため、両者の間で異なる関税や輸出の制限、認定制度
を修正する必要がある。 FTAが締結されれば経済は回復に向かうだろう。FTAを結ぶことで、相当GDP(国内総生産)
も経済効果が生まれるだろう。FTAの交渉は比較的すぐに着手でき、かつ経済規模も大き
いため、高い経済効果が得られるとわたしは考えた。 協定や計画のほかに日本は世界に何を提供するのだろうか。どうすれば外界の投資を引き
付けるのだろうか。どのような分野を通じて日本は再興するのだろうか。 JETRO(日本貿易振興機構)は日本への投資意欲を持つ企業を支援し地域との貿易の拡大
及び経済協力の促進に寄与することを目的としている。長年の経験をもとに、JETROは日
本と貿易したい商事を支援し、日本法律、労働条件などの特有の科目で外国の企業の相談
に乗る。 日本は既に近代化し、世界中に優る国として知られている。海外の企業からは、日本経済
に進出すればビジネスが始まると言われている。日本は世界最高の国として研究にお金を
投下し、様々な分野において優れている。さらに日本はトレンドリーダーであり、世界の
先頭に立っている。 日本のインフラ、法律、地球環境は外国人を問題なく受け入れ、日本で仕事をすることも
できる。原子力発電所事故の後日本はエネルギー問題を再考し、グリーンエネルギーを取
り入れる方向に向かっている。自然を汚染しないエネルギーを作る商事に経済的便宜を図
り、輸入せずにエネルギーを作ることを支援する。 日本にはイタリアと同じように高齢化の問題が徐々に増加し、薬の需要が高まっていく。
医学と薬学の市場はますます広がり、利用される薬の量が毎年増加している。このような
分野は成長している上、日本は2020年オリンピックの開催地に決まった。この大きい
5 なイベントを準備するため様々な投資や建設現場が必要であり、建設業を拡大すればいい
のではないか。 論文の最終章では伊日の貿易と投資を検討する。FTAが結ばれNTMや関税が下がったら改善
しやすい分野について分析する。この条約への期待は輸出入量を増加することである。 さらに、伊日の投資を増進することである。 好況へと導くために両国が共同することが必要である。 6 Premessa
A partire dagli anni sessanta del secolo scorso, le teorie dell’investimento all’estero e dell’impresa multinazionale
divengono un importante campo nel quale l’ottica dell’impresa tende a confrontarsi con quella territoriale
4
.
Molti studi, prima di allora, osservarono che
il fenomeno dell’internazionalizzazione non veniva ricondotto alle attività d’impresa, bensì a flussi inter-nazionali di
beni e capitali indipendenti da questa e interpretabili all’interno di approcci teorici che pongono al centro della loro
5
riflessione le nazioni e le differenze tra nazioni
.
Da quel momento in poi gli investimenti esteri hanno acquisito un valore aggiuntivo in qualità di
azioni economiche portatrici di vantaggi commerciali. Vantaggi riconducibili a vari fattori come
minori costi di produzione, superamento degli ostacoli doganali all’esportazione e molti altri.
Gli investimenti esteri sono quindi opportunità per aumentare il proprio portfolio commerciale, e di
conseguenza gli introiti, portando i propri beni materiali o immateriali all’interno di contesti ancora
sconosciuti o non esplorati.
Secondo il dizionario Treccani, il termine investimento diretto estero (IDE) indica un
flusso di investimenti effettuati dagli operatori in paesi diversi da quello dove è insediato il centro della loro attività
6
.
Focalizzandoci sugli investimenti internazionali, vediamo che questi coinvolgono e hanno come
punto di partenza flussi internazionali di capitali attraverso cui un’impresa crea o espande le proprie
attività in un altro Paese.
Quando un’azienda ha intenzione di investire in un Paese straniero vuol dire che dispone di
sufficienti risorse da poter allocare per riuscire ad aumentare e variegare il proprio portfolio di
clienti. Investire richiede grandi quantitativi di denaro e a volte molti investimenti possono anche
essere rischiosi e non portare in un primo momento a esiti positivi; o addirittura non portarne
affatto. Un investimento poi può anche essere visto come un modo per portare maggior prestigio
all’azienda andando a migliorare la sua immagine.
4
Paolo CALVOSA, Strategie di localizzazione delle imprese e processi di innovazione, Milano,
CEDAM, 2009, p. 27.
5
Claudio DEMATTÉ, Fabrizio PERRETTI, Strategie di internazionalizzazione, Milano, Egea,
2003, p. 10. 6
Treccani, Dizionario di Economia e Finanza in “Treccani.it”, 2012,
http://www.treccani.it/enciclopedia/investimento-diretto-estero_(Dizionario-di-Economia-eFinanza), 30-06-2014.
7 Per predisporre un investimento bisogna avere un quadro completo di tutte le caratteristiche
(politiche, economiche, socioculturali) del Paese nel quale s’intende agire. Un’analisi primaria ha
l’intenzione di far capire all’azienda se l’idea d’investimento sia realizzabile e in che maniera si
debba agire.
Dopo aver delineato un quadro generale e aver capito i punti di forza e i punti deboli della propria
strategia commerciale è possibile pensare a come muovere i primi passi per l’investimento.
Le risorse aziendali stanziate per un determinato progetto hanno come finalità il conseguimento di
un futuro utile. Questo risultato economico può essere previsto dall’azienda attraverso la
valutazione del rendimento atteso. Per decidere un investimento, l’azienda deve valutare le
alternative presenti al momento sul mercato cercando di selezionare un progetto che possa avere la
maggiore redditività e allo stesso tempo che la esponga ai minori rischi possibili.
L’investimento poi non può prescindere dalla variabile del tempo. Bisogna trovare un arco
temporale nel quale inserirlo in modo da poter calcolare la variazione del capitale investito e vedere
quali sono i frutti che ha portato. Questi fattori, che vanno analizzati e predisposti in funzione
preventiva all’azione economica, devono anche confrontarsi con quelli che sono gli sviluppi
economici mondiali in modo da avere un quadro completo della situazione macroeconomica.
Inoltre, essendo il futuro un qualcosa d’incerto, occorre dare a ogni scenario e alternativa una
probabilità di accadimento.
Prima del 1984 gli studi sugli IDE consistevano di sole riflessioni accademiche realizzate da
professori universitari aziendalisti ed economisti basate su casi concreti.
Da quell’anno in poi, grazie ai contributi di Helpman 7 e Markusen 8 , sono apparsi sui saggi
internazionali i primi testi di letteratura economica sugli IDE. Nei loro studi hanno diviso gli IDE in
due categorie: orizzontali e verticali. Quelli orizzontali sono visti come
produzione estera di prodotti e servizi più o meno simili a quelli che l'azienda produce per il proprio mercato9;
quelli verticali invece sono visti come
investimenti che frammentano geograficamente il processo produttivo in più fasi10.
7
Elhanan HELPMAN, A Simple Theory of International Trade with Multinational Corporations,
The Journal of Political Economy, 92, 3, 1984, pp. 451–471.
8
James R. MARKUSEN, Multinationals, multi-plant economies, and the gains from trade, The
Journal of International Economy, 16, 1984, pp. 205–226.
9
James R. MARKUSEN, Multinational Firms and the Theory of International Trade, Cambridge,
MIT Press, 2002, p. 5.
8 Secondo gli studi di John H. Dunning11 si può parlare di IDE solo quando un’azienda ottiene tre tipi
di vantaggi in maniera simultanea. Un vantaggio dato dalle caratteristiche del Paese prescelto
(location advantages), un vantaggio di tipo produttivo poiché con l’acquisizione imprenditoriale
sarà possibile rendere interne e accelerare le fasi produttive sia a monte che a valle (internalization
advantages), e un vantaggio legato al diritto di proprietà (ownership-specific competitive
advantages). Questo approccio di tipo teorico è noto come OLI (Ownership, Location,
Internalization). La proprietà (O) rivendica il possedimento di beni (materiali e non), la
localizzazione (L) demarca le differenti condizioni ambientali del Paese-mercato e i fattori politicieconomici (poiché non solo la localizzazione geografica di uno stato ma anche il suo background
politico-economico
sono
elementi
cruciali
che
si
rifletteranno
sull’investimento)
e
l’internazionalizzazione (I) fornisce all’azienda un motivo in più per ampliare i suoi orizzonti
economici.
Gli IDE, pertanto, mirano all’acquisizione di partecipazioni “durevoli” (di controllo, paritarie o
minoritarie) in un’impresa estera attraverso processi di fusione legale di due o più aziende (merger),
attraverso l’acquisto di titoli aziendali (acquisitions) oppure attraverso la creazione di filiali estere
(investimenti greenfield nel caso in cui si crei una filiale ex novo, investimenti brownfield nel caso
in cui si attui una riconversione di una società già esistente) in modo che l’investitore possa avere
un determinato grado di coinvolgimento nella gestione dell’impresa12.
A inizio capitolo è stata menzionata l’importanza del territorio, visto come nuovo punto di partenza
o senz’altro come punto focale per gi investimenti. Le situazioni economiche che uno stato
condivide, assieme al suo sistemato normativo e fiscale, rappresentano punti basilari da analizzare.
Solo tramite la conoscenza del background economico-fiscale di un Paese è possibile delineare un
progetto di azione e vedere quali siano i settori più interessanti e più adatti per un investimento.
Anche se si vuole analizzare un singolo rapporto bilaterale è bene tener conto che l’economia di
uno Stato risente comunque degli scenari macroeconomici internazionali 13 . È utile pertanto
10
ibidem.
11
John DUNNING, The Eclectic (OLI) Paradigm of International Production: Past, Present and
Future, International Journal of the Economics of Business, 8, 2, 2001, pp. 173 – 190.
12
Treccani, Dizionario di Economia e Finanza in “Treccani.it”, 2012,
http://www.treccani.it/enciclopedia/investimento-diretto-estero_(Dizionario-di-Economia-eFinanza), 30-06-2014.
13
Claudio DEMATTÉ, Fabrizio PERRETTI, Strategie di internazionalizzazione, Milano, Egea,
2003.
9 analizzare come si stia muovendo l’economia globale in modo da poter capire se l’investimento
sarà fruttuoso o no.
La recente storia economica mondiale ci mostra che sul mercato si stanno imponendo nuove
potenze economiche le quali, poiché ancora poco esposte ai mercati esteri, catturano l’attenzione
economica catalizzando gli investimenti. Nuovi attori come Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica
(i Paesi BRICS), che presentano novità e una più facile possibilità di successo negli investimenti,
stanno attirando gli interessi espansionistici e dirottando i flussi monetari. Questi Paesi condividono
situazioni economiche in via di sviluppo, grandi territori con abbondanti risorse naturali strategiche,
popolazioni giovani e in continua crescita e, cosa più importante, sono caratterizzati da una rapida
crescita del PIL che li rende ottimi Paesi nei quali investire14. Le grandi multinazionali, viste queste
attrattive e i risultati rosei che possono offrire, propendono a investire in queste nuovi ambienti. Ciò
fa sì che realtà già industrializzate o già coinvolte nel flusso degli scambi commerciali comincino a
risentirne dal punto di vista delle entrate. La Cina, per esempio, dopo essere entrata a far parte della
World Trade Organization (WTO) nel 2001, ha iniziato a catalizzare molti fasi produttive che prima
erano prerogativa di Paesi sviluppati contando su un’ingente manodopera e su prezzi molto
competitivi15. Il Brasile, invece, ha iniziato ad acquistare rilievo come Paese esportatore di risorse
energetiche. Le fonti di energia rinnovabile prodotte in Brasile superano di molto la media di quelle
prodotte dai Paesi occidentali e la recente scoperta di giacimenti petroliferi ha fatto in modo che
l’attenzione rivolta verso di esso fosse maggiore16.
Un altro fattore che ha portato a un mutamento degli investimenti andando a minare la fiducia degli
azionisti è la recente crisi economica. Il fallimento della banca d’affari americana Lehman Brothers
è stato uno dei principali motivi insieme al crollo dei prestiti subprime della crisi attuale che dopo
aver messo in ginocchio gli Stati Uniti ha affossato l’Europa e il mondo intero. A seguito del crack
bancario avvenuto nel 2008 si è assistito a un calo degli scambi commerciali e degli investimenti in
tutto il mondo17. Assieme a grandi somme di denaro sono venute a mancare certezze economiche
che hanno portato gli attori sul mercato mondiale a non essere più in grado di sostenere il regime
14
José Eduardo CASSIOLATO, Virginia VITORINO, Brics and Development Alternatives
Innovation Systems and Policies, Londra, Anthem Press, 2011.
15
Giuseppe BERTOLI, Globalizzazione dei mercati e sviluppo dell’economia cinese, Impresa
Progetto, Rivista online del DITEA, n°1, 2008.
16
Stefano CASERTANO, La guerra del clima. Geopolitica delle energie rinnovabili, Milano,
Francesco Brioschi Editore, 2011, pp. 93-94.
17
Roderick MACDONALD, Genesis of the Financial Crisis, Londra, Palgrave Macmillan, 2012.
10 economico mantenuto fino a quel momento. Le grandi società sono dovute ricorrere a tagli sugli
investimenti e questo rapido tracollo monetario ha avuto ripercussioni su tutta l’economia globale
facendo entrare molti stati in una situazione di crisi economica. Le limitazioni agli investimenti e i
tagli del personale lavorativo hanno fatto vacillare certezze economiche in molti stati del mondo e
hanno contribuito a diminuire, dirottare e rendere più cauti gli investimenti18.
Dal canto suo anche il Giappone ha fortemente risentito della crisi economica scoppiata nel 2008.
Fig 1. Prodotto reale del Giappone
fonte Japan Towards a New Dynamic Growth, Highlights from the 2013 OECD Economic Survey
of Japan, OECD, 2013.
nota: “1° trimestre 2007 = 100”
Nel grafico in fig. 1 è riportato l’andamento del PIL sulla base di un indice fissato a 100 a partire
dal primo trimestre 2007. Si può vedere che, a partire dal 2008, la curva ha subito una drastica
discesa raggiungendo il livello più basso durante il quarto trimestre del 2008. Lo stesso andamento
negativo è stato seguito dall’America, dai Paesi comunitari europei e dagli Stati appartenenti
all’OECD, anche se in maniera meno pesante rispetto al Giappone. A inizio 2009 si è assistito a una
ricrescita commerciale ma nel 2010 l’economia giapponese ha subito un’ulteriore ricaduta che è
andata a compromettere l’andamento del PIL portandolo a discostarsi nettamente dai valori più
positivi riscontrati negli altri Paesi industrializzati presi in considerazione pocanzi.
18
ibidem.
11 Fig 2. Situazione fiscale del Giappone dagli anni ’90 al presente
fonte Japan Towards a New Dynamic Growth, Highlights from the 2013 OECD Economic Survey
of Japan, OECD, 2013.
Se analizziamo la situazione economica giapponese a partire dagli anni novanta fino a oggi
possiamo notare che è rapidamente peggiorata nei 20 anni intercorsi. Come si può vedere in fig. 2 il
debito pubblico lordo, da 60 punti percentuale del PIL a inizio anni novanta è peggiorato di 40 punti
nei 5 anni seguenti lo scoppio della bolla economica19. Dopo il 1997, anno della crisi finanziaria
asiatica, si è assistito a un altro periodo negativo fino al 2000. Dal 2005 il debito pubblico ha
ricominciato a diminuire lentamente, sennonché nel 2008, anno del crack Lehman, è arrivato a
perdere tutti i punti riacquisiti. Da 190 punti percentuali raggiunti nel 2009 il debito pubblico nel
2013 è stato stimato sul 230% del PIL nazionale20.
Dopo i due severi e recenti shock provocati dalla crisi del 2008 e dal terremoto del Tōhoku, il
Giappone è tornato a vivere un altro periodo di recessione. Per poter uscire da questo periodo
negativo gli studiosi di politiche economiche assieme al governo giapponese hanno studiato dei
piani e strategie per portare il Paese fuori dalla recessione economica21.
19
Japan Towards a New Dynamic Growth, Highlights from the 2013 OECD Economic Survey of
Japan, OECD, 2013.
20
ibidem.
21
ibidem.
12 Strong and protracted consolidation is therefore necessary to restore fiscal sustainability, which is Japan's paramount
policy challenge. However, this will slow nominal GDP growth, making fiscal adjustment still more difficult22.
Bisogna puntare come prima cosa a uscire dalla deflazione e poi incrementare le potenzialità di
crescita nipponiche. Pertanto il Governo propone di
In this light, the new government’s resolve to revitalise the economy through a three-pronged strategy combining bold
monetary policy, flexible fiscal policy and a growth strategy, is most encouraging23.
1. Il piano economico Abenomics: aspettative e incertezze
Un tentativo di riaffermare il valore e la presenza del Giappone su scala mondiale come potenza
economica di primo piano, riandando a conquistare il prestigio duramente ottenuto al termine della
seconda Guerra Mondiale24, lo si sta vedendo nella nuova linea politica proposta dal premier
giapponese Shinzo Abe. Abe, secondo politico giapponese dopo Shigeru Yoshida a ritrovare la sua
poltrona di premier (abbandonata nel 2007 dopo solo un anno di governo a causa di problematiche
interne al partito), è stato rieletto capo del governo grazie alla vittoria del Partito Liberal
Democratico (LDP) alle elezioni di fine 2012. Consapevole delle condizioni nelle quali versa il
Giappone e prefigurando un futuro che possa allontanare e sconfiggere un buio periodo di
decadenza economica, Abe ha presentato a tutta lo Stato e al mondo un ambizioso piano economico
che è diventato poi noto ai più con l’acronimo Abenomics (termine formato dal cognome del primo
ministro giapponese Abe e il termine modificato economics).
Questa nuova linea politica introdotta è stata definita dallo stesso Abe con il termine 3 frecce (三本
の矢) che stanno a indicare i tre capisaldi del suo programma: allentamento monetario, politica
fiscale espansiva e riforme strutturali che stimolino gli investimenti e la crescita a lungo termine25.
Il nome 3 frecce rimanda a una storia feudale del XVI secolo. Secondo la leggenda Motonari Mori,
signore feudale dell’epoca, ordinò ai suoi tre figli di spezzare una freccia a metà. Dopodiché disse
loro di legare le tre frecce insieme e di rompere quanto creato in una volta sola. Nessuno riuscì a
farlo.
22
ibidem.
23
ibidem.
24
Tommaso DETTI, Giovanni GOZZINI, Storia Contemporanea, Volume 2, Milano, Mondadori,
2002, pp. 283-287.
25
Abenomikusu, Sanbon no Ya (Abenomics, le 3 Frecce),Shushō Kantei,
http://www.kantei.go.jp/jp/headline/seichosenryaku/sanbonnoya.html, 28-07-2014.
13 Come le tre frecce di Mori, le tre frecce dell’Abenomics dovrebbero rafforzarsi a vicenda. Ma le frecce di Mori sono
state legate insieme in parallelo, mentre le frecce della politica di Abe sono collegate da relazioni strutturali di fondo.
Mentre la prima e la seconda freccia mirano a trasformare il percorso di crescita reale del Giappone, la terza opera sulla
crescita potenziale dell’economia, cosa che presuppone l’utilizzo ottimale di tutte le risorse e tecnologie disponibili26.
Hamada con le sue parole spiega che tutte e tre le frecce dovranno agire in simbiosi per riuscire a
ottenere sia il loro scopo diretto ma anche quelli delle altre variabili. Essendo poi le tre accomunate
da relazioni strutturali, al fallimento o non completo raggiungimento dell’obiettivo di una di loro si
otterrebbe che anche gli altri traguardi ne siano compromessi.
Le teorie di Abe mettono in discussione le politiche dei precedenti governi democratici di Kan e
Noda che basavano i loro mandati su contenimento del debito pubblico e conservatorismo fiscale27.
Il voto di luglio 2013 alla camera alta, grazie a cui il suo partito è uscito vincitore, indica che anche
gli appartenenti ad altri schieramenti politici (vedi Nuovo Komeitō) puntano sulle sue riforme28.
Questa larga fiducia che gli è stata concessa potrà però rivelarsi un’arma a doppio taglio.
Se le aspettative prospettate non si realizzassero, questa politica economica comprometterebbe le
sorti dell’economia del Paese.
Le riforme strutturali (tra le quali l’aumento della presenza lavorativa femminile e l’innalzamento
della soglia di età pensionabile) sono necessarie per ottenere una crescita sul lungo termine e per
creare sostenibilità fiscale29. Quest’ultima serve poi per aiutare le politiche monetarie imbrigliate da
26
HAMADA Koichi, Grading Abenomics, in “Project Syndicate”, 2013, http://www.projectsyndicate.org/commentary/koichi-hamada-assesses-the-progress-that-japanese-prime-ministershinzo-abe-s--three-arrows--strategy-for-economic-revitalization-has-made-so-far/italian, 28-072014.
27
Matteo DIAN, Abenomics, rivoluzione neokeynesiana in Giappone, in “Limes Rivista Italiana di
Geopolitica”, 2013, http://temi.repubblica.it/limes/abenomics-rivoluzione-neokeynesiana-ingiappone/46457, 28-07-2014.
28
Matteo ARISCI, Il Giappone Nazionalista di Shinzo Abe, in “Treccani.it l’Enciclopedia Italiana”,
2013,
http://www.treccani.it/magazine/piazza_enciclopedia_magazine/geopolitica/Il_Giappone_nazionali
sta_di_Shinzo_Abe.html, 28-07-2014.
29
Matteo DIAN, Abenomics, rivoluzione neokeynesiana in Giappone, in “Limes Rivista Italiana di
Geopolitica”, 2013, http://temi.repubblica.it/limes/abenomics-rivoluzione-neokeynesiana-ingiappone/46457, 28-07-2014.
14 tassi d’interesse zero e per evitare un forte aumento dei tassi d’interesse a lungo termine. Una
politica monetaria flessibile è necessaria per abbassare i tassi d’interesse reali, stimolando così la
crescita che aiuterà il raggiungimento del livello d’inflazione desiderato e previsto che a sua volta
consoliderà la sostenibilità fiscale30.
L’allentamento monetario quantitativo e qualitativo (Quantitative and Qualitative Monetary
Easing, QQME) ha l’obiettivo di ottenere un’inflazione stabile del 2% da raggiungere il prima
possibile, con un orizzonte di circa due anni31. Vi è l’idea di raddoppiare la base monetaria della
Banca del Giappone (BoJ) anche tramite i titoli di Stato giapponesi (JGB) e degli exchange-traded
fund (ETF) detenuti dalla BoJ, portando ad aumentare di più del doppio le scadenze medie del
portafoglio degli JGB.
Fig 3. Base monetaria (in yen) della Banca Centrale del Giappone
fonte Banca Centrale del Giappone, Bloomberg, 2012.
La base monetaria sarà raddoppiata attraverso l’immissione annua di 60-70 miliardi di yen, per
arrivare a più di 250 miliardi entro fine 2014 (circa il 60% del PIL nominale)32. I tassi d’interesse
saranno compressi per poter ampliare il portafoglio dei JGB fino a 50 miliardi di yen annui
dilatandone la scadenza media attuale di tre anni portandola a sette. La BoJ acquisterà ogni anno
ETF di attività ritenute ad alto rischio e anche fondi immobiliari quotati sul mercato per 30 miliardi
di yen33. Tramite queste acquisizioni la BoJ si aspetta un abbassamento dei tassi d’interesse su tutta
30
ibidem.
31
L’allentamento monetario in Giappone, Bank for International Settlements, 2013,
http://www.bis.org/publ/qtrpdf/r_qt1306x_it_pdf.pdf, 30-07-2014.
32
ibidem.
33
ibidem.
15 la curva dei rendimenti e una riduzione dei premi di rischio per le attività rischiose. Con queste
misure spera anche di spronare sia le istituzioni sia gli investitori a variegare il loro portfolio
azionario.
Con l’immissione di capitali la BoJ vuole raggiungere la stabilità dei prezzi e continuare a tal fine il
suo piano di acquisto di titoli bancari per incanalare le aspettative degli operatori economici
accrescendo le previsioni di inflazione per ottenere un abbassamento dei tassi d’interesse reali34.
I primi risultati dopo il debutto della prima freccia non si sono fatti attendere.
Da gennaio 2013 a maggio dello stesso anno l’indice Nikkei è cresciuto del 50%35, il PIL è salito al
3,5%, lo yen è stato indebolito del 30% se comparato col dollaro e del 20% se comparato con
l’euro. La disoccupazione è scesa al 4,1%36 e la spesa delle famiglie è aumentata del 5,2%37.
Su questa linea d’azione sono sorti però i primi dubbi nel 2014.
Fig 4. Inflazione in Giappone, indice dei prezzi al consumo (CPI)
fonte http://it.global-rates.com/statistiche-economiche/inflazione/indice-dei-prezzi-alconsumo/cpi/giappone.aspx, 04-08-2014.
Analizzando i dati forniti da Global-rates.com38, database di indicatori finanziari si può vedere che,
da settembre 2013, l’inflazione è aumentata arrivando a raggiungere il 3,6% nel giugno 2014.
34
ibidem.
35
Tokyo Nikkei 225, Milano Finanza, http://www.milanofinanza.it/quotazioni/dettaglio/nikkei225-
204000d, 04-08-2014.
36
Unemployment rate, OECD, http://data.oecd.org/unemp/unemployment-rates.htm, 04-08-2014.
37
Household disposable income, OECD, http://data.oecd.org/hha/household-disposable-
income.htm, 04-08-2014.
16 Le stime future, se entrambe le tre frecce svolgeranno i loro compiti, vedono l’inflazione superiore
al 2%39. Questo aumento dei prezzi però è dovuto anche all’aumento della “bolletta energetica” del
Giappone. Non essendo autosufficiente dal punto di vista energetico, il Giappone ricorre
all’importazione di circa il 70% del suo fabbisogno energetico 40 che, essendo prodotto
d’importazione, ha subito un aumento del prezzo causato dalla svalutazione dello yen. È da
ricordare anche che in seguito al disastro di Fukushima sono state chiuse quasi tutte le centrali
nucleari del Paese che provvedevano al 30% di tutta l’elettricità domandata41.
Se l’inflazione porta a un aumento medio dei prezzi di servizi e beni, ci si aspetterebbe che anche i
salari dei lavoratori subiscano un aumento42. Purtroppo, date le difficoltà nelle modifiche dei
contratti lavorativi che disciplinano le quote salariali, è molto probabile che l’inflazione, pur
aiutando l’economia nipponica, vada a colpire i portafogli dei consumatori.
L’allentamento monetario dell’Abenomics può essere visto come l’inizio di una currency war, una
“lotta” al ribasso delle valute. In questo scenario tutte le nazioni sarebbero intenzionate a diminuire
il valore delle proprie monete per promuovere le esportazioni e la crescita. Questo provocherebbe
effetti negativi sulla stabilità finanziaria mondiale creando incertezza sul piano dei commerci.
Le critiche più forti su questo possibile scenario sono state mosse da Germania, Cina e Russia43.
Un altro punto di dubbio è rappresentato dalla bilancia commerciale giapponese che non sta
mostrando una ripresa. Con la svalutazione monetaria si è assistito a una crescita dell’import
(in termini monetari) e una riduzione dei ricavati dell’export44.
38
Inflazione in Giappone, indice dei prezzi al consumo (CPI),Global-rates.com, http://it.globalrates.com/statistiche-economiche/inflazione/indice-dei-prezzi-al-consumo/cpi/giappone.aspx, 0408-2014.
39
Nihon no Infura Ritsu no Suii (Evoluzione del tasso inflazionistico in Giappone), Sekai Kezai no
Neta Techō, http://ecodb.net/country/JP/imf_inflation.html, 04-08-2014.
40
HONDA Naoshi, Nihon no enerugi mondai no kōsatsu (Osservazioni sui problemi energetici del
Giappone), Nagoya, Sankeisha, 2013.
41
Nuclear Power in Japan, World Nuclear Association, 2014, http://www.world-
nuclear.org/info/Country-Profiles/Countries-G-N/Japan/, 17-11-2014.
42
Treccani, L’Enciclopedia Italiana, 2012, http://www.treccani.it/enciclopedia/inflazione/, 05-08-
2014.
43
Diana CHOYLEVA, Japan actions risk ignity currency war, in “Financial Times”, 2014,
http://www.ft.com/intl/cms/s/0/1744e206-68d1-11e4-af00-00144feabdc0.html#axzz3JdGiSl5M,
15-11-2014.
17 Dopo un primo periodo chi importa dovrebbe adattare i volumi di acquisto e vendita al nuovo tasso
di cambio; quindi l’export dovrebbe crescere e l’import diminuire. Per ora però non si vedono
questi cambiamenti perché il Giappone sembra troppo dipendente dalle importazioni, fattore che
non consente a quest’ultime di calare di prezzo. Se da un lato le esportazioni sono in aumento, le
importazioni non diminuiscono45.
Sul piano fiscale è stato stanziato un pacchetto di stimoli che promuovano l’aumento degli
investimenti pubblici per creare nuovi posti di lavoro e sostenere la domanda interna per stimolare
la crescita economica. Si calcola che siano stati stanziati 10,3 miliardi di yen (90 miliardi di euro),
pari al 2% del PIL nipponico46. Come primo obiettivo il governo si è posto la ricostruzione della
prefettura di Fukushima e delle zone colpite dal terremoto e dallo tsunami del Tōhoku. Una parte
degli stimoli fiscali sarà impiegata per la promozione della ricerca, lo sviluppo tecnologico e gli
investimenti privati.
Con i nuovi investimenti il governo ha superato l’auspicato raggiungimento di 1,4 punti percentuali
del PIL tra 2013 e 201447 e ora punta a un consolidamento fiscale con l’obiettivo di dimezzare entro
l’anno fiscale 2015 il deficit di 6,6 punti raggiunti nel 2010 per poi ricavarne un surplus entro il
2020. Per poter bilanciare il gran numero di fondi stanziati, il governo ha alzato la tassa sul valore
aggiunto dal 5% al 8% nel 2014 con l’idea di un ulteriore aumento al 10% nel 201548.
Questo però ha provocato un aumento del debito pubblico che in dicembre 2013 ha raggiunto il
236%, valore più del doppio del prodotto interno lordo nipponico49.
44
Zaimushō Bōeki Tōkei (Statistiche commerciali del Ministero del Tesoro),
http://www.customs.go.jp/toukei/suii/html/data/y0.pdf, 04-08-2014.
45
ibidem.
46
Matteo DIAN, Abenomics, rivoluzione neokeynesiana in Giappone, in “Limes Rivista Italiana di
Geopolitica”, 2013, http://temi.repubblica.it/limes/abenomics-rivoluzione-neokeynesiana-ingiappone/46457, 28-07-2014.
47
Trading Economics, Japan GDP Annual Growth Rate,
http://www.tradingeconomics.com/japan/gdp-growth-annual, 05-08-2014.
48
Matteo DIAN, Abenomics, rivoluzione neokeynesiana in Giappone, in “Limes Rivista Italiana di
Geopolitica”, 2013, http://temi.repubblica.it/limes/abenomics-rivoluzione-neokeynesiana-ingiappone/46457, 28-07-2014.
49
Andrew WINDSOR, Sovereign Debt: Eroding Japan National Security, in “The Diplomat”, 12-
08-2014, http://thediplomat.com/2014/08/sovereign-debt-eroding-japans-national-security/, 20-082014.
18 Anche sulle politiche fiscali sono sorti vari dubbi.
Riuscirà l’aumento dell’IVA a bilanciare l’ampliamento del debito pubblico provocato
dall’espansione fiscale? La deflazione in Giappone è iniziata proprio quando vi è stato un aumento
della tassa sul valore aggiunto nel 1997 sotto il governo Hashimoto quando l’IVA passò dal 3% al
5%50. È necessario un lavoro sinergico fra il ministero delle finanze per stimolare il finanziamento
d’investimenti e opere pubbliche e la BoJ per immettere liquidità sul mercato. La BoJ però segue
delle linee guida molto rigide ed è sempre stata molto restia a un’espansione monetaria.
Per riuscire ad “ammorbidire” le posizioni della BoJ Abe ne ha nominato un nuovo governatore,
Haruiko Kuroda, ex presidente dell’Asia Development Bank che, data la sua visione meno
restrittiva e limitativa sulla questione monetaria, potrebbe facilitare l’immissione di capitali sul
mercato51.
Secondo l’economista Martin Feldstein52 è rischioso aumentare il debito pubblico (pur essendo
detenuto per la quasi totalità dalle famiglie e istituzioni giapponesi) perché risulterebbe difficile
recuperare il denaro prestato visti i bassi tassi d’interesse proposti. Questo fattore d’incertezza deve
anche essere sommato alla svalutazione monetaria e all’inflazione che, già da parte loro,
contribuiranno a rendere difficile il recupero dei crediti concessi.
Un ulteriore punto di perplessità è dato da questa nuova collaborazione che si è venuta a creare tra il
governo giapponese e la BoJ che precluderebbe l’indipendenza di quest’ultima. Ciò potrebbe sviare
le aspettative inflazionistiche destabilizzando i mercati finanziari53.
La terza freccia, avvalendosi dei cambiamenti che hanno già portato e porteranno le sue due
compagne, ha l’obiettivo di realizzare riforme definite “strutturali” necessarie per modificare la
struttura obsoleta e rigida che condiziona ancora molti settori economici o categorie di lavoratori.
La struttura collusiva del sistema economico è ben rappresentata dal sistema dei keiretsu, gruppi
aziendali storici collegati tra loro per mezzo di compartecipazioni azionarie. Questi gruppi hanno
50
TANAKA Akihiko, Ajia no naka no Nihon (Il Giappone all’interno dell’Asia), Tōkyō, NTT
Shuppan, 2007.
51
Matteo DIAN, Abenomics, rivoluzione neokeynesiana in Giappone, in “Limes Rivista Italiana di
Geopolitica”, 2013, http://temi.repubblica.it/limes/abenomics-rivoluzione-neokeynesiana-ingiappone/46457, 28-07-2014.
52
Martin FELDSTEIN, The Wrong Growth Strategy for Japan, in “Project Syndicate”, 17-01-2013,
http://www.project-syndicate.org/commentary/the-wrong-growth-strategy-for-japan-by-martinfeldstein, 20-08-2014.
53
ibidem.
19 imprese in moltissimi settori e avevano (ora non più per la crisi bancaria e successive fusioni o
acquisizioni) una banca di riferimento che fornisce capitali alle proprie imprese. Nel corso della
storia queste strutture hanno acquisito moltissima rilevanza, prestigio e fedeltà da parte del popolo
quali attori economici principali54. Avvalendosi di una propria banca che li supporti e avendo
sviluppato business nei più svariati settori, i keiretsu limitano la penetrazione in Giappone di
possibili partner commerciali stranieri. Pertanto sono necessarie riforme che aprano il mercato agli
investimenti e che tentino di limitare i monopoli o il dominio dei pochi.
Per promuovere riforme macroeconomiche che portino a un sostanziale cambiamento del sistema
giapponese, Abe ha ottenuto il consenso per entrare a far parte dei negoziati per l’allargamento del
Trans Pacific Partnership (TPP) come caldamente auspicatogli dall’amministrazione Obama.
Diventando membri del TPP si vuole promuovere il libero commercio nella zona pacifica asiatica e
americana per ottenere maggiori progressi nel settore agricolo, alimentare e farmacologico55.
Abe però si trova a dover affrontare il malcontento dei rappresentati del settore agricolo e ittico che,
in previsione di una deregolamentazione e più facile accesso dei prodotti stranieri sul suolo
nipponico, vedono minacciati i loro profitti. Più nello specifico i produttori di riso, categoria che
vanta uno scudo protettivo alle importazioni del 700%, vedrebbero compromesse le loro entrate per
colpa della concorrenza estera56.
Sono necessarie anche riforme che modifichino la struttura della sicurezza sociale giapponese per
riuscire a garantire alle donne maggior presenza nel mondo del lavoro. Se prendiamo in
considerazione Europa57 e Giappone58 vediamo che entrambe le nazioni mostrano valori simili
riguardanti una crescente presenza femminile nelle varie professioni. Però il gap di genere in
Giappone è quasi doppio a quello registrato nei Paesi del OECD e lo stipendio medio di una donna
54
SHIMOTANI Masahiro, Nihon no Keiretsu to Kigyō Gurupu: sono Rekishi to Riron (Keiretsu
giapponesi e gruppi aziendali: la loro storia e teorie), Tōkyō, Yūhikaku, 1993.
55
Matteo DIAN, Abenomics, rivoluzione neokeynesiana in Giappone, in “Limes Rivista Italiana di
Geopolitica”, 2013, http://temi.repubblica.it/limes/abenomics-rivoluzione-neokeynesiana-ingiappone/46457, 28-07-2014.
56
Aurelia George MULGAN, Japan’s TPP ‘shock’, East Asia Forum, 08-04-2013,
http://www.eastasiaforum.org/2013/04/08/japans-tpp-shock/, 20-08-2014.
57
Mark SMITH, Agnieszka PLASNA, Brendan BURCHELL, Jill RUBERY, Anthony
RAFFERTY, Janna ROSE, Laura CARTER, Women, men and working condition in Europe,
Eurofond Pubblication Office of the European Union, Luxembourg, 2013.
58
Chad STEINBERG, Masato NAKANE, Can women save Japan?, Washington, International
Monetary Fund, 2012.
20 è circa due terzi di quello percepito da un uomo59. Questa differenza salariale è dovuta alla
mancanza di presenza femminile negli alti livelli aziendali e al fatto che le donne non siano
rappresentate per aspirare a tali posizioni60.
Modificando il troppo rigido mercato del lavoro giapponese, facilitando il rientro delle donne al
lavoro dopo il parto con servizi di assistenza e asili con “attesa zero” per l’ingresso, si vuole anche
cercare di porre rimedio al sempre più incombente problema dell’invecchiamento della popolazione
e allo stesso tempo garantire uguali diritti a lavoratori maschi e femmine.
In data 24 giugno 2014 Abe ha rivelato altre nuove strategie per le riforme strutturali approvate
preventivamente dal Gabinetto.
Come primo obiettivo vi è la riduzione della corporate tax (tassa sulle società) dall’attuale 35% a
meno del 30% nell’arco di alcuni anni61. La riduzione della pressione fiscale sulle imprese è atta
alla creazione di nuova occupazione, cercando anche investimenti esteri, per portare crescita
economica. Questa misura va a lavorare in unione a quella riguardante l’aumento dell’IVA
necessario per ampliare le basi di gettito fiscale visti gli aumenti che si compieranno per le spese
della sicurezza sociale. Questo primo aumento dell’IVA non è stato, ovviamente, recepito in
maniera positiva dai lavoratori residenti in Giappone che non giustifica una riduzione fiscale per le
imprese se si vanno ad aumentare le tasse gravanti sui cittadini62. Abe spinge sul fatto che IVA e
tassa sulle società non siano connesse e che la seconda sia necessaria per spronare la crescita
economica.
Sempre in data 24 giugno 2014 Abe ha poi ripreso il discorso63 sulle zone economiche speciali nelle
quali promuovere la crescita di distretti imprenditoriali, concedendo alle società agevolazioni fiscali
e finanziarie. Queste aree, basandosi sul modello cinese di Shenzen, che da piccola cittadina
59
ibidem.
60
Siri Terjesen VAL SIGN, Female Presence on Corporate Boards: A Multi-Country Study of
Environmental Context, Journal of Business Ethics, 2008, pp. 55-63.
61
Tetsushi KAJIMOTO, Antoni SLODKOWSKI, Japan’s Abe unveils plans to cut corporate tax
rate to spur growth, in “Reuters”, 13-06-2014, http://www.reuters.com/article/2014/06/13/us-japaneconomy-abe-idUSKBN0EO0K320140613, 20-08-2014.
62
Jonathan SOBLE, Japan economy flounders after sales tax rise, Financial Times, 29-08-2014,
http://www.ft.com/intl/cms/s/0/a0a023c0-2f2f-11e4-a054-00144feabdc0.html, 02-09-2014.
63
Tetsushi KAJIMOTO, Antoni SLODKOWSKI, Japan’s Abe unveils plans to cut corporate tax
rate to spur growth, Reuters, 13-06-2014, http://www.reuters.com/article/2014/06/13/us-japaneconomy-abe-idUSKBN0EO0K320140613, 20-08-2014.
21 portuale è diventata un grande polo industriale, non si svilupperanno su tutto il territorio nazionale
ma solo in determinate regioni (probabilmente nelle aree di Tokyo, Osaka e Nagoya)64.
A riguardo delle riforme di lungo periodo molti critici sostengono che il governo Abe, formato dai
gruppi più conservativi del LDP, riuscirà a concretizzare le riforme solamente se quest’ultime non
andranno a intaccare e modificare lo status quo politico dei sostenitori del suo governo65. Il governo
dovrà pertanto soppesare bene ogni sua mossa in moda da mantenere sempre la maggioranza per
evitare la sfiducia.
Riuscirà il Giappone a portare avanti una costante e presente crescita economica che tirerà fuori il
Paese dalla deflazione? Quali rischi e quali possibili scenari dovrà prepararsi ad affrontare? Queste
le domande a cui la presente indagine intende rispondere.
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha realizzato un modello d’analisi per comparare le
implicazioni future di queste politiche economiche in uno scenario nel quale le tre frecce agiscano
in pieno relazionandosi tra di loro e uno nel quale i loro scopi siano vanificati66.
64
Il Governo Abe intende lanciare la ZES - Zona Economica Speciale - nelle mega citta' di Tokyo,
Osaka e Nagoya, info Mercati Esteri, 18-04-2014,
http://www.infomercatiesteri.it/highlights_dettagli.php?id_highlights=526, 02-09-2014.
65
Matteo DIAN, Abenomics, rivoluzione neokeynesiana in Giappone, in “Limes Rivista Italiana di
Geopolitica”, 2013, http://temi.repubblica.it/limes/abenomics-rivoluzione-neokeynesiana-ingiappone/46457, 28-07-2014.
66
World Economic Outlook, transitions and tension, International Monetary Fund, 2013, pp. 50-51.
22 Fig 5. Andamento PIL giapponese
fonte World Economic Outlook, transitions and tension, International Monetary Fund, 2013, pag
50.
Nel grafico in fig. 5 si vedono i possibili andamenti del PIL giapponese. La linea blu indica
l’andamento che il PIL seguirà basandosi sugli indici forniti dal FMI sullo sviluppo economico
mondiale, quella rossa l’andamento se le riforme introdotte dall’Abenomics troveranno completa
attuazione e quella gialla prospetta uno scenario nel quale le direttive auspicate per questo progetto
non saranno seguite. Dall’entrata in vigore del piano economico il PIL giapponese è cresciuto e si è
stabilizzato sui 2,5 punti percentuali67. Basandosi sulla linea rossa, nei successivi anni il PIL non
aumenterà ma anzi calerà sensibilmente, pur senza scendere al di sotto del 2%, a causa delle riforme
che saranno introdotte (tra le quali l’innalzamento dell’IVA al 10%) che rallenteranno la crescita
del prodotto interno lordo nazionale. Quando queste riforme saranno assorbite e metabolizzate dal
comparto industriale il PIL potrà aumentare e raggiungere le previsioni del 3% entro il 202068.
Se le tre frecce non collaborassero, il PIL potrebbe diminuire rapidamente negli anni a venire e
segnare indici in negativo69. La linea blu, basandosi sugli sviluppi economici globali, prospetta il
PIL nipponico comunque in leggere crescita, senza mostrare un’iniziale impennata e poi una
seguente diminuzione dell’indice.
67
ibidem.
68
ibidem.
69
ibidem.
23 Dopo la sua entrata in vigore a fine 2012 l’Abenomics aveva già portato alcuni cambiamenti
positivi. Il PIL del Paese era in crescita, la spesa pubblica in aumento e il livello di disoccupazione
era diminuito. Nel 2013 gli indici economici segnavano risultati positivi anche se non appena
l’indice Nikkei ha mostrato un cedimento abbastanza forte del 3,7% a giugno 2013 si era già
iniziato a parlare di Abecalypse nel caso la strategia economica dovesse rivelarsi infruttuosa. Nei
primi due trimestri del 2014 però, anche a causa dei rincari fiscali che il piano economico
prevedeva, il PIL è pesantemente diminuito e questo ha portato il Giappone a entrare in recessione
tecnica. Secondo Filippini, esperto di economia giapponese
La politica monetaria intrapresa dal premier Abe, che costituisce una delle tre frecce della Abenomics, ha prodotto
risultati importanti, nonostante il Nikkei abbia ceduto il 3% in seguito alla notizia delle recessione, dal momento che
l'indice di Borsa negli ultimi mesi è balzato da sotto 10mila punti a circa 17mila.70
La causa di questo calo economico per il 2014 è stata ricondotta alle riforme strutturali che sono
state affrontate dal Giappone con eccessiva timidezza; infatti solo poche di esse sono state portate a
termine71. Con questi dati alla mano Abe ha sciolto la camera bassa e indetto le elezioni popolari
per il 15 dicembre 2014. L’obiettivo di questa manovra è stato quello di consolidare la sua
posizione sia all’interno del governo sia tra gli elettori cercando di ottenere ancora la fiducia per
continuare la strada degli investimenti iniziati due anni fa. I dati ufficiali dopo le elezioni
(nonostante un’affluenza alle urne molto bassa) hanno confermato una schiacciante maggioranza
alla Camera bassa da parte della sua coalizione che si è aggiudicata 325 seggi sui 475 totali, oltre
quindi i due terzi, cosa che gli permetterà di avere ampi margini di manovra per affrontare la
questione economica. L’obiettivo è quello di sollecitare le imprese ad alzare i salari per sostenere i
consumi in modo da riattivare un circolo virtuoso prima dell’altro aumento dell’IVA al 10% slittato
ad aprile 201772. La politica fiscale di Abe dovrà aumentare il gettito fiscale per ridurre debito
pubblico e deficit e allo stesso tempo stimolare i consumi.
70
Francesco, BISOZZI, Dall'Abenomics all'Abecalypse, la lezione per Renzi. Intervista a Carlo
Filippini, in “Economia e Finanza Il Messaggiero.it”, 20-11-2014,
http://economia.ilmessaggero.it/economia_e_finanza/abenomics-abecalypse-lezione-renziintervistacarlo-filippini/1022534.shtml, 01-12-2014.
71
ibidem.
72
Giappone, Abe vince le elezioni e riconquista maggioranza, Ansa.it Mondo, 15-12-2014,
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2014/12/14/giappone-abe-riconquista-lamaggioranza_c8d8e5cb-01d4-410c-861e-217ebe389b9e.html, 15-12-2014.
24 Con i dati in possesso è difficile dire se l’Abenomics riuscirà nel medio-lungo termine a risollevare
le sorti economiche del Giappone. Nel breve termine l’Abenomics ha portato miglioramenti ma
sono sorti anche dubbi dopo l’entrata in azione delle prime due frecce e adesso bisogna vedere
come saranno portate avanti le riforme della terza freccia annunciate da Abe a fine luglio 2013.
Pur non agendo direttamente sulle politiche monetarie e fiscali, le riforme strutturali sono quelle che
determinano l’attuazione completa delle prime due frecce.
Le modifiche del rigido sistema lavorativo giapponese assieme alla ratifica di possibili trattati con
altri stati sono elementi necessari per rilanciare l’economia. Se si conta poi che il Giappone dovrà
organizzare i prossimi giochi olimpici del 2020, è auspicabile che siano fatte riforme anche per
consentire un più facile ingresso ai lavoratori stranieri e che più compagnie estere possano portare i
loro investimenti in Giappone.
2. Misure non tariffarie: ostacoli alle penetrazioni commerciali estere
Gli studi sull’economia giapponese degli ultimi decenni da parte di Katz73 e Gao74, dimostrano che
il Paese ha perso rilevanza commerciale e attrattività nei confronti di società straniere. Lo studio di
Sunesen, Francois e Thelle75 ha evidenziato che il traffico di merci e servizi dall’Europa verso il
Giappone e viceversa è molto limitato rispetto alle potenzialità dei due Paesi.
Il Giappone ha gradualmente perso importanza come destinazione delle esportazioni europee
nell’ultimo decennio.
73
Richard KATZ, The System That Soured: The Rise and Fall of the Japanese Economic Miracle,
New York, M. E. Sharpe, 1998.
74
Bai GAO, Japan’s Economic Dilemma: The Institutional Origins of Prosperity and Stagnation,
Cambridge, Cambridge University Press, 2001.
75
Eva R. SUNESEN, Joseph F. FRANCOIS, Martin H. THELLE, Assessments of barriers to trade
and investment between the EU and Japan, Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009.
25 Fig 6. Più importanti destinazioni per l’export europeo
fonte: Copenhagen Economic basato su dati Eurostat, 2009.
Nel 2002 il Giappone era la seconda meta per le esportazioni europee dopo gli USA ma nel 2003 è
stato sorpassato dalla Cina e abbiamo assistito ad altri sorpassi di posizioni portati avanti nei due
anni seguenti da Russia e Turchia che hanno fatto arrivare il Giappone a essere il quinto Paese con
il quale l’Europa intrattiene relazioni commerciali76. Questo declino è spiegabile dato il rapido
sviluppo di economie ancora giovani o non sature come quella cinese, russa e turca che hanno
mostrato rapidi miglioramenti negli anni precedenti mentre il Giappone soffriva un basso livello di
crescita economica.
Questo calo di attrattività del Giappone è dato anche dai limiti ai commerci con l’Europa che sono
di molteplice entità e natura.
Il Giappone è un Paese nel quale la barriera linguistica, assieme alle sue peculiarità socio-culturali,
può ostacolare e condizionare attori che non padroneggino la lingua e che non conoscano le usanze
e i convenevoli da utilizzare. Solo il 12% dei giapponesi padroneggia un buon inglese commerciale
e solamente pochi europei hanno padronanza della lingua giapponese 77 . Esistono poi limiti
strettamente riconducibili alle dinamiche commerciali internazionali.
La localizzazione geografica del Giappone rispetto all’Europa, per esempio, lo rende un Paese
raggiungibile solamente tramite via aerea o navale che, dati gli elevati costi, può frenare i business
di nuova formazione o con budget limitato. I trasporti dall’Europa verso il Giappone impiegano in
media tre volte il tempo necessario alle merci europee per raggiungere gli Stati Uniti. Solo questo
76
ibidem.
77
Eva R. SUNESEN, Joseph F. FRANCOIS, Martin H. THELLE, Assessments od barriers to trade
and investment between the EU and Japan, Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009, p. 58.
26 fattore riduce le esportazioni europee nel Sol Levante del 15-20% se comparato con gli scambi
europei intrattenuti con gli USA78.
Se fattori quali le differenze sociolinguistiche e quelli collegati alle pure logiche del commercio
estero sono la causa di alcune limitazioni per i commerci tra Europa e Giappone, ci sono però
situazioni alle quali queste problematiche non possono essere ricondotte e devono trovare la causa
del loro essere nelle NTM.
Con il termine di misure non tariffarie si intendono quelle regolamentazioni non fiscali del
commercio estero aventi l’obiettivo di limitare le quantità importate di merci in un Paese79.
Questa definizione comprende le certificazioni di conformità, gli standard tecnici, le procedure
doganali, le restrizioni alla distribuzione, normative sui prezzi e sui rimborsi, questioni relative agli
appalti pubblici e le proprietà intellettuali.
Queste barriere hanno anche un carattere limitativo all’ingresso di lavoratori esteri e, nonostante
abbiano l’effetto di ridurre l’ingresso di merci che potrebbero compromettere l’andamento
economico di una nazione per svariati fattori, sono state introdotte con l’intento primario di tutela
della popolazione da un punto di vista della sicurezza e della salute pur andando a ostacolare gli
scambi commerciali con l’estero80.
Le NTM limitano poi gli investimenti nel settore dell’ordine e della sicurezza pubblica nazionale e
rendono difficili gli investimenti in aziende nel settore dei servizi (gas, elettricità, sistema postale,
sistema ferroviario). Nel caso riguardino gli investimenti effettuati sul territorio nazionale, hanno
bisogno di un’approvazione preventiva nell’eventualità che quest’ultimo porti a un cambiamento
delle condizioni economiche del Paese81. Infatti, l’efficacia del triangular merger giapponese, ossia
lo schema triangolare che permette a compagnie straniere di offrire loro azioni come corrispettivo
per fusioni e acquisizioni cross border nel caso in cui siano già presenti in Giappone con una società
sussidiaria, è minacciata dalle norme che disciplinano il differimento delle imposte sulle
78
ibidem.
79
Non-tariff measures, International Trade Centre, http://www.intracen.org/itc/market-info-
tools/non-tariff-measures/ 05-09-2014.
80
Understanding NTMs, International Trade Centre, http://www.intracen.org/itc/market-info-
tools/non-tariff-measures/understanding-ntms/, 05-09-2014.
81
Procedural obstacles, International Trade Centre, http://www.intracen.org/itc/market-info-
tools/non-tariff-measures/procedural-obstacles/, 05-09-2014.
27 plusvalenze82. Questo tipo di azione, che avrebbe lo scopo di promuovere gli IDE, è ostacolata da
rigidi requisiti di fattibilità (tra acquirente e compagnia target) richiesti dalle autorità giapponesi per
controllare il pagamento delle imposte e i movimenti di capitali83.
L’effetto ottenuto dall’entrata in vigore delle NTM è l’aumento dei costi di produzione che
un’impresa deve farsi carico. Non essendo più possibile giocare la carta del cambio favorevole per
riuscire a rendere più attraenti i prodotti, le società devono affrontare una scelta; diminuire i propri
margini di profitto o aumentare il prezzo dei prodotti per fronteggiare la maggiorazione di costo alla
barriera. Quanto appena delineato va a incidere sulla loro competitività all’estero.
Le NTM in Giappone creano nuovi costi ma soprattutto impattano sulla capacità che hanno le
società straniere di offrire la loro gamma di prodotti nel modo più rapido.
Un abbassamento delle NTM renderebbe quindi più facile l’accesso di beni in territorio nipponico e
aprirebbe le porte a nuove forme di competitività commerciale84.
Riducendo il livello delle NTM si potrebbe assistere a una ripresa degli scambi commerciali tra
Europa e Giappone. Si sta tentando di rimuovere queste regolamentazioni non per il fatto che esse
portino a incrementare i costi dei commerci; piuttosto perché è difficile a volte riconoscere se
quest’ultime agiscano più per interessi pubblici o protezionistici85.
2.1. Identificazione delle NTM in Giappone
Nello studio di Sunesen, Francois e Thelle86 è stilata una lista delle misure non tariffarie che
interessano i beni e i servizi europei verso il Giappone. L’elenco è stato redatto analizzando
l’impatto che queste limitazioni hanno sui commerci, cercando di trovare le problematiche che
hanno richiesto l’introduzione di queste misure, ritrovando i provvedimenti che possano evitarne
82
William R. HUSS, Yuji IWANAGA, Mariko OSAWA, Japan’s New Triangular Merger RulesAcquisition of Japanese Companies Through Share Exchanges, Pillsbury Winthrop Shaw Pittman,
Vol. 0400, no 4001, 2007.
83
ibidem.
84
Bjorn KONGSTAD, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC Report on the
Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan, Tokyo, 2014.
85
Procedural obstacles, International Trade Centre, http://www.intracen.org/itc/market-info-
tools/non-tariff-measures/procedural-obstacles/, 05-09-2014.
86
Eva R. SUNESEN, Joseph F. FRANCOIS, Martin H. THELLE, Assessments of barriers to trade
and investment between the EU and Japan, Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009, pp. 134141.
28 l’utilizzo e infine identificando i metodi per poter correggere e rimediare ai problemi sorti con
l’utilizzo delle NTM. Da questa ricerca sono emerse 194 misure non tariffarie.
Fig 7. NTM che interessano i commerci in Giappone
fonte Copenhagen Economics, 2009
4 misure sono state identificate all’interno del settore agricolo, 99 in quello industriale, 62 nei
servizi e 29 nel settore cross cutting (per esempio le procedure doganali che interessano tutti i
settori commerciali)87. Da questa prima macrodivisione si nota che il maggior numero di NTM
applicate ai commerci in Giappone si trova proprio nel settore più importante che traina l’intera
economia giapponese; quello secondario.
Millington spiega che sul settore delle autovetture gravano pesanti tasse sulle importazioni quali la
Automobile Acquisition Tax e la Tonnage Tax. In più il settore delle minicar in Giappone, che
presenta parametri per dimensioni e cilindrata dei veicoli rispettati solo dal Giappone, vanta
trattamenti fiscali favorevoli e
the unique Japanese system of classifying vehicles shuts European compact cars out of 39% of the passenger car
market.88.
Il settore edile riscontra problematiche a riguardo delle certificazioni delle classi energetiche degli
edifici che non sono ancora paragonabili agli standard europei e a riguardo dei differenti criteri
87
Eva R. SUNESEN, Joseph F. FRANCOIS, Martin H. THELLE, Assessments od barriers to trade
and investment between the EU and Japan, Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009, p. 37.
88 Anthony
MILLINGTON, Automobiles, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC
Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan,
Tokyo, 2014, pp. 68-69.
29 sull’isolamento termico delle abitazioni che, se il Giappone si conformasse alla normativa europea,
permetterebbe un ingente risparmio energetico e di emissione di CO289.
Anche il settore alimentare trova molte problematiche all’importazione. La prima limitazione è data
dagli alti dazi imposti. Ogni giorno si compra cibo; pertanto il prezzo è un fattore cruciale che fa
propendere i compratori verso un prodotto o un altro. I prodotti confezionati europei subiscono un
alto rincaro, a volte anche il doppio del loro prezzo d’acquisto (ne sono esempio il burro, formaggio
e cioccolato) e per questo è molto difficile trovare nei supermercati giapponesi un vasto
assortimento di prodotti confezionati provenienti dall’estero90. Il secondo fattore riguarda tutti quei
protocolli sanitari e di certificazione dei prodotti che in Giappone non sono ancora stati introdotti.
Japan remains “out of sync” with other countries, in that the majority of food additives and enzymes declared safe by
the Food and Agriculture Organisation (FAO) and the World Health Organisation (WHO) are still not approved in
Japan91.
Gli alcolici invece incontrano problemi causati dalla differente classificazione alcolica che il
Giappone usa rispetto all’Europa. La definizione di birra è diversa rispetto a quella utilizzata negli
altri Stati del mondo (il Giappone non valuta il tasso alcolico della birra ma il contenuto di malto in
essa, fattore che sottopone le birre europee al dazio più alto)92. Il vino invece trova alti costi
all’importazione.
Japan continues to impose tariffs on both sparkling wine (182 yen/litre) and still wine (125 yen/litre), which are around
five and three times higher, respectively, than the levels imposed in the EU93.
89
Guido TARCHI, Construction, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC Report on
the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan, Tokyo, 2014,
pp. 78-79.
90
Olivier CONVERT, Food & Agricolture, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC
Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan,
Tokyo, 2014, pp. 64-66.
91
ibidem. 92
James PATON, Liquor, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC Report on the
Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan, Tokyo, 2014, pp.
62-63.
93
ibidem. 30 Raggruppando le NTM del settore secondario in base al loro tipo notiamo che il regolamento che
appare più frequentemente è quello che riguarda gli ostacoli tecnici agli scambi commerciali
(technical barriers to trade).
Fig 8. NTM giapponesi suddivise secondo i problemi individuati
fonte Copenhagen Economics basato sull’inventario IPSI delle NTM giapponesi, 2009.
Su un totale di 99 NTM, le barriere tecniche vengono menzionate 65 volte.
I principali problemi di natura tecnica che bloccano l’ingresso delle merci in Giappone sono i
differenti standard di certificazione e omologazione di componenti e prodotti, la mancanza di
riconoscimento reciproco dei prodotti certificati e venduti nel Paese d’origine e anche la mancata
chiarezza e imparzialità di alcune norme giuridiche proprie del Giappone. Per esempio, a riguardo
del settore dei cosmetici Ellsworth spiega
European companies face challenges in bringing cosmetic and quasi-drug products to them in an efficient manner due
to Japan’s lack of regulatory transparency, the low degree of harmonisation between its product standards and those
used in other parts of the world, and its unnecessarily complex approval and manufacturing requirements94.
Kracklauer spiega che per il settore dei componenti per autoveicoli, soprattutto per gli pneumatici
94
Bruce J. ELLSWORTH, Cosmetics & Quasi-Drugs, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking
Action, The EBC Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business
Council in Japan, Tokyo, 2014, pp. 58-60. 31 even though the Japanese authorities deem European tyres to be safe, some differences still exist between UNECE and
Japanese regulations for tyres of commercial vehicles, which can lead to uncertainties about what is really allowed95.
Fig 9. NTM giapponesi suddivise per solvibilità
fonte inventario della Copenhagen Economics sulle NTM giapponesi, 2009.
nota: La categoria "Solo risolvibile con riforme interne" coinvolge le barriere commerciali che
sono interamente riconducibili alle economie svolte in Giappone; la categoria "risolvibili in
combinazione con riforme interne" comprende le barriere che coinvolgono sia tematiche
commerciali che no; la categoria "risolvibili con gli strumenti di politica commerciale" comprende
puramente barriere commerciali al commercio.
Se si vuole invece distinguere le NTM per settore che colpiscono ma soprattutto per il loro livello di
solvibilità, si può notare che, per tutti i settori coinvolti, la maggior parte delle NTM sono superabili
solo in combinazione con riforme interne che dovrebbero essere accompagnate in seguito da un
FTA fra Stati96. Ne sono esempio il settore farmaceutico dove il Giappone non è ancora allineato
95
Richard KRACKLAUER, Automotive Components, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action,
The EBC Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in
Japan, Tokyo, 2014, pp. 70-71.
96
Eva R. SUNESEN, Joseph F. FRANCOIS, Martin H. THELLE, Assessments of barriers to trade
and investment between the EU and Japan, Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009, p. 38.
32 con il sistema ISO14155 che riguarda i dispositivi medici97 oppure quello alimentare nei quali la
maggior parte delle problematiche all’importazione è dovuta ai differenti sistemi di tassazione delle
merci (settore vinicolo98) e certificazione dei prodotti (carni bovine99), risolvibili innanzitutto con
una revisione delle procedure nazionali e poi con l’approvazione del FTA Europa-Giappone tuttora
in discussione.
A seguire troviamo regolamentazioni risolvibili solo con l’introduzione di riforme domestiche e
alcune risolvibili solamente con strumenti di politica commerciale.
Fig 10. NTM giapponesi che colpiscono il settore dei servizi
fonte Copenhagen Economics basato sull’inventario IPSI delle NTM giapponesi, 2009.
nota dell’inventario IPSI: La categoria "Solo risolvibile con riforme interne" coinvolge le barriere
commerciali che sono interamente riconducibili alle economie svolte in Giappone; la categoria
"risolvibili in combinazione con riforme interne" comprende le barriere che coinvolgono sia
tematiche commerciali che no; la categoria "risolvibili con gli strumenti di politica commerciale"
comprende puramente barriere commerciali al commercio.
97
Danny RISBERG, Medical Equipment, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC
Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan,
Tokyo, 2014, pp. 52-53.
98
James PATON, Liquor, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC Report on the
Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan, Tokyo, 2014, pp.
62-63.
99
Olivier CONVERT, Food & Agricolture, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC
Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan,
Tokyo, 2014, pp. 64-66.
33 Parlando di NTM che colpiscono il settore dei servizi, lo studio differenzia quest’ultime in tre
categorie.
A seconda che influenzino solamente i fornitori esteri (sottolineato nel testo come un
“atteggiamento discriminatorio”) o che colpiscano sia i fornitori locali che quelli stranieri e a
seconda della loro influenza sui prezzi dei servizi e sul costo dei fornitori dei servizi già presenti sul
mercato100.
Lo studio ha riscontrato 62 NTM riguardanti i servizi e la maggior parte di queste colpisce, in
maniera discriminatoria, i fornitori di servizi che agiscono sul mercato giapponese. Tra queste NTM
ce ne sono alcune che fungono da barriere agli IDE stranieri. Il settore che più risente della presenza
di queste regolamentazioni è quella dei servizi finanziari101.
Quest’ultimo risulta essere il più “colpito” a causa delle differenze normative tra Europa e
Giappone che riguardano l’amministrazione e il ciclo dei processi delle varie banche, compagnie
assicuratrici, eccessivi e non trasparenti oneri amministrativi per le imprese e molti altri102. Infatti,
secondo Sauvage
The regulatory environment in Japan imposes unnecessary and costly burdens on investment management service
providers, which stifle innovation and yield inefficiencies in resource allocation, to the detriement of Japanese
consumers103.
Anche per il settore dei servizi la maggior parte delle problematiche (47) legate alle NTM è
risolvibile solo combinando riforme domestiche ad accordi di libero scambio con gli Stati
partner104.
Per esempio, per limitare la diffusione di beni di lusso contraffatti e salvaguardare i diritti di
proprietà intellettuali (Intellectual Property Rights, IPR) il Giappone si sta già attuando per
introdurre nuove leggi ed emendando legislazioni esistenti e assieme a ciò
100
Eva R. SUNESEN, Joseph F. FRANCOIS, Martin H. THELLE, Assessments of barriers to trade
and investment between the EU and Japan, Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009, p. 41.
101
ibidem.
102
ibidem.
103
Nicolas SAUVAGE, Asset Management, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC
Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan,
Tokyo, 2014, pp. 28-29.
104
Eva R. SUNESEN, Joseph F. FRANCOIS, Martin H. THELLE, Assessments of barriers to trade
and investment between the EU and Japan, Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009, p. 42.
34 the EBC calls on the EU and Japan to ensure that IPR issues are taken up in their mutual FTA/EPA negotiations with a
view to improving the current situation and creating common rules that may provide solutions to some of the problems
described above105.
Fig 11. Indice di restrittività delle NTM secondo le società europee
fonte Copenhagen Economics, 2009.
nota: scala di valore in cui 1 indica un basso livello di restrizione mentre 5 un livello massimo,
fonte sondaggio della Copenhagen Economics rivolto alle società europee che esportano in
Giappone
Il sondaggio della Copenhagen Economics ha poi chiesto alle aziende europee quali fossero le
problematiche principali nelle esportazioni in Giappone106. Sempre alle società è stato chiesto poi di
determinare quale NTM influisca in modo più restrittivo rispetto alle altre negando quindi la
possibilità d’investimento in Giappone. Il sistema burocratico nipponico, farraginoso e dai costi
elevati che rende complesse le azioni economiche, è risultato essere la prima problematica per le
società straniere. A questa seguono gli standard di valutazione di conformità delle merci e le regole
105
Laurent DUBOIS, Intellectual Property, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC
Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan,
Tokyo, 2014, pp. 16-17.
106
Eva R. SUNESEN, Joseph F. FRANCOIS, Martin H. THELLE, Assessments of barriers to trade
and investment between the EU and Japan, Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009, pp. 45-46.
35 che determinano i prezzi e le misure di controllo quantitativo107. Questi risultati sono stati ottenuti
sommando tutte le risposte delle aziende che hanno partecipato al sondaggio. Però, se si volessero
analizzare i risultati da un punto di vista settoriale, si noterebbe che, per esempio, il settore
farmaceutico108 risente degli standard di conformità e del sistema prezziario e nel caso del settore
alimentare109 e degli autoveicoli110 invece le problematiche più frequenti sono quelle che limitano il
quantitativo di merci all’ingresso.
Mentre sono stati fatti grandi progressi nell’abbassamento delle barriere tariffarie per gli scambi
internazionali, la rilevanza politica delle NTM è aumentata. Le regolamentazioni non sono così
facili da rimuovere come i dazi. In molti casi hanno scopi legittimi e possono lavorare per facilitare
gli scambi istituendo regole e standard comuni e migliorare il benessere dei consumatori, o per la
protezione contro i rischi per la salute e la sicurezza. Alcune regole possono anche richiedere costi
più alti sui prodotti esteri per potersi attenere alle regolamentazioni e agli standard nazionali111.
Finché esistono molte ragioni per le regolamentazioni internazionali (inclusi fattori geografici,
linguistici, culturali e storici), assumere che tutte le NTM e le divergenze regolamentari si possano
uniformare è impensabile. Bisogna essere consapevoli che ci saranno sempre dei costi riconducibili
alle misure commerciali. Il mercato interno europeo sta cercando di realizzare il tentativo di più
vasta portata fino a oggi realizzato di riduzione dei costi commerciali per l’armonizzazione e il
riconoscimento reciproco delle norme negli Stati membri. Ciò implica che l’Europa può essere vista
come un punto di riferimento di ciò che è realizzabile in termine di riduzione dei costi commerciali
NTM.
107
ibidem.
108
Carsten BRUNN, Pharmaceuticals, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC
Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan,
Tokyo, 2014, pp. 54-55.
109
Olivier CONVERT, Food & Agricolture, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The
EBC Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan,
Tokyo, 2014, pp. 64-66.
110
Anthony MILLINGTON, Automobiles, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC
Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan,
Tokyo, 2014, pp. 68-69. 111
Procedural obstacles, International Trade Centre, http://www.intracen.org/itc/market-info-
tools/non-tariff-measures/procedural-obstacles/, 05-09-2014.
36 È bene notare che la sola liberalizzazione tariffaria non porterà a sostanziali benefici in Europa e
Giappone.
La riduzione dei costi delle NTM è la condizione base dalla quale partire per fare in modo che un
FTA abbia effetto per entrambi i Paesi. Molte di queste procedure hanno a che fare con differenze
normative sulle regolamentazioni che più volte non possono essere modificate su una sola base
bilaterale e che una volta messe in atto coinvolgeranno anche Paesi terzi. Perciò la riduzione dei
costi NTM opera anche seguendo i dettami della clausola della nazione più favorita.
Un accordo di libero scambio con l’Europa, che definisca reciproche riduzioni delle tariffe
doganali, è il passo necessario per sormontare queste problematiche che impediscono e rallentano
gli scambi commerciali e bloccano la crescita economica di entrambi i Paesi.
3. Economic partnership Europa-Giappone, stipula di un FTA tra i due Paesi
Un ulteriore sforzo per riportare in forma l’economia nipponica e promuovere le esportazioni
europee lo si sta vedendo attraverso la sempre più prossima ratifica di un FTA tra Europa e
Giappone.
Nel luglio 2012 la Commissione Europea ha chiesto il consenso degli Stati membri per creare un
accordo FTA con il Giappone112. Karel De Gucht, commissario europeo per il commercio durante il
secondo mandato di Josè Barroso, sosteneva che la priorità era quella di riuscire ad affrontare le
barriere non tariffarie giapponesi in modo da permettere all’Europa di avere libero accesso al
mercato giapponese. Nel novembre dello stesso anno il Consiglio ha autorizzato la Commissione a
iniziare i negoziati113. Il primo round di trattative si è tenuto a Bruxelles tra il 15 e il 19 marzo 2013.
I firmatari del presente documento chiedevano con forza che Europa e Giappone avviassero al più
presto le negoziazioni per un FTA quanto più completo possibile. Un accordo di questo tipo
produrrà significativi effetti positivi e contribuirà allo sviluppo sia europeo che giapponese.
Un FTA con il Giappone ha la potenzialità di migliorare l’accesso al mercato e la coerenza
normativa, e quindi espandere il commercio e gli investimenti, aumentare la produttività,
112
Karel DE GUCHT, Why we should open free trade negotiations with Japan, in “European
Commission”, Bruxelles, 18-07-2012, http://europa.eu/rapid/press-release_SPEECH-12562_en.htm?locale=en, 10-07-2014.
113
EU-Japan Free Trade Agreement: Commissionier De Gucht welcomes Member State’s green
light to start negotiations, European Commission, Bruxelles, 29-11-2012,
http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-12-930_en.htm, 10-07-2014.
37 contribuire a una migliore competitività per entrambe le economie, promuovere una crescita
economica e possibilmente aumentare l’occupazione114.
Il negoziato da molta importanza alla rimozione degli ostacoli normativi per far sì che l’Europa
possa giocare in maniera più libera sul mercato nipponico in un’ottica di una futura eliminazione in
parallelo dei dazi europei e delle barriere non tariffarie giapponesi115. Durante la prima settimana di
maggio 2014 è avvenuto il quinto incontro fra Herman Van Rompuy e Josè Manuel Barroso (in
rappresentanza per l’Europa) e Shinzo Abe (per il Giappone) che ha portato a uno scambio di
offerte per aprire il proprio mercato verso quello del Paese partner116. Grazie al meeting sono stati
consolidati i punti portati avanti fino a questo momento e sono stati aggiunti nuovi argomenti di
discussione. Le trattative discusse hanno riguardato temi quali sistema tariffario, regole anti
dumping, sovvenzionamenti, misure di tutela bilaterali, protezione della proprietà intellettuale e
regole sulla sicurezza e sull’igiene117.
Si è parlato anche del mercato dei servizi e degli investimenti, collegandoli allo sviluppo sostenibile
di entrambe le società.
Stando al sesto incontro tra i due Paesi iniziato il 07 luglio 2014 le controparti hanno portato avanti
la discussione sulle barriere tariffarie118. L’Europa spinge per riuscire a facilitare l’ingresso in
Giappone di molti prodotti del settore alimentare (che subiscono la più alta pressione fiscale
all’ingresso nel Sol Levante) mentre il Giappone chiede a sua volta che siano ridotti gli oneri fiscali
che gravano sul settore automobilistico e dei prodotti elettronici per incrementare il loro export119.
114
ibidem.
115
ibidem.
116
EU-Japan relations and the 22nd EU-Japan Summit, European Commission, Bruxelles, 07-05-
2014, http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-14-332_en.htm, 10-07-2014.
117
ibidem.
118
EU-Japan talks on track after the one-year-on review, European Commission, Bruxelles, 11-07-
2014, http://trade.ec.europa.eu/doclib/press/index.cfm?id=1124&title=EU-Japan-talks-on-trackafter-the-one-year-on-review, 30-07-2014.
119
ibidem.
38 3.1. Impatto del FTA Europa-Giappone
Per dare un’idea della rilevanza del possibile accordo sono riportati di seguito alcuni dati sintetici
che indicano quelli che potranno essere i progressi economici che ne deriveranno120.
EUROPA
GIAPPONE
PIL
+0.34% – +1.88%
+0,27% – +0,67%
ESPORTAZIONI
+1,2% – +6%
+3,8% – +7,4%
IMPORTAZIONI
+1,2 – +3%
+4,5% – +8,6%
fonte Commission Staff Working Document Impact Assessment Report on EU-Japan Trade
Relations, 2012.
nota: le percentuali riportate si riferiscono ai vari livelli di attuabilità del FTA; a seconda che si
verifichino riduzioni delle tariffe doganali uguali o dissimili per entrambi gli Stati
Questo tipo di negoziato permetterebbe all’Europa di superare quelle barriere non tariffarie che
costituiscono un serio ostacolo al commercio internazionale nella misura in cui gli operatori esteri
debbano adeguarsi alla normativa del Paese importatore. L’idea di un FTA Europa-Giappone nasce
anche dalla consapevolezza che il Giappone è il maggior investitore in Europa.
Un accordo di libero scambio con il Giappone promuoverebbe l’economia europea dello 0.8%,
l’export verso il Giappone del 32,7% mentre le esportazioni giapponesi in Europa aumenterebbero
del 23,5% andando così a creare 400mila nuovi posti di lavoro come risultato dell’accordo121.
Ci sono grandi potenzialità per i business europei in Giappone.
120
Commission Staff Working Document Impact Assessment Report on EU-Japan Trade Relations,
European Commission, Bruxelles, 18-07-2012,
http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2012/july/tradoc_149809.pdf, 30-07-2014.
121
Commission proposes to open negotiations for a Free Trade deal with Japan, European
Commission, Bruxelles, 18-07-2012, http://trade.ec.europa.eu/doclib/press/index.cfm?id=823, 3007-2014.
39 Fig 12. Andamento degli scambi commerciali Europa-Giappone
fonte
European
Commission,
EU-Japan
“trade
in
good”
http://ec.europa.eu/trade/policy/countries-and-regions/countries/japan/, 2014.
statistics,
Nel 2010 si è assistito a un recupero dell’export verso il Giappone dopo cinque anni nei quali gli
indici erano in calo122. L’export europeo ha raggiunto un fatturato di 49 miliardi di euro, la maggior
parte dei quali nel settore dei macchinari e mezzi di trasporto, prodotti chimici e agricoli123.
L’export ha poi continuato a crescere anche nel 2012 e 2013. Ciò dimostra che, nonostante le
problematiche economiche nelle quali versa ancora l’intero Vecchio Continente, il fronte delle
esportazioni è un settore che rimane ancora competitivo.
Il trend degli IDE si è dimostrato molto dinamico tra gli anni 2006 e 2009, passando da un bilancio
in negativo di 17,8 miliardi di euro nel 2006 a uno in positivo di 1,1 miliardi di euro nel 2009124.
Nel capitolo sulla percezione delle barriere non tariffarie da parte delle aziende europee nello studio
della Copenhagen Economics125, tre quarti delle aziende interrogate vedono il mercato giapponese
come il più difficile da penetrare rispetto a un qualsiasi altro Paese.
Per i due terzi di queste società, le esistenti barriere non tariffarie riducono la varietà dei beni che
potrebbero commercializzare sul mercato nipponico e aumentano il costo delle esportazioni in
Giappone in media dal 10 al 30 per cento a seconda del settore.
122
Total goods: EU Trade flows and balance, annual data 2004-2013, European Commission, 2708-2014, http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2006/september/tradoc_113403.pdf, p.4, 03-09-2014.
123
ibidem.
124
Commission proposes to open negotiations for a Free Trade deal with Japan, European
Commission, Bruxelles, 18-07-2012, http://trade.ec.europa.eu/doclib/press/index.cfm?id=823, 3007-2014.
125
Eva R. SUNESEN, Joseph F. FRANCOIS, Martin H. THELLE, Assessments of barriers to trade
and investment between the EU and Japan ,Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009, pp. 45-46.
40 Dal sondaggio 126 si evince che il Giappone rappresenta una destinazione d’investimento di
considerevole interesse per l’Europa però si percepisce allo stesso tempo l’esistenza di un
potenziale sviluppabile che sta al di fuori delle capacità d’entrambi i Paesi.
Basandosi su un CGE creato da Sunesen, Francois e Thelle127 (computable general equilibrium
model) per calcolare come l’economia possa reagire a questi mutamenti, la Commissione Europea
ha realizzato uno studio per calcolare l’impatto di un possibile FTA tra Europa e Giappone128.
Per poter analizzare l’impatto di un FTA Sunesen et al. hanno simulato due tipi di scenari possibili;
uno che preveda la riduzione del costo dei commerci generato dalle misure NTM (scenario
conservativo) e uno che preveda la totale eliminazione dei dazi sulle merci (scenario ambizioso)129.
Per entrambe le due versioni sono stati calcolati uno scenario simmetrico di abbassamento degli
oneri tariffari e uno asimmetrico.
Lo scenario conservativo presenta una riduzione di massimo un quarto dei dazi creati dalle NTM.
La versione asimmetrica di questa opzione propone di ridurre del 20% le tariffe doganali che
interessano tutti i prodotti e servizi all’arrivo in Giappone, del 6,6% i dazi sui beni in arrivo in
Europa e del 20% quelli sui servizi in arrivo nel Vecchio Continente130.
La versione simmetrica invece prevede che per entrambi gli Stati partner vengano abbassati i dazi in
entrate di merci e servizi del 20% del loro valore.
Lo scenario ambizioso propone il dimezzamento delle tariffe doganali applicate. La versione
asimmetrica propone di ridurre del 50% le tariffe doganali che interessano tutti i prodotti e servizi
all’arrivo in Giappone, del 16,5% i dazi sui beni in arrivo in Europa e del 50% quelli sui servizi in
arrivo nel Vecchio Continente131. La versione simmetrica invece prevede il dimezzamento degli
oneri doganali per entrambi i Paesi.
126
ibidem.
127
Eva R. SUNESEN, Joseph F. FRANCOIS, Martin H. THELLE, Assessments of barriers to
trade and investment between the EU and Japan, Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009, pp.
68-69.
128
Commission Staff Working Document Impact Assessment Report on EU-Japan Trade Relations,
European Commission, Bruxelles, 18-07-2012,
http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2012/july/tradoc_149809.pdf, pp. 30-45, 30-07-2014.
129
ibidem.
130
ibidem.
131
ibidem.
41 Fig 13. Impatto economico dei possibili scenari di riduzioni fiscali
fonte Commission Staff Working Document Impact Assessment Report on EU-Japan Trade
Relations, 2012.
Under these conservative scenarios, the Copenhagen Economics 2011 model predicts GDP increases for the EU of
0.34% by 2020 in the case of asymmetric NTM cost reductions (or 0.75% assuming symmetric NTM cost reductions).
For Japan, the magnitude of the increase is about 0.27% in either case. […] Most of the gains for NTM cost reduction
stem from the spill-over effect of overall – as opposed to purely bilateral – liberalisation, hence the higher gains for the
EU in the symmetric scenario, whereas for Japan the difference is very small.
Under the ambitious scenarios, the model predicts GDP increases for the EU of 0.8% in the case of asymmetric NTM
cost reductions (or 1.9% assuming symmetric NTM cost reductions). For Japan, GDP increases amount to 0.7%.[…]
For Japan, the comparable amounts are €13.2 billion for asymmetric NTM cost reductions and €18.3 billion Euros for
symmetric NTM cost reductions.
Under this ambitious scenario, with asymmetric cost reductions from NTMs, EU exports to Japan would increase by
32.7%, while Japan export to the EU would increase by 23.5%.132
L’analisi economica proposta dal modello mostra che, grazie a questa liberalizzazione commerciale,
sia l’economia giapponese sia quella europea beneficerebbero di questi sgravi sulle tariffe doganali.
La cancellazione di alcune barriere commerciali gioverebbe alla competitività di alcuni prodotti sui
mercati esteri. Aiuterebbe anche a promuovere l’entrata di aziende europee nei settori delle
132
ibidem.
42 telecomunicazioni133 e dell’elettronica134 che a loro volta influenzerebbero il mercato del lavoro
andando a creare nuovi posti occupazionali. Un settore invece che non ne trarrebbe beneficio ma
anzi sarebbe posto in svantaggio è quello automobilistico che risentirebbe della pressione posta
dalla sua controparte europea che non avrebbe più (o ne avrebbe in quantità minore) ostacoli alla
penetrazione commerciale in Giappone135.
Fig 14. Impatto settoriale in uno scenario asimmetrico
fonte Commission Staff Working Document Impact Assessment Report on EU-Japan Trade
Relations, 2012.
Nella tabella di fig. 14 è riportato l’impatto sperato del FTA applicando una riduzione asimmetrica
degli oneri tariffari.
133
YOSHIDA Haruno, Telecommunication Carriers, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action,
The EBC Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in
Japan, Tokyo, 2014, pag 40-41.
134
HONDA Yoshio, Telecommunication Equipment, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action,
The EBC Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in
Japan, Tokyo, 2014, pag 42-43.
135
Anthony MILLINGTON, Automobiles, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC
Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan,
Tokyo, 2014, pag 68-69.
43 For Japan, the ambitious FTA scenario leads to increased exports especially in the electrical machinery, motor vehicles,
other machinery, other transport equipment, and other manufactures sectors. Japan would experience a substantial rise
in imports in the processed foods, chemicals, other transport equipment, motor vehicles and business services sectors.136
Incrementare gli scambi commerciali porterà di conseguenza a una maggiore domanda lavorativa e
porterà a migliorare il welfare per entrambe le società. Più la liberalizzazione interesserà molti
campi, maggiori saranno i benefici ottenibili.
Gli effetti che influenzano una ripercussione sulle NTM si possono spiegare tramite l’importanza
degli scambi commerciali Europa-Giappone.
[…]since less than 2% of EU imports come from Japan, reducing NTM trade costs for the EU’s imports from Japan
implies that the remaining 98% of EU imports also benefit at least partially from these reductions. Similarly, imports
from the EU represent about 10% of Japan's total imports. Reductions in the cost of NTMs on imports from the EU will
spill-over to the other 90% of Japan's imports137.
L’entrata in vigore del FTA, oltre che a incrementare gli scambi commerciali e i flussi monetari tra
i due Paesi, porterà anche miglioramenti sul piano della sicurezza e del benessere sociale.
4. Come incentivare nuovi investimenti?
Stando a quanto enunciato dall’Abenomics, più nello specifico dalla terza freccia, il Giappone
adesso ha bisogno di riforme strutturali che riescano a smuovere un mercato del lavoro troppo
rigido e che aiutino l’economia a riprendersi. È importante per il Giappone fare leva su quelli che
sono i suoi punti di forza per attrarre investitori esteri che portino capitali nel Paese.
In un suo report138 del 2012 la Japan External Trade Organization (JETRO) sottolinea quali siano le
opportunità che il Giappone ha ancora da offrire.
Per poter diventare un polo di investimenti, uno stato deve anche fornire fiducia e credibilità.
Sulla base di questa affermazione, il Ministero dell’Economia, Industria e Commercio giapponese
(METI) ha condotto vari sondaggi per verificare la reputazione del Giappone tra le società straniere.
136
ibidem.
137
Commission Staff Working Document Impact Assessment Report on EU-Japan Trade Relations,
European Commission, Bruxelles, 18-07-2012, p.35.
138
3 Windows of Japan, JETRO, 2012,
http://www.jetro.go.jp/en/invest/newsroom/announcements/2011/20110216826.html/, 20-07-2014.
44 Fig 15. Reputazione del Giappone all’interno delle società Euro-americane e asiatiche
fonte Survey on the Level of Interest of European, North American and Asian Firms in Investing in
Japan, Ministry of Economy, Trade and Industry (METI), 2010.
nota: indagine svolta fra dicembre 2009 e febbraio 2010
Dai grafici in fig. 15 si evince che il Giappone è visto come Paese molto attraente per la qualità del
settore ricerca e sviluppo, è molto stimato per l’eccellenza del personale lavorativo ed è considerato
uno Stato accattivante dal punto di vista economico grazie all’elevata presenza di grandi gruppi
aziendali ma anche di società di medie-piccole dimensioni. Dal grafico però si nota anche che un
terzo dei partecipanti al sondaggio non ha risposto alle domande o non ha saputo dare una risposta.
Questo fa capire che il mercato giapponese ha bisogno di più visibilità estera e più apertura.
Fig 16. Reputazione del Giappone all’interno delle società occidentali e asiatiche
fonte Survey on the Level of Interest of European, North American and Asian Firms in Investing in
Japan, Ministry of Economy, Trade and Industry (METI), 2010.
nota: indagine svolta fra dicembre 2009 e febbraio 2010
Il Giappone conta su molte caratteristiche che lo possono rendere uno stato nel quale stabilire le
basi di un business commerciale. Il Paese vanta un ottimo livello delle infrastrutture, un ambiente
consono alla vita anche di stranieri e un sistema legislativo che tutela i diritti e le proprietà
45 intellettuali 139. Anche per questo sondaggio si nota che molti partecipanti non hanno saputo
rispondere alle domande, soprattutto a quella riguardante la tematica legale che necessiterebbe più
chiarezza e accessibilità.
4.1. Ricerca e Sviluppo
Grazie allo studio condotto dalla Battelle140, organizzazione no profit di ricerca e sviluppo, si può
vedere che il Giappone negli ultimi anni è stato il Paese che maggiormente ha investito nella ricerca
e nello sviluppo. Il Paese ha speso più del 3% del suo PIL negli anni 2011 e 2012 e, dalle stime
effettuate per il precedente anno fiscale, si nota che anche per il 2013 le percentuali di spesa si
prevedono stabili141. Pur avendo un PIL annuo inferiore a quello statunitense e cinese, la spesa
giapponese per la ricerca e lo sviluppo supera quella dei due Stati messi insieme.
Fig 17. Spese globali per il campo R&D
fonte Battelle, R&D Magazine, 2012.
I settori nei quali il Giappone investe maggiormente sono quelli automobilistico, chimico e delle
nanotecnologie, e quello informatico142.
139
ibidem.
140
2013 Global R&D Funding Forecast, Battelle, 2012,
http://www.rdmag.com/sites/rdmag.com/files/GFF2013Final2013_reduced.pdf
141
ibidem.
142
ibidem.
46 Fig 18. Paesi leader nel campo R&D divisi per settore
fonte Battelle, R&D Magazine 2012.
Nel 2010 il Giappone è stato il Paese con il maggior numero di richieste di brevetti secondo il
sistema di brevetti internazionali (PCT)143 e anche lo Stato con il più alto numero di brevetti
registrati riguardanti il settore dello sviluppo ambientale144.
Fig 19. Ranking delle applicazioni per brevetti
Fig 20. Numero di richieste di brevetti per il
internazionali (PCT) nel 2010
settore environment
fonte World Intellectual Property
fonte Japan Patent Office, 2010.
Organization (WIPO), 2010.
143
International Patent Filling Recover in 2010, World Intellectual Property Organization, 2011,
http://www.wipo.int/pressroom/en/articles/2011/article_0004.html, 30-09-2014.
144
Japan Has 55 Percent of World’s Renewable Energy Patents, Japan for Sustainability, 2011,
http://www.japanfs.org/en/news/archives/news_id031454.html, 30-09-2014.
47 Inoltre, stando a un’ultima ricerca della World Intellectual Property Organiziation145, anche nel
20111 il Giappone era uno tra i migliori Paesi (subito dopo Cina e Stati Uniti), per numero di
brevetti registrati.
Il settore della ricerca e sviluppo, promotore di nuove idee che aiutino a migliorare la qualità della
vita o l’andamento economico, è un campo altamente in via di sviluppo. Se si pensa poi che il
Giappone molto recentemente ha subìto un disastroso terremoto e un incidente nucleare, è
comprensibile che stia dando molta importanza al settore dello sviluppo ambientale sia per la
ricostruzione delle zone che hanno sofferto il cataclisma ma anche come soluzione alternativa
all’uso dell’energia nucleare e all’uso dei combustibili fossili146.
4.2. Settore energetico ed energie rinnovabili
Le previsioni rilasciate nel giugno 2012 dal METI 147 riguardanti il consumo energetico in
Giappone, prospettano l’utilizzo delle energie pulite in aumento entro l’anno fiscale 2030.
Fig 21. Previsioni sulla produzione energetica in Giappone entro l’anno fiscale 2030
fonte METI “On the Draft of Energy Mix Options” 2012,
http://www.jetro.go.jp/en/invest/attract/pdf/e_renewable_rev.pdf
145
2012 World Intellectual Property Indicators, World Intellectual Property Organization, 2012,
http://www.wipo.int/edocs/pubdocs/en/intproperty/941/wipo_pub_941_2012.pdf, 30-09-2014.
146
HONDA Naoshi, Nihon no enerugi mondai no kōsatsu (Osservazioni sui problemi energetici del
Giappone), Nagoya, Sankeisha, 2013.
147
On the Draft of Energy Mix Options, Ministry of Economy, Trade and Industry (METI), 2012,
30-09-2014.
48 Nel grafico in fig. 21 si vedono i possibili sviluppi del mercato energetico nel caso di una riduzione
dell’uso dell’energia nucleare. Sono stati calcolati uno scenario nel quale sia totalmente
abbandonato l’utilizzo dell’energia nucleare, uno in cui il suo uso sia ridimensionato al 15%, e uno
ridotto al 20-25%.
According to the forecast on power generation released by the Japanese government in June 2012, the share of
renewable energy is expected to increase greatly from 11% in FY 2010 to 25%–35% in FY 2030. The government
recognizes the rising importance of renewable energy and states that it will accelerate the development and use of
renewable energy in order to acquire energy security.148
Per quanto riguarda l’ampliamento del mercato energetico (calcolato entro il 2020), il METI indica
moltissime realtà ecosostenibili in netto aumento.
Fig 22. Previsioni sull’andamento del mercato delle energie pulite
fonte METI “Research on Japan’s Environmental Business in 2020”,
2012, http://www.jetro.go.jp/en/invest/attract/pdf/e_renewable_rev.pdf
Le previsioni sono state calcolate a confronto con i ricavati dell’anno fiscale 2008.
The government estimates that the market size of renewable energy in Japan will greatly expand by 2020. The market
size of solar power generation devices is expected to grow up to 1,287,600 million yen, which is 8 times larger than the
2008 figure. The market size of wind power generation plants is expected to grow up to 249,000 million yen, which is 4
times larger than the 2008 figure, and the growth expectation of lithium-ion batteries is up to 600,600 million yen,
which is 14 times larger than the 2008 figure. With regards to charging stations and geothermal power generation
plants, their market sizes were small in 2008 but they are predicted to grow up to 148,000 million yen and 78,400
148
Renewable Energy/Secondary Battery, JETRO, 2013,
http://www.jetro.go.jp/en/invest/attract/pdf/e_renewable_rev.pdf, 30-09-2014.
49 million yen, respectively, by 2020. New energy business is expected to grow up to 2,431,100 million yen, which is 32
times larger than in 2008.149
Per promuovere lo sviluppo e l’utilizzo di energie pulite, tra il 2012 e il 2017 il Governo giapponese
si sta impegnando nello stanziare fondi destinati alle società che si interesseranno in questi nuovi
mercati.
In seguito all’incidente nucleare di Fukushima e alle conseguenze della fuga radioattiva che saranno
visibili in un futuro molto prossimo, si è esteso in Giappone un forte sentimento anti-nuclearista150.
Sebbene gran parte della popolazione sia favorevole alla chiusura degli impianti nucleari, il governo
Abe ha già dato il via al ravvio di alcuni reattori nel Paese. Assieme all’energia nucleare il governo
è anche propenso a puntare tutte le sue forze sullo sviluppo delle energie pulite. Per
controbilanciare i tagli apportati all’energia nucleare, che prima dell’incidente provvedeva al 30%
del fabbisogno energetico internazionale e non gravare sugli ingenti costi nell’importazione di
combustibili fossili, il governo ha iniziato a promuovere il “Feed-in Tariff Act”151. Con questo
termine è indicato un sistema d’incentivi statali che saranno concessi a chi si impegnerà nel
realizzare impianti fotovoltaici, eolici, idrici o che comunque supportino la produzione di energia
pulita.
Le società che intendono impegnarsi in questo progetto, dovranno rivolgersi al METI e presentare
una serie di documentazioni tecniche riguardanti i loro piani di lavoro. Una volta analizzata la
conformità dei progetti, il METI rilascerà loro nel giro di massimo 2 mesi un’approvazione per
ottenere le tariffe incentivanti152. Questo sistema è rivolto sia alle società nipponiche che a quelle
straniere.
149
ibidem.
150
TAHARA Soichiro, Nihonjin ha genpatsu to dou tsukiau beki da (Come i giapponesi
dovrebbero confrontarsi col nucleare), Kyōto, PHP Kenkyūsho, 2011.
151
Feed-in Tariff Scheme for Renewable Energy, Ministry of Economy, Trade and Industry
(METI), 01-07-2012,
http://www.meti.go.jp/english/policy/energy_environment/renewable/pdf/summary201209.pdf, 3009-2014.
152
ibidem.
50 4.3. Soft power e trend setter
Un ulteriore elemento che avvalora la tesi a sostegno del Giappone come Paese all’avanguardia è la
sua capacità di essere un trend setter 153 . Avendo fatto propria la necessità di un continuo
rinnovamento nella sua lunga storia economica, il Giappone ha sempre proposto nuove idee e
prodotti all’avanguardia che sono riusciti a conquistare il mercato; prima quello nazionale e poi
quello globale.
Moltissime delle mode che hanno spopolato e stanno prendendo piede in tutto il mondo hanno
avuto origine in Giappone154. Il sistema di registrazione video VHS sviluppato a metà degli anni ’70
dalla Victor Company of Japan155 è entrato nelle case di tutte le persone che possedevano una tv, i
videogiochi sono arrivati prima nelle sale giochi e poi su console grazie alla Atari156, l’usanza del
karaoke partendo dal Giappone si è diffusa in tutto il mondo157 e poi anche i manga partendo dal
Giappone hanno preso piede in tutta le realtà occidentali158. Il Giappone, possedendo un soft power,
ossia quella capacità di persuadere e invogliare gli attori presenti sul mercato economico a
interagire con esso, lo rende capace di determinare i nuovi trend e le nuove mode in Asia e può
essere quindi IL mercato per testare il mercato159.
153
3 Windows of Japan, JETRO, 2012,
http://www.jetro.go.jp/en/invest/newsroom/announcements/2011/20110216826.html, 20-07-2014.
154
ibidem.
155
Albert ABRAMSON, The History of Television, 1942 to 2000, Jefferson, Mc Farland and
Company Inc., 2003
156
Kate BERENS, Jeoff HOWARD, The Rough Guide to Videogames, Londra, Rough Guides Ltd,
2008.
157
Brian RAFTERY, Don't Stop Believin': How Karaoke Conquered the World and Changed My
Life, Philadelphia, Da Capo Press, 2008.
158
Robin E. BRENNER, Understanding Manga and Anime, Westport, Libraries Unlimited 2007.
159
ibidem
51 Fig 23. Report sulla volontà da parte di compagnie straniere nell’effettuare investimenti in
Giappone
fonte “FY 2009 Survey Report on Foreign-affiliated Companies' Attitudes toward Foreign Direct
Investment in Japan”, METI, 2010.
Il 49,3% delle aziende del settore informatico, farmaceutico, elettronico, meccanico e
abbigliamento e moda, intervistate da JETRO ritiene il Giappone un Paese piuttosto attraente per
effettuare test di mercato e il 40,5% delle stesse ha intenzione di espandere i propri orizzonti nel Sol
Levante160.
Del report 3 Windows of Japan della JETRO del 2012, fa parte un sondaggio rivolto alle sopra
elencate aziende a proposito delle caratteristiche che si ricercano in un prodotto, che dimostra come
il Giappone sia considerato ai primi posti per qualità, unicità e crescente visibilità dei suoi prodotti.
Fig 24. Valutazione complessiva dei prodotti di vari Paesi svolto in 14 città di Paesi emergenti
160
FY 2009 Survey Report on Foreign-affiliated Companies' Attitudes toward Foreign Direct
Investment in Japan, Ministry of Economy, Trade and Industry (METI), 2010.
52 fonte Hakuhodo Global HABIT January 2009 per il report “FY 2009 Survey Report on Foreignaffiliated Companies' Attitudes toward Foreign Direct Investment in Japan”, METI, 2010.
nota: i prodotti comparati includono prodotti americani, cinesi, coreani, europei e giapponesi
4.4. Sanità e settore farmaceutico
Il Giappone è il secondo produttore mondiale, superato solamente dagli Stati Uniti, di farmaci161.
Fig 25. Maggiori stati produttori di medicinali
fonte World Pharmaceutical Markets Fact Book 2012.
Se si pensa poi che secondo le statistiche i residenti in Giappone, insieme agli italiani residenti in
Italia hanno la più lunga aspettativa di vita162, questo può andare a influenzare i rami di mercato che
riguardano la salute e le cure mediche.
161
World Pharmaceutical Markets Fact Book 2012, Espicom Business Intelligence, 2013.
162
Aspettativa di vita, Banca Mondiale,
http://www.google.it/publicdata/explore?ds=d5bncppjof8f9_&met_y=sp_dyn_le00_in&idim=count
ry:ITA:USA:JPN&hl=it&dl=it#!ctype=l&strail=false&bcs=d&nselm=h&met_y=sp_dyn_le00_in&
scale_y=lin&ind_y=false&rdim=region&idim=country:ITA:USA:JPN&ifdim=region&tstart=313462800000&tend=1327532400000&hl=it&dl=it&ind=false,19-01-2015.
53 Fig 26. Percentuali della popolazione superiore ai 65 anni
fonte United Nations “World Population Prospects, the 2012 Revision”, 2013.
Con il progressivo e costante invecchiamento della popolazione, i servizi ospedalieri, il ramo
farmaceutico e tutte le realtà del settore medico fronteggeranno un aumento della domanda.
Le stime di crescita dell’invecchiamento della popolazione mostrano che in Giappone tra il 2000 e
il 2050 si potrà assistere a un aumento del 15% del numero di persone di età superiore ai
sessantacinque anni163 . Un così rapido aumento, dato anche dal basso indice di natalità, fa sì che lo
Stato debba adottarsi per fronteggiare un futuro non troppo lontano in cui ci saranno molte più
richieste per cure e assistenze mediche. Il grafico in fig. 27 mostra già un cospicuo aumento delle
persone che hanno richiesto cure mediche tra il 2007 e i 2009, passando da 43,8 a 47,2 milioni164.
163
World Population Prospects, the 2012 Revision, United Nations, 2013.
164
Summary Results of the FY 2009 Survey on the Amount of Long-Term Care Benefits, Ministry of
Economy, Trade and Industry (METI), 2010.
54 Fig 27. Numero di richieste d’assistenza sanitaria a lungo termine
fonte “FY 2008 Annual Report on Pharmaceutical Industry Production Statistics”, Ministero della
Salute, del Lavoro e del Welfare,2009.
Anche il settore farmaceutico segue lo stesso trend di quello dell’assistenza infermieristica.
Nell’arco di soli cinque anni le spese sostenute dalle famiglie nipponiche per i farmaci hanno
mostrato un notevole aumento165; indice anche questo di un mercato in continua crescita ed
espansione.
Fig 28. Statistiche sulla produzione dell’industria farmaceutica
fonte Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare, 2009.
165
Summary of FY 2008 Annual Report on Pharmaceutical Industry Production Statistics, Ministry
of Economy, Trade and Industry (METI), 2010.
55 Per poter ampliare e dare una spinta a questo settore, il governo ha approvato in data 26 aprile 2013
il Regenerative Medicine Promotion Act166 per promuovere l’entrata sul mercato di compagnie
straniere. Dopo questo emendamento è possibile per le società private portare avanti la coltivazione
di cellule rigenerative, procedimento che in precedenza era solamente concesso agli istituti
ospedalieri. In più, il 24 maggio 2013, il governo ha approvato la Revision of Pharmaceutical
Affairs Law167 che permette anche a privati di certificare medicine e prodotti medici in modo tale da
velocizzare
il
processo
di
certificazione
e
la
messa
sul
mercato.
Parlando della controparte italiana vediamo che circa l’80% delle commesse del nostro Paese per il
settore farmaceutico è composta dai medicinali168. Nel 2013 l’Italia è stata il quarto Paese per
fatturato a esportare prodotti farmaceutici in Giappone. Con un valore di 214 miliardi di yen, la sola
Italia ha provveduto a fornire al Giappone il 10% di tutti i prodotti farmaceutici che ha importato
nel precedente anno169. L’innalzamento dell’età media della popolazione residente in Giappone e il
fatto che per il 2050 circa un terzo di essa sarà composta da anziani, dimostrano che questo settore
presenterà moltissima domanda e una buona parte della crescita è rappresentata soprattutto dai
farmaci su prescrizione medica. In una popolazione dove il tasso di mortalità colpisce soprattutto le
persone più anziane, è richiesta maggior attenzione nel settore red biotech; ossia quello delle
biotecnologie che agiscono sui procedimenti biomedici e farmaceutici che, utilizzando processi
cellulari, riescono a sintetizzare farmaci e antibiotici. L’Italia è il terzo Paese europeo per numero di
società impegnate nel settore biotecnologico, di cui due terzi operano nel settore sanitario e
provvedono all’84% del fatturato complessivo dell’intero comparto
170
. Il settore delle
biotecnologie, avvalendosi delle costanti scoperte in ambito scientifico, si presta all’evoluzione di
nuovi investimenti per sostenere la ricerca e le sue implementazioni. Benché anche il Giappone
166
KUSABE Tetsuya, Regulatory Perspective of Japan, Kyōto, Pharmaceuticals and Medical
Devices Agency, 2014.
167
Revision of Pharmaceutical Affairs Law, Ministry of Healt, Labour and Welfare, 2014.
http://www.imdrf.org/docs/imdrf/final/meetings/imdrf-meet-140313-sanfran-presentation-japanupdate.pdf, 30-09-2014.
168
Export verso il Giappone di prodotti farmaceutici per Paese di provenienza nel 2013,
Ambasciata d’Italia a Tokyo, 2014,
http://www.ambtokyo.esteri.it/Ambasciata_Tokyo/Menu/I_rapporti_bilaterali/Cooperazione_econo
mica/Scheda_Paese/Chimica_farmaceutica/,30-09-2014.
169
ibidem.
170
ibidem.
56 vanti un’ottima industria farmacologica, il progressivo aumento dell’età media della popolazione fa
si che siano necessari interventi anche stranieri per riuscire a rispondere all’ingente domanda di
medicinali.
Le società italiane quindi potrebbero sviluppare nuove partnership o joint venture con le rispettive
controparti nipponiche in modo da ampliare la presenza sul mercato giapponese.
Pur con queste nuove misure che aiuteranno il mercato, il settore dell’assistenza sanitaria e quello
farmaceutico presentano comunque molte problematiche di carattere tecnico all’entrata in Giappone
di possibili concorrenti. I lunghi e farraginosi test clinici per il riconoscimento dei prodotti e la
mancata accettazione dei dati clinici esteri spaventano e scoraggiano la competizione
internazionale171.
Se le NTM che colpiscono questo settore, andando a bloccare l’ingresso non conformazione del
Giappone a standard clinici ICH-GCP di moltissimi farmaci e apparecchiature mediche poiché non
conformi alle normative giapponesi fossero eliminate tramite un FTA Europa-Giappone, le
esportazioni farmaceutiche e sanitarie potrebbero mostrare un netto miglioramento.
Riuscire ad attirare nuovi investimenti significa anche agire sul sistema legislativo e burocratico per
fare in modo che vi siano meno ostacoli all’ingresso di capitali stranieri.
La terza “freccia” del piano Abenomics, con le sue riforme strutturali che puntano a ottenere una
ripresa economica, andrà anche a incidere su alcuni settori commerciali riducendo o eliminando gli
attuali ostacoli che bloccano o limitano gli IDE. Per esempio, attraverso il TPP, si sta cercando di
ridurre le barriere all’entrata di prodotti agricoli e alimentari che tuttora subiscono onerosi dazi e
sono bloccati per i differenti regimi di controllo sanitario-farmacologico. Il TTP vuole poi anche
riuscire a sbrigliare da un sistema normativo troppo opprimente il settore farmaceutico nipponico
che, con l’innalzamento dell’età media della popolazione e il già alto numero di anziani, è un
mercato fortemente in espansione. Se da una parte vediamo però una resistenza interna all’apertura
agli investimenti stranieri (vedi i malcontenti degli agricoltori nipponici che perderebbero il
monopolio su molti prodotti, primo tra i quali il riso) è evidente che un accordo per liberalizzare i
mercati è sempre più imminente per riuscire a riottenere una posizione di rilievo nell’asse mondiale
economica. Pur non interessando direttamente i Paesi europei, se il TTP fosse sottoscritto dai Paesi
della zona Pacifica, si potrebbero notare anche cambiamenti sul versante degli investimenti
comunitari europei verso il Giappone. Altro fattore che smuoverebbe gli IDE verso il Giappone è
171
Eva R. SUNESEN, Joseph F. FRANCOIS, Martin H. THELLE, Assessments of barriers to trade
and investment between the EU and Japan, Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009, pp. 138139.
57 l’idea di creare aree economiche speciali172. In questi nuovi “distretti commerciali” saranno in
vigore agevolazioni fiscali e finanziarie per le società in modo tale da permettere loro di crescere e
svilupparsi e fare in modo che sempre più società straniere riescano ad avere una base per i loro
business in Giappone. Inoltre, per poter creare i suddetti distretti, saranno necessarie anche opere di
urbanizzazione ed edilizia che chiameranno in causa moltissime società. L’idea quindi di costruire
nuovi ambienti nei quali svolgere business, porterà in Giappone un altro numero di personale
straniero e per questo motivo il governo promette sostegno ai lavoratori stranieri che per motivi di
lavoro dovranno trasferirsi nel Sol Levante.
Altro incentivo alle società per portare avanti i loro business è l’annunciata riduzione della
corporate tax173 che, andando a gravare in maniera minore, ridurrà le tasse per le imprese e fungerà
da stimolo all’economia.
Se si pensa poi che il Giappone la scorsa primavera ha ricevuto la nomina ufficiale ad organizzare i
Giochi Olimpici per il 2020, è possibile capire che nel prossimo futuro si apriranno molte
possibilità per potere investire nel Paese. Organizzare una manifestazione di così grande rilevanza
ed entità comporta spese altissime per la realizzazione di infrastrutture, miglioramento del servizio
di trasporti, costruzione di nuovi edifici e tutti i servizi di corollario alla manifestazione.
Il Giappone ha molte strade da seguire per riaffacciarsi sul mercato estero come attore
predominante. I punti analizzati sopra mostrano che ci sono tanti settori che possono ancora offrire
molto. Se si pensa che molti di questi ultimi potrebbero ottenere una spinta con l’entrata in vigore
del FTA Europa-Giappone, è facile capire che non solo i flussi commerciali ma anche gli IDE verso
il Sol Levante potranno mostrare un incremento.
5. Il ruolo di JETRO nella promozione degli investimenti in Giappone
Come specificato e discusso nella premessa, prima di investire è ovviamente e caldamente
consigliato analizzare nel dettaglio il Paese nel quale si vuole agire e vedere lo stato dell’arte del
settore merceologico cui si è interessati. È molto difficile avventurarsi in nuovi mondi economici
172
Il Governo Abe intende lanciare la ZES - Zona Economica Speciale - nelle mega citta' di Tokyo,
Osaka e Nagoya, info Mercati Esteri, 18-04-2014,
http://www.infomercatiesteri.it/highlights_dettagli.php?id_highlights=526, 02-09-2014.
173
Tetsushi KAJIMOTO, Antoni SLODKOWSKI, Japan’s Abe unveils plans to cut corporate tax
rate to spur growth, Reuters,13-06-2014,http://www.reuters.com/article/2014/06/13/us-japaneconomy-abe-idUSKBN0EO0K320140613, 20-08-2014.
58 senza aver richiesto consulenza a esperti del settore o ad attori che già da tempo si sono inseriti in
un mercato estero.
Ecco quindi che viene spiegata la funzione di JETRO. JETRO è un ente semi-governativo fondato
nel 1958 dal MITI (l’attuale METI) con lo scopo di sviluppare i rapporti commerciali tra il
Giappone e gli altri Stati. Grazie ad un ampio network di uffici presenti in moltissimi Paesi del
mondo si adopera per promuovere l’economia giapponese e anche gli investimenti dall’estero. È un
organismo che lavora per attrarre verso il Giappone le imprese straniere maggiormente interessanti
dal punto di vista dell’impatto all’economia nazionale. Focalizza la sua attenzione su progetti
dedicati a R&D, sulla creazione di basi strategiche per l’Asia, e sulla creazione di nuovi posti di
lavoro. Dalla sua fondazione ha portato avanti 10000 progetti d’imprese e aiutato oltre 1000 società
straniere ad avviare attività in Giappone174.
Vista la sua presenza storica nel mondo degli investimenti, possiede gli elementi ma anche le
competenze necessarie per poter svolgere al meglio il ruolo di promotore di investimenti.
In più, essendo un organismo creato appositamente dal governo giapponese con lo scopo di
interfacciarsi con l’estero, sostiene l’internazionalizzazione e conosce le tematiche e problematiche
che stanno alla base dello sviluppo di una attività al di fuori del proprio Paese.
Volendo spendere alcune parole sullo sviluppo dell’attività di JETRO, è importante menzionare
l’andamento che ha seguito dagli anni ottanta sino a oggi. Dalla seconda metà del 1980, periodo in
cui l’economia giapponese registrava un ottimo livello di crescita, JETRO si è impegnata nel
sostenere con più accortezza le aziende straniere che desideravano investire in Giappone.
Grazie allo slancio positivo della bilancia commerciale nipponica, molte aziende straniere si sono
rivolte a JETRO richiedendo consulenze per poter penetrare il mercato giapponese.
Una successiva fase che ha segnato il passaggio di questo ente da promotore dell’economia
giapponese a catalizzatore d’investimenti, è avvenuta nel 2007 durante il mandato Koizumi. Il
primo ministro, attraverso la decisione di far aumentare gli investimenti stranieri in Giappone, ha
contribuito ad attribuire a JETRO una connotazione più di “scopritore” d’investimenti dirottando la
sua originaria funzione di promotore dell’economia giapponese all’estero175.
A seguito della parentesi rosea protrattasi negli anni del boom economico, è pero bene segnalare
che con lo scoppio della bolla economica e la recente crisi economica del 2008, anche l’attività di
JETRO ha subito un calo. Oltre a questo fattore d’incertezza economica si è andato ad aggiungere
174
Japan External Trade Organization (JETRO), http://www.jetro.go.jp/italy/chi_siamo/, 30-092014.
175
ibidem.
59 anche il fatto che la visione che oggigiorno si ha del Giappone sia quella di un Paese ormai non più
attraente dal punto di vista commerciale.
Il Giappone, dopo la rinascita dalle ceneri della seconda guerra mondiale e la sua scalata all’impero
economico mondiale, è visto da molti come un Paese “saturo” che non può più offrire sbocchi e
opportunità commerciali; perciò molte aziende e società preferiscono indirizzare le proprie mire
commerciali ed espansionistiche verso nazioni vergini in determinati settori. Quest’affermazione è
vera solamente in parte. È ormai risaputo che il Giappone è un Paese ad alto livello
d’industrializzazione in cui il benessere economico e sociale ha raggiunto gli standard più elevati e
che molti settori commerciali hanno già subito penetrazioni da moltissime realtà straniere duranti
gli anni del boom economico. Comunque si trovano ancora settori che possono essere molto
interessanti come quello dei trasporti, quello sanitario, quello della ricerca e quello delle energie
rinnovabili che hanno ancora ampi margini di evoluzione. È vero che in Giappone si è già assistito a
una crescita molto rapida ed esponenziale dopo la seconda guerra mondiale e sicuramente è
impossibile prevedere nel futuro un aumento così sostanziale anche perché il Giappone è ormai un
Paese moderno. Tuttavia esistono ancora spiragli in cui investigare che, con l’avvento delle nuove
tecnologie, con i mutamenti climatici che stanno interessando tutta la Terra e gli sviluppi della
politica economica mondiale, lasciano presagire qualche cambiamento delle usanze dell’uomo ma
anche dell’assetto economico globale in un futuro prossimo.
JETRO quindi, conscia del periodo che sta vivendo il Giappone e seguendo i diktat dettati dalla
politica economica di Abe, riveste un importante ruolo all’interno di questa strategia volta alla
ripresa del Giappone. L’azione di JETRO come catalizzatore degli IDE stranieri, identificando
nuovi settori di crescita interna e internazionale, agisce in prima linea per riuscire a portare crescita
economica nel Paese. L’attività di JETRO poi è assolutamente riconducibile alla terza freccia del
piano Abenomics che punta a una crescita interna per incoraggiare gli investimenti privati.
Unendosi all’azione delle altre due frecce (ossia una politica monetaria audace e una politica fiscale
flessibile) JETRO punta a migliorare il contesto di attrazione e supporto alle imprese straniere in
Giappone. La terza freccia, tramite varie azioni governative di deregulation che possano richiamare
verso il Sol Levante le aziende straniere, punta sia a migliorare il contesto delle risorse finanziare e
umane, sia a promuovere gli IDE verso il Giappone.
JETRO fornisce una variegata serie di servizi che possono essere utili per aziende che ancora non
conoscono il mercato giapponese ma che sono propense a entrarvi in contatto. Grazie a un ampio
database comprendente aziende giapponesi e straniere e a un servizio online rapido e a portata di
60 tutti (il Trade Tie-Up Promotion Program, TTPP)176 è possibile effettuare ricerche, pubblicare
offerte commerciali relative all’import ed export oppure alla ricerca di investitori e partner per joint
venture, e ricercare spazi commerciali per potervi stabilire uffici o negozi. Oltre a queste attività di
ricerca JETRO può agire anche direttamente sostenendo le società che desiderino aprire una filiale
o un ufficio di rappresentanza in Giappone prima nel Paese di origine e successivamente sul suolo
nipponico grazie a personale specializzato che possa seguire l’azienda durante questo periodo di
studio. JETRO fornisce anche una dettagliata reportistica dei regolamenti e delle procedure
all’importazione e tutte le clausole e vincoli che permettono o vietano l’ingresso nel Paese di
determinati prodotti.
JETRO quindi mette in atto strategie di crescita che possano portare il Giappone verso una ripresa
economica e allo stesso tempo, con la sua azione mediatrice, mette in contatto con il Sol Levante
realtà che ancora non hanno sentito la necessità oppure non sapevano cosa questo Paese avesse da
offrir loro.
6. Analisi esportazioni europee in Giappone
Da moltissimo tempo Europa e Giappone sono importanti partner commerciali e la loro relazione è
rilevante per entrambe le economie.
Data ufficiale dell’inizio della collaborazione tra Europa e Giappone è il 18 luglio 1991177, giorno
in cui le due potenze firmarono un accordo di reciproco sostegno che gettava le sue basi sulla
democrazia, il riconoscimento dei diritti umani e anche lo sviluppo di un’economia di mercato.
Ovviamente anche prima di questa data il Giappone intratteneva relazioni commerciali con i Paesi
membri dell’Unione Europea, ma solo da quel momento in poi gli Stati dell’eurozona hanno
stabilito norme e principi comuni che disciplinassero i rapporti col Giappone.
Focalizzandoci sulla situazione odierna vediamo che gli scambi europei verso il Giappone non
versano in buono stato178 e auspicano una prossima boccata d’aria grazie ad una maggior apertura
del Sol Levante ai mercati stranieri tramite la deregolamentazione doganale e la firma di trattati di
176
TTP International Business Matching Site, 2014, http://www.jetro.go.jp/ttppoas/index.html, 0810-2014.
177
Joint Declaration on Relations between The European Community and its Member State and
Japan, Ministry of Foreign Affairs of Japan, 18 luglio 1991.
178
Quadro macroeconomico, Ambasciata d’Italia a Tokyo, 2014,
http://www.ambtokyo.esteri.it/Ambasciata_Tokyo/Menu/I_rapporti_bilaterali/Cooperazione_econo
mica/Scheda_Paese/Quadro+macroeconomico/09-10-2014.
61 libero scambio179. Tramite la ratifica del FTA Europa-Giappone, i due Stati stanno tentando di
eliminare reciprocamente quelli che sono gli ostacoli all’ingresso dei propri prodotti nel Paese
partner in modo tale da incrementare il flusso di beni e capitali.
Fig 29. Bilancia commerciale EU - Giappone
fonte European Commission,
http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2006/september/tradoc_113403.pdf, 2014.
Il grafico in fig. 29 mostra l’evoluzione delle esportazioni europee verso il Giappone e le
importazioni dal 2004 al 2013. Dal 2004 fino al 2009 si è assistito a un costante calo delle
esportazioni europee le quali, a partire dal 2010, hanno ricominciare a salire180.
Le importazioni invece hanno mantenuto un livello di stabilità fino al 2008 per poi calare
bruscamente nel 2009 e già dal 2010 ricominciare a riprendersi181.
Anche prima della crisi economica del 2008, quando gli Stati non risentivano ancora delle
speculazioni economiche che sarebbero poi venute a galla, l’Europa faticava già a farsi spazio sul
mercato giapponese. Come si può notare il saldo tra import ed export europeo era sempre negativo
poiché le importazioni superavano di gran lunga le esportazioni ma, a partire dal 2012, vediamo che
179
EU-Japan Free Trade Agreement: Commissionier De Gucht welcomes Member State’s green
light to start negotiations, European Commission, Bruxelles, 29-11-2012,
http://europa.eu/rapid/press-release_MEMO-12-930_en.htm, 10-07-2014.
180
Total goods: EU Trade flows and balance, annual data 2004-2013, European Commission, 27-
08-2014, http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2006/september/tradoc_113403.pdf, 09-10-2014.
181
ibidem.
62 il gap tra le due si è sensibilmente ridimensionato182. Questo ridimensionamento però è dato anche
dal fatto che entrambi gli Stati hanno ridotto il quantitativo delle loro merci esportate e anche
perché il Giappone, ancora reduce dal recente incidente nucleare e disastro sismico, necessitava di
molto sostegno ottenuto tramite le importazioni.
Mettendo a confronto gli Stati con i quali l’Europa commercia, si nota subito che il Giappone
presenta un tasso di penetrazione molto esiguo.
Fig 30. Rapporto tra esportazioni EU e PIL del Paese di destinazione
fonte Copenhagen Economics calcolata sui dati Global Trade Analysis Project, 2009.
Prendendo in considerazione l’anno fiscale 2008 possiamo vedere che le esportazioni europee
(inclusi i servizi) verso il Giappone hanno avuto un valore di 61 miliardi di euro183. Osservando
però i risultati ottenuti negli intercambi con gli altri Paesi si nota subito che il potenziale giapponese
è stato di gran lunga inferiore agli altri Stati. Si è calcolata una differenza media rispetto agli altri
Paesi di circa 27 miliardi di euro; circa il 44% in più paragonato al valore delle esportazioni
ottenute in Giappone184.
182
ibidem.
183
Eva R. SUNESEN, Joseph F. FRANCOIS, Martin H. THELLE, Assessments of barriers to trade
and investment between the EU and Japan, Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009, p. 20.
184
ibidem.
63 Fig 31. Livello delle importazioni in Giappone misurate come quota della domanda interna
fonte Copenhagen Economics calcolata sui dati Global Trade Analysis Project, 2009.
Il livello di penetrazione dei prodotti europei sul mercato giapponese risulta molto modesto se
comparato con gli altri Stati con i quali l’Europa commercia. L’Europa non è la sola a incontrare
difficoltà esportando in Giappone. Il tasso di penetrazione dell’import misurato in base al PIL
nipponico mostra che la domanda è solo attorno al 6%; quantitativo molto esiguo rispetto a quello
dell’Europa e delle altre potenze economiche che importano beni stimati al 17% del loro PIL185.
A riguardo della situazione nipponica si è espresso anche l’OECD dicendo che, seppur stia
intrattenendo relazioni commerciali con la Cina e con gli Stati del sud-est asiatico, il Giappone
presenta un livello delle importazioni ancora limitato186.
Europa e Giappone presentano tariffe molto basse all’importazione. Secondo la United Nations
Conference on Trade and Development (UNCTAD) solo il 7% delle importazioni in Giappone
risente delle NTM mentre la controparte europea ne risente per il 14%187. Il Giappone conta in più
su di un maggior numero di linee tariffarie duty free in confronto con l’Europa (47,4% contro
25,8% europeo)188. Più dei due terzi dell’export europeo è considerato duty free in Giappone mentre
solo il 37% delle esportazioni giapponesi è esente da dazio in Europa. L’export europeo verso il
Giappone è molto diversificato rispetto a quello nipponico verso l’Europa. Analizzando la
185
Eva R. SUNESEN, Joseph F. FRANCOIS, Martin H. THELLE, Assessments of barriers to trade
and investment between the EU and Japan, Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009, p. 21.
186
OECD Ecoomic Surveys JAPAN, OECD, 04-2013.
187
Eva R. SUNESEN, Joseph F. FRANCOIS, Martin H. THELLE, Assessments of barriers to trade
and investment between the EU and Japan, Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009, p. 31-32.
188
Eva R. SUNESEN, Joseph F. FRANCOIS, Martin H. THELLE, Assessments of barriers to trade
and investment between the EU and Japan, Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009, p. 28.
64 conformazione merceologica tramite l’Harmonized System, sistema internazionale standardizzato
che classifica ogni prodotto attraverso una serie numerica, è possibile vedere che il 95% delle
esportazioni europee è coperto da 71 codici a due cifre mentre l’export nipponico copre tali misure
solo con 50 codificazioni 189. Pur avendo un range merceologico facilmente categorizzabile e
procedure all’importazione che facilitano l’arrivo dei beni, esistono tuttavia picchi tariffari molto
elevati per alcuni settori.
Fig 32. Tariffe all’importazione delle merci in Giappone suddivise per categoria merceologica
fonte International Trade Centre, World Tariff Profile, 2008.
Si riscontrano i maggiori costi all’entrata sulla maggior parte dei prodotti alimentari (animali e
vegetali), petrolio, prodotti tessili e pellami190. Se guardiamo nell’ultima colonna nella figura 32,
dove sono riportate le percentuali delle importazioni, noteremo infatti che per i settori appena citati
il quantitativo di prodotti importati è molto esiguo e difficilmente tenderà a crescere con l’attuale
livello protezionistico applicato.
Autoveicoli, macchinari e prodotti chimici, non trovando grossi impedimenti di natura tariffaria
all’entrata in Giappone, risultano essere pertanto i prodotti che l’Europa riesce a esportare con
maggior facilità e minor onere pecuniario191. Se il Giappone abbassasse i costi all’entrata di molte
189
ibidem.
190
World Tariff Profiles 2008, International Trade Centre, 2008,
http://www.wto.org/english/res_e/booksp_e/tariff_profiles08_e.pdf, 10-10-2014, p.99.
191
ibidem.
65 categorie merceologiche e modificasse le normative all’importazione, l’export in entrata ne
gioverebbe e anche i possibili IDE italiani.
Fig 33. Divisione merceologica delle esportazioni europee in Giappone e delle importazioni
nell’anno 2013
fonte European Commission,
http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2006/september/tradoc_113403.pdf, 2014.
Concentrandosi sulla conformazione dei beni che l’Europa esporta in Giappone si nota che il settore
degli autoveicoli assieme a quello chimico rappresentano da soli più del 60% delle esportazioni
totali. Sono seguiti dai prodotti manifatturieri, industriali e alimentari192.
Le importazioni dal Giappone invece sono trainate per il 65% dal settore dei macchinari e mezzi di
trasporto e a seguire dai prodotti chimici e prodotti manifatturieri193.
Ritornando a parlare di un possibile FTA tra i due partner, vediamo che proprio a riguardo dei
settori dei macchinari e degli autoveicoli si incontrano le problematiche più difficili nelle trattative
perché il Giappone auspicherebbe la riduzione delle barriere doganali europee all’importazione, in
192
Total goods: EU Trade flows and balance, annual data 2004-2013, European Commission, 2708-2014, http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2006/september/tradoc_113403.pdf, 03-09-2014, p.
3.
193
ibidem.
66 modo tale da incrementare la sua presenza sul mercato comunitario194. Quest’aspirazione però non è
ben vista dalla controparte europea che teme una forte crescita nelle vendite da parte dei concorrenti
nipponici in uno dei settori che al momento risulta essere quello trainante e più redditizio.
Il settore dei macchinari e mezzi di trasporto nel 2013 ha portato nelle casse europee quasi 20
milioni di euro, mentre il Giappone ne ha ricavato un fatturato di 37 milioni di euro195.
Le NTM che vengono applicate ai veicoli e mezzi di trasporto diretti in Giappone comprendono
tassazioni, procedure che attestino i veicoli e riconoscano gli standard tecnici.
Vedendo che entrambi i Paesi puntano molto su questo settore, sarebbe auspicabile che il FTA
stabilisse eguali dazi doganali e soprattutto cercasse di uniformare gli standard tecnici applicabili in
modo tale che i due Stati possano competere in maniera ugualitaria con le stesse capacità di agire
sul mercato.
Nel 2013 i prodotti tessili e pellami hanno raggiunto quasi 8770 milioni di euro di fatturato mentre i
prodotti alimentari 3126 milioni di euro196. Assieme ai picchi tariffari, ciò che rallenta l’ingresso di
questi prodotti in Giappone sono le NTM che richiedendo molti controlli fitosanitari, di
etichettatura e certificazioni di qualità. Se queste misure fossero armonizzate e i picchi tariffari per
questo tipo di prodotti, che l’Europa e soprattutto l’Italia in primis esportano come un loro fiore
all’occhiello, fossero abbassati, i numeri del fatturato potrebbero crescere significativamente.
La tendenza giapponese alla differenziazione rispetto agli altri Stati, per quanto riguarda metodi di
certificazione, sistemi di trattamento prodotti e standard qualitativi, se da un lato prettamente
sociale e stilistico può affascinare, danneggia e limita i possibili sbocchi economici. Riuscire a
modificare l’attuale sistema di riconoscimento doganale delle merci, che si discosta da quelle che
sono le certificazioni riconosciute dalla maggior parte degli Stati, comporterebbe un minor
dispendio economico per omologarsi agli standard giapponesi, ridurrebbe le tempistiche
all’approvazione e favorirebbe un maggior interscambio di prodotti.
Conscia del fallimento delle trattative per la realizzazione del Doha Round, trattato che aveva
l’obiettivo di ampliare la liberalizzazione commerciale multilaterale, l’Unione Europea si sta
muovendo in maniera molto cauta per riuscire a concludere le trattative per l’FTA con il Giappone.
194
Inizia il sesto round del negoziato FTA tra UE e Giappone, info MercatiEsteri,
http://www.infomercatiesteri.it/highlights_dettagli.php?id_highlights=3548, 15-09-2014.
195
Total goods: EU Trade flows and balance, annual data 2004-2013, European Commission, 27-
08-2014, http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2006/september/tradoc_113403.pdf, 03-09-2014, p.
5.
196
ibidem.
67 Entrambe le nazioni vorrebbero facilitare l’espansione del loro export più potente ma la controparte
teme un forte peggioramento a livello interno per i settori che ne sarebbero colpiti.
Quello che l’Europa auspica e sta cercando di ottenere è l’abbassamento dei picchi doganali
protezionistici all’ingresso in Giappone. Il Giappone che di per se non presenta numerose (come
puro quantitativo numerico) barriere all’ingresso ha come problema il fatto che quest’ultime
ostacolino in maniera pesante i commerci. Gravando sui quantitativi esportabili di prodotti, sia i
picchi doganali che le misure non tariffarie, bloccano i commerci e i possibili investimenti.
Con un tradizionale FTA, che liberalizzerebbe i commerci, cadrebbero tutte le preferenze tariffarie
che oggigiorno vengono applicate su molti prodotti. Con questo accordo si potrebbero eliminare
tutti quegli “intoppi” quali procedure di riconoscimento, licenze, standard qualitativi che rallentano
o bloccano l’ingresso delle merci nei due Stati partner.
Ciò non avviene perché, se fossero ridotti gli oneri doganali all’ingresso di alcune merci, i presenti
livelli dei flussi commerciali subirebbero drastici cambiamenti che coinvolgerebbero non solo un
unico settore interessato ma anche tutti quelli che gli sono collegati. Le tassazioni sui prodotti
fungono sì da deterrente all’ingresso di determinati beni ma servono anche per limitare la
concorrenza estera che potrebbe arrecare danni all’economia locale.
7. Analisi delle esportazioni e degli investimenti italiani in Giappone negli ultimi anni
Malgrado il lungo periodo di stagnazione attraversato dal Paese successivamente allo scoppio della bolla immobiliare
nei primi anni '90 e i profondi danni morali e materiali provocati dal terremoto e dallo tsunami dell’11 marzo 2011, il
sistema economico giapponese continua a rimanere tra i più solidi e sviluppati, potendo contare su un’articolata e
complessa filiera produttiva incentrata sulle grandi aziende multinazionali, specie per quanto concerne i settori
dell’automotive, della chimica e dell’elettronica. In ragione del tenore produttivo del Paese, tra i più efficienti al mondo
e per questo fortemente competitivo, oltre che della tradizionale politica protezionistica perseguita dai governi di Tokyo
con lo strumento delle barriere tariffarie e non tariffarie e della pressoché completa chiusura agli stranieri del mondo
delle gare di appalto, il mercato giapponese, nonostante le indubbie potenzialità, si presenta chiuso e costoso,
sofisticato, altamente concorrenziale, di difficile penetrazione.197
La soprastante analisi fornita dall’ambasciata italiana a Tokyo mostra il Giappone come un Paese
che ha molte possibilità da offrire ma che allo stesso tempo risulta molto difficile da conquistare.
197
Quadro macroeconomico, Ambasciata d’Italia a Tokyo, 2014,
http://www.ambtokyo.esteri.it/Ambasciata_Tokyo/Menu/I_rapporti_bilaterali/Cooperazione_econo
mica/Scheda_Paese/Quadro+macroeconomico/, 30-11-2014.
68 Nonostante i recenti cataclismi che hanno interessato il Giappone, la sua economia ha sempre
mostrato, pur trovandosi ora in un momento non roseo, elementi di stabilità.
Pur essendo uno tra i Paesi più efficienti e competitivi al mondo, il Giappone presenta
problematiche quali le barriere tariffarie e le NTM che, ostacolando o negando l’ingresso di alcuni
beni sul suolo nipponico, deviano i flussi monetari riducendo di molto le sue capacità di accogliere
investimenti e merci estere.
Per questo motivo, presentandosi come un mercato chiuso e costoso, la cooperazione con gli altri
Stati a volte può non risultare sempre semplice.
Nel caso dell’Italia vediamo che la cooperazione con il nostro Paese si basa principalmente sugli
scambi commerciali e, solo in maniera ridotta, sugli investimenti198.
In più Italia e Giappone, nonostante la distanza geografica, sono accomunate da alcune
problematiche quali la carenza di risorse energetiche e materie prime e il problema
dell’invecchiamento della popolazione199. Entrambi i Paesi devono riuscire a fronteggiare queste
problematiche incombenti o già presenti; pertanto riuscire a migliorare la cooperazione economica
può essere una soluzione a questi fenomeni.
D’altro canto vengono fuori anche alcune difficoltà di un’evoluzione dei rapporti tra i due Stati. In
uno scenario in cui vi sono presenti basse o limitate prospettive di crescita economica, anche i tassi
di crescita ne hanno risentito. Dal 2011, anno in cui ha iniziato a rafforzarsi lo yen, l’export italiano
ha ripreso a salire, e nello stesso tempo si è assistito a una netta diminuzione dell’export
giapponese.
Tradizionalmente in passivo, la bilancia commerciale italiana nei confronti del Giappone ha dunque registrato un
progressivo e visibile miglioramento, tanto da determinare, a partire dal 2011, il primo avanzo commerciale a favore
del nostro Paese200.
198
ibidem.
199
ibidem.
200
ibidem.
69 Fig 34. Export Italiano verso il Giappone e Import Italiano dal Giappone
fonte Ambasciata d’Italia a Tokyo, 2014.
Pur essendo ancora in una fase di recessione globale, nel 2011 si è visto che l’export per la prima
volta dal 2002 ha superato le importazioni di uno 0,5% e questo fattore positivo è stato anche
confermato con le esportazioni in positivo del 2,4% nel 2012 e del 3,4% per il 2013201. Questo
cambio della bilancia commerciale è dato anche dal fatto che il Giappone, dopo l’incidente nucleare
del Tōhoku, ha dovuto concentrare le proprie forze per la messa in sicurezza di quei territori e
richiesto dall’estero un quantitativo ancora maggiore di materie prime e fonti energetiche vista la
chiusura precauzionale delle centrali nucleari.
Se poniamo la nostra attenzione sull’interscambio commerciale tra Italia e Giappone, le forniture
italiane verso il Sol Levante si aggirano intorno all’1,1% sul totale del nostro export202.
L’interscambio commerciale italiano con il Giappone per l’anno 2012203 indicava le esportazioni
italiane in aumento del 19,5% rispetto all’anno precedente. I settori che hanno dimostrato una
maggiore crescita sono quelli riguardanti prodotti minerari, prodotti della stampa e della
riproduzione di supporti registrati, prodotti metallurgici e derivati del petrolio204. Oltre a questi
prodotti registravano comunque valori positivi e ad alti livelli le esportazioni riguardanti il Made in
Italy (agroalimentare, tessile e conciario)205.
201
ibidem.
202
ibidem.
203
Interscambio commerciale dell’Italia per settori, ITALIA Istituto nazionale per il Commercio
Estero, http://actea.ice.it/tavole_paesi/T1_732.pdf, 10-07-2014.
204
ibidem.
205
ibidem.
70 Nel 2013 l’Italia è stata uno dei paesi dell’Unione Europea che maggiormente ha contribuito alle importazioni in
Giappone, contribuendo al maggior disavanzo commerciale di sempre accusato dal Sol Levante, segnalando però a
dicembre un rallentamento dell’export dovuto a un ulteriore abbassamento dello yen. Le esportazioni italiane nel 2013
hanno raggiunto i 930,8 miliardi di yen, con un progresso del 21,8% rispetto all’anno precedente. Questo saldo è stato
anche il più alto di sempre per il nostro Paese: 611,5 miliardi di yen. Ad ogni modo, in termini percentuali il +21,8%
dell'export italiano nel 2013 è superiore a quello degli altri Paesi europei e della media Ue del +15,2% (la Germania ha
realizzato anch'essa un robusto +17,4% a 2.324 miliardi di yen).206
Anche per il 2013 quindi le esportazioni hanno indicato un aumento, avendo comunque subito un
rallentamento verso fine anno a causa di un ulteriore indebolimento della moneta giapponese.
I primi dati per l’anno 2014 però mostrano che, in rispetto al periodo gennaio-dicembre 2013, le
esportazioni italiane sono calate del 10,5%207.
L’ICE di Tokyo stima che l’aumento della tassa sui consumi dello scorso aprile e la conseguente
marcata contrazione del PIL giapponese abbiano influito negativamente sulla corrente di
esportazioni dal nostro Paese verso il Giappone. I dati pubblicati dall’Ufficio di Gabinetto
giapponese segnano il PIL in calo del 6,8% su base annua nel secondo trimestre del 2014208, il
peggior calo dopo il terremoto del marzo 2011. Inoltre, a causa dell’aumento della tassa sui
consumi dal 5% al 8%, i consumi privati sono diminuiti del 5% e l’importazione di automobili ed
elettrodomestici si è notevolmente ridotta209. Millington210 spiega che l’importazione di automobili
ha dovuto confrontarsi anche con la svalutazione dello yen portata avanti dalla BoJ e che il
206
Italia prima in Europa nella crescita dell'export verso il Giappone. Record del disavanzo
commerciale nipponico nel 2013, Il Sole 24 Ore, 27-01-2014,
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-01-27/italia-prima-europa-crescita-export-il-giapponerecord-disavanzo-commerciale-nipponico-2013-073112.shtml?uuid=ABhEVQs, 11-12-2014.
207
Interscambio commerciale dell’Italia per settori, ITALIA Istituto nazionale per il Commercio
Estero, http://actea.ice.it/tavole_paesi/T1_732.pdf, 27-11-2014.
208
Quarterly Estimate of GDP: Jul-Sep 2014 (The 2nd Preliminary Estimates), Cabinet Office, 08-
12-2014, http://www.esri.cao.go.jp/jp/sna/data/data_list/sokuhou/gaiyou/pdf/main_1.pdf, 11-122014, p.5.
209
Calano le esportazioni italiane in Giappone, AISE Agenzia Internazionale Stampa Estero, 20-
08-2014, http://www.aise.it/economia-italiana-nel-mondo/commercio-estero/181074-calano-leesportazioni-italiane-in-giappone.html, 27-11-2014.
210
Anthony MILLINGTON, Automobiles, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC
Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan,
Tokyo, 2014, pp. 68-69.
71 Giappone, vantando un trattamento fiscale favorevole per il settore delle minicar, riesce a limitare la
competizione degli altri produttori di autoveicoli. Le minicar in Giappone sono un segmento in
costante crescita che rappresenta in il 39% del mercato degli autoveicoli211. In più i parametri di
riferimento che il Giappone richiede per categorizzare un’autovettura come minicar sono solamente
rispettati dal Giappone stesso e quindi questa regolamentazione pone di fatto un grosso ostacoli ai
produttori stranieri.
Anche il terzo trimestre del 2014 ha mostrato il PIL in calo, questa volta del 1,9%212. Con il PIL in
diminuzione per due trimestri consecutivi il Giappone è tecnicamente entrato in recessione e questi
fattori che indicano una brusca frenata per l’economia giapponese hanno portato il primo ministro
Abe a sciogliere la camera bassa e a indire elezioni anticipate per il 14 dicembre 2014. L’aumento
dell’IVA dal 5% al 8% non è stato ben recepito dal comparto economico giapponese e il successivo
aumento al 10% previsto per il 2015 è stato momentaneamente bloccato.
Nonostante la riduzione, però, l’Italia resta fortemente in attivo nei confronti del Giappone e con il
surplus più elevato rispetto ai principali concorrenti europei.213 I prodotti italiani che hanno segnato
un miglioramento per le loro vendite in Giappone sono soprattutto i prodotti minerari e i prodotti in
metallo, prodotti della stampa e della riproduzione di supporti registrati e le apparecchiature
elettroniche214.
Nonostante il periodo di crisi globale, gli scambi commerciali per alcuni settori quali Made in Italy
e i prodotti tecnologici si confermano stabili.
Il Made in Italy e le sue caratteristiche intrinseche che lo rendono un settore molto competitivo
all’interno di un mercato maturo e ricercato come quello giapponese, si riferiscono non solamente ai
settori più tradizionali riguardanti l’eccellenza produttiva italiana (abbigliamento, tessile e
agroalimentare) ma anche quelli in cui il know how, come valore aggiunto, possa rappresentare un
esteso spazio di crescita (vedi per esempio il settore farmaceutico e chimico o quello degli strumenti
211
ibidem.
212
Quarterly Estimate of GDP: Jul-Sep 2014 (The 2nd Preliminary Estimates), Cabinet Office, 08-
12-2014, http://www.esri.cao.go.jp/jp/sna/data/data_list/sokuhou/gaiyou/pdf/main_1.pdf, 11-122014, p.5.
213
Calano le esportazioni italiane in Giappone, AISE Agenzia Internazionale Stampa Estero, 20-
08-2014, http://www.aise.it/economia-italiana-nel-mondo/commercio-estero/181074-calano-leesportazioni-italiane-in-giappone.html, 27-11-2014.
214
ibidem.
72 di precisione)215. L’Italia ha la necessità di proteggere e custodire quasi come possedimento proprio
la posizione duramente ottenuta nei settori tradizionali del Made in Italy cercando al contempo di
incrementare le partecipazioni e i profitti, puntando sul fatto che il Giappone resta ancora un Paese
affascinato dall’Italia. Se poi consideriamo il fatto che il Giappone, pur avendo meno abitanti
rispetto ad altri Stati asiatici, è il secondo mercato al mondo solo dopo gli Stati Uniti per quando
riguarda il settore del lusso, è facilmente intuibile che questo settore abbia grandi potenzialità da
offrire216.
Per quanto riguarda invece il comparto dei prodotti ad alto sviluppo tecnologico, questi riescono a
collocarsi bene sul mercato vista la richiesta d’investimenti stabili e duraturi che necessitano ingenti
somme di denaro che ben si conciliano con la struttura del mercato nipponico che potrà poi
garantire ampi margini di profitto217.
L’industria italiana è ben conosciuta in Giappone per la sua produzione di alta qualità e può
ricavare vantaggio da queste caratteristiche per potenziare la sua presenza in un mercato ancora a
basso potenziale per quanto riguarda gli IDE in entrata e che presenta sorprendentemente ancora
vari settori poco sviluppati. Soprattutto il settore tecnologico presenta ampi margini di
miglioramento. Basti pensare che il Giappone investe una quota superiore al 3% del proprio PIL per
la ricerca e lo sviluppo218.
Avvalendosi degli investimenti che il Giappone continua a stanziare per questo settore, il comparto
industriale italiano può aumentare la sua presenza nel mercato giapponese che, come analizzato nei
precedenti capitoli, risulta ancora molto difficile da penetrare e restio agli investimenti stranieri. In
Giappone troviamo moltissimi esercizi commerciali italiani ma sono poche le società che veramente
hanno un’attività produttiva o di ricerca situata nel Paese. Consultando i database delle aziende
italiane presenti nel Sol Levante219 saltano subito all’occhio moltissimi nomi di brand italiani già
presenti in molti Paesi del mondo. Alcuni di questi hanno in Giappone i propri stabilimenti di
produzione o studi mentre la maggior parte è presente nel Paese solamente con i punti vendita. Se
poi consideriamo la struttura aziendale italiana, per la maggior parte composta da piccole e medie
215
Homepage Giappone, info Mercati Esteri,
http://www.infomercatiesteri.it/paese.php?id_paesi=126#slider-5, 30-10-2014.
216
ibidem.
217
ibidem.
218
Marting GRUEBER, 2014 Global R&D Funding Forecast, Colombus, Battelle, 2013, p.3.
219
Presenza italiana in Giappone, ITA Italian Trade Agency, giugno 2014,
http://www.ice.gov.it/paesi/asia/giappone/upload/165/Presenza%20italiana%20in%20Giappone%2
022%20set%202014.pdf, 11-12-2014.
73 imprese che poco si prestano alla diffusione sul mercato estero, è facilmente capibile il perché di
una loro esigua presenza in Giappone. Con le loro già ridotte dimensioni e budget difficilmente
riusciranno a farsi spazio in una realtà che non è facilmente “attaccabile” da piccoli attori
commerciali220. Bugamelli, Cipollone e Infante221 sottolineano l’importanza della dimensione di
un’impresa per poter operare sui mercati esteri. Le dimensioni imprenditoriali diventano più
importanti quanto più sofisticato diventa il livello delle attività internazionali, siano esse
esportazioni o investimenti esteri. È forte anche il link tra internazionalizzazione e innovazione: le
imprese che hanno delocalizzato parte della produzione all’estero sono quelle che più facilmente
porteranno avanti i processi di ricerca e sviluppo, avranno più alte percentuali di laureati
universitari nei loro staff e saranno più propensi a ricercare innovazioni222.
La recente crisi economica del 2008 ha fatto sì che tutti gli Stati le cui economie erano già in una
fase di sviluppo avanzato necessitassero di una rimodernizzazione nei propri meccanismi o di
un’apertura verso quei settori non tradizionali della ricerca e dello sviluppo (quali per esempio
energie rinnovabili223, nanotecnologie224) e quello ad alto contenuto tecnologico che potessero
portare innovazione all’interno di questi mercati. L’Italia vanta molte eccellenze che operano nel
settore R&D (più nello specifico la ricerca medica, nanotecnologica e sulle fonti energetiche
sostenibili)225 che possono garantire ampli benefici economici in vigore delle loro innovazioni ma
che purtroppo sono meno conosciute rispetto ai settori tradizionali.
La sfida per il sistema Italia in Giappone è anche quella di migliorare la collaborazione reciproca
continuandosi a promuovere non solo come Paesi leader dei settori tradizionali ma anche riuscendo
a far emergere quelli ad alto contenuto tecnologico e innovativo.
Su questa scia i settori che ben si prestano a questo tipo di evoluzione sono quelli farmaceutico,
energetico, nanotecnologico, aerospaziale e robotico che tramite l’integrazione del mondo
220
Istituto Guglielmo Tagliacane, Le piccole e medie imprese nell'economia italiana. Rapporto
2007. Il dinamismo della ristrutturazione, FrancoAngeli s.r.l., Milano, 2007, pag 36-40.
221
Matteo BUGAMELLI, Piero CIPOLLONE, Luigi INFANTE, L' internazionalizzazione delle
imprese italiane negli anni Novanta, Bologna, Il Mulino, 2000.
222
ibidem
223
Vincenzo SANGUIGNI, Lo sviluppo internazionale delle imprese operanti nel settore
fotovoltaico, Torino, G. Chiappelli Editore, 2013.
224
Shyama V. RAMANI, Nanotechnology and Development: What's in it for Emerging Countries?,
Cambridge, Cambridge University Press, 2014.
225
Margherita BALCONI, Alessandro PASSANNANTI, I parchi scientifici e tecnologici nel nord
Italia, Milano, FrancoAngeli s.r.l., 2006. 74 accademico e quello imprenditoriale dei due Paesi possono dare vita a prodotti, processi e servizi
innovativi, idonei a trovare un’applicazione a livello industriale e uno sbocco sul mercato
domestico e internazionale.
Le opportunità di collaborazione, che si potrebbero sostanziare in strategie di delocalizzazione, accordi di
collaborazione produttiva, commerciale e tecnologica, presuppongono tuttavia una struttura organizzativa in grado di
adottare politiche di penetrazione all’estero complesse, specie in un mercato come quello giapponese, normalmente
fuori della portata delle PMI italiane (che compongono il 98% del nostro tessuto produttivo) se considerate
singolarmente, ma indubbiamente più “attrezzate” nel momento in cui trovano nel Distretto Industriale una forma di
aggregazione più adatta ad incentivare la propensione all’internazionalizzazione. Il livello di investimenti reciproci e
collaborazioni industriali, pertanto, appare ancora inferiore rispetto alle potenzialità delle due economie226.
Basandosi su dati di JETRO Milano si è visto che dal 2008 al 2013 167 aziende italiane hanno
richiesto consulenza per aprire una filiale o sapere come muoversi per esportare in Giappone ma,
dopo le prime consultazioni iniziali, 85 di queste hanno desistito.
Fig 35. Consulenze aziendali di JETRO nei confronti di aziende italiane dal 2008 al 2013
CASI INIZIALI
FOLLOW UP
CASI DI SUCCESSO
2008
33
15
3
2009
31
15
3
2010
31
15
2
2010
26
15
2
2012
26
15
1
2013
20
7
N.D.
fonte JETRO Milano, 2013.
nota: dati ottenuti nel Novembre 2013; i numeri per l’anno fiscale 2013 sono da considerarsi
parziali vista la chiusura dell’anno fiscale giapponese a marzo 2014
Le aziende che hanno richiesto assistenza fanno parte di molteplici settori quali alimentare,
abbigliamento, automotive, ICT (Information and Communication Technology), farmaceutico ed
energetico. Se in un primo momento si vede che ci sono fra le 20 e le 30 società intenzionate a
226
Quadro macroeconomico, Ambasciata d’Italia a Tokyo, 2013,
http://www.ambtokyo.esteri.it/Ambasciata_Tokyo/Menu/I_rapporti_bilaterali/Cooperazione_econo
mica/Scheda_Paese/Quadro+macroeconomico/, 30-11-2014.
75 espandere i loro orizzonti in Giappone, dopo la prima consulenza iniziale e i successivi follow-up il
loro numero già cala della metà e solamente quasi 1/10 di esse si trasforma in un caso concreto di
successo che porterà l’azienda ad aprire un ufficio di rappresentanza in Giappone tramite JETRO
per sondare il mercato. Si è calcolato poi che la maggior parte delle aziende che hanno portato
avanti le consulenze e deciso di sondare in concreto il mercato giapponese appartengono alle
categorie automotive e ICT. Questi dati mostrano pertanto che esistono delle problematiche che
fanno desistere gli investitori stranieri ad avventurarsi nel mercato nipponico.
Pertanto, nell’ottica di una maggiore collaborazione, sarebbe auspicabile che i due Paesi stabilissero
normative e regole comuni in modo tale da ridurre le difficoltà che oggigiorno si riscontrano nel
commercio e negli investimenti esteri. Ne sono esempio il settore farmaceutico che è colpito dalla
non conformazione del Giappone agli standard clinici ICH-GCP e ISO14155 227 , quello
alimentare 228 nel quale la maggior parte delle problematiche all’importazione è dovuta alla
certificazione di prodotti (carni in primis), quello vinicolo229 dove i differenti sistemi di tassazione
colpiscono pesantemente i vini italiani ed europei, e quello automobilistico230 colpito dal differente
sistema di omologazione per le vetture.
227
Carsten BRUNN, Pharmaceuticals, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC
Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan,
Tokyo, 2014, pp. 54-55.
228
Olivier CONVERT, Food & Agricolture, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC
Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan,
Tokyo, 2014, pp. 64-66.
229
ibidem.
230
Anthony MILLINGTON, Automobiles, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC
Report on the Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan,
Tokyo, 2014, pp. 68-69. 76 Conclusioni
Attraverso questo studio ho riscontrato che esistono concrete possibilità per l’economia giapponese
che permetteranno al Paese di superare questo periodo di stasi economica.
Il piano nazionale Abenomics iniziato nel 2012 ha proposto un allentamento monetario, una politica
fiscale più flessibile e riforme strutturali che stimolino gli investimenti e la crescita a lungo termine.
Queste riforme, nel breve termine hanno portato il PIL del Paese alla crescita, fatto aumentare la
spesa pubblica e fatto diminuire il livello di disoccupazione. Questi risultati sono stati ottenuti dalle
prime due frecce che hanno agito direttamente sulle politiche monetarie e fiscali. I dubbi che
economisti e studiosi si sono posti e si stanno ponendo concernono l’evoluzione futura di questo
piano economico, soprattutto a riguardo della terza freccia, cui compito è quello di promuovere
riforme strutturali che riescano a smuovere un mercato del lavoro troppo rigido e che aiutino
l’economia a riprendersi. Personalmente concordo con Hamada231 il quale spiegava che le tre frecce
dovranno agire in simbiosi per riuscire a ottenere sia il loro scopo diretto ma anche quelli delle altre
variabili. Affinché la terza freccia stimoli gli investimenti e la crescita, le altre due frecce dovranno
fare in modo di supportarla continuando a mantenere stabile l’inflazione e sostenendo la domanda
interna. Nonostante gli ultimi trimestri indichino l’economia giapponese in recessione, credo anche
che, come spiegato da Filippini232, la politica economica perpetrata da Abe abbia portato risultati
importanti e che per il prossimo futuro, come spiegato da Kajimoto e Slodkowski 233, grazie alle
nuove misure della terza freccia (in primis il taglio della corporate tax), l’economia nipponica potrà
ritornare ad avere indici positivi.
Per poter riacquistare spessore a livello internazionale il Giappone sta anche portando avanti le
trattative per arrivare alla firma del trattato di libero scambio con l’Europa.
231
HAMADA Koichi, Grading Abenomics, in “Project Syndicate”, 2013, http://www.projectsyndicate.org/commentary/koichi-hamada-assesses-the-progress-that-japanese-prime-ministershinzo-abe-s--three-arrows--strategy-for-economic-revitalization-has-made-so-far/italian, 28-072014.
232
Francesco, BISOZZI, Dall'Abenomics all'Abecalypse, la lezione per Renzi. Intervista a Carlo
Filippini, in “Economia e Finanza Il Messaggiero.it”, 20-11-2014,
http://economia.ilmessaggero.it/economia_e_finanza/abenomics-abecalypse-lezione-renziintervistacarlo-filippini/1022534.shtml, 01-12-2014. 233
Tetsushi KAJIMOTO, Antoni SLODKOWSKI, Japan’s Abe unveils plans to cut corporate tax
rate to spur growth, in “Reuters”, 13-06-2014, http://www.reuters.com/article/2014/06/13/us-japaneconomy-abe-idUSKBN0EO0K320140613, 20-08-2014.
77 Come spiegato dai vari specialisti che hanno contribuito alla redazione del recente rapporto
dell’European Business Council of Japan234, per riuscire a rimuovere le barriere che ostacolano i
commerci tra Europa e Giappone, la ratifica del FTA fra le due potenze è di importanza primaria.
Questa esigenza viene anche avvalorata da Sunesen235, dall’International Trade Center236 e dalla
Commissione Europea237 i quali con i loro studi hanno dimostrato che attraverso questo accordo si
riuscirebbero a raggiungere risultati positivi per entrambe le economie. Sunesen e la Commissione
Europea poi hanno puntato l’attenzione soprattutto sulle NTM segnalando quelli che sono i picchi
tariffari presenti in Giappone che ostacolano i rapporti commerciali con l’Europa.
Attraverso l’analisi delle NTM ho potuto constatare che queste misure influiscono pesantemente sul
flusso delle merci e, con le limitazioni che impongono, riducono le possibilità commerciali di
entrambi i partner. Reputo pertanto che un abbassamento di questi oneri tariffari potrà dare uno
stimolo alle economie di entrambi i Paesi.
Con questo studio poi ho analizzato quelli che sono i settori e le eccellenze per le quali il Giappone
è riconosciuto all’estero e ho verificato che, grazie alle riforme strutturali che l’Abenomics sta
pianificando, potrebbero godere di maggiori possibilità di crescita. Inoltre ho tentato di rapportare
questi ultimi alle loro controparti italiane e, grazie ai dati forniti da JETRO comparati con i dati
Battelle e quelli del METI (presenti nel cap. 4), ho verificato che ci potrebbero essere occasioni di
collaborazione tra Italia e del Giappone e che i settori per i quali si prevedono maggiori possibilità
di crescita sono quelli delle energie rinnovabili, quello sanitario-farmaceutico e quello R&D.
Ritengo di aver raggiunto gli esiti che mi ero prefissato all’inizio della stesura di questo elaborato
poiché ho potuto sondare la recente situazione economica giapponese e capire quali possono essere
gli scenari futuri cui il Giappone sta andando incontro. Ritengo il mio lavoro originale in quanto,
partendo da una panoramica sull’attuale situazione economica giapponese e i suoi sviluppi interni
ed esteri, sono arrivato a definire quali sono i motivi che impediscono al Giappone di imporsi con
maggior forza sul mercato estero e attraverso quali strategie il Paese possa tornare a essere un attore
rilevante sulla scena economica mondiale.
234
Bjorn KONGSTAD, in Bjorn Kongstad (a cura di), Taking Action, The EBC Report on the
Japanese Business Environment 2014, The European Business Council in Japan, Tokyo, 2014.
235
SUNESEN, Eva R., FRANCOIS, Joseph F., THELLE, Martin H., Assessments of barriers to
trade and investment between the EU and Japan, Copenhagen, Copenhagen Economics, 2009.
236
Non-tariff measures, International Trade Centre, http://www.intracen.org/itc/market-info-
tools/non-tariff-measures/ 05-09-2014.
237
Commission Staff Working Document Impact Assessment Report on EU-Japan Trade Relations,
European Commission, Bruxelles, 18-07-2012. 78 Spero che, dopo questa ricerca, si continui a seguire l’evoluzione dell’Abenomics e si possa
studiare se la terza freccia abbia portato anche nel lungo termine ai miglioramenti che si era
prefissata. Nel caso in cui le trattative per il FTA andassero a buon fine e il trattato venisse firmato,
sarebbe poi possibile studiare come le misure tariffarie e le NTM siano variate e verificare quali
miglioramenti si siano registrati per entrambe le economie.
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