Le iponatriemie Giuseppe Maschio (Ann Ital Med Int 2003; 18: 191-192) Si definisce iponatriemia ogni riduzione della concentrazione plasmatica di sodio sotto 136 mEq/L. L’iponatriemia può essere associata a normali (o addirittura aumentati) valori di osmolarità plasmatica (“iponatriemia non ipotonica”): questa sindrome si può osservare in pazienti con grave iperglicemia, iperlipidemia o iperprotidemia. L’accumulo di queste sostanze (soprattutto del glucosio) aumenta l’osmolarità plasmatica e provoca il passaggio di acqua dalle cellule ai liquidi extracellulari, con conseguente iponatriemia da diluizione. Certamente più comune è invece l’“iponatriemia ipotonica”, che si verifica ogni volta che l’introduzione di acqua libera da soluti (elettroliti) supera l’escrezione della stessa. Dal punto di vista pratico, è importante distinguere le forme acute da quelle croniche. L’iponatriemia acuta si può riscontrare: a) in soggetti con polidipsia psicogena, come risultato di un introito idrico spesso largamente superiore alla loro capacità di eliminare acqua libera da soluti; b) in soggetti che svolgono intensa attività fisica di tipo sportivo (atleti) oppure istituzionale (militari), solitamente per aumentata introduzione di liquidi poveri o privi di elettroliti; c) in pazienti dopo interventi chirurgici (i quali possono provocare un aumento dei livelli plasmatici di vasopressina della durata di 2 o più giorni), oppure in pazienti trattati in maniera inadeguata con vasopressina o ciclofosfamide. Soprattutto nei pazienti chirurgici, l’iponatriemia viene ovviamente aggravata dalla concomitante somministrazione di liquidi ipotonici. L’iponatriemia acuta si associa spesso alla comparsa di gravi alterazioni neurologiche (che possono andare dagli stati confusionali alle convulsioni fino al coma), motivate dall’edema cerebrale. Se non adeguatamente corretta, questa sindrome comporta gravi conseguenze, anche mortali quando la concentrazione plasmatica di sodio si riduce al di sotto di 125 mEq/L. L’iponatriemia cronica è sempre caratterizzata dalla ridotta capacità di eliminare acqua libera da soluti. Diversamente dalla forma acuta, l’iponatriemia cronica non comporta gravi alterazioni neurologiche nei pazienti interessati, nei quali divengono operanti meccanismi di compenso spesso molto efficaci. Questa sindrome si può manifestare in alcuni stati edemigeni – soprattutto di origine cardiaca – nei quali l’alterata emodinamica sistemica aumenta la secrezione di vasopressina. In questi casi la diagnosi è facilitata dal rilievo di marcata riduzione dell’escrezione renale di sodio. Ma la causa più frequente di iponatriemia cronica è certamente l’aumentata secrezione non osmotica di vasopressina indipendente da alterazioni emodinamiche: in questi casi si parla di sindrome da “inappropriata secrezione” di ormone antidiuretico, proprio perché la sua sintesi non è giustificata dai normali fattori fisiologici. La sindrome da inappropriata secrezione di ormone antidiuretico si può riscontrare in varie condizioni morbose (ipotiroidismo, ipopituitarismo, malattie neurologiche, neoplasie) ma è spesso presente anche in soggetti anziani, trattati o meno in maniera inadeguata con diuretici. L’iponatriemia è un problema clinico di grande importanza che assai spesso si manifesta in pazienti ospedalizzati, con conseguente prolungamento delle degenze e con possibile comparsa di gravi complicazioni. Visto il ruolo centrale del rene nella sua patogenesi, non meraviglia che questa sindrome sia oggetto di particolare interesse da parte dei nefrologi e faccia parte del loro aggiornamento continuo programmato1. Divisione Clinicizzata di Nefrologia, Ospedale Civile Maggiore di Verona © 2003 CEPI Srl 191 Ann Ital Med Int Vol 18, N 4 Ottobre-Dicembre 2003 A questo proposito, dovremmo tutti ricordare la raccomandazione fatta dagli autori di una rassegna comparsa 3 anni fa sul New England Journal of Medicine3: “After weighing the available evidence and the all-too-real risk of overshooting the mark, we recommend a targeted rate of correction that does not exceed 8 mmol/L on any day of treatment. Remaining within this target, the initial rate of correction can still be 1 to 2 mmol/L per hour for several hours in patients with severe symptoms”. Nella rassegna di Bartoli et al.2 in questo numero degli Annali vengono sottolineati soprattutto gli aspetti diagnostici e terapeutici dell’iponatriemia. Viene inoltre proposto un originale algoritmo diagnostico-terapeutico che dovrebbe orientare il medico non particolarmente esperto di questi problemi a non commettere errori potenzialmente gravi, soprattutto nei pazienti più impegnati. Uno degli errori più comuni è quello di somministrare automaticamente soluzioni saline isotoniche a tutti i pazienti iponatriemici: questa terapia è invece controindicata e dannosa nei pazienti iponatriemici edematosi. Ancora più pericolosa può risultare la correzione troppo rapida dell’iponatriemia, che può provocare gravi danni cerebrali (fino alla temuta “sindrome da demielinizzazione osmotica”) da 1 a 7 giorni dopo l’istituzione della terapia. Bibliografia 1. Stern RH. Fluid, electrolyte and acid-base disturbances. Nephrology Self-Assessment Program 2003; 2: 23-9. 2. Bartoli E, Castello L, Sainaghi PP. Diagnosi e terapia delle iponatremie. Ann Ital Med Int 2003; 18: 193-203. 3. Adroguè HJ, Madias NE. Hyponatremia. N Engl J Med 2000; 342: 1581-9. 192