CARDIOMIOPATIA IPERTROFICA IN UN “NEONATO”
PREMATURO: SINERGISMO CAUSALE DI FATTORI
GENETICI E ACQUISITI. OSSERVAZIONE DI UN
CASO.
M. Bisceglia (1), P.P.R. Cristalli (2), G.M. Criconia (3),
Galliani (4).
C.
Divisione di Anatomia Patologica (1), Divisione di
Neonatologia (2), e Divisione di Cardiologia (3), IRCCSOspedale ”Casa Sollievo della Sofferenza”, San Giovanni
Rotondo Italy; Department of Pathology, Cook Children’s
Medical Center, Fort Worth, Texas, USA (4).
Introduzione.
• La cardiomiopatia ipertrofica (CMI) è un disordine
cardiaco caratterizzato da ipertrofia del ventricolo
sinistro con prevalente coinvolgimento del setto
interventricolare, in assenza di altre cause di
ipertrofia.
• Venne descritta per la prima volta nel 1958 da D.
Teare.
• Rappresenta l’8% di tutte le cardiomiopatie primitive.
• E’ principalmente una malattia genetica familiare,
trasmessa con meccanismo autosomico dominante
(CMI familiare).
• Numerosi geni sono stati riconosciuti come responsabili
della CMI, la massima parte dei quali codificanti per
proteine sarcomeriche cardiache, e numerose sono
anche le mutazioni descritte per ciascun gene (1).
• Anche geni codificanti per proteine non sarcomeriche,
che secondariamente alterano la funzione dei sarcomeri,
sono stati identificati.
• Mutazioni del DNA mitocondriale, mutazioni di geni
coinvolti nel ciclo di ossidazione degli acidi grassi, e
condizioni sindromiche (es. s. di Barth) possono essere
pure responsabili della CMI.
• Casi sporadici di CMI possono occorrere, spesso
corrispondenti a nuove mutazioni.
• Negli ultimi anni sono stati ben descritti anche casi di
CMI da fattori iatrogeni, in neonati pretermine,
sottoposti a trattamento con desametazone (2).
Abbiamo osservato nel 1995 un caso di CMI
in neonato pretermine,
da padre affetto da CMI,
trattato con numerose modalità,
comprensive anche di un lungo ciclo di
terapia con desametazone.
Descrizione del caso.
• Neonato di sesso maschile, da parto spontaneo,
pretermine alla 25.a settimana, prematuro, peso gr. 640,
lunghezza cm 31, circonferenza cranica cm 21.
• Riceveva immediatamente pratiche di rianimazione con
intubazione tracheale e ventilazione meccanica.
• Subito dopo soffriva di malattia delle membrane ialine,
grave broncodisplasia, anemia, infezioni intercorrenti,
bassa tolleranza al glucosio, e intolleranza alimentare.
• Riceveva terapie con surfattante, ossigeno,
brocodilatatori, diuretici, antibiotici, antimicotici,
desametazone per 6 settimane, insulina, alimentazione
parenterale totale.
Insorgeva quindi una CMI,
documentata con esami ecocardiografici
(SIV: spessore t-diastolico 13 mm; PP-Vsn:
spessore t-diastolico 7 mm).
La CMI fu causa principale del decesso
avvenuto al 6° mese per scompenso
cardiocircolatorio.
Fu eseguita autopsia.
• Il cuore macroscopicamente presentava setto
interventricolare ispessito (1.5 cm) e pareti
ventricolari entrambe ispessite (sinistra: 1 cm;
destra 0.5 cm).
• Gli esami istologici del miocardio documentavano
un marcato disarray delle fibre cardiache e un
marcato pleomorfismo nucleare dei cardiomiociti.
• A carico degli altri organi: arteriopatia ipertensiva
e segni di insufficienza cronica congestizia nei
polmoni; colestasi e marcata proliferazione
neoduttulare nel fegato, secondaria a disfunzione
epatobiliare da nutrizione parenterale totale; focolai
di pielonefrite e segni di nefropatia ostruttiva con
displasia nel rene.
A
i
B
ii
C
A. Ventricolo sn.
Parete anteriore (i) e posteriore (ii).
B. Setto interventricolare:
sezione trasversa.
C. Ventricolo destro.
Parete anteriore (i) e posteirore (ii).
i
ii
Ventricolo sinistro.
Marcato disarray con ipertrofia
e pleomorfismo dei cardiomiociti.
Tricromica
Setto interventricolare
Discussione
Nell’albero genealogico condotto per 3
generazioni di una famiglia numerosa
(>70 membri) abbiamo riscontrato:
• 10 soggetti affetti da malattia cardiaca
compatibile con CMI (8 maschi e 2 femmine),
di cui 3 (maschi) deceduti di morte improvvisa.
•
10 soggetti (5 maschi e 5 femmine) affetti da
problemi cardiologici non meglio specificati.
PEDIGREE
Pazienti affetti da malattia cardiaca
compatibile con CMI
Pazienti affetti da malattia cardiaca
aspecifica
Diagnosi finale nel propositus:
CMI in un contesto di familiarità.
• La CMI, nota anche con i sinonimi (oggigiorno
sconsigliati) di cardiomiopatia cronica ostruttiva e di
stenosi subaortica idiopatica ipertrofica, è la malattia
cardiovascolare geneticamente trasmessa più
comune, con una prevalenza nella popolazione
generale dello 0.2% e dell’1% circa dei pazienti che
frequentano l’ambulatorio cardiologico (3).
• E’ responsabile di disturbi del ritmo (aritmie atriali e
ventricolari), con sintomi che possono comparire in
qualsiasi fase della vita dall’infanzia alla vecchiaia.
• In soggetti giovani in corso di allenamenti atletici si
caratterizza per ipercontrattilità sistolica e disfunzione
diastolica (4).
• Si diagnostica elettivamente tramite ecocardiografia
bidimensionale (3).
• E’ causa non rara di morte improvvisa
(incidenza del 2% di tutti i casi di morte
improvvisa), che può intervenire in varie
circostanze, ma spesso in seguito a sforzo (3).
• I segni patologici e istologici sono rappresentati
dall’incremento della massa cardiaca del
ventricolo destro con restringimento della
cavità ventricolare, con o senza bulging
subaortico intraventricolare della parte alta del
setto (forma simmetrica e asimmetrica della
CMI), con disarray delle fibre e delle miofibrille
dei cardiomiociti (5).
Pur in assenza di una documentazione
molecolare di mutazione di uno dei geni
responsabili, il nostro caso rappresenta un
esempio di CMI familiare.
Tuttavia, la terapia multimodale intervenuta induceva
a sospettare o a dover riconoscere anche un
possibile concorso di altri fattori acquisiti e iatrogeni
che abbiano potuto svolgere un ruolo sinergistico
nel determinismo della CMI (patogenesi
multifattoriale: genetica e acquisita)
FATTORI ACQUISITI E IATROGENI
• Il trattamento con desametazone, praticato per 6
settimane che induce CMI per incrementata
sensibilità alle catecolamine (in questi soggetti la
CMI regredisce con la sospensione del
cortisone, almeno in una buona quota di casi).
• Quindi, la malattia polmonare cronica della
prematurità (broncodisplasia) che porta al cuore
polmonare (ipertrofia ventricolare destra),
• La possibile ipertensione nefrogena (secondaria
al danno riscontrato all’esame autoptico),
• La disfunzione epatobiliare, causata dalla
nutrizione parenterale e causa a sua volta del
mancato clearing di sostanze vasoattive.
Il caso ci è parso peculiare per una serie
di ragioni, tra cui, la patogenesi, l’età di
comparsa della CMI, il pedigree.
Bibliografia.
1. Richard P, Charron P, Carrier L, Ledeuil C, Cheav T,
Pichereau C, Benaiche A, Isnard R, Dubourg O,
Burban M, Gueffet JP, Millaire A, Desnos M,
Schwartz K, Hainque B, Komajda M. Hypertrophic
cardiomyopathy: distribution of disease genes,
spectrum of mutations, and implications for a
molecular diagnosis strategy.
Circulation.
2003;107:2227-32.
2. Israel BA, Sherman FS, Guthrie RD. Hypertrophic
cardiomyopathy associated with dexamethasone
therapy for chronic lung disease in preterm infants.
Am J Perinatol. 1993;10:307-10.
3. Maron BJ. Hypertrophic cardiomyopathy: a
systematic review. JAMA. 2002;287:1308-20.
4. Pelliccia A, Di Paolo FM, Quattrini FM, Basso C,
Culasso F, Popoli G, De Luca R, Spataro A, Biffi A,
Thiene G, Maron BJ. Outcomes in athletes with
marked ECG repolarization abnormalities. N Engl J
Med. 2008 Jan 10;358(2):152-61.
5. Davies MJ, McKenna WJ. Hypertrophic
cardiomyopathy--pathology and pathogenesis.
Histopathology. 1995;26:493-500.