INFORMATIVA per l'indagine genica di Cardiomiopatia Ipertrofica D/1416/72-28 Ed. 1 Rev. 1 del 12/03/2012 ex M/1416/72-27 SOD Diagnostica Genetica La Cardiomiopatia Ipertrofica (CMI) è una malattia genetica del muscolo cardiaco (miocardio). La caratteristica più costante della CMI è un marcato aumento dello spessore della parete del cuore. L’ipertrofia può, sebbene non sempre, coinvolgere l’intero ventricolo sinistro e non vi è nessuna localizzazione tipica dell’aumento di spessore. In questa patologia l’ipertrofia è definita "primaria", poichè non è la conseguenza di un’altra malattia, ma è invece dovuta ad un difetto genetico. Il muscolo cardiaco nella CMI mostra alcune anormalità particolari, la più evidente delle quali viene chiamata disorganizzazione delle cellule muscolari cardiache (disarray dei miociti) in cui il normale allineamento delle cellule è andato perduto ed i miociti sono disposti in modo caotico e disorganizzato. Tale disorganizzazione sembra interferire con la normale trasmissione elettrica degli impulsi e predisporre alcuni pazienti ad irregolarità del ritmo cardiaco o anche ad una alterata contrazione del cuore. Le conseguenze della CMI nei pazienti sono legate, in parte o esclusivamente, a questo aumento di spessore del muscolo cardiaco, che a sua volta è la conseguenza di un difetto genetico di base. La CMI è una malattia che può essere presente a ogni età. I sintomi possono svilupparsi dall’infanzia (anche a 1 anno di età) fino all’età più avanzata (fino a 90 anni o più), sebbene siano rari nei primi 10 anni di vita. I sintomi della CMI sono generalmente simili a quelli delle altre malattie cardiache e non c’è un particolare disturbo che sia peculiare di questa malattia. Come si trasmette la Cardiomiopatia Ipertrofica La CMI è una malattia genetica presente in uguale misura negli uomini e nelle donne. La mutazione è un difetto nella sequenza del DNA che costituisce il gene. Ad oggi sono state identificate mutazioni (ossia difetti genetici) in circa 10 geni necessari per lo sviluppo delle cellule del muscolo cardiaco. Nella grande maggioranza dei pazienti, la CMI è causata da mutazioni in tre geni: il gene delle catene pesanti della Beta-miosina (MYH7), il gene della proteina C che lega la miosina cardiaca (MYBPC3) ed il gene della troponina T cardiaca (TNNT2). Gli altri sette geni sono coinvolti, nell’insorgenza di questa malattia in una piccola percentuale di pazienti: il gene della troponina I cardiaca (TNNI3), il gene dell’alfa-tropomiosina (TPM1), i geni delle catene leggere essenziali e regolatorie della miosina cardiaca (MYL2, MYL3), il gene dell’actina (ACTC), il gene della titina (TTN) ed il gene delle catene pesanti della alfa-miosina (MYH6). La modalità con cui la CMI si trasmette si definisce autosomica dominante. Questo significa che esiste il 50% di probabilità, a ogni gravidanza, che la malattia (e il gene alterato) venga trasmessa al nascituro. Quindi, la probabilità che un soggetto affetto trasmetta ai figli l’alterazione genetica è statisticamente stimata in 1 su 2. Si stima che, attualmente, nella popolazione generale 1 individuo su 500 o 1 su 1000 sia affetto da CMI. Alcuni soggetti possono essere portatori del gene mutante per la CMI senza manifestare i segni clinici della malattia (l’ipertrofia). Alcuni individui con la CMI vengono classificati come casi "sporadici", ovvero, nessuno dei loro familiari risulta essere affetto dalla malattia; in questi soggetti la mutazione che compare per la prima volta (ovvero, non è presente nei suoi genitori) è definita come mutazione "de novo". L’assenza della malattia in una generazione è una condizione rara ma possibile e si verifica quando un individuo che è portatore dell’alterazione genetica non mostra segni della malattia all’ecocardiogramma. Allo stato attuale, i fattori ambientali che possono determinare le mutazioni responsabili della CMI non sono noti. Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi - sede legale: largo Brambilla, 3 - 50134 FIRENZE SOD Diagnostica Genetica, padiglione 15 Piastra dei servizi, tel. 0557949363 www.aou-careggi.toscana.it Pag. 1 di 2 INFORMATIVA per l'indagine genica di Cardiomiopatia Ipertrofica D/1416/72-28 Ed. 1 Rev. 1 del 12/03/2012 ex M/1416/72-27 SOD Diagnostica Genetica Come si diagnostica la Cardiomiopatia Ipertrofica Il test principale per la diagnosi clinica di CMI è un esame del cuore con ultrasuoni chiamato ecocardiogramma. Tuttavia, l’analisi del DNA è il metodo definitivo per fare diagnosi di CMI. Il test genetico risulta inoltre di fondamentale importanza nei pazienti in cui esiste il dubbio che le alterazioni cardiache presenti possano essere l’espressione di malattie diverse dalla CMI. L’identificazione del difetto genetico nel soggetto affetto è molto complessa e può richiedere anni di lavoro. Inoltre, la mutazione viene identificata in non più del 50-65% dei pazienti. Una volta che il difetto genetico viene identificato nel soggetto affetto della famiglia, l’analisi del DNA può essere estesa ad altri membri della stessa famiglia. L’analisi del DNA nei familiari del soggetto affetto richiede un tempo di circa 30 giorni. È importante ricordare che la valutazione dei familiari è di notevole importanza in quanto la CMI può essere presente senza essere accompagnata da sintomi. Che risultati può dare l'analisi genetica per Cardiomiopatia Ipertrofica Indipendentemente dal fatto che un individuo erediti l’alterazione genetica responsabile della CMI, la gravità della malattia è in gran parte imprevedibile. Non è possibile prevedere accuratamente il decorso e la prognosi della malattia, poiché esiste una considerevole variabilità anche all’interno della stessa famiglia. Genitori con forma lieve della malattia possono avere figli con forma severa, o viceversa. Alternativamente, un’intera famiglia può avere una forma ”benigna” della malattia, mentre (anche se è raro) altre famiglie hanno una forma ”maligna” della Cardiomiopatia Ipertrofica, in cui molti individui muoiono prematuramente o hanno sintomi gravi e invalidanti. Analisi genica Tipologia del campione e suo trattamento Per effettuare la diagnosi molecolare è sufficiente un prelievo di sangue periferico o di altri tessuti. La consulenza genetica è parte integrante del test e deve essere sempre eseguita. La diagnosi molecolare della CMI si basa sui seguenti metodi: amplificazione mediante PCR (Polymerase Chain Reaction) degli esoni dei diversi geni sequenziamento di tutti gli esoni di ciascun gene La tipologia di analisi molecolare eseguita può essere diversa rispetto a quello sopraindicato a seconda dei dati emersi dalla consulenza genetica, durante la quale verranno specificati. Per completamento dell’analisi può essere necessario eseguire l’esame sui genitori o su altri familiari. In rarissimi casi è possibile dover ripetere il prelievo di sangue o tessuto a causa di problemi tecnici, assenza o scarsità di materiale (DNA), necessità di approfondimenti diagnostici. Non è possibile effettuare l’analisi genica in epoca prenatale. Nell’ambito delle malattie ereditarie, sia per analisi postnatali che prenatali, si eseguono studi familiari per valutare la trasmissione della malattia; questo tipo di indagine oltre ad identificare i soggetti affetti, può evidenziare casi di non paternità. I risultati di un test genetico possono riguardare oltre al soggetto che lo ha eseguito, anche gli altri componenti del nucleo biologico, in quanto le anomalie genetiche possono essere ereditabili e/o trasmissibili. Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi - sede legale: largo Brambilla, 3 - 50134 FIRENZE SOD Diagnostica Genetica, padiglione 15 Piastra dei servizi, tel. 0557949363 www.aou-careggi.toscana.it Pag. 2 di 2