Sala ® GREPPI Ministero per i Beni e le Attività Culturali Diparti me nto dello Spettacolo Con il patrocil1io di RegioneLombardia Culture. Idenllia e Autonomie dello Lomba rd ia PROVINCIA DI BERGAMO Assessorato alla Cultura, Spettacolo, Identità e Tradizioni COMUNE DI BERGAMO Assessorato dello Spettacolo :7 Ediz:ione TRIO ATOS ANNETTE VON HEHN, violino STEFAN HEINEMEYER, violoncello THOMAS HOPPE, pianoforte GIOVEDI 8 NOVEMBRE 2012 Concerto realizzato in collaborazione con FONDAZIONE DELLA COMUNITÀ BERGAMASCA Onlus -P'ttJ~ di >ala ;;; CREDITO BERGAMASCO GR UP PO B Ar-.CO P OPOL AR E nT1 F ONDAZIONE D ELL A C OMUNITÀ B ERGAMASCA Ol'l US Deloitte. TRIO ATOS Il Trio ATOS è stato fondato nel 2003 dai musicisti Annette von Hehn (violino), Stefan Heinemeyer (violoncello) e Thomas Hoppe (pianoforte). Nell'arco di cinque anni il Trio ha collezionato un gran numero di riconosci­ menti nei più importanti concorsi internazio­ nali di musica da camera ed è oggi una delle formazioni tedesche più apprezzate dalle grandi stagioni concertistiche di tutto il mondo. Nell ' ottobre del 2007 ha ricevuto il "Kalichstein-Laredo-Robinson International Trio Award", il più famoso premio americano per la categoria Trio con pianoforte, legato a un ciclo pluriennale di concerti che si tengono su tutto il territorio degli Stati Uniti. In Europa, il Trio ha vinto il primo premio al Concorso Schubert di Graz nel 2006 e nel 2007 lo stesso riconoscimento al Concorso Internazionale di Melbourne. Per gli anni 2010 e 2011 l'ATOS è stato inserito nell'esclusivo programma "New Generation Artists" della BBC Radi03. Il programma prevede esecuzio­ ni in studio per la BBC e numerosi concerti nell'ambito dei grandi festival inglesi. Ovunque nel mondo, il Trio ATOS incontra l'entusiasmo del pubblico e riscuote giudizi superlativi dai critici. "The Age" di Melbourne lo ha elogiato definendolo "un ensemble nel vero senso della parola, nel quale le voci si fondono in maniera ammirevole, e che ha il dono di trovare un ' espressività profonda". La "Detroit Free Press" lo ha così lodato: "tre voci, un suono: è questa unità assolutamente perfetta nel fraseggio, nel suono, nel sentimen­ to e nell 'interpretazione a distinguere le for­ mazioni di alto livello da tutte le altre". Per i musicisti che lo compongono, l'attività musicale del Trio ha la priorità assoluta su tutte le altre. Il trio ATOS è l' ambizione, che diventa suono, di trasferire lo spirito del quar­ tetto d' archi al trio con pianoforte . • Contemporaneamente alle tournée in Europa, Sud America e Stati Uniti, il Trio ATOS ha partecipato anche a famosi festival tedeschi (per esempio Schleswig-Holstein Musik Festival, Rheingau Musik Festival, Festspiele Mecklenburg- Vorpommern, Ludwigsburger Schlossfestspiele) ed europei (City ofLondon, Cheltenham, Budapest Spring, Bemus Festival Belgrad). Nella stagione 2009-2010 il trio ATOS ha debuttato alla Wigmore Hall di Londra, al Concertgebouw di Amsterdam e al Festival Enescu di Bucarest. Nel 2005, l' etichetta Ars Musici ha pubblicato il loro primo disco con opere di Beethoven, Brahms e Leon Kirchner. Nel 2008, presso la casa discografica americana Azica, hanno inciso brani di Beethoven, Schubert e Schumann. Nello stesso anno, un CD con trii di Heimich von Herzogenberg per l'etichetta CPO ha riscosso un grande successo. Nell ' ambito del progetto "Rhapsody in School", lanciato dal pianista Lars Vogt, il trio ATOS si reca regolarmente nelle scuole tede­ sche per trasmettere alle nuove generazioni un'immagine vitale della musica classica e degli artisti che la eseguono. CLAUDE DEBUSSY Trio in sol maggiore (I 880) CLAUDE DEBUSSY (1862 - 1918) Trio in sol maggiore (I 880) l . Andantino con moto allegro 2. Scherzo - Intermezzo. Moderato con allegro 3. Andante espressivo 4. Finale. Appassionato CÉCILE CHAMINADE (1857 -1944) Trio n.2 in la minore op.34 (1887) l . Allegro moderato 2. Lento 3. Allegro energico INTERVALLO JEAN FRANçAIX (1912 - 1997) Trio in re maggiore (1986) l . (Senza indicazione di tempo) 2. Scherzando 3. Andante 4. Allegrissimo MAURICE RAVEL (1875 - 1937) Trio in la minore (1914) l. Modéré 2. Pantoum. Assez vif 3. Passacaille. Très large ­ 4. Finale. Animé Il lavoro di Claude Debussy sul Trio in sol maggiore inizia nel 1880 quando era ancora uno studente di con­ servatorio. Debussy era stato assunto dalla signora Nadezhda von Meck, ricca donna russa megl io nota come musa ispiratrice di Cajkovskij e sua mecenate, che stava cercando un giovane pianista che l' accompa­ gnasse durante l'estate e che insegnasse pianoforte ai suoi figli. Con la von Meck girò nell 'estate del 1880 tutta Europa: dalla Russia alla Svizzera, da Parigi a Venezia (dove incontrò Richard Wagner), Napoli, Firenze. È qui che la famiglia von Meck venne raggiun­ ta dal violoncellista Piotr Danilchenko e dal violinista Ladislav Pachulsky. Fu probabilmente per il trio che si formò con questi due musicisti che Debussy scrisse il Trio in sol maggiore che egli inviò all'editore Durand con allegate le seguenti parole. "Molte note accompa­ gnate da molta amicizia". Il Trio, in quattro movimen­ ti, appare convenzionale nella forma, ma possiede un grande fascino melodico. Si trovano ombre di Massenet, Franck e Fauré. I pizzicati dello scherzo ci portano nelle atmosfere dei balletti di Léo Delibes, compositore-pilastro dei corsi di lettura di partitura che Debussy aveva frequentato in quegli anni. Sebbene il Trio tenda verso una forma di contemplazione non c'è praticamente traccia del linguaggio molto personale che caratterizzerà il tardo Debussy. Debussy riteneva la musica tedesca "troppo pesante e poco chiara": questo Trio non fa altro che consolidare la posizione di Debussy con la sua leggerezza e la sua scrittura cristallina. Il Trio non è altro che musica da salotto: scritta per dare piacere agli ascoltatori e anche agli esecutori, che trovano tutti il loro spazio per espri­ mersi. Si notano tuttavia degli elementi che diverranno cardine del modo di SCl;vere di Debussy: il debole per le frasi di quattro battute, che verso la fine dell'ultima misura sembrano in attesa "che arrivi qualcuno a fare qualcosa" che contribuiranno a quell 'aria di contempla­ zione passiva tipica del Debussy maturo. Anche l'uso delle note pedale che mettono in rilievo gli elementi decorativi e la tendenza verso modelli melodici di tipo modale che dieci anni più tardi daranno al Pelléas et Mélisande la sua caratteristica atmosfera un po' retrò. CÉCILE CHAMINADE Trio n.2 in la minore op.34 (1887) Cécile Chaminade nacque a Parigi nel 1857, in una famiglia che coltivava la passione per la musica: sua madre era pianista e cantante. I genitori di Cécile si dovettero immediatamente confrontare con il talento musicale della figlia, ma non le fu permesso di fre­ quentare il conservatorio, nonostante fosse il suo più grande desiderio. Ad ogni modo riuscì ugualmente ad avere ottimi insegnanti, e ricevette incoraggiamenti da nomi del calibro di Saint-Saens, Chabrier e Bizet che pregò i genitori affinché venissero usati tutti i mezzi disponibili per l'istruzione musicale di Cécile senza però farle troppa pressione. Bizet fu ascoltato e la con­ seguenza fu una carriera di successo fino alla prima guerra mondiale, spiccando nei generi della musica pianistica, vocale e da camera. A conseguenza di un'infezione contratta durante la prima guerra mon­ diale e non curata a dovere le fu amputato un piede che pose fine alla sua carriera nel 1914, ben trent 'an­ ni prima della sua morte avvenuta a Montecarlo nel 1944. Il secondo Trio di Cécile Chaminade, in la minore op.34, dedicato al violoncellista Jules Delsart, è una rivelazione: é perfettamente costruito e musicalmente molto interessante. Il Trio fu composto nel 1887, a breve distanza dal Trio di Debussy. Diversamente da analoghe composizioni del peliodo che sono struttura­ ti in quattro movimenti, il Trio della compositrice francese è suddiviso in tre movimenti. I.:Allegro moderato iniziale è pieno di energia ed è dai toni disperati, sebbene non ancora rassegnato. Gli elemen­ ti del primo tema corrono tutti attraverso il primo movimento inframmezzati da episodi che sono a volte più drammatici e a volte più tristi e interrogativi. I.:intensa liricità melodica e il carattere luminoso del secondo movimento, Lento, ricordano molto da vicino il Trio di Chausson, mentre il suo episodio centrale segnato come 'Poco più mosso ' prefigura l'arte di Maurice Ravel. La potente atmosfera del primo movi­ mento ritorna a conclusione del Trio nel terzo ed ulti­ mo tempo: Allegro energico. Si tratta di una conclu­ sione di impatto travolgente con motivi apparente­ mente folclorici, quasi ispanici. JEAN FRANçAIX Trio in re maggiore (1986) Lo stile di Jean Françaix si colloca su una linea che prosegue la tradizione impressionistica sebbene in modo del tutto personale. Principali caratteristiche di questo stile sono sicuramente la trasparenza, le armo­ nie semplici e una notevole vivacità ritmica. Jean Françaix (1912-1997), figlio di un musicologo e pianista e di un' insegnante di canto, fu iniziato alla musica fin dall'infanzia e la sua prima composizione risale al 1918, quando aveva solo sei anni. Pubblicò la sua prima composizione quando aveva solo dieci anni e l'editore esortò i genitori a fargli proseguire gli Shldi con Nadia Boulanger. Vinse un premio pianistico al conservatorio di Parigi ed eseguì più volte il concerto per due pianoforti e orchestra di Francis Poulenc con l'autore. Dal punto di vista prettamente compositivo si può ritenere un compositore neoclass ico che si oppo­ se all'atonalismo e alla dodecafonia, cercando un recupero dei modelli rinascimentali, barocchi e classi­ ci. Il suo catalogo comprende oltre duecento numeri d'opera comprendendo opere, balletti, musiche da film, musica da camera, sinfonica e vocale. Lo stile particolarmente umoristico e ironico unito alla chia­ rezza formale ed alla gradevolezza delle sue composi­ zioni lo collocano sulla linea che prosegue la tradizio­ ne impressionistica, seppur in modo del tutto persona­ le, rendendolo un compositore molto apprezzato dal pubblico, cui teneva particolarmente componendo con l'obiettivo di dare loro piacere e diletto. Altra caratte­ ristica facilmente riconoscibile è sicuramente la dia 10­ gicità del discorso musicale, l'interazione tra le diver­ se voci musicali in particolar modo nella musica da camera. Le influenze più evidenti sono sicuramente provenienti dalla musica francese (l'amico Poulenc, Ravel e Chabrier) oltre che da Stravinskij. II Trio in re maggiore è una composizione del 1986. Il primo movimento, senza indicazione di tempo, è un movi­ mento mosso e umoristico dove le dissonanze le fanno da padrone. Dopo una breve introduzione, il tema pre­ sentato dagli archi passa al pianoforte e poi al violon­ cello. Modula immediatamente conducendo ad un secondo tema con accordi del pianoforte e pizzicati degli archi alternati al tema. Dopo un momento elabo­ rativo si giunge alla ricapitolazione variata del mate­ riale iniziale che conduce alla coda. Il secondo movi­ mento, Scherzando, è costituito da materiale tematico strettamente imparentato a quello del primo tempo. La forma è quella del rondò: A-B-A. II tema A è quello più strettamente legato al movimento precedente. La sezione B è più distesa ed appassionata. Segue un tempo lento, Andante. La calma iniziale porta ad un primo breve crescendo che ricade immediatamente per prepararne un altro ben più lungo ed inteso, dai colori leggermente stridenti e aspli. La drammaticità del crescendo si stempera trasfigurandosi in un momento contemplativo. Il trio si conclude con un Allegrissimo. Il movimento inizia con dei pizzicati degli archi, per poi condurre al primo tema stretta­ mente legato al primo tema del tempo iniziale. La vena umoristica di Jean Françaix trova qui libero sfogo con trovate d'effetto, pianissimi improvvisi, guizzi degli archi, tremoli, pizzicati, ritmi sincopati fino ad un accelerando che porta all'accordo conclu­ sivo del brano. MAURICE RAVEL Trio in la minore (1914) Allo scoppio della prima guerra mondiale Ravel era desideroso di anuolarsi per dare il proprio contributo al fronte: fu dunque con una certa ansia che portò a termine nell'estate del 1914 a Saint-Jean-de-Luz, dove si era ritirato per un periodo di riposo, il suo Trio per pianoforte, violino e violoncello. Il paese si trova nella zona basca che diede i natali alla madre di Ravel. L'influsso classico è visibile nel Trio nei due movi­ menti estremi costruiti, seppur molto liberamente, in forma sonata, mentre i due movimenti centrali sono l'uno un "Pantoum", vero elemento singolare del Trio, e l'altro una "Passacaille", omaggio al barocco. L'uni­ tà tematica è assicurata da sottili relazioni motiviche: si pensi per esempio che tutti i movimenti principiano con la medesima successione di intervalli mi-re-mi. La partitura è sicuramente una delle vette di musica da camera di tutti i tempi, con i suoi colori sgargianti, e spicca in particolar modo per il delicato equilibrio tro­ vato da Ravel tra tutti i suoi elementi: struttura ed invenzione melodica. Il primo tema del primo tempo, Modéré, occupa un molo rilevante ali 'interno del movimento ed è ispirato alle movenze dello Zortzico, una danza basca. Il tema è in la minore dorico (ovvero con l'aggiunta del fa die­ sis) e si avvale di una costruzione ritmica molto acuta basata su figure asimmetriche ed irregolari rispetto al tempo binario di 8/8. Da un punto culminante ha ori­ gine la transizione basata su motivi del tema e in pro­ gressivo rallentando. Il secondo tema, più lento e liri­ co, in la minore, si svolge per incisi simili mediante piccole imitazioni tra gli strumenti. Il tempo rallenta ancora fino alla conclusione dell'esposizione, dove la testa del primo tema ritorna in modo quasi ipnotico. Lo sviluppo è interamente basato sugli elementi del primo tema tanto da apparire una ricapitolazione in un'altra tonalità, forse, addirittura, nella tonalità sba­ gliata (re diesis minore). Si raggiunge l'apice con un grande accelerando. Lo sviluppo e la ripresa sono così legati tra loro che risulta difficile stabilire dove finisca l'uno e inizi l'altra, a meno di non considerare quella che appare l'effettiva ripresa del primo tema molto compressa al pianoforte e contemporaneamente so­ vrapposta al secondo tema affidato agli archi. Quanto sia compressa la ripresa della prima parte del movi­ mento lo si apprezza ascoltando, dopo pochissime bat­ tute, quella del secondo tema, in do maggiore e in tempo quasi lento. Rallentando ulteriormente giunge la chiusa della ripresa seguita dalla coda, dove il primo tema risuona come un ricordo fino a perdersi in lon­ tananza. Il titolo del secondo movimento, "Pantoum", viene dell'omonima forma poetica della tradizione malese, con quartine a rime incrociate, dove il secondo e il quarto verso di ogni strofa sono ripetuti come primo e terzo verso della strofa successiva. A questo concate­ namento di strofe si aggiunge anche un incrocio di due temi ricorrenti: uno descrittivo e l'altro sentimentale. Il Pantoum ebbe una buona diffusione nella poesia francese a cavallo tra Ottocento e Novecento: celebre esempio di Pantoum è la poesia Harmonies du soir di Charles Baudelaire. Il virtuosismo di intrecci tematici e metrici stimolò Ravel a riproporre in musica questa forma poetica, fondendola con la stmttura dello scher­ zo ternario. Il movimento si apre con la prima sezio­ ne, vivacissima per gli accenti instabili e i pizzicati degli archi. Le risponde la seconda sezione: è un tema melodico, quasi di valzer, degli archi. Segue un'elabo­ razione alternata delle due sezioni, di volta in volta variate secondo una continua e virtuosistica lnutazio­ ne armonica. Una svolta si ha con la parte centrale dove si sovrappongono i due tempi di 4/2 al pianofor­ te e di 3/4 agli archi e dove compare un nuovo elemen­ to tematico accordale del pianoforte intrecciato con le due sezioni iniziali. Con la ripresa la prima sezione al pianoforte si sovrappone alla conclusione della parte centrale. La ripresa di fatto è piuttosto libera: le se­ zioni della prima parte ritornano in fonna abbreviata, in diverso ordine ulteriormente variate sino al punto culminante del movimento che coincide con la chiusa dove le due sezioni, sovrapposte, chiudono in crescendo. Il movimento successivo è una Passacaille che ha la sembianza di un pedale d'organo. Qui Ravel utilizza la forma barocca delle variazioni su ostinato, puntan­ do sulla scrittura contrappuntistica. La tonalità di rife­ rimento è fa diesis minore ma il tema principale, pre­ sentato dal pianoforte nel registro grave, è pentatoni­ co. Nella prima variazione il tema passa al violoncel­ lo con un semplice contrappunto del pianoforte; nella seconda variazione il tema è variato dal violino su un corale d'accompagnamento del pianoforte, mentre nella terza è affidato agli accordi del pianoforte. Qui incomincia l'elaborazione centrale che comprende le variazioni dalla quarta alla settima e che è basata su un nuovo elemento tematico. La quarta variazione dà l'av­ vio ad un climax, che prosegue nella quinta attraverso progressioni e l'addensarsi della tessitura. Con la sesta variazione si raggiunge il punto culminante, seguito da un anticlimax che conduce alla settima variazione. Ci si avvia alla conclusione con un effetto di inversione: se nelle prime tre variazioni il tema era passato dal piano­ forte al violoncello, e quindi al violino, nelle ultime tre si verifica il percorso inverso. Così l'ottava variazione è una ricapitolazione della prima con diversa strumen­ tazione (tema al violino e contrappunto al violoncello con sordino), mentre la nona lo è della seconda (tema al violoncello). La decima variazione ha funzione di coda: il tema ritorna al pianoforte in progressivo rallentando. I.:ultimo movimento, Finale, segue senza soluzione di continuità per accentuare i contrasti con il precedente: la scrittura vÌliuosistica dell'ultimo movimento avvici­ na molto il trio ad una composizione orchestrale. Il primo tema, in la maggiore, è danzante, affidato inizial­ mente al pianoforte su arpeggi e tremoli degli archi. Lo stacco con il secondo tema, in ritmo meno mosso, è netto. Il tema è in fa diesis maggiore, solenne, quasi una fanfara affidato agli accordi paralleli del pianofor­ te su trilli degli archi. Lo sviluppo inizia con una sezio­ ne misteriosa basata sul primo tema e prosegue con l'elaborazione dei due temi fino ad un travolgente punto culminante in terzi ne. La ripresa incomincia con il primo tema, in la maggiore, al violino; seguono il secondo tema, in la maggiore, e la coda, dove ai motivi del primo tema in imitazione succede la testa del secon­ do tema che conclude in grande pienezza e in una to­ nalità chiara e lucente questo trio. Luca di Giulio CECO DI BERGAMO FONDAZIONE DELLA COMUNITÀ BERGAMASCA ONLUS