22 marzo, musiche di rara esecuzione in sala tartini (ore

IL TRIO JUBILE’ MERCOLEDI’ 22
MARZO,
MUSICHE
DI
RARA
ESECUZIONE IN SALA TARTINI
(ORE 20.30)
TRIESTE – Il Trio Jubilé, composto da Pierluigi Maestri
flauto, Sergio Lazzeri fagotto e Dimitri Romano pianoforte,
sarà protagonista mercoledì 22 marzo alle 20.30 in Sala
Tartini per la stagione Inverno/primavera 2017 del
Conservatorio, di un programma di rara esecuzione: Andante con
Variazioni, dal Trio in sol maggiore WoO 37 di Beethoven al
Trio op. 63 di Carl Maria von Weber, che fonde felicemente i
timbri del flauto, del fagotto e del pianoforte, offrendo loro
bellezza melodica ed una sottile vena teatrale. Come sempre
l’ingresso è aperto alla città, previa prenotazione. Info
www.conservatorio.trieste.it tel. 040.6724911. Il Trio in sol
maggiore WoO 37 (Werke ohne Opuszhal – Composizioni senza
numero di Opus) fu composto da Beethoven tra il 1786 e il 1790
per la famiglia del conte Friedrich von Westerholt-Gysenberg.
Il conte, infatti, suonava il fagotto, mentre la figlia Maria
Anna Guglielmina era allieva di pianoforte del compositore,
follemente innamorato di lei. Articolato in tre movimenti, il
Trio risente molto dell’influenza di Mozart, come del resto le
altre composizioni beethoveniane del cosiddetto Primo periodo,
caratterizzate da una delicatezza e da una cura del dettaglio
sorprendenti.
Un interessante Tema – Andante con variazioni in tempo di 2/4,
chiude l’opera. Di Edouard Marcel Rouher si conosce veramente
poco: allievo di Franck, Dubois e Massenet al Conservatoire
Supérieur de Musique a Parigi, fu Organista e Maestro di
Cappella nella capitale francese. Il brano in programma,
scritto nel 1900, risente indubbiamente dell’influenza dei
grandi insegnanti di Rouher, specialmente di quella franckiana
inerente ad una solida e chiara struttura formale. Il
programma si conclude con una delle partiture più raffinate
della produzione cameristica di Carl Maria von Weber, il Trio
op. 63, che fonde felicemente i timbri del flauto, del fagotto
e del pianoforte, offrendo loro bellezza melodica ed una
sottile vena teatrale, più evidente nei temi del Finale, che
presenta chiare analogie con alcuni motivi del “Freischütz”
(composto nello stesso anno del Trio), ed in particolare, uno
di questi temi, ricorda chiaramente la canzone di Kaspar nel
primo atto dell’opera. Il carattere bucolico del brano è
riconducibile al particolare momento in cui fu composta:
l’estate del 1819 durante una piacevole e serena vacanza
agreste del compositore.