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La prima edizione di DEEP, dedicata al CLIMA, propone diversi punti di vista e un approccio
interdisciplinare per esplorare, nell’arco di cinque incontri, un tema attuale e dibattuto attraverso il
format della non-conferenza.
La non-conferenza coinvolge lo spettatore in prima persona invitandolo a farsi parte attiva del
processo di progettazione di ogni incontro: è il pubblico a decidere quali aspetti indagare e quali
questioni fare emergere rispetto al tema dell’incontro segnalandole agli esperti prima dell’evento.
Il lavoro che DEEP propone alle classi è articolato in tre momenti: / 1 / LAVORO DI APPROFONDIMENTO IN CLASSE
Le classi registrate ricevono, entro 60 giorni dalla data della non-­‐conferenza, una scheda di approfondimento prodotta appositamente per il progetto che include, per ciascun esperto: > PARTE A / un inquadramento generale del tema > PARTE B / un focus su questioni controverse o aspetti che il mondo della ricerca ritiene più promettenti per il futuro o l’impatto che questi hanno o potranno avere sulla società. A completarla, una bibliografia e link a materiali di approfondimento disponibili sul web. Partendo da questi materiali, ogni classe svolge un lavoro di approfondimento secondo le modalità scelte dal/la docente e.g. lezioni dell’insegnante seguite dal dibattito con gli studenti; lavoro di ricerca autonomo degli studenti, condotto singolarmente o a gruppi, sul tema proposto o su alcune questioni specifiche, seguito da un momento di presentazione e dibattito in classe etc. / 2 / LE DOMANDE AGLI ESPERTI
Il lavoro in classe si conclude con la formulazione delle domande degli studenti per gli esperti, che saranno la base per definire quali aspetti indagare durante la non-­‐conferenza. Ogni classe può inviare fino a un massimo di 5 domande indicando, se necessario, l’esperto cui sono rivolte. Queste sono poi confrontate con i quesiti posti dalle altre classi e selezionate dai relatori per definire la struttura e i contenuti dell’incontro. / 3 / INTERVENTO DEGLI STUDENTI DURANTE LA NON-CONFERENZA
Dopo una breve introduzione da parte degli esperti, la parola passerà agli studenti che potranno formulare direttamente la domanda, raccontando agli esperti e agli altri studenti il lavoro di ricerca svolto dalla classe/gruppo-­‐
classe per arrivare alla formulazione del quesito (intervento max. 2 minuti ciascuno). NB Ogni classe riceverà prima dell’incontro comunicazione di quali domande, tra quelle inviate, sono state selezionate. Ci sarà dunque il tempo di individuare e preparare l’intervento delle/gli studenti scelti per intervenire durante la non-­‐conferenza. Le domande devono pervenire agli organizzatori
entro le date indicate scrivendo a:
[email protected]
oggetto: DEEP - domande conferenza del (data)
INVIA LE DOMANDE ENTRO IL
> 23 gennaio per la non-conferenza del 14 febbraio
> 30 gennaio per la non-conferenza del 21 febbraio
> 21 febbraio per la non-conferenza del 14 marzo
> 1 marzo per la non-conferenza del 21 marzo
> 20 marzo per la non-conferenza del 4 aprile
L’INTERAZIONE TRA CLIMA E ORGANISMI
DAL FONDO DELLE GROTTE ALLA CIMA DELLE MONTAGNE
con Marco Isaia, Giovanni Badino, Dan Chamberlain
/ Marco Isaia / L’ecologia globale: una sfida per la scienza moderna
Ricercatore in Ecologia presso il Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino. Si occupa principalmente di Ecologia Applicata e Zoologia sistematica, utilizzando i ragni come modello di studio. Membro del Consiglio Direttivo della Società Europea di Aracnologia, è uno dei pochissimi aracnologi italiani attivi in ambito scientifico internazionale. Recentemente ha concentrato le sue ricerche sugli ecosistemi sotterranei (grotte e altri sistemi ipogei) e sulle loro peculiarità biologiche e fisiche nell’ottica di un loro utilizzo come sistemi sentinella del riscaldamento globale. È autore negli ultimi dieci anni di più di 50 articoli pubblicati su riviste scientifiche internazionali. Ha descritto 13 specie di ragni italiani inedite per la scienza, tra cui diverse raccolte nelle grotte piemontesi. / parte A / Inquadramento generale del tema
Nonostante le grandi potenzialità, l’utilizzo delle grotte come indicatore climatico ha ricevuto poca attenzione in campo scientifico. Lo stesso vale per gli ecosistemi sotterranei, per cui la risposta alle dinamiche di cambiamento globale è pressoché sconosciuta. In particolare, data la loro scarsa tolleranza alle variazioni termiche, gli artropodi sotterranei rappresentano eccellenti modelli per questo tipo di studi. Nello specifico, i ragni e, più in generale gli organismi adattati alla vita sotterranea, mostrano adattamenti morfologici, fisiologici e comportamentali che ne massimizzano la sopravvivenza in questi ecosistemi “estremi”, in cui le risorse trofiche (cioè quelle nutritive ed energetiche) sono limitatissime e le condizioni microclimatiche sono estremamente stabili (temperature costanti e umidità relativa prossima alla saturazione). L’incapacità di adattarsi a condizioni variabili (come quelle che caratterizzano gli ecosistemi superficiali), il rallentamento del metabolismo e le limitate capacità di movimento e dispersione rendono questi animali degli intriganti organismi “sentinella” del riscaldamento globale. Altri due punti rendono i ragni sotterranei particolarmente interessanti in ambito scientifico: da una parte la loro posizione trofica nell’ecosistema (predatori all’apice della catena alimentare) assicura un monitoraggio indiretto della funzionalità di un intero ecosistema, dall’altra l’estremo isolamento geografico e ecologico in cui vivono li rende oggetto di interessanti scoperte zoologiche e biogeografiche, come ad esempio la scoperta di specie inedite per la scienza in territori anche relativamente conosciuti come le Alpi Italiane. Nell’ambito delle mie ricerche sugli ecosistemi sotterranei abbiamo dimostrato come per diverse specie di ragni sotterranei l’innalzamento globale delle temperature ne aumenti significativamente il rischio di estinzione. Abbiamo dimostrato come questo possa succedere in relazione alla loro incapacità di reagire attivamente al riscaldamento globale, migrando, ad esempio, verso habitat più favorevoli, come osservato ad esempio in specie con potenziale dispersivo più elevato. Dinamiche simili a quelle osservate per i ragni sotterranei sono state osservate in specie di alta montagna, recentemente iscritte ufficialmente nella lista rossa delle specie protette a livello globale. Scheda di approfondimento per le scuole
/ parte B / Questioni aperte
/ uno / Quali sono le specie più minacciate dal cambiamento globale?
spunti per approfondire
> Il primo ragno italiano nella lista delle specie minacciate
http://frida.unito.it/wn_pages/contenuti.php/744_inquinamento-­‐clima-­‐e-­‐riscaldamento-­‐globale/57/ > Le specie di uccelli minacciate dal cambiamento climatico
http://www.repubblica.it/2006/11/sezioni/ambiente/nairobi-­‐conferenza/uccelli-­‐minacciati/uccelli-­‐
minacciati.html
/ due / Come è possibile fare predizioni sul cambiamento del clima?
spunti per approfondire
> Come costruire un modello del clima?
http://www.meteorete.it/globalwarming/riscaldamentoglobale-­‐3.html > Il Direttore del Goddard Institut della NASA spiega in un Ted Talk la potenza di calcolo dei modelli climatici
https://www.ted.com/talks/gavin_schmidt_the_emergent_patterns_of_climate_change / tre / Quali sono gli ambienti più minacciati dal cambiamento climatico?
spunti per approfondire
> Ragni, grotte e riscaldamento globale
http://frida.unito.it/wn_pages/contenuti.php/748_ecosistemi-­‐biodiversit-­‐e-­‐comportamento-­‐ > Ecosistemi di alta quota e global warming
http://cordis.europa.eu/news/rcn/34555_it.html Scheda di approfondimento per le scuole
/ biobliografia /
Mammola S. & Isaia, M., 2016. The ecological niche of a specialized subterranean spider. Invertebrate Biology, 135(1):20–30.
https://goo.gl/Ukymue
Mammola S., Isaia, M., Arnedo M.A. . (2015), Alpine endemic spiders shed light on the origin and evolution of subterranean
species. PeerJ 3:e1384. https://peerj.com/articles/1384/
Leroy B., Paschetta M., Canard A., Bakkenes M, Isaia M., Ysnel F., 2013. First assessment of effects of global change on
threatened spiders: potential impacts on Dolomedes plantarius (Clerck) and its conservation plans. Biological
Conservation 161: 155-163. https://goo.gl/KU8fBU
Isaia M., Paschetta M., Lana E., Pantini P.,. Schönhofer A.L., Christian E., Badino G. (2011) – Aracnidi sotterranei delle Alpi
Occidentali italiane (Arachnida: Araneae, Opiliones, Palpigradi, Pseudoscorpiones)/ Subterranean Arachnids of the
Western Italian Alps (Arachnida: Araneae, Opiliones, Palpigradi, Pseudoscorpiones). Monografie XLVII. Museo Regionale di
Scienze Naturali, Torino. 325 pp https://goo.gl/C5pxzr
Isaia M., Pantini P. (2010) – New data on the spider genus Troglohyphantes (Araneae, Linyphiidae) in the Italian Alps, with the
description of a new species and a new synonymy. Zootaxa, 2690: 1-18. https://goo.gl/8aZmmS
Mammola S, Milano F, Cardoso P, Isaia M (2016) Species conservation profile of the alpine stenoendemic spider Vesubia
jugorum (Araneae, Lycosidae) from the Maritime Alps. Biodiversity Data Journal 4: e10527.
https://doi.org/10.3897/BDJ.4.e10527
Scheda di approfondimento per le scuole
/ Giovanni Badino / Che tempo fa sottoterra? Professore Associato presso il Dipartimento di Fisica Generale dell’Università di Torino. Ha iniziato la sua attività di ricerca nel campo della radiazione cosmica. Attualmente le sue ricerche si focalizzano attualmente sulla termodinamica del sottosuolo, sul trasporto dell’acqua e sulla speleogenesi nei ghiacciai, e in generale sulla fisica delle grotte. Recentemente ha sviluppato i concetti teorici alla base dell’utilizzo delle grotte come indicatori climatici del riscaldamento globale. Ha partecipato a spedizioni scientifiche internazionali in Nepal, Brasile, Argentina, Kirghistan, Pakistan, Messico, Cile, Filippine, Urali, Islanda e Antartide. Ha progettato e realizzato l’equipaggiamento per esplorare ambienti sotterranei estremi, come la Grotta dei Cristalli in Messico e le Stufe di San Calogero in Sicilia. La sua attività è descritta in libri, documentari e articoli, inclusi un documentario del National Geographic (“Extreme Science”, 2001), un’intervista su ScienceMag (2004) e una per National Geographic Adventure (2005). / parte A / Inquadramento generale del tema
“Ma c’è aria, là sotto?” Questa è probabilmente la domanda posta con maggiore frequenza a chi si dichiara speleologo. La risposta è nettamente affermativa. Meno noto, invece, è il comportamento fisico di quest’aria, tanto che spesso appare sfidare il buon senso, eppure essendo essa l’unico fluido che riempie uniformemente le montagne, il suo comportamento è di importanza fondamentale e contiene informazioni sulla struttura globale dell’interno della montagna. La circolazione dell’aria nelle grotte è un frammento della più generale circolazione dell’aria nell’atmosfera. Le bolle d’aria che migrano in esse, producendo venti terribili che raggelano gli speleologi nei meandri, sono le stesse che sostengono gli alianti, che pilotano i temporali e gli uragani: stessa l’aria, stessa la fisica, stesso il fenomeno di base. Differiscono per il fatto che le une sono vincolate fra pareti e le altre no. Ma dominano le somiglianze: anche nel sottosuolo esistono le correnti d’aria, il fohn, le inversioni termiche, i ristagni, le nuvole e le nebbie. Le nuvole sotterranee non si vedono perché sono troppo sottili e gli ambienti ridotti e oscuri, ma si vedono le condensazioni che esse provocano, il brillio delle pareti umide: sono probabilmente queste che scavano le pareti, lentissimamente, ampliando gallerie e sale. Inutile? No, la climatologia sotterranea ha un’utilità davvero immensa: basti notare che vino, formaggi e salumi maturano in ambienti sotterranei; la conservazione e la maturazione degli alimenti tradizionali si basa sulle peculiarità del clima e, di conseguenza, della vita microscopica che si forma in ambienti chiusi e “immutabili”. Le peculiarità del sottosuolo creano nicchie, spesso isolate da vicissitudini geologiche, nelle quali vivono ed evolvono organismi particolari, interessanti non solo in sé, ma anche come indicatori dell’evoluzione del clima o delle capacità di adattarsi ad ambienti estremi. Gli studi di questi microclimi naturali sono però abbastanza recenti, e solo da poco si è riusciti a capirne la fenomenologia di massima. Il motivo c’è: si tratta di problemi d’estrema complessità. L’isolamento di questi ambienti, che si può protrarre per milioni d’anni nel caso di cavità naturali (grotte) o molte migliaia nel caso d’artificiali, fa sì che anche effetti fisici, che all’esterno sarebbero trascurabili, là sotto non lo siano, perché il loro effetto va valutato su tempi lunghissimi. Scheda di approfondimento per le scuole
/ parte B / Questioni aperte
/ uno / Scrutare le nuvole nel sottosuolo: le difficoltà di misura della meteorologia sotterranea
l maggiore problema della meteorologia delle grotte è di sviluppare strumenti e tecniche in grado di rivelarla. Quelli della meteorologia dell’atmosfera libera hanno caratteristiche totalmente insufficienti a far emergere le sottili escursioni termiche, le lente brezze, i minimi scambi di energia che avvengono nel sottosuolo. Sarebbe come misurare la temperatura della Terra con una risoluzione di 100 °C e chiedersi perché qui ci siano ghiacciai e là foreste pluviali, qui deserti e là giardini, quando la temperatura è ovunque la stessa... Occorre spingere le misure termometriche sino al centesimo di grado e quelle dell’umidità sino a meno di 0.1%, obiettivi irraggiungibili per gli strumenti normali.
/ due / Deserti, foreste pluviali e ghiacciai separati da pochi passi nell’oscurità:
la variabilità climatica degli ambienti sotterranei
Un’altra questione, legata alla precedente, è quella della variabilità degli ambienti sotterranei. All’esterno le escursioni termiche sono limitate a pochi gradi fra giorno e notte, e poche decine fra inverno ed estate. Alcune grotte invece possono avere escursioni termiche di frazioni del centesimo di grado, altre di interi gradi. La loro variabilità “ecologica” è enorme anche dal punto di vista energetico. Sulla Terra si va da un massimo di 300 W/m2 di energia ricevuta dalle regioni del Sahara, a minimo 60 W/m2 nel Nord Atlantico: un fattore 5 fra i due estremi, mentre in grotta si va dalle frazioni di Watt a decine di MW. Un’altra fonte di variabilità è quella delle sedimentazioni termiche, il fenomeno per cui l’aria fredda rimane intrappolata in basso come un liquido (si pensi ai congelatori dei supermercati) e quella calda in alto. Anche le grotte sono vincolate da pareti e questo fa sì che, a seconda della morfologia, ci siano diverse linee di flusso per le arie in discesa e quelle in salita, che si formino trappole di aria calda o fredda, ghiacciai sotterranei. E un’infinità di nicchie ecologiche lievemente diverse a pochi metri una dall’altra. / tre / I discorsi fra l’Atmosfera Libera e quella Prigioniera: relazioni fra clima e meteorologia
esterna e quelli interni
Infine, è ancora da chiarire in dettaglio come il clima sotterraneo è legato a quello esterno. In prima approssimazione è semplice, la temperatura delle grotte è pari a quella delle infiltrazioni d’acqua, ma in realtà la cosa è complessa nei dettagli. Quando fuori fa molto freddo l’acqua ghiaccia e non si infiltra, e quindi il sottosuolo delle montagne, in genere, è un po’ più caldo che l’esterno. In altri casi un evento caldo invernale provoca la fusione della neve e così entra acqua a 0 °C nel sistema sotterraneo, raffreddandolo... Eppure la comprensione di questo legame è importante perché ormai riteniamo che le concrezioni di grotta siano fra gli indicatori paleoclimatici più importanti a nostra disposizione. / biobliografia /
https://dl.dropboxusercontent.com/u/3166178/pdf_articoli_miei/Il_clima_sotterraneo.pdf
https://dl.dropboxusercontent.com/u/3166178/pdf_presentazioni_mie/meteo_grotte_2H.2_li.pdf
Scheda di approfondimento per le scuole
/ Dan Chamberlain / Come i cambiamenti climatici influenzano gli uccelli di alta montagna Ricercatore in Ecologia presso il Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino. Ha conseguito il dottorato all’Università di Oxford, dove ha lavorato sulle differenze ecologiche tra ambienti rurali e ambienti naturali, utilizzando come specie modello gli uccelli. Ha lavorato al British Trust for Ornithology per 16 anni, dove ha diretto la sezione di Ecologia delle popolazioni e modellistica. Le sue ricerche sono focalizzate sull’impatto della gestione agricola sulla biodiversità e più recentemente su ecologia urbana, energia rinnovabile e riscaldamento globale. Nel 2010 ha vinto un Progetto Marie Curie che lo ha portato in Italia per studiare gli impatti del cambiamento climatico sugli uccelli alpini. Negli ultimi dieci anni ha pubblicato oltre 50 lavori scientifici su riviste internazionali di alto impatto. / parte A / Inquadramento generale del tema
Il cambiamento climatico è probabilmente il più importante cambiamento in atto per l’ecologia, e probabilmente per la scienza in generale. I suoi effetti sono stati dimostrati su una grande varietà di specie animali e vegetali in tutto il mondo. In particolare io mi occupo degli uccelli, sui quali gli effetti del cambiamento climatico hanno influito sul trend di popolazione, ma anche sulla distribuzione delle specie. Molte specie con una distribuzione più meridionale in Europa hanno mostrato negli ultimi decenni uno spostamento verso nord. Grazie alle temperature più elevate, molte specie hanno anticipato la stagione riproduttiva in primavera, ma spesso con conseguenze negative per le popolazioni stesse. Gli incrementi di temperatura verificatisi sulle Alpi sono circa il doppio della media globale. Sappiamo già che in molte aree il limite degli alberi sta avanzando, e quindi le aree di habitat aperto si stanno riducendo. Per le praterie alpine questo provocherà una perdita di habitat, e incrementerà la frammentazione e l’isolamento delle porzioni di area rimasti, e come conseguenza, un effetto negativo sugli uccelli alpini. Per esempio, la pernice bianca ha evidenziato rapidi spostamenti verso l’alto in alcune parti delle Alpi svizzere, anche se non ovunque. A questo si è accompagnato un declino della popolazione, visto che alcune cime montuose meno elevate non sono più adatte a questa specie. Questi mutamenti sono strettamente correlati con il cambiamento climatico. Ci possono essere altri fattori importanti che guidano il cambiamento delle distribuzioni degli uccelli alpini. Qualche volta, questi fattori interagiscono. Le attività sciistiche hanno effetti negativi sulla biodiversità alpina. Inverni più caldi hanno reso inaffidabili le condizioni della neve in alcune aree, e hanno portato alla chiusura di alcune piste da sci alle altitudini più basse. Quindi, ci si aspetta uno spostamento delle attività sciistiche verso le quote più alte in seguito al cambiamento climatico futuro. Ci sarà anche un aumento della sovrapposizione tra le aree idonee per lo sci e quelle idonee per gli uccelli. In altre parole, il conflitto tra le attività sciistiche e gli uccelli crescerà nel futuro. La mia ricerca ha lo scopo di stabilire gli impatti del cambiamento climatico sulla biodiversità e prevedere le conseguenze di un riscaldamento continuo nel futuro. In particolare mi concentro sugli uccelli alpini che probabilmente sono più sensibili di altre specie ai cambiamenti climatici visto che preferiscono climi freddi. Inoltre, temperature più tiepide stanno portando le foreste a estendersi verso la cima delle montagne con al conseguente perdita di prati di elevate altitudini, l’habitat naturale di questi uccelli. La mia ricerca riguarda sia analisi statistiche di dati relative alla distribuzione degli uccelli su aree ampie sia un intenso lavoro sul campo relativo all’ecologia della specie in un sito specifico: il Scheda di approfondimento per le scuole
Parco di Val Troncea. Un altro aspetto chiave del mio lavoro è indagare come gli esseri umani reagiscono al cambiamento climatico – in particolare, è probabile che il riscaldamento climatico abbia effetti sul modo in cui viene usata la montagna per divertimento (per esempio lo sci) e l’agricoltura (come per esempio la pastorizia del bestiame). / parte B / Questioni aperte
/ uno / Possiamo predire gli effetti del cambiamento climatico globale sugli uccelli alpini?
Un’ampia area di ricerca in questo campo si concentra sull’analisi di grandi insiemi di dati usando tecniche statistiche complesse per tentare di fornire previsioni sulle modalità di risposta della biodiversità al cambiamento climatico. Questi stessi approcci presentano diverse sfide che devono essere affrontate e superate per migliorare la nostra abilità a fare previsioni. spunti per approfondire
> Cambiamenti climatici e biodiversità: la sfida dell’adattamento
http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/biodiversita/cambiamenti_climatici_
biodiversita.pdf > Cambiamenti climatici , gli effetti sugli uccelli
http://www.lipu.it/articoli-­‐natura/11-­‐conservazione/704-­‐clima-­‐gli-­‐effetti-­‐sulla-­‐biodiversita-­‐delle-­‐alpi / due / Come possiamo sviluppare tecniche per aiutare gli uccelli alpini a resistere ai cambiamenti
climatici?
Uno degli effetti principali del cambiamento climatico nelle Alpi è la perdita di prati ad alta quota dovuta all’espansione delle foreste. Sviluppare modi per prevenire questo fenomeno potrebbe quindi beneficiare le specie di uccelli maggiormente minacciati. E a questo proposito la ricerca si concentra sulla pastorizia che potrebbe essere d’aiuto in questa sfida. In particolare gli sforzi si concentrano sul tentativo di comprendere come la pastorizia influenzi la vita degli uccelli e di individuare il tipo di pastorizia che porta i maggiori benefici in termini di controllo sull’espansione delle foreste e allo stesso tempo abbia un impatto limitato sulla nidificazione degli uccelli. spunti per approfondire
> Cambiamenti climatici e biodiversità: studio della mitigazione e proposte per l’adattamento
http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/biodiversita/TAVOLO_4_CAMBIAM
ENTI_CLIMATICI_completo_.pdf > Pascoli e cambiamenti climatici
http://www.scienzaegoverno.org/article/pascoli-­‐e-­‐cambiamenti-­‐climatici Scheda di approfondimento per le scuole
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