Impresa sociale:
brevi cenni sulla nuova figura
di imprenditore alla luce del disegno di legge.
Avv. Sorrentino Bonaventura
Studio Sciumè e Associati
Roma
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La nuova figura di imprenditore sociale
Il tempo è maturo per una breve ed iniziale riflessione di dettaglio su quello che si profila essere come il
primo vero passo del legislatore orientato verso una concreta emancipazione del terzo settore che, a
parere di chi scrive, è destinato al successo a condizione di una elaborazione dei profili normativi che
tenga conto, sensibilmente e in via preliminare, del disposto del libro quinto del codice civile nella parte in
cui si regolamenta del lavoro nell’impresa; in particolare laddove è focalizzata la figura dell’imprenditore e
la sua tradizionale e tipica operatività.
La sensazione è invece quella che si stia focalizzando l’attenzione esclusivamente sull’ampliamento delle
finalità dei soggetti normativamente regolamentati dal libro primo e da un affastellamento di norme
speciali, senza tener conto di quanto ciò vada ad incidere sull’attuale regolamentazione della principale
figura appartenente al mondo dell’impresa.
L’impresa sociale dunque tra il novero degli imprenditori.
Il concetto di impresa sociale, così come riportato nel disegno di legge, va inteso come organizzazione
privata senza scopo di lucro che esercita in via stabile e principale un’attività economica di produzione o
scambio di beni o di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale sebbene,
attenzione, uniformata a principi e criteri direttivi che ne caratterizzano l’operatività.
Tali dictat si sostanziano, tra le altre, nella: possibilità di usufruire di agevolazioni fiscali, divieto di
distribuire utili anche indirettamente, obbligo di devoluzione del patrimonio ad altre imprese sociali, nella
possibilità per le imprese for profit e pubbliche di partecipazione ma senza poterne avere il controllo,
nell’obbligo di iscrizione al registro delle imprese, nella responsabilità limitata al patrimonio dell’impresa
sociale per le obbligazioni da questa assunte, nell’assoggettamento a discipline concorsuali in caso di
insolvenza.
Limiti fortemente incidenti sulla tradizionale figura di impresa e di imprenditore.
Supporto fondamentale per la buona riuscita del progetto normativo è proprio un attento studio nel
merito della incidenza che la nuova figura dell’impresa sociale ha sullo “status” dell’imprenditore, così
come attualmente definito.
Tale analisi, che dovrebbe comportare una integrazione o modifica della definizione, richiede innanzitutto
un dialogo costruttivo e sinergico con il mondo dell’impresa, volto principalmente a rendere noto ad esso
di quanti siano ad oggi i punti di comunanza e le affinità tra la figura dell’imprenditore e quella di
operatore con finalità “not for profit”.
Soprattutto in considerazione del fatto che l’imprenditore con finalità lucrative a tutt’oggi ha interloquito
raramente ed in maniera oserei dire di “distacco” con soggetti che operano in una realtà che gli poteva
sembrare idiosincrasica con il suo “modus operandi”.
Ma per come si è evoluta l’operatività di nuovi soggetti del non profit, tale differenza è meno incisiva e
non ha ragion d’essere; perlomeno negli aspetti gestionali ed organizzativi ed, alla luce del disegno di
legge in questione, neanche per l’aspetto aziendalistico.
Sicuramente non è così per i molti casi in cui le finalità degli enti richiedano l’applicazione di una logica
d’impresa, sia nella organizzazione che nella gestione e ancor meno quando quest’ultima è vincolata ad
una filosofia sociologica ed al contempo aziendalistica.
Se è palese che l’auspicio, per un pieno raggiungimento dello scopo che ci si prefigge di realizzare con
l’istituzione della impresa sociale, è che essa vada a incidere sulla forma mentis dell’imprenditore così
come è accaduto in molti altri Paesi evoluti, è ancor più vero che tale nuova operatività dovrà modificare
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La nuova figura di imprenditore sociale
formalmente la definizione di imprenditore e sostanzialmente il processo di conduzione dell’impresa
(sociale) o meglio delle proprie finalità tipiche.
In sintesi se è di tutta evidenza che in buona parte il mondo dell’impresa è a tutt’oggi orientato, nei
rapporti sostanzialmente di elargizione o di sostegno al fund raising, a curare e definire un’area
importante del proprio operato che è prevalentemente quella di pianificare la promozione dell’immagine
per un ritorno ovviamente e sottolineo giustamente, in termini di risultato di bilancio, oggi bisogna
orientarsi verso una logica profittevole e sinergica per le finalità solidaristiche.
Sostanzialmente l’aspetto che si ritiene sottovalutato, in questa fase di studio sulla operatività
dell’impresa sociale, è proprio l’incidenza di fatto e dunque l’opportuna modifica normativa alla figura
dell’imprenditore, così come regolamentata dall’art. 2082 del codice civile.
Non è questa la sede per fare filosofia aziendalistica ed evidenziare la diversa destinazione delle energie,
destinate in precedenza esclusivamente al risultato lucrativo, per un supporto ai valori sociali o
solidaristici che in ogni caso sono molto spesso di resa indiretta nello scambio di integrazione con
l’operatività della cosa pubblica, ma va detto che la prospettiva del concetto di imprenditorialità va
adeguata.
La funzione e la figura dell’imprenditore va completata dei tasselli mancanti che la farebbero evolvere
senza stravolgere la sua natura e le tipiche proprie finalità.
Quello che si vuole sostenere è che il nuovo scenario nel mondo dell’impresa, comprendendo l’impresa
sociale va ad integrarsi e completarsi con soggettività giuridica la cui necessaria regolamentazione
sembra richiedere propedeuticamente una revisione anche di taluni articoli di cui al libro quinto, in
particolare nella parte in cui definisce lo status e l’operatività tipica dell’imprenditore.
È improponibile regolamentare una nuova operatività con propri criteri organizzativi e di gestione, senza
tener conto di quello che ne deriva sul riferimento principe di tutto, ossia sulla figura dell’imprenditore.
Se il disegno di legge vuole istituire, così come riportato, un regime particolare per le organizzazioni
private senza scopo di lucro che esercitano in via stabile e principale un’attività economica di produzione
o di scambio di beni o di servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale, tale
regime dovrà coniugarsi con il disposto dell’art. 2082 del codice civile, laddove si definisce imprenditore e
quindi fa impresa “… chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della
produzione o dello scambio di beni o di servizi”.
Non si sta parlando del fine lucrativo dell’attività di impresa, esso può esserci o meno.
Notoriamente e per giurisprudenza consolidata ha carattere imprenditoriale l’attività economica appunto
organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi ed esercitata in via esclusiva o
prevalente, che sia ricollegabile ad un dato obiettivo inerente all’attitudine a conseguire la remunerazione
dei fattori produttivi, rimanendo giuridicamente irrilevante lo scopo di lucro, che riguarda il movente
soggettivo che induce l’imprenditore ad esercitare la sua attività.
In conclusione dunque si vuole evidenziare che la conseguenza logica con la istituzione di questa nuova
figura, per le proprie peculiarità e la propria operatività “condizionata”, va ad incidere sulle caratteristiche
che definiscono normativamente la figura dell’imprenditore e pertanto è necessario un adeguamento
concettuale e normativo.
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