C`è chi torna a esibirsi come i Led Zeppelin o i Police e chi non ha

[MUSICA]
DI EUGENIO ARCIDIACONO
B
asta fare un semplice test. Giugno
1968: al vertice dell’hit parade in
Italia ci sono La bambola, di Patty Pravo, Il volto della vita, di Caterina Caselli e Vengo anch’io, no tu no, di Enzo
Jannacci. Nel mondo invece spopolano il
rock di Lady Madonna, dei Beatles e di Jamping Jack Flash, dei Rolling Stones.
Vediamo com’era la situazione trent’anni
dopo, giugno 1998. In cima all’hit parade fra
i singoli trovavamo nomi di sconosciuti come gli Horny ’98 e i Restless, con brani altrettanto misteriosi, mentre tra gli album furoreggiavano Vasco Rossi e la coppia Mina-Ce-
C’è chi torna a esibirsi come i Led Zeppelin o i
Police e chi non ha mai smesso come i Rolling Stones
NONNI
ROCKER
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lentano: non proprio dei giovincelli. La situazione in questi anni non è cambiata. I dischi
si vendono meno ma i pochi che non restano
negli scaffali quasi sempre sono di artisti che
hanno superato gli “anta” da un pezzo.
Stesso discorso per i concerti:
nel 1965 gli Who infiammavano i giovani con il loro inno,
My generation, in cui proclamavano:«Spero di morire
prima di diventare vecchio».
Mai credere alle rockstar. La scorsa estate,
nonostante un’interruzione causa improvvisa mancanza di voce del cantante Roger Daltrey, gli Who hanno deliziato nonni, padri e
nipoti che hanno riempito l’Arena di Verona sotto una pioggia torrenziale. Stesso trionfo per i Police di Sting, che
non suonavano insieme da più di
vent’anni, mentre i fans di tutto il
mondo hanno trepidato per la più
volte annunciata reunion dei Led
Zeppelin, sciolti nel 1980. Solo nel novembre scorso hanno visto realizzato a
Londra il tanto sospirato ritorno.
Nessuno può però competere nel
mondo del rock con i Rolling Stones,
in quanto a longevità artistica: stanno insieme dal 1962, hanno pubblicato 58 album e ora sono entrati anche nella storia
씮
“
”
Da Bruce Springsteen
a Sting, i divi del rock
americano e inglese
non smettono di
incidere dischi e farsi
ammirare dal vivo
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Un concerto di Bob Dylan o dei Rolling Stones è
ancora oggi considerato un evento irrinunciabile
I DIK DIK E I FAVOLOSI ANNI SESSANTA
H
anno preso il loro
nome, Dik Dik, da una
gazzella africana e da oltre
40 anni corrono senza
fermarsi mai nella giungla
della musica italiana che ha
travolto molti altri gruppi
come loro. Concerti sempre
esauriti, un sito aggiornato e
ora anche un nuovo disco
da promuovere, Sold out, un
live con tre canzoni inedite.
Qual è il segreto di tanta
longevità ? «Non so, forse
nel fatto che io, Pepe e Lallo
ci conosciamo da quando
andavamo all’asilo e, anche
se ciascuno ha una sua vita
e su molte cose la pensiamo
diversamente, ci ha sempre
unito una forte sintonia
quando si parla di musica»,
dice Pietruccio Montabetti, il
chitarrista. I loro concerti
sono più seguiti adesso che
dieci anni fa e fra il pubblico
la fetta di giovani è più
numerosa. «Anche noi
abbiamo conosciuto un
periodo di crisi negli anni
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del cinema dopo che Martin Scorsese ha trasformato un loro concerto in un film-documentario, Shine a light. Da anni circolano
leggende sui defibrillatori che li accompagnerebbero nascosti dietro i palchi su cui
suonano. In effetti, fa impressione vedere il
65enne Mick Jagger saltellare e urlare come
un ragazzino per due ore e mezzo, mentre il
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Ottanta quando impazzava
la discomusic, ma non
abbiamo mai pensato di
scioglierci. Io, tra l’altro,
suono molto meglio adesso
rispetto a vent’anni fa». La
costanza è stata premiata.
«Grazie anche a Internet, i
giovani sono più curiosi
verso la musica del passato.
coetaneo Keith “millerughe” Richards, con
le dita devastate dall’artrite, continua a tirare
fuori riff di chitarra micidiali. Bisogna, piuttosto, alla fine del concerto, preoccuparsi
perché Charlie Watts, che già vent’anni fa
aveva l’aria di un pensionato capitato lì per
caso, non si buschi un malanno dopo aver sudato pestando la batteria. Periodicamente i
tabloid inglesi danno per
certo il loro scioglimento.
Stavolta la causa della rottura sarebbe il comportamento sregolato che Jagger, diventato fanatico salutista,
rimprovera a Richards. Il
quale aveva già risposto in
passato con caustica ironia:
«Mick è un maniaco, non
riesce ad alzarsi al mattino
senza sapere chi chiamerà
per primo. Io invece penso
solo: “Grazie a Dio sono
sveglio” e aspetto almeno
tre ore prima di fare qualcosa». Pure questa volta, c’è da
giurarlo, la separazione non
si consumerà: i due si conoscono da quando frequentavano insieme le elementari e hanno celebrato la loro
amicizia in una canzone,
Waiting for a friend (Aspettando un amico). Si aspetteranno anche stavolta.
Sorte meno fortunata è
toccata ai Beatles. Morti
Noi siamo consapevoli di
brillare di luce riflessa,
perché abbiamo avuto la
fortuna di essere esplosi
durante un periodo, gli anni
Sessanta, irripetibile. Per
questo, durante i concerti,
oltre a cantare, proiettiamo
video e raccontiamo la
storia di quegli anni». I
concerti per i Dik Dik sono
anche un veicolo di
solidarietà: da tempo il
gruppo fa da testimonial
all’ospedale San Paolo di
Milano che ha avviato un
progetto di raccolta fondi
per formare medici
palestinesi e per curare
bambini in Italia. E quando
non sono in giro a suonare?
Con un po’ di fortuna li si
può trovare al ristorante
L’isola di Wight, a
John Lennon e George Harrison, a tenere alto il vessillo dei “fab four” sono rimasti Ringo Starr e, soprattutto, Paul McCartney. Nel
1967, all’apice del successo coi Beatles,
scrisse una canzone in cui immaginava come sarebbe stata la sua vita a 64 anni,
When I’m 64. Il testo diceva: «Lavorerai ai
ferri davanti al focolare, faremo il giardino,
strapperemo le erbacce, terremo i nipotini
sulle ginocchia: non potrei chiedere di meglio». Desideri che Paul, che di anni adesso
ne ha quasi 66, avrebbe voluto condividere
con l’adorata moglie Linda, che gli è stata accanto per oltre trent’anni. Ma un cancro gliel’ha portata via dieci anni fa. Ha provato a rifarsi una vita con la modella Heather Mills,
ma non ha funzionato e ora gli restano l’affet-
Buccinasco, alle porte di
Milano, del quale sono
proprietari. «È un’avventura
nata per caso», racconta
Pietruccio. «Facevamo le
prove in uno studio che si
trova a due passi dal
ristorante. Siccome finivamo
per mangiare sempre lì, ci
siamo detti: perché non ce
lo compriamo? Appena
possiamo, torniamo a
mangiare un boccone. Per
noi è come una seconda
casa e se qualcuno ce lo
chiede, troviamo una
chitarra e cantiamo, per
divertirci, come facevamo
quando abbiamo iniziato
tanti anni fa». Come diceva
la loro canzone: «Sai cos’è
l’isola di Wight? È per noi
l’isola di chi ha negli occhi
il blu della gioventù». E.A.
to dei figli e la musica che continua a sfornare con prolificità.
Un destino simile lo accomuna a Patti Smith, 62 anni,
la poetessa del rock. Dopo anni di successi, entrò in crisi alla
morte del marito. Si è ripresa,
grazie a una nuova passione, la
fotografia: le sue opere sono
ora esposte a Parigi, insieme a
poesie, disegni, testi di canzoni. È anche tornata a cantare
dal vivo, con grande intensità.
Un altro grande eroe del
rock degli anni Sessanta, Bob
Dylan, di anni ne ha compiuti
67 e li ha festeggiati nel migliore dei modi: ricevendo, primo
musicista rock nella storia, il
Premio Pulitzer alla carriera per «l’impatto
profondo sulla musica popolare e la cultura
americana, attraverso composizioni liriche di
straordinario potere poetico». Nel 1973 dedicò al figlio Jacob una canzone, Forever
young (Giovane per sempre). Inizia così:
«Possa Dio benedirti e proteggerti sempre,
possano tutti i tuoi desideri diventare realtà.
Possa tu sempre fare qualcosa per gli altri e
lasciare che gli altri facciano qualcosa per te.
Possa tu costruire una scala verso le stelle e
salirne ogni gradino». Un bellissimo inno alla vita. E forse è proprio questa inesausta
voglia di vivere che rende questi nonni del
rock “giovani per sempre”. Ha detto di recente Patti Smith: «Tutto mi affascina: gli al왎
beri, i miei figli, i libri, la vita».
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”
Rughe, acciacchi,
capelli bianchi e figli al
seguito, ma i divi del
rock non resistono al
fascino di una session
o di un nuovo cd
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