Documento tratto da: A cura di: Varie Fonti Dal Aprile 2005 all’ Aprile 2008 L’OCCHIO BIONICO: TRE ANNI DI PROGRESSI ENTUSIASMANTI 08 aprile 2005 Un rivoluzionario occhio bionico, in grado di restituire almeno parzialmente la vista ai non vedenti, verrà testato entro la fine dell’anno sui primi pazienti. L’annuncio è stato dato a Londra nel corso di una conferenza internazionale organizzata dalla Royal Institute for the Blind (Rnib). Il dispositivo garantiscono gli scienziati che hanno collaborato al progetto - è destinato a segnare una tappa fondamentale nello sviluppo delle nanotecnologie. Composto da un microchip e una videocamera installata su speciali occhiali, l’occhio bionico funziona azionando i nervi ottici al fine di “far credere’’ al cervello umano che l’occhio, seppur irreparabilmente danneggiato, in realtà funziona regolarmente. Le immagini filmate dalla telecamera vengono prima codificate da un minicomputer, anch’esso montato sugli occhiali, quindi inviate wireless ad un microchip, inserito all’interno del bulbo oculare. Il microprocessore ha il compito di stimolare le terminazioni nervose dell’occhio, attraverso le quali, infine, il cervello ricostruisce approssimativamente l’immagine originariamente catturata dalla lente della telecamera. Sebbene le figure ’’ricreate’’ non siano particolarmente esatte - sottolineano i ricercatori- sono comunque sufficientemente chiare per consentire il riconoscimento di volti e oggetti. “Per noi queste immagini possono apparire approssimative, ma per chi non vede rappresentano comunque un passo in avanti enorme. Stiamo effettivamente restituendo la vista a chi soffre di totale o parziale cecità’’, ha assicurato il professor Gislin Dagnelie della Johns Hopkins University, che ha collaborato al progetto per conto della società Second Sight. Ora il principale problema - osserva uno specialista della Rnib- è come addestrare il cervello a riconoscere determinati messaggi. “Si tratta di una rivoluzionaria conquista tecnologica, potenzialmente destinata a cambiare la vita a migliaia di persone. Ma dobbiamo anche essere consapevoli che siamo ancora lontani dalla soluzione finale’’, ha concluso Anita Lifestone della Rnib. Un prototipo di occhio bionico è stato intanto sperimentato con successo su topi. Il test è stato effettuato in Usa, all’università di Stanford. Questo occhio bionico, descritto sul Journal of Neural Engineering, è un chip che si mette oltre la retina e che restituisce una quota di acuità visiva non indifferente partendo da una condizione di cecità (visus di 1/20) per arrivare al recupero del 25% del visus (visus di 20/80). “Con un visus di 20/80 il paziente può vedere le forme grandi e vivere in piena autonomia, un enorme passo avanti’’, ha dichiarato entusiasta il coordinatore della ricerca, Daniel Palanker. Il chip è largo tre millimetri e composto di fotodiodi che, come le cellule retiniche, trasformano la luce in segnali elettrici da inviare al nervo ottico. I non vedenti dovrebbero portare un paio di occhiali sui quali è montata una videocamera. Questa cattura le immagini e le invia a un computer tascabile, che poi trasmette l’informazione su uno schermo a infrarossi che si trova sugli occhiali. A questo punto le informazioni visive, sotto forma di infrarossi, sono inviate alla retina, dove il chip attiva le poche cellule retiniche rimaste integre. Se il residuo di attività retinica è ben distribuito sulla superficie della retina, ha dichiarato Palanker, allora il chip fornisce un ottimo ausilio per aumentare il proprio visus. Inoltre gli occhiali che montano la videocamera sono trasparenti, in modo che la persona che li utilizza può continuare a vedere anche con il residuo visivo che gli rimane e sommare le due azioni, quella naturale e quella del chip, in modo da aumentare il suo visus il più possibile. Prima che questo occhio bionico sia impiantato su un paziente, ha concluso Palanker esprimendo la massima cautela, occorre ancora molto tempo perché è necessario testarlo, per efficacia e sicurezza, su animali più grandi dei roditori. -1- 16 Febbraio Documento tratto 2007 da: A cura di: Una retina artificiale permette il recupero parziale della visione. Invia immagini al cervello, scavalcando le cellule retiniche danneggiate. La protesi potrebbe arrivare sul mercato americano Varie Fonti fra due anni. Dal Aprile 2005 all’ Aprile 2008 Un minuscolo occhio bionico impiantato sulla retina è in grado di far recuperare parzialmente la vista a pazienti resi ciechi da una degenerazione maculare. La scoperta, annunciata al convegno annuale dell’American Association for the Advancement of Science a San Francisco, fa parte di un nuovo campo in espansione, quello delle protesi "intelligenti" che interagiscono con il cervello ed il sistema nervoso per ristabilire funzioni perse in seguito a malattie o traumi. Questa retina artificiale in pratica svolge la funzione dei fotorecettori nel cervello, il cui compito è quello di catturare e processare la luce. I primi risultati sui pazienti sono stati molto incoraggianti, e anche se allo stato attuale la protesi riesce a far recuperare un grado di vista rudimentale, in futuro potrebbe portare a risultati ben più sofisticati, nel giro di un paio d’anni. Il dottor Mark Humayun, professore di oftalmologia all’università della Southern California, ha lavorato allo studio con i colleghi della compagnia Second Sight Medical Products per mettere a punto la protesi, che negli Stati Uniti ha appena ricevuto il via libera per una seconda sperimentazione clinica su scala nazionale. L’occhio bionico trasforma le immagini catturate da una minuscola videocamera - montata su un paio di occhiali - in una griglia di 16 segnali elettrici, che vengono poi trasmessi direttamente alle terminazioni nervose della retina. La videocamera invia le informazioni alla protesi attaccata all’esterno del bulbo oculare tramite un cavo che corre fino alla retina. Il paziente indossa un trasmettitore grande quanto una mora, che processa le informazioni ricevute e dà energia all’apparecchio. I risultati sono stati superiori alle aspettative. "Ci sbagliavamo di grosso. Pensavamo dalle simulazioni che 16 pixel riuscissero a dare solo la capacità di distinguere fra luce e buio, o al massimo, una scala di grigi", ha spiegato il dottor Humayun. Invece i pazienti che hanno sperimentato l’apparecchio riuscivano a vedere molto di più. Erano in grado di distinguere oggetti diversi e cogliere la direzione in cui si muovevano. Questo grazie al cervello che riesce a "compensare" moltissime informazioni mancanti. La nuova versione in fase di sperimentazione, più evoluta rispetto a quella provata sui primi sei pazienti, avrà circa 60 elettrodi ed è di dimensioni ridotte rispetto al primo prototipo: circa un quarto. Nei pazienti affetti da retinite pigmentosa o degenerazione maculare, fra le maggiori cause di cecità nei Paesi sviluppati, i fotorecettori degenerano progressivamente, portando alla cecità. L’"occhio bionico" aggira il problema, creando un nuovo percorso per le immagini in modo che raggiungano in cervello facendo un’altra strada. Il nuovo studio verrà effettuato su un numero superiore di pazienti: da 50 a 75, in cinque centri statunitensi. Verranno seguiti per uno o due anni. Poi, se i risultati verranno confermati, la retina artificiale potrebbe arrivare sul mercato statunitense nel giro di due anni. 9 dicembre 2007 Scienziati statunitensi hanno sviluppato un impianto elettronico in grado di aiutare a tornare a vedere. Si tratta di un microchip che stimola le cellule attorno alla retina, ’’e anche quelle del cervello, ripristinando il senso della vista’’, spiegano i ricercatori dell’università’ della California. I test sugli animali sono stati positivi. E il governo Usa, che ha sponsorizzato il progetto, crede che si arriverà ai primi impianti sull’uomo nel giro di tre anni. Il microchip funziona come una retina artificiale, da impiantare nell’occhio del paziente. E’ piccolissimo, appena 4 millimetri, e flessibile. Si applica nell’occhio attraverso un particolare tipo di silicone, il polidimetilsiloxano (Pdms), e prende la forma curva dell’organo umano, senza danneggiare i tessuti circostanti. Finora è stato testato sui cani, ma è allo studio il microchip da innestare nell’occhio umano. Avrà 1.000 elettrodi, a differenza dei primi prototipi che ne avevano solo 16, e permetterà di vedere anche le immagini. 16 Gennaio 2008 Protesi elettroniche della retina per ridare la vista a pazienti colpiti da degenerazione maculare senile e retinopatia pigmentaria. E’ questa la nuova frontiera della chirurgia oculistica che potrebbe diventare realtà già quest’anno in Francia. Secondo quanto riportato dal quotidiano nazionale ’Le Figaro’, sono previste per il 2008 due diverse sperimentazioni, per contrastare la cecità dovuta a queste malattie. -2- Un team tratto guidato da José Sahel, primario all’ospedale Documento da: A cura di: oftalmologico Quinze-Vingts di Parigi e responsabile della fondazione Rothschild, oltre che direttore d’unità In-serm dell’università Pierreet-MarieVarie Fonti Curie a Parigi e Londra, sta mettendo a punto una nuova generazione di protesi elettroniche. I due diversi tipi di impianti, con cui cercheranno di ridare la vista a quattro pazienti, Dal Aprile 2005 all’ Aprile 2008 sono prodotti uno negli Stati Uniti e l’altro in Germania. Entrambi i tipi di protesi permetteranno un recupero visivo molto maggiore rispetto agli impianti sperimentati finora, che miravano a consentire il riconoscimento dei volti e la lettura di testi a caratteri grandi. La protesi retinica sostituisce i fotorecettori danneggiati, captando le immagini e trasformandole in segnali elettrici che vanno a stimolare le cellule nervose della retina. Il sistema potrà restituire la vista a chi ha una degenerazione dei fotorecettori, come nella retinopatia pigmentaria o nella degenerazione maculare, mentre non avrà possibilità di applicazione nei casi di danno delle cellule nervose retiniche, come nella retinopatia diabetica e nel glaucoma. 23 Aprile 2008 L’occhio bionico di seconda generazione è appena stato impiantato per la prima volta in Europa, nell’ambito di una sperimentazione internazionale molto promettente. Stavolta sono ben 60 gli elettrodi fotosensibili della protesi artificiale trasferita con successo sulla retina di due pazienti del Moorfields Eye Hospital di Londra: si tratta di un bel balzo in avanti della tecnologia rispetto agli originali 16, che permettevano soltanto di distinguere vagamente i contorni degli oggetti a chi aveva perduto la vista per una malattia come la retinite pigmentosa o la degenerazione maculare. Questa è la seconda versione del sistema sviluppato da un gruppo di scienziati californiani e ora conosciuto come impianto retinale «Argus II». Ma è già in cantiere una versione rivoluzionaria della medesima retina artificiale, che sarebbe dotata di un migliaio di elettrodi e permetterebbe a chi la porta di riconoscere la fisionomia altrui. Il sistema attuale, primo nel suo genere, incorpora una videocamera in un paio di occhiali scuri. Le immagini sono convertite in segnali elettrici, che sono trasmessi senza fili alla protesi retinale, i cui elettrodi li decodificano, creando una pur rudimentale immagine in bianco e nero, che arriva al cervello correndo lungo il nervo ottico. Questa immagine è costruita come una serie di pixel bianchi e neri, che corrispondono agli elettrodi stimolati, e permette al paziente di riconoscere movimento, luce e ombra. Una paziente americana di nome Linda Moorfoot, ammalata di retinite pigmentosa e totalmente cieca da una ventina d’anni, è entusiasta: ora è in grado di vedere approssimativamente il mondo sotto forma di blocchi di luce e ombra. «Quando vado alla partita di hockey dei nipotini - dice con entusiasmo - vedo la direzione in cui si muove il gioco e sono in grado di vedere la mia nipotina che danza sul palcoscenico. E’ meraviglioso». E dire che la sua retina artificiale contiene soltanto 16 elettrodi: corrisponde cioè alla prima versione del modello, quella che risale al 2002. La seconda, appena impiantata sui due anonimi pazienti inglesi, è molto più sofisticata. Spiega Mark Humayun, professore di oftalmologia e ingegneria biomedica presso il Doheny Eye Institute di Los Angeles, che ha sviluppato questa tecnologia: «La videocamera è piccolissima e a bassissimo voltaggio, per cui siamo riusciti a impiantarla nell’occhio e ad accoppiare i movimenti dell’occhio alla posizione della videocamera stessa. Il cervello fornisce le informazioni mancanti ed è tutto un fiorire di prospettive nuove. Spero che in un periodo compreso fra i tre e i cinque anni riusciremo a mettere a punto una tecnologia molto più avanzata». Al momento la protesi retinale non è ancora in grado di elaborare direttamente la luce che arriva alla retina attraverso la lente. Il prossimo traguardo consiste quindi nella realizzazione di una telecamera dalle dimensioni di un pisello, che si spera possa essere inserita direttamente nei tessuti dell’occhio. Ma questa tecnologia, almeno per il momento, non può ridare la vista a chi l’ha perduta per un grave danno al nervo ottico, causato per esempio da un glaucoma oppure da un ictus. Lyndon da Cruz, lo specialista che ha effettuato gli interventi chirurgici all’ospedale oftalmico di Londra, dice: «Il Moorfields Hospital è fiero di essere uno dei soli tre centri in Europa che sono stati scelti per l’applicazione di questa entusiasmante tecnologia. L’intervento è riuscito e i pazienti si stanno riprendendo bene. E’ veramente speciale far parte di un programma totalmente nuovo, destinato a pazienti che altrimenti non avrebbero avuto nessuna speranza di riacquistare la vista». Comunque, il dottor John Marshall, del Saint Thomas Hospital di Londra e della «British Retinitis Pigmentosa Society», avverte che, sebbene «questi impianti siano un’ottima notizia, la gente non deve farsi l’idea che questo sistema diventerà presto un sistema di routine per curare la cecità. Abbiamo infatti ancora tantissimo da imparare». (articolo di Maria Chiara Bonazzi) -3- Links utili per Documento tratto da:chi volesse approfondire l’argomento: A cura di: http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=256738 Varie Fonti http://www.disabili.com/disabili_news2.asp?L=1&SUBC=16901&idmen=116 Dal Aprile 2005 all’ Aprile 2008 http://www.unionesarda.it/DettaglioCategorizzato/?contentId=23683 http://www.repubblica.it/2008/04/sezioni/scienza_e_tecnologia/occhio-bionico/occhiobionico/occhiobionico.html http://www.barimia.info/modules/article/view.article.php?12381 http://www.julienews.it/notizia/4622_vedere-con-locchio-bionico.html http://www.newsbox.it/notizia.asp?id=4818 http://www.parmaok.it/parmaok/4199.html http://www.ilvelino.it/articolo.php?Id=534471 -4-