M.Balconi e R.Fontana, Dispense di Economia:
9) La concorrenza nel mondo reale
La concorrenza nel mondo reale
Il funzionamento di un mercato concorrenziale nel breve periodo
Per costruire un modello di funzionamento di un mercato concorrenziale maggiormente
realistico di quello della concorrenza perfetta e soprattutto non basato su assunti in contrasto con
l’evidenza empirica, dobbiamo innanzi tutto chiarire quali ipotesi intendiamo abbandonare.
Il modello teorico della concorrenza perfetta è caratterizzato da due fondamentali condizioni
che riguardano la struttura del mercato: la presenza di numerosissime imprese piccolissime –
dette atomistiche - e la libertà di entrata e di uscita.
Dal punto di vista strutturale, quindi, mentre continuiamo ad assumere piena libertà di entrata
e di uscita, modifichiamo l’ipotesi sull’atomismo, assumendo invece che le imprese siano
numerose, ma non necessariamente atomistiche, e che abbiano circa le stesse dimensioni. Non ci
sono quindi imprese che dominano il mercato, ma si verifica una sostanziale simmetria
dimensionale tra i diversi attori.
Abbandoniamo inoltre le seguenti ipotesi:
1. che le imprese abbiano costi marginali crescenti (ipotesi che contrasta l’evidenza empirica
nella maggior parte dei settori industriali)
2. che il bene prodotto sia perfettamente omogeneo
3. che le imprese siano in modo assoluto price-taker (cioè considerino il prezzo come un dato
non direttamente influenzabile)
4. che le imprese nel lungo periodo tendano a diventare uguali in termini di costi, in quanto
adottano tutte la stessa tecnologia e non sono toccate da problemi di organizzazione e di
competenze.
Sostituiamo le ipotesi precedenti con le seguenti:
1. Le imprese hanno costi marginali costanti e quindi uguali ai costi variabili. Inoltre hanno
una data capacità produttiva. Ciascuna impresa i delle n imprese può quindi produrre al
massimo la quantità q pu , che corrisponde al pieno utilizzo della capacità produttiva e si
preoccupa di non produrre meno di q pp , la quantità che corrisponde al punto di pareggio del
bilancio (si vedano le dispense n.6).
2. Il prodotto è imperfettamente omogeneo. Non è un prodotto pienamente differenziato (come
i diversi tipi di automobili), ma le condizioni di vendita di un’impresa lo differenziano dal
prodotto delle imprese concorrenti in termini di rapidità e puntualità di consegna,
affidabilità, prontezza nel rispondere a richieste particolari ecc. Di conseguenza i
consumatori non sono indifferenti verso l’origine del bene e un fornitore è preferito ad un
altro, a parità di prezzo. Prodotti di questo tipo sono le barre o le lastre di acciaio, i prodotti
chimici, numerosissimi componenti standard e dal mercato di massa.
3. Assumiamo che il prezzo in un certo momento per le singole imprese sia dato e unico, data
la sostanziale omogeneità del prodotto. Tuttavia il prezzo non è totalmente immodificabile
per iniziativa delle singole imprese le quali in alcune circostanze (che discuteremo fra poco)
sono portate a modificarlo.
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4. Le imprese non hanno costi uguali e quindi le imprese più efficienti godono
persistentemente di extraprofitti (o profitti economici) positivi, dovuti alle loro superiori
competenze non facilmente imitabili.
L’aspetto centrale del modello realistico della concorrenza è che un mercato concorrenziale è
caratterizzato da condizioni strutturali (libertà di entrata e uscita e presenza di imprese numerose e
dimensionalmente simmetriche) meno stringenti di quelle della concorrenza perfetta e da condizioni
comportamentali diverse e cruciali: le imprese si fanno concorrenza per conquistare consumatori
attraverso migliori condizioni di vendita, come abbiamo visto.
Nel breve periodo sono date le condizioni di costo delle singole imprese. Dato un certo
prezzo, che le imprese preferiscono accettare per non scatenare le reazioni dei concorrenti, le
imprese più efficienti hanno margini di profitto più alti delle altre, in quanto i costi unitari (fissi e
variabili) sono più bassi mentre il prezzo è per tutte uguale. Producono solo le imprese che hanno il
costo medio variabile inferiore (o al più uguale) al prezzo: AC ≤ P.
Introduciamo a questo punto un’ipotesi semplificatrice (ma ragionevole): che il tasso di
utilizzo delle capacità produttive in un certo momento dipenda per tutte le imprese dalle condizioni
della domanda di mercato. Ricordiamo che qpp è la quantità che permette di coprire tutti i costi
senza perdite con un margine di profitto nullo, mentre qpu è la quantità che consente il pieno utilizzo
delle capacità produttive.
c, p
costi fissi unitari
prezzo
costo variabile unitario (o medio)
qpp
q pu
Ciascuna impresa fronteggia gli ordini di un certo numero di clienti. Supponiamo quindi che
quando le condizioni macroeconomiche (cioè dell’economia nel suo complesso) o mesoeconomiche
(cioè di una parte dell’economia, quella parte in particolare da cui sorge la domanda rivolta al
nostro settore industriale) cambiano in modo non eccessivo, le imprese producano nel tratto
compreso tra qpp e qpu, in risposta agli ordini dei propri clienti che variano in proporzione alle
condizioni generali, senza farsi concorrenza di prezzo.
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Tuttavia quando, come si dice, l’economia si surriscalda e gli ordini comporterebbero un
livello di produzione q > qpu, le imprese sono portate di fronte all’eccesso di domanda ad aumentare
i prezzi. Siamo in questo caso nella situazione di “mercato del venditore”: i venditori non temono di
perdere ordine a vantaggio dei concorrenti aumentando il prezzo, dato l’eccesso di ordini.
D’altra parte di fronte ad una recessione, cioè ad un calo generalizzato degli ordini dei clienti
che porterebbe a diminuire la produzione ad un livello q < qpp, le imprese sono portate ad affrontare
la mala sorte tentando di sottrarre clienti ai concorrenti attraverso riduzioni dei prezzi, per lo più
celate nella forma di sconti al di sotto dei prezzi di listino (mercato del compratore). Questa pratica
tuttavia si diffonde e le imprese finiscono per stare tutte peggio, in quanto vendono tutte meno di
prima (a causa del forte calo della domanda) e a prezzi inferiori a prima (a causa del ribasso di
prezzo). La curva di offerta delle imprese ha pertanto la forma indicata nel grafico:
p
curva di offerta
delle imprese
costo variabile medio
qpp
qpu
q
Secondo questa impostazione non esiste un algoritmo per la massimizzazione del profitto. Le
imprese aspirano ad ottenere i profitti più elevati possibile riducendo al minimo i costi,
ottimizzando le condizioni di vendita e cercando di ottenere ordini per sfruttare a pieno le capacità
produttive. Ma poiché il mondo non è trasparente e gli imprenditori e i manager non sono tutti
ugualmente capaci, non è detto che quanto di meglio le imprese riescano a fare sia ottimale.
La curva di offerta del mercato si ottiene sommando orizzontalmente le curve di offerta delle n
n
imprese che appartengono all’industria: Q = ∑ i = 1 q i
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P
D3
D2
D1
Offerta
costo variabile medio
Qpp
Qpu
Q
Si noti che nella zona di elasticità dell’offerta (tra Qpp = ∑i =1 q ppi e Qpu = ∑i =1 q pui ) lo
n
n
spostamento della domanda non influenza il prezzo, ma solo le quantità vendute, mentre oltre il
livello di pieno utilizzo delle capacità produttive (per definizione) l’offerta diventa rigida e quindi
l’eccesso di domanda si riverbera sui prezzi. Nel caso opposto, di debolezza della domanda, c’una
spinta concorrenziale al ribasso dei prezzi.
Resta da chiedersi: cosa determina il livello del prezzo (e quindi, dati i costi, il livello del
margine di profitto) che le imprese considerano come dato nel breve periodo in condizioni di
mercato non caratterizzate da eccessi o forti cadute di domanda? L’equilibrio tra domanda e offerta
nel lungo periodo è a questo proposito cruciale.
Il funzionamento di un mercato concorrenziale nel lungo periodo
Il lungo periodo è caratterizzato dai seguenti fattori:
1. può cambiare il numero delle imprese attraverso le entrate e le uscite;
2. possono mutare le tecnologie delle imprese esistenti, grazie al progresso tecnologico.
Diventa fondamentale prendere in considerazione i differenziali di costo delle diverse
imprese, in quanto nel lungo periodo il mercato costituisce essenzialmente un meccanismo di
selezione che porta all’eliminazione delle imprese meno efficienti e meno in grado di rispondere
alle domande dei clienti.
Consideriamo inizialmente un mercato in cui la domanda nel lungo periodo sia stabile e
avvenga l’entrata di muove imprese.
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Supponiamo, per semplicità, che al tempo t0 siano presenti tre gruppi di imprese, ciascuno dei
quali è caratterizzato da una certa altezza dei costi unitari (fissi e variabili) al livello di pieno
utilizzo della capacità produttiva. Tra i costi fissi consideriamo anche il salario dell’imprenditore
per il lavoro prestato e il costo opportunità del capitale investito, tenendo conto del premio per il
rischio specifico del settore. Costruiamo una curva di offerta del settore di lungo periodo allineando
i tre gruppi a partire da quello caratterizzato dai costi più bassi. La lunghezza di ogni segmento
orizzontale rappresenta la quantità prodotta da ciascun gruppo di imprese.
L’equilibrio tra domanda e offerta determina un livello di prezzo pari a OC, il costo medio
totale delle imprese meno efficienti alle quali la domanda permette di sopravvivere.
Offerta t0
P, C
Domanda
C
C
B
A
Q
O
Supponiamo ora (a differenza di quanto ipotizzato dal testo di Mankiw) che nuovi entranti
siano incentivati ad entrare in quanto godono di costi più bassi dei produttori esistenti (si pensi alle
imprese cinesi o indiane) e rappresentiamo la curva di offerta dell’industria tenendo conto dei
differenziali di costo.
Al tempo t1 supponiamo che siano entrate nel settore nuove imprese con costi più bassi di OA,
pari a OZ. L’intera curva di offerta del settore si trasla verso destra, di un ammontare pari alla
produzione dei nuovi entranti.
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Offerta t1
P, C
Domanda
C
C
B
A
Z
O
Q
Ne consegue che una parte delle imprese a costi più alti, appartenenti al gruppo C, non trova
più spazio sul mercato e viene ad essere eliminata. Poiché tuttavia resta ancora spazio per una parte
delle imprese di questo gruppo, il prezzo resta pari a OC.
Le imprese esistenti cercano quindi di reagire alla perdita di competitività rispetto ai nuovi
entranti, temendo di essere eliminate dal mercato nel processo di selezione, e introducono
innovazioni che abbassano i costi. Quindi al tempo t2, la situazione sarà mutata come mostra la
curva di offerta nella figura sotto:
Offerta t2
D0
P, C
C
C’
D1
C’
B’
A’
Z
O
Q
Il prezzo è quindi sceso a OC’. E’ chiaro che se entrassero ancora altre nuove imprese a bassi costi,
il prezzo potrebbe scendere a OB’.
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Il processo di selezione è influenzato anche dagli spostamenti della domanda: se il reddito
aumenta e la domanda si sposta a destra, da D0 a D1, il processo di selezione viene rallentato.
Addirittura potrebbe avvenire che in assenza di nuovi entranti, lo spostamento a destra della curva
di domanda faccia rientrare sul mercato impianti vecchi e inefficienti che erano stati chiusi.
Nel lungo periodo quello che conta è il processo di cambiamento, l’evoluzione dinamica
basata su entrate e uscite e innovazioni tecnologiche. L’equilibrio tra domanda e offerta di lungo
periodo, dal quale dipende il prezzo (considerato come dato nel breve periodo), è sempre sottoposto
a nuove tensioni che ne impediscono la permanenza. Il successo competitivo delle imprese e dei
paesi si basa sulla capacità di affrontare e innestare il mutamento.
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